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#domenico salvati
unwinthehart · 3 months
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omarfor-orchestra · 8 months
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Cioè si stanno attaccando tra di loro ma in che mondo viviamo
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umbriasud · 1 year
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A Narni celebrato il sessantesimo anniversario del Panathlon Terni
E’ stato celebrato a Narni il 60esimo anniversario del Panathlon Terni. Tanti gli ospiti presenti al teatro Manini. Il presidente del Panathlon international Pierre Zappelli, il presidente del Distretto Italia Giorgio Costa, la governatrice dell’Area 10 Umbria Rita Custodi, il presidente del Coni regionale Domenico Ignozza, il sindaco di Terni Leonardo Latini e il vice sindaco Benedetta Salvati.…
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ilghila · 3 years
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Natale 2020: fra Covid, speranze, poesia
Natale 2020: fra Covid, speranze, poesia
la poetessa Ada Negri Come ebbe a dire il Vescovo di Rieti Domenico Pompili, nella sua omelia di domenica 20 dicembre 2020, “anche quest’anno in molti vogliono in qualche modo salvare il Natale. In passato dalla smania consumistica, quest’anno dalle restrizioni del Covid. Bisognerebbe piuttosto augurarsi, come sempre, di essere noi salvati dal Natale”. Come tutte le provocazioni, dicono molto,…
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Appello ai Parlamentari dell’ARS
Gentile Onorevole **Cognome**,
**Nome**,
con questa lettera di Natale vogliamo augurarti pace. E salvezza.
Pace, nonostante i 14.753 esseri umani annegati in mare negli ultimi 5 anni nel Canale di Sicilia.
E salvezza attraverso questo piccolo brandello di coperta termica, frammento di un’opera d’arte che ne racconta i sogni.
Salvati **Nome**.
Come essere umano. Come rappresentante eletto di un popolo.
In gioco c’è la dignità. La tua. La nostra. La dignità di un’intera generazione che non può voltare le spalle a chi cerca un futuro migliore.
Denuncia ciò che accade ogni giorno nel Mediterraneo centrale e in Libia.
Lotta, tu che più di chiunque altro ne hai il dovere, perché nel mare che ci rappresenta vengano rispettate le convenzioni internazionali e perché il nostro Parlamento si schieri apertamente in difesa di tutti i diritti umani, perché nessuno di noi può scegliere dove nascere, ma ognuno di noi ha diritto ad una vita migliore.
Aiuta chi sulla nostra terra ha trovato salvezza e chi ha ancora bisogno di essere salvato.
Sostieni le attività di Mediterranea. Esponiti pubblicamente. Testimonia il tuo sostegno mostrando in Assemblea il tuo brandello di coperta termica e condividi il tuo impegno con l’hashtag #InMyName #SavingHumans
Salvaci, **Nome**. Salvati **Nome** -------------------------------------------------------------------------------------------
Firmatari.
Valentina Pulvirenti (Palazzo Cafìsi), Salvatore Di Dio (PUSH), Domenico Schillaci (PUSH), Alessia Torre (PUSH), Hanna Rasper (PUSH), Giulia Sala (PUSH), Francesco Massa (PUSH), Giuseppe Spataro (PUSH), Roberto Filippi (PUSH), Mauro Filippi (PUSH), Angelo Sanfilippo (PUSH), Pasquale Sacco (PUSH), Andrea Bartoli (FARM), Florinda Saieva (FARM), Claudio Arestivo (Moltivolti), Gioacchino Fazio (Unipa), Giuseppe Guerrera (Unipa), Ugo Brancato, Gaetano Cascino (Studio Ga_Shino), Lucia Pierro, Chiara Bambina, Valentina Marchione (Parco Uditore Palermo), Giulia Bernardi, Natale Giordano (Snapshots from the borders), Rosalba Lo Buglio, Claudio Cugliandro, Manuela Valenti, Carmen Pirrone, Giulia Di Carlo, Massimo Pastore, Isabella Gelardi, Valentina Chinnici (Comune di Palermo), Francesco Bertolino (Comune di Palermo), Roberta Pizzullo, Gaia Di Giovanni, Sara Iacona, Russo Giuseppe, Renzo Lecardane, Elena Ciprietti, Davy Deglave
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megachirottera · 2 years
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#apartheid ‹apàrtheit; all’ital., apartàid› s. f., afrikaans [comp. dell’ingl. apart «separato, appartato» (che è dal fr. à part «a parte») e del suff. oland. -heid indicante stato, condizione]. – Segregazione razziale. In partic., nella Repubblica Sudafricana, la politica (ora formalmente abolita) messa in atto dal governo dopo il 1948 nei confronti dei cittadini di colore, caratterizzata da una serie di leggi che regolavano la separazione sociale, residenziale, economica e politica tra il gruppo bianco e quello di colore, con il fine ultimo del mantenimento della supremazia bianca e dello sviluppo di comunità separate relativamente autonome, controllate dal governo sudafricano. Il termine è stato anche usato per indicare la politica della Rhodesia nei confronti della popolazione di colore, dopo la proclamazione d’indipendenza del 1965. Per estens., qualsiasi tipo di emarginazione attuato nei confronti di persone o gruppi considerati diversi o inferiori. ______________________ #dink s. m. e f. Acronimo dell’espressione ingl. Double income, no kids; doppio stipendio, senza figli. ◆ Si profila una nuova spaccatura, una sorta di Apartheid tra inclusi ed esclusi dallo Stato sociale. Quelli che in America chiamano i dink (double income, no kids), coppie sposate con due stipendi e senza figli, hanno la mutua, la pensione con tutti gli annessi e connessi. Per contro le famiglie dei sans papiers o degli chômeurs a vita, che in questi giorni fanno tremare [Lionel] Jospin, restano fuori dal raggio d’azione del Welfare. (Riccardo Chiaberge, Corriere della sera, 31 gennaio 1998, p. 31) • Precari, mammoni e un po’ problematici. I giovani milanesi sono una categoria a rischio, una razza in via d’estinzione. Lo dice l’annuale Rapporto sulla città della Fondazione Ambrosianeum curata dal sociologo dell’università cattolica Eugenio Zucchetti. […] Nel rapporto sono spiegate le cause del «rovesciamento della piramide generazionale», nato dal calo demografico che finora aveva spopolato asili ed elementari. Le coppie «dink» (double income, no kids, doppio stipendio, niente figli) secondo il neologismo americano, crescono perché le donne lavorano di più e non si accontentano di fare le mamme, perché gli uomini ci mettono più tempo a entrare nel mercato del lavoro e a costruirsi una posizione, perché le famiglie non trovano casa e quando decidono di fare un mutuo per acquistarla, comunque ne scelgono una piccola per non restare indebitati tutta la vita. (Zita Dazzi, Repubblica, 5 luglio 2006, Milano, p. II). Già attestato nella Stampa del 6 febbraio 1992, p. 27, Economia (Valeria Sacchi). ______________________ #controsocietà (contro-società), s. f. inv. Modello di società che si contrappone a quello dominante. ◆ I kosovari hanno scelto. Sottomessi a un regime di apartheid, hanno inventato una contro-società: la loro resistenza non violenta guidata da Ibrahim Rugova li ha salvati dalla disgregazione. (Messaggero, 7 febbraio 1999, p. 3, Primo Piano) • Al loro insegnamento si richiamano dunque i talebani […] che vennero educati nella scuole religiose pakistane, dove svilupparono appunto una idea di controsocietà religiosa. (Manifesto, 2 ottobre 2001, p. 6, Apocalisse) • Eccoli i comunardi notturni delle banlieue, gli adolescenti incanagliti delle molotov: è la generazione perduta e insultata da [Nicolas] Sarkozy, la immalvagita controsocietà under 20 di una Francia dove la sinistra fa finta di non vedere e la destra brandisce un’ideologia della impotenza mascherata da attività. (Domenico Quirico, Stampa, 7 novembre 2005, p. 3, Estero). Derivato dal s. f. inv. società con l’aggiunta del prefisso contro-. Già attestato nella Repubblica del 7 ottobre 1992, p. 1, Prima pagina (Italo Calvino). ______________________ #ipernazionalismo (iper-nazionalismo), s. m. Concezione nazionalistica esasperata. ◆ È infondata anche l’ipotesi di un tentativo di golpe? «Non saprei, è impossibile predirlo. Sono convinto che il Paese non lo accetterebbe, nel 2000 i serbi votarono contro la dittatura e
