Tumgik
#il linguaggio a cosa serve?
klimt7 · 1 year
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COS'È OGGI "L'OSCENO"?
Riflessioni intorno alla mutazione antropologica in atto.
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"Esiste ancora oggi, qualcosa di osceno, di turpe, di rivoltante?
C'è ancora qualcosa che può suscitare scandalo e repulsione?"
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Questa è la domanda che mi ha fatto un amico qualche settimana fa.
Sul momento non mi è venuta in mente una risposta sensata.
"Ci penso e poi ti dico" - gli ho risposto.
Questa mattina scorrendo fra tanti post di Tumblr, ad un punto, ho avuto, netta, l'impressione di essere davanti alla risposta.
Esatta, tangibile, precisa come il taglio di un diamante.
E non è una definizione astratta. Piuttosto è la prova provata che qualcosa di assimilabile al concetto di "oscenità" che ebbe tanta diffusione nei secoli scorsi, c'è anche oggi. Esiste.
Qualcosa che genera "scandalo, disgusto, repulsione"? Esattamente.
Non una definizione generale ma un esempio concreto.
Lo riporterò in fondo al Post. Ha la forma di un dialogo, un dialogo fra un utente anonimo e una blogger di Tumblr.
E subito mi ha fatto ricordare un altro tipo di dialogo, che si trova in un film di Nanni Moretti, "Palombella rossa" .
Per Moretti le parole sono importanti, sono fondamentali anzi e lo sosteneva a tal punto e con tale forza, da arrivare ad urlarlo alla malcapitata sua intervistatrice.
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Sono importanti le parole, le frasi, perchè le parole dicono come pensi, come vivi.
Il linguaggio è importante. Perchè può essere estremamente volgare, violento, turpe.
Ecco il punto.
Da come ci esprimiamo, da ciò che formuliamo come domande, si ricava l'immagine esatta di che tipo di persone siamo.
Di quale sia la nostra scala di valori e la nostra profondità di esseri umani.
Perfino la "visione del mondo", che da sempre, coltiviamo dentro di noi, diventa intuibile attraverso le parole che arriviamo a utilizzare.
E qual'è allora il collegamento fra la domanda fatta dal mio amico a proposito di cosa io trovi "osceno" oggi, nel 2023, e ciò che diceva Nanni Moretti nel suo film di fine anni '80 ?
Fate questo esperimento.
Leggete il dialogo che si crea fra utente anonimo e blogger e provate a intuire le persone che possono essere questi due individui.
Provate a farvene una idea. Risalite ai valori. Giungerete alla visione del mondo che ognuno di loro due ha dentro.
E ora ditemi: oggi nel 2023, esiste ancora il concetto di oscenità o siamo riusciti a normalizzare ogni cosa dentro una marmellata informe di disvalori?
Bene leggete questo dialogo che ho trovato stamattina su Tumblr :
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Lo dico chiaro. Per me, l'oscenità esiste anche nel nostro tempo.
Oggi. Proprio qui e ora.
Riguarda tutto ciò che è collegato alla mercificazione delle persone, alla loro riduzione a oggetto, a merce di consumo, con un prezzo e un mercato.
È allora che tocchiamo il fondo: l'oscenità, il disgusto, la volgarità assoluta.
E questo, voglio dirlo in modo chiarissimo, non cambia nemmeno nella società 2.0 (due punto zero), 3.0, 4.0, 5.0, 6.0..etc., etc.
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Cosa penso io?
Penso a due persone confuse, fuori luogo e fuori dalla realtà, o meglio, due persone che si trovano a vivere in una realtà parallela, senza più una stella polare, un riferimento, una geografia delle priorità, che pensano di vivere dentro un enorme, orrendo "supermercato" dove tutto si compra e tutto, proprio tutto è possibile vendere.
Per loro è soltanto una QUESTIONE DI PREZZO, anche l'insieme di tutte le possibili interazioni con altri esseri umani.
Capite dov'è l'elemento mostruoso, l'orrido, il repellente?
L'intera realtà interpretata e letta come merce.
L'unica variabile di ciò che questi individui, vedono davanti a loro, è il prezzo per chi vende e il costo per chi compra. L'unica chiave di lettura del mondo.
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Eccoli i frutti a lungo termine, della cultura di mercato e del liberismo sfrenato.
La comparsa di una nuova specie di essere umano: quell'Homo mercator" che uccide l'etica e vive in un mondo unidimensionale dominato dal bisogno del tutto artificiale di ricondurre tutte le sue esperienze a quella del CONSUMO ( consumo di territorio, di risorse naturali, di biosfera e perfino di altri esseri umani).
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L'oscenità non è allora questa ostinata deriva verso l'uomo ad una sola dimensione ?
Quanto costi tu ?
Qual'è il mio prezzo ?
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"Fare mercato" dell'intero universo sensibile, non è forse l'aberrazione-madre, l'origine di tutte le altre distruzioni in corso sul pianeta?
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NOTE E AVVERTENZE PER LA LETTURA
Il Post è volutamente provocatorio e utilizza un linguaggio iperbolico per rendere al meglio i concetti evocati ed invitare ad una riflessione più approfondita, su questi temi.
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yomersapiens · 3 months
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La pizzeria è gremita e i tavoli sono occupati da precoci coppiette giunte ben prima dell'ora più consona alla cena, forse per finire velocemente e correre in casa ad accoppiarsi. O forse perché vivo a Vienna e qua cenano quando i comuni mortali normalmente fanno merenda. Inutile che sfotto, se sono entrato in pizzeria a quest'ora è perché pure io sto morendo di fame. Conosco la capo sala, ha letto il mio libro e dato che mi saluta ancora devo dedurre che non le ha fatto schifo. Le chiedo se posso mettermi al bancone, sono da solo, fuori fa freddo e ho fame, che mi basta una margherita e me ne vado. Annuisce e i suoi occhi si fanno compassionevoli. Non faccio in tempo a sedermi che il ragazzo al bancone, notando la mia condizone solitaria, mi porge una birra che non avevo ordinato. Mi sorprendo e dico che ci deve essere stato un errore, che ancora non ho chiesto nulla. Mi risponde che fa lui, posso stare tranquillo. Io desideravo una coca-cola e ora mi tocca bere una birra offerta accidenti. C'è una seggiola di fianco a me con una giacca poggiata, la proprietaria mi chiede se desidero che la sposti, le dico che non serve, tanto non arriva nessuno. Mi sorride e torna a limonare con un barbuto uomo di quasi due metri. Più passa il tempo più gli alti mi stanno sul cazzo e vorrei segargli le gambe mentre dormono. Poi mi ricordo di essere sopra la media in Italia (e anche in Sud America) e torno a concentrarmi sulla sala. Ci sono davvero solo coppie, uscite per festeggiare la ricorrenza amorosa. Noto con piacere un cospicuo numero di tavoli occupati da persone dello stesso sesso che si tengono per mano. Sorrido per loro. Che belli che siete, godetevi questo momento, vi lascerete anche voi, non temete. Il volume della musica è troppo alto, decido di mettere le cuffiette e ascoltare qualcosa di diverso, un concerto per orchestra a tema videogiochi giapponesi, tanto sono da solo, non devo interloquire con nessuno. Mentre divoro la mia margherita penso a San Valentino. Al fatto che come festa non serva a molto, a meno che tu non abbia 16 anni e bisogno di un pretesto per scopare. Ma è utile per chi come me la vede come un post-it, messo per ricordardati di essere grato a chi ti vuole bene. Anche se non te lo meriti perché fai schifo come essere umano. Anche se dovresti ricordartelo ogni giorno ma tra una cosa e l'altra ti passa per la testa e allora eccoti una data. Una volta all'anno, fai sto sforzo e scrivi a chi ti vuole bene, scrivi quanto ti ritieni fortunato ad avere qualcuno che ti sopporta. Servono a questo le feste. Natale per ricordarti di ringraziare la famiglia. Il compleanno per ricordarti dell'esistenza di qualcuno. L'onomastico per ricordarti pure come si chiama. Ferragosto per ricordarti che l'estate sta finendo. Pasqua boh, non lo so, per ricordarti che è possibile uccidere una divinità forse. Finisco la pizza e mi arriva un'altra birra che ancora non ho ordinato. Mi giro in sala per capire a chi ho fatto pena stavolta. Nessuno mi guarda. La finisco contro la mia volontà e mi dirigo a pagare il conto. Mi viene detto dalla capo sala che oramai faccio parte della famiglia, che posso considerarmi un cugino acquisito e che quindi mi basta darle la metà della metà di quello che avrei dovuto dare. Quanto adoro fare pena. È il mio superpotere. Birra gratis, pizza scontata e posso andare a letto con la pancia piena. Una coppia mi avrà notato e ora sarà nata una discussione, prima di fare l'amore. "Tesoro, voglio adottare un triste italiano solitario, hai visto quanto era carino mentre mangiava la sua pizza, starebbe così bene con il nostro arredamento". Qualcun altro avrà girato un video che diventerà virale su tiktok e dove magari vengo insultato. Poco mi interessa. Torno a casa dal mio gatto, gli dico che lo amo e che sono grato ci sia lui a volermi bene. Lui, per tutta risposta, vomita sul tappeto. L'amore è un linguaggio variopinto e maleodorante talvolta.
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canesenzafissadimora · 8 months
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Qualche giorno fa ho letto un post su Facebook che mi ha fatto davvero piacere leggere! L’autore ha elencato le parole latine che usiamo tutti i giorni. Sì perché l’ignorante di turno obietterà sempre: ma a che serve studiare il latino? È una lingua morta, obsoleta, e nel frattempo senza saperlo usa parole come «bonus», «eccetera», «gratis», «video», «sponsor», «monitor». E indovinate un po’? Tutte queste parole sono latine!
