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#codificazione
abr · 2 months
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Nei primi secoli del cristianesimo vi fu una diatriba a volte accesa sulla necessità o meno di studiare gli autori greci e romani (si pensi a san Girolamo o a sant’Agostino), durante il Medioevo e soprattutto nei monasteri prevalse una mentalità sostanzialmente aperta.
Bonifacio, apostolo della Germania, compose un’Arte della grammatica nella cui prefazione sosteneva che lo studio dei classici è indispensabile alla formazione religiosa. Ancora, Gerberto, divenuto poi papa col nome di Silvestro II (999-1003), che come direttore della scuola cattedrale di Reims riteneva «impossibile per i suoi allievi elevarsi all’arte oratoria senza conoscere le tecniche di elocuzione che si possono imparare soltanto leggendo i poeti». Insomma, da Gregorio Magno fino ad Alcuino, emblema del Rinascimento carolingio, fu tutto un susseguirsi di lodi verso la cultura classica.
Altro che secoli bui (...). Come l’eccezionale esperienza del Vivarium, il monastero fondato da Cassiodoro, che nel VI secolo «fornì le basi per una compiuta sintesi tra saperi pagani e sapienza cristiana». O il meno noto monastero di Eugippio, abate a Castellum Lucullanum vicino a Napoli, che già alla fine del V secolo consolidò la pratica di copiare e conservare i manoscritti antichi. Per arrivare a Rabano Mauro, che guidò l’abbazia benedettina di Fulda in Germania, autore di uno studio sull’arte del linguaggio e difensore della grammatica, e a (...) Alcuino, al quale si devono due trattati sulla retorica e sulla dialettica, ritenuti fondamentali per lo studio, ma anche per l’evangelizzazione.
Poi si spazia dall’elogio da parte di Agostino dell’aritmetica e dei numeri in quanto voluti da Dio come fondamento dell’ordine dell’universo alla passione di Boezio e di Gerberto per la geometria, per finire con l’astronomia di cui si è già riferito e con la musica, la «scienza del misurare ritmicamente secondo arte» ancora per sant’Agostino, autore di un trattato apposito, il De musica. Boezio poi la riteneva «connessa non solo con la speculazione, ma con la moralità». Un lungo percorso approdato nell’XI secolo a Guido d’Arezzo e alla sua codificazione delle note musicali.
via https://www.avvenire.it/agora/pagine/la-cultura-monastica-luce-del-medioevo
Come in tutte le rivoluzioni del pensiero, anche il cristianesimo rischiò nella sua infanzia l'implosione suicida causa massimalismo fondamentalista, cancellatore di tutta l'eredità del passato nel nome di una nuova ripartenza.
Mentre ad es. islam, blm, wokismo e ambientalismo ci cascano come pere e ne sono fatalmente vittime, il pensiero cristiano dopo qualche iniziale tentennamento - iconoclastia etc. - si salva da se sin dai primi tempi, lasciando tutti i freni fondamentalisti auto imposti alla ortodossia orientale e celebrando Dio per mezzo della CURIOSITA' DEL SAPERE, originando quindi dal suo interno e ponendo le premesse per tutto il successivo progresso positivo del mondo, dal capitalismo al liberalismo alla scienza.
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dinonfissatoaffetto · 11 months
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L’Italia sta marcendo in un benessere che è egosimo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è ora il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.
- Pier Paolo Pasolini, 1962
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kyda · 6 months
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mi piace l'idea di rimanere fino a tarda notte da brava studiosa tormentata e appassionata a leggere articoli di linguistica in inglese sulla codificazione degli eventi di moto nelle lingue alla ricerca di tutto quello che può servirmi per fare un confronto ita-eng-rus ma farlo veramente no per favore non mi reggo più in piedi
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diceriadelluntore · 2 years
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Maestri
Oggi è morto Luca Serianni. Investito a Ostia il 18 luglio mentre attraversava le strisce pedonali (l'automobilista si è fermato e ha soccorso la vittima), è venuto a mancare dopo 3 giorni di coma irreversibile. Serianni,  Professore emerito di linguistica italiana a La Sapienza, filologo, accademico della Crusca e dei Lincei, è stato uno dei più grandi linguisti italiani, noto anche per l’amore e la passione che trasmetteva nelle sue lezioni e per il ricambiato amore dei suoi studenti. 
