Tumgik
#Faccia Da Rapina
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m’avevi messo al posto mio come nessuno prima, m’avevi detto che passava prima.
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3nding · 1 year
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Per la rubrica bestemmie del mercoledì
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Sto leggendo diverse persone anche con un certo seguito a sinistra, scrivere che "ai loro tempi" l'università era così e cosà, e i sacrifici, e il coinquilinaggio etc. A parte l'enorme OK, BOOMER che si prendono in faccia da parte di chi non vuole essere etichettato come un viziato solo perchè chiede di poter alloggiare a prezzi civili in un Paese dove ti pagano in visibilità; sarebbe interessante notare come questo cortocircuito cognitivo è molto simile a quello contro il reddito di cittadinanza e "signora mia i giovani non vogliono lavorare, ai miei tempi facevo 19 ore sui tetti senza protezioni e mi pagavo l'università". Siamo quindi nuovamente di fronte al voler mantenere condizioni sfavorevoli invece di lottare affinchè diventino favorevoli per la collettività, una sindrome di Stoccolma mostruosa. Ovviamente - e mi da fastidio ripetermi - il discorso è sempre quello della scarsa memoria e miopia del popolo e dei media in quanto già solamente venti anni fa nei miei primi anni di università era palese che gli studenti venissero ammassati in qualsiasi buco, senza abitabilità, senza contratto e a prezzi da rapina. Dice "Eh, ma già allora c'era la legge per denunciare i proprietari ed avere un contratto agevolato" che poi è sempre il solito discorso dello Stato che se ne lava le mani e chiede a chi è in difetto di farsi organo di controllo, laddove un semplice giro delle ff.oo (o finanza) nelle bacheche fisiche o online degli atenei già allora avrebbe portato in un mese a chissà quali quantità di scoperto.
Nulla di nuovo sotto il sole, fanno solo bene i ragazzi a portare avanti sta battaglia anche se personalmente sono pessimista.
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generalevannacci · 6 months
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Adriano Sofri
Sugli scudi umani.
Caro Claudio Cerasa. Ci sono frasi piene di senso, che pronunciamo con convinzione, insieme. Poi viene voglia di pensarci su. Hamas, diciamo, abusa anche della gente di Gaza come di scudi umani, oltre che degli ostaggi rapiti. Ci fermiamo qua? Qual è la conseguenza? Tu hai intitolato: “I civili di Gaza sono tutti sulla coscienza di Hamas”. Ma non è così, non solo. Se fosse così, non esisterebbe la questione degli scudi umani. Hamas non ce l’ha la coscienza, e se ce l’ha è diversissima dalla nostra, oltre che dal famoso diritto internazionale. Ho scorso quello che se ne dice: nell’art.28 della Quarta Convenzione di Ginevra, nell’art.51 del Primo Protocollo Addizionale, nell’art.8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, o in documenti meno universali, come il Manuale sul diritto di guerra del Dipartimento di Stato USA (2015). Antico come il mondo, cioè come la guerra, l’impiego di scudi umani si è moltiplicato via via che cresceva la capacità di risonanza dei mezzi di informazione. Chi è abituato a trovarsi dalla parte “regolarmente” più forte tende a ridurre la proporzionalità necessaria ad agire contro chi faccia uso di scudi umani, all’opposto di chi conduca un’azione militare o di forza “irregolare” e tanto più se terrorista. L’impiego di scudi umani non può legare per intero e senza riserve le mani al nemico. Ma appunto chi si stia battendo contro un obiettivo militare deve osservare una proporzione fra il suo legittimo scopo e il danno “collaterale” che ne può derivare alle vite dei civili e delle persone protette: “L’uso di scudi umani da parte di una delle parti in conflitto non libera l’altra dalle obbligazioni del diritto internazionale umanitario...”. E’ abbastanza in voga oggi un’irrisione del “diritto umanitario”, come di un lusso superfluo e comunque di una irrilevante litania. Ma dietro – o davanti – al “diritto internazionale” sta una questione morale decisiva per la scelta di ciascun attore, singola persona o banda armata o Stato. L’infamia di chi si serve di scudi umani, per la sua rapina in banca o per la sua guerra mondiale, non toglie affatto a chi le si oppone una drammatica responsabilità. Dovrebbe essere ovvio, ma sembra esserlo sempre meno. Se non lo fosse più, il riferimento stesso agli “scudi umani” non avrebbe ragione di sussistere: “peggio per loro”. Sussiste, perché si riconosce una differenza fra coloro che vi fanno ricorso e coloro cui il sacrificio di innocenti ripugna. E non si può invocare, per accantonare il dilemma, la situazione di emergenza in cui si presenta: l’impiego di scudi umani è per definizione un’emergenza estrema - benché non faccia che diffondersi, e raggiunga dimensioni tremende come quella della popolazione civile di Gaza. Sebbene a denunciarla sia, fra tanti, la Cina degli Uiguri e del Tibet, la “sproporzione” di bombardamenti e coazione al trasferimento della popolazione civile non è meno vera. (Il diritto, se non sbaglio, non è stato abbastanza lugubremente fantasioso da immaginare che il crimine di guerra del trasferimento forzato della popolazione civile all’interno di uno stesso territorio non venga addebitato a chi lo “difende”, ma a chi attacca, com’è oggi a Gaza). L’assalto di Hamas del 7 ottobre ha una portata spaventosa di ferocia e abiezione, ma questo appunto stabilisce un termine alla proporzionalità della risposta, non la abolisce.