E quante volte vi capita invece di usare parole come «telefono», «elicottero», «biblioteca», «grammatica», «clima»? Ebbene queste parole derivano dal greco antico! Vedete, conoscere l’origine delle parole, la loro storia, ci aiuta a capire meglio la nostra lingua! Ma a che serve capire la nostra lingua, domanderanno alcuni? A tutto! Per poter pensare avete bisogno delle parole! Non esistono pensieri senza parole.
Non potete parlare, non potete esprimere le vostre emozioni, non potete dare voce al vostro dissenso, se non conoscete le parole giuste per farlo! I politici, i governi, i giornalisti, gli uomini più potenti del mondo che cosa fanno? Parlano! Vi persuadono a votarli, a sostenere le loro idee, ad andare in guerra, ad accettare una nuova legge soltanto con le parole. Non vi puntano un fucile contro la testa, non vengono nelle vostre case, non vi fanno nulla, assolutamente nulla, si limitano semplicemente a parlare! Conoscono le parole giuste e sanno come usarle!
Dietro i momenti più importanti e più significativi della storia umana, la distruzione di Cartagine, il concilio di Nicea, la riforma protestante, l’ascesa di Hitler, la guerra fredda, non vi furono le armi ma delle parole! «Carthago delenda est», disse Catone. Furono queste piccole, semplici parole a segnare la fine di uno degli imperi più grandi del mondo antico. Ecco perché coloro che sostengono la necessità di semplificare il linguaggio, di fare a meno della grammatica, del latino, del greco sono i veri artefici della sudditanza dei molti (che non sanno parlare) nei confronti dei pochi (che sanno bene che sono le parole che fanno la storia e cambiano il mondo).
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X
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susieporta · 1 year
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IL SILENZIO ✨
Ti connette con la verità
Ci sono mementi in cui bisogna mettersi da parte e mettere da parte anche ogni pensiero e credenza su qualsiasi cosa che è emersa durante un percorso e le diverse esperienze umane
Ci sono momenti in cui parlare serve,
Altri in cui non serve affatto
Ci sono momenti per chiarire
E momenti per sentire
Ci sono momenti per lasciar parlare la personalità
Ed altri per lasciare spazio al silenzio,
linguaggio dello Spirito
Per la persona in cerca di chiarezza e risposte il silenzio è destabilizzante,
Tanto quanto per la persona abituata a darle le risposte
Ma a volte STARE in quel silenzio porta più chiarezza di qualsiasi altra parola o spiegazione
Lasciare spazio al silenzio aiuta ad andare dalla mente al cuore, (ma siate molto vigile alla fuga dietro queste parole)
Aiuta ad andare dalla personalità all’essenza
Per lasciar maturare un’esperienza ed una verità che porterà nel tempo nuove rivelazioni, nuove credenze, un nuovo e più onesto sentire
Che nulla ha a che fare con l’altro
Ma solo con noi stessi ❣️
La difficoltà sta nel fatto che nessuno ci ha insegnato il silenzio sacro ma solo il silenzio contorto che reprimeva solo rabbia, pensieri e parole, portando spesso l’aria ad essere talmente pesante da poter essere tagliata in due, lasciando nel corpo solo sensazioni più scomode e fastidiose di qualsiasi altra parola.
Questo tipo di silenzio infatti, è una repressione, un altro atto di violenza molto difficile da vedere come tale
Stare
Fermarsi
Ed ascoltarsi
Lasciare sedimentare le parole nel silenzio Stare con il disagio del silenzio
Stare con i propri dispiaceri
Stare con i propri sensi di colpa
Stare con le proprie paure
Stare con la propria rabbia
Stare con la propria tristezza e solitudine
Stare e lasciar parlare loro, è molto ma molto più importante e profondo di qualsiasi parola detta per nascondere tutto questo
Stare…
In modo che poi siano loro a parlare
E ad esporre una verità che ci renderà liberi di essere umani e ci permetterà anche di sentire chi siamo oltre chi crediamo di essere
Claudia Sapienza
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ballata · 1 year
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#overthinking
La banalità del buonismo rappresenta il tramonto del nostro piccolo mondo. La vita reale è un’altra cosa, non è una romanticheria commossa ma una grigia ricerca di giustizia e sopravvivenza,; non serve a migliorare l’uomo, siamo solo di passaggio ma a spiegarne le azioni e a rendere il suo transito in questo mondo il più giusto possibile....I migranti ahimè sono naufragati e morti sotto ogni governo, quando inizierete ad appendere ai pennoni delle imbarcazioni gli scafisti risolverete definitivamente il problema...al 41bis ci vanno gli assassino e se ti commuovi perché decidono di mettersi a dieta dopo aver ucciso uomini e distrutto famiglie allora meriti il caos...gli zingari puoi anche chiamarli gitani in TV ma rimarranno sempre una piaga sociale e pericolosa per le persone per bene e se continuerete a non arrestarli ma a difenderli semanticamente prima o poi il popolo reale si farà giustizia da se...i conflitti devono ritornare ad essere concreti e reali e non filosofici o metafisici ,campo di gioco per giornalisti assunti dalla politica spicciola e furba. I grandi temi come la morte, la vita, il suicidio, l’aborto, la guerra, la socialità devono essere affrontati con piglio severo ma giusto mentre invece le democrazie occidentali, le più deboli, in piena avaria spirituale, si abbandonano alla deriva, fra battaglie di genere e dittature del linguaggio restituendo una visione del mondo connaturata da uno spirito distorto, retorico, caustico e inattuale... che Dio, se esiste,ci aiuti. #perasperaadastra
#gliaudaci
#2023
#dancetotheendoflove
#press
#pensiero
#manifestopolítico
#robertonicolettiballatibonaffini
#mentalità
#mentalfit
#mentaltraining
#sugestion
#libertadipensiero
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kyda · 2 years
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ho sempre amato e odiato questa caratteristica propria della linguistica che nei miei libri ci vogliono paragrafi e capitoli interi per spiegare un concetto ASSURDO ma che allo stesso tempo sembra scontatissimo che tipo mi fa pensare ok, e quindi? e poi D'UN TRATTO mi spunta l'ultima linea dell'ultimo paragrafo quindici capitoli dopo e c'è scritto che comunque quella cosa che si trovava nel paragrafo 1.1.0 del capitolo 1 su cosa significa linguistica e sulla quale si è basato l'intero libro non esiste veramente e/o non è applicabile alla lingua e non serve a niente perché è pura teoria e astrazione che sarebbe bello, certo, se funzionasse, ma non funziona. comunque non c'è da stupirsi visto che il lettore è stato avvisato dal principio che studiare le lingue e il linguaggio vuol dire rassegnarsi all'idea che si studia qualcosa che non può essere studiato. io però onestamente resto ancora a bocca aperta dallo stupore e dalla sorpresa (non sono sinonimi perché, appunto, la sinonimia non esiste) dopo tutti questi anni a studiare linguistica e solo questa disciplina debole e molle che esiste ma non si sa come mi fa provare così tanta rabbia e interesse allo stesso tempo
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dichiarazione · 2 years
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Caso Umano Nr. 1
Tizio di nome Robert, 24 anni, originario della Scozia ma senza l'accento incomprensibile. Sta finendo l'Università, sa mantenere una conversazione, la sintassi è corretta e non scrive come mangia, non dà l'impressione di essere viscido. Io per non saper né leggere né scrivere già gli metto in chiaro da subito che non sono alla ricerca disperata della vitamina C e lui sembra sulla stessa lunghezza d'onda. Andiamo a cena una sera, serata tranquilla senza troppi imbarazzi, lui poi mi chiede se mi va di bere una cosa da lui, va bene. Vive in una casa condivisa quindi immancabilmente ci si reca nella stanza da letto, seduti sul suddetto letto. Tira fuori una bottiglia di vino e fa partire Alexa. Io già rido dentro di me ma non gli posso ridere in faccia. Casualmente si avvicina sempre di più e una mano birichina casualmente finisce sulla mia coscia. Io mi irrigidisco e non lo guardo nemmeno in faccia e voglio vedere se questo capisce il linguaggio del corpo ma non ci arriva. Dopo un paio di minuti gli dico che non sono dell'umore e lui da gentiluomo mi dice che non ci sono problemi e che potevo dirlo prima se mi sentivo in imbarazzo. Si offre addirittura di pagarmi il taxi per tornare a casa ma gli faccio che non serve, che avrei camminato per tornare a casa. Breve storia triste: il giorno dopo dice a malapena due parole e dopo due giorni si è neutralizzato. Ma per fortuna che non eri attaccato alla figa eh.
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lacanzonedi · 2 years
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Melanoma e Rimozione Nei.