l’iper-nazionalismo alla Milosevic sta scomparendo. Ma non so quale sia la posizione delle forze armate» [Wesley Clark intervistato da Ennio Caretto]. (Corriere della sera, 1° aprile 2001, p. 6, In primo piano) • la Danone sta per diventare un’altra di quelle eccezioni culturali che in Francia sono protette per legge, come la lingua, come le poesie di [Charles] Baudelaire, come le canzoni, i film. Purtroppo la vicenda non è tutta da ridere, e questo non è il solito ipernazionalismo francese che bene conosciamo perché viene da lontano. (Francesco Merlo, Repubblica, 21 luglio 2005, p. 1, Prima pagina) • Almeno centomila serbi che vivono, in una condizione d’assedio psicologico, nelle enclavi del Kosovo, e che già pensano ad una secessione nella secessione, saranno formalmente posti sotto un nuovo padrone che un tempo, da servo in apartheid, nemmeno poteva percorrere tutti i marciapiedi di Pristina. Belgrado, che con il suo ipernazionalismo trasversale aveva inseguito negli anni Novanta il sogno, poi frantumatosi, della grande Serbia, sta per perdere una provincia che definiva «inalienabile». (Vittorio Dell’Uva, Mattino, 8 dicembre 2007, p. 13, Mondo). Derivato dal s. m. nazionalismo con l’aggiunta del prefisso iper-. Già attestato nella Repubblica del 26 luglio 1984, p. 16 (Ugo Volli). ______________________ #segregazióne s. f. [dal lat. tardo segregatio -onis, der. di segregare (v. segregare); il sign. 1 b è un calco semantico dell’ingl. segregation; i sign. del n. 2 sono ricalcati sul fr. ségréger «separare una parte dalla massa, dal tutto»]. – 1. a. L’atto, il fatto di segregare, di essere segregato, o di segregarsi: s. di malati contagiosi (in medicina, oggi si preferiscono i termini isolamento, contumacia e sim.); vive da anni in s. volontaria nella sua isoletta nativa. In partic., s. cellulare, aggravamento nella esecuzione di una pena detentiva, consistente in un particolare isolamento, con speciali misure restrittive e afflittive, del detenuto nella cella. b. S. razziale, separazione delle razze, soprattutto come sistema applicato da governi razzisti in alcune nazioni a popolazione mista, per tenere separato l’elemento di colore da quello bianco (nei quartieri d’abitazione, in luoghi di ritrovo, in esercizî e servizî pubblici), operando forti discriminazioni dell’uno in favore dell’altro sul piano dei diritti politici e civili (accesso a professioni e cariche pubbliche, alla frequenza di scuole, ecc.); la locuz. equivale all’afrikaans apartheid (v.), istituto formalmente abolito in Sud Africa nel 1991 e sostituito da una completa parità politica tra bianchi e neri, sancita dal voto a suffragio universale (1994). c. In antropologia culturale, s. iniziatica, il periodo in cui i giovani – ragazzi e ragazze – prima di essere riconosciuti socialmente adulti, vengono segregati per un periodo più o meno lungo (giorni, mesi o anche qualche anno) durante il quale sono sottoposti a severa disciplina per l’apprendimento della cultura tradizionale e delle norme di comportamento, periodo culminante nel rito di passaggio (v. passaggio, n. 4 a) che comprende una prova fisica dolorosa, normalmente la circoncisione per i ragazzi, la clitoridectomia per le ragazze, da affrontare con stoicismo per testimoniare alla comunità la capacità «adulta» di sostenere il dolore e di superare le difficoltà della vita; presso gli Indiani dell’America Settentr. consisteva in un periodo di isolamento individuale in cui il giovane con il digiuno e la mortificazione imparava ad ottenere la «visione», ossia il contatto con uno spirito che avrebbe poi continuato a consultare, sempre con lo stesso metodo di isolamento e di mortificazione, durante il resto della vita. 2. Con sign. più generico, separazione, che si specifica ulteriormente con accezioni proprie in alcune discipline: a. In genetica, legge della s., una delle leggi di Mendel (v. mendeliano) secondo cui, durante la gametogenesi di un organismo sessuato, ogni coppia di cromosomi omologhi (con i relativi geni e alleli) si separa in
modo tale che, al termine del processo, in ogni gamete sia presente solo un membro della coppia; s. del carattere, la modalità secondo cui un carattere viene trasmesso, nelle generazioni, in base alla suddetta legge. b. In petrografia, s. magmatica, processo per cui, durante la consolidazione di un magma fuso, taluni minerali, spec. metallici, si concentrano, cristallizzandosi per primi, in determinate parti della roccia costituendo giacimenti minerarî (giacimenti di s. magmatica) talora utili. S. (o differenziazione) metamorfica, processo per cui, da una massa di composizione omogenea, si scindono porzioni di composizione diversa che, sommate assieme, danno ancora la composizione di partenza, mentre la roccia assume un aspetto laminato, venato o macchiettato. c. In metallurgia, fenomeno (detto anche liquazione) che può aversi nella solidificazione di leghe metalliche: consiste nell’infiltrazione, tra i cristalli del metallo che solidifica per primo, di liquido avente minor temperatura di fusione, presente in eccesso e che, imprigionato nella corteccia metallica, rimane (per effetto di variazioni di volume o altre ragioni) sottoposto a pressione. S. negativa (o inversa), il fenomeno dell’accumulazione di metallo quasi puro nella parte bassa centrale di un lingotto, dovuto alla precipitazione di piccoli cristalli che, solidificati per primi, vi si radunano a causa del peso specifico più elevato di quello del liquido originario. ______________________ #abortismo s. m. Posizione propria di chi sostiene la liceità dell’aborto. ◆ Ma come si fa a ingoiare un cocktail con dentro tutto e il contrario di tutto? Difesa della vita e abortismo sfrenato, attenzione alla famiglia e legalizzazione di ogni sorta di convivenza, droga di Stato e lotta al dilagare di sostanze stupefacenti tra i giovani, mercato senza regole e solidarietà, assistenzialismo sciupone ed efficienza, ipergarantismo degli occupati e promesse di lavoro per chi non ce l’ha e non lo trova, tanto per indicare le contraddizioni più vistose. (Leonardo Zega, Stampa, 23 febbraio 2000, p. 1, Prima pagina) • Strano, o forse mica tanto, che nella sede di Sociologia, mentre il sabato va a imbrunire, compaiano volantini di contestazione: «Fuori dall’aula 20 della Facoltà di sociologia vengono esposti testi inneggianti al neonazismo, all’antiabortismo» (sic! - sapevate che l’«abortismo» era un’ideologia?) «e all’antisemitismo». (Paolo Ghezzi, Adige, 8 febbraio 2004, p. 1, Prima pagina) • Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in occasione della presentazione del volume su «Famiglia e procreazione umana» che si è tenuta ieri all’Università Urbaniana […] paragona l’abortismo all’apartheid, celebra la relazione fra «democrazia e diritto alla vita», citando gli scritti di Alexis de Tocqueville. L’aborto è peggio della pena di morte, perché la vittima del primo è «innocente», la sua pena capitale è bianca, legalizzata, resa indifferente. (Foglio, 16 gennaio 2008, p. 1, Prima pagina). Derivato dal s. m. aborto con l’aggiunta del suffisso -ismo. Già attestato nella Repubblica del 4 luglio 1989, p. 3 (Orazio La Rocca). ______________________ #razzismo s. m. [der. di razza, sull’esempio del fr. racisme]. – Ideologia, teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente «superiori», destinate al comando, e di altre «inferiori», destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la «purezza» e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore: il r. nazista, la dottrina e la prassi della superiorità razziale ariana e in partic. germanica, elaborata in funzione prevalentemente antisemita; il r. della Repubblica Sudafricana, basato sulla discriminazione razziale sancita a livello legislativo e istituzionale (v. apartheid); il r. statunitense, riguardo a gruppi etnici di colore, o anche a minoranze diverse dalla
maggioranza egemone. Più genericam., complesso di manifestazioni o atteggiamenti di intolleranza originati da profondi e radicati pregiudizî sociali ed espressi attraverso forme di disprezzo ed emarginazione nei confronti di individui o gruppi appartenenti a comunità etniche e culturali diverse, spesso ritenute inferiori: episodî di r. contro gli extracomunitarî.