C’è bensì una “dottrina” favorevole a ridurre fino ad abolirla la responsabilità di chi si confronta con l’abuso di scudi umani, sostenendo che segnerebbe una disparità inaccettabile fra gli opposti belligeranti. E arrivando a prevedere che, se il ricatto degli scudi umani venisse bellamente ignorato – qualcuno è maestro, per esempio il Putin della scuola di Beslan e del teatro Dubrovka – si cesserebbe di ricorrervi. Pretesa che, nel suo esplicito cinismo “realista”, mette sullo stesso piano “belligeranti” come, oggi, Israele e Hamas, che è esattamente ciò che si vuole rifiutare. (Osservo che in parecchie circostanze Israele in passato seppe sfuggire a diatribe come la tipicamente nostra su fermezza e trattativa, mettendo al primo posto la salvezza degli ostaggi e rinviando puntualmente la punizione). Comunque, anche le posizioni più spinte in questa direzione, come quella dell’aeronautica militare degli USA, dichiarano la possibilità di “attaccare obiettivi legittimi protetti da civili e considerarli danni collaterali, purché non risultino eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto che ci si aspetta di ottenere”.
In un’altra, più precoce puntata della guerra perenne, nel 2009, Stefano Levi della Torre, chiarendo che “l’ostilità che circonda Israele non è solo rivolta alla sua politica, ma alla sua stessa esistenza”, scrisse: “Si dice, spesso a ragione, che i terroristi si fanno scudo dei civili. Dunque i civili sono ostaggi. Si massacrano gli ostaggi? La pratica degli scudi umani è ignobile perché espone cinicamente degli esseri umani al sacrificio, ma perché dovrebbe essere meno ignobile l’azione di chi quel sacrificio lo compie sparando comunque? O forse la convivenza della popolazione con Hamas è intesa di per sé come connivenza, nell’idea aberrante di una colpa collettiva a giustificazione del massacro. Ma non è questa un’idea esattamente simmetrica a quella dei terroristi contro cui si combatte, non solo per necessità ma anche in nome dei ‘nostri principi superiori’?”
Non ti scrivo per esporre un dissenso. Un eventuale dissenso è la situazione ordinaria della mia ospitalità qui. Provo a far emergere un tema che ci riguarda intimamente. In alcune prese di posizione di questi giorni sembra che l’antico occhio della pietà si voglia chiudere: in realtà, si è così spalancato sul pogrom del sabato 7 da imporsi di chiudersi sui contraccolpi, come temendo che una pietà distribuita si diminuisse e facesse torto alle vittime proprie. Lo provo anch’io. In questi giorni si è riletta – lo si faccia di più, e senza limitarsi alle citazioni, andando da capo a fondo – la commemorazione che Moshe Dayan fece, il 29 aprile 1956, del suo amico Roy Rotenberg, agente ventunenne ucciso nel suo kibbutz al confine di Gaza. “Ieri all’alba Roy è stato assassinato. La quiete della mattina di primavera lo aveva accecato, e non ha visto coloro che, nascosti dietro il fosso, lo volevano morto. Non dedichiamoci oggi a deplorare i suoi assassini. Che cosa possiamo dire del loro odio terribile verso di noi? Da otto anni si trovano nei campi profughi di Gaza e hanno visto come, davanti ai loro occhi, abbiamo trasformato la terra e i villaggi che erano loro, dove loro e i loro antenati abitavano in precedenza, facendoli diventare casa nostra”. Si può dire, e quando lo disse Dayan voleva dire “Siamo condannati a combattere”, non invocava la pace – lo avrebbe fatto, più tardi. In Israele, non solo su Haaretz, voci rigorose e impavide si levano a denunciare le colpe del governo e di un’intera storia. Ci se ne serve a vanvera. Noi, alcuni di noi, non riusciamo a essere altrettanto rigorosi. Io non posso essere così reciso, perché non sono ebreo (credo: nessuno può dirlo, di sé) e ancor meno ebreo israeliano. Sono (forse) meno