Voglio ricordarlo con due pagine da uno dei libri più belli, Prima Lezione di Grammatica (Laterza, 2006), in cui ragiona sul giusto e sullo sbagliato, concetti che proprio in questi giorni sono davvero importanti da studiare:
Tra i due poli “giusto” / “sbagliato” si situa una zona grigia, in cui il parlante nativo può avere dubbi e incertezze, dipendenti da vari fattori: la sua cultura e il conseguente grado di sicurezza linguistica che ne scaturisce; la sensibilità per fatti di lingua e l’aspirazione al prestigio sociolinguistico; il contesto in cui agisce (le preoccupazioni normative saranno minime nell’ambiente familiare o nei “gruppi di pari”, massime in condizioni formali, per esempio interagendo con un esaminatore o con un superiore gerarchico). Questa tripartizione vale in genere per tutte le lingue di cultura, ma le proporzioni tra le tre fasce (agrammaticalità; possibilità di più esecuzioni equipollenti; casi d’incertezza) può variare in misura considerevole. Nel caso dell’italiano, quella che ho chiamato “zona grigia” è alquanto più estesa rispetto alle altre grandi lingue europee, per almeno due ragioni, entrambe notissime. La prima è la minore uniformità, legata alla tardiva affermazione di una lingua comune e alla stratificazione di varianti alternative non sottoposte al filtro della decantazione naturalmente operanti in una lingua parlata da molti secoli. La seconda è l’importanza da sempre attribuita alla codificazione grammaticale dalla tradizione letteraria: in Italia i grammatici hanno avuto più autonomia che altrove e sono pochi gli scrittori e pochissimi gli scriventi i quali abbiano avuto tanta fiducia nella propria forza di parlanti nativi da non sentirsi condizionati da quell’autorità, almeno fino ad anni recenti.
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voracita · 6 months
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Io credo che le responsabilità del persistere del fenomeno della violenza di genere, fino ai femminicidi veri e propri, vedi recente caso di Giulia Cecchettin, sia anche (in una certa percentuale) di tante donne che hanno rifiutato o obliterato, in modo reazionario e conservatore, le battaglie delle femministe degli anni '70 in particolare.
Rileggevo passi di "Sputiamo su Hegel" di Carla Lonzi, in questi giorni, e mi chiedevo come un libro - e non certo l'unico - così avanzato e potente potesse essere rimasto, in fondo, così inascoltato, così inefficace, se consideriamo la realtà attuale, la condizione delle donne in Italia.
Senza farla lunga, ieri a lavoro si parlava fra colleghi, soprattutto donne, del caso di questa ragazza veneta sequestrata (uccisa).
Una collega in particolare, di circa 50-55 anni di età, quindi appunto direttamente erede di quel femminismo anni '70, si esprime così: "eppure una volta non venivano uccise così tante donne. Le picchiavano, sì, in casa, ma non le uccidevano, continuavano a picchiarle e basta".
La conseguenza logica del discorso è che le cose sono cambiate perchè le donne hanno più opportunità, più libertà, e anche più voglia, in molti casi, di rendersi indipendenti, di interrompere rapporti con partner sbagliati, di andarsene di casa, di lasciare un uomo che non vogliono più, di divorziare etc. Altrimenti, avrebbero continuato a prendere botte, ma senza rischiare la vita.
Fra le tante citazioni che meriterebbero, dai testi di Carla Lonzi, scelgo questa, che mi pare importante, perchè nomina la fedeltà come una delle istanze ideologiche che si legano, come conseguenza logica e strutturale, alla violenza patriarcale. "Verginita', castita', fedelta', non sono virtu'; ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. L'onore ne e' la conseguente codificazione repressiva."
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scienza-magia · 6 months
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Sviluppo nell'uso dell'AI in ambito medico per diagnosi e cura
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Intelligenza artificiale applicata alla nostra salute, dallo screening alla pillola: una nuova sanità. Giorgio Sesti, presidente Simi: prematuro pensare che possa sostituire un internista in una diagnosi, ma può accelerare la scoperta di molecole farmacologiche. Il tempo, breve, di mettere insieme le ricerche sparse nel mondo, verificare le prime sperimentazioni, analizzare i benefici accanto ai possibili danni e l’intelligenza artificiale in medicina è già realtà.  Quello che ci circonda è molto più concreto e fattivo di quanto si potesse immaginare solo poco più di un anno fa. La disponibilità di dati in ambito medico è cresciuta enormemente così come le fonti da cui essi provengono. Accanto ai dati tradizionali, dalle cartelle cliniche ai database genetici, sono sempre più disponibili quelli che arrivano da testi, immagini, suoni, sensori. «Gli algoritmi in ambito medico – spiegano gli esperti dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano – sono usati per interpretare questa enorme mole di dati e per identificare possibili relazioni di causa-effetto tra i dati e le patologie di cui un paziente soffre. Il campo nel quale si sono fatti più progressi in termini di utilizzo dell’intelligenza artificiale come supporto per i medici è quello diagnostico. Un’altra area sulla quale si sta lavorando molto è quella legata ai sistemi di predizione, in grado di identificare possibili patologie ancora prima che queste si manifestino». La codificazione dell’uso della AI nel campo della salute, dunque, ha subito una brusca accelerazione. Dai laboratori, dagli spazi della sperimentazione è praticamente arrivata al letto del paziente. Tanto che l’Oms, in pochi mesi, da gennaio a ottobre, si è espressa oltre tre volte sulla materia. L’ultima, un paio di settimane fa: una nuova pubblicazione elenca le principali considerazioni normative sull’intelligenza artificiale per la salute. La pubblicazione mira a delineare i principi chiave che i governi possono seguire per sviluppare nuove linee guida o adattare quelle esistenti. Viene sottolineato che con la crescente disponibilità di dati sanitari e il rapido progresso delle tecniche analitiche gli strumenti di intelligenza artificiale potrebbero trasformare il settore sanitario. L'evoluzione
