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#Inconscio razionale
marcogiovenale · 9 months
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dadamaino: "il movimento delle cose" (silvana editoriale, 2022)
Sandro Ricaldone DADAMAINO Il movimento delle cose a cura di Flaminio Gualdoni Silvana Editoriale, 2022 Il catalogo, realizzato in occasione della mostra allestita da Frittelli Arte Contemporanea (9 aprile – 15 luglio 2022), presenta i cicli realizzati da Dadamaino (1930-2004) tra gli anni Settanta e Novanta, che documentano la complessa ricerca sul segno iniziata dall’artista con le serie…
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il-gufetto · 1 year
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L'immagine più nota, per rappresentare questa teoria di Freud, è quella dell'iceberg: ossia un enorme ghiaccio che si erge dalle acque. La punta dell'iceberg (quella che emerge) rappresenterebbe la parte conscia della mente, poi c'è il super-io ed infine la parte sotto il mare (che è anche la più grande) che rappresenterebbe l'inconscio.
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Un'altra immagine, sicuramente meno suggestiva ma più comprensibile, è invece quella di tre fratelli: Es, Io e Super-Io che litigano per il controllo di una piccola coperta (che rappresenta il controllo della nostra mente). L'Es, la parte libidinosa, vorrebbe coprirsi totalmente. Questo, però, generebbe un individuo egoista che vorrebbe appagare ogni suo bisogno primordiale. Pure il Super-io vorrebbe coprirsi; ma questo generebbe un individuo con un elevato senso morale che tenderebbe a sentirsi in colpa per ogni divieto mancato. Solo l'io, ossia il terzo fratello che rappresenta la parte razionale, potrà controllare la coperta e consentire a tutti e tre di averne una minima parte: ossia, un individuo capace di controllare gli impulsi e la propria coscienza
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scienza-magia · 8 months
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Sconosciuto sesto senso naturale e istintivo del cervello
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Prevedere ciò che sta per accadere: niente magia, è un potere del cervello che può essere allenato. Se a volte vi capita di credere alle vostre sensazioni, dovete sapere che le ricerche di neuroscienze dimostrano sia una skill del nostro cervello. Si tratta di una ricerca portata avanti dall’Observatoire des Mémories di Courbevoie. L’istituto ha specificato come il nostro cervello riesca ad avere una sorta di sesto senso, attraverso il quale può orientarci sulle scelte giuste da fare, soggettivamente parlando. È come se in modo irrazionale il nostro organismo si lasciasse muovere dalle sensazioni. Se fino a questo momento non hai creduto al sesto senso che certi giorni sembra muoverti nei contesti sociali, hai sempre sbagliato a non fidarti abbastanza di te.
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cervello umano e sesto senso Secondo i neuropsichiatri, il nostro cervello viene allenato dall’osservazione dei fenomeni esterni, degli ambienti, e dalle sensazioni positive o negative che vengono legate ai ricordi. In sostanza, è come se il dato esperienziale, di un determinato evento, si attivasse a livello inconscio nel momento in cui ci si ripresenti davanti una situazione che per qualche verso assomigli a quella già vissuta. Ovviamente si tratta di processi inconsci quindi non riconoscibili a livello razionale. Quel che viene chiamato sesto senso, quindi, non è altro che un lavoro di memoria che il cervello riesce a compiere al posto nostro, in modo immediato. Come funziona il sesto senso e perché il nostro cervello riesce a farci prevedere ciò che potrebbe accadere Attivando quei collegamenti neuronali, il corpo darà qualche segnale attraverso le sensazioni, quando si è in ascolto con se stessi verrà captato e si sentirà il bisogno di fare o meno una determinata azione. Attenzione, però. Il nostro cervello non è infallibile, è vittima dei bias, ovvero degli errori cognitivi, soprattutto dovuti a luoghi comuni, pregiudizi e schematismi che abbiamo assorbito durante la crescita dalle nostre socializzazioni primarie e secondarie, ovvero famiglia, amici, scuola e ambiente esterno. Ciò significa che questo sesto senso può trarre in errore, soprattutto quando si fanno nuove conoscenze. A volte un aspetto estetico oppure un comportamento, potrebbero creare associazioni sbagliate nel nostro cervello.
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rappresentazione sistema neuronale, il cervello prevede le situazioni? Le persone hanno migliaia di sfumature ed è impossibile capire un individuo in pochi minuti, perché a sua volta il suo atteggiamento potrebbe essere influenzato da un’immagine che vorrebbe dare di sé e non da ciò che è realmente. Insomma, ascoltatevi, e lasciatevi consigliare dal vostro istinto, ma andateci cauti, a volte sbaglia! Secondo i ricercatori, inoltre, c’è un metodo per allenare questo sesto senso attraverso l’osservazione e l’ascolto. Osservare i dettagli dei contesti che ci troviamo a vivere può darci una mano perché, facendo focus, il cervello darà attenzione a cose che altrimenti non avrebbe captato. Inoltre, creando liste di cose da fare si potrebbe allenare il corpo all’ascolto. Scrivere su un foglio ciò che si potrebbe fare il sabato sera, per esempio, potrebbe essere d’aiuto per capire ciò che realmente si ha voglia di fare. Ripetendo dentro di sé tutte le opzioni, chiudendo gli occhi, si potrà avvertire una sensazione positiva o negativa: più si allenerà questa capacità, più diventerà facile ascoltarsi. Read the full article
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Silenzio
Mi ricordo di quando lavoravo al bar e facevo turni massacranti, anche dodici ore di fila svegliandomi alle cinque del mattino, dopo aver dormito pochissimo.
Ricordo soprattutto quella notte, saranno state le tre. Stavo chiudendo, quando sono entrati due amici, e io ero sollevata, perché mi sentivo protetta dal possibile ingresso di un qualsiasi sconosciuto. Ma, quella notte, gli sconosciuti si sono rivelati loro. Hanno cominciato a strusciarsi conto di me mentre passavo la scopa per terra, non mi lasciavano stare. Sono scappata in cucina e, quasi subito, mi sono ritrovata con uno di loro che mi stava addosso e mi chiedeva di baciarlo e di fargli un pompino. Era uno spazio minuscolo, un corridoio di tre metri e largo poco più di uno, mentre l'altro teneva chiusa la porta per impedirmi di scappare. Ho urlato tanto, non hanno potuto farmi nulla.
