Ossigeno - 15
15. Fraintendimenti
Sveva scese dal taxi ancora frastornata e assonnata. Aveva dormito durante tutto il viaggio e aveva ancora bisogno di riposo, ma la sua amica Rosa l'aspettava per cena. Le era sembrato che Zlatan ci fosse rimasto male quando gli aveva detto di avere dei programmi per la serata, ma di sicuro aveva interpretato male la sua espressione. Perché mai sarebbe dovuto rimanerci male?
A meno che... Zlatan non volesse invitarla ad uscire.
E questa si che era una stupidaggine.
Però, a pensarci bene, non le sarebbe dispiaciuto per niente uscire con lui. L'idea di loro due insieme, da soli, le piaceva parecchio. Più di quanto volesse ammettere.
Entrando in casa, si accorse che sotto la porta c'era una busta bianca. La raccolse e la rigirò tra le mani. Non c'era scritto nulla.
Dentro vi trovò una lettera. Di Logan.
Si sedette sul divano e la lesse.
Sveva, amore mio
Dopo la nostra ultima telefonata ho deciso di venire a Milano perché volevo che capissi quanto ti amo e che per te farei qualsiasi cosa.
Mi è stato detto che eri partita con tuo fratello, so che non vuoi più parlare con me e quindi non mi resta che lasciarti queste poche righe.
Ho fatto la cazzata più grande della mia vita e ne pagherò le conseguenze per sempre. Ti ho persa, lo so, ed è solo colpa mia.
Non ti chiederò di perdonarmi e di cercare di recuperare il nostro rapporto, ci ho pensato a lungo e tu hai ragione, meriti di essere felice. È dura per me dirti queste cose e lasciarti andare ma voglio solo che tu stia bene e che non soffra più per un pezzo di merda come me.
Vorrei però che tu sapessi che ti amo e ti amerò per sempre. Nel mio cuore ci sarai sempre e solo tu, mia dolce e piccola Sveva.
E così era ritornato a Milano...
Sveva chiuse la lettera e la ripose in un cassetto del mobile basso in sala, fece un bel respiro e andò a prepararsi per la cena. Faceva ancora troppo male, ma Logan ormai era un capitolo chiuso della sua vita.
Zlatan aveva trascorso l'intera nottata a pensare a Sveva. Non capiva perché fosse così attratto da lei ma non poteva fare a meno di ricordare la sensazione che aveva provato quando era stato sul punto di baciarla. Una sensazione mai provata prima, sapeva solo che quello che stava per fare era la cosa più giusta che potesse fare. Se solo Mark non li avesse interrotti...
Ma ora era inutile pensare ai se, ora voleva solo che lei gli concedesse un appuntamento. Solo una sera, una cena, per capire cosa veramente voleva da lei e per accertarsi di essere ricambiato almeno in minima parte. Un bacio, voleva poggiare le labbra sulle sue e assaggiarla. Moriva dalla voglia di baciarla.
Si vestì e uscì, diretto a casa di Sveva.
Lei però non c'era. Si rese conto di non avere nemmeno il suo numero di cellulare e fu costretto a chiamare Ignazio.
«Ehi Zlatan.»
«Ciao Igna. Senti... mi puoi dare il numero di tua sorella? L'ho cercata a casa ma non la trovo.»
«Certo. Stamattina è in clinica. Cosa le devi dire?»
«Ehm... ecco, volevo portare la mia maglia ad un bambino che ho conosciuto quando sono stato lì.»
«Okay, la trovi lì comunque. Ti mando un sms con il numero.»
«Grazie. Ci sentiamo più tardi.»
«Ciao Zlatan, a dopo.»
Un minuto dopo Zlatan stava attendendo che Sveva rispondesse al telefono e si accorse di essere agitato e ansioso di sentire la sua voce. Quando rispose, non sapeva più cosa dire.
«Ciao Sveva, sono Zlatan.»
«Ciao Zlatan! A cosa devo questa telefonata? Devi dirmi qualcosa?»
«No... volevo solo chiederti se ti andava di prendere un caffè con me.»
«Molto volentieri. Però sono in clinica, ti va di prenderlo qui da me?»
«Certo. Arrivo subito.»
«Okay, a tra poco.»
Impaziente di raggiungerla, Zlatan sfrecciò a tutta velocità per le strade di Milano e un quarto d'ora dopo era nel parcheggio della clinica.
Le aveva preso anche un mazzetto di roselline rosse e emozionato come un teen ager al suo primo appuntamento si infilò in ascensore e salì al reparto di neurologia.
