Tumgik
#foto di poco conto
tiaspettoaltrove · 1 month
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È impressionante quanto mi manchi Alice.
Non ero innamorato di Alice. Come scrivo spesso, metto in dubbio (sempre di più) l’amore, mi chiedo sempre se quello umano esista davvero oppure no. Però bisogna arrendersi alla realtà: Alice ha lasciato un segno. Lo ha fatto perché ha saputo insinuarsi, a poco a poco, arrivando all’improvviso, e facendo un po’ quel che voleva nella mia anima. Anche silenziosamente, a volte. Alice era la miglior correlazione tra bellezza e giovinezza. Non era solo questo, ovviamente, ma non dimenticherò mai il suo dolce viso, il suo candore, e in generale la sua fisicità. Mi sento immensamente onorato, per aver potuto ammirarla. Seppur a distanza, seppur per pochi istanti, in modo fugace. Starei due giorni senza mangiare, per quel corpo. E sapete quello che penso sull’”amore a pagamento”, ma se fossi obbligato da qualcuno ad usufruirne, vorrei una sua fotocopia. Lì pagherei, lì andrebbero i miei soldi. Lo sapete, non farei mai una cosa del genere, la disprezzo. Ma apprezzate la sincerità, seguite il concetto e rendetevi pertanto conto della forza di quel che sto esprimendo. E il paradosso è che non era nemmeno l’aspetto fisico, quello che mi colpiva di più in lei. No, anzi. Era la sua gentilezza, a farmi vacillare. Il suo modo di porsi nei miei riguardi: sempre rispettoso, rimanendo un passo indietro. Mai una parola fuori posto, seppur con sparute eccezioni nella parte finale del periodo in cui abbiamo conversato. Alice era una ragazza che sapeva chiedere scusa, che sapeva pregarmi, che sapeva pentirsi. Mi vedeva per ciò che sono, ed è anche vero che mi ubriacava di parole. Però erano parole bellissime. Ricordo i nostri racconti a quattro mani, fantasticando di perderci di notte nei boschi. Ricordo quanto era assolutamente certa di essere succube di me. E credo che lo sia stata a tal punto da non esser più in grado di gestire il tutto, fuggendo via come ha fatto. Sì, quello è stato il dolore più grande. C’erano state probabilmente già delle avvisaglie, periodi fatti di lunghi silenzi da parte sua. Però poi tornava. Invece, l’ultima volta, dalla sera alla mattina cancellò il suo account Tumblr, e anche quello Telegram. E così l’ho persa, per sempre. Bello il mondo virtuale, eh? No, per niente, eppure ne siamo tutti (in qualche modo) affascinati, se non dipendenti. A differenza di quanto accaduto in passato, non credo che Alice fosse un “fake”. No, ne sono piuttosto certo. Innanzitutto perché non sono più ingenuo come un tempo, e in secondo luogo perché l’ho sentita parlare, l’ho vista in foto, e anche in video. E l’intelligenza artificiale non era ancora avanzata come lo è adesso. Di tutto, cosa rimane? Il fatto che Alice mi manca ancora. Certo, non come prima, ma quella ferita non si è rimarginata. Tremila caratteri non bastano, per provare a descrivere la potenza di certe conversazioni, la forza di certe emozioni. Lei non tornerà. Lo so e lo accetto. Ma la ringrazio lo stesso, perché mi ha dato molto più di quel che potrebbe credere. Le auguro davvero il meglio.
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canesenzafissadimora · 2 months
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Guardo una foto di quando avevo sedici anni e ne guardo una d’oggi. Dio, come sono cambiato! Poi mi chiedo: ma quand’è che è successo? Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere rispetto a quanto ho vissuto finora. Mi sento come quel bimbo cui regalano un pacchetto di dolci: i primi li mangia con piacere, ma quando si accorge che gliene rimangono pochi, comincia a gustarli intensamente.
Non ho più tempo per riunioni interminabili, in cui si discutono statuti, procedimenti e regolamenti interni, sapendo che alla fine non si concluderà nulla. Non ho più tempo per sopportare persone assurde che, oltre che per l’età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto. Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “Ego” gonfiati. Non ho più tempo per i manipolatori, gli arrivisti, gli approfittatori. Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali. Amo l’essenziale, perché la mia anima ora ha fretta.
Adesso voglio vivere tra esseri umani sensibili. Gente che sappia amare e burlarsi dei suoi errori. Gente che non si vanti dei suoi lussi e delle sue ricchezze. Gente che non sfugga alle sue responsabilità. Voglio circondarmi di gente che desideri vivere con onestà e rettitudine. Perché solo l’essenziale fa sì che la vita valga la pena viverla. Ho fretta per vivere con l’intensità che solo la maturità ci può dare. Abbiamo due vite e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.
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Luciano de Crescenzo
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oramicurcu · 5 months
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Questa potrebbe essere una foto che avrei messo su Instagram, dieci anni fa…
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Nel frattempo mi sono resa conto che non so cos’ho fatto in questi dieci anni e domani inizia l’ultimo mese del 2023.
Ansia? No.
Disillusione? A quintali.
Quest’anno non mi sono fermata un attimo, e ancora sto qui a rincorrere uno stipendio in ritardo e spendere del tempo per fare favori a persone che nemmeno si rendono conto. Danno le cose per scontato e io, cretina, non imparo mai.
Tra qualche mese faccio trent’anni, e ieri sera a letto stavo quasi per mettermi a piangere.
Di certo mi immaginavo diversa, a trent’anni.
Casa, figli, famiglia.
Retaggio patriarcale? Non saprei. Sono desideri che non sono mai calati nel tempo.
A calare sono solo le probabilità, ora.
E il mare non da risposte, ma solo altre domande.
Che scivolano e si accavallano e corrodono i miei pensieri.
Allora lascio stare, e guardo quel signore poco distante da me che il 30 novembre ha ancora il coraggio di farsi il bagno.
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kvara si rende conto che forse la rivalità che sente per davide non è esattamente platonica. enjoy!
Lui non era mai stato un tipo molto aperto, anzi, fin da piccolo era stato un ragazzo di poche parole, che faticava a fare amicizia con gli altri. Impacciato, taciturno, goffo.
