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#Lorenzo Del Chiaro
theoldbone · 2 months
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Wurtzite, Carrara Alpi apuane, photo by Lorenzo Del Chiaro
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vadaviaaiciap · 4 days
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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montag28 · 9 months
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Le Perseidi
Sembra cosa facile, esprimere un desiderio. Invece bisogna essere bravissimi, dei veri fuoriclasse, a saper scegliere un desiderio fra tutti gli altri e poi plasmarlo nella miglior forma possibile, senza ambiguità, senza possibilità di errate interpretazioni. E tutto questo nell'arco di uno o due secondi, magari cinque, dieci al massimo.
Credo che le meteore - o “stelle cadenti”, che dir si voglia - che fanno scintillare i cieli notturni nel penultimo giro dell’estate, un’utilità ce l'abbiano per davvero: e non è quella di avverare le nostre alquanto vane speranze, verosimilmente. Semmai, è quella di metterci nella condizione di dire la verità a noi stessi; di rivelarci che cosa desideriamo realmente. E di vedere se siamo capaci nello scegliere le priorità e bravi nel saperle definire, nell'esprimerle in modo chiaro e semplice, rotondo e cristallino, sgombrando dal campo tutti i vagheggiamenti fatui e le voglie vacue e le speranze sciocche e tutto quanto sia farlocco e superfluo o fuorviante, rispetto alla nostra faticosa ricerca di una qualche forma di felicità, di un sincero benessere.
Sarà pur banale, ma per sperare di ottenere risposte soddisfacenti bisogna saper innanzitutto porre bene le giuste domande. Vale lo stesso per certi nostri intimi desidèri: forse la realtà è che essi si realizzano più spesso di quanto siamo disposti ad ammettere; se però poi non ci regalano gioia, evidentemente, è perché le nostre aspirazioni nascono spesso già storte e confuse, per non dire già infelici in partenza.
Insomma, esprimere i desideri è una cosa tanto, tanto difficile. E bisognerebbe allenarsi ben più di una volta l'anno, non solo a San Lorenzo, per imparare bene l'antica disciplina del desiderare, ossia del sognare ad occhi aperti, a pupille spalancate, come le tante ora rivolte verso l'alto, indaffarate a scandagliare questa volta celeste immensa e scura che talvolta chiamiamo *notte*.
C'è chi spera senza dormire, chi scrive ad occhi chiusi e intuisce soltanto le parole, mentre qualcosa risplende senza la pretesa del significato eppur traccia segni, ma non destando clamore. Perduto il giorno, spento il sole, la sera, la volta celeste è d’argento e nera.
(10.8.2021)
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superfuji · 2 years
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Primo Maggio senza pace. Ora Draghi parli al Paese
MASSIMO GIANNINI
Per Lorenzo, schiantato da una putrella nel suo ultimo giorno di tirocinio a Udine. Per Luana, mangiata viva da un orditoio tessile a Prato. Per i 1.221 che se ne sono andati l’anno scorso. Per i 218 che sono caduti già quest’anno. Questo Primo Maggio è per loro, come ha detto il presidente della Repubblica: una Festa al contrario, perché non c’è niente da festeggiare quando il lavoro non è vita ma è morte, non è diritto ma sopruso. Ma la festa al contrario vale anche per tutti gli altri. Per chi di lavoro ci vive, o più spesso ci sopravvive. Per chi nel lavoro, insieme al dovere, vede anche il riscatto e il rispetto, ma non trova né l’uno né l’altro. Sergio Mattarella ha ancora una volta il merito di parlare chiaro, al Paese e al Palazzo. Il lavoro irregolare troppo spesso «varca il limite dello sfruttamento, persino della servitù». La precarietà è «una spina nel fianco della coesione sociale». Le condizioni salariali sono critiche per troppi «lavoratori poveri e pensionati poveri». Mai come quest’anno, il Primo Maggio di guerra ci interroga tutti. E pretende risposte, soprattutto dal governo e dalle classi dirigenti.
C’è un dovere di chiarezza sulla politica economica. Lo diciamo da almeno due mesi: anche se Draghi non lo conferma, noi in un’economia di guerra ci viviamo già. In un mondo in cui la crescita prevista si dimezza al 3 per cento, il Pil italiano torna a decrescere dello 0,2 per cento nel primo trimestre, l’inflazione ad aprile sale al 6,2 per cento, la spesa pubblica sfonderà il tetto dei 1.000 miliardi a fine 2020, i ricavi delle imprese crolleranno del 3,2 per cento l’anno prossimo. Sul versante prezzi-salari il quadro è ancora più complesso. La guerra fa esplodere un focolaio inflattivo già acceso da tempo su tutte le filiere: tra il 2019 e il 2021 i prezzi del gas sono cresciuti del 636 per cento, quelli del petrolio del 46, quelli del mais del 77, quelli del frumento del 57. Per contro, le retribuzioni medie orarie tra gennaio e febbraio sono ferme, e tra il 1990 e il 2020 i salari medi degli italiani sono calati del 2,9 per cento. Gli occupati precari sono 3,2 milioni, quelli a part time sono 4,8 milioni. I lavoratori che aspettano il rinnovo contrattuale sono 6,8 milioni. La media di attesa tra i vari settori merceologici è di 30,8 mesi. In queste condizioni disastrose, ci si aspetterebbero due cose. Un’operazione-verità sulle condizioni reali del Paese, un grande patto sociale sul modello di quello cui Ciampi vincolò le parti sociali nel 1993. Non abbiamo né l’una né l’altro. Abbiamo invece rigurgiti di lotta di classe tra imprese e sindacati. Abbiamo un tavolo negoziale, proposto dal ministro Orlando, che Confindustria considera “un ricatto”. E abbiamo un governo che centellina aiuti (il prossimo, in arrivo, di altri 8 miliardi) ma si ostina a non prendere di petto il vero nodo della fase: con la guerra che ha fatto saltare i conti del Def, non converrà rivedere le priorità indicate dal Pnrr, e magari riflettere anche su un ulteriore scostamento di bilancio? Ha ragione Veronica De Romanis: forse è il caso che Draghi parli al Paese, e spieghi come il governo intende affrontare i mesi durissimi che ci aspettano. Se mai ha avuto senso, il pacchetto “pace o condizionatori” ormai non si può più vendere alle famiglie e alle imprese italiane. C’è un dovere di chiarezza sulla politica estera. I principi di base li conosciamo e li condividiamo: lo abbiamo detto e lo abbiamo scritto più volte. La Russia è il carnefice, l’Ucraina è la vittima. Questa guerra è frutto della nuova volontà di potenza di Putin, che negli ultimi vent’anni ne ha già fatte tre (Cecenia, Crimea e Siria) e ne porta fino in fondo le responsabilità. Sua è la colpa del massacro dei civili, dello stupro delle donne, delle torture ai bambini. Sua è la colpa dell’invasione di uno Stato sovrano, della devastazione delle città, del saccheggio dei villaggi. Sua è la colpa delle tre crisi che adesso squassano il pianeta: crisi economica, crisi energetica, crisi alimentare. Non abbiamo bisogno di ribadire da che parte stiamo: stiamo dalla parte dell’Occidente e dell’Alleanza Atlantica, delle liberaldemocrazie e del diritto internazionale, del multilateralismo e della globalizzazione. È la parte giusta della Storia, e lo ripetiamo con forza e con orgoglio. Respingiamo gli opposti ideologismi. C’è un ideologismo pro-russo e anti-amerikano (per usare una vecchia formula dei tempi della guerra in