Post di @offflower
ciao a tutti, so che negli ultimi anni è aumentata l’attenzione e la prevenzione nei confronti del melanoma, ma è anche vero che tante persone si vergognano di farsi vedere nudi, questa è la mia storia e spero serva a farvi vincere un po’ dell’imbarazzo che coinvolge chiunque. A chi dovesse aver passato una storia simile: ti abbraccio con tutto il cuore. Se avete domande, vi risponderò sotto al post. Scusatemi per eventuali errori, per il linguaggio e i termini sbagliati e non inclusivi; se tra i commenti c’è qualche medico, studente di medicina mi corregga e dia info più precise e puntuali.
come è iniziato? Avevo 21, era inverno, novembre credo e mi accorgo che dietro la coscia (nella zona sottostante il gluteo, per intenderci) perdo del sangue. pensavo potesse essere un pelo incarnito che avevo avuto nei giorni precedenti, o di essermi depilata male e vado avanti con la mia vita. Qualche mese dopo mi accorgo che questa crosticina continua ad esserci, proprio in corrispondenza di un neo e vado dal medico di famiglia, che mi visita ma mi dice che non c’è nulla di cui preoccuparsi e mi da una pomata per far guarire la crosticina e liberarmi del problema. La crosticina non scompare mai, anzi peggiora e qualche mese dopo torno dal medico, che mi prescrive la rimozione per evitare il continuo sfregamento con i jeans e evitare il degenerare della situazione, ma continua a rassicurarmi dicendomi che non è nulla. Rimandiamo la visita a qualche mese dopo, perché doveva farne un’altra mio padre a cui poteva seguire un’eventuale operazione, e a Ottobre del 2018 mia madre inizia a chiamare dermatologi che visitano privatamente, i tempi d’attesa anche privatamente sono lunghi, ma fortunatamente troviamo un posto per qualche settimana dopo (quel giorno avevo un lab importante in università e mi sono scapicollata letteralmente). Faccio la visita con la dermatologa, che dopo i convenevoli inizia a visitarmi: vede il neo e incomincia ad urlare ‘questo devi toglierlo prima di subito!’ e io, che ero scesa dalla mia città da fuorisede convinta di tornare la mattina dopo perché i tempi di attesa sono di solito lunghi, mi preoccupo di non avere manco un paio di mutande in più, se non uno di ricambio lasciato apposta a casa, inizio anche a lamentarmi che avevo l’università, i laboratori e il resto, la dermatologa mi dice che comunque posso studiare anche da seduta ma devo togliermi il neo. Inizialmente vuole farmi operare dal marito chirurgo, ma due giorni dopo mi chiama e mi dice di andare in un altro ospedale della zona, di pagare l’impegnativa per l’asportazione e l’esame istologico e di andare nel reparto di dermatologia oncologica. Il giorno successivo vado (dopo 3 giorni dalla visita, nemmeno 72 h dopo) e loro prima mi fanno delle foto, poi mi asportano chirurgicamente il nevo, ovvero tagliano in direzione parallela alla chiappa e mi levano un bel pezzo di carne. Chiedo se devo preoccuparmi e loro mi dicono di riprendermi dall’operazione e di aspettare l’istologico, e poi si vedrà. Aspetto le tre settimane con i punti, senza bagnare la ferita e poi vado a rimuovere i punti e ritirare l’istologico: non è pronto e il medico mi dice che non sa cosa scriverci, quindi chiedono un consulto esterno (in caso di dubbio si fa così: si chiedono 3 consulti esterni e la diagnosi è quella che vince la maggioranza): manderanno i vetrini a tre medici o ospedali
Il 2 gennaio mi chiama la professoressa che mi ha operato, dicendo che ha appena ricevuto il primo referto: è un melanoma, e data la diagnosi nefasta non possono aspettare gli altri referti, si deve procedere subito; mi convoca per il giorno successivo in ospedale e mi prescrive analisi del sangue, Tac, Ecografie e non ricordo cosa, in previsione di un esame chiamato 'Linfonodo Sentinella’. Faccio la TAC, che è l’esame più importante e non trovano metastasi (per fortuna) e poi mi fanno una scintigrafia (esame in cui ti iniettano un liquido radioattivo che serve a localizzare la regione di origine del tumore e quanto si è espanso eventualmente) e mi operano, rimuovono e analizzano un paio di linfonodi nella zona inguinale (che corrispondeva a quella più in prossimità a dove era nato il melanoma) e riallargano i margini operatori, ovvero riaprono e ripuliscono la zona dove hanno tolto il neo; ho un drenaggio per 10 giorni circa e i punti, ho difficoltà a sedermi sul cesso per pisciare perché ho i punti per tutta la larghezza della coscia e il drenaggio e i punti sulla parte anteriore della coscia. Il linfonodo sentinella risulta negativo e tiriamo un sospiro di sollievo. Inizia poi la fase chiamata prevenzione: per i primi anni devo fare controllo linfonodi con ecografia e visita dermatologica ogni 4 mesi circa, e una Tac di controllo una volta l’anno. Ad Aprile faccio la prima visita con il team della Dermatologia oncologica, che vede un nuovo neo troppo in prossimità al melanoma: lo rimuovono sempre chirurgicamente un mese dopo, questo è negativo. Un anno dopo dall’operazione al linfonodo tolgo anche un altro neo sulla spalla, che era displastico (primi segni di cambiamento). Tutt’ora faccio ancora le mie visite di controllo, le ecografie ai linfonodi e all’addome, la mia tac con mezzo di contrasto una volta l’anno (tipo revisione della macchina) e non ho più rimosso nei; per familiarità ne fanno una ogni sei mesi mamma, papà e fratello (non ho figli, ma altrimenti sarebbe toccato anche a loro). I miei genitori hanno rimosso un neo ciascuno, ma nulla di problematico.
Cos’è un melanoma? Tumore maligno della pelle, ovvero che deve essere necessariamente rimosso perché potrebbe degenerare. Come si toglie un neo? So che ci sono due modi, il laser e l’escissione chirurgica. Il laser a me non lo hanno mai fatto, lo ha fatto mio zio ed è veloce e indolore; io ho sempre fatto l’escissione chirurgica, ovvero taglio e asportazione. Mi hanno sempre messo i punti (il primo taglio era lungo quasi tutta la coscia in larghezza), che non andavano medicati. Mi avevano raccomandato di non bagnare la ferita, quindi come facevo a lavarmi? Ovviamente mi lavavano perché sono una maniaca dell’igiene, ma la gamba non operata la lavavo nella vasca, mentre il resto del corpo lo bagnavo con un asciugamano da ospiti, mettevo la mousse detergente e la toglievo con un asciugamano imbevuto; non la cosa più semplice e veloce del mondo ma almeno mi lavavo ed ero pulita. Ovviamente no sport e sforzi per qualche settimana, ma per il resto potevo fare tutto. Fa male? No, vi operano in anestesia locale e non sentite nulla, al massimo un po' di dolore alla zona nei giorni successivi ma passa con un antidolorifico.
Come si riconosce un neo o nevo che potrebbe essere patologico? C’è la regola dell’ ABCDE, ovvero Asimmetria (se non è perfettamente tondo o ovale o la simmetria perfetta della forma che ha) Bordi (se sono frastagliati o irregolare o non uniformi), Colore (se non è uniforme o ci sono parti più chiare o scure) Dimensione (se cambia dimensione, cresce), Evoluzione (se cambia nel corso del tempo). Se ci sono tutte o alcune di queste caratteristiche, fatevi visitare. Come si svolge la visita dal dermatologo? Dopo i convenevoli, prima c’è l’anamnesi quindi se avete familiarità (ovvero parenti e casi mi famiglia di melanoma) e poi la visita vera e propria, dove vi dovete spogliare (si via il reggiseno e si rimane in mutande, che vengono scostate) e il dermatologo o la dermatologa valuterà i singoli nei, e li fotografa per valutare nel tempo la loro evoluzione. Non è doloroso, e nemmeno imbarazzante: il medico è li per visitarvi e siete dei pezzi di carne, vi guarda osserva e controlla i nei e il resto, la loro dimensione ma non quella del resto del corpo, al massimo vi dirà di mettere la crema idratante perché avete la pelle secca. Non imbarazzatevi, io sono molto pudica ma alla seconda visita avevo uno specializzando maschio che mi stava visitando le tette, ma è stato super professionale, tanto che mi sono sentita a mio agio perché sapevo che stava controllando quello che doveva controllare e non il resto. I dottori in genere vi spostano e vedono anche sotto le mutande: nessun imbarazzo, cercano solo nei e non vi stanno valutando i genitali. Anche se avete qualche pelo o ricrescita: non preoccupatevi, non ci fanno caso.
Perché è importante farsi visitare? Perché è sempre un tumore maligno, sebbene le metastasi non siano frequenti la possibilità c’è, quindi fatevi visitare anche se vedete un minimo cambiamento, magari non è nulla, ma se aspettate la situazione potrebbe peggiorare. E le cicatrici? Non so cosa dire a chi potrebbe farmi questa domanda, perché c’è a chi fanno schifo e disturbano in maniera tremenda (tipo una mia amica che mi diceva che si vedeva quella sulla spalla… zia, ce l’ho e amen) e chi se ne frega, nel mio caso impari a fregartene e dopo un po nemmeno ci fai caso. I medici prestano la massima attenzione possibile a ricucire in maniera più carina possibile esteticamente, poi dopo un po’ saranno meno evidenti perché schiariscono.
NOTA AGGIUNTIVA: io ho capelli rossi e pelle chiarissima, quindi la mia pelle è già di per se un fattore di rischio. ho sempre utilizzato quintali di protezione solare, per cui venivo anche presa in giro, eppure nonostante gli accorgimenti ci sono incappata lo stesso. voi per prevenzione mettete sempre spf alto e non scottatevi.