Khvicha non aveva molti posti nel mondo da chiamare casa. Certo, c'era la sua terra natale, ma ormai la Georgia si trovava a migliaia di kilometri si distanza da lui. E quella grande e strana città nella quale ora viveva, dove tutti lo trattavano come un dio, dove inneggiavano il suo nome e dove avevano esposto foto, bandiere e murales con la sua faccia e quelle dei suoi compagni, non poteva certo essere considerata davvero casa, o perlomeno non ancora. Si sentiva più come un re nel suo palazzo dorato pieno delle sue chincaglierie: bello, anche divertente viverci, ma gli mancava quel calore, quella familiarità che solo un posto che veramente si considera casa potrebbe dare.
Ma il campo. Il campo da calcio era tutta un'altra storia.
Forse era lì, solo lì, che si sentiva veramente nel luogo dove poteva essere completamente libero. Senza paranoie, senza pensieri. Gli bastava avere un pallone tra i piedi e nient'altro per tornare a respirare con leggerezza. Per tornare a sentirsi di nuovo vivo.
E non c'era momento in cui si sentiva più vivo che durante i big match, quelli contro le altre grandi squadre, quelli che contavano davvero, quelli dove giocano i fuoriclasse che ti spingono a dare il meglio di te per non esserne da meno, che ti fanno sudare ogni centimetro conquistato, ogni pallone, l'adrenalina alle stelle.
Era da poco più di un anno al Napoli, eppure già si era scontrato con alcune delle più grandi squadre europee, contro diversi calciatori che gli avevano dato filo da torcere e che gli avevano regalato la soddisfazione di un vero duello.
Eppure.
Eppure c'era qualcosa di diverso con quel Calabria.
Dal primo momento in cui si erano ritrovati faccia a faccia, con lo sguardo intenso dell'altro completamente concentrato su di lui, Khvicha era stato investito da una scarica di adrenalina diversa dalle altre. Era come se Calabria fosse il suo doppio, anticipava quasi ogni sua mossa, gli era costantemente col fiato sul collo. Khvicha era suo, e non se lo sarebbe fatto scappare per nulla al mondo.
Anche questo primo scontro di stagione non era stato diverso. Khvicha avrebbe mentito se non avesse ammesso di aver aspettato con ansia proprio il momento in cui lui e Calabria si sarebbero di nuovo ritrovati sullo stesso campo.
Alla fine però, questa volta, nessuno dei due aveva davvero vinto. Un pareggio, forse evitabile, forse no, ma comunque un pareggio. La frustrazione gli bruciava dentro. Aveva deluso i loro tifosi, per giunta in casa, e se solo quella palla fosse entrata in porta all'ultimo momento, allora –
«Hey, great match!»
Khvicha si girò verso Calabria. Gli si stava avvicinando ancora col fiatone, ma con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Inspiegabilmente, il suo primo, irrazionale pensiero fu che gli mancava vederlo coi suoi vecchi capelli ricci.
Scosse la testa. «Yeah, you've been very good, man» gli rispose, ricambiando il sorriso.
Questa volta Calabria rise di gusto. «You're pretty good yourself!» disse, per poi avvicinarglisi ancora di più, a braccia aperte. E per quanto solitamente lui non fosse il tipo da contatto fisico ravvicinato con persone che conosceva poco, aprì a sua volta le braccia e ricambiò l'abbraccio senza un attimo di esitazione. Poteva giurare di sentire Calabria sorridere mentre gli stringeva un braccio intorno alle spalle, la mano che si alzava ad accarezzargli la testa.
Una calda sensazione che proveniva da qualche parte nella sua pancia gli risalì fino al petto. Cercò di ignorarla, focalizzandosi solo sul calore dell'abbraccio dell'altro. Respirò a fondo l'odore di sudore dell'altro per calmarsi. Sudore, erba falciata, terreno umido: quelli erano gli odori del campo, odori di casa, che non mancavano mai di farlo stare meglio. Calabria sapeva di tutti questi messi insieme, e di un altro odore che non riusciva a classificare ma che doveva essere semplicemente lui. Era un buon odore, pensò.
Quando si separarono – e oddio, quanto tempo era passato? Gli era sembrata passata un'eternità, ma dovevano essere stati solo pochi secondi – Calabria gli stava ancora sorridendo, tutto denti. Khvicha notò che quando sorrideva gli si formavano delle rughe di espressione intorno agli occhi. Perché le trovava adorabili?
Dopo un attimo di quella che per un momento gli era sembrata esitazione – doveva essere un abbaglio, esitazione per cosa? – Calabria si allontanò, salutandolo con una mano. «To the next match!» urlò, prima di raggiungere i suoi compagni.
Khvicha restituì il saluto, anche se ormai non gli stava più prestando attenzione. Al prossimo match, di nuovo. Sarebbero passati mesi prima di riscontrarsi. Non era una novità.
E allora perché il cuore gli si era stretto in petto a sentire quelle parole?
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Khvicha non aveva idea del perché, ma quell'abbraccio era stato ripreso da praticamente tutti gli account sportivi italiani.
Cioè, era solo un abbraccio. Un sacco di avversari si salutano alla fine di una partita, no? Però tutti sembravano voler elevare quel momento a picco massimo della sportività tra due avversari, per qualche strana ragione. Forse era proprio perché la rivalità tra lui e Calabria era ormai nota, e quell'abbraccio a qualcuno poteva essere sembrato strano per quello. Sbuffò. Per certe persone era davvero difficile distinguere la rivalità sul campo dalla vita vera. Lui era esattamente l'opposto, e una rivalità così sentita non poteva portargli altro che avere maggior ammirazione del suo avversario, e quell'abbraccio non ne era stato che la naturale conseguenza. Semplice rispetto reciproco. Nulla di più.
Il fatto che si fosse andato a cercare e salvare tutte le angolazioni possibili in cui i giornalisti avevano scattato quel momento era un altro discorso. Era un bel ricordo da mantenere, ecco tutto.
Fu proprio mentra scollava il feed di Instagram che si accorse che Calabria aveva messo una nuova storia. Toccò l'icona rotonda colorata senza neanche pensarci su e si ritrovò davanti la foto di loro due che si abbracciavano, con la caption Respect.
Di nuovo quella sensazione di calore in fondo allo stomaco. E stava pure sorridendo come un deficiente.
Mise un cuore alla storia e gli mandò un messaggio.
Respect to you too, brother
It was a fun match
Chiuse Instagram e bloccò lo schermo del telefono. Aspettò la bellezza di dieci secondi netti prima di sbloccarlo di nuovo per controllare se ci fosse un messaggio di risposta. Ma che cazzo gli stava prendendo.