Vietnam): quello dei sedicenti martiri del Pensiero Unico, che in tv denunciano le odiose censure della fantomatica “informazione mainstream” mentre la medesima li lascia sdottoreggiare h24 sui talk e sui giornali, e degli indecenti cacadubbi della Sacra Rete, che sui social rimbalzano la bassa propaganda mosco-fila pronta a negare qualunque evidenza. Se servisse ancora una “firma” sui bombardamenti in territorio ucraino, l’abbiamo ottenuta con i due missili del Cremlino piovuti su Kiev durante la visita del segretario generale dell’Onu. Ma c’è anche un “occidentalismo” cieco e sordo (per usare la formula di Margalit e Buruma ai tempi dell’attacco qaedista alle Twin Towers). Quello degli intellettuali boots on the ground, che considerano intelligenza col nemico qualunque riflessione retrospettiva sulle vicende geo-strategiche di questi ultimi trent’anni. Capire come ci siamo illusi di ricostruire un Ordine Mondiale dopo la caduta del Muro di Berlino non significa affatto giustificare l’ingiustificabile (gli orrendi crimini di Putin). Ma aiuta a comprendere (possibilmente per non ripeterli) gli errori di prospettiva e i rapporti di causa-effetto che hanno contribuito a portarci fin qui. Cioè non dentro un nuovo Ordine, ma alle soglie della Terza Guerra Mondiale. «Xavier Solana, da alto rappresentante della politica estera europea, a metà anni 2000 disse chiaramente che non era più pensabile un rapporto tra la Nato e l’Urss come quello dei tempi della Guerra Fredda… Era necessario identificare gli interessi comuni tra europei e russi. E visto che loro erano alla ricerca di una collocazione, bisognava creare un sistema di sicurezza e di difesa comune fondato sugli interessi vitali di europei, russi, americani… L’errore non fu ampliare i margini dell’Unione fino alla Russia, come fece Prodi. Al contrario, fu di essere rimasti chiusi in noi stessi, e aver portato la vecchia Nato ai confini… Fiona Hill, bravissima consigliera di diversi presidenti Usa, ha raccontato i suoi colloqui alla Casa Bianca nel 2008, con George Bush e Cheney. Prima del vertice Nato a Bucarest cercò di dissuaderli dall’includere nell’Alleanza militare Georgia e Ucraina, scatenando l’ira di Cheney e la reazione contrariata di Bush, il quale replicò che lui amava la “diplomazia vigorosa”. Quanto vigorosa, l’avevamo capito qualche anno prima con la sciagurata invasione dell’Iraq. Sappiamo poi come sono andate le cose…». Chi articola questi pensieri non è un pericoloso agente della Fsb travestito da giornalista. E non è neanche il professor Alessandro Orsini, in uno dei suoi deliri onanistici sui bimbi felici sotto le dittature. È il presidente della Consulta Giuliano Amato, in un’intervista al “Venerdì”. A meno che non si pretenda di inserire anche lui nella lista nera degli utili idioti del nuovo Zar di San Pietroburgo, conviene ragionare su ciò che dice. Senza per questo offrire sponde alla mattanza russa o indebolire la resistenza ucraina. La fine della pace è ormai sancita. La fase due del conflitto russo-ucraino è una guerra permanente a bassa intensità. Il piano-monstre di aiuti militari da 33 miliardi di dollari annunciato da Biden è un vero salto di qualità. L’intendenza euro-atlantica segue, aprendo a Ramstein il primo arsenale delle democrazie. Parliamo non più solo di sistemi di difesa anti-carro e anti-aereo, ma di armi offensive importanti e imponenti. Anche l’Italia sta per varare un decreto bis sull’invio di nuove armi all’Ucraina. Ormai siamo co-belligeranti a distanza. Come ha scritto giustamente Domenico Quirico, siamo entrati in guerra anche noi, ma senza il coraggio e l’onestà di dirlo a noi stessi. Se la realtà è questa, allora tutti i governi a partire dal nostro hanno il dovere di spiegarlo alle opinioni pubbliche e ai Parlamenti. La domanda posta da Lucio Caracciolo è cruciale: dov’è la vittoria per noi occidentali? Stiamo armando Zelensky per consentirgli di resistere nell’attesa che le nostre sanzioni convincano Putin a fermarsi, o crediamo e vogliamo che l’esercito ucraino vada fino in fondo e vinca la guerra anche per conto nostro? Vorremmo saperlo: non è accettabile che la lista delle armi che stiamo inviando ai resistenti ucraini sia secretata dal Copasir. E dovremmo discuterne: non è possibile che Draghi non spieghi la posizione italiana alle Camere, cosa che finora è accaduta tre volte, il 25 febbraio, il 1° e il 23 marzo. La doppia missione del premier, prima a Kiev e poi a Washington il 10 maggio, segnala una positiva ripresa dell’iniziativa diplomatica. Ma è necessario un colpo d’ala nell’azione e nella comunicazione politica. Non basta dire «faremo quello che deciderà l’Europa», anche perché la Ue non decide ed è tuttora divisa sull’embargo energetico. Bisogna dire cosa abbiamo fatto finora, nel rispetto o meno dell’articolo 11 della Costituzione. Bisogna sapere cosa vogliamo fare d’ora in poi, e semmai cos’altro noi proponiamo all’Europa, visto che la richiesta di fissare un tetto al prezzo del gas è stata respinta con perdite. E bisogna capire se l’Italia e l’Europa hanno ancora un po’ di filo da tessere, per provare a dare una chance alla pace. Tenendo sempre a mente le parole di Robert Schumann, citato proprio da Mattarella nel suo splendido discorso a Strasburgo: «La pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano».
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errantepagina69 · 2 days
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Lorenzo Jovanotti (viva tutto)
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Sai Lorenzo, a me fa rabbia che l'immigrazione - come ahimè qualunque altra cosa qui - venga vista nell'ottica deformante degli schieramenti ideologici. Ma perchè non si può dire che è al tempo stesso una straordinaria opportunità e un grosso problema? È una straordinaria opportunità perché tutta quanta l'evoluzione si è compiuta e si compie sempre più - geneticamente, culturalmente, antropologicamente attraverso scambi, intrecci, coevoluzioni. Le comunità che si riproducono all'interno di se stesse sono le più stupide. È un grosso problema quando chi arriva qui - e chi qui c'è per nascita - si arrocca dentro le proprie identità tradizionali e rifiuta ogni espansione. Ecco perché il multiculturalismo non funziona: perché si limita a predicare tolleranza fra identità che rimangono ben distinte, ognuna attaccata alle sue radici. Mentre le proprie identità di appartenenza non dico di gettarle via, ma di viverle non come fissa dimora ma come punto di partenza. A me lo scontro di civiltà sembra soprattutto questo, quello fra chi nel mondo connesso e globale si mette in gioco e pensa che il mutamento sia un'opportunità, e chi invece ancora di più la prospettiva di una espansione condivisa la percepisce come una minaccia e reagisce aggressivamente. Ogni anno faccio lezioni a cento studenti che vengono da trenta o quaranta posti diversi del pianeta -Corea, Portorico, Israele, Argentina, Russia - che per un anno sbarcano a Milano e progettano insieme, abitano insieme, vanno alle stesse feste, si scambiano linguaggi, esperienze, materiali, idee. Chiaro che sono giovani progettisti, e sono mediamente ricchi, dunque dell'immigrazione non hanno i disagi più pesanti. In ogni caso nessuno di loro si sente il rappresentante di una etnia, di una religione o di una cultura.
