Tumgik
#frasi dei solitari
sognatore89 · 9 months
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Non hai niente ti ripeti ,non hai una ragazza o un ragazzo e ti senti solo,
Ma hai mai sentito il vento che ti accarezza? Il mare che ti dice che lui e li con te e il sole in estate verso le 20 che si abbassa e ti dice ti raffrescò un pò? Non sei solo apri la tua mente.
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cutulisci · 4 months
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Le parole son barche a perdersi così, di bocca in bocca, come di nebbia in nebbia. Portan le loro merci fra le conversazioni senza trovare un porto, la notte che a loro pesi come un’àncora. Devono abituarsi ad invecchiare e a vivere pazienti come legno consumato dalle onde, via via scomporsi, danneggiarsi pian piano, fino a che alla cantina abituale giunga il mare a sommergerle. Perché la vita va nelle parole come il mare in una barca, ricopre di tempo il nome delle cose e porta alla radice d’un aggettivo il cielo d’una data, il balcone d’una casa, la luce d’una città riflessa in un fiume. Per questo, nebbia a nebbia, quando l’amore invade le parole, batte alle sue pareti, marca in esse i segni d’una storia personale e lascia nel passato dei vocabolari sensazioni di freddo e di caldo, notti che sono notte, mari che sono il mare, passeggiate solitarie con estendersi di frasi e treni fermi e canzoni. Se l’amore, come tutto, è questione di parole, avvicinarmi al tuo corpo è stato creare una lingua.
Luis García Montero
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piusolbiate · 1 year
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e, alla fine, ci sono solo grida di gioia!
Solbiate Olona -  In questa occasione si è voluto ricordare tutti quei militari italiani (651.000) che furono deportati nei Campi di lavoro in Germania perchè l'8 settembre 1943 si rifiutarono di combattere con i nazifascisti. Attraverso i ricordi e gli anedotti dei propri padri Antonio Bianchi e Angelo Olgiati e la lettura da parte dei ragazzi dell'IcMoro Solbiate Olona di alcuni brani del Libro di Don Angelo Canavesi ci si è immersi in quegli anni di guerra, orrore e paura per poi finalmente arrivare all'amata e riconquistata libertà. Un caloroso applauso ha accolto la recitazione delle Classi Terze che artendo dalla lettura di alcuni brani del libro di Don Angelo Canavesi "Quindici mesi di vita in Germania 21 maggio 1944 - 21 agosto 1945" e raccogliendo poi le frasi che più li avevano colpiti, hanno creato una bellissima e toccante poesia: " Macerie".
MACERIE
(In Ricordo di Don Angelo Canavesi) Come un pugno è l'indicibile dolore di fronte al solito spettacolo, come un pianto inconsolabile... Stormi metallici nel cielo rendono la vita insopportabile mentre si avvicina sibilante il rombo del cannone. Camminare sorvegliati senza posa mangiare nei campi solitari scappare davanti all'inevitabile desiderare la fine... Sventolano fazzoletti bianchi per chi è in partenza verso l'ignoto, verso la Patria, verso la vita... e, alla fine, ci sono solo grida di gioia! 25 Aprile 2023, le Classi Terze IC Aldo Moro
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tarditardi · 9 months
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MATTIA RAME: "Mare Mare" in radio e sulle piattaforme
Dopo l'uscita di "Muoviti" lo scorso Aprile, Mattia Rame presenta il suo ultimo lavoro "Mare Mare", dal 14 Luglio in radio e sulle piattaforme accompagnato dal videoclip. Il brano è il secondo singolo estratto che andrà a far parte del prossimo disco "Lo Spazio, l'Egitto, Battiato". 
Il brano, nato come omaggio all'indimenticabile Franco Battiato che ha influenzato in maniera potente anche le liriche dell'artista romano e accompagnato dal videoclip per la regia di Valerio e Andrea Vasselli, offre un'esperienza musicale coinvolgente, intrisa di citazioni letterarie e riflessioni profonde sul nostro tempo. Il ritornello del brano è, infatti, un omaggio esplicito al celebre ritornello di "Summer on a solitary beach" che va a fondersi con le parole di Mattia, creando un'atmosfera unica. La melodia che vuole trarne ispirazione, insieme ai versi che mescolano le parole del Maestro con i sentimenti di Mattia sulla precarietà dei nostri tempi, creano un connubio di emozioni e riflessioni.
