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#paradosso
ragazzoarcano · 9 months
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“Lo scopo del rapporto non è quello di avere un altro il quale vi possa completare, bensì di avere un altro con il quale condividere la vostra completezza.
Qui sta il paradosso di tutte le relazioni umane. Non avete nessun bisogno di un particolare altro individuo perché possiate sperimentare appieno Chi Siete.”
— Neale Donald Walsch
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"…quel che l’oblio distrugge, a volte la memoria lo ricostruisce e ingrandisce a poco a poco con notizie apportate dall’immaginazione e dalla nostalgia, e allora si crea il paradosso per cui, quanto maggiore è l’oblio, tanto più ricco e dettagliato è il ricordo."
— Luis Landero, "Pioggia sottile"
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gregor-samsung · 3 months
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L'uomo che decise di fingersi un altro
“ Avevo deciso di fingermi un altro, non nel senso di cambiare nome o connotati. O tutti e due; no, fingermi un altro «dentro». Non pensavo a un suicidio psicologico, non intendevo cancellare la mia identità per sostituirla, pretendevo di mantenerla, ma di nasconderla; inventandomi, per convenienza, una natura diversa. Sì che gli altri, parlandomi, si riferissero a questa e non a me. Avrei potuto fare di tutto, senza sentirne rimorso o vergogna. Chi parla con te non sa mai chi sei: conosce un viso, un nome, anche un carattere, qualche pensiero, ma «chi» sei non lo sa; lo sai soltanto tu che dici «io» e ne hai coscienza perché guardi dalle finestre dei «tuoi» occhi, odori dai buchi del «tuo» naso; ma per gli altri questo «io» è un «lui» e un «lui» può essere chiunque. Perché, allora — mi dicevo — non sfruttare questa impossibilità d'identificazione profonda, per sfuggire, non soltanto al male che gli altri potevano arrecarmi, ma anche a quello stesso che io potevo procurarmi per errore o incapacità? Ecco, dunque, il tema: nascondersi dietro un altro che non esiste, reinventare sé stesso finto, per proteggere quello vero. Mostruoso? non più della vita che ci espone a continui travagli. E, comunque, non si trattava di sembrare un altro agli altri, ma di sembrarlo a me stesso; chè, anzi, per il mondo dovevo continuare come se nessuna sostituzione o, meglio, sovrapposizione fosse mai avvenuta al mio interno. Cominciava un'altra vita.
Avevo rimosso me stesso e sarebbe stato un altro a subire umiliazioni, dolori, delusioni al posto mio. E potevo cambiarlo, a seconda delle circostanze, con un altro ancora, con vari altri, quanti volevo. E diversi tra loro. Condussi un'esistenza che il mondo giudicò scombinata e incoerente. E io, invece, stavo lì coerente ma irraggiungibile, ridacchiando nel mio nascondiglio per tanta invulnerabilità. Continuavo il mio lavoro, conservavo la mia posizione sociale, i miei titoli; ma consentivo all'altro che mi rappresentava, tutte le libertà possibili. Nei primi tempi le cose andarono felicemente. Il discredito che mi circondava non mi riguardava, addirittura mi divertiva. Ma, poco alla volta, presi a mal sopportare questi altri che m'inventavo, con i quali convivevo e che non stimavo. Mi accorsi come non sia vero che la vergogna, la sofferenza, i sentimenti degli altri non ci tocchino. E mi accorsi che questi altri, che m'illudevo di controllare e dirigere, diventavano sempre più autonomi e padroni. Sentivo che, continuando, avrebbero fatto di me il loro burattino. La corazza s'indeboliva, al punto che non mi distinguevo più dai fantasmi che avrebbero dovuto proteggermi. Dovevo liberarmene o non mi sarei più ritrovato. Ma non era quello che avevo voluto? No! avevo preteso di restar vivo, fingendomi morto. E non c'è, invece, finzione che duri così a lungo senza mutarsi in realtà. Decisi di ritornare in me, prima che fosse tardi. Ma era tardi: non sapevo più chi ero. E non in senso universale. Chi siamo non c'è chi lo sappia o, se c'è, tace ostinatamente. No, io mi chiedevo, più semplicemente: sono un immorale, un cinico, un vigliacco, un coraggioso? Sepolto da finzioni diverse, m'ero smarrito. Ricordavo tutte le vite vissute, ma non riuscivo più a distinguere quale fosse la mia, per potermela riprendere. Né avrei risolto nulla a scegliermi la vita che più mi sentivo di vivere. Anche se il caso m'avesse portato a scegliere la mia; non saperlo, mi sarebbe costato vivere dubitando continuamente di me. «Essere sé stessi» non è un dato oggettivo, l'interessato deve esserne informato. So io cosa significa cercarsi e non trovarsi. È come confidare i propri pensieri ad un estraneo. O come non sapere con chi conversare. O, nella migliore delle ipotesi, non sapere con «chi» si sta conversando. È come non avere mai la certezza di essere soli con sé stessi. Nessuno può aiutarmi. E non lo chiedo a nessuno. Aspetto. Chissà che un giorno io non venga a trovarmi! “
Pino Caruso, L'uomo comune, Palermo, Edizioni Novecento (collana Il liocorno), 1986¹, pp. 71-74.