Stava per ribloccare il telefonino e andarlo a chiudere a chiave in un cassetto per non toccarlo mai più, quando il suono di una notifica echeggiò per la stanza. Erano due messaggi di Calabria.
Li aprì subito.
It's always fun to play against you! 😉
I wish we could do it more often... ☹
Oh. Quindi anche a Calabria mancava scontrarsi con lui. Sentì il cuore iniziare a battere più forte.
Me too
Si fermò un secondo, poi aggiunse un altro messaggio:
I really like how we fit together on the field
Ecco, l'aveva inviato. Oddio, sperava di non essere andato troppo oltre con quel commento. E se avesse frainteso? Se gli avesse dato fastidio? Se –
Oh you bet we fit well together 😉
Khvicha dovette ripetersi più volte che stavano parlando solo ed esclusivamente dei loro scontri sul campo di calcio. Nient'altro.
Uno scontro sul campo particolarmente allusivo.
Cazzo cazzo cazzo.
Il suono di una nuova notifica gli evitò un crollo mentale imminente riportandolo alla realtà.
How about we see each other for a rematch next time we both have a free day? I could come to Napoli or you could come to Milano
What do you think? 😁
Khvicha rilesse quelle parole.
Cosa ne pensava? Pensava che forse, forse, quello che provava per Calabria non era solo ammirazione da avversario e che forse aveva un principio di infatuamento...
(Ripensò ai suoi occhi azzurri, ai suoi capelli ricci, al suo sorriso che gli arrivava fino agli occhi: forse il forse era un eufemismo)
...e forse questo suo infatuamento era ricambiato.
I would like that very much, Cala
La risposta arrivò dopo qualche istante.
And please, call me Davide 😉
Khvicha sorrise. Forse poteva anche trovarsi a migliaia di kilometri da casa sua, ma chi lo diceva che non se ne poteva costruire una nuova dalle fondamenta?
Thank you, Davide
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yomersapiens · 1 year
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I cigni fanno finta di niente cignorano.
Ho preso un post-it e sopra ho scritto "Comprare post-it", alché mi guarda e mi dice "Ma che cazzo, sono qua, me lo dici in faccia, me lo scrivi addosso?" e non sapevo come rispondere così ho puntato sull'essere onesti "Bello mio è il 2023 è ora che impari che siamo tutti sostituibili, tu, me, tutti" lui si è preso male, si è scolorito, è passato da quel bel rosa shock acceso tipico dei post-it in uno avvilito e depresso e ha aggiunto "Vabbé ok come vuoi, ricordati solo di prendere le medicine, mi avevi comprato per questo..." e io mi ero scordato in effetti. Ho preso le medicine, il post-it ha smesso di parlare. Peccato, perché era proprio un bravo post-it.
Nel telefono ho solo foto del mio gatto, praticamente. Mi piacciono molto ma mi piacerebbe anche variare un po'. Magari con foto tue di ogni tipo, anche vestita non è un problema. Sono un ragazzo aperto. Non troppo vestita però ché la distanza sarà sempre un problema e poi vorrei inciampare su qualcuna di queste foto mentre sto facendo vedere quanto è bello il mio gatto e "Guarda qua come è seduto in maniera buffa! Guarda qua che panza che ha! È proprio un ciocciottone!!! E invece qua ooops, eh no questa non dovevi vederla, però l'hai vista, ecco, hai visto che bella che è? Sì, pensa che ho il permesso di stringerla. Ti rendi conto? Io, con questa faccia e questa panza che neanche il mio gatto c'ha, posso stringere lei. Posso mettere queste mani su quella pelle. Assurdo eh? Beh, torniamo alle foto di Ernesto, ecco, qua si sta leccando la zona dove una volta aveva le palle, eh poverino, chissà se gli manca avere le palle".
La mostra è stata fatta. Mi hanno finanziato. Ho esposto tutte le tessere degli abbonamenti viennesi. Ho invitato altri artisti e c'era pure una vecchia conoscenza nostra, il caro Spaam, che ha portato un suo lavoro bellissimo ma racconterò tutto quando rebloggherò per la millesima volta il lunghissimo post delle tessere degli abbonamenti viennesi. Però dai metto una foto qui perché sono un sacco orgoglioso.
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Questa primavera che non vuole saperne di arrivare mi piace. Anche se sono tornato a indossare i calzini di lana, il secondo paio di mutandoni invernali (fuori sarò ancora un bellissimo ragazzo ma dentro invecchio come non mai e ho qualcosa come centocinquantotto anni portati malaccio) e pure la maglietta della salute. Ogni tanto spunta il sole e Vienna si ricorda di essere viva e i viennesi come lucertole si fiondano sotto ogni raggio disponibile e io salgo sulla bici e pedalo fino a un laghetto poco distante. Non è facile arrivarci, devi seguire una strada piena di automobili e quanto fanno schifo le automobili sono rumorose e lentissime mentre io con la mia bici mossa dalle mie gambe alimentate dalla mia panza siamo molto più eco-amichevoli. Arrivato al laghetto mi sono seduto su un tavolino ignorato dagli osservatori di uccelli locali, quelli che vanno nella natura armati di fotocamere dal lunghissimo teleobbiettivo, e mi sono messo a guardare il cielo. Il tessutto azzurro pallido era graffiato dal passaggio di alcuni aeroplani diretti chissà dove così ho immaginato la mia vita lassù, su un aeroplano, che poi cade, spezzandosi in due. La mia testa non capisco cosa abbia di sbagliato ma vuole sempre che mi accada qualcosa di terribile. Immagino di ritrovarmi a cadere da non so quante migliaia e migliaia di metri da terra a una velocità assurda, anzi no non voglio cercare sul noto motore di ricerca qual è la velocità di caduta ma se ricordo bene deve essere 9,81 metri al secondo. Confermate? Sto cadendo velocissimo e mi manca l'aria ma riesco a raggiungere il telefono e prima di spiattellarmi al suolo vorrei almeno salutare tutti quelli a cui voglio bene, anche quelli che mi stanno sul cazzo dai, perché meritano di sapere che c'è un motivo per cui non li ho mai più contattati ed era proprio perché mi stavano sul cazzo. Quindi preparerei due messaggi, uno che dice "Ti ho sempre voluto bene" e un altro che dice "Sei un essere di merda e sono felice di morire prima di te perché stare ancora su un pianeta dove c'è pure la tua faccia di cazzo è una sofferenza costante". Perché il messaggio d'odio è più lungo di quello d'amore? Non lo so. Ho molta rabbia dentro. In ogni caso non credo sia fattibile. La pressione dell'aria non appena l'aereo si spezza in due sommata allo shock sommato alla temperatura glaciale ecco secondo me io crepo all'istante. Ho pensato a tutto questo mentre stavo seduto su quella panchina e i cigni mi hanno circondato. I cigni appartengono al secondo gruppo, quello dei messaggi di odio. Quanto mi stanno sul cazzo i cigni.