Prima uscita: Novembre 2010 Editore: ADD Editore Pagine: 479
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Dalle parole ai fatti il tempo intercorso è stato breve, anzi brevissimo! L’incontro istituzionale in materia di sicurezza svoltosi a Corciano con il Prefetto e tutte le forze dell’ordine a gennaio – ha portato ottimi frutti. Tra poche settimane la stazione locale potrà contare su un nuovo maresciallo e un nuovo carabiniere. Grato e soddisfatto il Sindaco Lorenzo Pierotti, che per primo aveva promosso e sollecitato un confronto chiaro e senza filtri sulla sicurezza. “ Praticamente una pattuglia in più che torna a disposizione del nostro territorio è un grande risultato – commenta il primo cittadino – a nome mio […]
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valentina-lauricella · 3 months
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LE PROFEZIE DI SAN MALACHIA
Intorno al 1140 il vescovo Irlandese Malachia profetizzò le successioni papali, sino al tempo in cui Pietro sarebbe ritornato sulla terra per riprendere le chiavi della Chiesa; secondo alcuni queste profezie sono state scritte con la collaborazione ispirata di San Bernardo. Furono pubblicate per la prima volta dal benedettino dom Arnold Wion nel 1595 nel suo libro "Lignum Vitae".
La stragrande maggioranza di queste profezie è evidente che si sia avverata.
Le profezie di Malachia si riferiscono per lo più al luogo di provenienza dei pontefici, allo stemma della famiglia o anche a eventi storici che caratterizzeranno il suo pontificato. Esse sono costituite da 111 motti latini che descrivono in maniera impressionante i 111 papi che si sarebbero avvicendati sul trono di Pietro dal 1143 fino alla fine dei tempi.
Proviamo allora a confrontare i motti di Malachia con l'effettiva successione papale, anche se il gioco vale dal 1595 in poi, cioè dalla data in cui il testo apparve stampato.
1 Ex Castro Tiberi Celestino II (1143-1144) Il motto sembra alludere al paesino di origine di questo papa: nacque a Città di castello sul Tevere.
2 Inimicus expulsus Lucio II Caccianemici (1144-1145) Il motto potrebbe avere due spiegazioni: l'allusione al cognome (Inimicus) e la brutale fine di questo papa, che morì colpito da una pietra mentre veniva espulso dal Campidoglio.
3 Ex magnitude montis Beato Eugenio III (1145-1153) Pietro Pignatelli, nativo di Montemagno (Pisa), racchiude nel paese di origine il significato del motto.
4 Abbas Suburranus Anastasio IV (1153-1154) Corrado Suburri fu abate di S. Rudo.
5 De ruro albo Adriano IV (1154-1159) Nicholas Breakspear fu il solo Papa nato in Inghilterra, a Saint Albany. Il motto deriverebbe dalla città di nascita.
6 Ex tetro carcere Antipapa Vittore IV Gregorio Conti era Cardinale di S. Vittore, noto carcere milanese.
7 Ex ansere custode Alessandro III (1159-1181) Rolando Papero Bandinelli. Probabilmente il motto fa riferimento al cognome del pontefice, che si oppose duramente al Barbarossa, in quanto anser in latino significa "anatra".
8 De via Transtibertina Antipapa Pasquale III Guido da Crema ricoprì il ruolo di Cardinale in S. Maria in Trastevere (Transtibertina).
9 Lux in ostio Lucio III (1181-1185) Ubaldo Allucignoli fu Cardinale di Ostia. Nel motto appare chiaro il riferimento sia al nome papale, sia al cognome di origine, sia alla cittadina di Ostia.
10 De Pannonia Tusciae Antipapa Callisto III. Cardinale di Tuscolo, proveniva dall'Ungheria, che anticamente faceva parte di una vasta regione denominata Pannonia.
11 Sus in cribo Urbano III (1185-1187) Uberto Crivelli aveva nel proprio stemma l'immagine di un maiale (sus). La parola cribo, inoltre, sembra alludere in qualche modo al cognome Crivelli…
12 Ensis Laurentii Gregorio VIII (1187) Alberto Mosca era Cardinale di S. Lorenzo in Lucina. Nel suo stemma campeggia una spada (ensis)
13 De schola Exiet Clemente III (1187-1191) Paolo Scolari, Vescovo di Palestrina. Il riferimento al cognome è evidente.
14 De rure bovense Celestino III (1191-1198) Giacinto Orsini della Casata dei Borbone.
15 Comes signatus Innocenzo III (1198-1216) Giovanni Loterio dei conti di Tuscolo da Segni.
16 Canonicus de latere Onorio III (1216-1227) Cencio Savelli, canonico in Laterano.
17 Avis ostiensis Gregorio IX (1227-1241) Ugolino dei conti di Tuscolo da Segni, Cardinale di Ostia. Nel suo stemma appare un'aquila (avis)
18 Leo Sabinus Celestino IV (1241) Goffredo Castiglioni di Milano, Vescovo di Sabina Anche in questo caso nello stemma c'è un leone.
19 Comes Laurentius Innocenzo IV (1242-1254) Sinibaldo dei conti Fieschi, già cardinale di S. Lorenzo in Lucina.
20 Signus Ostiense Alessandro IV (1254-1261) Rinaldo dei conti di Segni, Cardinale di Ostia
21 Jerusalem Campaniae Urbano IV (1261-1264) Giacomo Troyes Pantaleone, nativo della Champagne e patriarca di Gerusalemme, eletto papa ancor prima di essere nominato cardinale.
22 Drago depressus Clemente IV (1261-1264) Guido le Gros di Saint Gilles. Nel suo stemma vi è un'aquila che tiene stretta tra gli artigli un grosso drago.
23 Anguineus vir Gregorio X (1271-1276) Teobaldo dei Visconti di Piacenza. Malachia lo indica come "uomo del serpente" (anguineus vir) perché nel suo stemma campeggia in evidenza un serpente.
24 Concionator gallus Innocenzo V (1276) Pietro di Parantasia, di origine francese (gallus) malgrado i soli cinque mesi di pontificato è unanimamente ricordato come un uomo di chiesa probo ed eccellente predicatore (concionator)
25 Bonus Comes Adriano V (1276). Ottobono de' Conti Fieschi morì prima di essere incoronato papa. Bonus da Ottobono?
26 Piscator tuscus Giovanni XXI (1276-1277) Pietro di Giuliani, famoso medico e filosofo, Cardinale di Tuscolo. Il suo nome di battesimo era quello del famoso pescatore, primo papa della Chiesa cattolica.
27 Rosa Composita Niccolò III (1277-1280) Nello stemma di Giangaetano Corsini appariva una rosa. Egli fu poi soprannominato "compositus" perchè nel corso del suo pontificato si impegnò sopratutto nel tentare di riunire la Chiesa latina e quella greca.
28 Ex telonio liliacei Martinii Martino IV (1281-1285) Simon de Brie, canonico e tesoriere di S.Martino di Tours in in Francia. Nel suo stemma vi erano rappresentati alcuni gigli.
29 Ex rosa leonina Onorio IV (1285-1287) Jacopo Savelli aveva come stemma dei leoni attorniati da rose.
30 Picus inter esca Niccolo IV (1288-1292) Il motto relativo a Gerolamo di Ascoli Piceno non è ben chiaro. L'unico accenno plausibile potrebbe essere quello alla città natale (picus).
31 Ex eremo celsus Celestino V (1294) Pietro Anglerio da Morrone fu eremita e fondatore dell'ordine dei Celestini.
32 Ex undarum benedictione Bonifacio VIII (1294-1303) Benedetto Caetani. Il motto si riferisce al suo nome di battesimo ed al suo stemma nel quale figurano delle onde marine.
33 Concionator patarens Benedetto XI (1303-1304) Nicolò Baccasini era nato a Patara e apparteneva all'ordine dei predicatori (concionator)
34 De fascis aquitanicis Clemente V (1305-1314) Lo stemma di Bertrand de Got è costituito da fasce parallele. Sotto il suo pontificato avvenne il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone, vicino all'Aquitania.
35 De sutore orseo Giovanni XXII (1316-1334) Giacomo Duése era figlio di un umile calzolaio.
36 Corvus schismaticus Antipapa Nicolò V. Pietro Rinalducci, originario di Corvaro, fu tra i maggiori responsabili dello scisma d'Occidente.
