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#porrajmos
djuvlipen · 27 days
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kind of crazy that the (revisionist) idea that the Nazis committed a genocide against trans people is being given more attention, visibility and credence than has ever been given to the actual genocide Nazis committed against Romani people
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ninocom5786 · 9 months
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Nella notte tra l'1 e il 2 agosto 1944, i nazisti sterminarono circa 3 mila persone tra rom e sinti bollati come "parassiti" nelle camere a gas nel campo di concentramento di Auschwitz Birkenau. Fu denominato come 'grande divoramento'.
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perseph · 1 year
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Today, January 29, is Holocaust Memorial Day. Please take some time to learn about the Romani and Sinti genocide, which is an aspect of the Holocaust that is often minimized or erased in our history and media.
Further resources: Dikhe Na Bister
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bengesko · 3 months
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Sometimes I think about my last name, my Mami's family line, and it makes me deeply sad and feeling an inconsolable loss because when I search for it, most records of it are Porrajmos victims.
The number of recorded/registered people with my last name doesn't even break double digits world wide.
In the US, I am one of two, not counting my Mami- because she changed her last name upon coming here.
The possibility that this other person might be a relative fills me with a bit of hope. Maybe they have a family of their own, maybe their children will continue our name, maybe they were lucky enough to carry on some of our culture. Maybe they were lucky enough to find other Rromani in the US diaspora.
When I legally changed my name, I took my Mami's maiden name, because even if it's just for one more generation, it won't die out. Not yet.
I chose her maiden name to carry it for her, for the family that didn't make it. One bit of defiance against the devouring hate that tried to erase us.
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scarlet--wiccan · 9 months
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Something worth mentioning about Doctor Doom’s backstory is that depending on the time scale he would have been born after the Porrajmos.
Which means his community suffered greatly.
The ideas that he could never be weak and that Doom is superior came from his own peoples suffering.
yyyeeeahhhhh that's the case for most, if not all Romani characters in the Marvel universe. Wanda and Pietro are famously the children of Holocaust survivors.
The whole point of Victor's backstory is that his community was suffering, and that he became the person he became because of the violence he witnessed, and the losses he experienced. They don't talk about the Holocaust directly, but the themes you're getting at are already present-- they're kind of the whole point.
Today, August 2nd, is actually Romani Holocaust Memorial Day. I'm not going to shy away for representing this part of our history, but I would like to say that the Romani people are widespread, and our history is long and complicated. We can represent other parts of that history, and other instances of persecution, without comparing everything to the Porrajmos/Samudaripen.
Anyways, now that we're talking about it, I have post with a brief historical primer on Romani Holocaust victims here. Dikhe Na Bister is posting some interesting stuff about their Memorial Day activities, and they're also running a fundraiser for Roma Holocaust survivors in Ukraine.
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romanationmovement · 2 years
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Professor Ian Hancock OBE (awarded by Her Majesty Queen): The Holocaust claimed anywhere between 500,000 and 1.5 million Romani lives
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semtituloh · 1 year
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DÍA INTERNACIONAL DEL PUEBLO GITANO (8 de abril)
Los subgrupos gitanos sinti y roma fueron brutalmente perseguidos por los naz1s, como ya conté en otros posts anteriores. Sin embargo, es un tema que aún hoy sigue siendo muy invisibilizado. A diferencia de la Shoa, poco se sabe del Porrajmos o Samudaripen (genocidio gitano).
Los sinti y roma no solamente fueron sistemáticamente perseguidos y enviados a campos de concentración (como Buchenwald, Sachsenhausen, Dachau, Mauthausen, Ravensbrück, etc.), sino también a los campos de exterminios del Este (Auschwitz-Birkenau, Belzec, Sobibor, Chelmno, Treblinka y Majdanek), construidos para llevar a cabo la “Solución final” 1942 (el exterminio de la totalidad de los judíos de Europa), que fue coordinada en febrero de 1942 en la conferencia de Wannsee.