//Grazie @offflower per aver voluto condividere la tua preziosa esperienza. Con l'augurio che sia stato un solo caso isolato.//
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girulicchio · 2 years
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Zeta, la variabile impazzita
Matematicamente, è possibile esprimere praticamente qualsiasi cosa secondo un’equazione. Questo è dato dal fatto che la matematica è un linguaggio, come l’italiano, come il C++, come il codice Morse. E questo vuol dire anche che, come in italiano, possono nascere neologismi, ma non tutti saranno utili nel tempo. Chi ricorda la storia della parola petaloso? Ecco, un giorno potrebbe nascere - ma, magari, è anche già nata - l’equazione petalosa. Un’equazione che sarà riconosciuta per il solo fatto di essere bella, per rendere onore a chi l’avrà inventata, ma che, passato il quarto d’ora di Warhol, sarà accantonata.  Il problema di fondo è che poche variabili hanno senso su dieci, in genere. Alcune scienze, almeno in passato, si sono addirittura basate sul trovare prima le relazioni e poi il senso fisico delle variabili. La termodinamica è un esempio lampante di determinazioni empiriche e semi-empiriche di variabili e relazioni tirate fuori quasi magicamente da un cilindro e poi giustificate con dei fatti veri e tangibili. Insomma, parliamoci chiaro: l’entropia è per definizione un’energia diviso una temperatura (per unità di massa, eventualmente). Già l’energia di per sé è un concetto un po’ strano, ma certamente accettabile e accettato dalla comunità. Non si mette in discussione la massa, la temperatura è qualcosa di innegabile, al pari del tempo, benché tutte queste grandezze siano relative. Ma che cosa rappresenta un’energia diviso una temperatura? A quanto pare, rappresenta il grado di disordine di un sistema. Ora, a me nessuno ha spiegato mai perché l’energia diviso la temperatura restituisce il grado di disordine, ma ci saranno sicuramente definizioni e dimostrazioni tanto arbitrarie quanto convincenti al riguardo.  Ricorda un po’ le storie alchemiche del flogisto, dell’etere, dei coboldi, dei niccoli... Sostanze imponderabili, esseri fatati, trasformazioni magiche basate sui sette pianeti. Cose affascinanti, assolutamente non derisibili per l’epoca in cui sono state messe a punto, immaginate o tentate di dimostrare.   E tutto questo è possibile perché bastano poche funzioni per definire qualsiasi cosa. A volte, addirittura, basta una polinomiale del grado adeguato. Poche cose non sono definibili da una polinomiale di decimo grado o somme algebriche di funzioni lineari e non. Pochi andamenti non risultano correnti con dieci variabili aggiustabili in una generica funzione.  Ad oggi esistono equazioni irrisolte - per meglio dire, si dovrebbe parlare di problemi irrisolti. Uno dei casi più eclatanti è l’equazione di Navier-Stokes. È stato offerto un premio di un milione di dollari per la confutazione di un enunciato riguardante suddetta equazione. Premio esiguo, se si pensa che dagli anni ‘60 ad oggi resta irrisolto. Se i matematici e i fisici fossero tutti venali, si potrebbe pensare che non ne vale la pena, che la cifra è troppo bassa e che piuttosto convenga investire in bitcoin e simili. 
Una cosa può sembrare tanto ovvia quanto l’esatto opposto: tutto quello che precede questa frase è una generalizzazione che lascia il tempo che trova.  Il progresso si basa sulla fame di conoscenza, sulla voglia di dimostrare che l’impossibile è sempre stato possibile, bastava solo crederci.  Tutto questo mi serve solo per strutturare un nuovo incipit di un racconto che non vedrà mai la luce. È un piccolo prologo - in realtà più un episodio costretto di brain storming - su una formica immaginaria che si inserisce nei problemi irrisolti di tutto il mondo e crea un punto di svolta.  Ora, delle due, l’una: o già è stato scritto qualcosa del genere e io non ne sono al corrente, o quando sarà fatto io reclamerò diritti di autore in merito.  In entrambi i casi, so che incrocerò le braccia e dirò: mannaggia, ogni volta che ho una buona idea qualcuno mi frega sul tempo. 
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frabooks · 2 months
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Moby Dick (bozza)
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Appunti
Non ha trama, è un insieme di episodi e/o descrizioni. Ciò che succederà lo si sa fin dal principio: Moby Dick uccide tutti. È l’esempio plastico che la trama è solo un elemento di un romanzo e può, se serve, anche essere semplice allo stremo.
Ha pezzi di saggio e teatrali, esperimento interessante. Con sorpresa ho scoperto che vari capitoli sono in forma di pièce teatrale e altri in forma di saggio divulgativo. Esperimento interessante. Probabilmente ci sono ragioni filosofiche e letterarie specifiche per questa scelta, o comunque ci sono messaggi specifici che Melville voleva passare, ma io non ne so nulla. Mi è piaciuta la varietà dei capitoli, tutto qua.
Stile di scrittura. Una particolarità che ho notato è l’impatto visivo che Melville vuole dare. Interi capitoli sono pieni di coinvolgimento del lettore: “Rovesciamo ora” “Ma adesso venite fuori”. Guida il lettore alla scoperta della barca e della balena. Rende molto bene.
Improvvisazione? Un altro aspetto che mi ha stupito è che Melville ha scritto interi capitoli come se li avesse pensati sul posto. Non li aveva previsti ma, scrivendo, gli sono venuti in mente, e voilà, ecco un altro capitolo. È una scelta molto curiosa che rende la lettura stranamente leggera.
Lento. Rispetto alla scrittura, prendo nota che la parte centrale l’ho sentita pesante. Un po’ per l’assenza di trama, un po’ per le digressioni meno interessanti, un po’ per la claustrofobia della scenografia.
600 pagine su una barca. È la prima volta che leggo un libro lungo con una scenografia così limitata. Dopo pagina 50, all’incirca, non c’è altro luogo che non sia la barca, il Pequod. Da un lato è interessante come la barca cambi col lettore e col protagonista, come la si scopra nel tempo, pian pianino fino agli spazi più remoti e mai frequentati dai marinai; dall’altro lato, mi ha dato, in diverse occasioni, un forte senso di claustrofobia, come se mancasse l’aria. Ecco che le digressioni sui tipi di balene o sulla nave o sulla caccia alle balene, hanno saputo staccare lo sguardo e farmi tornare un po’ il respiro.
Scene d'azione confuse. Rispetto alla scrittura, noto che le scene d’azione mi sono risultate tutte abbastanza confuse, come se lo sguardo fosse appannato, impreciso. Non so se è solo un’impressione mia o se fosse una scelta intenzionale di Melville.
Giochi di parole. All’inizio del libro ho apprezzato i continui giochi di parole di Melville. Divertenti, inaspettati. Poi dopo il millesimo gioco di parole, dopo pagina 100.000, mi sono sembrati sempre di più giochi di parole un po’ ridicoli.
Leviatan Noto, in ultimo, l’uso spasmodico di “Leviatan” o simili. C’è praticamente in ogni capitolo, anche più volte, con un’ossessione simile a quella di Achab.
La voce dell’autore è sempre presente. È chiara, limpida, giocosa, sarcastica, molto visuale. In definitiva ho trovato Moby Dick un libro scritto molto bene.
Achab. Ho due cose da dire su Achab. Innanzitutto non avevo capito che fin dal principio fosse chiara la sua mitomania. Sapevo che era pazzo ma pensavo lo sarebbe diventato lungo il libro; invece è pazzo dal principio in modo molto chiaro, tanto che tutti lo sanno. La seconda cosa è che, talvolta, Achab non l’ho capito. Col suo linguaggio aulico e onirico mi è risultato davvero ostico.
C’è tensione erotica omosessuale. Lo noto con sorpresa perché avevo il pregiudizio che non avrei mai potuto trovare cose simili in un libro simile di quell’epoca, e invece mi sono dovuto ricredere.
Bestemmie. Noto divertito la presenza di vere e proprie bestemmie. Interessante la scelta di pavese.
Il famoso capitolo sulle balene. Ci sono innumerevoli digressioni ma, forse, una delle più famose sta nel famoso capitolo dedicato alla spiegazione di tutti i tipi di balene. L’ho trovato interessante e per nulla pesante.
Pezzi
P 37 “Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.”
P 41 “E dunque, per quanto il vecchio capitano mi dia ordini su ordini, per quanto io riceva pugni e spunzonate, io ho la soddisfazione di sapere che tutto va bene, che ogni uomo è, in un modo o nell’altro, servito esattamente alla stessa maniera, voglio dire, da un punto di vista fisico o da uno metafisico, e così l’universale spunzonatura va attorno e tutti dovrebbero fregare la schiena uno all’altro e restare soddisfatti.”
P 71 “Perché tutti i viventi si sforzano tanto di far tacere i morti, onde il semplice rumore di una bussata in una tomba atterrisce un’intera città? Tutte queste cose non sono senza significato.”
P 85 “Non più il mio cuore infranto e la mia mano esasperata stavano in guardia contro un mondo di lupi. Questo conciliante selvaggio me l’aveva redento”.
P 88 “Poiché nessuno può sentire in modo soddisfacente la propria identità se non ha gli occhi chiusi: come se l’oscurità fosse davvero l’elemento proprio delle nostre essenze, sebbene la luce sia più congeniale al fango che è in noi.”
P 93 “Finito un viaggio lunghissimo e pericolosissimo, ne comincia soltanto un secondo e, finito il secondo, ne comincia un terzo, e così via, sempre e sempre. Tale è l’interminabilità e, sì, l’intollerabilità di ogni sforzo terrestre.”
P 108 “Poiché tutti gli uomini tragicamente grandi sono tali attraverso qualcosa di morboso.”
P 114 Achab
P 138 “Osservai, con cordiale reverenza e timore, quell’uomo che, nel cuore dell’inverno, sceso allora da un viaggio di quattro anni pieno di pericoli, poteva con tanta irrequietezza di nuovo cacciarsi in rotta per un altro periodo di tempeste. La terra pareva scottargli sotto i piedi. Le cose più meravigliose sono sempre quelle inesprimibili, le memorie profonde non concedono epitaffi.”