legato all’ebraismo, ma più responsabile. Corresponsabile. Mi ero interrogato sulla frase del cancelliere Scholz: “La nostra storia, la nostra responsabilità derivante dall'Olocausto, ci impone il dovere perenne di difendere l'esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele". Ieri Maurizio Maggiani ha protestato vivamente – “un lavacro di coscienza sulle spalle degli altri” - ed Ezio Mauro ha vivamente approvato – “la democrazia del dovere”. Io dubito, ma in quella frase è implicita, con il peso schiacciante che le viene dal vincolo con uno Stato e il suo passato, la responsabilità personale cui alludo, e che riguarda la sopravvivenza di Israele. Oggi qualche vecchia canaglia e molti giovani senza memoria mostrano di non aver più bisogno di mascherare sotto il nome di antisionismo il loro antisemitismo, e forse anche dire questo è troppo, rispetto all’insofferenza che esibiscono al nome di ebreo. Della Shoah, quando credono di sapere che cos’è, la considerano usurpata e la dichiarano prescritta. A Odessa, a Sderot, a Gaza, forse siamo davvero sull’orlo di un precipizio che appena due o tre anni fa non sapevamo nemmeno immaginare. Quando si arriva al punto, bisogna mirare alla salvezza. Chi ha memoria, è un po’ meno libero. Aveva un passato mirabile Willy Brandt, e non era libero, e perciò si inginocchiò davanti al monumento alla rivolta del ghetto a Varsavia nel 1970. Ciò cui può appigliarsi chi è fuori e non veda una luce è l’immedesimazione: che cosa farei se fossi ad Ashkelon, che cosa se fossi a Gaza. Non saprei che fare, probabilmente, e allora che cosa pregherei che succedesse, o che non succedesse. Per che cosa sto pregando.
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sabinesybill · 7 months
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No senti quando ho visto quel post per la prima volta l'ho fissato per almeno 2 minuti buoni perchè ero convinta fosse un'allucinazione E INVECE HA TUTTO COSÌ SENSO.
Riesco proprio a vedere Alicent che cerca di milanesizzare il povero Aegon perchè "se continui così poi finisci in brutti giri come tuo zio Daemon" 🫠
Rhaenyra invece ha le vibes di quella che si è trasferita a Milano per fare carriera, finge di aver preso l'accento e si vergogna di dire da dove arriva.
Ha tutto senso ed è questa la cosa più bella?!?! Questa Italian au si può fare!!
Alicent assolutamente cercherebbe di tenere Aegon lontano dai giri dello zio Daemon (Alicent: "Viserys ti ho detto che tuo fratello non mi piace..." E Viserys: "ma è un cucciolo 🤠"
Alicent: "... è ai domiciliari per spaccio, rapina a mano armata e tentato omicidio. Ha tre cause in sospeso. Non dichiara niente allo stato ma casa sua è tutta oro e marmi e porta il Rolex al polso."
Viserys: "Non puoi provarlo" e corre a chiamare gli avvocati. Questo è il cucciolo di mastino napoletano di Viserys signorə.)
Rhaenyra assolutamente è andata a Milano, va alla Fashion Week e a tutti gli eventi in, ha un brand proprio ma lei effettivamente è soltanto una facciata perché 1) non ne capisce niente 2) la laurea gliel'hanno comprata 3) riciclaggio baby!!
Finge di aver perso l'accento ma quando si incazza esce tutto, magari qualcuno l'ha ripresa a qualche evento mentre scazza con uno dei suoi impiegati e da allora finge di essere orgogliosa delle sue radici campane. Ci tiene a precisare che però ha antenati normanni e longobardi.
Plot twist: Viserys è contento che sia a Milano e le dà soldi perché ok che Daemon è il suo cucciolotto ma non lo vuole vicino alla figlia. Vicino gli altri figli no prob, lui ha la sua prefe.
Adesso chiedendomi Harwin di dove può essere, it's a toss up tra Puglia, Abruzzo e Lazio (ha la faccia da ultras della Roma e fan di Totti, grazie a cui ha letto i primi ed unici libri della sua vita).