Quello che è successo dopo è ancora più sconcertante: il giorno seguente, forse per paura che rivelassi qualcosa alle loro ragazze (che conosco bene), mi hanno guardati con occhi duri e mi hanno detto: "Ieri sera ti abbiamo aiutata a chiudere il bar, vero?". Era una minaccia a cui non ho risposto. Ho lasciato passare del tempo e ho raccontato tutto a un'amica, che sembrava non credermi fino in fondo. Ho raccontato tutto anche al ragazzo che frequentavo; mi ha chiesto se volevo che lui parlasse con loro. Questo è subire e non essere creduti. Con il tempo mi è capitato di raccontare tutto ad un paio di altre persone; nessuno ha detto niente a quei due ragazzi.
La follia è che è gente che vedo sempre, vengono considerati bravi ragazzi, e io esco con loro. Non ho mai più parlato di quello che mi hanno fatto, ma su tutto questo ho un controllo molto razionale. La mia mente ha deciso di eliminare sempre più particolari di quei momenti, eppure sono sicura che il mio inconscio ne abbia risentito enormemente. Penso che gli uomini siano legittimati a infliggermi qualsiasi male fisico e psicologico, la mia testa pensa solo a soddisfarli. Non so niente di me, non voglio indagarmi, e penso che il mio vissuto abbia influito tanto sul mio non sentirmi mai abbastanza, mai adeguata.
Tutto questo irrisolto mi distrugge e mi corrode inconsciamente e vorrei davvero urlare contro tutti e chiedere perché non hanno creduto alle mie parole, come hanno potuto osare mettere in discussione un racconto solo perché li metteva in una posizione scomoda. Vorrei chiedergli cosa cazzo è venuto loro in mente, cosa volevano ottenere. Sto peggio adesso di allora, ma l'omertà e la finzione mi permettono di fare andare tutto bene.
Tanto va sempre tutto bene, vero?
(Vi prego di non chiedermi di parlarne, non scrivermi per questo motivo)
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albertasirani · 3 years
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Elementi di analisi transazionale
In passato mi sono sempre posta delle domande, sui miei comportamenti e su quelli degli altri. Trovando difficoltà a comprendere, da dove nascessero alcuni blocchi, che spesso si fa fatica a superare anche raggiungendo una certa maturità e conoscenza di se stessi. Lo schema comportamentale di un individuo, viene a crearsi in giovane età; dapprima dalle figure genitoriali, successivamente anche da come ci si rapporta con gli altri.  Crediamo di avere la piena consapevolezza nelle nostre azioni e di essere ben coscienti delle nostre scelte, in realtà alcune di queste risposte che attuiamo, sono di tipo automatico. Predisposte in noi e influenzate dalle nostre esperienze passate, che vanno a plasmare una parte della nostra personalità e quindi delle nostre scelte.  Lo psicologo Eric Berne durante le sue osservazioni, aveva analizzato come le persone tendono a cambiare i loro atteggiamenti più volte nel corso della giornata, come se ogni individuo racchiudesse altre personalità all'interno della propria mente.  Berne decise di scindere questa particolarità caratteriale in tre categoria dell'io: Il genitore, l'adulto e il bambino. Tutti questi stati possono essere sia negativi, sia positivi nell'individuo, e possono essere in disaccordo tra di loro.  Secondo l'analisi transazionale, questi conflitti nascondo quando il "Genitore critico" cerca di bloccare il desiderio del "Bambino naturale" generando così, come anni prima, una sorta di intimidazione, che verrà a manifestarsi sotto forma di paura.  Questo ci da modo di capire, perché alcune persone vanno in una sorta di limbo o confusione, quando si ritrovano a fare scelte importanti nella loro vita.  Per avere un equilibrio mentale stabile, la parte del "Genitore" dovrebbe passare prima da quella dell'adulto. La parte più analitica e riflessiva nel nostro inconscio, che cerca di comprendere la base di queste fobie nel modo più razionale possibile.  Se alcune nostre problematiche passate, non sono superate totalmente, tenderanno a generare una instabilità emotiva, che potrebbe portare a delle azioni o dei pensieri controproducenti all'interno della nostra sfera mentale.
Ricapitolando: 
Il genitore è una sorta di grande registratore, in cui sono memorizzati tutti i messaggi, ricevuti da parte dei nostri genitori. Questi messaggi rimangono impressi in una parte della mente, e possono influenzare il comportamento adulto di ognuno di noi. Il bambino è la parte spontanea, quella fragile, bisognosa d’affetto e attenzione, da cui nasce anche la nostra creatività e la nostra immaginazione. L'adulto è il mediatore, che cerca di razionalizzare i messaggi da entrambi le parti. Se una di queste tre personalità non è del tutto equilibrata e non comunica in modo corretto, può dare vita a dei comportamenti nocivi all'interno della propria personalità.  Naturalmente queste considerazioni è un mio riassunto personale, delle varie letture e delle mie ricerche sulla psicologia dei comportamenti umani, di cui mi interesso da ormai diverso tempo. Uno strano passatempo direi.
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gestografico · 4 years
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Immanuel Kant e il suo ‘universalismo’
Vi voglio presentare una firma emblematica ma assai interessante: quella di Immanuel Kant. Egli è stato un filosofo e metafisico tedesco, anzi il più importante esponente dell'Illuminismo tedesco, le cui idee critiche verso una visione dogmatica del periodo precedente prosperarono negli anni intorno al 1780 e sono alla base della nuova visione del mondo. Esse possono essere considerate anche come una specie di ‘universalismo’.
Il concetto di Kant sulla dignità umana è entrato pienamente nel diritto moderno che si fonda sul riconoscimento della dignità personale. Questo lo sancisce anche la Costituzione italiana, ma non solo.
Per Kant la dignità è un valore, un valore morale senza prezzo, non negoziabile. “Nel regno dei fini ogni cosa o ha un prezzo o ha una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere rimpiazzato da qualcosa di equivalente; ciò che dall’altro lato si innalza su ogni prezzo e dunque non ammette alcun equivalente ha dignità. Ora, la moralità è la condizione per cui soltanto un essere razionale può essere un fine in se stesso. Dunque la moralità, e l’umanità in quanto capace di moralità, è ciò che ha dignità”.