A livello testuale "Mare Mare" trae ispirazione dai"Diari Intimi" di Baudelaire, un'opera che ha lasciato un'impronta duratura nella mente di Mattia Rame. In particolare, una frase ha letteralmente spaccato il suo cervello: "I bigotti del Belgio assomigliano tutti ai cristiani antropofagi dell'America del Sud".
"Ancora non so dire bene se poi io la abbia effettivamente capita, ma qualche tempo fa, mentre scrivevo questa canzone, che poi è diventata il mio vero e proprio omaggio a Battiato, è tornata alla luce". - Spiega Mattia Rame.
Durante la scrittura di "Mare mare", Mattia ha annotato frasi enigmatiche come "Pazzi animisti nelle congreghe d'Oriente" e "Uomini prendono il virus al funerale di uno sciamano" che, a seguito dell'esperienza vissuta con la pandemia di Covid-19, assumono un tono sinistro. Queste citazioni sono state abilmente intrecciate con riferimenti alla nostra dipendenza dai cellulari e agli onnipresenti selfie, dando vita a una riflessione che attraversa tutto il testo del brano.
Il nucleo concettuale di "Mare mare" ruota intorno alla frase che potrebbe apparire marginale nel testo: "Sui giornali non troveremo come essere Uomini". In un'epoca in cui siamo bombardati dalle informazioni, Mattia sostiene che non possiamo trovare nell'informazione stessa ciò che ci rende esseri umani migliori. È solo attraverso la cultura che possiamo scoprire il senso delle cose e del nostro essere. La canzone rappresenta un invito a fuggire dalla frenesia e dalla compulsione del tempo presente, come se fossimo di fronte al mare, chiedendo di essere cullati dolcemente nei suoi pensieri necessari, ma pregando al contempo di non esserne annegati.
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djs-party-edm-italia · 9 months
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MATTIA RAME: "Mare Mare" in radio e sulle piattaforme
Dopo l'uscita di "Muoviti" lo scorso Aprile, Mattia Rame presenta il suo ultimo lavoro "Mare Mare", dal 14 Luglio in radio e sulle piattaforme accompagnato dal videoclip. Il brano è il secondo singolo estratto che andrà a far parte del prossimo disco "Lo Spazio, l'Egitto, Battiato". 
Il brano, nato come omaggio all'indimenticabile Franco Battiato che ha influenzato in maniera potente anche le liriche dell'artista romano e accompagnato dal videoclip per la regia di Valerio e Andrea Vasselli, offre un'esperienza musicale coinvolgente, intrisa di citazioni letterarie e riflessioni profonde sul nostro tempo. Il ritornello del brano è, infatti, un omaggio esplicito al celebre ritornello di "Summer on a solitary beach" che va a fondersi con le parole di Mattia, creando un'atmosfera unica. La melodia che vuole trarne ispirazione, insieme ai versi che mescolano le parole del Maestro con i sentimenti di Mattia sulla precarietà dei nostri tempi, creano un connubio di emozioni e riflessioni.
A livello testuale "Mare Mare" trae ispirazione dai"Diari Intimi" di Baudelaire, un'opera che ha lasciato un'impronta duratura nella mente di Mattia Rame. In particolare, una frase ha letteralmente spaccato il suo cervello: "I bigotti del Belgio assomigliano tutti ai cristiani antropofagi dell'America del Sud".
"Ancora non so dire bene se poi io la abbia effettivamente capita, ma qualche tempo fa, mentre scrivevo questa canzone, che poi è diventata il mio vero e proprio omaggio a Battiato, è tornata alla luce". - Spiega Mattia Rame.
Durante la scrittura di "Mare mare", Mattia ha annotato frasi enigmatiche come "Pazzi animisti nelle congreghe d'Oriente" e "Uomini prendono il virus al funerale di uno sciamano" che, a seguito dell'esperienza vissuta con la pandemia di Covid-19, assumono un tono sinistro. Queste citazioni sono state abilmente intrecciate con riferimenti alla nostra dipendenza dai cellulari e agli onnipresenti selfie, dando vita a una riflessione che attraversa tutto il testo del brano.