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libero-de-mente · 3 months
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Credo di avere nelle mie mutande il paradosso di Schrödinger: fin quando non me le abbasso non so se sono attaccati o se mi sono caduti. I coglioni, dico.
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Paradossalmente nonostante abbia deciso di fermarmi con il cercare l'amore per un po' per poter guarire davvero il cuore ed essere pronta veramente ad amare in futuro ed essere amata realmente, mi sto circondando di libri rosa: romantico-divertenti sia cartacei che virtuali, forse è il mio sottile modo di non perdere la speranza, di convincermi che se anche personaggi così stravaganti sono riusciti a trovare l'amore della loro vita qualche speranza di non ritrovarmi sola e circondata da gatti o cani nel prossimo futuro c'è tutto sommato. Forse è il mio modo di sognare un po' d'amore nell'attesa, di non dimenticare le sensazioni che si provano, di non chiudere completamente il mio cuore a doppia mandata. Forse è il modo di riempire il vuoto di una persona da amare e che mi coccoli e ricambi tutto l'amore che gli darei, al posto di una persona mi faccio coccolare dalle pagine di un libro usato preso in un mercatino o dalle frasi racchiuse nei libri virtuali.
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Parlando con me stessa
Sono protettiva verso le mie creature.
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popolodipekino · 6 months
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come epimenide(*)
Ecco che a giudizio vostro, quelle verità che sono la sostanza di tutta la filosofia, si debbono occultare alla maggior parte degli uomini; e credo che facilmente consentireste che debbano essere ignorate o dimenticate da tutti: perché sapute, e ritenute nell'animo, non possono altro che nuocere. Il che è quanto dire che la filosofia si debba estirpare dal mondo. Io non ignoro che l'ultima conclusione che si ricava dalla filosofia vera e perfetta, si è, che non bisogna filosofare [...] In somma la filosofia, sperando e promettendo a principio di medicare i nostri mali, in ultimo si riduce a desiderare invano di rimedire a se stessa. (da Dialogo di Timandro e di Eleandro, Op. mor.) da R. Bodei, Leopardi e la filosofia
(*) il cretese che affermava che tutti i cretesi sono mentitori. o che semplicemente diceva "pseudòmenos: io sto mentendo".
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serenamatroia · 6 months
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parolerandagie · 1 year
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che paradosso che della brevità della vita parla e sospira chi ha vissuto a lungo e tanti presto ha visto andarsene inconsci ed inconsapevoli di questa falla nella perfezione dell'esistere
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mostro-rotto · 1 year
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Sei un paradosso. Vuoi essere felice, ma pensi a cose che ti rendono triste. Sei pigro, eppure ambizioso. Non ti piaci, ma ami anche chi sei. Dici che non ti importa ma in realtà invece si. Tu desideri l'amore ma lo rifiuti quando ti viene incontro. Sei una contraddizione conflittuale. Se non riesci a capire te stesso, non c'è modo che qualcun altro possa farlo.
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leparoledelmondo · 2 years
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Paradosso della felicità
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Al punto in cui siamo, la decrescita, la riduzione, la moderazione, la sobrietà, o comunque vogliamo chiamarla, non è più un optional; è una scelta obbligata per salvare questo pianeta. Ma nel regno della crescita, la riduzione è una eresia che scandalizza e mette in fuga. Un incubo che apre scenari tenebrosi in cui si muore di tetano, in cui ci si ammazza di fatica per fare il bucato, in cui ci si illumina solo con la candela. Ma la sobrietà non va confusa con miseria, come consumismo non va confuso con benessere. Forse è proprio dal linguaggio che dobbiamo ripartire per fare chiarezza sui concetti. Ci sono parole cui diamo un valore positivo, altre cui diamo valore negativo, non per ragionamento, ma per associazione di idee. Generalmente il consumismo è vissuto come concetto positivo, associato all’idea di vita più comoda, più soddisfacente, più felice. Ma è proprio così?