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vaginosibatterica · 2 years
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Ieri ho preso il mio pomeriggio e la mia serata libera e ne ho fatto scempio: ho gettato la spazzatura (ore 1:30am), ho guardato Seinfeld, ho fatto la spesa. Tutto qui.
È stata la quarta volta in sei giorni che la commessa del conad mi ha visto mettere sul rullo trasportatore quindici euro di patatine, di salatini da aperitivo, di mais tostato e carboidrati affini.
Al pari del pulsante sotto la scrivania che nei film gli impiegati di banca schiacciano per contattare la polizia in segreto in caso di rapina, ce n'è uno nei supermercati che se premuto avverte immediatamente il centro per i disturbi alimentari più vicino, quindi ecco, io penso di essere stata segnalata.
Forzuti infermieri in camice sono stati istituiti a placcarmi se mi incontrano per strada, hanno appeso una mia foto col volto cerchiato. I cerchi attorno alla mia faccia sono subdoli, perché aggiungono altre pieghe al doppio mento.
Addirittura, una delle buste di caramelle che avevo comprato non era prezzata, così la cassiera mi ha chiesto (doveva battere il prezzo in cassa): "Non hai controllato quanto costasse prima di prenderle?" ed io ho dovuto ammettere che in effetti no, il mio è stato proprio uno di quegli acquisti fatti d'impulso di cui si parla nei manuali di marketing, senza giudizio.
La commessa è dovuta andare a controllare di persona quanto costassero le caramelle, ed è saltato fuori che non c'era nessun cartellino col prezzo nello stand di cartone da dove avevo preso la mia busta di ciucci zuccherati, così ha arbitrariamente deciso di assegnarle il prezzo di 1,20 €.
#r
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vabeneecosi · 2 years
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Tu hai la faccia da bambina, io gli amici da rapina
Insieme come fuoco e benzina
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Rapina da To Dream e coltello in faccia ai vigilantes
Zaino in spalla, dentro aveva infilato profumi, cosmetici e un paio di occhiali da sole. Quando è stato scoperto dagli addetti alla sicurezza, ha mostrato loro un coltello a serramanico per intimidirli e ingaggiato coi vigilantes una violenta colluttazione nel tentativo di guadagnarsi la fuga. Ma è stato arrestato dai carabinieri il 38enne, di nazionalità romena e senza fissa dimora, che ora si…
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I nuovi capi hanno facce serene
Mi capita di incontrare delle storie. Di solito avviene di notte e ognuna è di un colore diverso, ma questa è forse quella più strana che mi sia capitata. Stavo passeggiando a piedi per trovare un poco di fresco, queste temperature assurde di luglio impediscono un giusto riposo, perciò stavo recandomi verso i giardini comunali quando ho incrociato il passo con un ragazzo che quasi mi viene addosso. Stava derilando, o meglio questo è il primo pensiero che mi è passato per la mente. - Ci stanno cercando, dobbiamo andarcene, vieni con me prima che sia troppo tardi -  - Ehi calmati un attimo. Non vedo nessuno qui intorno e mi sembri pazzo -  - Non vedi nessuno perché sei ingenuo. Loro sono così bravi da rendersi invisibili - - Loro chi ? -  - I cattivi pensieri. Ci hanno fatto il lavaggio del cervello perciò non li vedi. Non mi dire che non te ne sei accorto. Pensaci un attimo. Quante volte senza motivo apparente ti sei sentito pieno di odio nei confronti di qualche povero pezzente. L'hai guardato con disgusto e lo hai allontanato oppure ti sei scagliato contro di lui perché magari dormiva in terra nel tuo quartiere ? -  - Guarda che io abito in un quartiere popolare, in condominio con persone che vengono dai paesi più strani. Pensa che sotto il mio piccolo appartamento c'è un tipo che tutte le mattine alle quattro si sveglia e canta. C'è una ragazza che credo faccia la vita, mi capita spesso di incontrare qualche suo cliente sulla rampa delle scale. Li dovresti vedere come cercano di non dare nell'occhio eppure ormai li conosco tutti. Una sera è venuto anche un prete. Mi ha sorpreso dicendo che veniva a dare la benedizione ma era ottobre e per Pasqua mancavano diversi mesi. Eppure ci vivo bene. -   - Ecco ora mi vorrai far credere che i cattivi pensieri sono un'invenzione ? -   - No, no, i cattivi pensieri esistono, credo che li abbiamo conosciuti tutti. Quello che intendo è altro. Non devi averne paura ma affrontarli. Non risolvi