Il nucleo concettuale di "Mare mare" ruota intorno alla frase che potrebbe apparire marginale nel testo: "Sui giornali non troveremo come essere Uomini". In un'epoca in cui siamo bombardati dalle informazioni, Mattia sostiene che non possiamo trovare nell'informazione stessa ciò che ci rende esseri umani migliori. È solo attraverso la cultura che possiamo scoprire il senso delle cose e del nostro essere. La canzone rappresenta un invito a fuggire dalla frenesia e dalla compulsione del tempo presente, come se fossimo di fronte al mare, chiedendo di essere cullati dolcemente nei suoi pensieri necessari, ma pregando al contempo di non esserne annegati.
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sounds-right · 9 months
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MATTIA RAME: "Mare Mare" in radio e sulle piattaforme
Dopo l'uscita di "Muoviti" lo scorso Aprile, Mattia Rame presenta il suo ultimo lavoro "Mare Mare", dal 14 Luglio in radio e sulle piattaforme accompagnato dal videoclip. Il brano è il secondo singolo estratto che andrà a far parte del prossimo disco "Lo Spazio, l'Egitto, Battiato". 
Il brano, nato come omaggio all'indimenticabile Franco Battiato che ha influenzato in maniera potente anche le liriche dell'artista romano e accompagnato dal videoclip per la regia di Valerio e Andrea Vasselli, offre un'esperienza musicale coinvolgente, intrisa di citazioni letterarie e riflessioni profonde sul nostro tempo. Il ritornello del brano è, infatti, un omaggio esplicito al celebre ritornello di "Summer on a solitary beach" che va a fondersi con le parole di Mattia, creando un'atmosfera unica. La melodia che vuole trarne ispirazione, insieme ai versi che mescolano le parole del Maestro con i sentimenti di Mattia sulla precarietà dei nostri tempi, creano un connubio di emozioni e riflessioni.
A livello testuale "Mare Mare" trae ispirazione dai"Diari Intimi" di Baudelaire, un'opera che ha lasciato un'impronta duratura nella mente di Mattia Rame. In particolare, una frase ha letteralmente spaccato il suo cervello: "I bigotti del Belgio assomigliano tutti ai cristiani antropofagi dell'America del Sud".
"Ancora non so dire bene se poi io la abbia effettivamente capita, ma qualche tempo fa, mentre scrivevo questa canzone, che poi è diventata il mio vero e proprio omaggio a Battiato, è tornata alla luce". - Spiega Mattia Rame.
Durante la scrittura di "Mare mare", Mattia ha annotato frasi enigmatiche come "Pazzi animisti nelle congreghe d'Oriente" e "Uomini prendono il virus al funerale di uno sciamano" che, a seguito dell'esperienza vissuta con la pandemia di Covid-19, assumono un tono sinistro. Queste citazioni sono state abilmente intrecciate con riferimenti alla nostra dipendenza dai cellulari e agli onnipresenti selfie, dando vita a una riflessione che attraversa tutto il testo del brano.
Il nucleo concettuale di "Mare mare" ruota intorno alla frase che potrebbe apparire marginale nel testo: "Sui giornali non troveremo come essere Uomini". In un'epoca in cui siamo bombardati dalle informazioni, Mattia sostiene che non possiamo trovare nell'informazione stessa ciò che ci rende esseri umani migliori. È solo attraverso la cultura che possiamo scoprire il senso delle cose e del nostro essere. La canzone rappresenta un invito a fuggire dalla frenesia e dalla compulsione del tempo presente, come se fossimo di fronte al mare, chiedendo di essere cullati dolcemente nei suoi pensieri necessari, ma pregando al contempo di non esserne annegati.
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sciatu · 3 years
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ISOLE EOLIE 
Perché non sognare, illudersi ancora ed ancora, che un amor possa essere immortale, come i templi, un vulcano od un fiore, perché non credere ancora, che quanto provi in fondo sia vero, pensare di essere ed amare, di avere qualcuno d’abbracciare, che di notte sappia farti sognare e tu possa trovare un senso ad ogni tuo dolore, dimenticando di essere un isola circondata da altre isole solitarie. Perché non raccontarsi una fiaba e crederci ancora ed ancora, vedere grazie ai suoi occhi ed in loro annegare. Perché non scrivere poemi d’amore sul pallore lunare della sua pelle, intingere le tue labbra nelle sue e usare i suoi nei come punti per fermare frasi infinite ricche di sesso e tenerezza, frasi scritte col fuoco del bisogno di lei, con il miele del suo bisogno di te. Perché non credere e sperare, nella rotta che porta al suo cuore, seguire le stelle dei suoi desideri, custodire nell’anima la santa reliquia del suo volto, avere i suoi occhi come luce e per sempre il suo corpo abbandonato sul tuo a sciogliersi in te, in te essere e rinascete e rendere due vite una unica fiamma immortale.