37 Frigidus Abbas Benedetto XII (1334-1342) Giacomo Fournier, fu eletto papa mentre era abate presso il monastero di Fontanafredda.
38 Ex rosa atrebatesi Clemente VI (1342-1352). Pietro Roger di Beaufort fu vescovo di Arras ed aveva un emblema con sei rose.
39 De montibus Pammachii Innocenzo VI (1352-1362) Nell'emblema di Stefano Aubert campeggiano sei montagne. Egli fu eletto papa mentre era cardinale dei Santi Giovanni e Paolo, titolo anticamente soprannominato "Pammacchio".
40 Gallus vicecomes Urbano V (1362-1370) Guglielmo Grimoard, francese (gallus), fu Nunzio (comes) presso i Visconti di Milano.
41 Novus de Virgine fortii Gregorio XI (1370-1378) Nipote di Clemente VI, Ruggero di Beaufort fu Cardinale di Santa Maria Nuova (Virgine)
42 De cruce apostolica Antipapa Clemente VII Cardinale dei dodici apostoli. Il suo emblema raffigurava una grossa croce.
43 Luna cosmedina Antipapa Benedetto XIII Pietro de Luna, fu eletto papa mentre ricopriva il titolo di Cardinale di Santa Maria in Cosmedin.
44 Schismo barcinonicum Antipapa Clemente VIII Canonico di Barcellona (barcinonicum) fu fautore di una politica volta a consolidare lo scisma.
45 De inferno pregnani Urbano VI (1378-1389) Bartolomeo Prignano, napoletano, nacque in una località denominata "inferno".
46 Cubus de mixtione Bonifacio VII (1389-1404) Lo stemma di Pietro Tommacelli era costituito da cubi.
47 De miliore sidere Innocenzo VII (1404-1406) Il motto si riferisce al cognome di Cosma Migliorati ed al suo stemma recante una stella.
48 Nauta de Ponte Nigro Gregorio XII L'espressione nauta (marinaio-barcaiolo) viene usata da Malachia per disegnare i papi che provenivano dalla città di Venezia. Angelo Corrier infatti era nato a Venezia ed era stato Cardinale Commendatario di Negroponte.
49 Flagellum solis Antipapa Alessandro V Pietro Filargiro aveva uno stemma in cui campeggiava un sole splendente. Malachia lo indica come flagellum perchè contribuì ad aggravare e radicalizzare lo scisma del papato.
50 Cervus Sirenae Antipapa Giovanni XXIII Baldassarre Cossa era nato a Napoli, città il cui emblema è rappresentato dalla sirena Partenope, ed aveva nello stemma l'immagine di un cervo.
51 Corona veli aurei Martino V (1417-1431) L'emblema di Ottone Colonna era una corona dorata.
52 Lupa coelestina Eugenio IV (1431-1447) Il simbolo di Gabriele Condolmer, canonico della compagnia dei Celestini, era una lupa.
53 Amator Crucis Antipapa Felice V Lo stemma di casa Savoia di cui Amedeo VIII era principe è una croce rossa su campo bianco. L'espressione amator si riferisce probabilmente al tormento interiore ed alle accese controversie che accompagnarono questo papa in tutto l'arco del suo antipontificato.
54 De modicitate lunae Niccolò V (1447-1455) Tommaso Parentuccelli era nato a Luni di Sarzana ed apparteneva ad una famiglia molto povera (modicitate).
55 Bos pascens Callisto III (1455-1458) Nello stemma di Alfonso de Borgia compare un bue al pascolo.
56 De capra et albergo Pio II (1458-1464). Enea Silvio Piccolomini fu segretario dei Cardinali Capranica e Albergatti.
57 De cervo et leone Paolo II (1464-1471) Pietro Barbo era stato Cardinale di San Marco Evangelista (che ha per simbolo un leone alato) e Commendatario della Chiesa di Cervia.
58 Piscator minorita Sisto IV (1471-1484) Francescano degli ordini minori, Francesco della Rovere era figlio di un umile pescatore.
59 Praecursor Siciliae Innocenzo VIII (1484-1492) Giovanni Battista Cybo visse alla corte del re di Sicilia.
60 Bos Albanus in portu Alessandro VI (1492-1503) L'emblema di Rodrigo Borgia era um bue. Egli fu Cardinale e Vescovo di Albano e Porto.
61 De parvo homine Pio III (1503) Francesco Todeschi. Il motto farebbe riferimento al cognome materno Piccolomini.
62 Fructus Jovis juvabit Giulio II (1503-1513) L'emblema di Giuliano della Rovere era una quercia che nell'antichità veniva ritenuta albero sacro a Giove.
63 De craticule Politiana Leone X (1513-1521) Il nome del padre di Giovanni de' Medici era Lorenzo, santo martirizzato sulla graticola. L'espressione Politiana deriverebbe invece da Angelo Poliziano di cui egli fu discepolo.
64 Leo florentius Adriano VI (1522-1523) Adriano Florentz di Utrecht, ultimo papa non italiano prima di Wojtyla, aveva come stemma un leone.
65 Flos pilae Clemente VII (1523-1534). Giulio de' Medici, fiorentino, aveva nel proprio stemma una palla attorniata da gigli.
66 Hyacinthus medicorum Paolo III (1534-1549) Alessandro Farnese, cardinale dei SS. Cosma e Damiano, aveva gigli nel suo stemma.
67 De corona montana Giulio III (1550-1555). Giovanni Maria Ciocchi del Monte. Il suo emblema raffigurava due corone.
68 Frumentum floccidum Marcello II (1555) Marcello Cervini nacque a Montepulciano. Il suo stemma raffigura un cervo e del frumento. Qui l'aggettivo floccidum sta ad intendere la breve durata del suo pontificato di solo 23 giorni. Egli fu l'ultimo Papa a non cambiare nome all'atto dell'elezione; egli così confermò un'altra leggenda, la quale vuole un pontificato brevissimo per i Papi che conservano il proprio nome.
69 De fide Petri Paolo IV (1555-1559) Giampietro Carafa fu promotore del Tribunale della Fede. Il Petri ricorda la "pietra" su cui fu fondata la chiesa.
70 Aesculapii pharmacum Pio IV (1559-1565) Giovanni Angelo de' Medici. Il motto sembra derivare dal cognome della casata. Esculapio, infatti, era considerato il dio della medicina e primo medico della storia.
71 Angelus nemorosus Pio V (1566-1572) L'aggettivo nemorosus (boscoso) starebbe ad indicare il luogo di nascita (Bosco in provincia di Alessandria) di Michele Ghisleri.
72 Medium corpus pilarum Gregorio XIII (1572-1585) Ugo Boncompagni, passato alla storia come l'ideatore del Calendario Gregoriano, aveva nello stemma un mezzo drago e due sfere.
73 Axis in medietate signi Sisto V (1585-1590). Felice Perretti aveva come stemma un leone diviso a metà da un'ascia.
74 De rori coeli Urbano VII (1590) Il motto potrebbe derivare dal fatto che Giovanbattista Castagna fu Arcivescovo di Rossano, cittadina nella quale tradizione si dice fosse caduta la manna dal cielo.
75 De antiquitate urbis Gregorio XIV (1590-1591) Nicola Sfrondati proveniva dall'antica cittadina di Cremona. Ma sarà davvero questo che Malachia intendeva?
76 Pia civitas in bello Innocenzo IX (1591) Il motto sembra indicare il ruolo di sostegno del suo pontificato in un periodo storico caratterizzato da cruente guerre.
77 Crux romulea Clemente VIII (1592-1605) Ippolito Aldobrandini apparteneva ad una nota famiglia originaria di Roma ma da tempo radicatasi a Firenze. Nel suo stemma campeggia una croce romana.
78 Undosus vir Leone XI (1605) Il motto si riferisce probabilmente alla brevissima durata del suo pontificato, ma è solo un'ipotesi.
