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#il niente temuto
iannozzigiuseppe · 1 year
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Croce e delizia, e impicci vari - 4 poesie
Croce e delizia e impicci vari – 4 poesie di Iannozzi Giuseppe Foto di tabitha turner su Unsplash CROCE E DELIZIA Ti dipingo e ti dipingo bene Attingo dalla tavolozza i gialli e i blu, dimenticando in un pozzo limpido, almeno per po’, l’orecchio straziato di Van Gogh Ti dipingo e ti dipingo cielo di stelle Conto fino a tre, conto fino a te per raggiungerti lungo il boulevard E ti diranno croce e…
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yomersapiens · 4 months
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Ho ricevuto in regalo un mini-panettone. Io non concepisco l’esistenza della pasticceria mignon. Mi sembra un abominio. Però tant’è, non è che ci potevo fare molto, oramai il danno era stato fatto e il mini-panettone consegnato. L’ho messo vicino al grande panettone in cucina. Quello che avevo acquistato in precedenza, perché io non compro cazzate mini. Non è un panettone così grande, sia chiaro, è un panettone di normali dimensioni ma vicino al mini-panettone sembra un colosso. Era ora di colazione e così è iniziato il dibattito interiore: quale dei due aprire per primo. Nella mia testa gli ho attribuito dei ruoli. Quello grande era il padre e quello piccolo il figlio. Forse avrei dovuto mangiare prima il panettone piccolo ma mi sono immaginato le ritorsioni del padre durante la notte che cerca di soffocarmi urlando “Hai mangiato mio figlio!!!” e io che mi dimeno e lui non sta usando un cuscino no, sta usando il suo soffice corpo che spinge contro il mio viso con vendicativa forza e allora vabbè, mi metto a morderlo e masticarlo e svento il tentato omicidio riempiendomi la pancia. Sono tornato in me per un istante, no non posso mangiare quello piccolo per primo è una cattiveria. Lui è innocente. Potrei iniziare dal grande. Potrei portare il mini-panettone fuori dalla cucina, per non fargli assistere al momento del taglio della prima fetta, ovvero l’amputazione di una porzione di corpo del padre. Forse dovrei tenerlo sempre in salotto e riportalo in cucina a panettone terminato. Immagino le sue domande. “Dov’è babbo? Era qui! Dove è andato papino?”. Sarei costretto a escogitare qualcosa. Ho reso orfano e miserabile Panettino (sì, gli ho dato un nome). Andrei a comprare un altro panettone e gli direi ecco, tuo padre è qua, mica era successo niente! “Papà! Sei tu!!! Ho temuto ti fosse accaduto qualcosa…” suvvia Panettino, calmati, cercherei di tranquillizzarlo, gli darei del paranoico. “Papà ma… sei diverso… tu, tu non eri al pistacchio… che strano colore… che strano sapore… dove è finita la tua glassa di mandorle?” e niente mi scoprirebbe in un attimo, mica è scemo Panettino e io posso provarci quanto voglio ma lui oramai ha capito. La moka inizia a eruttare caffè e mi riporta alla realtà. La decisione è tanto ardua quanto ovvia, non posso vivere così. Dispongo padre e figlio sul tavolo, estraggo due lame e ne impugno una per mano. Li rivolgo uno verso l’altro perché non voglio essere guardato e desidero si diano un ultimo saluto prima di affondare le lame nello stesso momento. Resto in silenzio un minuto e aspetto smettano di dimenarsi cercando salvezza. Lavo il senso di colpa dalla mia coscienza e dalle lame. Poi procedo a mangiare quello grande, perché è al cioccolato. Quello piccolo ha l’uvetta. Cosa gli passa in mente alle nuove generazioni. Uvetta. Ma siamo pazzi? Io non lo so qua mi sembra che si stia davvero perdendo il senno.
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ragazza-whintigale · 17 days
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Could you make a part 2 of the cassis pedelien fic pls
𝔜𝔞𝔫𝔡𝔢𝔯𝔢 ℭ𝔞𝔰𝔰𝔦𝔰 𝔓𝔢𝔡𝔢𝔩𝔦𝔞𝔫 𝔵 𝔯𝔢𝔞𝔡𝔢𝔯
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ The Way To Protect The Female Lead’s Older Brother
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, relazione tossica, Abuso di Potere, Matrimonio Combinato, dinamiche di potere contorte, Sorella maggiore invadente, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 4021
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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Erano quasi terminati i due maledetti anni promessi da Cassis, e (Nome) non ha semplicemente potuto ignorarlo come aveva pianificato. Lui te lo ha ricordato sempre, ogni giorno, affinché la sua fidanzata vivesse nella consapevolezza che non poteva scappare da lui in primo luogo.