niente scappando -  - Hai ragione. Infatti non ci crederai ma sono un malfattore. Ti ho avvicinato per compiere una rapina. Ho un coltello in tasca ed ero pronto a toglierti la vita. Quanto hai con te da  darmi ? -  - Guarda che sono solo uscito a fare due passi e non porto mai il contante perciò rispondimi, vale la pena di farmi la pelle per poche monete? Mi sembra di avere un euro e cinquanta e per la mia salvezza potrei anche darteli. -   - Scusami mi sono sbagliato, quando ti ho seguito mi sembravi un avvocato. -  - In realtà da un poco di tempo faccio lo scrittore e non guadagno niente. Cioè non ho iniziato a farlo per questo. Mi sembrava il miglior modo per incontrare gente. -   - Ti interessano le persone ? -  - Anche, ma mi interessano soprattutto i cattivi pensieri che hanno nella mente. Stanotte sono stato fortunato. Ho incontrato te e mi hai salvato-  - Perché dici questo? Io non ho fatto niente, anzi volevo rapinarti. -   - Hai fatto molto più di quello che pensi. Ora vai a casa che sta facendo giorno. -  Mi ha salutato sorridente scuotendo leggermente la testa. Avrà pensato che sono pazzo. In realtà non si è accorto che avevo in tasca una Beretta. Prima di uscire ero un killer a pagamento che quando ha poco lavoro esce a caccia. Ora dopo questo incontro ho buttato l'arma in un cassonetto della spazzatura e ho fatto un giuramento. Da domani spedisco i miei ultimi scritti. Ho una miriade di racconti e se mi chiedono di pubblicarli li chiamerò " Cattivi Pensieri " credo che avranno successo. Lo so, molto di questo scritto lo invento al momento, ma ditemi voi se questa non è una resurrezione e infatti ho detto a quel ragazzo - ci si incontrerà in giro Fratello. - Foto di Giordano Pieralisi per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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lamilanomagazine · 4 months
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Inseguito, aggredito e rapinato del telefono cellulare: denunciato magrebino 34enne per rapina e ricettazione
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Inseguito, aggredito e rapinato del telefono cellulare: denunciato magrebino 34enne per rapina e ricettazione. Cremona, ha raccontato ai Carabinieri di essersi trovato faccia a faccia con un uomo che dopo averlo aggredito e picchiato con un bastone lo rapinava del telefono cellulare. Al termine dell’indagine, i Carabinieri della Stazione di Camisano hanno denunciato un cittadino straniero di 34 anni, ritenuto responsabile di rapina e ricettazione di un’autovettura provento di furto. L’episodio violento è avvenuto in una via del centro di Sergnano (CR) in una tarda sera dello scorso mese di novembre quando, tre pattuglie della Compagnia di Crema erano state inviate per la segnalata aggressione violenta. Sul posto i militari individuavano la vittima, e dopo averla soccorsa la facevano trasportare da personale medico presso l’Ospedale di Crema per le cure del caso. La vittima raccontava di essere stato inseguito ed aggredito da un uomo travisato che era sceso da un’autovettura e dopo averlo colpito con un bastone lo rapinava del telefono cellulare. A ricostruire l’accaduto e dare un nome al presunto responsabile sono stati proprio i Carabinieri di Camisano che, rinvenivano poco dopo l’evento il Suv rubato in Cremona il 22 novembre scorso e recuperando al suo interno il telefono cellulare rapinato. Dalla descrizione fornita dal denunciante e dagli elementi acquisiti nel corso dell’attività info investigativa i militari risalivano all’identità dell’autore, un cittadino magrebino 34enne, che veniva denunciato alla Procura della Repubblica di Cremona.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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moviemaniac2020 · 11 months
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Chissà perché certi bei film italiani escono, girano poco, non lasciano ricordi e scompaiono dalle memorie cinematografiche. Forse perché sono “troppo italiani” - come il critico Morandini ha definito proprio questa pellicola - per essere apprezzati. Non avevo mai sentito parlare di “Qui non è il Paradiso”, anno di uscita 2000, e tantomeno del suo regista e sceneggiatore Gianluca Maria Tavarelli (nome che mi sono già segnato per recuperare le altre sue opere dirette fra il 1994 e il 2014). E' un nome che anche a molti di voi non dirà nulla, anche se, però, citando i telefilm nazionali su Paolo Borsellino, Maria Montessori, Aldo