Ecco la sua firma, tratta da: 
https://it.wikipedia.org/wiki/Immanuel_Kant
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Voi stessi potete intuire e constatare che la caratteristica più evidente della sua firma è la cancellazione o, meglio, la neutralizzazione del proprio ‘Ego’. Quel trattino della lettera 't' che depenna il tutto - in modo chiaro e al tempo stesso simbolico - è indice di un inconscio disprezzo di sé. Non è casuale tutto questo; nulla è casuale nel comportamento umano... Essendo la firma un sigillo della propria immagine sociale e delle proprie radici genealogiche (quelle della propria gente) è come se egli azzerasse tutto quello che il suo personale passato può rappresentare (sia dal lato educativo, delle tradizioni, della religione, dell’etica). Non mi stupisce che egli avesse tanto riflettuto sul valore morale della dignità umana.
Essendo da lui considerato il concetto di dignità come il valore assoluto di ogni persona, esso è alla base dell’autostima ma anche della consapevolezza che la natura razionale è comune a noi e agli altri.  Così, di fatto, nella propria firma ha negato il proprio individualismo, a favore di una visione più universale del mondo.
La dignità veniva da lui considerata un valore: “si tratta di un valore intrinseco all’essere umano, in quanto essere capace di darsi leggi morali – e dunque universali”.  La firma può raccontarci molto!
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alessiodasavoia · 4 years
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Riflessioni
La vita in certi momenti ci ricorda l’importanza di essere noi stessi, a volte in modo brusco.
Ti ritrovi con problemi di ansia, attacchi di panico, depressione o altri disturbi, senza riuscire a capire in fondo come sei arrivato a questo punto.
Spremi il cervello in cerca di una spiegazione razionale ma di razionale non c’è nulla, ed è una maniera errata di trovare soluzioni.
All’inizio non capiamo come mai stiamo male, sempre tristi, pieni di ansie e preoccupazioni, commettiamo l’errore di cercare una spiegazione con la logica, con la razionalità.
Il nostro IO inconscio sa perfettamente chi siamo e sta cercando di farlo presente al nostro IO conscio, a volte come dicevo in maniera brusca, anche se dei segnali li aveva probabilmente già dati in precedenza ma non ce ne siamo resi conto, presi dalla nostra frenesia quotidiana, dai nostri impegni improrogabili.
La risposta a questo problema è direttamente proporzionale alla consapevolezza che abbiamo di noi stessi.
Meno ci conosciamo e maggiori e più grandi sembrano i problemi, e viceversa se ci conosciamo bene, quando arriva un problema abbiamo già le capacità, acquisite con la consapevolezza, di poterlo risolvere.
Ci rendiamo conto di indossare una maschera sociale?, una di quelle che si indossano col tempo abitualmente, come se fosse un capo di abbigliamento che mettiamo prima di uscire di casa.
I motivi per il quale indossiamo una maschera possono essere molteplici e variegati in base al nostro carattere.
Chi è timido la usa per sembrare estroverso, chi è fragile per sembrare forte, per fare parte di un gruppo.
Tutte queste cose sono accomunate da una parola...il “sembrare”.
Il “sembrare” non è altro che fingere.
Il fingere non è altro che manifestare il nostro essere in maniera falsa.
Si finge di stare bene esteriormente quando dentro si muore.
Questo è il momento dove arrivano i disagi, e sono estremamente importanti se guardati dal punto di vista corretto.
Arrivano per dirci: ma cosa stai facendo? veramente vuoi vivere fingendo? per chi? per che cosa? ti senti felice a farlo? , e siamo costretti a fermarci e riflettere su noi stessi, sulla nostra persona, sulla VERA manifestazione del nostro essere.
E’ estremamente importante capire che i problemi non arrivano per caso, senza una motivazione.
Una motivazione c’è eccome, ma non riusciamo ad interpretarla nella maniera corretta, non ci conosciamo, non sappiamo cosa ci piace, le nostre passioni, il nostro scopo nella vita.
Le passioni sono il fulcro del nostro scopo nella vita, alimentano la felicità e la gratificazione, ci offrono un motivo valido per andare avanti nonostante le difficoltà.
Già, perché la felicità non arriva dall’esterno, da una persona, da cose materiali.
La felicità è dentro ognuno di noi, e ognuno di noi deve conoscersi profondamente per sapere come coltivarla e accudirla nel corso della nostra esistenza.
Alessio Da Savoia
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rivoluzionaria · 5 years
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L'etimologia della parola ‘Arte’
sembra derivi dalla radice ariana ar- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Originariamente, quindi la parola arte aveva un'accezione pratica nel senso di abilità in un'attività produttiva, la capacità di fare armonicamente, in maniera proporzionale, perfetta. È per questo che quando si definisce l’Arte bisogna fare sempre riferimento all’armonia. La nostra parte cognitiva razionale si basa su criteri puramente soggettivi, quasi conformati e distorti da quel “Super-Io” tanto caro a Freud. Il nostro inconscio, la nostra parte latente emozionale, invece, vibra con tutto ciò che, per analogia, tende ad accordarsi. Ed anche per questo che si parla di “sezione aurea”. Quest’ultima ha la particolarità di generare un senso di equilibrio, di simmetria, di ordine, se usata ad esempio in un dipinto, in una scultura, nell’architettura. Chi guarda, anche se inconsapevolmente, reagisce con piacere a questa presenza, trasmettendogli quel senso di “arte”. Sembra quasi che il cervello umano sia particolarmente predisposto a ‘sentire’, ad entrare in risonanza con tali analogie. La posizione dei semi nella testa del girasole, delle scaglie nella corteccia dell'ananas o di una pigna, la forma a spirale logaritmica della picchiata di un falcone durante la caccia o dell'espansione naturale di miliardi di galassie, il vostro corpo, un sorriso.  
Perciò, cos’è che definisce la bellezza? L’arte. E cosa definisce l’arte? Una proporzione aurea che, da sola, riesce ad entrare in empatia con la vostra parte più sensibile, ad abbracciare le vostre emozioni, ad intonare la vostra anima.
— manuela g.
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cartofolo · 5 years
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La mente non è il cervello fisico
Che il corpo biologico sia indispensabile a renderci coscienti, è indubbio. Diversamente non avrebbe senso trovarci in questo stato. Il dubbio arriva quando certi stati si coscienza (e di consapevolezza) non corrispondono a un’analoga attività del corpo biologico. Ho anche un piccola esperienza personale che vorrei raccontarvi.
