a M. B.
Cara, oggi sono uscito di casa di sera tardi
a respirare l’aria fresca che spirava dall’oceano.
Il tramonto si spegneva sulla piccionaia come un ventaglio cinese
e una nuvola si alzava come il coperchio di un pianoforte da concerto.
Un quarto di secolo fa nutrivi una gran passione per il kebab e i datteri,
disegnavi a china sul block notes, canticchiavi,
ti divertivi con me; ma poi ti sei messa con un ingegnere-chimico
e, a giudicare dalle lettere, sei diventata straordinariamente stupida.
Ora ti vedono nelle chiese in provincia e nella metropoli
alle messe funebri di amici comuni, di quelle che vanno adesso in costante
successione; ed io sono felice che ci sono al mondo distanze più
inconcepibili di quella tra me e te.
Non fraintendermi: alla tua voce, al corpo, al nome
non mi lega più nulla. Nessuno li ha distrutti;
ma per dimenticare una vita ad un uomo è necessaria, come minimo,
ancora un’altra vita. Ed io ho compiuto questo destino.
Hai avuto anche tu fortuna: dove ancora, tranne forse le fotografie,
continuerai a vivere senza rughe, giovane, allegra, beffarda?
Poiché il tempo, scontratosi col ricordo, riconoscerà la sua impotenza.
Fumo nell’oscurità ed aspiro il marciume della bassa marea.
(1989)
J. Brodskij, Versi e poemi
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MOON - LXXIV
Io ero solamente ciò
che tu toccavi, quello
su cui – notte fonda, corvina –
la fronte reclinavi tu.
Io ero solamente ciò
che tu là in basso distinguevi:
sembiante vago, prima, e poi
molto più tardi, tratti.
Sei tu ardente, che
sussurrando hai creato
la conchiglia dell’udito
a destra, a manca, là, qui.
Tu che nell’umida cavità,
tirando quella tenda,
hai messo voce, perché
potesse te chiamare.
Cieco ero, nulla più.
Tu, sorgendo, celandoti,
hai dato a me la facoltà
di vedere. Si lasciano scie
così, e si creano così
mondi. Spesso, creati,
si lasciano ruotare così,
elargendo regali.
E, gettata così
in caldo, in freddo, in ombra, in luce,
persa nell’universo,
ruota la sfera e va.
Iosif Aleksandrovic Brodskij
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“[…] Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera
mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami,
proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine.
Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore. […]”
Leggi tutto il brano di Brodskij cliccando qui:
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Giudice: Qual è la sua professione?
Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.
Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?
Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?
Giudice: Avete studiato per questo?
Brodskij: Per cosa?
Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l'università dove preparano dove insegnano.
Brodskij: Non pensavo... Io non pensavo che ci si arrivasse con l'istruzione!
Giudice: E come?
Brodskij: lo penso che...(confuso) venga da Dio..
Giudice: Avete richieste?
Brodskij: Vorrei sapere perché mi hanno arrestato?
Giudice: Questa è una domanda non una richiesta
Brodskij: Allora non ho richieste.
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“Lì, in piedi, aspettavo che venisse a prendermi l'unica persona che conoscevo in tutta la città. Il tempo passava, e lei non si faceva vedere.”
(Iosif Brodskij)
Luciano Lucci©
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"Sono certo, certissimo, che una persona che legge poesia si fa sconfiggere meno facilmente di una che non la legge".
- Iosif Brodskij
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Mese di tende abbassate, di sedie con le foderine,
del tuo doppio sudato che guarda dallo specchio,
di api che dimenticano l’ordine delle celle
e vanno al mare a spalmarsi di miele.
Iosif Aleksandrovič Brodskij
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SEI ANNI DOPO
a M. B.
Abbiamo vissuto così a lungo insieme che di nuovo
il due gennaio è capitato di martedì,
che il sopracciglio sollevato con sorpresa,
come dal vetro di un’automobile – un tergicristallo,
scacciava dal viso una torbida tristezza
lasciando limpida la lontananza.
Abbiamo vissuto così a lungo insieme che la neve
se cadeva, avremmo pensato – che era per sempre,
che, per non farle socchiudere le palpebre,
io le proteggevo col palmo e le palpebre,
non credendo che provavo a salvarle,
si agitavano lì come farfalle nella mano.
Eravamo così estranei ad ogni novità
che gli stretti abbracci nel sonno
disonoravano qualunque psicoanalisi;
che le labbra, che sfioravano la spalla,
con le mie, che soffiavano sulla candela,
senza vedere nient’altro, si univano.
Abbiamo vissuto così a lungo insieme che la famiglia
di rose sulla logora carta da parati
fu sostituita da un intero boschetto di betulle
e tutti e due avevamo adesso soldi
e per trenta giorni al mare, con le sue lingue,
il tramonto minacciò come un incendio di Turchia.