Why not dream, delude yourself again and again, that a love can be immortal, like temples, a volcano or a flower, why not believe again, that what you feel at the bottom is true, think that you are and love, that you have someone of embrace, that at night can make you dream and you can find meaning in all your pain, forgetting to be an island surrounded by other lonely islands. Why not tell a fairy tale and believe in it again and again, see thanks to her eyes and drown in them. Why not write love poems on the lunar pallor of her skin, dip your lips in hers and use her moles as points to stop endless sentences full of sex and tenderness, sentences written with the fire of your need, with the honey of her need of you. Why not believe and hope, in the route that leads to his heart, follow the stars of her desires, keep the holy relic of her face in your soul, have her eyes as light and forever her body abandoned on yours to melt in you, in you reborn and make two lives one immortal flame.
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pangeanews · 3 years
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“Sono attratto dal caos”. Dialogo con Rudy Wurlitzer. Benedetto da Thomas Pynchon, ha scritto per Sam Peckinpah e Bernardo Bertolucci
Quando chiedo di intervistarlo, mi dicono che è on the road. Sulla strada. Fuori dal mondo. Dal tempo. Poi. Riemerge. Avete presente Johnny Depp che in Dead Man si fa chiamare William Blake e naviga su una canoa, al margine del regno dei morti, stordito, in un Far West di desolante nitore? Beh, alle spalle del più bel film di Jim Jarmush c’è lui.
C’è lui, in effetti, anche nella pellicola epica di Sam Peckinpah, Pat Garrett & Billy the Kid; ed è sempre lui che scrive Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci e aggiusta il testo di Dune, griffa David Lynch. Solo che a Rudolph ‘Rudy’ Wurlitzer, classe 1937, tra gli scrittori più originali degli States, nato alla letteratura con Nog, nel 1968, battezzato da uno come Thomas Pynchon («Speriamo che il Romanzo delle Cretinate sia morto, speriamo che una nuova luce sia sorta, perché Wurlitzer è uno bravo, bravo davvero»), le etichette non piacciono. Fugge a tutti. Resiste tra gli inafferrabili. Così, svezzato alla sapienza narrativa a Maiorca, da un maestro come Robert Graves, scrive libretti per Philip Glass e quando, dopo troppi anni – l’ultimo romanzo, Slow Fade, è del 1984 –, nel 2008, per la casa editrice indipendente Two Dollar Radio, se ne esce con The Drop Edge of Yonder, è una ovazione generale, ne scrivono come del «più allucinato dei western, che mescola furiosamente il Sutra del Cuore a Meridiano di sangue». Dieci anni dopo, come Zebulon, il nome del protagonista, un Don Chisciotte screziato dai morti in un West dilaniato dagli enigmi, il romanzo di Wurlitzer arriva in Italia (Fandango/Playground, 2018). Un libro di corrotta bellezza, di «coscienza dissolta in ombre sognanti e apparizioni su cui non aveva alcun controllo». Dell’esito delle sue creazioni, gusci di notte istoriati con parole di salvezza e anatemi, d’altronde, Rudolph non si cura, è uno che corre. D’altronde, «il destino… è una specie di schiavitù», dice uno dei suoi controeroi, a precipizio nel grido.
Zebulon è un western mistico, che fonde l’etica buddhista all’epica violenta di Peckinpah… è così?