Mia madre si ammalò di Alzaimer. Mia moglie ed io non ci sentimmo di affidarla ad altri, e decidemmo di accoglierla in casa nostra e curarla come potevamo. La decadenza psichica di mia madre seguì tutti i passaggi di questa malattia: c’è una perdita progressiva e inesorabile delle cellule cerebrali, con la conseguente mancanza di tutte le funzioni più nobili di memoria, cognitive e associative della corteccia del cervello. Insomma la persona arriva al punto di non riconoscere niente dell’ambiente che la circonda e di non poter più nemmeno istruire un pensiero razionale né parlare coerentemente: praticamente uno stato vegetale. Queste modificazioni celebrali, al culmine del loro processo, portano alla morte. Poco prima di questa ultima fase, una sera, mentre mia moglie ed io la stavamo accudendo, mia madre, che stava sonnecchiando, aprì gli occhi e con uno sguardo stupito ma lucido come da mesi non vedevamo, esclamò: “sono qui da voi?” Si guardò intorno e sembrò comprendere. Poi ci fissò alternativamente e con un sorriso dolcissimo disse: “Grazie per quello che avete fatto”. Poi richiuse gli occhi e dopo pochi minuti spirò senza riprendersi. Immaginate il nostro stupore e la nostra gioia per quell’ultimo saluto, impossibile scientificamente.
Quale processo si è innestato in quel cervello, ormai distrutto? Non c’è nessuna teoria scientifica che può spiegare un simile avvenimento, se non ipotizzare una consapevolezza dislocata altrove che, in un ultimo sforzo, è riuscita a istruire quei pochi neuroni, ancora sani, a formulare quelle ultime parole.
Questo è solo un piccolo esempio di fenomeni analoghi o anche diversi, ma che dimostrano un'indipendenza totale, della personalità dell'individuo dal sua organo biologico, anche se in circostanze particolari.
A questo punto vorrei esporre una riflessione forse azzardata, forse fantasiosa, ma con degli spunti di razionalità che possono essere accettati da una logica filosofica che non faccia torto alla nostra ragione.
E’ indubbio che tutto ciò che arriva alla nostra percezione o osservazione, non solo ha una caratteristica di dualità (io sono separato da ciò che osservo), ma deve subire un processo di "traduzione" attraverso i sensi; ancora di più attraverso la propria sensibilità che travalica i sensi propriamente detti. Questa sensibilità, a volte, riesce a rendersi autonoma persino dai processi psichici ordinari producendo delle sensazioni, emozioni e una consapevolezza che trascendono ogni biologia conosciuta.
Per quello che mi sembra di aver capito e sto ipotizzando, noi, in questo momento, stiamo esprimendo solo una parte della nostra coscienza. E’ questo il limite che ha generato il corpo fisico e tutta la struttura psichica (infatti sappiamo che il nostro bagaglio inconscio è molto più esteso della coscienza consapevole, tanto da arrivare ad ipotizzare un inconscio collettivo). Il principio che ha generato tutto questo, è in uno stato “d’essere”, quindi molto più onnicomprensivo e pervadente di quanto si può immaginare nella nostra percezione consapevole. Ma è anch’esso limitato nella sua espansione; tanto che ha la necessità di focalizzare la sua attenzione su “parti”, e creare, così l’ambiente idoneo a manifestare questi limiti e superarli di conseguenza. Se la nostra coscienza (che travalica la sfera materiale che conosciamo) fosse arrivata al limite massimo della sua consapevolezza, ma intuisse, una possibilità superiore a cui non può accedere, se non con delle qualità diverse, ancora da sviluppare, non cercherebbe forse di trovare l’ambiente più idoneo per far maturare quelle specifiche qualità, e non altre? Cosa sarebbe un mondo fatto esclusivamente di suoni, per chi non ha ancora sviluppato l’udito? Ecco che la necessità dell'essere (dello spirito?) va a formare la materia, la plasma nella struttura adatta a contrapporre i limiti e il loro superamento. Forse è per questo che siamo qui. Ed è per questo che il corpo fisico ha la prerogativa di nasconderci tutto quello che non è utile, esaltando, invece, quelle parti di consapevolezza, le quali hanno necessità di raffinarsi, imparare, espandersi nella direzione che è necessaria. Forse è per questo che esistono eccezioni, esperienze e momenti in cui particolari stati di coscienza, aprono uno spiraglio nel velo di ciò che pensiamo d’essere.
Qualcuno ha detto: “Non siamo il nostro corpo fisico, non siamo la nostra mente e nemmeno le nostre  emozioni. Noi siamo il Pensatore.” Questo Pensatore non siamo noi, così come ci sentiamo, ma è alla radice del nostro essere. Qualche volta ne scopriamo gli indizi, e ne intuiamo la manifestazione ai limiti del nostro orizzonte percepibile.
Ho azzardato questa riflessione perchè ho trovato un filmato del Dott. Bruce Greyson, uno dei massimi esperti di NDE, psichiatra e direttore della "Division of Perceptual Studies" della Virginia University, in cui esamina la questione del rapporto tra mente e cervello basandosi sulla fenomenologia legata alle esperienze di premorte, in cui fa riferimento a casi analoghi a quelli che ho raccontato di mia madre: http://www.youtube.com/watch?v=S_cgliFjlZk
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mariebasta · 4 years
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“Sono profondamente convinto della magia della vita. La magia non è superstizione, la magia è la natura del mondo. Il mondo non è logico nè razionale, è magico, ed esiste un legame stretto tra tutto ciò che accade. Il tempo non è lineare, gli effetti a volte si producono prima delle cause, alcune cose sono inspiegabili… la realtà è miracolosa, è magica. Segue principi che non sono scientifici. La realtà non è scientifica. Questa vita che noi vorremmo logica è in realtà folle, scioccante, meravigliosa e crudele. Il nostro comportamento che pretendiamo logico e consapevole, di fatto è irrazionale, pazzo, contraddittorio. La realtà è come un sogno nel quale dobbiamo lavorare per poter passare progressivamente dal sogno inconscio, che può sempre trasformarsi in incubo, al sogno “lucido”. Se osserviamo lucidamente la nostra realtà scopriamo che è poetica, illogica, esuberante. Nella vita, come nel sogno, per rimanere lucidi bisogna prendere le distanze, agire senza identificarsi con l’azione. È un antico principio spirituale. Le tradizioni spirituali parlano di coloro che si sono risvegliati; risvegliarsi è smettere di sognare. In altre parole, è sparire da questo universo onirico per trasformarsi nella persona che lo sogna. Fin dall’antichità attribuiamo molto valore all’espressione “Conosci te stesso”, che in realtà è piuttosto confusa. La gente pensa che sia qualcosa del tipo “Esci e trovati”. In realtà quando diciamo “Conosci te stesso”, quel “te stesso” è l’universo. L’universo conosce se stesso. “Conoscimi” dice l’universo. Nella voce di Dio, conosci te stesso significa “conoscimi!.”