Los motivos ideológicos de la persecución hacia estos grupos se deben a motivos racistas y culturales (aunque ambas categorías se superponen):
🔸Racistas: los sinti y roma eran considerados por los naz1s como una raza inferior y, por lo tanto, propensa a contaminar la “pureza de la sangre aria”.
🔸Culturales: sus formas de vida nómades eran incompatibles con los modelos de vida y de producción que los nazis pretendían y con la doctrina de “tierra y sangre”, que circunscribía las identidades nacionales a un territorio concreto. Pero fundamentalmente, los gitanos fueron víctimas de los estereotipos despreciativos arraigados en la sociedad (no sólo alemana, naturalmente), como los asociados a la haraganería y a mitos como el del secuestro de niños. Por estos motivos, al ser deportados a los campos, la mayoría eran clasificados como “asoziale” (seres inadaptados a la sociedad, improductivos) e identificados con un triángulo negro correspondiente a dicha categoría; aunque en algunos campos se les colocaba un triángulo marrón, exclusivo para gitanos.
Para que mis anteriores publicaciones sobre el tema no se pierdan entre las otras, voy a dejar todas las publicaciones y el link para un pequeño artículo que escribí en mis historias destacadas.
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goodbearblind · 2 years
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#Repost @supercalifragilistiche
• • • 💔💔
16 maggio 1944, le SS decidono di smantellare il Familienzigeunerlager, il “campo per famiglie zingare” ad Auschwitz. "Smantellare il campo" è una triste formula che porta con sé allegato il significato di "eliminare tutti gli internati". E' consuetudine, ad Auschwitz, che ad una decisione presa dai nazisti segua docile la sua messa in atto, senza ostacoli o impedimenti. Non ci si aspetta che qualcuno tra i reclusi nel lager possa alzarsi in piedi a dire di no: non è mai successo, e diversi anni di esperienza nei campi hanno insegnato questa usanza a prigionieri e secondini.
Ma quel 16 maggio, all'ordine di uscire dalle baracche e dirigersi verso le camere a gas, segue sorda la risposta di chi non ha mai voluto imparare costumi e usanze del posto. In 4.000 escono dai capannoni. Hanno dipinti sul volto i segni della fame e dei soprusi, ma negli occhi brilla ancora una scintilla di dignità che impedisce loro di andare a morire in silenzio. Uomini donne e bambini. Chi armato di spranga, chi di bastone. Alcuni raccolgono da terra pietre e calcinacci, altri si gettano sugli aguzzini a mani nude. Le SS sono costrette a desistere di fronte alla rivolta, sconcertate da una reazione che non pensavano potesse verificarsi e che non si verificherà più.
Lo Zigeunerlager viene liquidato il 2 agosto dello stesso anno, e tutti i detenuti all'interno uccisi. I nazisti hanno smesso di passare i rifornimenti al campo, e i Gitani presi per fame vengono ridotti all'obbedienza e alla fossa.
Si parla poco della morte di oltre 500.000 tra Rom, Sinti e Manush sotto il regime nazista e fascista, e della predilezione che il dottor Mengele aveva nei suoi esperimenti per i bambini zigani. Durante il Processo di Norimberga i superstiti non vengono neanche ammessi come parte civile, e pochi stati attualmente annoverano il Porrajmos (termine che il lingua romani significa "divoramento") subito dai gitani come parte dei crimini nazisti.