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giancarlonicoli · 5 years
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12 feb 2019 15:12
CALABRESI, IL GIORNALISMO DEL CANE NON MANGIA CANE - BUTTAFUOCO: ''CHI NON HA PADRINATI È SOMMERSO. CI SI SALVA SOLO IN VIRTÙ DELLA RETE, QUELLA DELLE RELAZIONI, E SE NE AVRÀ UNA CONTROPROVA QUANDO MARIO CALABRESI, IL DIRETTORE USCENTE, PUR DOPO IL SUO COCENTE INCIAMPO, SI RITROVERÀ ACCOLTO, E NON CE NE SARÀ DA MERAVIGLIARSI, NELLA RAI DEI POPULISTI, A MEDIASET O ACCASATO IN VIA SOLFERINO, VA DA SÉ''
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Pietrangelo Buttafuoco per ''il Fatto Quotidiano''
Improvvisamente è accaduto come con l’invenzione del telaio: gli operai non sono serviti più e così – un’era fa, anche se sono passati pochi anni – è accaduto con l’informazione. I giornalisti, col web, sono superflui e anche quella loro signorile capacità professionale è stata ribaltata al grado zero: chi si guardò, si salvò. Salvato, per fare un esempio, è un Corrado Augias che nella sua squisita nicchia culturale prende molto-mila-assai e fischia euro l’anno dalla Rai.
Lavora beato con un bel conquibus anche per Repubblica, non ci si salva mai per sorteggio – per noblesse – e sommersi, invece, sono tantissimi altri. A cominciare dai precari squillanti di firma. Ce ne sono perfino nei giornaloni, prosciugati nel reddito, tutti sommersi nel mare grande di un mestiere senza più parte e nessuna arte se ai più giovani infine – malgrado la prima pagina tuoni contro il mercato nero e lo sfruttamento – prendano 20 euro lordi, al più, a pezzo. E magari – il contrappasso è in agguato – sono pezzi scritti per difendere lo stipendio di Augias.
Si salva chi già ben alloggia. Chi non ha padrinati, al contrario, è sommerso. È pur sempre il mestiere di Bel Amì, quello del giornalista, ci si salva in virtù dell’altra rete – quella delle relazioni – e se ne avrà una controprova quando Mario Calabresi, il direttore uscente del giornale fondato da Eugenio Scalfari, pur dopo il suo cocente inciampo, si ritroverà accolto, e non ce ne sarà da meravigliarsi, nella Rai dei populisti, a Mediaset o accasato in via Solferino, va da sé.
Chi si salvò, si salva per sempre. Ed è giornalismo. Durante un’intervista di Cesare Lanza a Urbano Cairo nel via vai di un caffè, a Milano, a un certo punto sbuca Giancarlo Aneri. Non era ancora finita la stagione di Calabresi a Repubblica e Aneri, il patron del più inarrivabile dei premi, “È giornalismo”, ha quasi un urto profetico.
Aneruccio schiva la bastonata dell’inviato de La Verità (“manco per sbaglio il premio va a un giornalista non dico di destra, ma di…”) si avvinghia all’editore del Corriere – assai silente – e gli intima “Dovresti assumere Calabresi al Corriere, sarebbe un magnifico editorialista!” e siccome due più due fa quattro, lo schema è già descritto: cane non mangia cane, prete non mangia prete…
Tutti salvati, madama la marchesa. Ed è sempre troppo in alto l’uva per i sommersi la cui consolazione, nel fallimento, è che l’uva loro negata sia agra, maledettamente agra. La Vita Agra, per dirla con Luciano Bianciardi. E improvvisamente è venuto questo tema del giornalismo perché è stato più facile togliere di mezzo politicamente i Renzi e i Berlusconi che cambiare musica là dove il vapore impartisce alfabeto unico dei giornaloni, dei Fabio Fazio e dell’industria culturale unica del pensiero unico e sempre uno.
“Perché i giornali stanno soffrendo” ha scritto Domenico De Masi giovedì scorso per il nostro giornale. I consumi di cultura sono crollati e c’è – sottolineava giustamente De Masi, in punto di analisi – “c’è un problema di testate che si somigliano tutte”.
Parole sante. Cui va ad aggiungersi l’equivoco sulla fatica intellettuale, quel leggere e scrivere – e creare – spacciato per un passatempo il cui tempo consumato è di valore zero.
Si assomigliano tutti i salvati, e così anche i sommersi. Uguali tutti alla volpe.
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italianaradio · 4 years
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Lo chef stellato Crescenzo Scotti ospite della rassegna “5 Senses Dinner”
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/lo-chef-stellato-crescenzo-scotti-ospite-della-rassegna-5-senses-dinner/
Lo chef stellato Crescenzo Scotti ospite della rassegna “5 Senses Dinner”
Lo chef stellato Crescenzo Scotti ospite della rassegna “5 Senses Dinner”
Nel pieno centro di Salerno, a pochi passi da “Luci d’Artista”, consueta manifestazione natalizia cittadina, torna il terzo appuntamento con la rassegna gastronomica “5 Senses Dinner” organizzata da Via Porto Bistrot, martedì 17 dicembre alle ore 20.30.
Dopo la partecipazione di Paolo Gramaglia, chef e patron del ristorante stella Michelin “President” di Pompei, e di Domenico Iavarone, chef due volte stellato prima al ristorante “Maxi” di Vico Equense e poi presso il “Josè Restaurant” di Torre del Greco, sarà ospite lo chef Crescenzo Scotti, del ristorante stella Michelin – anno 2014/2015 – Il Cappero del Terasia Resort di Vulcano.
Scotti, però, non è nuovo ai fornelli del Via Porto Bistrot. Il suo, infatti, sarà un felice ritorno che lo vedrà nuovamente a preparare deliziose pietanze congiuntamente con lo chef del locale, Gustavo Milione.
Il menu sarà perfetto per i palati più curiosi ed esigenti e punterà all’eccellenza in un mix di tradizione autoctona e di contemporaneità, come spiega chef Gustavo:
«Sono felice della prossima cena a quattro mani, con lo chef stellato Crescenzo Scotti, perché i punti di incontro delle cucine non sono solo legate all’agroalimentare, ma anche alle sue più antiche tradizioni con un’acuta attenzione alla storia recente. Il nostro obiettivo, infatti, sarà quello di puntare sulle autentiche ricchezze del nostro territorio. Sono sicuro che la cena di martedì sarà, per i nostri ospiti, un’emozione per gli occhi che si tradurrà nei sapori proposti a tavola».
Inoltre, per ogni portata in tavola verrà abbinato un vino di “Tenuta Scuotto”, azienda agricola irpina, che esalterà il gusto di ciascuna pietanza creando così un vero e proprio matrimonio armonico capace di bilanciare tutti i sapori.
«I vini della nostra tenuta sono sempre riusciti ad intercettare i gusti del pubblico e sono sicuro che sarà così anche con gli ospiti della cena stellata di martedì. Siamo così entusiasti di accompagnare i nostri vini ai piatti preparati dallo chef Gustavo Milione e lo chef Crescenzo Scotti che abbiamo deciso di fare una sorpresa a tutti i presenti con un vino di nostra produzione di annata prestigiosa». Spiega Adolfo Scuotto, owner dell’azienda.