(Alejandro Jodorowsky)
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il-gufetto · 1 year
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Prima di Freud, l'uomo era stato definito come "animale razionale" e l'elemento inconscio relegato a possessione soprannaturale (che contraddiceva il piano divino). Con quest'autore abbiamo un capovolgimento: l'inconscio viene, non solo, riconosciuto come parte tipica di ogni individuo; ma anche studiato e approfondito
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scienza-magia · 3 years
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Il “de-biasing” delle distorsioni cognitive in fase decisionale
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Come possiamo sfruttare la nostra vulnerabilità per fare la scelta giusta. Le nostre decisioni sono invariabilmente influenzate da fattori che non dovrebbero avere nessuna importanza e, allo stesso tempo, trascurano, invece, elementi di cui dovremmo avere la massima considerazione. Lo studio dei processi decisionali negli ambiti più disparati, dalla politica alla finanza, dal business all'educazione, fino alle decisioni complesse in ambito industriale o internazionale, ha messo in luce la nostra tendenza a discostarci in maniera sistematica dai modelli di razionalità definiti teoricamente dagli economisti, dai logici e dagli statistici. Le nostre scelte sono invariabilmente influenzate da fattori che non dovrebbero avere nessuna importanza e, allo stesso tempo, trascurano, invece, elementi di cui dovremmo avere la massima considerazione: il nostro atteggiamento nei confronti del rischio muta a seconda che valutiamo potenziali guadagni o potenziali perdite; queste ultime pesano sulle variazioni del nostro benessere, in proporzione, molto di più dei guadagni equivalenti; abbiamo problemi sistematici con i giudizi probabilistici che ci spingono a sovrastimare eventi estremamente rari e a sottostimare l'evenienza di eventi che, invece, sono altamente probabili; trascuriamo le frequenze di base e violiamo spesso i principi elementari della teoria della probabilità. “Bias” e pressione evolutiva
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Tutte queste distorsioni o “bias”, hanno una ragione profonda: sono effetti collaterali di quelle strategie cognitive (euristiche) che il nostro cervello ha perfezionato nel corso di centinaia di migliaia di anni e che la pressione evolutiva ha selezionato per metterci nelle condizioni di gestire l'enorme complessità dell'ambiente nel quale viviamo. Prendere decisioni in queste condizioni seguendo i criteri di razionalità olimpica prevista dalla teoria della scelta razionale implicherebbe capacità di calcolo illimitate, una memoria da mainframe e una totale insensibilità alla sfera emotiva e sociale. C'è ormai un diffuso consenso sulla differenza che esiste tra l'approccio normativo allo studio delle scelte e quello, invece, di natura descrittiva. La prospettiva normativa semplicemente cerca di indicare quali sono i principi e i criteri ideali di una decisione, qualora il decisore fosse, di fatto, perfettamente razionale. “Come dovremmo decidere?” è la domanda alla quale si cerca di dare risposta. La prospettiva descrittiva, al contrario, si pone il problema di studiare ed individuare regolarità nel modo in cui gli esseri umani, effettivamente, prendono le loro decisioni. Si tratta dunque di considerare la fallibilità, l'imperfezione, l'errore. “Come decidiamo?” è la domanda che ci si pone in questo caso. Lo studio delle euristiche e dei “bias” a cui queste spesso conducono non è altro che lo studio del gap che esiste tra il modello normativo e il modello descrittivo, tra ciò che facciamo e ciò che dovremmo fare. Tra le implicazioni più interessanti dell'approccio delle euristiche e dei “bias” vi è quella che descrive l'origine dei comportamenti anomali come il frutto di un conflitto tra i due sistemi che metaforicamente sono all'opera nel nostro cervello: il “sistema 1”, istintivo, rapido, inconscio ed economico e il “sistema 2”, lento, deliberativo, preciso e dispendioso. La seconda implicazione è che se da una parte è il conflitto tra i due sistemi a far scaturire i nostri errori sistematici, si potrebbe ipotizzare di insegnare ai due sistemi ad andare più d'accordo, a cooperare per ridurre quanto più possibile le distorsioni cognitive che in condizioni normali influenzano negativamente le nostre scelte. Se l'ambiente decisionale si “ingolfa” Questa attività prende il nome di “de-biasing” o “counter-biasing”. Nel primo caso si cerca di rendere più consapevole il decisore circa il funzionamento delle euristiche in modo che la loro azione diventi trasparente e quindi più facilmente controllabile, mentre il “counter-biasing” prevede la ristrutturazione dell'ambiente decisionale in modo che l'effetto di un'euristica possa controbilanciarne, nella direzione desiderata, quello esercitato da un'altra. Un esempio più aiutare a chiarire questo ultimo aspetto. Sappiamo da tempo che in svariati ambiti la performance di un soggetto non necessariamente aumenta con gli incentivi. Non sempre, cioè, la prospettiva di un guadagno maggiore, induce il comportamento che si voleva promuovere. Spesso, invece, la performance peggiora; il soggetto cede alla pressione e ottiene dei risultati inferiori rispetto a quelli ottenuti con un livello minore di incentivi; si dice in questi casi che si corre il rischio di “ingolfarsi” (“to choke”). Alla radice della questione sembra esserci un problema di attenzione: quanto la posta non è troppo alta, il soggetto tende a focalizzare la propria attenzione sugli elementi essenziali del compito che deve svolgere, ma quando la posta cresce, perché gli incentivi monetari, per esempio, sono elevati, allora il soggetto tende a focalizzare la propria attenzione su una miriade di dettagli presenti ma non rilevanti, a preoccuparsi troppo di questioni secondarie a dare peso