«Mi sono sempre occupato di Far West e mi ha sempre appassionato il tema di quel che resta della nostra natura selvaggia, provando a separare l’essenza del sé dalle abitudini culturali. Dal momento che sono nato e cresciuto a New York, in un ambiente musicale (mio padre era un esperto di vecchi strumenti a corda con tastiera), in qualche modo i miei viaggi solitari verso l’Ovest degli Stati Uniti hanno rappresentato la mia iniziazione all’esperienza dell’esplorazione, che è a sua volta una specie di musica interiore. Quando mi hanno presentato a Sam Peckinpah, vivevo nel New Mexico e mi stavo appassionando alla storia del vecchio West. Leggevo molti libri sulla vita nel vecchio West e anche le lettere vergate a mano dagli esploratori, e quelle letture hanno influenzato alcuni dei miei personaggi cinematografici così come la loro lingua ossessiva e informale. Mi affascina da sempre, inoltre, la letteratura taoista e buddista e le sue relazioni con la forma e con il vuoto. A Bertolucci hanno fatto il mio nome, presentandomi come uno degli sceneggiatori in grado di scrivere Piccolo Buddha perché legato in più modi al tema e perché avevo vissuto in India e in Nepal».
Come le è venuto in mente il personaggio di Zebulon Shook e questo romanzo lisergico, che sta tra Cormac McCarthy e Philip K. Dick? Insomma, cosa le piace leggere?
«Ho letto pochissimo di Cormac McCarthy e di Philip K. Dick. Ho letto soprattutto romanzi dell’Ottocento alternandoli a Samuel Beckett e James Joyce. Sono stato influenzato anche da Gabriel García Márquez, Genet, Nabokov, Rimbaud, Hermann Hesse e i russi: Tolstoj e Dostoevskij, ma anche Camus, Kafka e Nietzsche. E naturalmente anche da Hemingway – il suo stile intenso e criptico ha influenzato le mie sceneggiature – e poi ci sono le avventure di Proust e Melville, che non ho mai smesso di leggere».
So che è stato per un periodo il segretario di Robert Graves: come è accaduto? Graves ha influito sulla sua scrittura?
«Non ho mai lavorato direttamente per Robert Graves: eravamo vicini di casa a Maiorca, dove andavo quando avevo vent’anni. Mi ha influenzato nelle letture, incoraggiandomi a scrivere frasi brevi e chiare, un consiglio che mi è stato utile quando è arrivato il momento di scrivere sceneggiature. Mi sono dedicato al cinema per potermi permettere di continuare a scrivere romanzi sperimentali, eccentrici, lontanissimi dal mainstream, che all’epoca scrivevo e che ancora scrivo nella solitudine di Cape Breton, in Nuova Scozia dove ho un capanno che si affaccia sulla solitudine dello Stretto di Northumberland».
Che rapporti ha con la letteratura statunitense contemporanea? La legge, le interessa, intrattiene dei rapporti di amicizia con gli scrittori di oggi?
«Ho parlato spesso di narrativa americana contemporanea con due vecchi amici, che però sono morti: Mike Herr, l’autore di Dispacci, e Sam Shepard con cui ho condiviso alcune esperienze cinematografiche e anche la frequentazione degli ambienti newyorkesi quando era ancora possibile conversare con artisti del calibro di Claes Oldenburg, Philip Glass e Robert Frank, un vecchio amico che cercava anche lui di forzare le convenzioni artistiche e con cui ho lavorato a molti film, compreso Candy Mountain, che abbiamo codiretto, insieme ad altri corti cinematografici improvvisati».
In un momento del romanzo, Delilah dice, «Siamo tenuti insieme da un destino sul quale non abbiamo alcun potere». Lei la pensa così? Che senso ha, per lei, la vita? Cos’è il destino? È più forte la furia del caos o esiste un ordine nel mondo?
«Sono attratto dalla letteratura e dall’arte che affrontano l’impermanenza, il caos, così come la forma legata al vuoto e viceversa, in particolare in questi tempi frenetici in cui il mondo sembra avviato verso un’apocalisse globale. Anche da bambino, quando vivevo in un ambiente sicuro, sorretto da una famiglia generosa, ero interessato a sabotare le forme accademiche, contemplando e accogliendo l’impermanenza e le illusioni della permanenza. Pronti o meno, tutto scorre. Anche la vita».
Davide Brullo
*In origine, l’intervista è uscita in forma leggermente diversa su “il Giornale” del 26 novembre 2018
L'articolo “Sono attratto dal caos”. Dialogo con Rudy Wurlitzer. Benedetto da Thomas Pynchon, ha scritto per Sam Peckinpah e Bernardo Bertolucci proviene da Pangea.