Infoaut
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archivio-disattivato · 3 months
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“Non solo gli ebrei, c’è un secondo sterminio razziale che va riconosciuto nella Giornata della memoria”, a TPI parla attivista rom
Riconoscere lo status di minoranza per rom e sinti e introdurre il riferimento al Porrajmos all’interno della legge che istituisce il 27 gennaio la Giornata della Memoria. A chiederlo è il movimento Kethane, rom e sinti per l’Italia, attraverso le parole di Dijana Pavlović, attrice e attivista rom, intervistata telefonicamente da TPI a pochi giorni dalla giornata in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto. “I nazisti hanno compiuto barbarie verso tante categorie di persone – inclusi omosessuali, oppositori politici – ma gli stermini razziali sono stati solo due: la Shoah contro gli ebrei e il Porrajmos contro rom e sinti”, sottolinea Pavlović. “In nessun’altra categoria sterminata c’erano dei bambini”.
Con il termine Porrajmos (che significa “grande divoramento” o “devastazione”) le comunità rom e sinti indicano lo sterminio perpetrato da parte dei nazisti nei confronti del proprio popolo. Durante la Seconda guerra mondiale, ai milioni di ebrei assassinati dai nazisti, si aggiunse infatti la morte di 500mila persone rom e sinti.
Perché è necessario risvegliare l’attenzione sul Porrajmos?
Non siamo masochisti a voler ricordare tutte le cose terribili che sono accadute. La memoria serve a creare un senso comune e dare consapevolezza sulle conseguenze a cui può portare l’odio razziale, il pregiudizio e un certo modo di trattare le minoranze.
Come mai proprio adesso chiedete di riconoscere lo status di minoranza per rom e sinti in Italia?
La nostra richiesta in parte è simbolica, in quanto è profondamente giusto dare dignità a mezzo milione di persone – uomini, donne e bambini – morti solo perché sono nati zingari. In tutti questi anni, infatti, non abbiamo mai avuto un risarcimento, né materiale né morale.
Però è soprattutto una richiesta necessaria, perché ora rom e sinti sono il popolo più discriminato in assoluto in tutta Europa e anche in Italia.
L’80 per cento degli italiani ha pregiudizi nei confronti di rom e sinti. I dati di Oscad (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) presentati ieri mostrano che la maggior parte dei crimini d’odio nel 2019 riguardano razzismo e xenofobia, inclusa quella contro rom e sinti. L’odio verso il diverso è una questione quotidiana, la pressione politica e mediatica soprattutto verso la minoranza è forte, quindi il riconoscimento dello sterminio di rom e sinti è fondamentale per ristabilire un dialogo con le istituzioni, che possa portare a una convivenza migliore.
Non siamo stati internati solo in Germania dai nazisti, ma anche in Italia dai fascisti. C’erano dei campi di concentramento italiani per rom e sinti durante il fascismo, da cui alcuni degli internati sono stati poi deportati nei campi di sterminio tedeschi. Questo deve iniziare a far parte della coscienza collettiva del nostro paese.
Oggi è difficile che un politico chieda maggiori tutele per rom e sinti, perché sembra che questo possa far perdere voti.
La questione rom è oggetto di una strumentalizzazione fortissima, non è un segreto. Lega e Fratelli d’Italia fanno le campagne elettorali locali e nazionali sfruttando il tema. Dall’altra parte c’è quasi un imbarazzo a esprimersi come da Costituzione italiana, che impone di proteggere le minoranze. A volte si preferisce inseguire la Lega, assecondando le sue politiche, come gli sgomberi dei campi, o tacendo. Ma questo è il miglior modo di perdere voti.
La comunità ebraica sostiene la vostra richiesta di riconoscere il Porrajmos?
Alcuni esponenti della comunità ebraiche di varie città si sono espressi a sostegno della nostra richiesta. Ma la comunità ebraica ufficialmente, come associazione, non si è mai espressa. Colgo l’occasione per rivolgere loro un appello: la richiesta di aprire le porte e riconoscere che c’è stato un secondo sterminio razziale.
Anche Liliana Segre, quando ha proposto la sua Commissione anti-odio, ha voluto che si occupasse di tutte le discriminazioni, non solo dell’antisemitismo. È vero che questo fenomeno sta aumentando, ma sulla Shoah c’è una consapevolezza collettiva fortissima, che li protegge. Noi non godiamo di questa protezione.