eccessivo a pensieri fuorvianti, ottenendo, come conseguenza, una performance complessiva peggiore. Training autogeno e la scelta tra uovo e gallina Sono state avanzate varie proposte e differenti tecniche per tentare di limitare la vulnerabilità alla pressione psicologica. Jennifer Reeves e i suoi colleghi, per esempio, hanno studiato l'effetto positivo del training autogeno per ridurre il rischio di “ingolfamento” quando i calciatori si trovano a battere un rigore determinante (Reeves J., Tenenbaum, G., Lidor, R., 2007. “Choking in front of the goal: the effects of self-consciousness training”. International Journal of Sport and Exercise Psychology 5, 240–254”). Ma questi interventi possono essere complicati e molto lunghi. Jeffrey Carpenter e Kevin Benscheidt, invece, hanno adottato una strada alternativa, quella, appunto, di utilizzare un “bias” per contrastarne un altro (“Advanced Counter-Biasing”, IZA DP No. 12253, 2019). Se la prospettiva di un elevato guadagno rende peggiore la performance perché fa aumentare la pressione sul soggetto, si potrebbe pensare di ridurre la percezione dell'ammontare del guadagno in modo da allentare la pressione che il soggetto percepisce su di sé e sullo svolgimento del compito assegnatogli. Un modo per ridurre la percezione dell'ammontare dell'incentivo è quello di ritardarlo nel tempo. In questo modo, almeno per tutti coloro che tendenzialmente preferiscono un uovo oggi ad una gallina domani, lo stesso incentivo apparirà minore, così come la pressione che lo stesso tenderà a generare. I soggetti dell'esperimento di Carpenter e Benscheidt dovevano risolvere dei semplici quiz matematici per ottenere un premio pari a $5 o $50, subito oppure dopo due mesi. Come previsto un numero sostanziale di essi, il 42%, in presenza del premio immediato da $50 ottennero una performance peggiore rispetto a quella ottenuta con il premio da $5. L'introduzione del premio ritardato, il cui effetto si fonda sulla nostra preferenza per il “tutto e subito”, il cosiddetto “present bias”, produsse un risultato differente: i soggetti più impazienti ottennero guadagni fino al 33% maggiori di quelli ottenuti con il premio immediato. Immunizzarsi dalle distorsioni cognitive Il “counter-biasing”, usare un “bias” per contrastare gli effetti di un altro, è solo una delle strategie che possono essere messe in campo per cercare di immunizzarci quanto più è possibile dagli effetti nefasti delle nostre distorsioni cognitive, le altre si fondano sulla dimensione motivazionale, sull'apprendimento di regole specifiche, sull'utilizzo di tecnologie e procedure particolari, come le decisioni di gruppo o i sistemi di supporto. Affronteremo molte di queste tecniche nei prossimi appuntamenti con “Mind the Economy”. Una considerazione è necessaria a questo punto ed ha a che fare con la difficoltà e la diffidenza con la quale gli interventi di “de-biasing”, in genere, vengono accolti. A nessuno piace sentirsi dire che il modo in cui ha preso le sue decisioni, anche importanti, è sbagliato. Questo vale soprattutto per chi occupa ruoli di responsabilità e che, magari, è arrivato lì grazie a decisioni che si sono rivelate corrette e che hanno portato successo e riconoscimento. Inoltre, spesso, le tecniche di “de-biasing” possono essere strane e complicati, non di immediata comprensione e questo equivale, in qualche misura, a perdere controllo sul processo decisionale; una cosa che pochi di noi sono disposti ad accettare di buon grado. Ci troviamo qui davanti ad un paradosso: proprio coloro che avrebbero più bisogno di percorsi strutturati di “de-biasing”, perché, occupando posizioni apicali in organizzazioni pubbliche e private, sono chiamati a prendere decisioni dalle conseguenze potenzialmente anche molto rilevanti, sono proprio coloro meno propensi ad accettare la necessità di un simile affiancamento. Percorsi di “de-biasing” A questo proposito può essere utile sottolineare la distinzione tra l'”adeguamento” ad una pratica (“compliance”) e l'internalizzazione di una norma comportamentale. Mentre la prima è indotta principalmente da motivazioni estrinseche o attraverso la coercizione e produce una superficiale e meccanica adesione agli standard richiesti, l'internalizzazione si fonda su motivazioni intrinseche e produce una adesione fiduciosa e convinta. L'adozione di percorsi di “de-biasing” all'interno delle organizzazioni può procedere in entrambi i modi. Questi avranno naturalmente, come è lecito aspettarsi, esiti molto differenti. Si può cercare di ottenere il cambiamento cercando di “distruggere fisicamente i centri di potere che si vuole cambiare (…) malessere all'interno di questi (…) le persone opposte al cambiamento, nella maniera più plateale possibile, sicché da ispirare paura”, come suggeriva qualche anno fa, a degli studenti universitari, un importante manager di una primaria azienda italiana, oppure favorendo l'internalizzazione di norme e modi di pensare differenti, come nel caso di quei dipendenti della Toyota ai quali viene consigliato di analizzare i problemi che incontrano chiedendosi almeno cinque volte “perché?”. Read the full article
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surfer-osa · 5 years
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Team razionalità is a pain in the ass.
Mi urta il modo in cui sono razionale: sogno mia nonna (morta nel 1998) e la prima cosa che le dico è "scusa ma tu non eri morta?" mentre lei mi sorride e annuisce. Cara razionalità perché non permetti che io sia come gli altri? Perché non posso limitarmi a chiedere dei numeri da giocare al lotto come farebbe ogni nipote decente? Perché devo sminuire la mia adoratissima nonna che ha viaggiato oltre il tempo e lo spazio, si è dovuta pippare tutto il mio inconscio-subconscio e compagnia cantante, quando magari avrebbe preferito fare altro (tipo una pedicure o andare al festival del bondage), ponendole delle domande del cazzo?