P 148 “La cosa che forse tra l’altro faceva di Stubb un uomo così facile e senza paure, che così allegramente se ne faticava sotto il peso dell’esistenza in un mondo pieno di merciaiuoli cupi, tutti curvati a terra dai fardelli, la cosa che lo aiutava a portare in giro quel suo buon umore quasi empio, doveva essere la sua pipa.”
P 175 “Poiché sono le costruzioni piccole che possono venir terminate dai loro primi architetti; le grandiose, le vere lasciano sempre il soffitto all’avvenire. Che Dio mi guardi dal completare qualcosa; tutto questo libro è soltanto l’abbozzo di un abbozzo.”
P 186 “Per la massima parte di questa vita baleniera tropicale, vi circonda una sublime assenza di fatti: non udite notizie, non leggete giornali, nessun’edizione straordinaria con sorprendenti resoconti di banalità vi illude mai in agitazioni non necessarie; non sentite di dispiaceri domestici, di cauzioni fallimentari, di cadute di borsa, non vi preoccupate mai al pensiero di che cosa mangerete a pranzo, dato che per tre anni e più tutti i vostri pasti sono bellamente stivati in barili e la vostra lista immutabile.”
P 191 “Ed era così pieno del suo pensiero Achab che, a ogni voltafaccia uguale che faceva, ora all’albero di maestro ora alla chiesuola, si poteva quasi vedere quel pensiero voltarsi e camminare con lui; tanto completamente lo possedeva da non parer altro che la forma interiore di ogni suo movimento esterno.”
P 194 “Tutti gli oggetti visibili, vedi, sono soltanto maschere di cartone, ma in ogni evento, nell’atto vivo, nell’azione indubitata, qualcosa di sconosciuto, ma sempre ragionevole, sporge le sue fattezze sotto la maschera bruta. E se l’uomo vuol colpire, colpisca sulla maschera! Come può il prigioniero arrivar fuori se non si caccia attraverso il muro? Per me la Balena Bianca è questo muro, che mi è stato spinto accanto. Talvolta penso che di là non ci sia nulla. Ma mi basta. Essa mi occupa, mi sovraccarica: io vedo in lei una forza atroce innerbata da una malizia imperscrutabile.”
198 “Questa bella luce non mi rischiara più: ogni bellezza mi è d’angoscia, dacché non posso più goderla. Dotato della percezione superiore, mi manca la bassa potenza di godere: sono dannato così nel modo più sottile e più perverso; sono dannato in mezzo al paradiso!”
P 214 “Achab […] era giunto infine a identificare con Moby Dick non solo tutti i suoi mali fisici, ma ogni sua esasperazione intellettuale e spirituale. La Balena Bianca gli nuotava davanti con monomaniaca incarnazione di tutte quelle forze malvagie da cui certi uomini profondi si sentono rodere nell’intimo, finché si riducono a vivere con mezzo cuore e con mezzo polmone”.
P 235 “I più tra la gente di terra sono così ignoranti di certe delle più semplici e palpabili meraviglie del mondo, che senza un qualche cenno intorno ai semplici fatti storici e non storici della baleniera, magari disdegnerebbero Moby Dick come una favola mostruosa o, peggio e più detestabile, come una ributtante e insopportabile allegoria.”
P 257 “Ci sono certe bizzarre circostanze e occasioni in questa strana e caotica faccenda che chiamiamo la vita, che un uomo prende l’intero universo per un’enorme burla in atto, sebbene non riesca a vederne troppo chiaramente l’arguzia, e sospetti anzichenò che la burla non sia alle spalle di altri che le sue.”
P 329 “… e tutti sanno come certi campioni di epicurei, a forza di mangiar sempre cervelli di vitello finiscano per avere anch’essi un po’ di cervello, in modo da saper distinguere tra una testa di vitello e la propria: il che, sul serio, richiede un discernimento non comune.”
P 340 “Oh Natura, e tu, anima umana! Come le vostre analogie si distendono oltre quanto è dicibile! Non il più piccolo atomo si muove o vive nella materia, che non abbia il suo sottile riscontro nello spirito.”
P 349 “-Zenzero? È zenzero, che sento? - domandò Stubb sospettosamente, avvicinandosi. -Sì, dev’essere zenzero - sbirciando nella tazza tuttora intatta. Poi, fermandosi un istante come incredulo, camminò tutto calmo alla volta del dispensiere stupefatto, dicendogli adagio: -Zenzero? zenzero? e volete avere la bontà di dirmi, signor Panada, dov’è la virtù dello zenzero? zenzero! è lo zenzero il combustibile che usate, Panada, per fare un po’ di fuoco in questo cannibale gelato? Zenzero! Cosa diavolo è lo zenzero? carbone di mare? legna? fiammiferi? esca? polvere da cannone? Che cosa volo è lo zenzero, vi dico, da offrirne una tazza al nostro povero Quiqueg?
P 369 “Guardando fuoribanda si vedeva la testa prima inanimata palpitare e sussultare proprio sotto il pelo dell’acqua come se l’avesse presa in quel momento un’idea di somma importanza, mentre era soltanto il disgraziato indiano che inconsciamente rivelava con quei guizzi la pericolosa profondità cui era disceso”.
P 373 “Ma come? Genio in un capodoglio? Ha mai il capodoglio scritto un libro o pronunziato un discorso? No, il suo genio immenso si rivela in questo, ch’egli non fa nulla di speciale per mostrarlo”.
P 439 “Il mare aveva beffardamente sostenuto il suo corpo finito, ma annegato l’infinito del suo spirito.”
P 441 “Ch’io potessi continuare a spremere quello spermaceti per sempre! Poiché, ora per molte lunghe e ripetute esperienze mi sono accorto che, in ogni caso, l’uomo deve ultimamente abbassare o almeno mutare la sua idea di felicità raggiungibile, non collocandola in qualche regione dell’intelletto e della fantasia ma nella moglie, nel cuore, nel letto, nella tavola, nella sella, nel focolare e nella patria, ora che mi sono accorto di tutto ciò, io sono pronto a spremere la tinozza in eterno.”
P 447 “Gli aspetti abbronzati, ora tutti sufici di fumo e di sudore, le barbe ingarbugliate e il contrasto del barbarico splendore dei denti, tutto si rivelava stranamente nella decorazione capricciosa delle fiamme. Mentre costoro si narravano a vicenda le proprie non sante avventure, i loro racconti di terrore espressi in parole di allegrezza; mentre le loro poco civili risate forcheggiavano in alto, come le fiamme del forno; mentre, sotto i loro occhi, innanzi e indietro, i ramponieri gesticolavano selvaggiamente con le enormi forche puntute e i ramaioli; mentre il vento ululava e il mare balzava e la nave gemeva e tuffava la propria, trascinando fermamente il suo inferno rosso sempre innanzi nel buoi del mare e della notte, stritolando sdegnosa gli ossi bianchi tra i denti e sputacchiando malvagiamente intorno a sé; allora il Pequod scagliato, carico di selvaggi e pieno di fuoco, bruciante un cadavere e tuffatesi in quella nerezza tenebrosa, pareva il riscontro materiale dell’anima del suo monomaniaco comandante.”
P 478 “Si sente sovente di scrittori che s’innalzano e crescono con l’argomento, anche se questo può sembrare soltanto ordinario. Che cosa accadrà di me allora, scrivendo di questo Leviatan? Inconsciamente la mia calligrafia si espande in maiuscole cubitali. Datemi una penna di condor! Datemi il cratere del Vesuvio come calamaio! Tenetemi, amici! Poiché nel semplice atto di vergare i miei pensieri intorno a questo Leviatan, i pensieri mi stancano, mi spossano con la loro immensa comprensività, come per includere tutto il giro delle scienze e tutte le generazioni presenti, passate e di là da venire, di balene, di uomini, di mastodonti, con tutti i mutevoli panorami di potenza sulla terra e nell’intero universo, non esclusi i sobborghi. […] Nessun’opera grande e duratura potrà mai venire scritta sulla pulce, benché molti abbiano tentato.”
P 489 “Era un punto manipolatore: il cervello, se mai ne aveva avuto uno, doveva essergli colato nei primi tempi giù per i muscoli delle dita.”
P 511 “Nella vita non c’è un fermo progresso continuo, noi non avanziamo per gradi fissi verso la pausa finale: attraverso l’inconsapevole incanto dell’infanzia, la fede spensierata dell’adolescenza, il dubbio della giovinezza (il destino comune), e poi lo scetticismo, poi l’incredulità, noi ci fermiamo infine nel riposo meditabondo della virilità, del Se. Ma una volta finito, ripercorriamo la strada, e siamo bambini, ragazzi e uomini e Se, in eterno. Dov’è quest’ultimo porto, donde non salperemo mai più? In quale etere estatico naviga il mondo, di cui i più stanchi non si stancano mai? Dov’è nascosto il padre del trovatello? Le nostre anime sono come quegli orfani, le cui ragazze-madri muoiono dandoli alla luce, il segreto della nostra genitura giace in quella tomba e là dobbiamo conoscerlo”.
P 547 “Ma dalla sua marcia intermittente e dalla triste rotta serpeggiante si vedeva chiaro che questa nave piangendo di spuma restava tuttavia senza conforto. Era Rachele che piangeva i suoi figli perché non c’erano più.”
P 555 “Di sotto al cappello calcato, una lacrima cadde nel mare dall’occhio di Achab; tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero quella misera goccia.”