Il Via Porto Bistrot, gestito dalla famiglia Salvati, si propone quindi ancora una volta come tappa fissa per chi ama la cucina d’eccellenza salernitana attraverso piatti che, senza rinnegare le antiche tradizioni culinarie, strizzano l’occhio all’attualità e all’innovazione in cui, grazie all’ambiente elegante ma allo stesso tempo accogliente, accarezzano le papille gustative di tutti i commensali alterandone i cinque sensi: vista, tatto, udito, gusto e olfatto.
Nel pieno centro di Salerno, a pochi passi da “Luci d’Artista”, consueta manifestazione natalizia cittadina, torna il terzo appuntamento con la rassegna gastronomica “5 Senses Dinner” organizzata da Via Porto Bistrot, martedì 17 dicembre alle ore 20.30. Dopo la partecipazione di Paolo Gramaglia, che…
Marina Illiano
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tmnotizie · 5 years
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FANO -Domani, lunedì 24 giugno apre i battenti a Fano la VII edizione di Passaggi Festival,  la più grande manifestazione dedicata ai libri dell’estate italiana.
Dal pomeriggio a sera, incontri librari ed eventi collaterali animeranno piazze, monumenti, cortili e spiagge. Tanti autori di saggi ma anche poeti, romanzieri, disegnatori e vignettisti insieme a giornalisti e personalità della cultura e della politica chiamati a confrontarsi su come è e come diventerà il mondo che ci circonda partendo dal tema “C’era una volta in Europa”.
Il primo giorno del festival è dedicato alle mostre  e al primo appuntamento della rassegna “Libri in Cortile”. In centro storico dalle 18.00 alle 19.30 si svolgerà il percorso inaugurale delle sei mostre in programma che partirà da piazza Sansovino e si concluderà alla Mediateca Montanari. Con la guida della curatrice Paola Gennari si toccheranno tutte le sedi espositive.
Cominciamo dall’ultima tappa del percorso, la MeMo dove troviamo illustrazioni e disegni del vignettista del Manifesto e dell’Espresso Mauro Biani, dedicate a Giulio Regeni, in una mostra dal titolo “Le nostre libertà”, evento frutto della collaborazione tra Passaggi, Fondazione Musica per Roma e “Libri Come, Festa del libro”.
La prima tappa del percorso inaugurale, sarà, invece la Galleria del Monte che ospita “Spartak, tra i sopravvissuti della città fantasma”, mostra fotografica che racconta per immagini la guerra civile ucraina attraverso gli scatti del fotoreporter Giorgio Bianchi. Da lì a Palazzo De Pili (Casarredo) per “Gioele”, un’altra mostra fotografica, quella di Cristina Pergolini, l’artista giovane emergente segnalata da Passaggi 2019.
Nel foyer del Teatro della Fortuna sono collocate due esposizioni, la prima è “Viale Europa” la collettiva di Centrale Fotografia, sempre presente al festival. La seconda è una pittorica di Guido Bianconi, il libraio artista che utilizza i libri salvati dalle macerie del terremoto emiliano del 2012. Di Giordano Perelli è invece la personale che ogni anno il festival dedica a un affermato artista di Fano, di cui si raccolgono incisioni ed altre opere nello Spazio Pagani di Palazzo Bracci sotto il titolo “La parola e l’immagine”.
È un evento ‘tutto in famiglia’ il primo incontro di questa VII edizione. Alle ore 21 a Palazzo De Pili (Casarredo), debutta la prima delle 10 rassegne librarie in programma, Libri in Cortile, con la presentazione del progetto editoriale “Passaggi in città”, la guida turistica di Fano, curata da Ippolita Bonci Del Bene e Giovanni Belfiori, che sarà pubblicata nei prossimi mesi e proporrà itinerari per scoprire luoghi e storie insoliti della città.
Durante l’incontro sarà possibile prenotare la guida, alla quale hanno collaborato Gianni Volpe, Alfredo Antonaros, Marco Ferri, Manuela Palmucci, Giorgio Tonelli, Ermanno Simoncelli, Carolina Iacucci, Domenico Alfano; le illustrazioni sono di Mauro Chiappa, le fotografie degli studenti del Liceo Apolloni.
Il programma completo su www.passaggifestival.it
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/05/25/copertino-il-conte-cosimo-pinelli-e-s-giuseppe/
Copertino: il conte Cosimo Pinelli e S. Giuseppe
di Armando Polito
Dei Pinelli ci si è occupati recentemente più di una volta1, come pure, più indietro nel tempo, del santo dei voli2, ma mai era capitato di presentarli insieme come qui. Le testimonianze che seguono sono tratte da testi agiografici, da accettare, perciò, senza offesa per chi ci crede ad occhi chiusi, con beneficio d’inventario.
6. S. Lillo (attr.), San Giuseppe da Copertino guarisce dalla follia il cavalier Baldassarre Rossi. Copertino, Santuario di San Giuseppe da Copertino (ph. S. Tanisi)
Domenico Bernino, Vita del venetabile Padre Fr. Giuseppe da Copertino, Recurti, Venezia, 1726, pp. 31-32:
Dall’Agneletta, e della Passera passiamo al Lepre, per quindi faer ritorno alle Pecorelle, altre risuscitate, altre rese loquaci: bestiole tutte innocenti, e semplici, in cui Dio volle glorificare la Santa semplicità del nostro innocente, e Venerabile fra Giuseppe. Incontrossi una volta il servodi Dio presso l’Oliveto della Grottella in due Lepri, a’ quali egli disse: – Non vi partite da qua intorno alla Chiesa della Madonna perché vi sono molti Cacciatori, che vi vanno appresso -. Ubbidienti al comando non si dipartirono mai da quei contorni gli ossequiosi Animaletti; ma non ostante la loro ubbidienza, pur incontraron travagli, se alli travagli non fosse accorsa la manio miracolosa del Servo di Dio. Und’essi perseguitato da’ Cacciatori nell’atto stesso della sua innocente pastura, molte strade prese per salvarsi da’ Cani, che anelanti lo raggirarono or qua, or là per farne preda. Ma il Lepre rinvenuta finalmente la Strada, e la porta della Chiesa,entrò, passò in Convento, come in suo Asilo, con un salto, e nelle braccia si ripose di Fra Giuseppe. – Non te l’ho detto io – disse allora al Lepre Fra Giuseppe – che non ti allarghi da vicino alla Chiesa, perché li Cani ti stracciariano la pelle? -. Ed in così dire accarezzavalo con la palma della mano, e promettevagli sicurezza da ogni insulto. In questo atto sopravenendo baldanzosi li Cacciatori, rischiesero al Servo di Dio, come preda a loro dovuta, quel Lepre, allegando pompa di fatiche, sudori di fronte, e lassa de’ cani. Ma il Servo di Dio rispose loro con serietà di volto, e di parola: – Questo Lepre sta sotto la protezione della Madonn. Abbiate pazienza,perché non tocca a voi, e portatigli rispetto -. Così egli. Li Cacciatori, perduta l’audacia, confusi, e cheti quindi si dipartirono, e Fra Giuseppe,benedetto il Lepre, ordinogli,che sicuro ritornasse alla sua pastura. Né il Compagno fu men fortunato del primo. Conciosiacosache perseguitato anch’egli da’ cani, che gli diedero la fuga in quel poco tratto di prato, che giace tra la Chiesa della Grottella, e la Cappelletta di Santa Barbara sotto la Tonaca ricovrossi di Fra Giuseppe, che a caso allora quindi passava di ritorno dalla Cappelletta al suo Convento. D. Cosimo Pinelli Marchese, e Padrone di copertinoera il Cacciatore, e visto quivi nel prato Fra Giuseppe, richiese a lui se veduto avesse il Lepre. – Eccolo qui sotto la mia Tonica – rispose ilServo di Dio, ed in così dire preselo nelle sue mani, e nelle sue braccia steselo, ed accarezzandolo disse: – Questo Lepre è mio, Signor Marchese, non gli dar fastidio e non venir più a cacciar qua, acciò più non lo facci spaventare -. E quindi dalle sue braccia ripostolo adagiatamente interra, – Và – disse al Lepre – e salvati in quel cespuglio  (ed additogli il cespuglio) e non ti muovere -. Il Lepre ubbidì. Il Marchese, e li Cacciatori stupirono, e lo stupore inessi a maraviglia si accrebbe allor, che viddero i Cani fissar gli occhi nel Lepre, tremar di membra, sibilar di fiato, e come fischiar di narici, ma nulla moversi di passo.     