La spiacevole sensazione di prurito in fondo all’anima era qualcosa che ancora non era riuscita a levare. Il non avere un vero controllo su se stessa la stava lentamente portando ad una specie di leggera e ironica pazzia. Ma questo non sembra infastidire Cassis o semplicemente lei non lo aveva mai notato. Gli occhi stanchi e quasi sempre socchiusi anche durante le conversazioni più interessanti. La bocca era asciutta per qualsiasi discorso e pregna di quell'espressione di disgusto per il mondo e per lui. Sentiva le mani fredde e ossute, ma non aveva freddo e soprattutto era difficile avere le sue stesse ossa esposte come pensava di sentirle al tatto. Forse è per questo che ha iniziato a strofinarle tra di loro in continuazione, quasi in uno scatto nervoso. Il rumore della porcellana pregiata risvegliò (Nome) improvvisamente e nuovamente si é ritrovata ad incontrare gli occhi soleggiati di Cassis. Era possibile stesse parlando, con lei e di qualcosa di importante - almeno a parer suo - e a cui Lady (Nome) aveva smesso di prestare attenzione nell’istante in cui aveva capito che non era qualcosa che meritava la sua reale attenzione. Non sapeva essere sintetico e sbrigativo. Ogni suo discorso conteneva ben poco di cose davvero importanti, la maggior parte era qualcosa relativo alla sua scarsa disattenzione. (Nome) lo riteneva marginale.
❝ Non pretendo realmente una risposta: Mi stavi ascoltando, (nome)? ❞ Se Cassis non pretendeva una risposta perché la domanda suona così autoritaria nell’istante in cui l’aveva pronunciata? Ma poi la nobile si é ricordata che in questi 2 anni l’aveva sempre illusa di avere una libertà effettiva o un vero potere decisionale in quello che lui aveva già deciso. Niente era qualcosa su cui sarebbe semplicemente passato sopra, soprattutto se lei avesse mai cercato di fare di testa sua. ❝ Mi stavo solo godendo questo thé. Non dovrei, Mio signore? ❞ Le due ultime parole le uscirono a fatica e ha quasi temuto di soffocare in esse, ma non lo ha fatto.
(Nome) nascose le mani sotto il tavolo di nuovo, con una certa discrezione. Ha fatto passare le punte dei polpastrelli di una mano sull’altra. Un movimento leggero e delicato, niente di doloroso o fastidioso.
Lei, in realtà, odiava quel thé e non era davvero qualcosa che meritasse le sue attenzioni, come volevi di certo illuderlo. Il bergamotto e la menta con il miele, erano solo le fragranze che più frequentemente indossava Cassis, e semplicemente le è sembrato che volevano farle il lavaggio del cervello. (Nome) aveva letto diverse storie di uomini che usavano certe fragranze ricorrenti per far invaghire una qualsiasi donna con il tempo. Questo doveva essere associato a sensazioni e gestiti piacevoli naturalmente.
Non era così diverso dagli Agriche che tanto disprezza.
E lei detesta il bergamotto.
Cassis non sembrava convinto della sua risposta. Lady (Nome) non sapeva se era collegato a quei micro segnali di repulsione o al fatto che ogni volta che accennava ad un argomento fastidioso lei nascondeva le mani come se fosse colpevole di qualche crimine.
In ogni caso non aveva nascosto il fastidio sotto una delle solite maschere, non c’era nessuno da cui doveva nascondersi. ❝ Sei costantemente distratta ultimamente, dovresti concentrarti sui preparativi. Manca solo un mese al matrimonio.❞ Non era del tutto colpa sua se era distratta. In primo luogo (Nome) non voleva nemmeno il matrimonio, non era pronta e tanto meno lo sarebbe mai stata con lui. Ma sapeva che non avrebbe avuto molto effetto se lo avesse puntualizzato ancora. Niente sarebbe cambiato e il matrimonio non sarebbe stato annullato. Era solo una grande perdita di voce e forze. ❝ Sono solo nervosa tutto qui. ❞ Certo non nel senso in cui voleva lui ma lo era. Avere una vita legata al proprio aguzzino non poteva non renderla nervosa e allo stesso tempo il mat rimonio era qualcosa che avrebbe dovuto emozionare… ma non lo ha fatto. Lei non provava niente.
Non stava più sfiorando le sue mani, percependo vene e capillari superficiali, ma stava sfregando intensamente la pelle creando un intenso rossore, niente di doloroso solo fastidioso.