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poetyca · 2 years
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Sublimazione – Sublimation – Marco Ferrini
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Sublimazione
di Marco Ferrini. La sublimazione è l’arte di trasferire gli impulsi su di un piano superiore, quindi potrebbe essere definita come ‘arte della trasformazione dei contenuti psichici. E’ fondamentale applicare la propria forza di volontà su piani ideali superiori perché se tale forza s’inclina verso il basso, l’esito sarà il mancato conseguimento dei propri progetti di crescita culturale, psicologica e spirituale, quindi l’insoddisfazione e il concreto rischio di incorrere in numerosi incidenti di percorso. Il processo della sublimazione avviene al più alto livello attraverso la preghiera e la meditazione, ma può essere favorito anche dall’esperienza estetica. Si pensi alla musica o ad una danza, che si esprime attraverso il corpo, la mimica, il ritmo: possono sembrare semplici esercizi estetici, ma attraverso di essi un’energia di natura negativa, talvolta persino distruttiva, derivante da rancori, violenza, inimicizie e simili, può rigenerarsi in energia ecologica e positiva, quel che si fa viene compiuto come atto di offerta al Divino. L’arte di far affluire le energie psichiche a livelli superiori è di grande valore e beneficio. Attraverso quest’arte i gradi di egoismo individuale possono gradualmente essere superati passando a stadi evolutivi sempre migliori: l’interesse può allargarsi dal piano personale a quello familiare, da quello di gruppo ad uno sempre più esteso all’intera compagine sociale, fino a considerare come primario il bene di tutte le creature di qualsiasi specie. L’espansione della benevolenza verso tutti gli esseri viventi porta ad una fratellanza cosmica e alla riscoperta di Dio come origine, seme e sostegno dell’universo in tutte le sue forme e manifestazioni di vita.Ogni esperienza dovrebbe essere considerata come una preziosa opportunità per migliorarsi, senza far distinzione tra amici o nemici, poiché in ogni creatura si dovrebbe vedere un frammento di Dio, sapendo guardare con occhio equanime alla zolla di terra e alla pepita d’oro (si veda Bhagavad-gitaVI.8). La tradizione psicologica della Bhakti offre strumenti teorici e pratici per acquisire questa capacità ed attitudine alla vita, raggiungendo quell’alto livello di consapevolezza che consente di affrontare in maniera costruttiva-evolutiva qualsiasi evento, anche i più dolorosi, senza esserne emotivamente travolti. Gestire la propria emotività è ben più difficile che gestire i propri pensieri. Al contrario di questi ultimi, infatti, le emozioni sono impulsi psichici prodotti dall’interazione di stimoli esterni ed interni che non passano attraverso un processo di razionalizzazione, e dunque non vengono mediati né sufficientemente arginati dall’intelletto (buddhi); come un fiume in piena, tracimano dal piano inconscio verso l’esterno. Spesso la propria comprensione dell’importanza della sublimazione si blocca ad un piano meramente razionale-teorico, senza un esercizio significativo dedicato alla sua realizzazione, ed accade che dall’inconscio fluiscano emozioni che risultano inarrestabili e che operano in senso contrario alla direzione in cui la persona vorrebbe andare. Per superare tali discrasie interne e realizzare sostanziali miglioramenti nella personalità si dovrebbe operare a livello della psiche profonda attraverso gli strumenti della visualizzazione meditativa e dell’immaginazione attiva e superare il piano meramente -intellettuale la consapevolezza del sé ed ascendendo ad una consapevolezza e ad una visione spirituali. Sublimation Marco Ferrini. Sublimation is the art of transferring the pulses on a higher plane, so it may be defined as’ the art of transformation of psychic contents. E ‘key to apply their strength to higher floors are ideal for if such force tilts down, the outcome will be failure to achieve its growth plans cultural, psychological and spiritual, then the dissatisfaction and the real risk of being involved in many mishaps. The process of sublimation is the highest level through prayer and meditation, but can also be promoted from the aesthetic. Think of the music or a dance, which is expressed through the body, facial expression, the rhythm may seem simple aesthetic exercises, but through them an energy of a negative nature, sometimes even destructive, resulting from resentment, violence, hatred and the like, can regenerate into green energy and positive, what is done is done as an offering to the Divine. The art of psychic energy to carry the higher levels is of great value and benefit. Through this art the degrees of individual selfishness can gradually be overcome through evolutionary stages to even better: the interest can extend from the personal to the family, from a group increasingly extended to the entire shareholder base, to consider as primary good of all creatures of all species. The expansion of benevolence towards all living beings leads to a cosmic brotherhood and the rediscovery of God as the source, seed and support of the universe in all its forms and manifestations of vita.Ogni experience should be regarded as a valuable opportunity to improve , without distinguishing between friends or enemies, for every creature you should see a piece of God, knowing look with equal eye to the clump of earth and gold nugget (see Bhagavad-gitaVI.8). The psychological tradition of Bhakti offers theoretical and practical tools to acquire this ability and attitude to life, reaching that high level of awareness that allows you to engage constructively with all-evolutionary event, even the most painful, without being emotionally overwhelmed. Managing your emotions is much more difficult to manage their thoughts. Unlike the latter, in fact, emotions are mental impulses produced by the interaction of external and internal stimuli that do not go through a process of rationalization, and thus are not sufficiently dammed or mediated by the intellect (buddhi), like a river full, spilling over from the floor unconscious to the outside. Often their understanding of the importance of sublimation stops at a floor purely rational and theoretical, without a significant exercise dedicated to its realization, and that happens to flow from the unconscious emotions that are unstoppable and that operate in the opposite direction in which the person would want to go. To overcome these shortcomings also realize substantial improvements in internal and personality should be operated on a deeper level of the psyche through the tools of visualization and meditation and active imagination than merely the plan-intellectual self-awareness and stepping up to an awareness and a vision spiritual.
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sanweli · 2 years
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Tipi razionali e irrazionali estroversi
Jung definisce i tipi di pensiero e di sentimento razionali, mentre i sensoriali e gli intuitivi irrazionali. Questo perché i primi due tipi vedono la prevalenza di funzioni che giudicano razionalmente, mentre per gli altri due:
[...] quello che essi fanno e non fanno non dipende da giudizi razionali, ma dall’intensità assoluta della percezione. La loro percezione si rivolge semplicemente agli accadimenti come tali e il giudizio non opera su di essi alcuna cernita.
Per quanto concerne i tipi razionali - che l'Autore definisce anche giudicanti:
La razionalità della condotta di vita cosciente di questi due tipi comporta un’esclusione cosciente dell’accidentale e dell’irrazionale.
Il giudizio, cioè, sia esso pensiero o sentimento, opera cercando di costringere in date forme il disordine e l'accidentalità degli accadimenti della vita, limitando nel contempo l'autonomia e l'influenza delle funzioni psichiche percettive.