79 Gens perversa Paolo V (1605-1621) Camillo Borghese pare avesse cambiato (perversum) il suo cognome (gens) da laico.
80 In tribulatione pacis Gregorio XV (1621-1623). Alessandro Ludovisi, istitutore della "Propaganda Fide", nel corso di tutto il suo pontificato fu faticosamente impegnato a sedare guerre e controversie politiche.
81 Lilium et rosa Urbano VIII (1623-1644). Lo stemma di Maffeo Barberini era animato da api che volano su gigli e rose.
82 Jacunditas crucis Innocenzo X (1644-1655) Giovanni Battista Pamphily fu proclamato papa nel giorno dell'esaltazione della croce.
83 Montium custus Alessandro VII (1655-1667) Lo stemma di Fabio Chigi era costituito da tre colline su campeggiava una stella. Questo papa istituì nella capitale un Monte di Pietà.
84 Sidus olorum Clemente IX (1667-1669) L'elezione di Giulio Rospigliosi avvenne nella camera dei cigni (olorum).
85 De flumine magno Clemente X (1670-1676) Emilio Altieri fu eletto papa in un giorno in cui il fiume Tevere era in piena (flumine magno)
86 Bellua insatiabilis Innocenzo XI (1676-1689) Benedetto Odescalchi aveva nello stemma un'aquila e un leone.
87 Poenitentia gloriosa Alessandro VIII (1689-1691) L'elezione di Pietro Ottobuoni avvenne nel giorno di San Brunone, Santo ricordato per essere stato uno dei più grandi penitenti della Chiesa cattolica. Però si tratta di un legame troppo labile.
88 Rastrum in porta Innocenzo XII (1691-1700) Antonio Pignatelli apparteneva all'omonima illustre casata napoletana che risiedeva presso una porta della città soprannominata "del rastrello"
89 Flores circumdati Clemente XI (1700-1721) Giovanni Francesco Albani aveva uno stemma incorniciato da fiori.
90 De bona religione Innocenzo XIII (1721-1724). Michelangelo Conti, condannò aspramente ogni forma di eresia ed in particolare Giansenismo e Quietismo.
91 Miles in bello Benedetto XIII (1724-1730) Pier Francesco Orsini. L'epoca del suo pontificato fu caratterizzata da aspre guerre di successione.
92 Columna excelsa Clemente XII (1730-1740) Lorenzo Corsini è ricordato sopratutto per i grandi e lussuosi edifici che fece erigere.
93 Animal rurale Benedetto XIV (1740-1758) Prospero Lambertini di Bologna fu uno dei Papi più amati della storia, ma non è affatto chiaro a cosa si riferisca Malachia. Io avanzo un'ipotesi: prima di entrare nel lunghissimo Conclave da cui uscì Papa, dichiarò: « Se vorranno eleggere un asino, eleggeranno me. » Come sempre accade in questi casi, fu tutto fuorché un asino…
94 Rosa Umbiae Clemente XIII (1758-1769) Durante il pontificato di Carlo Rezzonico venne istituito l'ordine francescano che ebbe la sua prima sede in Umbria.
95 Ursus velox Clemente XIV (1769-1774) Lorenzo Ganganelli, passato alla storia per aver sciolto l'ordine dei Gesuiti, aveva nel proprio stemma l'immagine di un orso.
96 Peregrinus Apostolicus Pio VI (1774-1799) Il motto si spiega con le vicissitudini che questo Papa dovette affrontare. Giovanni Angelo Braschi, infatti, dovette recarsi fino a Vienna per tentare di convincere l'imperatore Giuseppe II ad abrogare delle misure anticlericali da lui adottate sotto l'influsso dei filosofi illuministi; poi, scoppiata la Rivoluzione Francese, fu fatto prigioniero dai napoleonici e condotto da questi prima a Siena, poi a Bologna ed infine a Parma. Morì in esilio, solo ed odiato, a Valence, nel Drome; « Pio VI ed ultimo », scrisse lo sprezzante gendarme giacobino che ne constatò il decesso. Grazie a Dio era in errore.
97 Aquila rapax Pio VII (1800-1823) Gregorio Barnaba discendente dei conti Chiaramonti fu fatto prigioniero da Napoleone Bonaparte il 3 luglio 1809, e deportato a Fointaneblau, presso Parigi, anche a causa del fatto che egli si era rifiutato di avvallare il divorzio tra l'empereur e Giuseppina Beuharnais. In questo caso l'aquila rapace starebbe ad indicare lo stemma napoleonico, su cui campeggiava proprio un'aquila.
98 Canis et coluber Leone XII (1823-1829) Annibale della Genga fu definito dai suoi collaboratori fedele alla causa della Chiesa come il cane ed allo stesso tempo prudente nei suoi attacchi come un serpente. Ma forse l'attribuzione è a posteriori, cioè derivata direttamente dall'epiteto di Malachia.
99 Vir religiosus Pio VIII (1823-1830) Il misticismo è stato una delle maggiori caratteristiche del pontificato di Francesco Saverio dei Castiglioni. Ma basterà? Proprio la vaghezza di molte tra le profezie di Malachia è usata come argomento da chi nega ogni autenticità a questa lista e, almeno in questo caso e nel precedente, sembra aver ragione.
100 De balneis Etruriae Gregorio XVI (1831-1846) Bartolomeo Alberto Cappellari era stato generale dell'ordine dei Camaldolesi, ordine nato in terra di Etruria, nella regione il cui nome romano era Balnea, essendo ricca di acque termali.
101 Crux de cruce Pio IX (1846-1878) Durante il pontificato di Giovanni Maria Mastai Ferretti, il più lungo di tutta la storia, Roma divenne capitale dell'Italia unita. Lo stemma della dinastia sabauda, come tutti sanno, è una croce bianca in campo rosso: sulla città di Roma alla croce papale si sovrappose quella sabauda!
102 Lumen de coelo Leone XIII (1878-1903) L'emblema di Gioacchino Pecci era una stella cometa sullo sfondo del cielo.
103 Ignis ardens Pio X (1903-1914) Per la sua bontà e la sua ardente fede, Giuseppe Sarto fu proclamato santo. Si potrebbe anche ricordare con quanto zelo egli combatté il Modernismo.
104 Religio depopulata Benedetto XV (1914-1922) Il pontificato di Giacomo della Chiesa fu funestato dagli avvenimenti della Grande Guerra e dai numerosi lutti che ne conseguirono. Il motto sembra riferirsi all'enorme numero di cattolici che caddero sul fronte di guerra, ma potrebbe esserci anche un accenno alla terribile epidemia di spagnola, che fece ancora più vittime partendo proprio dalla Spagna, un paese cattolico.
105 Fides intrepida Pio XI (1922-1939) La fede di Achille Ratti, nativo di Desio, lo indusse a lanciare coraggiosi anatemi contro il comunismo e soprattutto contro il fascismo ed il nazismo rampante (enciclica Mit Brennender Sorge, "Con ardente preoccupazione").
106 Pastor angelicus Pio XII (1939-1958) Eugenio Pacelli fu pastore della chiesa nel corso della seconda guerra mondiale e nel difficile periodo della ricostruzione post-bellica. A lui toccò il compito di essere la guida spirituale e materiale di un mondo che si preparava a risorgere dalla ceneri della guerra. A papa Pio XII tra l'altro fu dedicato un film che portava come titolo proprio "Pastor Angelicus".
107 Pastor et nauta Giovanni XXIII (1958-1963) Angelo Roncalli era di umili origini (pastor), fu Patriarca di Venezia (nauta) e traghettò la Chiesa nel mare ignoto della modernità attraverso il Concilio Vaticano II. Una curiosità: tra i papabili del Conclave del 1958 c'era il cardinale francoarmeno Agagianian, il quale sullo stemma aveva un pastore e un'ancora. Se fosse stato eletto lui, la profezia si sarebbe realizzata davvero in modo clamoroso!