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Nuovi percorsi diagnostici, terapie e ricadute economiche vanno, ovviamente, di pari passo. La ricerca tenta di “armonizzarle” e noi speriamo lo faccia tenendo presente la tutela del paziente. Certo è che volano sia le sperimentazioni che il giro d’affari. In campo sanitario si stima che il settore dell’AI passerà dai 15 miliardi di dollari del 2023 a 103 miliardi di dollari entro il 2028. All’attivo, tra i successi, abbiamo, per esempio, progressi nella diagnostica predittiva, compresa quella precoce di un tumore come quello del pancreas. Ma anche la creazione di un antibiotico (la molecola è stata battezzata Halicin) efficace contro l’antibiotico-resistenza. Nonostante i risultati positivi tra i camici bianchi non si nasconde il timore che questa rivoluzione possa essere mal interpretata. Imboccata come scorciatoia sia diagnostica che terapeutica. Da qui la profonda discussione che ha voluto affrontare la Società italiana di Medicina interna (Simi), circa 5 mila iscritti, durante il recente congresso a Rimini. «L’AI – spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Simi – sta entrando prepotentemente nel campo della medicina. Ritengo però prematuro pensare che possa sostituire il medico internista nel porre diagnosi e consigliare la terapia più appropriata, ma potrà contribuire a perfezionare gli strumenti a disposizione per l’apprendimento, l’aggiornamento, la formazione sul campo tramite le simulazioni, la diagnostica avanzata. Le sue applicazioni possono accelerare la scoperta di nuove molecole farmacologiche e lo sviluppo di indagini per la diagnosi precoce di patologie croniche». La maggior parte di queste applicazioni sperimentali riguarda la radiologia (avanzate sono le applicazioni dell’AI alla mammografia, per lo screening oncologico), ma anche in medicina interna, oftalmologia e in ambito gastro-enterologico. «È necessario – aggiunge Sesti – formare una generazione di “medici cyborg”, cioè medici con competenze informatiche avanzate, per facilitare e avvicinare le nuove generazioni all’uso di certi strumenti. Negli Usa li chiamano “information specialist”. Sono questi i colleghi del futuro specialisti in AI in grado di dialogare con gli sviluppatori, di guidarli dando loro delle specifiche». L’intelligenza artificiale potrebbe, in tempi brevi, entrare in uso anche per prevedere chi è a rischio di arresto cardiaco improvviso: è stato sviluppato un prototipo da ricercatori francesi usando le cartelle cliniche elettroniche di 25.000 persone morte improvvisamente e di 70.000 persone ricoverate per arresto cardiaco che non sono morte a Parigi, in Francia, e a Seattle, a Washington. «La morte cardiaca improvvisa rappresenta dal 10% al 20% delle morti complessive. Prevederla è difficile e gli approcci usuali non riescono a identificare le persone ad alto rischio» spiega Xavier Jouven del Centro di Ricerca Cardiovascolare di Parigi. L’AI sta, inoltre, rivoluzionando molti campi dell’odontoiatria. «Si aprono nuovi scenari – fa sapere il professor Stefano Scavia, docente all’Università Bicocca di Milano – Arriveremo al punto in cui sarà possibile far leggere e interpretare a un algoritmo delicati esami diagnostici con una visione multi-disciplinare. Una diagnosi che non analizzerà più solamente il cavo orale ma lo stato di salute fisico complessivo del paziente». Attraverso complessi software, è possibile valutare con modelli virtuali e scansioni. «Vi saranno – aggiunge Scavia – prevedibili evoluzioni dalla diagnostica per immagini alla progettazione di ponti e corone o ancora ai trattamenti rigenerativi e alla cura della parodontite». Read the full article
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Oltre la percezione
Stavo attraversando la barriera temporale. Se il tempo lo si può guadare con moto proprio e volontario, liberandosi dalle rapide perenni dei secondi che si gettano nel passato, io lo stavo percorrendo, senza freni né limiti, espulso dal suo flusso monocorde. Non so come lo compresi: ne possedevo una spontanea consapevolezza che non ammetteva dubbi. Il gorgo che roteava dentro di me era ripido, sottraeva il fiato, sbriciolava i pensieri. Poi la mareggiata di percezioni sensibili mi travolse. Rumori, odori, sapori, aderenze, colori. Tutti di un calibro inimmaginabile, incontenibile per i miei recettori finiti. La luce fluida, densa, fumosa, impermeabile, che non si lasciava attraversare dallo sguardo, mi avvolse. Era una luce che urlava, i suoi acuti erano opprimenti, le sue dita di acciaio ti stringevano l’anima. La luce era fredda, priva di calore, e le sue volute erano cangianti, in profondità i colori ristagnavano imprigionati tra le pieghe, come in camere dalle pareti sbarrate e imbottite. Colori estremi, tutti, senza ordine, fusi uno nell’altro, e poi di nuovo indipendenti, nitidi, senza sfumature, senza la razionalizzazione imposta dalla spettrografia, ribelli alla pacifica convivenza nella luce bianca. Colori estremi. Nessun artista avrebbe mai potuto riprodurli, nessuna suggestione paesaggistica, nessuna incarnazione della natura poteva avvicinarsi a quella disperata perfezione.