Ero alla mostra, stavo aspettando qualche visitatore. Tre curiosi sono passati, uno però è entrato solo perché credeva fosse stato recapitato qua da noi il pacco che gli hanno spedito. L'ho mandato al tabaccaio vicino ma prima di farlo uscire gli ho fatto vedere tutte le opere contenute quindi conta come visitatore! Ho fatto una videochiamata con mio nonno, volevo fargli vedere che suo nipote, disoccupato, prossimo ai quaranta, panciuto, biondo, rancoroso e ossessionato dal suo gatto ci è riuscito: ha fatto la sua prima mostra personale a Vienna. "Bravo Matteo, bravo!" ha detto prima di passarmi la nonna. La nonna non dice nulla da almeno 6 anni. È immobile sulla sua sedia, rinsecchita come una foglia sopravvissuta a troppe stagioni. Le ho detto "Guarda Pupetta! La mia prima mostra viennese! C'è il mio nome qua!" e lei non ha detto nulla. I suoi occhi erano sacchetti di acqua opaca. Sono tornato a parlare con il nonno che ultimamente si commuove per un nonnulla sempre. "Hai visto? Sono proprio felice nonno. È proprio una bella sensazione". Penso che la nonna abbia sentito che per la prima volta in non so quanti anni non mi sono lamentato di qualcosa e anzi ho detto di essere felice e forse ha capito che dai, pure quell'anima in pena di Matteo in qualche modo ha trovato il suo posto. E ha deciso di andarsene.
Guardo il telefono senza riuscire a staccarmi da ventiquattro ore in attesa della comunicazione ufficiale da parte di mia madre. Salirò su un aereo, arriverò a salutarla e le dirò "Ti ho sempre voluto bene" perché era lei il primo numero a cui avrei mandato un messaggio in caso di disastro aereo.
Per bilanciare allora mi sa che passo al laghetto, sulla via per l'aeroporto, a pestare di mazzate qualche cigno. Questa rabbia e lacrime devo sfogarle in qualche modo e quei pezzi di merda sanno di meritarsele.
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oltreladistanzaa · 7 months
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Quando un giorno ci incontreremo, sappi che avrò sofferto abbastanza, avrò accumulato ore di pianti, kg di biscotti e qualche ricordo sparso di vita. Adoro girovagare per i supermercati il giovedì dopo il lavoro, l'inverno, le grandi felpe , le camicie con i quadri, le montagne, laghi e i tramonti. Potrei scattarti foto senza che tu te ne renda conto, ma solo per farti vedere con i miei occhi come io vedo te. Non mi arrabbio spesso, ma le poche volte, inizio a sbattere le cose, senza fare male a nessuno meno che a me. Non sono mai stato amato,ho solo tanti libri che parlano di questo questo grande "amore" ma tutto mi è sfuggito di mano. Sedersi a terra dopo il lavoro è terapia, è avere il controllo delle piccole cose che sfuggono ogni giorno è fare un reset. Lascio andare così tanto la mia mente che non riesco neanche a controllarla, lei va da sé, ma non avere paura so prendermi cura degli altri, del prossimo e a chi voglio bene. Sedermi accanto e rimanere in silenzio. Lavoro troppo è vero, non riesco a prendermi cura di me, vuoi insegnamii tu a farlo? Non veniamo al mondo completi, perfetti, sono sempre gli altri ad aggiungere qualcosa dentro di noi. Adoro viaggiare, ma ho poco tempo, un po' di timore e ormai la poca voglia di mettermi in gioco, quindi impariamo a giocare?. Non amo guardami allo specchio, mi ricorda vecchi momenti di vita, lasciami guardare nei tuoi occhi, sarà perfetto così. Non ti prometto una grande casa, tanti soldi, tanti viaggi, gli aperitivi in centro, ti assicuro una casa piena di polaroid, il profumo di dolce la Domenica mattina, i Post-it sul comodino, la musica per casa, i silenzi come terapia seduti per terra e tanti tanti bei ricordi.
- Ricordati di essere luce, sempre.
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ross-nekochan · 5 months
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東京美術館に「ローマ」という展示会が開催されています。美術大好きのイタリア人としてはその機会は欠かせなかったので、先週末に行きました。
Qualche mese fa, quando ancora non ero stata resa schiava, mi ero resa conto che stavo perdendo il mio tempo libero nel weekend a fare poco e niente. E mi sono domandata: ma cosa facevo in Italia? Ah sì, andavo ai musei. Ma ci andavo sapendo cosa c'era dentro, perché conosco almeno una infarinatura della storia e della storia dell'arte europea, che mi appartiene.
Conosco e ho studiato anche quella giapponese che, per carità di Dio, ha i suoi pregi e il suo fascino ma... non credo sia all'altezza della nostra (sorry not sorry).
Quel giorno però mi misi a cercare qualcosa che avrebbe potuto interessarmi e incappai nella mostra perfetta per me: una mostra su ROMA, nel Tokyo Metropolitan Art Museum (più facile in giapponese ma vabbè, lo faccio per voi lettori). La mostra era una collaborazione con i Musei Capitolini di Roma, dove non sono mai stata.
La settimana scorsa non ho perso tempo, ho comprato il biglietto e ci sono andata.
Che meraviglia: ho di nuovo sentito quell'emozione spirituale e quella pace dei sensi che solo l'arte può dare. Mi era mancata, tantissimo. E nel provarla ho sentito anche l'angoscia di non poterla provare più facilmente come ho fatto fino a quando ero in Italia, dove TUTTO È ARTE.
In Giappone nei musei è proibito fare foto nel 90% dei casi quindi mi è venuta l'idea di fotografare le cartoline delle opere che c'erano dentro. Tra le più importanti: una replica della famosa lupa che allatta Romolo e Remo e la Venere Capitolina.