Moro e "Maltese – Il Romanzo del Commissario", sicuramente qualche lampadina si accende. "Questo non è il Paradiso" è una pellicola completamente inedita per me, che vedo per la prima volta a distanza di 23 anni dalla sua uscita, della quale conosco poco e nulla, anche se nel cast ci sono tutti quegli attori italiani che forse hanno avuto una vita poco “carrierata” per colpa di un cinepanettonismo italico di maniera (laddove se non fai operette demenziali natalizie e robe simili non fai tanta strada) e che qui recitano in ruoli di spessore e tanto di cappello. Hollywood spostati, ma proprio: Fabrizio Gifuni ("Il Capitale Umano", "Esterno Notte"), Antonio Catania ("Mediterraneo", "Camerieri"), e due maschere tradizionalmente comiche come Ugo Conti e Adriano Pappalardo, impiegati in ruoli così drammatici e cattivi da lasciare lo spettatore a bocca aperta per cotanta bravura tragico-drammatica. Trama. Torino, anni ‘90. Renato fa l'autista alle Poste Italiane, incaricato di trasportare e consegnare ingenti somme di denaro. Separato, è appassionato di Poesia e da tempo sogna di dare una svolta alla propria vita. Comincia quindi a pensare di fuggire con i miliardi di lire che trasporta nel furgone di lavoro. Per fare questo convince il suo amico e collega Walter, all'inizio riluttante. I due, però, non possono fare tutto da soli: vengono così coinvolti anche Enzo, proprietario di un locale, e Michele, anche lui impiegato alle Poste. Dopo un primo tentativo andato male, la seconda volta il colpo riesce. I quattro si riuniscono per dividersi il bottino di otto miliardi. Sul caso indaga il commissario Lucidi, incaricato delle indagini, il quale riesce a portare a galla la verità... Ottima pellicola del sottovalutato e misconosciuto Tavarelli, che pare già si fosse segnalato in precedenza per il brillante "Un amore" (1999). Una storia tutta narrata con un perfetto incastro di flashback e flashforward, che è un notevole saggio di noir contemporaneo. Il ritmo non perde quota neanche per un secondo e incalza la sceneggiatura a ricostruire a posteriori la vicenda di una rapina di due impiegati postali che volevano svoltare vita, sognando di scappare ai Tropici, ma che invece finiscono molto male. Una pellicola girata molto bene e altrettanto molto ben recitata, e realizzata con una professionalità sapiente. La migliore qualità del film resta quella di saper cogliere, cristallizzare e raccontare uno scoraggiante clima culturale e ideale caratteristico dell’Italia degli anni ‘90. Un piccolo cherubino del Cinema Italiano che deve essere assolutamente (ri)conosciuto e (ri)valorizzato, alla faccia delle commercialissime americanate che il mondo occidentale, ahimé, non smette di propinarci come "cinema". Quello vero, quello dai titoli come “Qui non è il Paradiso”, bisogna cercarlo e scovarlo nelle opere d'arti dimenticate del nostro controverso Belpaese. Musiche del compianto maestro Ezio Bosso. QUI NON E' IL PARADISO (Italia, 2000). Regia: Gianluca Maria Tavarelli. Cast: Fabrizio Gifuni, Erika Bernardi, Valerio Binasco, Antonio Catania, Ugo Conti, Adriano Pappalardo, Roberta Lena, Riccardo Montanaro, Riccardo Zinna, Cesare Apolito, Franco Neri.
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cdgruppo12 · 1 year
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Riflessione collettiva: Docu people’s republic of desire
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A.   Contenuto
Il documentario cerca di dimostrare che la cultura dei social media e dell’intrattenimento in Cina ha un impatto forte sulla vita delle persone. Così potente che i social media sono diventati pervasivi tanto da estraniare completamente le persone dalle relazioni personali quotidiane; come nel caso del padre di Shen Man che senza i guadagni della figlia non avrebbe modo di avere una sua indipendenza economica.
I contesti d’uso dei social media, in particolare della piattaforma YY che viene mostrata, si rivolgono maggiormente alla casa. Ad esempio sia gli streamers che i followers usano queste piattaforme nelle loro stanze, in soggiorno, a tavola oppure addirittura mentre attraversano la strada… praticamente ovunque. Ad esempio Shen Man che canta nelle live utilizza una di queste piattaforme sempre dalla sua camera da letto. Le persone sono costantemente attaccate ai telefoni, sono continuamente sui social media e abbiamo notato che i giovani sono spesso nella medesima stanza ma ognuno è concentrato sul proprio telefono.