I colori. I colori vibravano svincolati da ogni contenuto, isolati nel fattore cromatico, divinità primordiali prigioniere nei recessi di un culto estinto, non più figli obbedienti della luce, i colori come uno spasmo verso la vita, un lamento di esistenza mancata. Fui immerso nei colori. E assieme ai colori i suoni, gli odori, i sapori, le aderenze, l’idea stessa di sensibilità, l’anima priva del corpo, rumori, note musicali scappate disordinatamente da un pianoforte, staccate dal pentagramma, dall’ordine musicale, dall’armonia dell’universo, rumori e note vibravano assoluti, né mano umana avrebbe potuto trascriverli su carta e ripeterne le melodie antiespressive, né orecchio aveva mai udito il loro forsennato infuriare. Il suono selvaggio, il richiamo brado di animali indomabili, le percussioni ottuse dei pensieri dell’uomo contro la paratia della stiva, contro l’insufficienza del cosmo, l’esplosione di stelle traboccanti miliardi di anni e materia fibrillante.
E il tatto, l’aderenza completa del corpo, l’appartenenza, la fusione con la luce densa, era dentro di me, mi attraversava, una compenetrazione tra le membra, come disgregarsi in infinite particelle infinitesimali e ognuna di esse abbracciava una particella di luce, si avvinghiava a lei e poi tornava a ricollocarsi al suo posto per dare vita al mio corpo ricostruito, intatto, invaso dalla luce densa, cangiante che pulsava dentro di me con i suoi colori, i suoni, gli odori, i sapori.
Furono istanti intensi, ma non provavo ancora orrore. Assistevo a uno spettacolo inenarrabile, come mai avrei immaginato possibile, un trionfo di elementi incontaminati, puri, che si avvolgevano, si contorcevano, stridevano l’uno con l’altro in una contrazione disperata verso la vita, la creazione, l’incarnazione nell’essere, la codificazione della materia. Ne percepivo la sofferenza diffusa, più che sofferenza era un fremito: quegli elementi primari erano intrappolati nell’assenza della vita, ma non ne soffrivano coscientemente, come animali nati in gabbia, che non conoscendo la libertà non comprendono la propria prigionia e fremono nello spazio angusto che hanno a disposizione. Conobbi l’esaltazione dei sensi, il loro pulsare fino all’ultimo stadio, oltre i vincoli della vita e della morte, del tempo, della distanza. Il vortice iniziale nel quale sentivo di precipitare si attenuò, ora galleggiavo sospeso in un alone di fumo scuro, come se fossi stato avvolto da un anticorpo prodotto dall’immenso organismo all’interno del quale ero un estraneo. La mancanza di direzioni, non un suolo su cui poggiare i piedi, un soffitto da sentire sopra la testa, rettilinei d’aria in cui infilare le braccia, mi rendeva impossibile definire la posizione del mio corpo. Ero ancora in piedi o ero svenuto, sdraiato a terra esanime, mentre il mio spirito si dissociava in una emulsione onirica; sarei mai tornato alla realtà. Ma esisteva una realtà che potesse definirsi tale in contrapposizione alla quale potevo riconoscere l’irrealtà o il sogno, l’incubo o le allucinazioni, l’assurdo o il metafisico.
Il flusso costante di particelle che mi attraversava non era spiacevole, la paura si attenuava prevaricata da una curiosità inappagata da una lenta assuefazione a stimolazioni nuove. Poi all’improvviso, quando già cominciavo a ritenere un’esperienza piacevole l’immersione nel primordio, divenne morbo contagioso, ferita infetta e maleodorante. Non mutarono i colori nel loro aggrovigliarsi confuso, non mutarono le cascate di suoni e note che rutilavano nella densa foschia violacea, ma cambiò improvviso il mio modo di sentirli, la compressione del mio spirito nel ricevere quelle sollecitazioni.