C’è qualche associazione o esponente politico che vi appoggia?
A parte le associazioni rom e sinte, ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ndr) ha firmato il nostro appello per il riconoscimento del Porrajmos. Alcuni politici, come Emanuele Fiano e Graziano Delrio, si sono espressi pubblicamente sul tema. Ma tra il prendere pubblicamente posizione e portare una proposta di legge in parlamento c’è ancora tanto spazio.
Il Movimento Kethane ha aderito all’appello delle Sardine. Come mai?
Anche noi combattiamo affinché la politica usi un linguaggio che non sua violento, che non istighi all’odio e che sia responsabile nei confronti dei cittadini. Inoltre noi siamo anti-sovranisti, anti-nazionalisti e pro-europei. Noi Rom siamo 12 milioni in Europa, l’Europa è la nostra terra. I nazionalismi ci hanno portati allo sterminio. Concordiamo con le Sardine anche per quanto riguarda la richiesta di abolire i decreti sicurezza e attuare una riforma dell’immigrazione. Siamo anti-Salviniani, anche al di là della strumentalizzazione della questione dei rom e dei sinti. Non condividiamo i concetti e i valori che lui esprime.
C’è secondo te il rischio di un ritorno di discriminazioni verso rom e sinti?
Non sarebbe un ritorno, semmai un aumento. Proprio per il fatto che il Porrajmos non è stato riconosciuto, non c’è mai stata una presa di coscienza in proposito, e dopo la seconda guerra mondiale la discriminazione nei confronti di rom e sinti è continuata. Il problema è che ci sono dei picchi. Per noi la situazione è iniziata a cambiare dal 2009, quando c’è stata la cosidetta “emergenza nomadi” del governo Berlusconi, con il ministro Maroni. Dopodiché c’è stata un’escalation, e negli ultimi anni abbiamo assistito ad assessori comunali o regionali che invocavano i forni crematori, che dicevano bisognasse tagliare le mani agli zingari, togliere loro i bambini o che chiedevano la sterilizzazione. Parlo soprattutto di esponenti di Fratelli d’Italia o della Lega.
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dirjoh-blog · 5 months
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Eye witness accounts of the Porajmos
Porajmos – sometimes spelled Porrajmos or Pharrajimos – which means‘devouring’ or ‘destruction’ in some dialects of the Romani language, is the term for the Roma Sinti Holocaust during World War 2. It was introduced by Romani scholar and poiltical activist ,Ian Hancock, in the early 1990s. he chose to use the term, coined by a Kalderash Roma, from a number of suggestions which were given during…
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Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των Τσιγγάνων
Στις 15 Νοεμβρίου του 1943, ο αρχηγός των SS Χάινριχ Χίμλερ εξέδωσε μία διαταγή, με την οποία οι τσιγγάνοι εξομοιώνονταν με τους Εβραίους, όσον αφορά τη θέση τους στη γερμανική κοινωνία. Το άμεσο αποτέλεσμα αυτής της απόφασης ήταν χιλιάδες τσιγγάνοι της Γερμανίας να οδηγηθούν σε στρατόπεδα συγκέντρωσης, όπως και οι Εβραίοι συμπολίτες τους, και να […] Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των…
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djuvlipen · 8 months
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If Germany was actually sorry about WWII and about the genocides they committed, they wouldn't be in favour of prostitution and they wouldn't be building brothels in which an overwhelming number of Romani women are being raped by men, beaten by men and called 'Gypsy whores' by their pimps and their johns. The legal and institutionalized mass raping of Romani women in German brothels just proves that torture and persecution carried by the German State on Romani women never stopped. The German men raping Romani women in brothels are just the same as their German grandfathers who did the same thing in concentration camps.