108 Flos florum Paolo VI (1963-1978) "Flos Florum", cioè fiore dei fiori, secondo il simbolismo floreale è il giglio. Nello stemma di Giovanbattista Montini appaiono difatti tre gigli.
109 De medietate lunae Giovanni Paolo I (1978) Il pontificato di Albino Luciani, già Patriarca di Venezia, è definito "il tempo di una luna" con riferimento al mese lunare. Infatti il suo pontificato durò dal 26 agosto al 28 Settembre 1978: solo 33 giorni! Alcuni però hanno contestato quest'attribuzione, essendo la durata di mezzo mese lunare di soli 14 giorni. Forse il "medietate" del motto va invece inteso come "mediazione", nel senso di un pontificato di transizione data la sua brevità. Anche il nome al secolo del pontefice dà adito a suggestive speculazioni, alludendo a "luce albina", cioè bianca, ovvero al pallido candore della Luna.
110 De labore solis Giovanni Paolo II (1978 - 2005) Karol Wojtyła verrà ricordato come il papa polacco, e molto probabilmente Malachia si riferisce al fatto che egli proviene da un paese dell'est (levante del sole); ma c'è anche chi ha appuntato l'attenzione sull'enorme lavoro di diffusione della fede intrapreso durante il suo pontificato: egli è il Papa che in assoluto ha visitato più paesi del mondo, ed ha portato la Chiesa a possedere un "regno" su cui sembra non tramontare mai il sole. Altri invece ricordano che Karol Wojtyła nacque durante un'Eclisse di Sole, e che incredibilmente ce ne fu una anche il giorno del suo funerale, l'8 aprile 2005, anche se visibile solo dalle Americhe. Meno probabile appare invece l'interpretazione secondo cui Giovanni Paolo II veniva da quella Cracovia in cui Copernico "faticò" per dimostrare la validità del suo sistema eliocentrico.
111 De gloria olivae Benedetto XVI (2005 - 2013) Il successore di Giovanni Paolo II, il cardinale tedesco Joseph Ratzinger, viene indicato attraverso il segno dell'ulivo, simbolo di pace: egli stesso nella sua prima Udienza Generale del 27 aprile 2005 ha voluto richiamarsi a Benedetto XV, il Papa che tentò in ogni modo di porre fine alla prima guerra mondiale: "egli", ha detto Ratzinger, "fu coraggioso e autentico profeta di pace, e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra, e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio".
Ma, come è stato segnalato, Benedetto XVI presenta altre sorprendenti attinenze con il motto di Malachia. Innanzitutto i membri dell'ordine benedettino sono noti anche come "olivetani". Ancor più impressionante è il fatto che Ratzinger sia nato nel Sabato Santo del 1927, il 16 aprile, al culmine del periodo pasquale. Tutto il periodo è difatti sotto il segno dell'Ulivo, anche in considerazione del fatto che Gesù e i discepoli risiedettero per tutto il tempo proprio presso il Monte degli Ulivi, dall'ingresso in Gerusalemme fino all'arresto!
Petrus Romanus L'ultimo papa prima della fine del mondo. Il nome è quanto mai suggestivo: mentre Pietro I fu il primo pastore della Chiesa cattolica, detentore delle chiavi del cielo, Pietro II dovrà restituire il mandato e chiudere per sempre le porte del mondo. A quest'ultimo papa che chiude la profezia, Malachia ha voluto dedicare non un solo motto, ma alcuni versi latini:
"In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen."
"Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; quando queste saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta, ed il temibile giudice giudicherà il suo popolo. E così sia."
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sounds-right · 3 months
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MORO, è tempo di "Non Fa Per Te", tratta dall'album "The Outsider"
E' disponibile "The Outsider", il nuovo album di Moro dal quale è estratto il singolo in rotazione radiofonica "Non Fa Per Te".
"Non Fa Per Te" è un chiaro attacco a tutti e tutto, senza mezzi termini o peli sulla lingua, lasciando comunque spazio a riflessioni sul mondo attuale con un linguaggio crudo e sorretto da una molteplicità di figure retoriche e citazioni. Inoltre il passaggio da "Non fa per me", uno dei primi brani di Moro, a "Non Fa Per Te" è un chiaro segno di consapevolezza e della maturazione avuta negli anni.
Commenta l'artista sul nuovo brano: "Sei forte a parlare, si, ma solo dietro un monitor"
Il videoclip di "Non Fa Per Te" mostra alcuni volti di Montecatini, la città di Moro, dai parcheggi abbandonati a se stessi, alla vista sulla città.
Nella seconda parte inoltre, Moro si mostra in alcune situazioni di vita quotidiana, come fare spesa e durante un pranzo. La semplicità del video fa da contrasto ad un testo articolato e complesso, e cerca di porre l'attenzione su quest'ultimo.
Guarda qui il videoclip su YouTube: https://youtu.be/rj6R1yjxBq8?si=tjh5MdfjIu1SBnYF
"The Outsider" è un album che prende il nome dal film con Jared Leto e racconta la rivalsa del protagonista in un ambiente che all inizio è ostile verso di lui. In questo progetto Moro mette in mostra tutte le capacità che lo contraddistinguono, l utilizzo di figure retoriche, la sua conoscenza cinematografica è molto altro.
TRACK-LIST:
Prologo (Michael Bolognesi)
Non Fa Per Te
Baba Jaga (feat. Django)
Cadillac
Sparring
Pussy & Infami (feat. Drecode)
Tiger Woods
Respira
Movie 2
Ittoryu Freestyle (feat. Karn)
BIO
Moro, all'anagrafe Lorenzo Moroni, è un rapper emergente di Montecatini Terme, classe 1994.
Il suo avvicinamento al rap comincia intorno ai 15 anni, ma per molto tempo si limita a scrivere testi che rimarranno nel suo cassetto.
Nel 2018 abbiamo finalmente la sua prima uscita, che sarà seguita negli anni a venire da diversi
mixtape/album/ep, più altri singoli.
All'inizio del 2023 annuncia di essere a lavoro su di un nuovo progetto.
Il 30 giugno esce "Ittoryu Freestyle"in collaborazione con il beatboxer Karn e dopo solo due settimane esce con il singolo "Movie" prodotto da Criss_bone. A settembre invece abbiamo l'uscita di "Tiger Woods" e la conferma che sta per arrivare il nuovo album.
Nel suo repertorio possiamo trovare tutte le sfaccettature della musica Rap, infatti in tutti i suoi progetti passa con disinvoltura da pezzi più classici a pezzi Trap, da pezzi d'amore a pezzi più grezzi.
Nei testi possiamo trovare numerose citazioni a film, poesie, personaggi dello sport o del mondo dello spettacolo in generale e altro ancora.
La sua versatilità è sicuramente il suo punto di forza e rende i suoi lavori adatti a diversi tipi di pubblico e tutt'altro che ripetitivi.
"The Outsider" è il nuovo album di Moro disponibile sulle piattaforme digitali di streaming dal 19 gennaio 2024 dal quale è estratto il singolo in radio "Non Fa Per Te".
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tarditardi · 3 months
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MORO, è tempo di "Non Fa Per Te", tratta dall'album "The Outsider"
E' disponibile "The Outsider", il nuovo album di Moro dal quale è estratto il singolo in rotazione radiofonica "Non Fa Per Te".
"Non Fa Per Te" è un chiaro attacco a tutti e tutto, senza mezzi termini o peli sulla lingua, lasciando comunque spazio a riflessioni sul mondo attuale con un linguaggio crudo e sorretto da una molteplicità di figure retoriche e citazioni. Inoltre il passaggio da "Non fa per me", uno dei primi brani di Moro, a "Non Fa Per Te" è un chiaro segno di consapevolezza e della maturazione avuta negli anni.