Cassis si era alzato dalla sua sedia in metallo verniciato di bianco con cuscini di velluto azzurro soffici e lisci. La sedia aveva emesso un suono fastidioso mentre strisciava a terra, e semplicemente (Nome) si é costretta a stringere gli occhi per non soccombere al suono. Il Pedelian, da dove era seduto, di fronte a lei, si é spostato dietro di lei. Le sue mani troppo grandi e ruvide si posarono sulle sue spalle scoperte e vulnerabili. Ogni tocco e vibrazione sulla sua pelle le faceva tremare intensamente sul posto.
Ora ha iniziato a pizzicare e a creare calore, lo sfregare è diventato più insistente e (Nome) ha aumentato la forza.
❝ Nessuna bugia avrà più qualche effetto ora, mia signora. Dovresti iniziare a convivere con l’idea che tra poco saremo marito e moglie.❞ Si è morsa la guancia, e al ricordo di come che l’avrebbe messa sul suo stesso piano. Non lo voleva, voleva che la trattasse ingiustamente per avere qualcosa per cui incolparlo.
La pelle dei polpastrelli è stata sostituita dalle unghie. Graffi e sangue si mescolano e bruciano intensamente. Ha lasciato un bacio sulla tempia e ha fermato le mani. Non c’era tutto quel sangue che sentiva e nemmeno tutti quei graffi bruciare. ❝ Sarà meglio disinfettare queste ferite… chiamerò qualcuno che lo faccia.❞
Dopo di che se ne è andato attraverso la porta che collega il giardino alla tenuta Pedelian, ordinò ad una delle tante serve di tenerle compagnia, per tutto il tempo che sarebbe rimasta lì fuori e di prendersi cura della sua disattenzione.
Era sotto intenso che non poteva rimanere lì per sempre e nemmeno per troppo tempo. Avrebbe sicuramente pensato che stesse tramando qualcosa, anche se non poteva davvero farlo. Non ora, né dopo.
(Nome) si è chiesta come avrebbe potuto convivere con questo, con lui e con questo matrimonio. Lui glielo aveva ordinato quindi tecnicamente avrebbe dovuto farlo e basta. Arresa, Lady (Nome) si ritiró nelle tue stanze, tra qualche ora avrebbe dovuto incontrare il fioraio per scegliere le ultime composizioni e sarebbe stato seccante se fosse stata rimproverata per il ritardo da Cassis.
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Qualcuno ha bussato insistentemente alla sua porta e semplicemente chi era dall’altra parte non si era preoccupato di aspettare che (Nome) rispondesse. La figura appena entrata, si fermò sulla soglia guardando la scena che, per qualche motivo le era familiare.
La serva si fermò dall’intrecciare i capelli. Era mattina presto e certamente Lady (Nome) doveva essere presentabile come minimo prima di poter ricevere qualcuno. L’altra opzione era un aspetto impeccabile, come aveva preteso Cassis, ma a volte c’erano occasioni troppo importanti per poter aspettare che lei fosse perfetta.
Nell’istante in cui era stata fissata la data del suo matrimonio, è diventata di colpo una dame delle più importanti del continente eppure sua sorella, Reina, poteva molto spesso dimenticarlo. Non che (Nome) l’avesse vista molto durante questi 2 anni, quindi non ha avuto molte occasioni per usarlo contro di lei. Ma era sicura lo avrebbe odiato.
Reina non era cambiata molto e conservava ancora la sua autorità di sorella maggiore. La bella nobile si è domandata brevemente se anche Cassis lo faceva con Sylvia, e semplicemente ha provato pietà per la sua futura cognata.
❝ Sorella..? ❞ Il silenzio di quell’istante, per un attimo le ha parlato più di come avrebbe fatto normalmente. Con uno sguardo da parte di sua sorella e un gesto della futura Pedelian, la serva è stata congedata. Come minimo avrebbe riferito la cosa a Cassis, ma di colpo era passata in secondo piano, come se (Nome) fosse diventata di colpo intoccabile con la bionda presente. Reina si avvicinò alla sorella minore e sciolse semplicemente il lavoro della serva, per procedere a modo suo, come sempre.
Sembrava disgustata dall’operato della donna. ❝ Pensavo che la famiglia Pedelian non avrebbero badato a spese per la cameriera personale della loro futura signora. ❞ Non sembrava delusa, lo era e basta, come se la (colore) fosse davvero superiore a chiunque fosse presente in quella residenza. Come se non fosse una novella futura sposa, ma la diretta matriarca della famiglia. Per il momento non era niente di questo, anche se un giorno lo sarebbe stata, ma per ora valeva meno di zero.