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thoughtfullyblogger · 5 months
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Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των Τσιγγάνων
Στις 15 Νοεμβρίου του 1943, ο αρχηγός των SS Χάινριχ Χίμλερ εξέδωσε μία διαταγή, με την οποία οι τσιγγάνοι εξομοιώνονταν με τους Εβραίους, όσον αφορά τη θέση τους στη γερμανική κοινωνία. Το άμεσο αποτέλεσμα αυτής της απόφασης ήταν χιλιάδες τσιγγάνοι της Γερμανίας να οδηγηθούν σε στρατόπεδα συγκέντρωσης, όπως και οι Εβραίοι συμπολίτες τους, και να […] Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των…
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greekblogs · 5 months
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Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των Τσιγγάνων
Στις 15 Νοεμβρίου του 1943, ο αρχηγός των SS Χάινριχ Χίμλερ εξέδωσε μία διαταγή, με την οποία οι τσιγγάνοι εξομοιώνονταν με τους Εβραίους, όσον αφορά τη θέση τους στη γερμανική κοινωνία. Το άμεσο αποτέλεσμα αυτής της απόφασης ήταν χιλιάδες τσιγγάνοι της Γερμανίας να οδηγηθούν σε στρατόπεδα συγκέντρωσης, όπως και οι Εβραίοι συμπολίτες τους, και να […] Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των…
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Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των Τσιγγάνων
Στις 15 Νοεμβρίου του 1943, ο αρχηγός των SS Χάινριχ Χίμλερ εξέδωσε μία διαταγή, με την οποία οι τσιγγάνοι εξομοιώνονταν με τους Εβραίους, όσον αφορά τη θέση τους στη γερμανική κοινωνία. Το άμεσο αποτέλεσμα αυτής της απόφασης ήταν χιλιάδες τσιγγάνοι της Γερμανίας να οδηγηθούν σε στρατόπεδα συγκέντρωσης, όπως και οι Εβραίοι συμπολίτες τους, και να […] Porrajmos (Ποράιμος:) Το Ολοκαύτωμα των…
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cromodinamica · 6 months
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Indovina chi viene a scuola? Rom, sinti e caminanti
Nel nostro Paese tanti bambini e adolescenti sono in un limbo. Capita su vari fronti della vita sociale, spicca sul fronte scolastico: dall'accesso al sistema educativo pubblico ai metodi di insegnamento, dall’accoglienza in classe al diritto/dovere di frequentare la scuola dell’obbligo, fino all’opportunità di imparare correttamente la lingua italiana. Chi sono questi ragazzini? Sono gli alunni della comunità romanì, nei documenti burocratici definiti “rom, sinti e caminanti” (questi ultimi formano una piccola comunità radicata in Sicilia).
Il 2 agosto del Grande Divoramento
Sebbene siano, salvo una piccola frazione extra-comunitaria, cittadini italiani o di vari Paesi dell’UE, vengono trattati come “migranti” e “clandestini”. Anzi, spesso sono considerati “più stranieri” dei migranti, nonostante i loro antenati siano arrivati in Europa, quindi in Italia, tra XV e XVI secolo (forse prima), dopo una lenta migrazione dall’India settentrionale. Non è questa la sede per ricordare nei dettagli la terribile persecuzione di cui rom e sinti sono stati vittime: la Germania nazista, con il sostegno dell’Italia fascista e di altri regimi alleati, ne ha sterminati più di mezzo milione, in un olocausto denominato in lingua romanì Porrajmos (significa ‘grande divoramento’) e ricordato il 2 agosto, sebbene pochi lo sappiano. Così come richiederebbe molto spazio un resoconto della discriminazione tuttora in corso, in un groviglio di pregiudizi. Di certo, rappresentano oggi la minoranza più discriminata.C’è il rischio, tra gli altri, che in Italia i più giovani (i minorenni sono il 60%) non solo non arrivino alla fine della scuola dell’obbligo, ma non la frequentino affatto. I dati sulla loro scolarizzazione sono diversi a seconda della fonte, perché non c’è una visione generale. Di certo, nelle scuole di alcuni Comuni varie prestazioni legate al diritto allo studio (refezione, sostegno ai disabili, borse di studio) sono negate, perché non risultano residenti. In alcuni istituti scolastici il minorenne romanì (italiano o straniero) viene segnalato come “nomade” e gli stessi ministeri usano spesso la parola “nomadi”, sebbene solo il 3% lo sia davvero. I problemi maggiori nascono nei cosiddetti (ci risiamo…) “campi nomadi”, dove vivono circa 26.000 persone, il 20%: è chiaro che abitare in una baraccopoli – di solito scollegata da scuole e centri abitati – contribuisce a rendere difficile una frequenza regolare.
