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#Enzo Tortora
gregor-samsung · 11 months
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“ Mia cara Francesca, le tue lettere arrivano, per lo più, alla sera. Verso le nove. Una mano entra nel buco, dicono "posta", poi le aprono e me le danno. Così le tue parole sono le ultime che ricevo: e me le porto in sogno. [...] Ho lavato i piatti (una ciotola di plastica, un piatto di plastica, delle posate idem) e le pulizie le farò nel pomeriggio, nell'interminabile viaggio che va dalle 15 al mattino dopo. Oggi è giorno di doccia (qui ci si lava un giorno sì e uno no) e aspetto il mio turno. Poi mi vestirò, e andrò all'aria. Girerò in tondo fino alle 11. In questa giostra assurda s'incontra ogni genere di uomini: falsari, spacciatori, zingari, bancarottieri; è un mondo tutto suo, credimi. E pieno di assurde favole, di storie incredibili; è impressionante il numero di giovani, di ragazzi, quasi. Da fuori, non si ha la sensazione di quello che accade qui, e di come enormi siano oggi i problemi della giustizia. Mi chiedi se desidero un libro. Sì. Di Dostoevskij "Memorie da una casa morta": attenzione, non "Memorie dal sottosuolo", che è un altro suo libro. Dico quello (alcuni lo traducono "M dalla casa dei morti") che parla della sua prigionia a Semipalatinsk, in Siberia. Lo lessi anni fa, e siccome è pieno di pensieri sulla pena, la prigione, e altro, vorrei rileggerlo. Davvero. Va bene? E io che posso restituirti? Senti, sbaglio o con Renata sei in freddo? Non so, mi è parso di capire che, in quel suo tirarsi indietro ti desse della pena. Guarda: succede, e alle volte è meglio che un amico dica francamente il suo pensiero piuttosto che vederlo accettare per forza. E il resto del lavoro? E la vita? E Milano? Io sono disgustato all'idea che esistano "giornalisti" del tipo attualmente in circolazione: criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili, folli. Adesso è di moda chiamare questo "il carcere dei vip": perché non vengono, per sette giorni, a questo Portofino delle manette? Credimi: il nostro non è un Paese. Ho gioito al ritrovamento delle reliquie del tuo S. Francesco: non avevo dubbi, credi, che il finale fosse quello. E troveranno il resto. Vuoi scommettere? Mi chiedi dei sogni? Beh, sono molto teneri, dolcissimi. Mi pare di essere accanto a te, e di perdermi nei tuoi occhi. È delizioso. Anche se è la sbiadita, pallida immagine del vero. Ma ti sogno spesso. Ti ho detto: ora sono sereno, niente può più toccarmi. Mi metterò a studiare storia, che e la mia passione. Storia italiana. Poi, mi interessa enormemente la "comune coscienza del peccato", che è cosa ancora più debole, da noi, del "comune senso del pudore". Parlo con delinquenti veri, Cicciotta: e mi interessa la loro psicologia, la loro relatività, il loro codice, che è, in molti casi, anche se patologico, regolato da leggi ferree. Sì, ho vissuto molte vite: so e conosco cose che nessun viaggiatore vede e vedrà mai, avrò da riempire sere e sere d'inverno. Non andrò mai più allo zoo: l'idea di una gabbia mi darà, per sempre, un fremito di disgusto. Tu dici che sono forte: io non lo so, Cicciotta. Sento che mi sentirei indegno di vivere, se fossi diverso. Non si può concedere loro niente: sono dei bari, capisci? Questo Paese ha sempre piegato la schiena, baciando la mano di chi lo pugnalava. E non ci sarebbero tiranni, se non ci fossero schiavi. Il vero patrono d'Italia (e non capisco perché non lo facciano) dovrebbe essere Don Abbondio. San Francesco poteva nascere benissimo in qualunque altra parte del mondo. Solo Don Abbondio è irresistibilmente, disgustosamente italiano. A me spiace parlar male del mio Paese: ma deve cambiare. È l'"odi et amo" di Catullo (traduzione di Ceronetti): e se vuoi un ritratto, che condivido, dell'Italia, leggi, sempre di Ceronetti "Viaggio in Italia" (Einaudi). È una barca cariata, un guscio vuoto, pieno di vermi, che galleggia su un mare inquinato. E per le anime, è peggio. Ti abbraccio, Cicciotta. Tanto tanto Enzo [Bergamo, domenica 9 Ottobre '83] “
Enzo Tortora, Lettere a Francesca, Pacini Editore, 2016¹; pp. 82-84.