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ma-pi-ma · 5 years
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Alle grandi passioni,
alle barche di carta dimenticate
sui tavolini dei bar,
alle scritte sui muri,
alle frasi d'amore sulle banconote,
ai messaggi mai recapitati,
alle promesse degli illusi,
alle bugie degli amanti,
alle macchine in disparte,
alla pioggia sulle verande,
alle carezze solitarie,
a me, a te,
a chi nemmeno conosciamo,
un saluto che prenda il vento
e lasci una buona sensazione,
un pensiero, un soffio soltanto,
una carezza da lontano.
.
Luigi Mancini
.
@luigimancini 💋
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vvvounds · 5 years
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Ciao tesoro,volevo chiederti un consiglio. Sono una ragazza e da un po' di tempo mi piace una ragazza del quinto.Sta molto per i fatti suoi.Non è conosciuta a scuola.Vorrei avvicinarmi a lei ma non so davvero come fare. Anche solo per diventarle amica.A volte mi sento codarda per le occasioni sprecate.Non ha instagram quindi non saprei nemmeno come rintracciarla.So che sembra stupido ma vorrei lasciarle dei bigliettini sul banco con frasi carine.Solo che non so quanto possa essere fattibile.Aiut
Nooo ma che cosa bellissima, secondo me funziona, le attenzioni piccole e genuine sono sempre beneaccette, soprattutto dai solitari 💛
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sognatore89 · 2 years
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Per molto tempo sono stato con tante persone è mi sono sentito solo,
ora mi prendo un pò di tempo per stare con me stesso o con pochi per non sentirmi più solo.
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oliverosse · 3 years
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Stasera ho ritrovato 'il trionfo della morte' di D'Annunzio, lo lessi l'ultimo anno del liceo. Non ero solita sottolineare i libri ma lì feci qualche sottolineatura a matita, ci sono molte frasi che mi colpiscono ancora. Una in particolare adesso come allora mi ha colpito più delle altre, tanto che la scrissi in un foglietto e lo infilai tra le pagine:
"Come qualunque altra creatura umana tu chiudi dentro di te un mondo per me impenetrabile e la più ardente delle passioni non mi aiuterà a penetrarla. Delle tue sensazioni, dei tuoi sentimenti, dei tuoi pensieri io non conosco se non una minima parte. La parola è un segno imperfetto. L'anima è intrasmissibile. Tu non puoi darmi l'anima. Anche nella più alta ebrezza noi siamo due, sempre due, separati, estranei interiormente solitari."
Quanto si è soli in questa vita?
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wdonnait · 4 years
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Mike Bongiorno papere storiche
Nuovo post pubblicato su https://www.wdonna.it/mike-bongiorno-papere-storiche/106596?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=106596
Mike Bongiorno papere storiche
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Mike Bongiorno è nato a New York nel 1924, dove passa gran parte della sua infanzia; successivamente a causa della separazione dei genitori si trasferisce a Torino.
Qui vive con la madre e termina i suoi studi, crescendo con la passione per il calcio e la Juventus.
Oltre al calcio la sua grande passione è il mondo del giornalismo, al quale riesce ad affacciarsi collaborando con diversi giornali di provincia.
Nel corso della sua carriera è diventato molto famoso a causa delle sue gaffe televisive, che l’hanno fatto diventare un vero personaggio.
A partire dalle prime papere televisive durante le dirette, alcune per la verità casuali, Mike ha poi avuto l’abilità di non far capire mai fino in fondo quali gaffe fossero volute e quali no.
Questa dicotomia è stata la caratteristica principale sulla quale ha costruito una parte importante del suo personaggio.
Pazienza se i suoi critici lo definivano a volte un ignorante, dato l’amore del suo pubblico che non è mai mutato.
Le sue gaffe di Mie ancora oggi sono dei classici tormentoni; includiamo anche le sue classiche frasi ed espressioni di rito.
Come ad esempio l’espressione “Allegria!” che è diventata famosa in tutta Italia e non solo.
Mike bongiorno ha attraversato decenni di televisione italiana, compreso il passaggio dalla tv in bianco e nero a quella a colori.