Poiché queste ultime sono almeno parzialmente rimosse, si riversano nell'inconscio che quindi è caratterizzato da percezioni infantili e primitive o da simili intuizioni.
Accade il contrario per i tipi che Jung definisce irrazionali, che però non significa "irragionevoli". Spiega l'Autore:
Essi sono soltanto e soprattutto empirici e si fondano unicamente sull’esperienza e anzi fanno ciò in modo così esclusivo che il loro giudizio non è per lo più in grado di procedere di pari passo con la loro esperienza.
Per questo motivo le funzioni giudicanti rimosse e trasferite a livello inconscio fanno riscontrare:
nella vita dei tipi irrazionali sorprendenti giudizi e scelte che possono dare l’impressione di una certa sottigliezza, di un freddo calcolo, di una meditata selezione di persone e di situazioni.
Di qui l'impressione che talvolta destano di essere dei calcolatori nel senso deteriore del termine, cosa che tuttavia dipende da funzioni inconsce con un'impronta infantile e primitiva, com'è tipico delle funzioni rimosse e poco differenziate.
Jung conclude che proprio il diverso atteggiamento psichico tra tipi razionali e irrazionali tende a ostacolare il rapporto o comunque a fondarlo su basi molto differenti a seconda del tipo: il razionale riterrà che un'eventuale concordanza sia frutto di un giudizio o di un contenuto conoscitivo condiviso, mentre per l'irrazionale la base è la comune percezione di una sensazione o di un'intuizione. Quindi per il primo la concordanza dura finché il giudizio è immutato, mentre per il secondo può venir meno al cambiare delle circostanze esterne, cosicché quest'ultimo sarà tacciato di incostanza, mentre l'altro apparirà un ostinato.
L'Autore - esaurita la disamina dei tipi estroversi - si accinge ad iniziare l'esame dell'introverso e avanza in principio una considerazione tanto amara quanto fondata:
Per la nostra civiltà attuale è l’atteggiamento estroverso a servire da principio normativo nel problema delle relazioni fra gli uomini. Naturalmente v’è anche il principio introverso, ma esso vale come eccezione e deve affidarsi alla tolleranza del mondo.
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Sorteggio fatto alle ore 1:12 del 19.02.21
Uruz è, dunque, l'energia fecondante, rassicurante, confortante poiché reca la vita: è collegata anche alla Dea Eira, sotto il suo aspetto curativo, tanto più che quest'ultima presiede alla scienza sacra delle erbe. Il suo Galdr – incantamento – permette di guarire la terra nei luoghi in cui è necessario, permettendo anche agli spiriti di un luogo di acquietarsi, quindi aiuta anche contro le depressioni, l'anemia, per trasmetterla a un essere vivente – piante e animali compresi, poiché anche loro sono esseri degni di rispetto, nonostante ciò che ha insegnato la religione cattolica – può essere proiettata su medicinali omeopatici o allopatici per potenziarne l'effetto curativo, sulle erbe, eccetera. Uruz permette di radicarsi a un lavoro magico, lo insedia e gli conferisce maggiore solidità e durevolezza, permette anche a un essere umano di forgiarsi delle radici quando queste sono messe in pericolo dalle circostanze.
Se con Fehu abbiamo fatto esperienza del lato luminoso della madre, della natura e della realtà, con Uruz dobbiamo cominciare a fare i conti con il lato oscuro, infatti essa rappresenta quegli aspetti della vita che ci fanno soffrire e che sfuggono al nostro controllo, con cui dobbiamo imparare a fare i conti fin da piccoli. Uruz ci invita a prendere contatto con quelle energie psichiche imprigionate nell'inconscio e ci aiuta a esprimerle nel mondo. L'uscita di Uruz comunica che si può contare su una forza sufficiente per realizzare tutto ciò che ci si propone. Bisogna tuttavia essere responsabili e utilizzare questo potere con intelligenza, evitando di sottomettere o dominare gli altri e mostrandoci comprensivi e rispettosi dei desideri e delle necessità altrui. Significa anche che si sta vivendo un momento di cambiamento e si ha bisogno del coraggio e dell'audacia necessaria per avventurarsi in nuove esperienze, quindi è il tempo di mettersi d'impegno. Uruz è un’energia profonda radicata dentro di noi. E’ la forza inconscia irrefrenabile, che nemmeno sappiamo di avere ma che si aggira nei meandri della nostra mente come il Minotauro nel suo labirinto. E’ quella forza muta e impersonale che sa già come si fanno le cose, senza bisogno dell’aiuto della mente razionale individuale. E’ il potere di modellare la realtà.
Se questa forza sovrumana lavora contro di noi, non potremo procedere ma dovremo continuamente offrirle costosi sacrifici senza riceverne nulla in cambio, almeno fino a che una parte di noi (Teseo) non troverà il coraggio di uccidere il Toro inoltrandosi nel labirinto dell’inconscio, con il gomitolo della coscienza a garantirgli la via del ritorno. Se invece questa energia combattente eminentemente maschile, questa forza di volontà ferrea lavora a nostro favore, è in armonia con i nostri scopi, allora possiamo contare sull'appoggio del nostro inconscio che, invece di metterci i suoi grossi bastoni tra le ruote ci sosterrà con tutto il suo potere, come una gigantesca onda schiumosa che ci trasporta sulla sua cresta.
Uruz rappresenta il lato oscuro e selvaggio dentro di noi, la nostra parte animale che desidera sopravvivere e affermarsi più di qualunque altra cosa e a ogni costo. E’ la pertinacia, l’energia maschile, la forma che penetra la materia strutturandola. Uruz è la forza interna alla materia stessa, che la organizza secondo un pattern preciso. E’ quell'istinto dentro di noi che ci porta a intraprendere le azioni e portarle a termine, il desiderio di autoaffermazione, di lasciare un segno nel mondo, di conquistare il nostro spazio e informarlo di noi.
E’ l’immenso corpo del toro, forte e caparbio, difficile da addomesticare, con un profondo istinto per la vita, che si scrolla di dosso le linci fameliche. Tuttavia ci ricorda la sua presenza: non siamo solo luce e consapevolezza, ma anche forza cieca istintiva, slancio disperato, fame di vita. Dobbiamo sempre lavorare verso l’accettazione del nostro aspetto animale e verso la sua integrazione con gli aspetti più consci della nostra personalità
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