Commenta l'artista sul nuovo brano: "Sei forte a parlare, si, ma solo dietro un monitor"
Il videoclip di "Non Fa Per Te" mostra alcuni volti di Montecatini, la città di Moro, dai parcheggi abbandonati a se stessi, alla vista sulla città.
Nella seconda parte inoltre, Moro si mostra in alcune situazioni di vita quotidiana, come fare spesa e durante un pranzo. La semplicità del video fa da contrasto ad un testo articolato e complesso, e cerca di porre l'attenzione su quest'ultimo.
Guarda qui il videoclip su YouTube: https://youtu.be/rj6R1yjxBq8?si=tjh5MdfjIu1SBnYF
"The Outsider" è un album che prende il nome dal film con Jared Leto e racconta la rivalsa del protagonista in un ambiente che all inizio è ostile verso di lui. In questo progetto Moro mette in mostra tutte le capacità che lo contraddistinguono, l utilizzo di figure retoriche, la sua conoscenza cinematografica è molto altro.
TRACK-LIST:
Prologo (Michael Bolognesi)
Non Fa Per Te
Baba Jaga (feat. Django)
Cadillac
Sparring
Pussy & Infami (feat. Drecode)
Tiger Woods
Respira
Movie 2
Ittoryu Freestyle (feat. Karn)
BIO
Moro, all'anagrafe Lorenzo Moroni, è un rapper emergente di Montecatini Terme, classe 1994.
Il suo avvicinamento al rap comincia intorno ai 15 anni, ma per molto tempo si limita a scrivere testi che rimarranno nel suo cassetto.
Nel 2018 abbiamo finalmente la sua prima uscita, che sarà seguita negli anni a venire da diversi
mixtape/album/ep, più altri singoli.
All'inizio del 2023 annuncia di essere a lavoro su di un nuovo progetto.
Il 30 giugno esce "Ittoryu Freestyle"in collaborazione con il beatboxer Karn e dopo solo due settimane esce con il singolo "Movie" prodotto da Criss_bone. A settembre invece abbiamo l'uscita di "Tiger Woods" e la conferma che sta per arrivare il nuovo album.
Nel suo repertorio possiamo trovare tutte le sfaccettature della musica Rap, infatti in tutti i suoi progetti passa con disinvoltura da pezzi più classici a pezzi Trap, da pezzi d'amore a pezzi più grezzi.
Nei testi possiamo trovare numerose citazioni a film, poesie, personaggi dello sport o del mondo dello spettacolo in generale e altro ancora.
La sua versatilità è sicuramente il suo punto di forza e rende i suoi lavori adatti a diversi tipi di pubblico e tutt'altro che ripetitivi.
"The Outsider" è il nuovo album di Moro disponibile sulle piattaforme digitali di streaming dal 19 gennaio 2024 dal quale è estratto il singolo in radio "Non Fa Per Te".
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cinquecolonnemagazine · 5 months
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Coppa Davis, oggi Italia-Serbia: Sinner contro Djokovic per la finale
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(Adnkronos) - Italia contro Serbia per un posto nella finale della Coppa Davis 2023. Oggi a Malaga il tennis azzurro può scrivere una pagina storica. Jannik Sinner guida il team del capitano Filippo Volandri contro Novak Djokovic, numero 1 del mondo, e la sua squadra. In palio, la finale da giocare contro l'Australia, promossa dopo la vittoria contro la Finlandia. Coppa Davis, oggi Italia-Serbia: il programma Si comincia alle 12 con il primo singolare. Poi il secondo match e, in caso di parità, l'eventuale doppio. Inutile girarci intorno, tutto ruota attorno ai nomi di Djokovic e Sinner che si ritrovano avversari a meno di una settimana dalle Atp Finals 2023. A Torino, Sinner ha conquistato la prima vittoria della carriera contro il 36enne serbo nella fase a gironi. L'extraterrestre di Belgrado ha vinto il secondo e più pesante round, dominando la finale e conquistando il titolo. Sinner e Djokovic saranno protagonisti del secondo singolare in programma. Il primo match, invece, è ancora avvolto nel mistero.  I dubbi di Volandri Il capitano Volandri non ha ancora sciolto i dubbi. Può puntare su Matteo Arnaldi - battuto contro l'Olanda dopo aver sprecato 3 match point -, Lorenzo Musetti o Lorenzo Sonego, che nei quarti di finale ha fatto coppia con Sinner in doppio. Dubbi anche per il capitano serbo Viktor Toricki: in lizza il numero 33 del mondo Laslo Djere e il numero 46 Dusan Lajovic.  In tv, la sfida sarà trasmessa in chiaro su Rai 2 e RaiPlay. Dalle 13 alle 13.30 trasferimento su RaiSport HD durante il Tg2. Per gli abbonati a Sky, diretta su SKY Sport Tennis (canale 203) e sull'app SkyGo. In streaming sarà possibile seguire l'incontro sulla piattaforma Now.    [email protected] (Web Info) Read the full article
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claudiodangelo59 · 6 months
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UN FATTO RIPORTATO IN MANIERA ROMANZATA SU "TASK FORCE 45, SCACCO AL CALIFFO", DOPO ANNI DIVENTA PUBBLICO PER LA CONCESSIONE DELLE ONORIFICENZE AI PROTAGONISTI -
Herat 3 novembre 2011 - Afghanistan (Leggete con pazienza)
Nella prima mattina del 03.11.11 un team di sette guerriglieri talebani irrompe nella sede della società Esko International, a 300 metri dall’aeroporto di Herat. Due talebani hanno cinture esplosive. All’interno decine di impiegati sono presi in ostaggio, tra cui alcuni italiani.
Il compound con gli ostaggi si trova a meno di un chilometro da Camp Arena, base Nato. Un chiaro segnale per dimostrare il controllo del territorio da parte dei terroristi.
Alle 0935 circa, appena giunta la notizia alla base, il comando italiano (RCWEST Force Commander: Gen. B. Luciano PORTOLANO e RCWEST Deputy Force Commander: Col. Emilio MOTOLESE, entrambi Ufficiali di provata esperienza di combattimento in operazioni fuori-area) decide una reazione immediata.
Da Roma nessuno risponde.
Da Roma tutti vogliono sapere ma nessuno dice cosa fare.
Dopo un brevissimo brainstorming, il Gen. B. Portolano si assume la responsabilità di un intervento rapido e deciso per liberare la trentina di lavoranti civili ( 31, tra i quali 6 italiani, 12 indiani, 12 altri stranieri e 1 afgano etc ) chiusisi all’interno del compound.
Il compound è circondato da due plotoni (Rapid Reaction Force della Brigata “Sassari”) e si attiva immediatamente la Task Force 45 (le SF GIS e GOI).
Viene pianificata una azione diretta con vie di accesso multiple e in contemporanea da porte, finestre e tetto.
Deve essere una azione rapida e risolutiva.
L’azione viene eseguita perfettamente, tutti i terroristi sono eliminati, uno di essi attiva la cintura esplosiva provocando il ferimento di un GIS, il M.llo Masala.
Tutti gli ostaggi sono liberati, incolumi.