Un’altra delle sue frasi famose è legata alla nota pubblicità della grappa, dove recitava “sempre più in alto”.
In quel frangente lo spot era ambientato sul Cervino coltivando una delle altre sua passioni, la scalata.
Tuttavia le sue papere sono sempre rimaste le più apprezzate dal pubblico che lo seguiva con passione.
come dimenticare la battuta sulla famosa signora Longari: “ahi ahi ahi signora Longari, mi è caduta sull’uccello”.
All’epoca i cui lavorava per la Rai, le sue gaffe erano prese con le molle, mentre in seguito al suo passaggio all’allora Fininvest le cose cambiarono.
Nella nuova tv commerciale aveva più libertà di movimento, potendo giocare sulle sue papere televisive con più ampi margini di libertà.
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Mike Bongiorno gaffe sessuali
Tra le frasi più ambigue di Mike c’erano sicuramente quelle che facevano riferimento al sesso e agli argomenti che toccavano quei tasti.
In una puntata di uno dei suoi programmi si rivolse a un concorrente che indossava una vistosa cintura in questo modo:
“Cos’è quella cosa lì che ti pende in mezzo alle gambe?”
In un’altra occasione lanciava un filmato su Romina Power cosi: “Abbiamo Romina Power che ce la fa vedere”.
A La Ruota della Fortuna invece, rivolgendosi al giudice della trasmissione, a proposito di un gioco di carte disse: “Lo so che sei dietro a quel bancone a farti i solitari”.
Tra le papere che suscitavano più stupore, quelle relative alle piccole interviste fatte alle concorrenti donne, alle quali chiedeva notizia del marito.
In quelle occasioni, era capitato più volte che le rispondessero:“veramente sono vedova”.
Ci sono anche degli errori di lettura che accompagnavano le sue performace: Ma chi sarà questo signor Paoli Vi del quale non ho mai sentito parlare”; in realtà era Papa Paolo VI.
“Mentre per Papa Pio X c’era un bel “Pio ics”.
Un’altra volta definì un concorrente “un signore anziano sulla cinquantina”, oppure ancora “abbiamo qui Sharon Rampin… sei inglese?”; e la concorrente rispondeva. “No, sono veneta, Rampìn”.
Le migliori papere televisive sono ricordate dallo stesso Mike nella sua autobiografia La versione di Mike.
Un episodio in particolare legato a rischiatutto, con un concorrente che si chiamava Enzo Bottesini; era un cameraman specializzato in riprese subacquee.
Bottesini disse: “Mike, so che lei è un sub eccezionale” e Mike rispose: “No, sono un sub normale“.
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entheosedizioni · 5 years
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I social: incubo o speranza?
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Siamo più o meno consapevolmente nell'era dei social network. Ci sono quelli fotografici, quelli sintetici, quelli liberi, quelli più severi (davvero?) e il mondo ha imparato a interfacciarsi con uno strumento di comunicazione assolutamente sorprendente, ma terribilmente pericoloso. Non esiste una vera scuola che ti insegni come essere social senza rischi. Ci sono però molti convegni, articoli di persone note e specializzate in tal disciplina o talaltra, ed esperti (esperti? Di cosa?) che si mettono in cattedra e cominciano a elencare pro e contro, problematiche e utilità, risvolti psico-sociali e psico-solitari che ne conseguono. Che accadono, cioè, in seguito all'utilizzo più o meno intensivo di queste finestre aperte sul nulla, un nulla che è diventato il tutto. “È un male, ormai la gente non distingue più il reale dal virtuale.” “Non serve avere un volto o un corpo, dove andremo a finire.” “Perdi ore su quei cosi e smetti di vivere.” Queste alcune delle frasi più ricorrenti che si sentono in giro. Non posso dire che abbiano torno, ma nemmeno sono portatrici di una verità assoluta. Il problema, se di problema si vuole parlare è che non si riesce a stare al passo con i tempi che corrono lesti portando modifiche fondamentali alla comunicazione di massa e di masse. Che sia un bene o un male lo potremo affermare tra dieci anni, a mio parere, siamo in un periodo di boom sociale. Al momento stiamo attraversando il picco del virtuale come vita. Un po' come è successo con l'avvento della televisione: tutto era bello, nuovo, attrattivo e, nel mentre, nascevano meno bambini, e quei bambini che nascevano stavano troppe ore davanti alla televisione. Ora quello che esce da quella scatola è meno importante, meno attraente e meno vero. E così sarà con i social media. Io mi auguro solo che la consapevolezza di noi si sviluppi prima della consapevolezza del virtuale. Giorgia Read the full article
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cuorerock · 5 years
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Stay Human, Please!