Giuseppe Ignazio Montanari, Vita e miracoli di S. Giuseppe da Copertino,  Pasccasassi, Fermo, 1851,      pp. 345-346
Aveva predetto il Servo di Dio a Don Cosma Pinelli marchese di Galatone,e Signore di Copertino, come eli perderebbe la vista degli occhi, se non correggesse un po’ la sua vita; e la predizione si fu a non molto avverata. Infatto gli sopravvenne una tale flussione agli occhi, che glieli empiè d’umori, i quali viziandosi, e degenerando in maligni, gli tolsero al tutto il vedere. Della qual cosa se fosse dolente non è a dire, ma non minore era l’afflizione in che stava tutta la famiglia. Ora mentre non riceveva più ristoro da rimedi umani, e i medici non sapevano più che si fare, si ricordò della predizione di Frate Giuseppe, e, fattolo a sè venire, il pregò gl’intercedesse grazia dal Signore, assicurandolo che in quanto alla vita si muterebbe. Allora il Beato: – E non te l’aveva detto che verresti a questo termine? ora statti contrnto che non è niente -. E toccandogli leggermente gli occhi,quegli umori ad un tratto si dileguarono, e mentre prima non gli restava neppure una scintilla di luce, e gli occhi gli erano suggellati dalla cispa marciosa, di subito li ebbe aperti, e affissandoli, trovò che perfettamente e forse meglio di prima vedeva e discerneva da lungi e da vicino tutte le cose, come se mai non si fosse risentito degli occhi.
Si precisa che il signore in questione era Cosiimo Pinelli, 4° duca di Acerenza, 6° marchese di Galatone, 7° conte di Copertino. Morì nel 1685.
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1 http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/04/26/galeazzo-pinelli-il-marchese-fatuo-di-galatone-nella-celebrazione-di-giuseppe-domenichi-fapane-di-copertino/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/05/03/i-pinelli-marchesi-di-galatone-nella-celebrazione-del-dalessandro-1574-1649/
2 http://www.fondazioneterradotranto.it/2018/03/05/giuseppe-bono-diso-s-giuseppe-copertino/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/09/17/san-giuseppe-copertino-due-incisioni/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/09/19/san-giuseppe-copertino-alcune-tavole-un-certificato-autenticazione-sua-reliquia-preghiera-anche-ne-approfitta/
  San Giuseppe da Copertino in due medaglie del XVIII secolo custodite nella Biblioteca reale del Belgio
San Giuseppe da Copertino (1/2): San Giuseppe e Dante
San Giuseppe da Copertino (2/2): due voli offensivi
http://www.fondazioneterradotranto.it/2014/08/12/copertino-se-non-ci-aiuta-san-giuseppe/
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Conoscere il mondo Rotary #learningtogether
Benvenuto nel blog del progetto formativo #learningtogether *
Questo blog nasce con lo scopo di condividere con frequenza bisettimanale input formativi con tutti i soci rotariani interessati e perché no..anche con coloro che vogliono semplicemente conoscere meglio il mondo Rotary. 
D’accordo con il Presidente Domenico Semplice, con il Presidente della Commissione Comunicazione del Club Federico Menna, e con il beneplacitum del Formatore Distrettuale di Area Ciro Senatore, abbiamo immaginato di utilizzare i social per dar vita ad un progetto formativo intitolato #Learningtogether “Apprendere insieme”.
Dal titolo del progetto emerge subito che il formatore non ha nessuna pretesa di insegnare alcunché agli altri soci (essendo invece motivato ad apprendere insieme con loro quanto più è possibile delle regole, principi e valori del mondo Rotary) e che il suo ruolo è solo quello di facilitare la conoscenza e l’aggiornamento costante dei soci.
Ed infatti, la formazione rotariana non riguarda solo i soci appena iscritti e non si limita a ricordare le regole di procedura del Rotary. La formazione rotariana parte, invece, dal presupposto che esiste una cultura rotariana basata sui valori e sui principi rotariani e l’intento della formazione è aggiornare i soci su quanto accade nel mondo Rotary e su come tali valori e principi vengono tradotti, ogni giorno, in progetti ed iniziative volte a migliorare le vite dei cittadini dell’area nella quale operano i club.
Nel contempo l’iniziativa consente anche a coloro che intendono approfondire la conoscenza del mondo rotary di capire meglio cosa facciamo e come lo facciamo.
Inoltre i post consisteranno in pillole di formazione che verranno condivise (sotto forma di tweet e/o di post) e dunque potranno essere commentati, salvati ed anche di nuovo condivisi con altre persone.
Ogni input sarà accompagnato dall’hashtag #learningtogether 
Questo blog raccoglierà tutti i post pubblicati i commenti e le reazioni dei lettori.
Sperando che l’iniziativa possa essere di concreta utilità per tutti i soci rotariani...e non solo, auguro a tutti i lettori buon lavoro rotariano.
Sirio Giametta
* a cura di Sirio Giametta, Formatore del Club Rotary Afragola - Frattamaggiore sotto la supervisione del Presidente Domenico Semplice, con la collaborazione del Presidente della Commissione Comunicazione Federico Menna, sotto la Direzione del Formatore Distrettuale di Area Ciro Senatore
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jamariyanews · 7 years
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Libia, a Tripoli nella prigione dei migranti indesiderati
Domenico Quirico, 12 agosto 2017
Tripoli - Che fine fanno quelli che rimandiamo indietro, il popolo dei barconi che le motovedette libiche «salvano» prima che entrino nel nostro mare: quelli per cui inizia il vero viaggio, che è al di fuori di se stessi? I migranti che evaporano nel nostro limbo di disattenzione, che non sono per noi più migranti, un figliol prodigo senza la casa in cui ritornare? A quale destino li consegniamo, noi che abbiamo cessato di dare?
Per questo sono venuto in Libia, a cercare una risposta. Il mestiere che faccio non è discutere se una politica è efficace o no, è semplicemente raccontare quali sono le conseguenze della politica sugli esseri umani. Alla fine di tutto, ogni volta, c’è sempre una scelta morale. Poi deciderete, ma dovete sapere qual è il prezzo che fate pagare. Non potrete dire: ignoravo tutto, credevo, mi avevano detto. Vi racconterò allora dove ho incontrato i migranti salvati. Se non mi credete, è facile verificare. I centri libici per i clandestini, dunque. È lì che ho sentito l’odore dei poveri.
Sapete: non mi ha più lasciato il puzzo della miseria, si è attaccato ai vestiti, alla pelle, mi ha inseguito dopo che ne sono uscito. Ho gettato via i vestiti che indossavo, ed è rimasto lì, mi è entrato dentro. Mi insegue e mi perseguita. Cosa è l’odore dei poveri? È un misto di sudore sudiciume immondizia urina secrezioni catarri cibi guasti o di poco pregio vestiti usati e riusati senza lavarli; è il trasudare della paura e di una dolente pazienza di vivere. Forse il problema è che coloro che decidono il destino dei migranti l’odore dei poveri non lo hanno mai sentito, vengono, parlano con i ministri in belle sale refrigerate. I centri per l’immigrazione clandestina (che ironia in un Paese, la Libia, che per quaranta anni ha fatto svolgere tutti i lavori duri a milioni di clandestini schiavi) sono sigle e numeri. Sigle e numeri. Questi uomini e donne e ragazzi sono detenuti, prigionieri. Non possono uscire, non possono comunicare con le famiglie. Mi hanno chiesto: «Che reato ho commesso? Ho lavorato qui per anni, ho pagato dei libici per traversare il mare». Non ho saputo rispondere.