Pandemia e dispersione scolastica
La dispersione scolastica è stata resa ancora più allarmante, tra 2020 e 2021, dall’emergenza sanitaria, con la fine delle lezioni “in presenza” e, come è intuibile, con problemi ancora maggiori per questi ragazzini, rispetto ad altre fasce svantaggiate, nell’utilizzo della didattica a distanza (Dad). Soprattutto all'interno dei campi. Ci sono stati casi virtuosi di docenti e assistenti sociali che, in alcune aree metropolitane, hanno cercato di rimediare. Tuttavia, oltre a computer e tablet, per svolgere la Dad servono energia elettrica, connessioni decorose al Web, competenze tecniche da parte degli adulti. Nelle baraccopoli non sempre ci sono e questo crea ulteriore dispersione scolastica. Infatti, una volta riaperte le aule, è capitato – a Roma per esempio – che 4 bimbi su 10 non siano rientrati. Eppure una recente indagine demoscopica – dedicata alla loro scolarizzazione e svolta da SWG per conto del “Movimento Khetane, rom e sinti per l’Italia” – svela, fra l’altro, che i due terzi dei genitori ritengono la scuola utile per aprire prospettive lavorative e sociali ai figli. Quindi l’emarginazione pesa più della supposta scarsa disponibilità a favorire l’istruzione.
I sentimenti antizigani degli italiani
Per inquadrare la portata della questione è opportuno un chiarimento sui numeri presunti della comunità. Presunti perché non esiste – per fortuna – un censimento su base etnica (sebbene nel 2018 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse tentato una schedatura con scopi repressivi), contrario all’articolo 3 della Costituzione e a varie convenzioni europee e internazionali. Rom e sinti in Italia sarebbero 140.000 (è il dato medio valutato, sulla base di dati ufficiosi, dal Consiglio d’Europa), quindi lo 0,25% della popolazione, una delle percentuali più esigue nel continente; mentre i sentimenti antizigani degli italiani sono i più alti (82%). Nonostante luoghi comuni e pregiudizi, spesso eccitati da certa politica e da certi media, la stragrande maggioranza (4 su 5) sta in abitazioni convenzionali e conduce una vita normale. Come già segnalato, solo il 3% è effettivamente nomade; mentre nei “campi nomadi” vive (o è costretto a vivere) uno su 5, in gran parte con la residenza anagrafica. Secondo l’European Roma Rights Centre, nel 2010 la metà dei rom e sinti risultava formata da cittadini italiani; un quarto da quelli di Paesi dell’UE; gli altri erano originari di Stati continentali extra-UE. Insomma, sono parte integrante dell’Europa premoderna, moderna e contemporanea.
Dialetti del romanés e italiano
Torniamo così agli alunni rom e sinti che frequentano le nostre scuole: al di là delle difficoltà citate, esiste anche un aspetto che lega questioni linguistiche a questioni didattiche. Nel senso che per questi bimbi l’italiano spesso è la seconda lingua, dato che in famiglia si usa (sempre nel 50% dei casi, parzialmente negli altri) uno dei dialetti del romanés, lingua neo-sanscrita, tradizionalmente tramandata solo oralmente (anche se stanno nascendo, per ora a livello dei loro intellettuali, un sistema di scrittura condiviso e una lingua standard, strumenti necessari anche per raggiungere un riconoscimento politico-culturale).