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ilblogdellestorie · 11 months
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“Io sono innocente, spero lo siate anche voi”
Il 17giugno di 40 anni fa il popolare conduttore Enzo Tortora veniva arrestato per un clamoroso errore giudiziario.
Una vicenda di malagiustizia che cambiò definitivamente un conduttore, un uomo, una famiglia.
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fridagentileschi · 7 months
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palmiz · 1 year
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" Io sono innocente, spero lo siate anche voi "
ENZO TORTORA 18.5.1988.
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toscanoirriverente · 2 years
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Piero Angela difende pubblicamente Enzo Tortora a pochi giorni dall'arresto (1983)
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zillyeah · 1 year
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Testa alta e avanti - Gaia Tortora
Ormai leggo sempre meno ma non posso fare mai a meno di sbirciare tra le copertine della libreria sotto casa o dove lavoro, e ho notato questa bella foto di un padre famoso della nostra tv italiana e la figlia e senza chiedermi di cosa trattasse anche se si poteva intuire benissimo l’ho preso e portato a casa divorandolo letteralmente in un giorno e mezzo! La storia di Enzo Tortora la si conosce…
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perfettamentechic · 2 years
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18 maggio … ricordiamo …
18 … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2021: Charles Grodin, Charles Sidney Grodin, attore e sceneggiatore statunitense, noto per aver recitato in molte commedie di successo tra gli anni settanta e gli anni novanta, oltreché per le sue assidue ospitate in seguitissimi varietà televisivi americani. Tra i ruoli per cui resta celebre spiccano quelli ne  Il rompicuori (1972), in  King Kong (1976),  in Bastano tre per fare una…
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falcemartello · 4 months
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Solo tre categorie di persone non rispondono dei loro crimini: i bambini, i pazzi e i magistrati...
Enzo Tortora
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abr · 11 months
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Mettiamo una targa al Plaza a suo nome, dice Rutelli.
Too little: a Enzo Tortora andrebbe intitolato minimo piazzale Clodio, dove sta il Tribunale romano. A monito.
Con una sua statua all'ingresso, cui ogni singolo magistrato ogni singolo giorno dica ad alta voce PERDONACI, altrimenti il cancello del palazzo non si apre.
E a ogni inizio di anno giudiziario, il Capo dello Stato e della Magistratura gli portasse corona di fiori, in presenza di tutti i capi Anm e Csm in toga e parruccone stesi a pancia in giù e faccia a terra, sole o pioggia che sia, prostrati come diaconi all'ordinazione mentre la gente li fischia e li sputacchia.
(Affama E UMILIA la bestia).
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donnerpartyofone · 7 months
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An obscure and little-known series outside of Italy (the series is thus far only referenced in Wikipedia), Giallo (“Yellow”) was a weekly half-hour show edited and presented by Enzo Tortora, for which Dario Argento directed a series of 3-minute thriller and horror vignettes shot on film (which provoked some conservative audience members to protest Argento's decision to stick with his gory, unsettling imagery). "Gli incubi di Dario Argento" (The Nightmares of Dario Argento) is a collection of short horror vignettes (about 3 minutes each) directed by Dario Argento. The following episodes are included:
La finestra sul cortile (The rear window) (00:00:00 - 00:03:50) A guy tries to stop the murderer he saw from his window.
Il verme (The Worm) (00:03:50 - 00:06:55) A woman is terrorized by a spreading disease involving flesh eating worms.
Amare e morire (Love and die) (00:06:55 - 00:09:38) A woman wants to discover who raped her by making love to him.
La strega (The Witch) (00:09:38 - 00:12:52) A birthday party turns into a nightmarish game.
Addormentarsi (Going to sleep) (00:12:52 - 00:14:14) The shadows on the ceiling disturb a man who is trying to go to sleep.
Sammy (00:14:14 - 00:16:32) A young girl hears someone inside the house on Christmas Eve: what could it be?
L'incubo di chi voleva interpretare “l'incubo” di Dario Argento (The Nightmare of the boy who wanted to be in "The nightmares of Dario Argento") (00:16:32 - 00:20:58) A young boy wants to be in Dario's transmission, but something goes wrong. The rest of the video is a collage of various documentaries about Dario Argento, where he talks about various parts of his career in cinema:
The making of Suspiria (00:20:58 - 00:41:10) A short interview where Dario talks about what cinema means to him, shows the mixing phase of his film "Suspiria" and talks about why his vocation is to scare people.