❝ È solo provvisoria…❞ (Nome) ha sottinteso che avrebbe scelto qualcuno di molto più appagante e rispettoso di quella donna. ❝ Sarà…❞
Mentre parlavate non aveva mai smesso di acconciarle i capelli. Il ricordo della sua infanzia, invase la mente di Lady (Nome), mentre Reina faceva lo stesso quando erano più piccole. Quando Reina non era sposata e non aveva quelle pesti dei suoi 3 figli e la più giovane non stava ancora complottando per affondare il suo futuro marito.
L’intreccio era preciso e pulito, e decisamente più stretto di quello della serva. Poteva quasi fermare il flusso sanguigno se davvero fosse stato possibile. Questo era quello che si doveva pretendere da una cameriera che avrebbe preso questo ruolo. Ma (Nome) poteva immaginare che non potesse esistere una persona più affidabile di questa donna, per stare al suo fianco.
❝ Come procede la tua relazione con Cassis? ❞ L’affermazione era uscita dal nulla. Non aveva usato titoli o onorificenze vicino al nome dell’uomo che era a tutti gli effetti l’erede di casa Pedelian. Reina era sempre stata una donna irrispettosamente elegante.
Tutto quello che poteva dire era così semplice ed essenziale quando era con Reina. Ma lei era seria! o forse la stava prendendo in giro? Sperava la seconda ma era chiaro fosse la prima. ❝ Procede… almeno credo. ❞ Si sono fissate per minuti interminabili negli occhi e semplicemente aveva capito cosa intendeva con la sua vaga risposta. Aveva iniziato ad inserire nel raccolto un complesso di nastri dai colori azzurro e blu, dando un qualche tocco di colore, imprimendo saldamente la consapevolezza del suo ruolo e poi del proprio nei confronti di (Nome) .
❝ Invece tu che cosa ci fai qui? ❞ Non capitava molto spesso che le due sorelle avessero tempo di qualità da passare solo loro due. C’era sempre la presenza di Cassis o suo cognato o ancora i suoi nipoti. Nessuna chiacchierata tra sole donne adulte e anche allora vi erano orecchie indiscrete a cui non era saggio far ascoltare. Cameriere, lady Pedelian o ancora Sylvia.
❝ Ma come? non posso prendermi una pausa dai miei doveri di Moglie e Madre per aiutare la mia adorata sorella minore con il proprio matrimonio. ❞ Mancava un mese al matrimonio… ma era plausibile. Spesso Reina rammenta come (Nome) fosse la sua preferita.
Le due più grandi in casa e un'età molto più vicina rispetto alle due gemelle. Ma la (colore) sperava ci fosse di più per questo suo intervento.
❝ Avete già piani per il futuro? ❞ (Nome) capii all’istante e molto bene cosa intendeva con questo, era molto velato ma era il loro modo di parlare. Quel modo di parlare segreto per intendere cose che gli altri non avrebbero dovuto capire. Piccoli cenni del capo, guardare in un certo punto ad un certo punto, gesti con le mani del tutto nella norma ma che in un preciso ordine avevano tutt’altro significato.
Questo aveva fatto Reina - decisamente la più intelligente della famiglia- che aveva capito che qualcosa non era come dovrebbe essere.
Aveva ritenuto ad un certo punto necessario che lei è la sorella avessero un modo diverso per comunicare.
Ma questa volta non ha avuto bisogno di alcun segnale. Solo di una semplice frase.
Lo avete già fatto? O ancora meglio: Ha già fatto qualcosa?
Reina non aveva staccato il suo sguardo da (Nome) anche quando quest’ultima lo aveva rivolto altrove rispetto al riflesso glorioso della sorella. ❝ Non esattamente. ❞ La bionda odiava le risposte vaghe. Questa era una di quelle. ❝ Dovresti essere più specifica. ❞ Strinse un pó troppo il nastro e le due ciocche sigillando l’acconciatura appena completata. Reina la voltó di scatto. Ora erano una di fronte all’altra. ❝ (Nome), cara sorella, se fosse per me non saresti in questa situazione… ❞ La sua mano accarezzò affettuosamente il viso della sorella più piccola. ❝ … se ti ha fatto qualcosa, qualsiasi cosa, faró tutto per fargliela pagare. Q-U-A-L-S-I-A-S-I.❞
I suoi occhi castani erano fuoco ardente che divampava. Cosa poteva fare? ❝ So cosa pensi… lo ti si legge negli occhi… ❞ Se possibile il fuoco divenne ancora più divampante nei suoi occhi, (Nome) temeva sul serio l’avesse bruciata viva.