Muffa, fuliggini, putrefazione, rigagnoli di sangue scuro, il suono cupo del distacco, il sapore della malattia. Le grida dei colori, disperate, la luce che urlava i suoi acuti opprimenti di orrore. La luce era gelida, priva di calore, le sue volute erano cangianti, in profondità i colori erano imprigionati tra le pieghe, come in camere dalle pareti sbarrate e imbottite contro cui scagliavano esasperati la propria impotenza. L’immersione in un fluido di non vita, nella brodaglia indifferente divenne soffocante, mi rivoltai, cercai di nuotare per sottrarmi, per tornare alla vita, lontano dalle tenebre del pensiero, dove era sottratto anche il riparo dell’oscurità.
Poi mentre l’esasperazione iniziò a bruciarmi nella testa, dal fondo limaccioso di quella palude di sensazioni perverse, emersero due mani ruvide, rinsecchite ad artiglio che si diressero verso di me…
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO PRIMO - di Gianpiero Menniti 
CADONO LE UTOPIE DELL'UMANESIMO - Seconda Parte
Iconologia, iconografia e stile della "Deposizione di Volterra" sono quelle del paradigma rinascimentale dei tre grandi Maestri?  Per nulla.  Il modello è ormai quello del rinascimento idealizzato e poi tradito.  Il XVI secolo avverte sé stesso come l’impero romano percepì la sua caduta: è un secolo che sente la decadenza.  Il Rinascimento appare, in questo senso, come l’affannarsi teso a nascondere il dramma delle “albe incompiute” dell’umanesimo: si tratta di un’espressione del filosofo italiano Massimo Cacciari, il quale vede nel “Rinascimento”, soprattutto nel passaggio tra ‘400 e ‘500, un’epoca di straordinaria crisi che segue alla caduta delle utopie dell’umanesimo. Quali erano queste utopie?  Sostanzialmente una: l’utopia della virtù che sconfigge la fortuna, l’uomo padrone del proprio destino.  Con essa, cade anche l’utopia della combinazione armonica tra filosofia medievale e filosofia moderna e l’utopia della pace politica che, specialmente in Italia, corrisponde al venir meno, al collassare dei Comuni a vantaggio delle Signorie, ma in tale frammentazione e debolezza da far diventare la penisola italiana facile terra di conquista per le potenze nazionali europee, in particolare Spagna e Francia.  La caduta dell’impero romano, dicevo.  Sì, questo sente del suo mondo l’uomo rinascimentale.  E come sempre accade nel clima di  consapevolezza della decadenza, le corti della misera Italia, corti debolissime dal punto di vista politico e militare, sono invece, per contrasto, i centri dai quali promana florido il prestigio artistico e culturale.  Al secolo delle utopie, segue, dunque, il secolo della crisi e questo porta con sé il rifugio nell’arte e nella speculazione libera da congetture e dogmi, direttamente tratta dall’osservazione del reale.  Che non è un bel reale.  E che ha quindi bisogno del richiamo al classico, all’armonia, alla misura.  È illusione: sarà la visione del Laocoonte scaturito dalle viscere della terra romana a dare il senso di un confine superato che artisti come Rosso Fiorentino avvertono con chiarezza fin dai loro esordi dopo l’esperienza di bottega presso Andrea del Sarto vissuta in comune con il suo alter ego, il Pontormo, divisi anche dalla fede politica: con Savonarola il primo, mediceo il secondo.  Quella di Rosso Fiorentino è dunque una maniera nuova di rappresentare l’umano ed il soprannaturale: i corpi, le figure, i gesti, sono congeniali all’espressione di un occhio che vuole scrutare i reconditi magmatici anfratti dell’anima.  Nelle immagini che propone si avverte la rude, durissima pietà arcaica dei Piagnoni seguaci di Savonarola, la vocazione austera della breve repubblica fiorentina sul dorso dei due secoli.  In quel 1521 tutto è ormai perduto e Rosso ha iniziato il suo lungo peregrinare tra piccoli e grandi centri d’Italia, un vagare decennale che, dopo il “Sacco” del 1527 lo condurrà, nel 1530 a stabile dimora in Francia, alla corte di Francesco I a fare da apripista a quella che verrà definita la “maniera internazionale” della cosiddetta scuola di Fontainebleau.  Fino alla morte sopraggiunta dieci anni dopo in circostanze drammatiche tutt’ora poco chiare, in linea con lo spirito profondo ed inquieto di quest’artista ribelle. Ma se facendo queste affermazioni si possa declinare verso l’idea che Rosso appartenga ad un filone artistico classificabile, valga a togliere ogni equivoco la personale tendenza a disconoscere una qualunque codificazione della “maniera” che non sia quella tracciata dal Vasari.  Il resto è libera interpretazione, sensibilità artistiche molto variegate che non sono accomunabili in un profilo unitario denominabile.  Per certi versi, il “manierismo” che si contrappone al classicismo della maniera “vasariana”, non esiste se non in una molteplicità di anime e di filoni culturali e stilistici irriducibili ad un’impronta comune. 