Negli anni settanta vennero condotti studi per appurare se la ricchezza rende davvero felici. Fu la caduta di un mito, tutte le ricerche misero in evidenza che solo fino a 10-15.000 dollari annui, l’aumento di reddito si accompagna a una maggiore felicità, dopo di che si crea una separazione: la linea della ricchezza sale mentre quella della felicità resta piatta. E’ il paradosso della felicità: desideri, bisogni che si sviluppano più per stimolo e condizionamento esterno (scelte dettate dalla moda, dal culto della bellezza, dall’invidia). Il piacere legato a queste forme di consumo è fugace, dura il momento della novità, poi subentra l’adattamento e quindi la noia. Considerando che la pubblicità ci offre proposte di consumo che fanno leva sul piacere fugace, alla fine non è la felicità che prevale, ma la noia. Più si compra, più ci circondiamo di cose che ci annoiano. Così la crescita lavora per l’infelicità.
Photo by Marko Ganzaro on Unsplash
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ragazzoarcano · 2 months
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😆
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meteoroby · 3 months
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Inverno alla deriva e "ambiguità climatiche", su questi presupposti fa leva l'alta pressione con cui probabilmente dovremo fare i conti ancora a lungo. Il maltempo anticiclonico lascerà però spazio a un clima via via più asciutto e meno inversioni termiche
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gregor-samsung · 1 year
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Nascere
Nascere, non so se l'avete provato, è avvilente: si avverte subito una sensazione d'impotenza. È come perdere la memoria e trovarsi in un paese dove anche gli altri sono smemorati. Ho cercato in vari modi di evitarmi questa avventura. Appena arrivato, ho finto di non essere nato. Dormivo sempre, sperando che non si accorgessero della mia presenza. Fatica sprecata! quando mi svegliavo, stavano tutti lì, enormi e sorridenti. Provai a protestare: strillavo e stringevo continuamente i pugni. Forse si stancano — pensavo — e mi rimandano indietro. Sorridevano, invece, e dicevano che ero carino. Non mi prendevano sul serio. Ma non mi scoraggiai. Ritenendo che, per considerarmi irreversibilmente nato, occorresse anche il mio assenso cercai di negarlo. Se non rispondo — m'illudevo — sospetteranno d'essersi sbagliati, crederanno a una gravidanza isterica, ad un'illusione ottica, a qualunque cosa fuorché ad una nascita. Ma era gente senza fantasia, capace di pensare soltanto a quello che aveva in testa e a null'altro. E in testa aveva la certezza che fossi nato. Impossibile convincerla del contrario. Tanto insistettero a chiamarmi che, un giorno, vinto dalla fatica, risposi. E fu così che nacqui irrimediabilmente. E dovetti imparare a parlare, a leggere e a scrivere. «Per capire la vita», mi dicevano. Ma era una bugia o un'ingenuità: le parole non aiutano, alcune non dicono nulla e altre dicono quello che, sino ad ora, è stato possibile fargli dire — e non è un granché. Per cui, discussioni... In un primo momento, avevo creduto al potere delle parole; ne accumulai tante. Ma a che cosa mi è servito? che so io della vita? e che ne sanno gli altri? ché, altrimenti, me lo sarei fatto dire. Non sono nemmeno in condizione di rispondere, come Socrate, che so di non sapere nulla. Non ho la sua sapienza; quindi, al contrario di lui, qualcosa io so di sapere. Ma poco sapere è male e, sapere molto, è anche peggio, se serve poi a concludere che non si sa nulla. La faccenda è complicata, io sono confuso. E non è quello che ci vuole per condurre serie indagini. Certo è che, al momento, nessuno sa o vuol parlare. La polizia non se ne occupa, sostiene che è compito dei filosofi; ma i filosofi, in questo, sono peggio della polizia: indagano, indagano e non scoprono mai nulla.
Pino Caruso, L'uomo comune, Palermo, Edizioni Novecento (collana Il liocorno), 1986¹; pp. 47-49.  
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ilmondodishioren · 7 months
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Dalla parrucchiera...
Più penso a quanto ho sentito e più mi rendo conto di come il mondo stia andando alla deriva, sempre più verso una realtà abnorme, malata, dove il giusto deve soccombere per paura del “deviato”. Ecco l’antefatto:Ero seduta alla mia sedia in attesa, quando entrano due donne ed è subito evidente che sono in ottimi rapporti con la parrucchiera, e difatti da lì a poco scopro che i loro figli sono…
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Donna dalla grande intelligenza e capacità, come spesso capita, non riesce, ahimè, a usare queste sue abilità innate per scegliersi il compagno. Destino comune a tante donne intelligenti, quello di innamorarsi come sceme.
Cit. "L'amore si impara leggendo"
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