Il contesto è negativo, i fan e gli streamers raccontano di frequente di come una volta tornati alla vita reale si sentano emarginati. Ad esempio nel documentario un ragazzo aveva detto che oltre al lavoro ha solamente YY e Shen Man. In più resta tutto il giorno a casa, non ha amici e non vede mai il sole. In aggiunta a questo, tutti gli streamers iniziano a trasmettere le live per divertimento ma quando diventa il loro lavoro, il contesto inizia a essere negativo. È un ambiente molto competitivo e presenta molta tensione. È complicato e difficile perché gli streamers devono essere supportati continuamente tutto l’anno e non sono sicuri che questo accadrà sempre.
Un altro esempio riferito al contesto negativo è quando Shen Man viene coinvolta in uno scandalo perché va a letto con i suoi patrons e iniziano a chiamarla “sgualdrina” e comincia così a perdere followers. Le persone che prima la sostenevano ora le danno contro.
Le caratteristiche delle persone che vengono coinvolte nell’uso dei social media sono molto precise: Shen Man canta nelle live è sempre ben vestita, truccata e curata esteticamente. Queste caratteristiche fisiche portano la ragazza ad essere vista come un modello e idolo dalle ragazze che la seguono. I ragazzi intervistati nel documentario desiderano una ragazza come quella che vedono sulla live stream. Uno ha detto persino che ha una cotta per Shen Man da ben 2 anni. Quando nel documentario chiedono a Shen Man se è felice, lei risponde di sì ma dalla sua espressione sembra che stia mentendo.
I followers conducono una vita completamente diversa da chi trasmette le live. Ad esempio il ragazzo Yong svolge un lavoro fisico da 4 anni e vorrebbe avere lo stesso modo di vivere di uno streamer sulla piattaforma YY che vede come idolo perché ha comprato casa a soli 22 anni…
B.   Contributo
Prima di guardare questo documentario eravamo già a conoscenza del” lavoro di streaming”, la novità per noi è stata conoscere quanto questi streamers effettivamente guadagnassero. Un’altra curiosità per noi è stato il fatto che gli streamers sono così dipendenti dalla fama che ingaggiano agenzie per fare donazioni finte, comprandosi così i voti. Sono così disperati dal diventare famosi che nel documentario viene detto che alcuni streamers mostrano atti sessuali o “streamano” una rapina, oppure viene detto di una ragazza che si taglia le vene e prende 20 pillole e streamma il suo ricovero.
Abbiamo inoltre trovato strano il fatto che ci fossero dei ricchi donatori che traggono piacere dal donare doni alle loro “protette” streamers.
Perciò gli stereotipi sull’uso dei social media sono stati confermati: “i social allontanano le persone dalla vita reale e li isolano”, vediamo ciò nel documentario nella scena in cui la cantante Shen Man cena con i suoi famigliari ma ognuno è troppo preso dai propri telefoni al posto di guardarsi in faccia e parlarsi. Un altro stereotipo confermato nel documentario è che sono principalmente i giovani che utilizzano i social media, per esempio il papà di Shen Man dice (all’inizio) “people my age don’ know computers, we can’t keep up with them”.
Uno stereotipo che è stato ribaltato invece è come i genitori siano fieri ed incoraggiano i propri figli ad avere una carriera come streamer.  In occidente avere un lavoro sui social media, come streamer o influencer, non è ancora visto dai genitori come un lavoro vero e proprio, con il quale i figli possono avere uno stipendio stabile, e incoraggiano i figli a trovare un lavoro più tradizionale, mentre in Cina è il contrario.
Vediamo questa “fierezza” ed incoraggiamento quasi malato da parte dei famigliari / genitori nella scena in cui il comico è a pranzo con i parenti e gli dicono che non importa quanto successo lui farà, loro non saranno mai soddisfatti, per loro contano più i soldi e il successo della persona stessa.
C.  Collegamenti
Articolo:
L’articolo di McKinsey conferma quanto sostenuto nel documentario, ovvero come i social media stiano diventano pervasivi in Cina.
https://www.mckinsey.com/~/media/McKinsey/Business%20Functions/Marketing%20and%20Sales/Our%20Insights/Understanding%20social%20media%20in%20China/Understanding%20social%20media%20in%20China.pdf
La Cina ha la più grande base di utenti Internet al mondo, con 513 milioni di persone, più del doppio dei 245 milioni di utenti negli Stati Uniti. Sono oltre 300 milioni le persone attive, dai blog ai siti di social networking, ai microblog e ad altre comunità online. Gli utenti cinesi di social media sono non solo più attivi di quelli di qualsiasi altro paese, ma in oltre l'80% dei casi hanno profili multipli. Secondo l’articolo la concorrenza tra i consumatori è spietata e molte aziende si affidano a scrittori per produrre contenuti positivi su di sé online e screditare i concorrenti con notizie negative.