- Rosso Fiorentino (1495 - 1540): "Pietà",1537-1540, Louvre, Parigi
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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arreton · 1 year
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«[...] Nella gran parte dei casi race, class e gender fungono da coordinate per definire lo spazio entro il quale ogni parlante viene originariamente posizionato. Anche il concetto di identità culturale svolge un ruolo nell’ambito del medesimo posizionamento originario [Urpositionierung]. Anche se questi parametri non vengono interpretati come determinanti “naturali” ma come costrutti sociali, non vengono in alcun modo depotenziati nel loro effetto. Su questa base il soggetto può solo scegliere se continuare ad aver cura oppure decostruire l’identità culturale conferitagli dal corpo (o dalla codificazione sociale di questo stesso corpo). Tuttavia, entrambe queste infinità, detto hegelianamente, sono cattive infinità, perché non si sa come limitarle o porre loro fine. Si può solo sperare che prima o poi queste riflessioni sulla propria prospettiva si interrompano perché sono finiti i soldi necessari a proseguire nella riflessione.
Oppure sperare finalmente di morire e di non essere più seccati da domande del tipo “da dove veniamo?”, perché allora sarà più importante dove siamo andati.»
— Boris Groys “Post scriptum Comunista”
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redazionecultura · 1 month
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claudiotrezzani · 2 months
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Abito talare dialoga con drappeggio senza epidermica presenza.
Abito talare dialoga con drappeggio con epidermica presenza (capo voltato ; indizio di mano).
Abito talare dialoga con drappeggio non senza umana espressione da frange corniciato.
Abito talare dialoga con drappeggio in presenza di gesto (mano delicatamente scosta frange).
Il processo è inverso rispetto a reificazione.
Perché l'essere umano esprime ipso facto vibrazione.
Ergo, la progressiva comparsa di fisicità par configurare un contrasto alla reificazione istessa.
Al fare dell'uomo cosa, intendo.
Ma la fotografia reca in nuce i crismi dell'astrazione.
Così, se un corpo è intellegibile sol pel suo rivestimento (senza evidenze d'animatoria senzienza) la summentovata reificazione si fa virtuosa.
Perché la danza avviene tra forme e colori, in una sorta di subliminarietà del segno.
Ecco, il segno.
Qui complica l'equazione, il segno.
Perché i paramenti denotano comunicazionale intenzione ch'esorbita l'istanza artistica.
Siamo dunque in presenza di pluriplanarità e proteiformità del visibile:
- l'interpretazione fattuale che si dà al contenuto (cerimonia)
- la traslazione astratta che scaturisce dal cullarsi tra forme e colori senza curarsi del simbolo
- la codificazione del succitato simbolo alla luce del significato che è convenzionalmente attribuito.
Ma l'umano, non sfugge.
Per definizione, esso vivifica.
Liricamente, vivifica.
Sì, alligna poesia, lì.
Mano scosta tenda.
Mano, o dito.
Il gesuita Marko Ivan Rupnik diffusamente dissertò sul non toccarsi degli indici, in Sistina.
Io m'occupo di fotografia, epperò.
E quando vedo palpitazione emergere da oggettualità, delibo l'afflato.