Tripoli scorre veloce, le cuspidi dei minareti si alternano ai relitti in cemento armato, che innalzano al cielo niente più che grandi segni grigi. In fondo ai vicoli, prigioniere tra case slabbrate di otto piani, montagne di immondizia che nessuno raccoglie. L’odore della strada con il suo catrame ribollente. A tratti, isolato, sale dal mare il richiamo di una sirena, lontana, solitaria e come soffocata. File silenziose fino a notte attendono, inutilmente, di poter prelevare piccole somme ai distributori delle banche. Non c’è denaro, se non per alcuni. Una grande macchina ferma.
Il centro è in una strada che i libici chiamano «la ferrovia» perché qui al tempo degli italiani passava il treno, la villa-palazzo di Balbo è a un passo. L’ho scelto apposta: credo sia una sorta di vetrina, il ministero dell’Interno la usa per mostrare i risultati dell’efficace caccia ai migranti. Ci portano i giornalisti e i controllori puntigliosi delle organizzazioni umanitarie del Nord Europa, principali donatori. Organizzano anche partite di calcetto tra i detenuti: «Se viene subito si gioca Marocco contro Kenya». In realtà erano migranti della Costa d’Avorio, ma, si sa, son tutti «negri» al di sotto del Sahara.
Dentro sono in 1400 (lo spazio è per 400 persone), gli uomini da una parte le donne dall’altra, si parlano urlando attraverso le sbarre. In nove mesi 3149 rimpatriati a spese delle Nazioni Unite, 244 «a spese loro», 71 hanno ottenuto il diritto di asilo, 6715 sono stati distribuiti in altri centri.
«Abbiamo perso tutto»
La prima cosa che incontri è, gettato in un angolo, il mucchio degli stracci donati per rivestire i migranti. I guardiani frugano, mettono da parte le cose migliori, una camicia, giubbe militari. A fianco un vecchio camion frigorifero, sequestrato. Dentro hanno trovato dieci migranti morti durante la traversata del deserto, dal Sud. Poi c’è la gabbia, un cortile coperto da una tettoia metallica, a sinistra si aprono le porte di alcuni stanzoni, le celle. La prima impressione è quella di entrare in una serra umida e afosa, dal pavimento esala, insopportabile, un vapore caldo come il sudore dai pori di un animale. Non ci sono letti o brande, non ci sarebbe posto, solo stuoie sudice, lembi di plastica, pezzi di cartone. I corpi, la notte quando le porte di ferro sono chiuse da grossi lucchetti, si infilano l’uno accanto all’altro per poter restare sdraiati. Se cerchi di spostarti cammini su quella spazzatura umana. Centinaia di volti e di corpi seminudi per il calore si volgono verso di me, c’è come uno strano raccoglimento. Stivati l’uno accanto all’altro, stesi o seduti, i migranti: corrosi, stremati, spolpati, distorti, bolsi. Vedo braccia riverse, gambe abbandonate, non nel modo di chi riposa o dorme ma di chi stramazza a terra in seguito a una bastonatura, esanime. E visi, visi neri e chiari quasi tutti di giovani, su cui sono dipinte tutte le sfumature della estenuazione.
Non sono ancora entrato e già mi chiudono in mezzo, dolcemente, come una mano. Ascolto voci, stordito dal caldo e dall’odore che azzanna, non sono parole, discorsi singoli, è un mormorio che sale dalla terra. Non sono uomini a parlare, è la disperazione, l’assenza di speranza. «Ci hanno portato via tutto, i poliziotti libici. Denaro, telefonini, vestiti. Non possiamo dire alle nostre famiglie dove siamo, che siamo ancora vivi». I guardiani assicurano che tutto è custodito con cura e sarà restituito al momento dell’espulsione.
Il sogno dell’Europa
Qualcuno avanza, spinto dagli altri che fanno largo, a mostrare le piaghe: c’è un giovane che ha gambe e braccia come scorticate dalla carta vetro: la benzina, la benzina sulla nave. Un altro più maturo mostra la spalla: fuori posto, staccata dal corpo. A quelli rosi dalla febbre i compagni hanno lasciato gli spazi lungo i muri, perché possano appoggiare il busto alla parete. «Qui non ci bastonano più ma dove eravamo prima, nella prigione di Mitiga… Ah, lì come sapevano picchiare».
È il problema di sempre: raccontare. È possibile trasmettere la memoria strutturandola? Il tempo di luoghi come questo è comunicabile in un altro tempo, il nostro? Ci sono occasioni in cui le parole sembrano aver perso peso, sono sacchi vuoti. Rispetto dell’uomo, rispetto dell’uomo! Questa forse è l’unica pietra di paragone.
Un ragazzo marocchino è tra quelli che dovranno essere rimpatriati tra pochi giorni; sembra frantumi, le parole in sillabe con le mascelle. Mi spiega perché tutti ritorneranno in Libia a riprovare il viaggio, appena avranno raccolto di nuovo un po’ di denaro: «L’Europa dove vivi tu è la felicità, nei nostri Paesi viviamo per mangiare e non per avere un avvenire». Le nostre spiegazioni sulla migrazione: formule venute a finire qui come le vecchie auto arrugginite che solcano le strade di Tripoli. Soltanto un ragazzo della Guinea mi ha detto che non riproverà. È fradicio di stanchezza: «Basta, è inutile. Non ho famiglia, nessuno che mi attenda né in Guinea né in Europa. Raccontare perché rinuncio? Vengo da laggiù, sono qua, non ti basta?».
Quando esco dalla prigione ho le tasche piene di bigliettini, pezzi di cartone su cui hanno scritto numeri di telefono delle loro famiglie: «Chiama, chiama, ti prego. Tu che puoi, dì loro che sono qui, che vengano ad aiutarmi, a tirarmi fuori». Ho provato a comporre alcuni numeri: risposte in lingue che non conosco o silenzi che affondano nel sospetto o nella disperazione. Con qualche padre o fratello ho parlato: cerco di instaurare con loro uno scambio, un rapporto umano. Mi piacerebbe dire di non perder fiducia, che i figli e i fratelli stanno bene e, alla fine, ce la faranno. Ma le parole non hanno lo stesso senso per loro e per te, ti chiedi se hanno il minimo senso davanti a questa sofferenza immensa e anonima. Sei tu che perdi fiducia, sei tu che perdi coraggio.
La tragedia delle donne
Mi sposto nella zona riservata alle donne: la situazione sembra migliore ma l’aria è rovente, grava il fiato di un fortore acido. Anche qui non ci sono materassi, solo stracci e stuoie. Accanto scola in una palude l’acqua che esce dalle latrine. Sono giovani ma parlano della vita come vecchie. Ho capito perché quando i poliziotti hanno tirato fuori da una borsa alcuni oggetti sequestrati: amuleti, fogli di carta con maledizioni rituali, bottiglie di plastica che contengono sangue mestruale. La magia nera per legare le migranti prostitute. E un quaderno in cui sono segnate, meticolosamente, le prestazioni di lavoro: 15 marzo dieci clienti, 16 marzo diciannove. E i prezzi: cinquanta centesimi di dinaro. Un euro vale nove dinari.
Dalle finestre il sole disegna uno sbilenco rettangolo di luce sulla parete e illumina le scritte. I muri, i muri della sezione femminile parlano: minacce, invocazioni, amari pentimenti. La Nigeria è viva, vieni in Libia e vedrai, grande Paese grandi migranti. Sono quasi tutte nigeriane, molte incinte: due litigano per un pezzetto di legno che serve come spazzolino da denti, altre due si contendono una caramella.