Dario Argento and Lucio Fulci (00:41:10 - 00:50:40) Another short interview where he talks about his relationship with the italian horror and giallo director Lucio Fulci and their years together before his death.
The special effects of Dario Argento (00:50:40 - 01:19:45) A series of short episodes where Dario explains how he made some of the special effects on his movies and talks about the most difficult scenes he had to direct.
Dario Argento's interview in "Mezzanotte e dintorni" (01:19:45 - 01:48:38) An half an hour interview where Dario talks about his personal life and his director's life.
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blacklotus-bloog · 7 months
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Mi piacciono le cose reali, le cose vere, odio il conformismo e tutto quello che può essere ipocrisia...
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MIA MARTINI - Intervista di Enzo Tortora 1982
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vintagebiker43 · 10 months
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The Dark Side of the Moon
@Sydwerehere su twitter
Se paragoni Daniela Santanchè a Enzo Tortora io inizio a dubitare non tanto della tua capacità di fare il ministro ma proprio della tua capacità di intendere e volere
#Roccella
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paoloferrario · 14 days
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Inchiesta Bibbiano. Claudio Foti: "il mio lavoro distrutto e ho temuto di ammalarmi come Enzo Tortora", intervista di Federica Nannetti, in Corriere della Sera 15 aprile 2024
letto in formato cartaceo cerca in: https://corrieredibologna.corriere.it/notizie/cronaca/24_aprile_15/claudio-foti-caso-bibbiano-intervista-2809c890-988b-449b-9197-33b03bbaaxlk.shtml
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fridagentileschi · 2 years
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"Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo "grazie" a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. "
ENZO TORTORA
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Bibbiano, lo sfogo di Claudio Foti dopo l'assoluzione: "Io come Enzo Tortora, vittima di una persecuzione mediatica e politica"
15 aprile 2024 10:08 Parla lo psicoterapeuta assolto in via definitiva dalle accuse nel processo sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza reggiana   Tgcom24 “Dicevano che spaventavo i bambini e che facevo l’elettroshock”  In questi anni, spiega Foti, “c’è stata la distruzione della mia immagine professionale, il 95% del mio lavoro è venuto meno. Ma è stata dura anche sul piano personale…
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giancarlonicoli · 5 months
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19 nov 2023 13:38
“SONO STATO ACCUSATO DI ESSERE MISOGINO, OMOSESSUALE E TOMBEUR DE FEMMES. NON È VERA NESSUNA DELLE TRE COSE, ANCHE SE POSSIEDO UN FONDO DI TUTTE E TRE” - BOMBASTICA INTERVISTA A MASSIMO FINI: “VITTORIO FELTRI RESTA IL MIGLIOR DIRETTORE DELLA SUA GENERAZIONE, E’ FORSE OSTACOLATO DA TUTTO IL DENARO CHE HA GUADAGNATO - ORIANA FALLACI? ERA INSOPPORTABILE MA SUL LAVORO ERA ECCELSA. DA EDITORIALISTA, HA CANNATO IL GIUDIZIO DELLA STORIA EPPOI SI INVENTAVA LE COSE - MI RICORDO UNA SERA A CENA CON ALEKOS PANAGULIS CHE LA PRENDEVA A CEFFONI CHÉ ERA L’UNICO MODO PER TRATTARE CON LEI – PIGI BATTISTA, DELLA LOGGIA. PAOLO MIELI ERETICI CHE MI ODIAVANO PERCHÉ ERO MIGLIORE DI LORO. C’ERA ANCHE GIULIANO FERRARA CHE, COME TUTTI I CICCIONI, HA UN..."
Estratto dell’articolo di Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
«Hai portato il taccuino, o una di quelle diavolerie...?». «Registratore», Massimo, si chiama «registratore». E comunque, no, ho portato il taccuino, da cronista antico. È una questione di cautela. Massimo Fini vive in un eterno falò di antimodernismo […] Fini domani compie ottant’anni […] Intorno al suo sancta sanctorum orbitano amici in pellegrinaggio; e domestiche sudamericane in slalom tra cataste di giornali disseminate a terra; e giovani aspiranti segretari pronti a trascriverne, sotto dettatura, gli articoli feroci e lievi come falene.
La sua Lettera 32 olivettiana giace sul tavolo. Il tavolo è sormontato da una vignetta. In cui Massimo è circondato da Nerone, Nietzsche e il Mullah Omar, dei quali il giornalista è stato biografo di successo. Di fronte alla vignetta squilla il telefono, con impudenza. […]
Caro Massimo, dal tuo microcosmo perfetto osservi una vita imperfetta. È vero che prima di fare l’inviato per il mondo hai lavorato come copyrwriter, bookmaker e giocatore di poker?