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lucianopagano · 2 months
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Appunti per una presentazione di «Se tolgo il nodo», Anna Rita Merico
L'1 marzo 2024, a Maglie, presso la Galleria Capece, nell'ambito della rassegna «Il marzo della poesia» a cura della Fondazione Capece, si è tenuta la presentazione della raccolta di Anna Rita Merico «Se tolgo il nodo» di recente edita da Musicaos Editore. Qui di seguito il testo del mio intervento.
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L’immagine del Minotauro nel racconto di Friedrich Dürrenmatt, posta in principio di «Se tolgo il nodo», pone l’attenzione su due elementi. 
Il primo, più evidente, è l’invito a osservare la diversità in modo differente, ovvero a guardare diversamente tutto l’impianto di valori con cui la mitologia si racconta attraverso i secoli. Il Minotauro infatti è una figura che in nessuno di noi, nella sensibilità comune, ispirerebbe fiducia, tenerezza, compassione.
Il secondo aspetto è nel carattere del Minotauro, che è un figlio mostro non voluto, nascosto all’interno di un labirinto. Come ci ricorda Juan Eduardo Cirlot, nel suo «Dizionario dei simboli», il labirinto viene costruito o raffigurato anche per intrappolare i demoni che, una volta al suo interno, non sarebbero stati in grado di sfuggire da esso; sempre Cirlot, citando Mircea Eliade, scrive che compito del labirinto è quello di proteggere il Centro, il Mistero. 
Il Minotauro posto in questo nuovo labirinto è un mistero nascosto, è un invito a entrare in una dimensione in cui si attueranno diversi capovolgimenti di senso.
Tutta la struttura di «Se tolgo il nodo» procede per inclusione di un nucleo nell’altro, dai ringraziamenti a Mario Tobino, Franco Basaglia, Michel Foucault, Ronald Laing, all’ingresso nell’antro del labirinto del Minotauro, alla nota di Antonio Nazzaro che precede i testi, ed è inclusa a sua volta nell’“opera”.
Anche questa traccia iniziale merita una nota, dato che gli autori citati hanno tutti a che fare con il tema della reclusione-isolamento associato al trattamento psichiatrico dell’anima. Sempre secondo Diel, ultimo citato da Cirlot a proposito di labirinto, quest’ultimo simboleggia proprio la psiche.
Quindi ricapitolando da questi primi riferimenti posti in principio di «Se tolgo il nodo», comprendiamo come questa raccolta si inscriva intimamente nel percorso poetico tracciato sin qui da Anna Rita Merico, decidendo di affrontare con la scrittura un tema legato al rapporto tra psiche, corpo, socialità, apertura-chiusura.
Non è un caso se la scelta cade su pensatori agenti nel sociale e non su filosofi o poeti tout court.
Il registro è volutamente intimo.
Il dialogo è tra forza bruta del fatto sociale, realistico, e reazione di un vissuto corporale, dove qui però è assodato che quando si parla di individuo si parla di un ente in cui anima e corpo condividono tutto, come sosteneva Friedrich W. Nietzsche nel suo Zarathustra, noi “non abbiamo” un corpo, noi “siamo” un corpo.
La “bava di ragno”, il linguaggio come “tentacolo filiforme”, sottolineano quanto evanescente sia il legame che dalla parola conduce alla cosa.
Il corpo è soggetto nella sua interezza, l’io non è un insieme organico privo di consapevolezza, l’io ha contezza materiale, nella riflessione, di tutti i suoi frammenti, che cerca di tenere costantemente uniti.
Espressioni utilizzate dalla poeta coma“affilata nientificazione”, “un filo potente scuce” riportano all’immagine di quel filo che serve per circolare nel labirinto senza smarrire la via del ritorno, “e perderò il dentro e il fuori / e non sapevo se la mente fosse oggetto tra gli oggetti”.
La poesia di Anna Rita Merico, che già in altri luoghi ha fatto i conti con un moto di decentramento dell’Io dal proprio mondo soggettivo, con un rifiuto pressoché totale di ogni rappresentazione e presentazione dell’Ego a scapito dell’individualismo, qui presenta una prima persona che pur avendo consapevolezza di ciò che esperisce col proprio corpo, si trova smarrita, persa e frantumata in particelle, “oggetto tra gli oggetti”.
C’è un testo, “Santità”, nel quale al corpo accade il trascendimento, un percorso transumano, quello che accade, prefigurato da più di trenta anni di arte performativa e adesso giunto alle soglie dell’estetica poetica. 
La trasformazione e la mutazione non sono tuttavia qui etichette di comodo, non si tratta di un manierismo tentato per mettersi alla pari di un “discorso generale” – anche poetico – in atto, proprio Foucault definiva un discorso come “insieme degli enunciati che appartengono a uno stesso sistema di formazione”, potremmo proseguire con ”sistema di formazione poetico”: 
«Se tolgo il nodo» è un richiamo implicito allo smarrimento vero, reale, tangibile, sanguigno, bavoso, scabroso, escoriato. 
«Se tolgo il nodo» il ritorno al di fuori del labirinto mi è precluso, sono perso.
Le “energie filate”, i raggi, ricordano la presenza di un corpo estatico nelle ultime poesie di Antonin Artaud.
In “Storie” c’è la negazione dell’amore nell’attesa, un corpo attende un altro corpo, ciò che arriva è un corpo che ha l’urgenza di trovare un oggetto, una discarica imbellettata come un manichino in vetrina, con l’ossessione che ritorna ciclica “bella bella bella bella bella bella”, ripetuta sei volte, svuotando di significato la bellezza. La ripetizione è utilizzata proprio per svuotare la poesia della sua funzione di ritornello accomodante.
C’è un rapporto di ridefinizione dell’oralità, nel verso frantumato che stilisticamente ha oltrepassato una fase legata alla rappresentazione poetica del linguaggio.
L’oralità della poesia è colta in presa diretta, sul corpo-ventre-stomaco, non dice più coi termini della razionalità, percorrendo però con raziocinio il crinale di un delirio lucido, “il mio stomaco è sottile linea di leppe [...] otre di rabbia”.
È importante in questa ricerca l’utilizzo del vuoto, degli spazi, delle percorribilità sulla pagina di un testo che è anche spaziale, territorio.
Anche se i presupposti teorici affondano le radici nel mito per una sua revisione, questa raccolta è con molta probabilità quella meno radicata, seppure l’azione poetico performativa si accompagni a diversi luoghi e relazioni «Se tolgo il nodo», quest’opera presenta un messaggio urgente, di scuotimento etico.
Quando l’autrice utilizza termini come “otre”, “cotenna di nervo”, richiama i termini di un’area animale. La sacca animale utilizzata come otre per l’acqua, l’otre in cui Eolo consegna i venti imbrigliati a Ulisse. 
Quello che si cerca è un disperato aggancio tra corpo e animale. “Digiuno in spirali nervose” ci dice che il nutrimento è acquisizione dello spirito, ma non perché il corpo diventa spirito, ma perché lo spirito non è stato mai altro che corpo.
L’immagine del filo che cuce, che sutura, che collega i punti della pelle, che unisce le carni, è altrove associata a quelle del graffio, della ferita, della crepa.
In testi come “Rostri”, “Fusioni” c’è la certezza che per Anna Rita Merico la parola non sia più un fatto referenziale, un circuitare tenuto a bada tra significante e significato.
La parola assume qui la stessa valenza che assume in teatro, nella singolarità di una scena vivida che non è solo raccontata. Tutti i richiami alla corporeità gettano un ponte di prossimità con il lettore che non può non provare ciò che legge, che appartiene a un suo passato remoto, rivivere lo strazio, se vogliamo, dello strappo, della perdita, perché è di sé stesso lettore che trova le tracce. In tal senso questa è una raccolta che presenta una visuale interiore che diviene nostra.
Una comunanza di isole che si incontrano, come accade nel testo “Abitudini”.
La suggestione di partenza è un gesto che lega, come un collare, che in realtà concretizza un’amicizia.
§
La poesia contemporanea, quella che dal secolo scorso lega autori come T. S. Eliot, Paul Celan, Josif A. Brodskij, Wisława Szymborska, e arriva ai giorni nostri con autori che legano il corpo alla scrittura, come Durs Grünbein – nel nostro paese potremmo citare Amelia Rosselli e Valerio Magrelli – è una poesia in cui il sostrato filosofico, le ragioni, sono sempre collegate a ciò che si scrive. La scrittura di Alda Merini è uno scavo profondo, a partire dalla psiche in dialogo con le fonti letterarie e bibliche, del suo vissuto corporeo, è anche per e grazie a lei se siamo qui a parlare di un “Marzo della poesia”, perché nel giorno del suo compleanno è stata fissata la data per la “Giornata Mondiale della Poesia”.
Concludo con una riflessione proprio sul significato della “Giornata Mondiale della Poesia”, in relazione alla scrittura di Anna Rita Merico. Quando diciamo “Mondiale”, diciamo che sarà la giornata mondiale della poesia anche in India, in Sudan, in Uruguay, in Siria, in Giappone; luoghi che se hanno subito il mito, come il Minotauro ad esempio e il Labirinto, come fattore culturale da ibridare con la propria esperienza. Il passo di Anna Rita Merico è un passo in avanti, nella consapevolezza che poesia e pensiero, inscindibili, devono discutere e mettere in discussione il mito. La “Giornata” in tal senso, non può essere concepita come “Giornata della Poesia Occidentale”.
https://musicaos.org/se-tolgo-il-nodo-anna-rita-merico-poesia-44/
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enkeynetwork · 6 months
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penelopeics · 8 months
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Il nostro amico Picchiatore.