Un neonato nudo giace abbandonato sul pavimento, le braccia allargate, dorme. Al centro della stanza una donna è seduta a terra, le gambe aperte come per puntellarsi, le passano accanto, la urtano, lei non si muove. Prega, sì prega: un canto monotono per ringraziare dio che non l’ha abbandonata. Il sudiciume del luogo non riesce a coprire il risplendente e duro metallo di quelle parole. Sì, la Parola è davvero senza fine.
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colospaola · 7 years
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Dopo mesi di chiusura temporanea e con lo spettro che potesse diventare definitiva, giovedì 3 agosto riapre ufficialmente la storica Villa Pallavicino di Stresa, vera e propria attrazione per famiglie e in particolare per i bambini.
Arrivando da Belgirate, la villa è posta proprio all’ingresso di Stresa, sul lungolago, sulla punta chiamata “Sabbione grosso”, che offre uno degli scenari più grandiosi del Lago Maggiore.
Costruita nel 1855 per volontà del filologo e politico Ruggero Bonghi, che dopo l’esilio imposto dal Regno borbonico, si stabilì per diverso tempo proprio a Stresa.
L’edificio principale vede un corpo tre piani con seminterrato e veranda in stile neoclassico.
In questa villa si sono scritte pagine importanti della cultura, della politica e del pensiero filosofico dell‘800, non solo italiano ma a livello internazionale.
Qui, infatti, s’incontravano Bonghi con l’amico Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini; ma diversi furono i personaggi che vi transitarono.
Nel 1857, Bonghi vendette il tutto al Duca di Vallombrosa, che ingrandì l’abitazione e acquistò i terreni circostanti, provvide a piantare diversi alberi e ampliò tutti i viali esistenti.
Nel 1862 il marchese genovese Ludovico Pallavicino di Genova acquistò la villa, iniziando a ristrutturare sia l’edificio che il parco, mettendo a dimora in una serra piante rare ed esotiche, tra cui le sequoie e il tulipifero, creando un parco all’inglese, conferendole l’attuale aspetto imponente.
Agli inizi del Novecento, il corpo della villa venne rivisto. Nel 1947, si apportarono ulteriori lavori di ristrutturazione su progetto dell’architetto Tommaso Buzzi.
Il parco, conta su castagni secolari, alberi dei tulipani, faggi rossi, aceri in molte varietà, rododendri, azalee, larici, querce, platani, oleandri, magnolie classiche e nella variante tupilifera oltre alle maestose sequoie.
La principale attrazione del parco è costituita dalla presenza di oltre molte specie di animali. Dal 1952, infatti, per volontà della marchesa Luisa Pallavicino, il parco è divenuto anche un giardino zoologico con animali provenienti da tutto il mondo tra mammiferi e uccelli esotici, ospitati in ampi spazi aperti. Nella zona detta Lombardia si trovano daini, lama, cervi-capra, pavoni e fagiani argentati, nell’Antica Cascina, suricati, zebre e canguri Bennet, mentre nell’area del laghetto, dimorano tartarughe, cigni, anatre e castori, per finire con gli ambienti naturali che ospitano pappagalli e buceri.
Dal 2006 il Parco della Villa è sede del Centro di Recupero della Fauna Selvatica, per la cura e il reinserimento in natura degli animali selvatici feriti o malati.
Villa Pallavicino richiama ogni anno quasi 60mila visitatori italiani e stranieri, ma nello scorso inverno è entrata in crisi, mettendo a repentaglio non solo un posto unico e storico, ma anche diversi posti di lavoro.
Negli ultimi mesi si è lavorato per trovare un accordo cui si è arrivati il 6 luglio scorso, con il passaggio di consegne nella gestione siglato con il principe Domenico Pallavicino che ha passato la mano alla Famiglia Borromeo, nella persona del Principe Vitaliano.
Così nelle ultime settimane è stata una corsa contro il tempo, per aprire durante la stagione turistica. E’ stato rimesso in funzione il bar, ma non ancora il ristorante: rendendo comunque disponibile l’area pic-nic. E’ stato risistemato il parco-giochi, al momento, però non è accessibile l’ingresso a monte da via Manzoni, al cui si arrivava con il trenino su gomma, servizio comunale.
Di assoluto livello le figure scelte dalla nuova gestione Borromeo per ridare nuovo lustro a Villa Pallavicini e al suo parco. Nello staff il medico veterinario Dott. Uberto Calligarich, come responsabile del benessere delle specie animali, attraverso progetti di recupero, conservazione e di miglioramento delle relative strutture. Per la parte naturalistica, Paolo Pejrone uno dei più noti architetti paesaggisti italiani e Gianfranco Giustina, già curatore dei giardini all’Isola Bella e all’Isola Madre da sempre proprietà dei Borromeo e insignito della medaglia di “miglior giardiniere al mondo” dalla Royal Horticultural Society britannica.
Soddisfatto anche il Sindaco di Stresa, Giuseppe Bottini, sia per i posti di lavoro salvati e per la riapertura della Villa e del Parco, effettuati in breve tempo. Considerandolo come l’inizio di una fase di riqualificazione di quell’area della città che partirà con una nuova area parcheggi, una passeggiata sul lungolago e un attracco dedicato che possa collegare Arona, Angera, Santa Caterina del Sasso, Isole Borromee e direttamente il Parco Villa Pallavicino. Magari creando un unico circuito turistico del Verbano, tra i vari parchi naturalistici.
Parco Villa Pallavicino rimarrà aperta fino al 22 ottobre, tutti i giorni dalle 9 alle 17.30 (ultimo ingresso).
Ingresso: adulti 9,50 euro, ragazzi (6-15 anni) 6,50 euro.
Speciale Famiglie: 2 biglietti adulto + 2 biglietti ragazzo 25 euro. Il secondo biglietto ragazzo è gratuito.
A disposizione del pubblico la caffetteria e il giftshop.
Per ulteriori informazioni il sito www.parcopallavicino.it
    Giovedì 3 agosto, riapre la storica Villa Pallavicino a Stresa. Dopo mesi di chiusura temporanea e con lo spettro che potesse diventare definitiva, giovedì 3 agosto…
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pctfacile · 7 years
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LA nuova puntata del podcast da subito ai contenuti liberi e aperti della Rete, dopo la open call della puntata #42
Protagonista è Matteo L. Riso​, in copertina, avvocato del Foro di Reggio Calabria, titolare del blog matteoriso.it dedicato al diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie. Un vero Avvocato tecnologico​.
La puntata prende spunto dalla mia domanda: «Esistono le password sicure oggi?»
Matteo mette in evidenza tutte le criticità di sistema verso dispotici mobili o servizi cloud. Parlerà anche di crittografia, social engineering, e delle brutte abitudini che hanno proprio gli utenti a registrare le password su post-it attaccati al monito del PC o salvati come “falsi contatti” nella rubrica del nostro telefono. ALZI LA MANO CHI NON L’HA FATTO!
Nella seconda parte del podcast Matteo ci prospetta le soluzioni e fissare nuove concetti per la nostra tutela. Dobbiamo adottare tecniche di protezioni a strati: la crittografia dei file, le “passphrase”, pianificazioni pro-attive dei documenti digitali.
Marco Duke Pennacchini​, nella sua rubrica #MondoDigitale, ci parlerà di #CardioId, il dispositivo che trasforma il battito del cuore in una chiave d’accesso ai dati sensibili online. Esso è stato sviluppato da Mattia Borgna, Andrea Domenico Mourglia, e Filippo Pairotti, tre compagni di scuola uniti dalla passione per la bioingegneria. #genioitaliano
La puntata si caratterizza dal restyling NEL SUONO anche nel suono e nel format. Datemi un feedback. E ricordate, viviamo il #futurodigitale
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L'articolo #43 Esistono le Password sicure? L’evoluzione della sicurezza informatica sembra essere il primo su Avvocato Tecnologico.
via Avvocato Tecnologico
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italianaradio · 4 years
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Lo chef stellato Domenico Iavarone ospite a “5 Senses Dinner”
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/lo-chef-stellato-domenico-iavarone-ospite-a-5-senses-dinner/
Lo chef stellato Domenico Iavarone ospite a “5 Senses Dinner”
Lo chef stellato Domenico Iavarone ospite a “5 Senses Dinner”
Il Via Porto Bistrot di Salerno diventa nuovamente palcoscenico di una cena indimenticabile organizzata in occasione della rassegna “5 Senses Dinner” in cui chef stellati preparano piatti prelibati accompagnando il talentuoso chef del locale, Gustavo Milione.