Bilinguismo sottrattivo e bilinguismo additivo
Di certo, una lingua-madre che si tramanda per via orale – una delle poche oggi rimaste – richiede “una diversa impostazione di glottodidattica interculturale” sul fronte della scolarizzazione. Lo scrive – in un articolo su EL.LE – Paola Desideri, fino al 2020 professoressa ordinaria di Didattica delle Lingue moderne all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, che si è addentrata in un campo poco studiato. Spiega che a scuola, “nel rispetto del pluralismo delle differenze, il primo passo è quello di riconoscere l’alterità del mondo” dei rom e sinti, “senza pretendere di reprimerlo o di cancellarlo; anzi proprio questo mondo tanto contrapposto, se conosciuto, può diventare la base per una corretta educazione linguistica in italiano L2 (seconda lingua, ndr)”. La professoressa sostiene che “la scuola non può esimersi dal prendere in carico la questione dell’alunno rom, con tutte le problematiche linguistiche e socioculturali che comporta. In primo luogo, bisogna porsi il problema di convertire il cosiddetto ‘bilinguismo sottrattivo’ tipico delle minoranze – che comporta un depauperamento della L1 (prima lingua, ndr) minoritaria, priva di qualsiasi prestigio sociale e completamente assente nella scuola – in ‘bilinguismo additivo’, il quale, al contrario, non va a discapito della lingua madre, ma anzi rappresenta per il soggetto una forma di arricchimento”.
Il metodo fonico-sillabico
La linguista indica, tra gli strumenti inclusivi che possono favorire con efficacia il processo di apprendimento, il cooperative learning (gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente), il learning by doing (l’imparare facendo) e la didattica laboratoriale. Sono volti a “sviluppare la cooperazione tra pari, le abilità relazionali, il miglioramento del clima di apprendimento e la rivalutazione delle attitudini dell’alunno, in poche parole la crescita interculturale dei soggetti”. Precisa: “Il learning by doing sembra la strategia didattica più efficace per imparare attraverso la manualità, cioè attraverso attività pratiche tali da migliorare la ‘funzione euristica’ e il potenziamento linguistico-cognitivo”. Inoltre, secondo Paola Desideri, per “l’alfabetizzazione dei bambini rom” è preferibile usare “il ‘metodo fonico-sillabico’, perché valorizzando l’articolazione fonetica si dimostra adatto per questi soggetti con una L1 esclusivamente orale”. Inoltre, “uno strumento molto utile per favorire la strutturazione del pensiero e la condivisione dei significati è la costruzione di mappe concettuali, gioco che appassiona i bambini e li stimola a confrontarsi”.
La formazione degli insegnanti
Tuttavia la linguista segnala altri due problemi. Uno riguarda la formazione dei docenti al confronto con rom e sinti. “Il problema esiste sicuramente, non solo per questi ragazzini ma anche per quel che riguarda bimbi di altre etnie”, afferma, dialogando con Treccani.it. “È chiaro che gli insegnanti dovrebbero possedere le conoscenze e le competenze necessarie per gestire tali situazioni. Purtroppo le hanno raramente”. La conferma indiretta arriva dalla ricerca “Gli insegnanti degli alunni rom e sinti. Un'indagine nazionale”, svolta alcuni anni fa sulla base di un questionario. Alessandro Vittorio Sorani, su Quaderni di Sociologia, fa notare che gli stessi docenti intervistati percepiscono “come insufficiente la formazione in loro possesso”. Ciò è accompagnato da una “percezione stereotipata dei rom/sinti come entità culturale”, tanto che il 77,4% degli insegnanti dà un giudizio negativo sull’influenza determinata dalla presenza in aula di quegli alunni.