La prima persona che incrociò era un'infermiera. Gli chiese chi stesse cercando e lui stava per dirle che aveva un appuntamento con la dottoressa Abate, quando la vide. Era nella ludoteca e stava giocando con alcuni bambini. Zlatan si avvicinò alla vetrata e bussò piano. Sveva alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise. La vide alzarsi e salutare i bambini, uno ad uno.
«Ciao Zlatan» lo salutò uscendo dalla ludoteca.
«Ciao Sveva. Non volevo disturbarti...»
«Che disturbo» gli sorrise «ti stavo aspettando.»
Rimasero occhi negli occhi per parecchi secondi, poi Zlatan abbassò lo sguardo sulle sue mani e si ricordò di averle portato dei fiori. Glieli porse, un po' impacciato.
«Queste sono per te.»
«Cosa... oh Zlatan, non dovevi.»
Le prese e Zlatan la osservò mentre socchiudeva gli occhi e ne respirava il profumo. Dalla sua espressione seppe di aver fatto la scelta giusta.
«Grazie.»
«Non c'è di che. Allora...» stava per chiederle come stava ma fu interrotto.
«Dottoressa.»
Sveva si girò verso l'infermiera che l'aveva chiamata. «Sì?»
«Questi sono i risultati delle sue analisi e di là c'è il dottor Marcocci che vorrebbe parlarle un attimo.»
«Grazie mille, ora arrivo.»
Guardò Zlatan. «Scusami un attimo Zlatan, puoi aspettarmi nel mio ufficio? Faccio subito.»
«Non ti preoccupare, posso aspettare.»
«Conosci la strada, vero? Ah, già che ci sei, puoi poggiarmi questi sulla scrivania?»
Gli diede i fogli che le aveva appena portato l'infermiera e si avviò con lei.
Zlatan percorse il corridoio opposto e si fermò davanti all'ufficio di Sveva. Prima di aprire la porta diede uno sguardo alle carte che aveva in mano. Non voleva fare l'impiccione ma l'occhio gli cadde su un foglio in particolare. Sopra c'era scritto: Test di Gravidanza.
Questi sono i risultati delle sue analisi.
Test di gravidanza.
Sveva aveva fatto un test di gravidanza? Entrò in ufficio con il cuore a mille e senza pensarci due volte aprì il foglio ripiegato per leggere il risultato.
Positivo.
Sveva era incinta.
E di chi era? Di Mark? No, era impossibile. Allora doveva essere dell'ex fidanzato di Sveva. Magari proprio quello che aveva visto con lei in quello stesso ufficio.
Sconvolto dalla scoperta che aveva fatto, si lasciò cadere sulla sedia e fissò il vuoto davanti a sé fino a quando non si aprì la porta.
«Eccomi. Scusami per il piccolo imprevisto...»
Zlatan scattò in piedi. «Devo andare.»
«Di già? E il nostro caffè?»
«Magari un'altra volta. Scusami» corse fuori.
Sveva rimase a guardare Zlatan che si allontanava nel corridoio, imbambolata. Non riusciva a capire cosa avesse potuto sconvolgerlo tanto. Era stata così felice di vederlo, così felice che l'avesse chiamata... E ora era praticamente scappato.
Si sedette alla scrivania e guardò il mazzo di rose poggiato in un angolo.
Cosa diavolo gli era preso? Perché era andato via così?
Sospirò e si allungò per prendere le analisi che quella mattina aveva fatto Valentina, la compagna di Ignazio. Aprì il primo foglio e sorrise. Per sicurezza controllò anche le analisi del sangue. Prese il telefono e chiamò subito Valentina.
Quella sera avrebbero festeggiato l'arrivo di un altro bebè, suo fratello stava per diventare di nuovo padre.
2 notes
·
View notes
Nuovo post su https://is.gd/LFHyil
L’Arcadia salentina (Tommaso Perrone, Ignazio Viva, Pasquale Sannelli, Pietro Belli e Lucantonio Personè) e la peste di Messina (2/2)
di Armando Polito
Passo ora ai tre arcadi rimasti fino ad ora, almeno per me, sconosciuti.
Il primo è PASQUALE SANNELLI del quale, sotto il nome pastorale di Alfenore (probabilmente dal nome di uno dei compagni di Ulisse in Ephemeris belli Troiani, traduzione fatta nel IV secolo d. C. da Lucio Settimio di un’opera, perduta, scritta in greco da Ditti Cretese, autore del III-II secolo d. C.) sono riportati due sonetti (A e B), rispettivamente alle pagine 54 e 57.
A
Questa, che ricomporsi al fasto usato
e riprender l’onor d’alta Reinaa
del Sebetoa si mira alla vicina
sponda, è l’Italia; e tien fra ceppi il Fato.
Dal suol più adustob, e fin dal mar gelato
ciascun’Abitator sua gloria inchina.