❝ Esistono molti modi per far soffrire una persona… ❞
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(Nome) si mosse tra le coperte risvegliandosi da uno di quei sonni profondi e intensi. Ne aveva sentito il bisogno in questi anni, era da tempo che non dormiva come si deve. In parte dovuto ai preparativi e in parte per l’insistenza di Cassis, i suoi pensieri erano diventati un peso che aveva colpito anche il suo sonno. Avere qui sua sorella è sicuramente la cosa migliore che le sarebbe potuta capitare- batte di poco la scenata di (Nome) e Cassis per la scelta del profumo che (Nome) avrebbe usato per il matrimonio-.
Ogni qual volta che lui avrebbe cercato di cambiare qualcosa che Lady (Nome) aveva scelto, Reina interveniva in una discussione diplomatica e insistente su chi poteva avere la meglio - ovviamente lei-. E’ rinfrescante e rassicurante, tanto quanto la sensazione della silenziosa rabbia di Cassis.
Ogni tradizione è stata rispettata e ogni obiezione e cambiamento richiesto da Cassis era stato eliminato. E’ sbalorditivo, voleva davvero imparare anche lei qualsiasi nome avesse questa arte nel discutere che Reina padroneggiare.
Un gemito di contentezza è uscito dalle labbra sottili senza pensarci e senza consapevolezza della sua presenza. ❝ Pensi che possa durare in eterno?❞ (Nome) ha aperto gli occhi in un sussulto e ha visto Cassis nel suo stato rilassato, se non fosse per l’irritazione che gli addobbava il viso.
Non ha dato segno di paura o sorpresa nel vederlo nella sua stanza. Ha già messo in chiaro dal primo momento che tutto ciò è suo è di Cassis e tutto quello che è di Cassis è anche suo. Oltre ad aver sottolineando più volte che avrebbero comunque finito per condividere un letto tra meno di 2 settimane - 1 anno e 10 mesi la prima volta -.
Questo gli è sembrata una scusa sufficiente per svegliarsi alle prime luci dell’alba, raggiungere la stanza della sua fidanzata e sedersi sul suo letto per osservarla e avvolte toccarla. (Nome) non credeva fosse una buona scusa e di conseguenza aveva cercato di allontanarlo… le prime volte. Presto ha capito l'inutilità del gesto e lo ha lasciato fare. Le sarebbe bastato urlare e qualcuno avrebbe rimproverato il comportamento del ragazzo nei confronti della sua novella sposa, se mai avesse osato andare oltre.
❝ Non riesco a capire cosa intendi con questo. ❞ Lei si è tirata a sedere e poi si è allontanata il più possibile mentre lui si metteva più comodo sopra le coperte. Un sospiro esasperato lascia Cassis e (Nome) poteva quasi sentirsi orgogliosa del turbamento che provava anche se non era niente in confronto a quello che aveva provato in quel periodo. ❝ Ti prego (nome), non fingere di non capire. Non ti si addice.❞ è vero. Ha finto di non capire, ma era sempre meglio fingere di non sapere. Lui sembrava non aver mai imparato questa lezione e sperava che prima poi la vedesse dalla sua prospettiva ma il suo sguardo sembrava dire il contrario.
In ogni caso finge di non sapere le riusciva meglio di qualsiasi altra cosa e di conseguenza lei stessa pensava le si addicesse come cosa.
❝ È solo colpa tua… non hai niente di cui incolparmi. ❞ (Nome) si accasciò in modo rilassato tra i cuscini. La sua facciata era caduta, e decise di non sostenere più quella bugia, per il momento. ❝ In quale modo sarebbe colpa mia?❞ Il suo viso era corrugato in una espressione mista tra l’irritazione e la sorpresa per il cambiato repentino di (Nome). La sua voce però era ancora dura e gelida come sempre. ❝ Io non ho mai voluto questo matrimonio, non lo voglio ora come allora.❞ Non poteva mentire su una cosa del genere. Lo dimostrava a quanto era arrivata. Cederlo ai loro nemici pur di fuggire da questo, e successivamente avrebbe sop portato qualsiasi punizione le avessero affidato dopo il suo ritorno. Solo non era disposta a continuare con questa punizione. Persino le celle fredde dei Pedelian potevano essere più invitanti di questo matrimonio.
❝ Avevi detto che avresti sopportato qualsiasi punizione, ora ti rimangi la parola. Eppure sposarmi non mi sembra una poi così grande punizione.❞ Era facile per lui parlare. Lui aveva deciso di portare avanti il buon nome della sua famiglia, (Nome) invece aveva optato per vivere con tranquillità senza grandi pretese. Lui l’aveva trascinato in questa cosa, in fondo tra tutti aveva scelto lei. Chissà così ci ha visto allora?