«Certo. Ma anche come impiegato alla Pirelli. E mi licenziai mandando una lettera insolente al capufficio che giudicava i dipendenti dalla qualità delle cravatte, e io non le portavo. Il suo superiore mi convocò in direzione con la domanda: “Cosa posso offrirle, caffè o bourbon?” risposi “Bourbon”, mi licenziò ma dicendo che avevo un grande futuro. Altrove. Ero, invece bravissimo col poker vero, dicono il migliore giocatore di Milano, la notte pelavo i borghesi ricchi al tavolo verde».
Nel giornalismo entrasti all’Avanti nel ’70. Perché accadde solo dopo la morte di tuo padre, direttore del Corriere Lombardo (ne indica con finta indifferenza l’ultimo editoriale affisso alla parete, anno 1966, ndr) e la laurea in giurisprudenza?
«Per certi versi fu un bene perché non mi potevano accusare di familismo - che odio- e perché mi resi conto che non potevo più fare il cazzaro a vita. L’Avanti è un ricordo bellissimo. La redazione era fatta di socialisti libertari, il vicedirettore era un comunistaccio di ferro, il dimafonista uno del Movimento Sociale. Il direttore Ugo Intini, l’uomo che mi in ventò editorialista dopo anni di nera e consigli comunali. Era il mio ambienta naturale. Poi passai al Giorno di Zucconi, e all’Europeo e all’Indipendente. Grandi in chieste, grandi viaggi in giro per il mondo...».
…E grandi reportage dall’Unione Sovietica.
«Quelli soprattutto alla Domenica del Corriere, libero di raccontare la mai troppo rimpianta Urss. Sono russo da parte di madre e mi ci sento nella misura in cui gli italiani hanno perso il senso di solidarietà e l’innocenza».
Poi arrivarono i grandi processi come quello a Enzo Tortora.
«Fui il primo a sostenerne l’innocenza. Poi mi seguirono Feltri e Biagi. E dopo tutto questo mi ritrovai col culo per terra».
Be’, nel mezzo non partecipasti alla fondazione di Repubblica? Non riesco a immaginarti lì, sotto la barba di Scalfari.
«Eppure c’ero. Scrissi tra pezzi, ben accolto. Ma l’ambiente era di una sinistrissima fatta di salotti romani radical chic. Io non ce la potevo fare. Scalfari mi disse: “Come credi di campare, di rendita?”. Tornai all’Europeo e poi ci fu L’Indipendente; e là mi divertii moltissimo, sempre con Vittorio Feltri. Il quale, inventandosi il collante del “feltrismo” faceva scrivere tutti, da destra a sinistra; di tutto si può dire di Vittorio tranne che non abbia il senso del giornalismo».
Leggenda vuole che rompesti con Feltri quando andò al Giornale sedotto dal Berlusca nel ’94, però poi ti convinse ad arruolarti in via Negri. E tu non firmasti un contratto già pronto per questioni calcistiche. Confermi?
«Non è leggenda. Al Giornale, al momento di firmare il contratto, chiesi all’amministratore delegato Crespi per quale squadra tifasse, “parliamo di cose serie”. Mi disse “sono sempre stato juventino, ma ora mi piace il bel gioco e tifo Milan”. Non firmai più. Chi si piega a cambiare la propria squadra è capace di tutto...».
Con Feltri è odio-amore, Da una vita vi azzannate e fate pace. L’ultima volta gli hai scritto “di te, Vittorio, non rimarrà che polvere”. Non è carino.
«Con Feltri è così, alti e bassi. Quando siamo in buona si trova sempre qualche motivo per litigare; spesso, lo innesco io. Non so dirti perché. Ma, comunque Vittorio resta il miglior direttore della sua generazione e probabilmente anche delle due precedenti. È un uomo molto generoso, forse ostacolato da tutto il denaro che ha guadagnato. E mi ricordo che gli piaceva un sacco valorizzare i giovani talenti, fottendosene delle pressioni politiche, valutando solo i pezzi. In questo è come Marco Travaglio, che pubblica i miei pezzi sul Fatto Quotidiano, anche se magari non sono nella sua linea. Per certi versi sono entrambi figli di Montanelli».
Di solito, i giornalisti sono una razza antisociale, si frequentano e si riproducono fra loro. Tu hai conosciuto leggende del nostro mestiere ma non le frequentavi preferendo il poker. Perché?