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Claudio Trezzani
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agrpress-blog · 3 months
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Grande successo nella Sala Giunta del CONI per l’intesa fra il Comitato Nazionale Italiano Fair Play e la Fondazione Italian Digital Hub.  Anticipate anche una serie di iniziative 2024 per festeggiare il trentennale del CNIFP. Mercoledì 31 gennaio 2024 a Roma, presso la Sala Giunta del Coni al Foro Italico, ha avuto luogo la Conferenza stampa di presentazione della Convenzione tra il Comitato Nazionale Italiano Fair Play (CNIFP), la Fondazione Italian Digital Hub (IDH) e l’Associazione Prestatori Servizi di Pagamento (APSP). Il titolo dell’evento, “Digital Fair Play”, faceva riferimento alla necessità di supportare in maniera etica anche lo sviluppo degli ecosistemi digitali. Italian Digital Hub, presieduta dal Prof. Maurizio Pimpinella, nasce con l’obiettivo di fornire servizi di consulenza tecnologici e innovativi a supporto di Aziende, Pubblica Amministrazione Centrale e Locale, Enti Pubblici, Associazioni di Categoria, al fine di favorire la Digital Trasformation e lo sviluppo dell’imprenditoria con una più forte cultura della competitività e della codificazione di nuovi modelli di business. La Fondazione IDH, in virtù delle varie ed ampie competenze che la compongono, funge quindi anche da centro studi e laboratorio di idee, progetti ed iniziative sul digitale a supporto dell’APSP. Fra i punti salienti sottolineati in conferenza dal Presidente Pimpinella, il raggiungimento - tramite l’intesa con il Comitato Nazionale Italiano Fair Play, Associazione Benemerita del CONI presieduta dal Commendatore Ruggero Alcanterini - di un segnale forte e deciso: i valori dell’etica, della trasparenza e della correttezza sono imprescindibili per lo sviluppo di una società sana e inclusiva, in un mondo sempre più interconnesso e dipendente dalla tecnologia.  Parole chiave come “chiarezza”, “protezione dei dati”, “responsabilità”, “impegno collettivo”, “sostenibilità”, “alfabetizzazione digitale”, “promozione di best practise”, “fiducia”, “accessibilità”, “finanza etica” sono state ripetute a più riprese. La trasparenza sancita pertanto come valore fondamentale non solo per proteggere i consumatori, ma per contribuire anche a prevenire frodi e comportamenti scorretti. Si è posto l’accento sul progetto del circuito etico, un vero e proprio sistema in cui digitale, etica e trasparenza mettono le loro caratteristiche a fattor comune per supportare progetti selezionati. Nell‘occasione della firma della Convenzione fra CNIFP e Fondazione IDH, è stata anche colta l’opportunità di  presentare la nomina del Presidente Ruggero Alcanterini come Coordinatore del Dipartimento di Digital Fair Play in seno proprio alla Fondazione Italian Digital Hub. L’annuncio è stato dato direttamente dal Presidente Maurizio Pimpinella, che ha espresso grande soddisfazione in virtù delle notevoli competenze ed esperienza di Alcanterini nel supportare una transizione digitale etica della società civile, delle imprese e dei professionisti. Per celebrare il  trentennale del Comitato Nazionale Italiano Fair Play che si festeggia quest’anno, il presidente Ruggero Alcanterini ha ritenuto doveroso da parte sua accennare, fra i numerosi spunti di riflessione offerti in conferenza, ad una serie di iniziative in programma, fra cui quelle afferenti il mondo digitale e volte a supportare operatori del settore e cittadini (inclusione digitale), a partire proprio dall’accordo storico con Fondazione Hub e APSP e nell’ottica di una transizione etica della società civile. Ufficializzato anche il dato che il Comitato Fair Play ha appena certificato l'abilitazione dei primi cinquanta Fair Play Manager in Italia, novità assoluta anche nel panorama internazionale, perseguendo una strategia basata sulla formazione di nuove figure professionali atte alla ottimizzazione del fare.   Nel corso dell’anno corrente, infine, verranno rafforzati gli accordi col mondo termale e del verde ambientale con gli appuntamenti di Bologna e Milano, tra gennaio e febbraio, passando per San Remo.
E poi Roma Dance in Aprile, Fair Play for Life a giugno, il Meeting Internazionale della Solidarietà a Lignano Sabbiadoro a luglio e poi Oikoumene Meeting Estate ad Ischia a settembre, dopo aver condiviso il World Fair Play Day con il Fair Play for Peace a Bruxelles. Tanti appuntamenti, in sintesi, per mettere in pratica il principio shakespeariano del rispetto delle regole e promuovere il diritto alla gioia. Per tutto il 2024, il Comitato  sarà in campo con il motto  "L'ITALIA CHE VORREI - L'ITALIA DEL FAIR PLAY." Fra le molte sorprese per festeggiare il trentennale, accennato anche al “WILLIAM Fair Play Shot” creato dal giovane bartender Davide Bersaglini, che verrà adeguatamente lanciato in uno dei prossimi eventi nel calendario del Comitato. Fra gli intervenuti in Sala Giunta, oltre a numerosi giornalisti, alcuni rappresentanti di organismi del mondo associativo a livello nazionale interessati al processo di digitalizzazione del  Paese come Antonino Viti, a capo dell’Associazione Italiana di Cultura, Sport e Tempo Libero (A.C.S.I.) e Michela Perrotta, amministratore unico di  You Emergency.  Fra i presenti, volti noti e meni noti al grande pubblico, ma tutti interessati agli argomenti in scaletta: il Maestro e direttore d’orchestra Marco Werba; il vicepresidente Associazione MOVE, André De La Roche, insieme al presidente Alessandro Alcanterini; Fabrizio Pellegrini in qualità di Consigliere Nazionale Veterani dello Sport. Ad ascoltare la conferenza, alcuni importanti esponenti dall’entourage CNIFP (Roberto Antonangeli, Arturo Ciampi, Vincenzo Di Rubo, Claudio Perazzini); Simona Mazza ufficio stampa ONA; Osservatorio Roma tramite Maria Teresa Rossi. Per parte istituzionale, a rappresentanza simbolica di tutti i Comuni fair play d’Italia, è intervenuto il Sindaco di Loreto Aprutino (PE) Renato Mariotti. Partners dell’iniziativa sono stati Arena Digitale(www.arenadigitale.it), America Oggi Tv (www.americaoggitv.com), Canale Europa TV (www.canaleeuropatv.tv), Radio Leon(www.radioleon.it), Associazione Move.