❝ Speravo sinceramente in una punizione più magnanima.❞ Lui rise sotto i baffi. ❝ La prigione ti sembra una punizione magnanima? ❞ In realtà no, ma era più allettante di stare con lui per tutta la vita.
❝ Il matrimonio è una prigione. Solo senza sbarre.❞ Parole di sua sorella. Le stesse che disse una settimana dopo il suo matrimonio, quando avevano litigato per qualcosa che (Nome) aveva classificato irrilevante, ma che nel loro contesto sembrava esagerato.
❝ Hai un modo contorto di vedere di vedere le relazione amorese. ❞ Non era di certo una relazione quella, tanto meno amorosa. Lo ha fulminato con lo sguardo mentre lui fissava le sue mani giocherellare con l’orlo della tua adorabile camicia da notte in seta. Era più a suo agio quando (Nome) non cercava di squarciarsi le mani e non gli gridava quanto fosse sbagliato. ❝ I discorsi servono a questo… rivelare quello che è stato nascosto.❞ Altra frase di sua sorella solo questa era dedicata a lei.
Quando Reina di notte entrava di colpo in camera dopo aver scoperto come (Nome) era fuggita sfacciatamente di nascosto senza dirglielo e la costringeva a raccontarle tutto. Terminava sempre in questo modo il discorso per poi complimentarsi per essere riuscita a ingannare tutti -tranne lei ovviamente-.
❝ Sai essere molto più loquace a quest’ora, mia signora. ❞ Cassis era ad un palmo dal suo naso quando ha parlato, e (Nome) -persa nei suoi pensieri- se ne era accorta troppo tardi. Le sue mani l’avevano avvicinata a lui con estrema facilità lasciandola quasi sorpresa di quanto potesse essere forte.
Se mai avesse pensato di fuggire, avrebbe dovuto giocare d'astuzia e non sulla mera forza fisica. Ad Cassis sarebbe bastato poco per alzarla di peso e riportarla indietro da lui e dalla sua famiglia.
In un gesto istintivo (Nome) ha inarcato la schiena, per evitare la sua mano. Solo non aveva calcolato abbastanza adeguatamente la distanza da prevedere l’incontrarsi dei loro petti.
I loro occhi non avevano molta distanza tra loro, tanto che avrebbe sentito anche il più leggero dei suoi respiri.
❝ Sarò anche loquace ma tu sei invadente. ❞ (Nome) ha puntualizzato stanca di qualsiasi cosa potesse fare Cassis. Non si era trattenuta più -non che avesse realmente intenzione di farlo in ogni caso - ma ora si sentiva solo maggiormente autorizzata. Le sue labbra erano sul suo collo lasciando baci a farfalla, mentre le sue mani viaggiavano leggere sui suoi fianchi e sulla sua schiena.
Si é sentita Delusa e in gabbia, nonostante parte di questa situazione fosse proprio sua.
Per quanto (Nome) potesse riconoscere che quello che aveva fatto e la presenza di Reina lo rendessero frustrato e allontanato, la sua ragazza non lo trovava comunque giustificabile.
Il mix di inadeguatezza a qualsiasi ruolo lui potrebbe ma volere per lei, il formicolare sotto la pelle e alla pelle d’oca; Formano sonata di disgusto che penetra la pelle bel curata e profumata. Lo spinse via, o almeno era quello che voleva fare. L’unico risultato ottenuto era una distanza di a malapena 20 cm dei loro volti, e fermando di conseguenza le mani di Cassis. Una al centro della schiena e l’altra sul suo fianco destro. ❝ C’è qualcosa che non va? ❞ Sussurrò a bassa voce, affinché solo lei potesse udirlo. Il tono era leggero e amorevole, quasi come non ci fosse stata una discussione poco prima. Come se entrambi lo voleste davvero. Come se lei volesse infrangere la tradizione della prima notte di nozze proprio con lui.
Ma non era così.
Il disgusto é ancora più accentuato. ❝ Tutto questo. È tutto questo che non va! ❞ Si sentiva annegare in se stessa mentre lui alza un sopracciglio. Non sembrava capire cosa ci fosse di male. Glielo leggeva negli occhi caldi e chiari. Lui voleva arrivare fino in fondo quella notte.
Cosi che nessuno potesse difenderla da lui. È questo che ha pensato lei, e per questo voleva impedirlo.