Avrei voluto fare un check up ravvicinato fotografico alla Venere come feci con quella di Jago a Bologna per ricordare la grazia, la perfezione di quell'opera così antica ma perfettamente sobria in tutti gli aspetti possibili. Ci ho girato in tondo due volte, a passo lento, per osservare tutto: il volto, le mani aggraziate, le cosce, le natiche, il sedere, la schiena...
Ma la sorpresa più bella è stata trovare senza nemmeno saperlo un quadro del Tintoretto e poi anche il mio amato Guido Reni (!!!) con la sua "Lucrezia". Firma immancabile del pittore, lo sguardo verso l'alto che in questo quadro ti scioglie peggio che nel San Sebastiano.
I giapponesi non facevo che guardare le cose e ripetere le solite esclamazioni del cazzo: sugoi, subarashii... "tanto non capirete mai a pieno la grandezza di quello che state vedendo, capre che non siete altro", dicevo nella mia testa. Ed infatti è stato pure scritto a chiare lettere che nell'era Meiji siamo stati proprio noi a far capire qualcosa di arte vera a sti poveri coglioni. In particolare furono Antonio Fontanesi, Vincenzo Ragusa e Giovanni Vincenzo Cappelletti a insegnare la nostra arte in questa povera terra di stupidi (nomi mai sentiti ma su cui dovrò assolutamente farmi una cultura).
La dimostrazione della loro stupidità è stata il bookshop che con la mostra non c'entrava quasi un cazzo. Infatti un'intera parete era piena di prodotti italiani artigianali e di alta qualità (dalla pasta di Gragnano ai grissini e ai cuneesi) proprio come se fossimo a una sagra Coldiretti. Il resto del bookshop era roba da merchandise come se la mostra fosse stato un concerto: magliette e felpe di tutti i tipi, gomme da cancellare con la forma dei busti, latte di cioccolatini con la Venere stampata, peluche della lupa (che è diventata tipo un mostriciattolo peloso) e per finire un tovagliolo con sempre la lupa mostricciolo e la scritta "dammi il latte" (perché ha appunto allattato Romolo e Remo).
Cosa non farebbero sti stronzi per vendere...
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gcorvetti · 1 month
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Torno a parlare di Musica.
Lo so che l'idea era quella di aprire un blog parallelo dove parlavo solo di musica, ma è ancora la e non so se la attuo perché alla fine posso mettere un bel tag e chi vuole si legge i post musicali. Comunque, oggi vedo un video di Silvestrin dove nella foto iniziale c'è Bruce Dickinson (per chi non lo sapesse è il cantante degli Iron Maiden), allora che fa non lo guardo? Nel video Enrico loda, in questo caso, il frontman dicendo che la sua proposta su come tirare su la musica è decisamente la migliore fin'ora. Avevo parlato tempo fa del video sempre di Silvestrin dedicato all'idea di Kanye West, riassumo : lui dice che come nel cinema quando esce un disco per il primo mese lo si trova in vendita e passato quel periodo pure in streaming. Mentre Bruce (la faccio breve, per chi è curioso si può guardare il video che metto sotto) dice che i fan, cioè quelli che tengono alla musica devono avere più spazio, come per esempio quello davanti al palco che ormai è destinato a VIP e influencer solo per far vedere che erano all'evento, perché un fan che compra il disco e poi viene al concerto non ha tutti quei soldi per poter stare in prima fila; per gli altri, cioè gli ascoltatori della domenica, quelli che non gli frega un cavolo della musica e per loro è solo un sottofondo, quelli possono andare a fanQ. Più o meno il discorso è questo, cioè ridare la musica a chi la ama veramente e non a chi si ascolta brani random e non sa neanche chi e cosa sta ascoltando. L'idea non è male di per se, forse non tutti hanno voglia di svilupparla, cioè i due artisti hanno proposto qualcosa che forse alle case discografiche non interessa, oppure a quelli che organizzano i concerti non conviene, anche se lo spazio davanti al palco è grande se ci metti tavolini e bar perdi spazio prezioso dove poter mettere centinaia di persone che anche se pagano 50€ di biglietto sono centinaia, beh questo dipende da come si calcolano i costi, se fai l'area VIP e ci guadagni di più è ovvio che non si potrà mai fare. Ma la cosa che noto è che finalmente qualcuno che sta ai piani alti si sta facendo sentire, se fino a poco fa nessun artista si era fatto avanti adesso si vede che c'è in qualche modo l'intenzione di cambiare le cose dall'alto, questo anche perché attraverso lo streaming (spotify è solo uno dei tanti) nessun artista guadagna, forse le case discografiche ma forse poco, questo è un campanello d'allarme che suona sempre nei momenti di crisi o quando il conto in banca non sale ma scende e basta.
Nel sottobosco le cose vanno diversamente, se ti va bene vendi qualche cd, qualche copia digitale su bandcamp, ma l'incasso lo fai andando sul palco e questo non cambierà mai, ci saranno sempre concerti e ci saranno sempre band che suonano, non importa se si guadagna tanto o poco, se si campa o meno, l'importante è comunicare le proprie idee attraverso la musica, come gli artisti di altre discipline fanno, anche se il periodo è turbolento per tutti.
Un nota personale, non ci sono più movimenti (musicali o culturali) e questo fa si che ci sia poco interesse da parte del pubblico perché ognuno fa per se e così si è da soli a cercare di emergere, coi movimenti si andava tutti in una direzione (tutti quelli che facevano parte del movimento).
A voi il video
youtube
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kaelucfantasy · 18 days
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TROCITO 15
Al dia siguiente no lo dude para nada y me fui en busca de Adeline de una vez por todas, despues de la noche que habia pasado Diluc llorando y sintiendose mal a pesar de que tanto Kaeya como yo nos quedamos a su lado, intentando consolarlo.
—¡Adeline!
Exclame entrando en las cocinas, la sirvienta dio un brinco al escuchar mi voz de reclamo y palidecio al ver mi rostro enojado mientras me dirigía a ella.
—Dame ahora mismo la llave del despacho de Crepus
—Remus…
—¡DAME AHORA MISMO LA LLAVE O REVIENTO AHORA MISMO EL CERROJO DE LA PUERTA!
Se que lo dije con muy mala leche y mis formas no fueron las mejores, pero no iba a dejar pasar ni un minuto mas de lo que ocurría y ahora Kaeya estaba trabajando, asi que no podia hablar con él.