D.    Giudizio personale
Per quanto concerne i punti critici del racconto, il documentario ha analizzato attentamente una piccolissima porzione della popolazione cinese, senza darci modo di poter osservare più attentamente come il resto della popolazione si relaziona ai social media.
Concordiamo con la tesi che sostiene che i social creano una realtà virtuale e tendano più o meno lentamente a eliminare ogni tipo di relazioni personali. Potrebbe essere una buona idea consigliare la visione del documentario a un pubblico adolescenziale per mostrare loro i possibili effetti di una eccessiva esposizione ai social.
Riguardo ai sentimenti che questo film può scaturire negli spettatori, riteniamo che sia alquanto inquietante vedere come la realtà virtuale sia oramai una parte integrante della vita di questi Streamers che, sapendo di non avere altre alternative per poter mantenere quel tenore di vita, occupano tutto il loro tempo con i social.
Dopo aver visto questo documentario siamo usciti dall’aula con un mal di testa dato dalle animazioni che simboleggiavano il senso di velocità e caos dei social
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vestiti firmati sparsi per la stanza, telefoni che non colmano la distanza fra me e te.
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xannaxsworld · 1 year
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1. L'infanzia e la spensieratezza.
2. Infanzia finita 1: problemi con il cibo.
3. Infanzia finita 2: i tacchi di nascosto.
4. Depressione: di nuovo problemi con il cibo.
5. Periodo della fattanza.
5.1 Rapina sotto fattanza
6. Inizio della favola con il mio ex.
6. Inizio del mio annullamento per via del mio ex.
6.1 Convivenza
6.1.1 L'omicidio vicino casa (sono rimasta un pò shockata)
7. Inizio della magistrale: trasferimento in un convitto a Milano durante il lockdown
8. 2 anno magistrale: risveglio e lotta per riprendere la mia vita, inizio del divertimento.
8.1 Esperienza in tv
9. Erasmus in Germania
9.1 Erasmus: febbraio di depressione in mezzo lockdown.
9.2 Erasmus: fine febbraio lascio il mio ex e sto male.
9.3 Erasmus: marzo conosco un ragazzo spagnolo con cui ci sono stata più volte ma di cui so poco più di 0.
9.4 Erasmus: feste sfrenate, sesso, alcool, palestra, pole dance, tesi, ultimo esame.
10. Fine Erasmus e si va verso la laurea.
11. Laurea e regalo di laurea: tumore alla tiroide.
12. Viaggio pazzissimo 17 giorni in Spagna e Portogallo con mia cugina/miglior amica
13. Intervento a Pisa: guardare la morte in faccia.
14. La convalescenza: passare da poter fare 100 a poter fare 0.
15. 1 ottobre: il trasferimento a Barcellona per un altro erasmus e in realtà per restare a viverci.
16. Fine ottobre: ritorno in Italia per controlli medici e rischio di restarci.
17. Ritorno a Barcellona.
17.1 Provando droghe e rave.
17.2 Crisi mistica sul futuro e depressione con sbalzi d'umore allucinanti
17.3 Decisione presa sul futuro: si parte alla ricerca di me.
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telodogratis · 2 years
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Ordinano di tutto ma lasciano tanto cibo sul tavolo al ristorante (e non pagano): finisce malissimo
Ordinano di tutto ma lasciano tanto cibo sul tavolo al ristorante (e non pagano): finisce malissimo
Hanno dato anche un pugno in faccia a una donna. Nei guai un gruppo di ragazzi. Sul caso indagano i carabinieri Sono finiti nei guai, accusati di rapina impropria. Un gruppo di ragazzi di Chiari, in provincia di Brescia, è sotto indagine da parte dei carabinieri della locale stazione. Sabato sera, i giovani hanno mangiato in un ristorante cinese del… Read MoreCronacaToday
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creaturina · 2 years
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Questa vita l'aspettiamo fuori,
Col motore accesso in macchina,
Faccia da rapina, faccia da bambina,
Faccio sempre come vuoi te,
Sempre come vuoi te
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cccarax · 2 years
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Faccia da rapina, faccia da bambina.
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