❝ Questo non è il momento… hai atteso due anni… perché adesso..❞ Ad (Nome) mancava il fiato per quello che poteva sembrare la millesima volta da quando l’evava toccato. Il petto, le braccia, il corpo e la coscienza sono pesanti, come se ad un certo punto qualcuno le avesse fatto franare una montagna addosso e l’avesse lasciata in balia di qualsiasi morte l’avrebbe attesa. É rimasta lì in un soffocante silenzio solo che solo lei stava soffocando.
Lady (Nome) non sapeva se fosse i suoi occhi ancora fissi su di lei, o la pesantezza delle sue disperate é sprezanti parole o il semplice peso delle aspettative. ❝ Avevi promesso che avresti aspettato-❞
Rise basso e amaro mentre la guarda - no, anzi stava guardando qualcos’altro -. ❝ Sappiamo che non si tratta di questo… smetti di fingere che te ne importi. ❞ Cassis si é permesso di trascinarla a se. La Distese sul letto con la schiena contro il materasso, le sue gambe avvolte intorno alla vita di Cassis, le sue mani erano al lato del suo volto ed convolto e spaventato… e lei semplicemente rimase immobile aspettando qualsiasi cosa, qualcuno che venga a fermarlo.
(Nome) era sempre pregna di quell’espressione sconvolta quando era sola con lui in quella camera. Ogni volta parlava di quella maledettissima prima volta come se davvero fosse il punto focale. Come se fosse il vero centro del discorso.
In realtà, agli occhi di Cassis lei avrebbe trovato una scusa anche quella notte pur di non essere tocca in qualsiasi modo. Non aveva semplicemente senso continuare a prolungare le loro torture. Lui avrebbe potuto solo soddisfare il suo bisogno di possederla e lei semplicemente avrebbe smesso di negare.
Pateticamente non lo ha respinto, non per la consapevolezza della loro differenza di forza, ma dalla pura e semplice paura.
Se avesse voluto andare avanti, (Nome) avrebbe semplice pianto e supplicato affinché -prima o poi- questo potesse finire. ❝ Non si è mai trattato solo aspettare e lo sai. ❞ Certo che (Nome) lo sapeva. Per quanto fosse consapevole di questo era inutile, provava ancora un immenso terrore.
Prima o poi sarebbe dovuto accadere, e rimandare era solo l’unica cosa su cui Cassis ti ha fornito una scelta.
Si abbassò e ora il suo volto era dannatamente vicino alla sua pelle. Bació a stampo ogni punto di pelle scoperta a sua disposizione in quella dannata posizione. Le spalle, il collo, il viso, la mandibola, le clavicole e la valle dei seni. Quest’ultimo gli impone di spostare il tessuto della delicata camicia da notte. Avrebbe potuto andare avanti così, togliere l’abbigliamento da notte della sua signora e continuare, non lo avrebbe fermato ed era sicura non lo avrebbe fermato neanche ora.
Tuttavia non è andato oltre si era fermato lì, dove l’ultimo bacio era stato posato e si alzò di colpo.
❝ Spero sia bastato come avvertimento… Il tempo è un lusso che ti ho concesso io e nessun altro. ❞
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thecatcherinthemind · 11 months
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Dettaglio 6
Dopo la cena andiamo in un locale a ballare. Ad un certo punto il mio (ex) capo ubriaco mi ha abbracciata da dietro chiedendomi come stessi. "Alla grandissima" ho risposto, ha riso. Poi è diventato serio di colpo, si è guardato intorno e, come se stesse controllando non ci fosse nessuno, ha chiesto "no, come stai davvero?". Mi ha guardato come nessuno ha mai fatto finora, giuro. Aveva un sorriso strano, come se si sentisse in colpa per qualcosa. Mi sono sentita scrutata nell'anima e ho potuto rispondere solo "eh un pochino di amarezza". Mi ha messo una mano sulla spalla e ha detto "io ti giuro che ho fatto il possibile, te lo giuro". Da fuori la scena dev'essere stata strana da vedere: noi in un angolo, lui che appoggia il braccio su di me come se stessimo quasi insieme, ma con gli occhi lucidi che mi chiede scusa: sembrava mi stesse lasciando, o che lo avessi beccato con un'altra. "Scusami" ha ribadito "non ti avrei mai lasciata così". Mi è saltato un battito. Perché ha usato la parola LASCIATA? In quel momento ho fatto caso a un particolare: aveva la camicia mezza sbottonata, che mostrava un fisico praticamente perfetto. Non avevo mai notato quanto fosse definito sul petto e sulle spalle, perché finora non me ne era fregato niente. Ha pochi anni più di me ma non li ha mai dimostrati, specialmente stasera che aveva gli occhi lucidi di un bambino. Ho temuto di star sognando. Mi ha dato in mano un drink, dicendo "Tieni, bevi". Ho sperato mi stesse avvelenando, invece appena ho distolto lo sguardo sembrava si stesse avvicinando al mio volto. Ho fatto un balzo indietro e ho cercato M., che nel frattempo mi aveva raggiunto vedendo l'imbarazzo.