Ceda il Trace, o s’aspetti alta rovina,
se non compie l’onor, che gli altri han dato.
Sì gran sorte serbata al secol nostro
fu per Carlo dal Ciel. Carlo ripose
lei c i nel suo stato del primier valore.
Or se industre scalpello e dotto inchiostro
serbano ad altre Età l’opre famose,
godrà l’Italia d’eternar suo Onore.
___________
a Vedi la nota b del componimento precedente.
b caldo; dal latino adustu(m)=bruciato.
c l’Italia
B
Mille cignia sublimi e mille Ingegni
volgan lor penne alla grand’opra e l’arte,
che più che ‘n marmi ad eternarla in carte
tutti ha mossi l’Idumeb i suoi disegni.
D’Orfeoc, d’Omerod in vece, i non men degni,
che onora il secol nostro in questa parte
faccian le Imprese del novello Marte
illustri e conteea’ più remoti Regni.
Io, cui fu il Ciel sì d’arte e ingegno avaro,
che non ispero aver dell’alta fronda
ornato il capo, e gir con quelli a paro,
son pur pago che Apollo ad essi infonda
tanta virtù per Carlo, ond’Ei sia chiaro
del nostro Idumef alla sinistra spondag.
___________
a poeti
b Vedi la nota a del componimento precedente.
c Mitico cantore che col suono della sua lira ammansiva le belve.
d L’aedo dell’Iliade e dell’Odissea.
e note
f Il nesso sembra un ricalco dal verso iniziale (Del re de’ monti alla sinistra sponda) del petrarchista Angelo Di Costanzo (XVI secolo), che, a sua volta, può essersi ispirato, con le dovute differenze di situazione al ponsi del letto in su la sponda manca (Petrarca, Canzoniere, CCCLIX, 3)
g Vedi nella prima parte la nota b al secondo componimento di Tommaso Perrone.
Il secondo è PIETRO BELLI (1680-1750 circa), del quale a p. 79 è riportato l’epigramma in distici elegiaci che fra poco leggeremo, mentre la nota 1 recita: Patrizio Leccese, detto tra gli Arcadi Ario Idumeneo … ci ha fatto avere il presente suo purgatissimo Componimento, posto nel presente sito, non perché questo sia il suo propio [sic, ma la forma in passato era in uso anche in testi a stampa] luogo, ma solamente perché ci perviene in questo medesimo istante, nel quale il nostro Stampatore cerca por fine alla Stampa della presente Raccolta. Nonostante qui il Belli sia utilizzato come tappabuchi, debbo dire che non mi pare affatto un intruso, perché, come vedremo, l’epigramma riguarda sempre Carlo Borbone, con riferimento alla sfera personale non privo di valenza pubblica. Prima di passare alla lettura dell’epigramma debbo dire che il Belli fu il traduttore dell’edizione napoletana per i tipi di Parrino del 1731 (testo abbastanza raro, tant’è che l’OPAC ne registra solo dieci esemplari, di cui uno custodito nella Biblioteca comunale “Achille Vergari” di Nardò) del Syphilis sive de morbo gallico di Girolamo Fracastoro. Il volume reca la prefazione di Giambattista Vico, preceduta dalla dedica del Belli a Monsignor Ernesto de’ Conti di Harrac Uditore della Sacra Ruota Romana. Tuttavia, a proposito di quest’ultima Carlantonio De Rosa marchese di Villarosa nell’edizione da lui curata degli Opuscoli di Giovanni Battista Vico, Porcelli, Napoli, 1818, a p. 7 in nota 1 scrive: Quantunque la presente dedica si vegga impressa col nome del traduttore del Poema Pietro Belli, pure da uno squarcio di essa da me ritrovato fra le Carte del Vico deducesi esserne costui stato l’Autore. Ed oltre a ciò dallo stile, e dalle cose che contiene tutte uniformi ai pensieri del Vico, chiaramente si scorge averla egli distesa interamente. E a p. 327 ulteriormente precisa: Il Signor Pietro Belli gentiluomo Leccese fu dotato a sufficienza di beni di fortuna, ed avendo contratta stretta dimestichezza con Vico l’aiutò bene spesso in urgenti bisogni … Grato il Vico al suo benefattore, ed amico si assunse la cura dell’edizione corredandola di una sua Prefazione, e distendendone anche la Dedica, del che io sono stato assicurato, avendo fra le Carte autografe di Vico ritrovato anche il principio di tale lettera dedicatoria scritta di suo carattere. Tradusse il Belli anche il Satyricon di Petronio, e scrisse molti altri Poetici Componimenti, le quali produzioni sono ite a male. Morì verrso la metà del secolo passato.