Adeline temblorosa, saco la llave dándomela, yo no dude en agarrarla con fuerza y me dirigí sin descanso hacia el despacho; cuya puerta abri y me puse a revolver el despacho de cabo a rabo.
Las sirvientas miraban como removía absolutamente todo lo que habia en la habitación, revisando cualquier cosa que me llamara la atención, haciendo un gran ruido.
Adeline fue a la habitación de Diluc, pero nada mas abrir la puerta, el escandalo que estaba armando desperto de su estado depresivo a Diluc.
—¿Que esta pasando?
—Es el señorito Remus… esta revisando el despacho de su padre…
Diluc se levanto y camino hacia el despacho. El me encontro con muchos papeles y libros fuera de su lugar pero aun asi mantenía el orden sobre el suelo.
—Remus…
—Eh Diluc… -pare un momento y fui a su lado —¿como te encuentras?
—Confuso… -miro todo a su alrededor —estas asustando a las sirvientas
—Lo sé y lo siento mucho, pero me niego que no estén escondiendo mas cosas… quiero encontrar lo que sea necesario… una foto o lo que sea… pero no pudo quedar solo la tetera como lo único de vuestra madre… o si es verdad lo que nos conto… me niego verte sufrir y hare lo que sea necesario…
Sin esperarmelo, Diluc me abrazo fuertemente haciendo que le mirara sorprendido, pero senti como temblaba y no dude en abrazarlo.
—Ya… ya… tranquilo Diluc…
—Remus… gracias… eres de los pocos que no han dudado en ayudarme…
En ese momento, una foto se escurrió del cuaderno que me hizo abrir los ojos y mirar hacia aquello que se habia caido, al ver que las personas que habia tenia cabello rojo, capto mi atención.
—Espera Diluc… -dije apartándome de él
—¿Que sucede, Remus?
Tome aquella foto entre mis dedos levantándola del suelo y observándola analizándolo todo.
—Mira Diluc, por fin una foto de tu padre… -señale al hombre que estaba primero —no se quien sera este hombre de aqui, pero parece un tio o alguien asi… porque tu abuelo no lo creo, es muy joven…
Diluc miraba aquella foto, sintiendo como en su memoria llegaba las imagenes de su padre, asintiendo a mis palabras. Yo segui observando la foto, ya que parecia una fiesta cuando se tomo esa foto; y a media luz, al fondo, pude ver una hermosa mujer alta, mas alta que Crepus, con un largo cabello rojizo de gran volumen debido a su cabello de rizo suave que reia con una copa de la mano.
—Diluc… mira… -dije casi conteniendo el aliento
Diluc tomo la foto de entre mis manos y se puso observando aquella mujer, al principio estaba tan quieto que ni siquiera respiraba, memorizando cada rasgo de aquella mujer que habia en la foto, para despues temblar con una mezcla de emoción y angustia llenando su pecho. Tanto tiempo queriendo saber quien era su madre y ahora, habia conseguido al menos, ponerle rostro.
Yo le acariciaba el cabello para intentar aliviar la presión de su pecho, observando la foto junto a él. Cuando me di cuenta que el lugar de la foto era ese mismo despacho.
Levante mi rostro para mirar el lugar, pero algo vi que no cuadraba para nada. Mire la foto y luego mire la sala varias veces para asegurarme de que no me estaba volviendo loco.
—Espera…
Me separe de él por un segundo haciendo que él se sintiera confuso mirándome marchar, yo pensaba que era una tontería, que las cosas cambiaban despues de tantos años desde aquel momento pero, sentia una corazonada en mi pecho.
Me acerque a una estantería que parecia igual a todas, no habia nada fuera de su lugar; salvo porque era la única que no tenia el símbolo de los Ragvindr, si no algo que habia visto en el guardarropa de Diluc.
Al poner mis dedos sobre el símbolo, aparecio un símbolo mágico rojizo y de golpe senti un dolor agudo que me hizo retirar la mano hacia atras. Cuando mire mis dedos, estos tenían como punzadas sangrantes como de pinchazos de agujas gruesas.
Sacudí mis dedos y lo lamí pensando que me habia pinchado con astillas, pero para mi sorpresa, escuche como un mecanismo se acciono y esa estantería se despego levantando una nube de polvo mientras se abría, revelando una habitación a oscuras que olia a polvo y humedad, como si no se hubiera abierto en años.
Tosí y Diluc me alcanzo una vela que encendió para que pudiera ver en aquella oscuridad. Yo la tome y pude notar que él tenia el corazón igual de encogido que el mio; tomando aire con mis pulmones, acerque aquella pequeña luz hacia aquella habitación a oscuras.
La luz revelo una sala pequeña llena de mora por todos lados y cajas de madera con un símbolo dibujado en ellas que me hizo palidecer.
Era el símbolo de los fatui.
END TROCITO 15
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tulipanico · 10 months
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ciao tulipanico! 🌷
questa è una domanda che ho sempre voluto farti. come pensi ti abbia cambiato la fotografia?, se ti ha cambiato in qualche modo. ti senti più sicura di te stessa? a me piacerebbe tantissimo entrare in questo mondo, ma mi rendo conto che la mia timidezza mi blocca tantissimo dallo scattare foto fuori casa e questa cosa mi rattrista parecchio :(
Grazie per la bellissima domanda!✨
Mi ha maturata molto sotto almeno due punti di vista: uscire di casa da sola e guardare le cose. Non che prima avessi qualche problema a uscire da sola, ma sicuramente lo facevo molto meno; ora semplicemente se mi piace la luce, se ho voglia di stare in mezzo alle persone, se mi sento giù, se ho bisogno di concentrarmi sul bello che c'è intorno, prendo la macchina fotografica e vado, senza nessun pensiero. Ed è cambiato tanto il mio sguardo, nel senso che se giá prima notavo le cose che avevo intorno, ora le osservo con occhi diversi, con un desiderio diverso, che è poi quello di fermare quegli attimi. La fotografia è per me un esercizio quotidiano a vedere la bellezza ovunque.
Mi sento più sicura di me? Non lo so, a volte al contrario mi sento immensamente più esposta, perchè con gli scatti mi pare di mettermi a nudo, molto di più rispetto all'eventualità in cui in quegli scatti ci fossi io. Nelle mie fotografie credo (e spero) ci sia quel mio modo di guardare, o ancora più di sentire, quello che accade intorno, quel mio soffermarmi su certi dettagli, non so. Peró, è anche vero che sì, con la macchina fotografica un pochino più forte mi ci sento, forse perchè è un ulteriore modo per nascondersi.