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Se vi racconto la storia di X, sono sicura, non mi crederete. Se ve la racconto, direte che sto esagerando, che sto romanzando, drammatizzando. Ma la storia di X, se non la racconto io, non lo farà nessuno, perché X ha difficoltà di comprendonio, di pensiero e di linguaggio. No, non sto parlando di un “disabile”. Chissà, magari, se lo avessero valutato da bambino… ma non sto parlando di un disabile, sto parlando di una persona “normale”. Di un uomo “normale”. Dei suoi 38 anni, X ne ha passato 18 in galera -non lo so che ha fatto e le lacrime che ha tatuate sul viso a stento servono a indicare omicidio, ma potrebbe essere la moda. Quando parli, X fa fatica a capirti, una gran fatica. Ti chiede di ripetere, di riformulare, almeno 2-3 volte per ogni cosa che gli dici. Io, che invento soprannomi per quasi tutti gli utenti, l’ho soprannominato, affettuosamente, “Il Picchiatore”. Il bicipite di X è grande quanto il mio cranio, e anche quello è tatuato. “Il Picchiatore” perché X è violento -non lo dico io, lo dicono le carte, la sua ex, il carcere, che lo ha rinchiuso in isolamento per l’ultimo periodo di detenzione. Una volta ha sparato al campanello della sua ex, perché non gli rispondeva. Quando mi telefona, X lo fa almeno 5 volte di seguito se non gli rispondo subito: solo un messaggio “La richiamo appena posso” serve a calmarlo e farlo aspettare. È tutto istinto e niente raziocinio X, non riflette: agisce. Non ha pensieri, ha solo impulsi. Ma non è tutta colpa sua. Una volta ho conosciuto suo padre: gli avevo comunicato che doveva, per quell’anno, pagare meno di un euro l’ora per l’assistenza domiciliare di cui gode sua moglie: ha iniziato ad aggredirmi urlando finché non se n’è andato sbattendo la porta. Era la prima volta che mi vedeva. La sorella di X è quella che noi altri dei Servizi definiamo una “psichiatrica” -ha importanti problemi di salute mentale, proprio in questo periodo non lascia quasi mai il divano, catatonica. La madre di X ha avuto un brutto male anni fa, e non so se si sia ripresa. L’ultima volta che un operatore l’ha vista aveva un occhio nero -ha detto di essere caduta. Tutti e 4 vivono in una piccolissima casa popolare, sono poveri. X ci è stato inviato dal Tribunale per i Minorenni perché la sua bambina non vuole incontrarlo. Domani dovrò dirglielo e cercare di farglielo accettare. La relazione del centro di salute mentale su X ha parlato di “anni di abuso di droghe e alcol”. Quello che mi colpisce più di tutto, della sua storia, è che X sembra non rendersi conto del disastro in cui si è cacciato. O forse sì. L’altro giorno mi ha lasciato dei regali per la sua bambina, si lamentava di non conoscere esattamente la taglia della figlia, perché non la vede, ho esclamato “Certo, lei non è abituata a vedere il padre…” e lui, che stava uscendo dal mio ufficio, ha girato di scatto il viso lontano dalla mia vista, come quando si sta per piangere e non ci si vuole far vedere. Forse nemmeno lui ci crede alla sua storia.
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lamilanomagazine · 11 months
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Fano: Passaggi Festival, dai libri a colazione a quelli col linguaggio dei segni
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Fano: Passaggi Festival, dai libri a colazione a quelli col linguaggio dei segni. Si avvicina l’undicesima edizione di Passaggi Festival e ai turisti degli alberghi è arrivato, come ogni anno, un libro in regalo insieme al programma del festival, quale invito alla lettura e a partecipare a Passaggi, grazie alla collaborazione tra direzione del festival, assessorato al Turismo, Alberghi Consorziati, casa editrice il Mulino, Librerie.coop. Passaggi Festival aprirà i battenti coi “Libri a colazione” sul lungomare di Fano. Ogni mattina alle 9,30, dal 21 al 24 giugno, al Bon Bon Art Cafè del Lido, il pubblico, cui sarà offerto il caffè, potrà partecipare alle presentazioni che prenderanno il via mercoledì 21 con Anna Silvia Bombi e Daniele Malaguti, autori del libro “Il diritto di annoiarsi. Darsi il tempo per pensare” (Il Mulino). Che cos’è la noia e a che cosa serve? Perché non si può stare a lungo senza fare niente? Gli autori ne parleranno con la redattrice culturale Andreina Bruno. Il secondo appuntamento è giovedì 22 con Cristina Cassese, antropologa culturale che dialogherà insieme alla blogger letteraria del Cappuccino delle Cinque Chiara Grottoli su “Il bello che piace” (Enrico Damiani Editore), illustrando i molteplici significati delle pratiche di cura del corpo attraverso 10 oggetti d’uso quotidiano. Si prosegue venerdì 23 con Maddalena Borsato e “Il dolce. Una relazione estetica” (Edizioni ETS), un saggio sulle nozioni di dolce e dolcezza considerate nella loro complessità sensibile, simbolica e culturale, interpretate secondo l’approccio dell’estetica relazionale. L’autrice converserà con Ippolita Bonci Del Bene, (esperta in pratiche filosofiche con i bambini). Sabato 24 giugno chiude la rassegna dedicata ai ‘Libri a colazione’ Fabio Fiori con “Ánemos. I venti del Mediterraneo” (Mursia), per un viaggio poetico tra i miti e le storie, di ieri e di oggi, in compagnia del presidente del Club nautico fanese Piergiorgio Bonazelli. Prosegue anche quest’anno la collaborazione tra Passaggi Festival e la sezione di Pesaro e Urbino dell’E.N.S., ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi. Questi gli incontri dove sarà garantito l’interpretariato LIS, la lingua dei segni: mercoledì 21, ore 21, Chiostro delle Benedettine, Giulio Busi e Silvana Greco, “Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento” (Il Mulino); venerdì 23, ore 21, Piazza XX Settembre, Mario Giordano, “Maledette iene. Quelli che fanno soldi sulle nostre disgrazie” (Rizzoli); sabato 24, ore 19, Francesco Vecchi, “Non dobbiamo salvare il mondo. Dall’auto elettrica al bio, tutti i falsi miti della religione green” (Piemme).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tecnowiz · 11 months
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ChatGPT in cucina: come sfruttare l'AI per trovare nuove ricette
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L'Intelligenza Artificiale sta cambiando il modo in cui viviamo e lavoriamo, e ora anche il modo in cui cuciniamo. Con l'aiuto di ChatGPT, un assistente virtuale basato su una tecnologia di linguaggio naturale, è possibile usarla in cucina trovare nuove ricette in una frazione di secondo e creare piatti gourmet unici.
Scopri come utilizzare ChatGPT, l'assistente virtuale basato sull'Intelligenza Artificiale, per trovare nuove ricette e creare piatti gourmet unici in cucina.
ChatGPT può fornire consigli e suggerimenti per migliorare le proprie abilità culinarie e sperimentare con nuovi ingredienti e tecniche di cucina. Utilizzare i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette è un modo divertente e intuitivo per migliorare la propria esperienza culinaria, rendendo la cucina ancora più creativa e appagante.
Come funziona ChatGPT?
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ChatGPT è un assistente virtuale che utilizza l'Intelligenza Artificiale per comprendere e generare testo in linguaggio naturale. In pratica, questo significa che ChatGPT può "capire" il significato delle parole e delle frasi che gli vengono sottoposte e generare risposte coerenti in base al contesto. Per utilizzare ChatGPT in cucina, tutto ciò che serve è un dispositivo connesso a Internet, come uno smartphone o un computer, e una connessione stabile. Basta aprire il sito web o l'applicazione di ChatGPT e digitare una richiesta per trovare una ricetta.
Come utilizzare ChatGPT per trovare ricette
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Per trovare una ricetta con ChatGPT, basta digitare una richiesta, ad esempio "ricetta pasta al pomodoro" o "ricetta vegan con avocado", e premere invio. ChatGPT cercherà tra le sue fonti online e genererà una lista di ricette pertinenti alla tua richiesta. Ma ChatGPT non si limita solo a generare una lista di ricette standard. Grazie alla sua tecnologia di Intelligenza Artificiale, ChatGPT può anche suggerire varianti personalizzate delle ricette esistenti, in base ai tuoi gusti e alle tue preferenze. Ad esempio, se hai intolleranze alimentari o preferenze specifiche come la cucina piccante o senza glutine, ChatGPT può adattare la ricetta di conseguenza. Inoltre, ChatGPT può anche suggerire abbinamenti tra ingredienti e piatti, e fornire suggerimenti su come preparare e cucinare gli ingredienti. Insomma, ChatGPT può diventare un vero e proprio assistente di cucina virtuale, pronto a rispondere alle tue domande e a fornirti sempre nuove idee per i tuoi pasti.
Vantaggi di utilizzare ChatGPT in cucina
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L'utilizzo di ChatGPT in cucina presenta numerosi vantaggi, tra cui: Risparmio di tempo: con ChatGPT, puoi trovare nuove ricette in pochi secondi, senza dover cercare manualmente su internet o sui libri di cucina. Variazione dei piatti: grazie alla vasta gamma di ricette disponibili su ChatGPT, puoi facilmente variare i tuoi pasti e scoprire nuovi sapori e ingredienti. Personalizzazione delle ricette: ChatGPT può adattare le ricette in base ai tuoi gusti e alle tue preferenze alimentari, rendendo i piatti ancora più adatti ai tuoi bisogni. Imparare nuove tecniche di cucina: ChatGPT può fornire suggerimenti e consigli sulla preparazione degli ingredienti e sulla cottura, aiutandoti a migliorare le tue abilità di cucina. Possibilità di cucinare piatti internazionali: grazie alla sua vasta base di dati di ricette, ChatGPT può aiutarti a scoprire piatti della cucina internazionale e a sperimentare nuovi sapori.