«Mai frequentati giornalisti a parte Giorgio Bocca. E Walter Tobagi che, con le sue capacità di equilibrio, studiava per diventare il direttore del Corriere della sera ma l’ammazzarono troppo presto, a 30 anni. Ovviamente ci conoscevamo tutti, era una grande generazione».
Non ti è mai piaciuta Oriana Fallaci.
«Di persona era insopportabile; se avesse dato agli altri un milionesimo dell’attenzione che pretende va per sé, sarebbe stata completa. Ma sul lavoro era eccelsa; specie nei suoi primi anni, con le interviste ai grandi. Negli ultimi anni, da editorialista, ha cannato il giudizio della Storia eppoi si in ventava le cose...».
Be’, quello, all’epoca lo facevano anche Malaparte e Montanelli. Predicavano il “correlativo oggettivo” di Eliot, il verosimile più affascinante del vero. Per quale motivo dare la colpa proprio e solo alla Fallaci?
«Dai, Montanelli e Malaparte lo sapevano fare. Da Malaparte Oriana aveva rubato la prosa barocca, che con lei diventava rococò: leggerla nei pezzi era intenso, nei libri pesantissimo. E dire che io lei l’ho conosciuta in un momento di tranquillità, stava con Panagulis, il leader greco; mi ricordo una sera a cena con Alekos che le prendeva a ceffoni ché era l’unico modo per trattare Oriana».
Hai conosciuto bene anche Montanelli?
«Con Indro c’era molta stima. Nella sua prefazione al mio libro Il conformista scrisse che sarei affondato in una coltre di silenzio. La cosa si realizzò anni dopo. È da tempo che hanno smesso di invitarmi nei talk. Per non dire dei programmi televisivi che avrei dovuto fare io direttamente».
Be’ ammetterai di essere sempre stato un rompicoglioni di talento.
«Indubitalmente».
Ci fu in effetti un momento in cui dovevi fare un talk, Cyrano, su Raidue. Che sparì dai palinsesti.
«Ti ricordi? I dirigenti chiesero al mio produttore Eduardo Fiorillo di farlo ma senza di me, ché non ero gradito. Era, quella, la Rai berlusconiana; e con me Berlusconi - come dice Marco Travaglio- aveva una “censura antropologica”. E poi c’era l’allora vicedirettore di rete, Antonio Socci, che spinse direttamente per eliminare un “antiberlusconiano doc” come me. Il direttore di rete Antonio Marano, mi incontrò per strada: “Non la prenda sul personale, è un ordine dall’alto”. Ma andò bene lo stesso: portammo Cyrano in giro per i teatri d’Italia, con una pattuglia di giovani che recitavano il Fini-pensiero. Da lì nacque una formazione insofferente, antimodernista, piena di giovani, Movimento Zero, s’iscrisse anche Gianfranco Funari. Si tentò di farne qualcosa di politico, ma non ci riuscì».
Però molto di quel pensiero è finito nel Movimento Cinque Stelle, che tu frequentasti sin dagli esordi.
«Partecipai a tutte le riunioni con Beppe Grillo. Poi i grillini si sono persi dopo la morte di Casaleggio, che aveva la visione (anche troppo). Beppe è un grande frontman ma non un organizzatore, credo che oggi la sua decisione di allontanarsi dal Movimento sia dovuta alla moglie iraniana che gli ha fatto notare che forse era il tempo di godersi i suoi sei figli...».
A proposto di politica. Famosa fu la tua lettera d’attacco a Claudio Martelli, roba che anticipava la fine del Psi. Ma lui non era un tuo amico carissimo?
«Siamo stati compagni di banco al liceo. Molto amici, fino a quando capii che la sua amicizia era strumentale. Claudio si mise di traverso anche per la mia carriera, bloccò la mia nomina a vicedirettore del Giorno, ma col senno di poi fu un bene, io non ho esattamente le doti di mediatore del ruolo. Con alcuni direttori non mi sono mai preso, come con Francesco D’Amato al Giorno che si dissociava da quel che scrivevo. Ad altri ho fatto da ghost-writer come con Maurizio Belpietro, che poi ha imparato a scrivere e si è ritagliato un bello spazio con La Verità».
Dopodiché, un giorno, da cronista, ti sei scoperto scrittore e intellettuale contro la modernità (attraverso la terna di long seller La Ragione aveva Torto?, Elogio della guerra e Il conformista, Marsilio e Mondadori). Nel mezzo c’è stata la rivista Pagina.