Una minoranza linguistica non riconosciuta
I ragazzi rom e sinti si trovano però svantaggiati anche per una questione cruciale di ordine giuridico (frutto di scelte politiche) con pesanti ripercussioni nell’ambito scolastico e istituzionale: si tratta, spiega la professoressa Desideri, della “negazione dei diritti linguistici alla minoranza alloglotta rom/sinta da parte della Legge 482 del 15 dicembre 1999 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ndr)”. Spiega: “Dopo un lungo e controverso iter parlamentare durato diversi anni, tale legge riconosce e tutela soltanto dodici lingue minoritarie storiche e territorializzate. Tra queste è assente il romanés, che è indubbiamente una minoranza storica, in quanto presente in Italia da almeno seicento anni, ma non territorializzata... Il pretesto della mancanza della delimitazione e della definizione territoriale ha dunque deprivato le comunità di usufruire delle disposizioni e delle forme di tutela a tutti i livelli, tra cui il legittimo diritto di adottare il romanés nelle occasioni istituzionali e di disporre dei mediatori linguistico-culturali, quanto mai indispensabili nell’ambito scolastico”. Dovrebbero pretendere questo riconoscimento pure i gagi (gagé indica nella lingua romanì i “non-rom”). Purtroppo, sebbene qualche proposta legislativa sia stata avanzata, da 22 anni è tutto fermo, probabilmente anche perché la presunta “diversità” di rom e sinti italiani fa comodo alla propaganda di certa politica.
Dalla negazione all’affermazione
Eppure, dice a Treccani.it Eva Rizzin, sinta italiana, “la scolarizzazione è sicuramente la chiave della futura emancipazione delle nuove generazioni rom e sinte”. Anche lei, nata nel 1977, parente di tante vittime dei lager nazisti, ha dovuto affrontare molti pregiudizi quando andava a scuola. Oggi è dottore di ricerca in Geopolitica, responsabile scientifico dell’Osservatorio nazionale sull’Antiziganismo presso il CREAa dell’Università Verona. Nell’ultimo libro che ha curato – Attraversare Auschwitz. Storie di rom e sinti: identità, memorie, antiziganismo, pubblicato nel 2020 – ci sono le testimonianze di tante persone della comunità; inclusi i ricordi scolastici, quasi sempre dolorosi. C’è anche il suo, che ha un lieto fine: “Mia mamma e i miei zii… negli anni Sessanta… hanno dovuto frequentare le ‘Lacio Drom’, le ‘classi speciali per zingari’... Spesso relegati nei sottoscala, con orari differenti dagli altri... Si sentivano degli appestati ed alla fine rifiutarono di andarci… Mia madre è rimasta analfabeta, ma ha sempre avuto la forza e la consapevolezza di affermare che il riscatto per me e per tutti i sinti potesse e dovesse passare dalla scuola”. Continua la dottoressa Rizzin: “Anch’io ho scoperto di essere ‘zingara’ (nome imposto dall’esterno che rom e sinti rifiutano, ndr) il primo giorno di scuola, quando alcune compagne mi dissero che non potevo giocare con loro. La maestra fu eccezionale e mi portò per mano a giocare… Dopo l’adolescenza… sono riuscita a passare dalla negazione all’affermazione, con quella grande consapevolezza che devo a mia madre e a tutta la mia famiglia”. Poi la maturità, la laurea in Scienze politiche (110 e lode) e il dottorato, con la prima tesi sulla sua comunità e l'altra sull’antiziganismo: “La cosa che ricordo con più affetto è naturalmente mia madre il giorno della discussione della tesi di laurea, ma anche l’aula magna dell’università affollata di sinti. ...C’erano con l’orgoglio di chi attendeva un riconoscimento per tutta la comunità e non solo per me”. Non possiamo che augurarci, tutti, un futuro così.
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