Capisco la timidezza, io per prima vorrei esserlo molto meno, mi piacerebbe, ad esempio, interagire con i miei soggetti piuttosto che rimanere un'osservatrice più o meno lontana. Per ora mi va bene catturare solo la spontaneità delle persone, qualora non mi bastasse più magari inizierò ad avvicinarmi, chissá. Ma non farti fermare da nulla, davvero, se osservi tutto dal mirino ottico, rettangolo per rettangolo, fa meno paura.
Per qualsiasi cosa sono qua, per quel poco in cui posso essere utile. Ma davvero, grazie per la domanda🍭
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sonego · 7 months
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NICO a me almeno una volta a settimana tornano in mente i pianti che mi sono fatta per tre (3, non scherzo) giorni consecutivi e seppure il ricordo mi faccia sentire sopraffatta è anche una delle sensazioni più belle della mia vita. Ricordo la felicità che ho provato in quel momento come fosse ieri e col senno di poi mi sono resa conto che ho pianto così forte da non respirare (va be' che sono pure asmatica e mi ci vuole poco ma!!!) e che probabilmente hanno sentito i miei singhiozzi pure dall'altra parte del mondo 😭😭😭😭😭
GRACE 🥹🥹🥹 lo so lo so è veramente una sensazione bellissima, ogni tanto mi rivedo foto e video e 😭😭 è strano da dire forse ma è passato quasi un anno e mezzo e ancora non ci credo, in un certo senso. cioè mi ritrovo in certi momenti a pensare alla gioia di quel giorno e non mi sembra vero... però boh perché io faccio fatica con le emozioni passate sjkbkdbm tipo mi chiedo se è successo tutto davvero e se ho provato davvero emozioni del genere perché una volta che sono passate le emozioni fatico a ritrovarle 😞 MA cerco appunto di farle sembrare più reali guardando foto, video, rileggendo articoli, messaggi ecc. perché aiuta a rivivere il più possibile l'assoluta bellezza e gioia di quei momenti 💖 vorrei tanto poter rivivere quel sassuolo milan e tutti i festeggiamenti dopo di nuovo come fosse la prima volta 🥺 i miei pianti erano silenziosi perché la mia famiglia mi avrebbe preso in giro SGDCKJB però ho pianto anch'io come un dannatoooo
help scusa il papiro forse non c'entrava niente 😭😭 però grazie per aver condiviso 🥹🥹 è bello in fondo vedere che siamo persone diverse che vivono i ricordi in modo diverso e sinceramente suonerà assurdo ma quando riesco a vivere le partite del milan con tuttə voi qui sopra ritorna un pochettino di quella gioia 🫶🫶 (soprattutto quando va bene ovvio lmao ma!!!!)
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harshugs · 11 months
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nostalgia?
poco fa mi sono imbattuta nel profilo ig di una ragazza che ho conosciuto nel 2018/2019:
quel periodo della mia vita era caratterizzato dall’assidua ricerca di un modo per definire il mio orientamento sessuale, i miei gusti, diciamo che semplicemente volevo riconoscermi in qualcosa;
questa ragazza qui, invece, nonostante avesse due anni in meno di me, era già abbastanza sicura di sé.
lei era di torino, ma purtroppo si era trasferita da qualche tempo in sardegna a causa del lavoro dei suoi genitori. Ricordo che questa distanza era straziante.
nel giro di poco tempo mi ero talmente tanto legata a lei che non potevo più far a meno di scriverle ogni secondo, sentirla, sapere come stava e cosa faceva, sentivo il bisogno di averla accanto ogni attimo.
questo valeva anche per lei, ma nello stesso periodo aveva conosciuto una ragazza con cui aveva deciso di intraprendere una relazione (a distanza, durata ben poco).
in realtà io non conoscevo bene le mie emozioni, non sapevo che effettivamente ciò che provavo per lei non era un bene amichevole, ma qualcosa di più, però ovviamente cercavo di incoraggiare la relazione con quell’altra.
fatto sta che ad una certa si lasciano, quindi le nostre conversazioni tornarono ad essere di nuovo costanti e soprattutto affettuose; tanto affettuose.
tra di noi ci chiamavamo “amore”, ci dicevamo “ti voglio bene” ogni 4 messaggi, ci mandavamo spesso foto di cosa facevamo e dove eravamo, purtroppo però non eravamo mai insieme perché troppo distanti, e quindi i “mi manchi” e i “vorrei essere lì con te” diventavano sempre più frequenti.
una cosa che ci accomunava era la musica, in particolare quella di Ultimo: era appena uscito l’album “colpa delle favole” e io da subito le dedicai una frase della canzone “ipocondria”
“a me va bene anche distanti, tanto ti porto con me”
a pensarci bene una delle PRIME cose che le scrissi appena ci eravamo conosciute era stata: “e vorrei essere anche io bella come sei bella tu”
frase sempre di Ultimo della canzone “poesia senza veli”, che le dedicavo ogni volta che lei si vedeva brutta
(ero proprio romantica, self pat pat sulla spalla)
un’altra cosa carina che avevo fatto era videochiamarla qualche volta durante il concerto di Ultimo, sapevo che ci teneva anche lei ad andarci, ma purtroppo non poteva, e quindi in qualche modo volevo farla partecipare.
non so per quale motivo, non ho proprio idea del perché, ma tutto d’un tratto iniziai a scriverle pochissimo: ero andata in vacanza studio in Inghilterra per due settimane, e per tutto quel tempo lei non mi passava MAI per la testa, MAI.
era strano, perché fino a pochi giorni prima sentivo la necessità proprio fisica di averla accanto a me, ma in quelle due settimane cambiò letteralmente tutto, e io non me ne ero nemmeno accorta, in più il mio cuore era stato temporaneamente rapito da un ragazzo che stava con noi nel gruppo della vacanza studio (e porca puttana quel ragazzo non me lo toglierò mai dalla testa).
questa cosa è molto brutta da ammettere perché sembro una persona di merda, ma a me non fregava più granché di lei, e ad oggi mi chiedo quanto avrà sofferto in quel periodo a causa mia; entrambe stavamo vivendo un periodo un po’ del cazzo e fino a quel momento ci eravamo date forza a vicenda.
beh fatto sta che dopo quelle due settimane io le scrivevo ma molto poco, fino a non scriverci più, e io continuavo a non rendermene conto.