Abbiamo vissuto così a lungo insieme senza libri,
senza mobili, senza utensili, sul vecchio
divanetto che – prima di diventare tale –
il triangolo era la perpendicolare,
messa dagli amici in posizione eretta
su due punti uniti.
Ho vissuto così a lungo con lei
che dalle nostre proprie ombre ci costruimmo
una porta – forse lavoravi, forse dormivi
ma i battenti non si aprivano separatamente
e noi, evidentemente, ci passammo attraverso
e dalla porta di servizio uscimmo nel futuro.
(1968)
J. Brodskij, Versi e poemi
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Dicevo che il fato conduce il suo gioco senza tenere i punti e poi, chi vorrà il pesce se gli dai il caviale?
Il trionfo dello stile gotico deve pur venire e toccarti di striscio – non avrai bisogno di carbone o di erba.
Siedo alla finestra. Fuori, un pioppo.
Quando amavo, amavo in profondità. Non succedeva spesso.
Dicevo che la foresta è solo parte di un albero. Chi vorrà la ragazza intera se gli date il ginocchio? Stanco della polvere sollevata dall’era moderna, l’occhio russo gradirebbe riposarsi su qualche guglia in Estonia.
Siedo alla finestra. I piatti sono pronti.
Sono stato felice qui. Ma non succederà più. Scrivevo: la lampadina guarda con paura verso il basso e l’amore, come atto, soffre per carenza di verbo, e lo zero che Euclide riteneva fosse un punto che scompare non era matematica – era la nullità del Tempo.
Siedo alla finestra. E mentre siedo torna la mia gioventù.
Potrei sorridere. O sputarci sopra. Dicevo che la foglia potrebbe distruggere la gemma, e quel che è fertile cadere sul suolo incolto – a vuoto; che sul campo piatto, la natura piana e senza ombre rovescia invano i semi degli alberi.
Siedo alla finestra. Le mani mi annodano le ginocchia.
La mia ombra pesante mi fa compagnia quando mi aggomitolo. La mia canzone era fuori tempo, la mia voce era andata, però non ci saranno cori in grado di ripeterla. Una canzone come quella non raccoglie premi, non scuote nessuno – nessuno poggia le sue gambe sulle mie spalle.
Siedo alla finestra nel buio. Come un treno espresso le onde si sollevano dietro la cortina.
Da figura leale in questi anni di seconda classe, ammetto con orgoglio che le mie idee più fini sono anch’esse di seconda classe, e possa il futuro prenderle come trofei della mia lotta contro il soffocamento.
Siedo al buio.
Sarebbe dura capire cosa sia peggio: il buio interiore, o quello esterno.
Iosif Brodskij
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Chinati, ti devo sussurrare all'orecchio qualcosa:
per tutto io sono grato, per un osso
di pollo come per lo stridio delle forbici che già un vuoto
ritagliano per me, perché quel vuoto è Tuo.
Non importa se è nero. E non importa
se in esso non c'è mano, e non c'è viso, né il suo ovale.
La cosa quanto più è invisibile, tanto più è certo
che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
Sei stato il primo a cui è accaduto, vero?
E può tenersi a un chiodo solamente
ciò che in due parti uguali non si può dividere.
Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come
può soltanto sognare un frammento! Una dracma
d'oro è rimasta sopra la mia retina.
Basta per tutta la lunghezza della tenebra.
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Se mai un poeta ha un obbligo verso la società, è quello di scrivere bene. Essendo in minoranza, non ha altra scelta. Venendo meno a questo dovere, scivola nell’oblio. La società, d’altra parte, non ha alcun obbligo verso il poeta. La società, maggioranza per definizione, presume di avere altre opzioni che non leggere versi, per quanto ben scritti. Ma se trascura di leggere versi rischia di scivolare a quel livello di eloquio al quale una società diventa facile preda di un demagogo o di un tiranno. Questo è, per la società, l’equivalente dell’oblio: un tiranno, naturalmente, può tentare di salvare i propri sudditi con qualche spettacolare bagno di sangue.
Iosif Brodskij, Fuga da Bisanzio
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Farewell
And in the darkness
may a string of stars
be shining for you,
and may hope
be warming the hands
by your bonfire.
(I.O. Brodskij, Farewell)
"If we don't get to see each other again, know that I love you. I always did."
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Iosif Brodskij ripeteva spesso: La vita è breve, e triste. Hai fatto caso a come, in genere, va a finire?
[Sergej Dovlatov, Sobranie so��inenij (Raccolta delle opere)]
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Un uomo libero, quando è sconfitto, non dà la colpa a nessuno.
Iosif Brodskij (via Paolo Nori)
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