Il secondo appuntamento è previsto per martedì 26 novembre alle ore 20.30 e promette di offrire ai propri ospiti una cena che sorprenderà piacevolmente per la delicatezza, l’armonia, la ricercatezza delle materie prime e gli accostamenti. Un percorso, quindi, che sarà capace di conquistare i palati dei commensali suscitando emozioni come solo le grandi firme della cucina sanno fare.
Dopo il grande successo della prima cena, che ha visto la partecipazione di Paolo Gramaglia, chef e patron del ristorante stella Michelin “President” di Pompei, ora sarà la volta di Domenico Iavarone, chef dal grande talento che vanta al suo attivo ben due stelle Michelin ottenute presso il ristorante “Maxi” di Vico Equense e, lo scorso 6 novembre, presso il “Josè Restaurant” di Torre del Greco.
La cena di martedì sarà, quindi, un’occasione per festeggiare questa radiante e fresca conquista che si aggiungerà anche alla grande soddisfazione di tutto lo staff di Via Porto Bistrot inserito da pochi giorni nella Guida Michelin 2020.
«Lo chef Iavarone è un vero e proprio professionista che stimo molto. Il suo approccio al cibo è estremamente professionale e la sua idea di gastronomia è molto vicina alla mia. Infatti, i piatti che porteremo in tavola saranno il risultato di una vera e propria fusione di intenti, conoscenze ed esperienze, pensata per far vivere agli ospiti un viaggio di piacere tra i sapori e le tradizioni della Campania. Una cena in cui utilizzeremo prodotti tipici e piatti in grado di raccontare la storia, i colori e anche le voci del nostro territorio in chiave moderna». Spiega lo chef Gustavo Milione.
Una cena mediterranea, quindi, rigorosamente a quattro mani che, esaltando il territorio, sarà solida base e grande fonte d’ispirazione per un menù che ne celebrerà le eccellenze con piatti studiati partendo dalle migliori materie prime lavorate con maestria, in grado di regalare autentiche emozioni.
Il Via Porto Bistrot, infatti, è indubbiamente l’indirizzo per chi ama la cucina di eccellenza in cui anche la location fa la sua parte: nessun trucco e inganno, ma solo l’incantesimo derivato da un luogo che risplende di magia dove i clienti hanno modo di sperimentare l’ospitalità e la preziosità gastronomica. Pochi coperti ma tanta qualità, come spiega Rossella Salvati, co-proprietaria e maître di sala del locale:
«Siamo sicuri di regalare ai commensali una serata ricca di emozioni nella quale gli chef ci porteranno in un viaggio legato alla memoria e alla storia locale. Il nostro obiettivo, infatti, è quello di creare un’atmosfera speciale, lontano dal tran tran quotidiano, offrendo un’esperienza sensoriale a tutto tondo in cui tradizione e innovazione si fondono perfettamente».
Il prossimo evento della rassegna “5 Senses Dinner” si terrà martedì 17 dicembre e vedrà la partecipazione dello chef Crescenzo Scotti che ha conquistato la stella Michelin al ristorante Il Cappero del Terasia Resort di Vulcano.
Il Via Porto Bistrot di Salerno diventa nuovamente palcoscenico di una cena indimenticabile organizzata in occasione della rassegna “5 Senses Dinner” in cui chef stellati preparano piatti prelibati accompagnando il talentuoso chef del locale, Gustavo Milione. Il secondo appuntamento è previsto per m…
Marina Illiano
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italianaradio · 5 years
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Paolo Gramaglia: lo chef stellato ospite a Via Porto Bistrot
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/paolo-gramaglia-lo-chef-stellato-ospite-a-via-porto-bistrot/
Paolo Gramaglia: lo chef stellato ospite a Via Porto Bistrot
Paolo Gramaglia: lo chef stellato ospite a Via Porto Bistrot
Tutto pronto per il taglio del nastro della prima edizione di 5 Senses Dinner organizzata dal Via Porto Bistrot di Salerno in cui suoni, colori e odori si presenteranno come protagonisti indiscussi.
La rassegna ha un cartellone stellato poiché prevede ben tre cene preparate congiuntamente dallo chef del locale Gustavo Milione, apprezzato già sul territorio per il suo grande talento, e chef la cui fama è conosciuta a livello nazionale e che vantano, nel proprio palmares, stelle Michelin.
Per la prima volta, quindi, la città di Salerno sarà costellata da un evento unico nel suo genere in cui sapori e odori regaleranno ai commensali un vero e proprio viaggio sensoriale capace di accarezzare le corde della sensibilità attraverso l’alterazione dei cinque sensi, proprio come spiega Mario Salvati, co-proprietario del Bistrot:
«Salerno è una splendida città dove la cucina da sempre ne fa da padrona. Per questo motivo, grazie al sostegno e alla collaborazione del nostro chef Gustavo, abbiamo ideato un progetto innovativo capace di unire, attraverso un filo conduttore con a capo l’esperienza sensoriale, i nostri cinque sensi: udito, vista, tatto, gusto e olfatto. Questi ultimi, infatti, hanno un ruolo fondamentale nel cibo e perseguono il nostro concept ristorativo che regala al cliente momenti indimenticabili. Via Porto non è solo un Bistrot, anzi, la location ha l’obiettivo di regalare un vero e proprio percorso di benessere attraverso il cibo».
Il primo appuntamento di “5 Senses Dinner” è fissato per lunedì 7 ottobre, alle ore 20.30 al Via Porto Bistrot (via Porto 5/6), e vedrà ai fornelli Paolo Gramaglia, chef e patron del ristorante stella Michelin “President” di Pompei, che spadellerà al fianco di Gustavo Milione. Conosciutissimo sul territorio campano e nazionale, Gramaglia si è distinto nel mondo ristorativo per la sua precisione nell’esecuzione dei piatti e nel suo continuo fermento evolutivo.
«Sono molto felice di ospitare nella mia cucina Paolo Gramaglia. Siamo legati da un affetto lavorativo e personale. La mia ultima esperienza prima di sposare la filosofia di Via Porto, infatti, mi ha visto nella cucina del President di Pompei. Per me, quindi, sarà un ritorno al passato con una forte attenzione al presente e uno sguardo volto verso futuro. I piatti di lunedì ricorderanno la tradizione gastronomica del nostro Paese ma verranno preparati in maniera innovativa promettendo di solleticare vista, tatto, udito, gusto e olfatto dei commensali». Spiega lo chef Milione.
Il menu della serata del 7 ottobre, infatti, è stato appositamente studiato per trasformare il ristorante in un laboratorio gastronomico e la cena in una vera esercitazione pratica: differenti portate per solleticare vista, tatto, udito, gusto e olfatto. In questo modo i partecipanti potranno constatare quale sia il ruolo della vista nell’apprezzare un bel piatto elaborato, ma al tempo stesso quello dell’olfatto che talvolta precede anche la vista stessa.
I prossimi eventi della rassegna “5 Senses Dinner” vedranno gli chef stellati Domenico Iavarone, martedì 26 novembre, e Crescenzo Scotti, martedì 17 dicembre.
Tutto pronto per il taglio del nastro della prima edizione di 5 Senses Dinner organizzata dal Via Porto Bistrot di Salerno in cui suoni, colori e odori si presenteranno come protagonisti indiscussi. La rassegna ha un cartellone stellato poiché prevede ben tre cene preparate congiuntamente dallo…
Marina Illiano
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