Chiacchierando con amiche e amici single, prima o poi riferendoci al nostri colleghi di singletudine salta sempre fuori la parola bastarda o bastardo. E’ quasi dato per scontato che una prolungata vita sentimentale “open” debba trasformarci in vampirelli sessuali dal cuore di ghiaccio e dal pisello immortale, e grosso modo questo ci aspettiamo di ricevere dall’altra parte (a parte il pisello immortale, si spera). Non sto parlando qui di Vampiri Energetici, ovvero quei Mai Nati capaci di creare danni giganteschi in chi gli sta vicino, ma di piccoli vampirelli egoisti comunque in grado di fare qualche casino. Tornando single e uscendo dalle premurose mura familiari della coppia si entra in un Maelstrom di cuori solitari, che specie arrivati ai 40 anni si tinge del colore del cinismo, della disillusione, dell’amarezza. La domanda è: vogliamo davvero far parte di questo girone infernale e vendere l’anima per un pugno di faica? Sono single da troppo poco tempo per vedere in me i segni del mutamento, ma questi segni posso riconoscerli nelle persone che mi è dato di incontrare. Si diventa lupi per non farsi mangiare da altri lupi, è il ritornello comune, ma ho parecchi dubbi su questa teoria. Certo, la pelle deve diventare un pò più dura per sopravvivere in questo equilibrio precario di perenni promesse, delusioni, succhiasangue e impostori ma credo ancora che il karma giochi un ruolo importante in questa faccenda. Chi immette aridità e negatività in questo circolo, ne riceverà sempre più di quanta ne abbia versata, perchè oltre a danneggiare gli altri, si impoverirà sempre di più, fino a diventare egli stesso un buco nero, un deserto emotivo sempre più arso. Con le dovute cautele, occorre rimanere umani. Sicuramente vigili, sicuramente disposti a giocare, sicuramente pronti a incassare qualche mazzata, ma umani. Ovvero prenderci la responsabilità di mettere sempre le cose in chiaro, di frenare in noi e in chi frequentiamo la romantica fiammella se sappiamo di non stare cercando un futuro insieme, di non dire “forse, chissà, tutto può accadere”, quando sappiamo già esattamente i confini di quello che potrà accadere. I sentimenti sono come un altalena, è difficile che due persone che si dondolano insieme siano sempre allineate e ciondolino allo stesso ritmo: inevitabilmente un seggiolino va un po’avanti, l’altro più indietro, uno ora spinge di più con le gambe, l’altro invece sta rientrando. Magari si parte insieme alla stessa velocità, ma poi i ritmi cambiano in base a tantissimi fattori, e bisogna essere pronti a capirlo in tempo, se no uno dei due continua a dondolarsi felice mentre l’altro è già sceso in corsa. E se siamo noi a voler scendere, occorre dirlo subito e non dirsi “vabè mica è una bambina, lo capirà da sola”. Quand0 c’è di mezzo il cuore tutti hanno il diritto di essere bambini, a prescindere dall’età. Mi sento molto Donna Letizia a scrivere frasi come questa, ma è la damn fucking verità. Essere single non vuol dire non avere responsabilità, vuol dire avere meno responsabilità ma con un numero più alto di persone. E se non siamo in grado di prendercele, nessun percorso potrà portare al nostro miglioramento. Evviva il sesso matto, evviva le cenette, i weekend, le conversazioni, le incazzature: non negarti un solo minuto di tutto questo ma fai sempre in modo che siano cose belle. Non per forza importanti, quasi sempre senza una A maiuscola, a volte anche senza la a minuscola, ma che siano belle, degne di te e dell’altra persona. Non sto parlando per forza di relazioni vere e proprie, va bene anche una sola nottata bollente, ma come diceva Anna Magnani: assicurati di avere le mani pulite prima di toccare il cuore di una persona. E aggiungo io, anche prima di toccarle la scoiattola.
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