«Pagina fu un’esperienza culturale, la faceva Aldo Canale. Lì Pigi Battista era il ragazzo di bottega, Della Loggia solo un giovane docente, Mieli era già all’Espresso ma non se lo filava nessuno. Erano degli eretici che si sono normalizzati e mi odiavano perché ero migliore di loro. C’era anche Giuliano Ferrara che, come tutti i ciccioni, ha un certo bisogno d’affetto e ne dà, anche se politicamente siamo agli antipodi».
Sempre una parola buona per tutti...
«Mica vero. Io stesso, come diceva Giovanni Minoli, sono un “perdente di successo”. E, comunque ci sono incontri che mi hanno affascinato. Umberto Bossi, per esempio, l’unico politico con cui andavo a mangiare la pizza assieme a Daniele Vimercati: grande intuito (geniale quello delle macro-regioni, se ci pensi), passione e poche letture ma usate benissimo. Quando gli chiesi se era di destra o di sinistra mi disse: “di sinistra, ma se lo scrivi ti faccio un culo così”. Lo scrissi. Un altro dal fascino incredibile era Nureyev...».
Rudolph Nureyev, il ballerino?
«Sì. La prima volta lo vidi in un bar con un pigiamone e la tazza calda di caffellatte in mano, la seconda a una festa di - come si diceva una volta- invertiti del jet set. Seguii la sua seduzione da manuale di un giovanotto che finì con lui in camera da letto. Siamo uomini di mondo. Io stesso sono stato accusato di essere misogino, omosessuale e tombeur de femmes. Non è vera nessuna delle tre cose, anche se possiedo un fondo di tutte e tre. Le mie amiche carine - non le femministe cesse - apprezzano il mio Dizionario erotico, manuale contro la donna a favore della femmina. È una specie di test di ammissione...».
 E qui saranno contente le femministe.
«Cosa vuoi che mi freghi? Io mi sono fatto tre depressioni, La prima dopo la morte di mio padre di cui pensavo non mi interessasse nulla, l’ultima quando, dopo aver sbagliato fidanzata, cominciai a bere. Montanelli, di depressioni, se fece sette. Era insuperabile anche in questo».
Ora hai il glaucoma agli occhi, progressiva rarefazione della vita, come Sergio Staino. Vedo che metti annunci di ricerca di segretari a cui dettare i tuoi pezzi. Come ti sei organizzato col lavoro?
«Detto e rileggiamo tre volte il pezzo, virgole comprese. Ci metto il triplo del tempo. D’altronde se Travaglio nel 2006 non mi avesse convinto attraverso i miei amici Ermanno Olmi e Renzo Arbore, oggi sarei in ritiro definitivo. D’altronde si sta squagliando tutto, è una fagìa di denaro, una perdita di valori. Il giornalismo stesso è come il calcio, senza poesia, decaduto dopo la sentenza Bosman, dove c’è il Var e si è diventati tutti fighetti; invece io ricordo Terry Butcher, quel centrale inglese che giocò un’intera partita insanguinato dalla testa ai calzoncini...».
Parliamo della guerra di Gaza.
«Io sto con Hamas».
Eccolo qua. Sapevo che l’avesti detto, da biografo del Mullah Omar e altri racconti.
«Gaza è da sempre un lager a cielo aperto. E lo dico essendo ebreo da parte di madre, cosa che ho sempre rifiutato. Gli ebrei sono un popolo intelligentissimo, bada bene. Ma Cristo - nonostamte la vulgata- non lo fece fuori Pilato, e ci sarà un motivo se i romani gli unici problemi li hanno avuti in Giudea. Quando Paolo venne fulminato sulla via di Damasco, una volta arrestato ottenne di essere processato a Roma, dove riuscì anche a predicare liberamente. Se fosse rimasto in Giudea se lo scordava».
Qui Massimo, non ti seguo. Ma siccome siamo in una democrazia come quella israeliana e non sotto la censura di Hamas, fedelmente ti riporto. Oltre alla tua opera hai lasciato al mondo un figlio Matteo, che insegna anche ai grandi manager. In che rapporti sei con l’erede?
«Con Matteo ho un rapporto ottimo. Ha trovato da solo la sua strada, lavora col fratello di J-Ax, guadagna molto più di me. L’unico problema è che non mi ha mai dato problemi. Da me non ha preso nulla, tranne che i riflessi fisici e una malinconia di fondo. È una bella eredità...».
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