(altro che self pat pat, self pugno in faccia)
dopo un po’ di mesi le scrissi ovviamente scusandomi e chiedendole come stesse, e inoltre confessandole il fatto che mi ero resa conto che ciò che provavo per lei andava oltre l’amicizia, e che forse la cosa mi aveva spaventata e di conseguenza fatta allontanare.
e niente, la storia finisce così, con qualche sporadico messaggio nel 2020 durante il covid ma niente di particolare.
il suo account ig, quello di twitter e anche quello di tumblr (perché lo usava pure lei) al momento sono inattivi da tempo, però me li ricordo tutti.
la sua chat di whatsapp è custodita nelle chat archiviate e ogni tanto capita che vada a rileggere qualcosa e credo che il numero sia sempre lo stesso, perché ogni tanto vedo quando cambia foto profilo; in più sul telefono ho una gif del suo viso salvata, era bellissima e lo è tutt’ora.
spero davvero stia bene💔
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lorencelamashtu · 6 months
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Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Un paio di mesi fa mi era stato annunciato da una persona conosciuta per caso. Lì per lì, sul momento, non mi aveva fatto un gran effetto.
Quando invece poi ti ho vista in quelle foto, così luminosa, perfetta, quasi eterea, si è acceso in me un turbine di emozioni fortissime e a tratti contrastanti, che ancora adesso fatico a capire e a definire.
Probabilmente la più forte è la nostalgia. Nostalgia di tutti i momenti vissuti. E, come ho già detto anche nel mio precedente post, ogni volta che ciò accade, riesco sempre a sorprendermi nel constatare quanti piccoli dettagli della nostra relazione ricordo molto bene dopo tutti questi anni.
Vederti nel tuo giorno più felice, così radiosa, sorridente. Ricordarti super timida e immaginare quanto imbarazzo tu possa aver provato. Dedurre un attimo dopo quanto tu sia evidentemente cambiata dopo tutto questo tempo. Quanto tu abbia trovato la forza di superare la timidezza e l'insicurezza nella presa di coscienza dell'amore delle persone di cui ti sei circondata. Ecco, tu sei tutti quelli che oggi sono lì vicino a te. E di questo ne vai fiera. Ed anche io lo sono di te.
Il tuo sorriso è perfetto. Spontaneo, genuino, elegante. Talmente bello che sembra plastificato. Sul tuo viso non avverto il minimo segno di forzatura. La tua espressione è così naturale e divina, che sento quasi di non avere il permesso di ammirarla.
Guardando quelle foto, da un lato vedo ancora la ragazza dolce, tenera, timida, sognatrice e un pizzico ribelle, che avevo conosciuto anni fa. Dall'altro, mi accorgo che ormai sei una donna sbocciata e forte, che ha affrontato numerose difficoltà e che sta trasformando in realtà quei grandi sogni di cui mi parlavi.
Ma tra quei sogni non ricordavo affatto ci fosse quello che vedo in foto. Probabilmente infatti la seconda grande sensazione che mi ha pervaso è stata proprio lo stupore. Stupore perché la ragazza ribelle che avevo conosciuto era contro le tradizioni ed i negozi giuridici che contraddistinguono una società che solo all'apparenza è moderna, ma che ancora in realtà rimane ancorata a determinati istituti, principalmente di natura religiosa. Si, ok, quello che vedo è un sindaco, non un prete. Ma la sostanza poco cambia.
Evidentemente non era solo come mi dicevi tu "le persone non cambiano, ma si rivelano per quello che sono". Ciò è vero nel breve termine.
La verità è che le persone cambiano. Cambiano talmente tanto che se ognuno di noi guardasse il sé stesso di 10 anni prima, nemmeno si riconoscerebbe. E come io non riconoscerei il me di 12 anni fa, in questo momento forse non riconosco più nemmeno te.
Solo una cosa è certa ormai.
Oggi, ancor di più, ti guarderò da lontano, in silenzio, sperando ancora di trovare in te qualcosa della Federica che tanto ho amato, per rendermi conto ogni volta, sempre di più, che ormai, forse, esiste solo nei miei ricordi. E chiuderò gli occhi con forza, sforzandomi di non dimenticare mai tutto quello che c'è stato. E urlerò al cielo quanto io sia stato fortunato che la prima sei stata tu. E ancora una volta augurerò a me stesso di trovare una persona capace di darmi tutto, senza chiedere nulla, e di farmi scoprire che solo insieme possiamo davvero cambiare.
Pasternak diceva: "Tutte le persone che incontriamo nella nostra vita sono il nostro riflesso. Ci sono state mandate, perché noi, vedendole, correggiamo i nostri errori; e quando noi lo facciamo, anche queste persone cambiano. Oppure se ne vanno per sempre dalla nostra vita."
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rosa-kirsche · 2 years
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Il rispetto non esiste più. Per alcune persone il solo digitare tasti in sequenza su una tastiera, nascondendosi dietro lo schermo e all’anonimato, è un passatempo, un modo come un altro per soddisfare bisogni e piaceri. Per queste persone non ha la minima importanza quello che dall’altra parte viene recepito: critica, accusa, giudizio, mancanza di rispetto, senso di insicurezza ed inadeguatezza. Per queste persone non esiste l’anima dietro alle altre persone che incontrano su un sito come questo, come in moltissimi altri luoghi, social o blog che siano, preferendo parlare senza tenere nemmeno in conto quelle che potrebbero essere le conseguenze. E queste persone non sono altro che la causa che porta persone come me a nascondersi nella vita reale a farlo anche su un blog che sentivano personale, come un diario, in cui avevano imparato ad accettarsi un po’ di più e porsi sotto una luce meno oscurata dagli standard tossici che incontrano tutti i giorni nella vita quotidiana al di fuori di internet. Persone come me che sono insicure e piene di paranoie che si ritrovano a cancellare foto personali e a smettere di rispondere ai messaggi perché importunate o sminuite o ritenute false e approfittatrici.
Questo è l’ultimo messaggio che scrivo con la speranza di vedere il rispetto ricomparire almeno un po’ tra tutti i post che questo sito presenta, con la speranza di non dover buttare al vento quel poco di autostima e riconoscimento nei miei confronti che molto duramente mi sono costruita.
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