Per quanto riguarda il nome pastorale, se Ario potrebbe essere dal latino Ariu(m), a sua volta dal greco ᾿Αρεύς (leggi Arèus), nome di due re di Sparta (meno bene, perché poco confacente ad un arcade, dal greco Ἄρειος, leggi Àreios, =di Marte, marziale, Idumeneo è certamente connesso con Idomeneo per quanto detto nella prima parte nella nota b al componimento A di Tommaso Perrone.
Praesagium
Ad Amaliam
Da Natum Mundo tandem, Regina precanti,
cum Patre, qui regnet, iam seniore, senex.
En quot regna fili Pater,et quot sceptra paravit,
et quot, vincendis hostibus, arma parat.
Nascere, parve Puer, sed maximus inde futurus,
nascere cunctorum maxime, Patre minor.
Presagio
Ad Amaliaa
Dà, di grazia, o Regina, un figlio al mondo che lo chiede,
che regni vecchio insiemecol padre ancora più vecchio.
Ecco quanti regni e quanti scettri del figlio il padre ha apprestato
e quante armi prepara per vincere i nemici!
Nasci, fanciullo piccolo ma destinato poi a diventare grandissimo,
nasci, o il più grande di tutti, minore del padre.
_____________
a Amalia di Sassonia (1724-1760), moglie di Carlo, regina consorte di Napoli e Sicilia dal 1738 al 1759 e di Spagna dal 1759 fino alla morte.
L’ordine di entrata, dicono, è importante e il primo e l’ultimo posto sono i più ambiti; per questo chiudo con l’ultimo arcade ritrovato, mio compaesano, LUCANTONIO PERSONÈ di Nardò, che va ad unirsi ad Antonio Caraccio, del quale mi sono occupato a più riprese1. E, per fare le cose come si deve, riproduco in formato immagine il suo componimento.
DI D(ON) LUCANTONIO PERSONÈ
Barone di Ogliastroa, tra gli Arcadi
Alcinisco Liceanitideb
Menic i giorni ciascun lieto e sereno
più che non feo nell’aurea età d’Augustod
il Popol di Quirinoe omai vetustof,
della cui gloria il vasto Mondo è pieno.
Poiché sul Trono del sicano adustog,
di Partenopeh bella accolto in seno,
regna il gran Carlo di virtù ripieno
e di trionfi e d’alte spoglie onustoi.
E tempo è già che la Regal Sirena
rimembril i pregi avitime il priscon usatoo
verso ripigli col suo dolce canto,
or chè rimbomba in questa Piaggiap amena
il nome del gran Carlo in ogni lato,
fugati i mali, e già sbanditoq il pianto.
____________
a Antico feudo di Nardò. Vedi Marcello Gaballo, Vicende della masseria e del feudo di Ogliastro in https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/04/28/vicende-della-masseria-e-feudo-diogliastro/
b Per Alcinisco il riferimento potrebbe essere al greco Ἀλκίνοος (leggi Alkìnoos)=Alcinoo, il mitico re dei Feaci, con aggiunta del suffisso diminutivo -ίσκος (leggi –iscos); Liceanitide potrebbe essere connesso con il greco Λύκειος (leggi Lùkeios)=della Licia, epiteto di Apollo.
c trascorra
d più di quanto fece durante l’età dell’oro al tempo di Augusto
e il popolo romano; Quirino era il dio romano protettore delle curie.
f vecchio
g siciliano bruciato (dal sole). Per sicano vedi nella prima parte la nota t al primo componimento di Tommaso Perrone; per adusto vedi anche la nota b al primo componimento di Pasquale Sannelli.
h Metonimia per Napoli. Partenope era una delle tre sirene (le altre erano Ligeia e Leucosia) che si suicidarono buttandosi in mare e tramutandosi in scogli, perché battute nel canto da Orfeo secondo una tradizione, per non essere riuscite ad ammaliare Ulisse secondo un’altra. Ad ogni modo, Partenope finì alla foce del Sebeto e lì sarebbe stata fondata Napoli.
i carico
l ricordi
m degli avi, antichi
n antico
o abituale
p paese
q messo al bando, esiliato
_____________
1 Vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/07/antonio-caraccio-di-nardo-e-le-sue-ecfrasi/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/11/06/antonio-caraccio-nardo-1630-roma-1702-note-iconografiche/
Per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/04/13/larcadia-salentina-tommaso-perrone-ignazio-viva-pasquale-sannelli-pietro-belli-e-lucantonio-persone-e-la-peste-di-messina-1-2/?fbclid=IwAR36ToHbAWsBK3BlP0zscMfqWEStp6PD5hmmZX4DT-vcMXV_1eWFBrvMLdI
1 note
·
View note