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archivio-disattivato · 4 months
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LA CODIFICAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI ALLA PROVA DEI FATTI. IL CASO DELLA DIFFUSIONE DEL COLERA A HAITI [PDF]
È ormai certo che la fonte dell’epidemia di colera diffusasi a Haiti nell’ottobre del 2010 sia riconducibile alla Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite (MINUSTAH), operante sull’isola dal 2004, e in particolare al contingente nepalese ivi impiegato. Secondo diverse ricostruzioni, l’impresa incaricata dalle Nazioni Unite di smaltire gli scarti igienico-sanitari delle truppe dislocate a Haiti ha riversato nel fiume principale dell’isola i rifiuti di oltre quattrocento peacekeepers nepalesi, i quali, poco prima di arrivare sull’isola, avevano contratto il virus del colera durante un periodo di addestramento a Kathmandu. L’infezione si è così propagata prima nelle comunità adiacenti alle acque contaminate, in prossimità della struttura dove erano collocati i servizi sanitari dei peacekeepers, per poi diffondersi rapidamente in tutto il Paese, causando oltre novemila morti e più di settecentomila casi di infezione. [...]
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lavoripubblici · 5 months
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↔ Nuovo Codice Appalti: le scelte delle Stazioni Appaltanti
👌 Il d.Lgs. n. 36/2023 prevede maggiore libertà di iniziativa e di autoresponsabilità
🎯 Si applicano così i principi del risultato e della fiducia
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lamilanomagazine · 8 months
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Sessa Aurunca: panificio in condizioni igienico sanitarie precarie, i carabinieri sequestrano 160 kg di freselle
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Sessa Aurunca: panificio in condizioni igienico sanitarie precarie, i carabinieri sequestrano 160 kg di freselle. Controlli mirati volti alla tutela della salute dei consumatori sono stati eseguiti dai Carabinieri della Stazione di Grazzanise unitamente a quelli del N.A.S. di Caserta presso un panificio industriale di Sessa Aurunca. Nel pomeriggio di ieri i militari hanno effettuato l’accesso al sito di produzione riscontrando che alcuni dei prodotti da forno, quali “freselle”, confezionate in buste di plastica, risultavano prive delle previste indicazioni circa l'origine, il processo di lavorazione e la codificazione dei lotti. Nella circostanza sono state sequestrate amministrativamente tutte le confezioni di “freselle” presenti, per un totale di 160 Kg. A seguito di ulteriori controlli sono state altresì riscontrate le precarie condizioni igienico sanitarie nel locale cottura del panificio e la mancanza documentale del manuale dell'autocontrollo h.a.c.c.p. e delle relative schede di monitoraggio dei rischi. Ulteriori accertamenti in corso da parte dei Carabinieri.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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patrizio-ag · 1 year
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I volatili sono delle #grottesche, non un rifacimento pseudo-naturalistico di una specie, perché questa è praticamente impossibile da determinare persino cercando di identificare la codificazione stilistica delle forme adottate, le quali appaiono caotiche e contraddittorie.
Il collo lungo e ansato ricorda quello di un #pavone o di un #cigno, ma la coda non è certamente quella del primo né il becco è sufficientemente esaltato da suggerire il secondo. Delle figure sono dipinte anche le zampe (terminanti in blu) che non hanno certo la postura di due animali solitamente riprodotti con sontuosità ed eleganza.
Piuttosto è la #decorazione centrale a suggerire altro, per esempio che l’origine del disegno possa provenire da una #pitturamurale, un #affresco o anche altra tecnica figurativa come il #mosaico o persino la #scultura, che qualche maestro #ceramista del recente passato di #Deruta prese a modello per la costruzione di una nuova immagine del #Raffaellesco. Oppure il pittore lo creò montando e disponendo gli elementi che erano parte delle sue conoscenze assodate.
Il settore della #maiolicatradizionale è fondato una serie di modelli e di conoscenze diffuse tra tutti gli artisti di un luogo, quindi è naturale trovare il caso in cui questo genere di Raffaellesco sia dipinto da più di una #bottega. Io l’ho visto esattamente identico in un altro #piatto, ritratto in una foto quando veniva consegnato come dono per una particolare celebrazione locale. Quindi chi volesse questo pezzo si metterebbe in casa un prodotto di punta della €maiolica #umbra.
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