Medaglia d’Oro al Valore dell’Arma dei Carabinieri al Mar.A.s.UPS Lorenzo Masala e Medaglia d’Argento al Valore dell’Arma dei Carabinieri al Magg. Walter Calvi, al Brig. Nicola Guzzo e al V. Brig. Massimiliano Temperini: “Militari effettivi alla 2^ Brigata Mobile, evidenziando altissimo senso del dovere, spiccata professionalità e singolare perizia, partecipavano a delicata e pericolosa operazione per la liberazione di ostaggi in territorio afghano. Fatti segno a proditoria e violenta azione di fuoco, nel corso della quale rimaneva gravemente ferito il Mar.A.s.UPS Lorenzo Masala investito dall’esplosione di una bomba a mano, non esitavano a rispondere con una controffensiva che si concludeva con la liberazione di 31 ostaggi. Chiaro esempio di elette virtù militari e altissimo senso del dovere”. Herat (Afghanistan), 3 novembre 2011;
Qui c’è materiale per un film, libri, celebrazioni, ricorrenze. Tutto invece scivola via, quasi con imbarazzo viene nascosto sotto il tappeto delle cerimonie ufficiali dai toni ampollosi. Il low profile ci ha ampiamente dimostrato essere una solenne presa in giro. Gli eroi sono scomodi? Meglio se morti, medaglie alla memoria. Meglio se non hanno ucciso nessuno ma si sono immolati. Meglio se gente comune, uomini qualunque. Costano poco, non chiedono nulla.
I professionisti invece pretendono in termini oggettivi. Ma servono. E allora teniamoli così, nell’ombra, quasi fosse una necessità e non debbano essere emulati. Quando i professionisti diventano eroi, li troviamo sulla Gazzetta Ufficiale, e basta così, sono medaglie silenziose.
In Italia nessuno saprà nulla o poco.
Gli ostaggi tutti in salvo.
Gli Ambasciatori di India e Pakistan ringrazieranno il Gen. Portolano per aver salvato i propri connazionali con quel blitz rapido , determinato e risolutivo.
Il Comando ISAF si complimenta per l’azione e per la gestione degli ostaggi (responsabilità del controllo, verifica e sicurezza degli stessi da parte del Col. Fabio ASSO).
Dall’Italia ……. nulla.
L’Italia non è pronta, gli italiani non devono sapere di altri italiani che combattono e uccidono e muoiono e tutti i giorni nelle strade del nostro paese e nei deserti e sulle montagne in terre lontane tengono un po’ più lontane barbarie e odio e morte dalle nostre case, tutelano la nostra libertà ed il nostro benessere.
A volte questi dati non sono nemmeno facili da trovare, meglio cercare in inglese su altri motori di ricerca. Tutto molto low profile. Si sì. (Tratto da https://www.facebook.com/tacticalife/?tn-str=k%2AF&hc_location=group_dialog)
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lamilanomagazine · 7 months
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Buon compleanno “Drive In!”: lo storico varietà compie 40 anni
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Buon compleanno “Drive In!”: lo storico varietà compie 40 anni. Oggi, mercoledì 4 ottobre 2023, ricorre il 40° anniversario della prima puntata di Drive In, lo storico varietà di Antonio Ricci, simbolo degli anni Ottanta. Andato in onda su Italia 1 dal 1983 al 1988, Drive In era una caricatura delle abitudini degli italiani e della società dell'epoca, un programma comico e satirico che ha irriso e messo alla berlina protagonisti, mode e personaggi di quegli anni. Una parodia dell'Italia del riflusso, dell'edonismo reaganiano e della Milano da bere. Federico Fellini, Umberto Eco, Giovanni Raboni, Beniamino Placido, Oreste Del Buono, Omar Calabrese, Luciano Salce, Lietta Tornabuoni, Maurizio Cucchi, Angelo Guglielmi e tanti intellettuali e artisti dell'epoca definirono Drive In «la trasmissione di satira più libera che si sia vista e sentita per ora in tv» e «l'unico programma per cui vale la pena avere la tv». Drive In è stato descritto da Antonio Ricci come «una macedonia di generi, una via di mezzo tra sit-com, varietà, effetti speciali, satira politica, parodie, gag, barzellette, tormentoni». Trasmissione divenuta un cult della televisione, ha lanciato alcuni dei comici italiani oggi tra i più celebri. Tra i personaggi mitici, il bocconiano rampante Sergio Vastano, il paninaro sfigato Enzo Braschi, il vigilante Vito Catozzo di Giorgio Faletti e la top model pentita Antonia Dell'Atte. Senza dimenticare i monologhi di Gianfranco D'Angelo e la satira pungente di Ezio Greggio, Enrico Beruschi e della moglie dell'onorevole Coccovace (Caterina Sylos Labini), le comiche di Benny Hill e le curve pop delle Ragazze (parlanti) Fast-Food. E ancora, le parodie dei film campioni d'incasso e dei telefilm (Bold Trek con la coppia Boldi-Teocoli). Ancora vivissimi i tormentoni lanciati dallo show: da "Troppo giusto!" ad "A me, me pare 'na strunzata", "È chiaro 'stu fatto", "Has Fidanken" e "Teomondo Scrofalo". Nella foto gli autori storici del Drive In: Antonio Ricci, Lorenzo Beccati, Max Greggio, Gennaro Ventimiglia, Michele Mozzati, Gino Vignali, Giorgio Gherarducci e Marco Santin.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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kritere · 7 months
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Di Lorenzo prende Osimhen sotto braccio, parla da capitano: mette le cose a posto in due parole
DIRETTA TV Lo streaming in diretta di questo programma sarà visibile su KRITERE.COM Kritere.com è il servizio gratuito che permette di guardare anche all’estero tutti i canali TV italiani, film on demande e eventi sportivi. 24 Settembre 2023 Le parole del leader della squadra sono un messaggio molto chiaro rivolto a tutti. Di Lorenzo lo ribadisce nelle interviste in tv: “Ne parleremo tra di…
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Napoli, Di Lorenzo lancia la sfida scudetto: "Ce lo giocheremo, non siamo stanchi di vincere"
Capitan Giovanni Di Lorenzo, difensore del Napoli, ha parlato al Corriere dello Sport della lotta scudetto: "Penso che sia chiaro che non siamo stanchi di vincere.source
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justmythings-stuff · 10 months
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Ancora non mi è chiaro quella nella storia di Lorenzo accanto ad Adriana chi è
Amica di Lucia. Sembra quella del post del compleanno
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micro961 · 10 months
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Gianluigi Tartaull - Il singolo “Dimmelo”
Dal 24 giugno il nuovo singolo del cantautore sui principali stores digitali e nelle radio
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Esce “Dimmelo”, nuovo singolo del cantautore Gianluigi Tartaull, sui principali stores digitali e dal 24 giugno nelle radio in promozione nazionale. Con la collaborazione di Mauro Squarzoni nel testo e con la musica del compositore Lorenzo Sebastianelli, “Dimmelo” entra di diritto nel mondo di un cantautorato elegante e sognante, con riferimenti ai grandi del passato, storia italiana invidiata ed elogiata in tutto il mondo, pur mantenendo una forte personalità. Inconfondibile la voce dell’artista che veste in maniera impeccabile melodie e arrangiamento.
“Dimmelo” è un viaggio nel tempo dove l'amore è "giocare", con tutte le sue stagioni, problemi e fantasie. L'ironia diventa protagonista per poter risolvere i soliti problemi di coppia, amanti e altre situazioni complicate. Una semplice atmosfera con sonorità jazz ambientata negli anni 50, dove tutto era più diretto chiaro e autentico.
 Storia dell’artista
 Gianluigi Tartaull è nato il 16 novembre 1948, ed è cantautore, musicista e fondatore del gruppo musicale "Bandeandrè" dedicato al grande Fabrizio De André. Centinaia di concerti alle spalle, tutta la vita dell’artista, ed ancor oggi, respira musica a pieni polmoni. Un raro esempio da seguire per le presenti e future generazioni e per chi volesse intraprendere un percorso artistico tra pubblicazioni e palco, tra composizione e autentica passione.
Singoli pubblicati: “Golconda”, “La virgola è un pensiero”, “Alieno”, “La mattina della festa”, “Il cielo è di tutti”. Album (vinile): “Cuba attraverso Guillen”.
 YouTube: https://youtu.be/GjIMIBwfirE
Instagram: https://www.instagram.com/gianluigitartaull/
Facebook: https://www.facebook.com/gianluigi.tartaull
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