Usa i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette
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Come ho scritto nei paragrafi precedenti ChatGPT può essere utilizzato anche in cucina, per trovare nuove ricette e creare piatti unici e deliziosi. Ma vediamo come utilizzare i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette e migliorare le nostre abilità culinarie. Che cosa sono i prompt su ChatGPT? I prompt su ChatGPT sono frasi o domande che vengono inserite nell'assistente virtuale per generare una risposta specifica. In cucina, i prompt possono essere utilizzati per trovare nuove ricette, adattarle ai propri gusti e alle proprie preferenze, e scoprire nuovi modi di cucinare gli ingredienti. Ad esempio, alcuni prompt comuni per trovare ricette includono: - "Ricetta per pasta al pomodoro" - "Ricetta vegetariana con zucchine e melanzane" - "Ricetta senza glutine con pollo e verdure" - "Ricetta a base di avocado per un pranzo leggero" Inoltre, i prompt possono essere utilizzati per chiedere suggerimenti su come cucinare o preparare un ingrediente specifico, come ad esempio: - "Come cucinare il pollo alla griglia?" - "Come preparare le zucchine per una ricetta vegetariana?" - "Quali sono i migliori abbinamenti per il pesce spada?" Come utilizzare i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette Per utilizzare i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette, basta aprire l'applicazione o il sito web di ChatGPT e inserire un prompt correlato alla ricetta che si desidera trovare. Ad esempio, se si vuole trovare una ricetta per la pasta al pomodoro, basta digitare "ricetta pasta al pomodoro" e premere invio. Una volta ricevuta la risposta di ChatGPT, si possono visualizzare le varie opzioni di ricette e scegliere quella più adatta alle proprie esigenze. Inoltre, ChatGPT può anche suggerire varianti personalizzate delle ricette esistenti in base ai propri gusti e alle proprie preferenze alimentari. Ad esempio, se si è intolleranti al lattosio, ChatGPT può fornire una versione della ricetta senza latticini. Inoltre, i prompt possono essere utilizzati per chiedere consigli su come preparare e cucinare un ingrediente specifico. Ad esempio, se si vuole cucinare il pesce spada, basta digitare "come cucinare il pesce spada" e ChatGPT fornirà consigli su come preparare e cuocere il pesce. I vantaggi di utilizzare i prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette L'utilizzo dei prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette presenta numerosi vantaggi, tra cui: - Risparmio di tempo: grazie alla velocità di risposta di ChatGPT, è possibile trovare nuove ricette in pochi secondi. - Variazione dei piatti: grazie alla vasta gamma di ricette disponibili su ChatGPT, è possibile variare i propri pasti e scoprire nuovi sapori e ingredienti. - Personalizzazione delle ricette: ChatGPT può adattare le ricette in base ai propri gusti e alle proprie preferenze alimentari, rendendo i piatti ancora più adatti alle proprie esigenze. - Imparare nuovetecniche di cucina: ChatGPT può fornire consigli e suggerimenti sulla preparazione degli ingredienti e sulla cottura, aiutando a migliorare le proprie abilità culinarie. - Possibilità di cucinare piatti internazionali: grazie alla vasta base di dati di ricette, ChatGPT può aiutare a scoprire piatti della cucina internazionale e sperimentare nuovi sapori. L'utilizzo dei prompt su ChatGPT per trovare nuove ricette è un modo innovativo per scoprire nuovi piatti e sperimentare nuovi sapori in cucina.
Conclusione
ChatGPT è un assistente virtuale che può diventare un prezioso alleato in cucina. Grazie alla sua tecnologia di Intelligenza Artificiale, può aiutarti a trovare nuove ricette, personalizzarle in base ai tuoi gusti e alle tue preferenze, e fornirti consiglie suggerimenti per migliorare le tue abilità di cucina. Utilizzare ChatGPT in cucina può essere un modo divertente e innovativo per scoprire nuovi piatti e sperimentare nuovi sapori, rendendo la cucina ancora più creativa e appagante.
Note finali
E siamo arrivati alle note finali di questa guida su ChatGPT in cucina: come sfruttare l'AI per trovare nuove ricette. Prima di salutare volevo informarti che mi trovi anche sui Social Network, per entrarci clicca sulle icone appropriate che trovi nella Home di questo blog, inoltre se la guida ti è piaciuta condividila pure attraverso i pulsanti social di Facebook, Twitter, Pinterest e Tumblr, per far conoscere il blog anche ai tuoi amici, ecco con questo è tutto Wiz ti saluti. Read the full article
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avgraficadesign · 11 months
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Yellow Kid: fu davvero il primo protagonista dei fumetti?
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Ancora oggi la nascita del fumetto è materia dibattuta ma, storicamente, si fa risalire la sua creazione a Yellow Kid, il primo personaggio di una storia a fumetti! Ma è davvero così?
Chi è Yellow Kid?
Yellow Kid era un personaggio della striscia intitolata "At the Circus in Hogan's Alley" pubblicata per la prima volta il 5 Maggio 1895 come supplemento domenicale del New York World.
Il suo autore è l'artista Richard Felton Outcault che, nelle sue strisce, raccontava le avventure di una variopinta umanità in un ghetto newyorkese. Tra queste figure spicca la presenza di Mickey Dugan, un ragazzino goffo, calvo, abbigliato con una camiciona da letto (inizialmente blu e poi gialla).
Mentre i dialoghi degli altri personaggi erano scritti su cartelli, i dialoghi di Yellow Kid apparivano sul suo camicione, ma successivamente l'autore introdurrà le caratteristiche nuvolette. Questo personaggio curioso e singolare è riconosciuto oggi come il primo protagonista di un fumetto.
I precursori del fumetto
Come abbiamo accennato, l'identità del primo personaggio dei fumetti, anche se formalmente designata, è ancora materia di discussione tra gli studiosi di storia dell'arte. Molte di queste discussioni hanno addirittura origine dalla definizione stessa di fumetto.
Questo linguaggio è spesso definito come una narrazione per immagini e, se il testo scritto non è strettamente necessario, è possibile considerare come primi esempi anche i graffiti preistorici, i geroglifici egiziani o i bassorilievi greci e romani. Tuttavia, il celebre autore newyorkese Will Eisner ci offre una definizione più puntuale: quella di arte sequenziale.
La sequenzialità contraddistingue la narrazione a fumetti, ma questa può essere riscontrata anche in antichità, in esempi come la Colonna Traiana o in alcune illustrazioni dell'arte medievale. Per arrivare al fumetto vero e proprio andranno ancora definiti degli stili di linguaggio ed espressione precisi.
La nascita del balloon
Il balloon è quello spazio bianco, rappresentato come una sorte di palloncino, che, nelle tavole a fumetto, serve a contenere i dialoghi dei personaggi. In Italia il nome "fumetto" nasce proprio da questo elemento che appare come una nuvoletta di fumo che esce dalla bocca del personaggio.
Ma anche in questo caso esistono delle rappresentazioni precedenti alla pubblicazione delle storie di Yellow Kid, come opere medievali o stampe del XVII° secolo che utilizzano soluzioni simili al balloon. Precedenti che fanno scricchiolare il suo primato. Quindi, di cosa abbiamo bisogno ancora per definire un fumetto?
L'artista statunitense Coulton Waugh, nel 1947, pubblica il saggio The Comics, il primo libro dedicato ad analizzare l'arte del fumetto. Waugh è il primo ad avanzare l'ipotesi di Yellow Kid come primo personaggio dei fumetti e offre la sua definizione del mezzo: la sequenza narrativa delle vignette, il testo inserito nei disegni e la presenza di personaggi che appaiono con regolarità nella storia.
Un'altra caratteristica importante dei fumetti, e che ne segna la nascita solo da un certo momento storico in poi, è la sua riproducibilità. Propria del fumetto è la possibilità di essere riproducibile per essere diffuso a un gran numero di lettori, un aspetto collegato alla diffusione dei giornali nella seconda metà dell'800.
Il fumetto... prima di Yellow Kid?
Ma, quindi, davvero Yellow Kid è il primo personaggio dei fumetti a tutti gli effetti? Beh... non esattamente.
Nel XIX° secolo i giornali iniziavano la loro grande diffusione e, assieme a questi, anche le strisce satiriche e umoristiche. In Europa, a Ginevra, Rodolphe Töppfer pubblica nel 1827 diversi racconti per immagini come "Histoire de M. Jabot", anche grazie ai consigli di Goethe e sono molti a considerare questo artista il primo vero fumettista.
Sempre in Europa, questa volta in Germania, l'illustratore e poeta Heinrich Christian Wilhelm Busch, realizza nel 1865, per un giornale umoristico "Fliegende Blätter", le avventure dei bambini Max e Moritz. Anche se non compare ancora il fumetto, alcuni storici del ramo, come l'italiano Palmiro Boschesi, le considerano come le prime storie a fumetti.
Passato e... futuro del fumetto
Queste opinioni contrastanti rendono la cosa ancora oggi, spinosa e soggetta alle opinioni dei vari esperti a seconda di come questi considerano il media. La creazione di fumetti, come espressione artistica, si è ritagliata un suo posto nel cuore di milioni di appassionati, raggiunti da una infinità di storie dei propri eroi, dapprima grazie alla stampa e, in tempi recenti, al web.
La nona arte, grazie al suo linguaggio semplice ma evocativo, fatto della fusione tra immagine e testo, è ideale sia per raccontare una storia che nella progettazione grafica di materiale pubblicitario messa in atto da aziende e imprese.
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