"Nooo ma potevi ficcargli la lingua in bocca dai" ha detto. No, M. non potevo. Non volevo. "ma perché scusami? Era la tua occasione"
"Non sono quel tipo di persona"
"Minchia ma ti vuole assolutamente, lo avevamo capito tutti. Vi stavamo guardando e onestamente sei scema a dire di no a uno così: scusa è bello, non è manco più il tuo capo, che cazzo te ne frega?"
"Ho in testa altro"
"Chi hai in testa? Dai forza, dimmelo"
"Non ho detto di avere in testa qualcuno, ma altro"
"Secondo me sei scema. Tra l'altro c'è (nome di un suo amico) che stasera ti sta facendo un filo spietato e tu manco lo calcoli, cazzo! Stasera ti stanno facendo il filo in tanti, sei vestita da dio, stai benissimo, sei una bella ragazza, sei single"
"Ma chissenefrega, non voglio pensarci"
"Ma perché? Che ti costa? Goditi sta vita"
Te lo dico?Okay, è perché mi piaci tu.
"No scusa, non ho testa"
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canesenzafissadimora · 4 months
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Ciao, volevo dirti che sono arrivata.
Il viaggio è stato più breve di quanto credessi,
ma è stato difficile.
C'erano curve ovunque e salite ripide.
Ho temuto più di una volta che il cuore scivolasse giù per qualche dirupo.
Invece, ce l'ho fatta.
Con le mani sudate e gli occhi sempre un po' pieni di pianto.
Sono arrivata nel luogo del non amore.
Ricordi? Te ne avevo parlato.
Ti avevo detto che un giorno anche io lo avrei raggiunto e tu avrai pensato che quel giorno fosse lontano, perché mentre lo dicevo, sorridevi distratto.
Invece eccomi qui.
Nel posto dove le emozioni si dissolvono a contatto con l'aria.
Dove sto pensando che per fortuna ti ho detto tutto prima di partire.
Mi avrebbe fatto male andare, senza averti raccontato del mio amore.
Ma devo aver smarrito qualcosa di me durante il viaggio, perchè in questo spazio dove non ti trovo più, si respira male.
Ho come la sensazione che non ci sia abbastanza ossigeno per sopravvivere.
Comunque ero preparata, mi avevano avvisata: "Una volta lì, dovrai riabituarti a respirare".
È che non avevo capito cosa intendessero.
Credo che ora mi sia chiaro.
Questo viaggio l'ho fatto in apnea.
Nessuno passa dall'amore al non amore, se prima non trattiene il fiato.
Ecco perché il viaggio mi era sembrato breve.
E niente, ora ti saluto.
Devo imparare come si respira.
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Serena Santorelli
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gonetoosoon · 5 months
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Caro diario
È stato un mese strano, in cui ho temuto di non farcela. È difficile ammettere tutto ciò per quelle come me. Beh, quelle come me vogliono avere tutto SEMPRE sotto controllo, ma non sempre la vita lo permette e questo mese è stato così: intransigente, rigido, imprevedibile.
Ed io sono crollata. Sono crollata con tutte le mie insicurezze, con tutte le mie paure che pian piano, mentre il mio muro di certezze crollava, loro saltavano fuori.
Dico da un po' di voler andare in terapia, ma non ho ancora avuto la forza necessaria per andarci. Fa molto ridere tutto ciò perché io sono la prima persona che dice 'la terapia è ancora un taboo ma non dovrebbe esserlo, dovrebbero andare tutti' e lo penso davvero eh, però io mi blocco.
Mi blocco perché sarebbe una spesa in più, e se poi non trovassi il terapista adatto a me?
Insomma, un periodaccio.
Ora è passato ma sto capendo che continuo a trascinarmi questa malinconia da un po' e sembra che nessuno se ne accorga e tutto ciò mi fa arrabbiare, perché non capisco se sono un'ottima attrice e mi arrabbio perché potrei guadagnarci invece di usare le mie doti per cazzate, o se ho solo ciechi intorno.
Io non mi mostro mai debole, c'è da dirlo, però sono cambiata. E lo riconosco, me ne accorgo. Non ho più quella voglia di mangiare il mondo, non ho più voglia di cercare cosa fare nel weekend perché voglio vedere, esplorare, visitare, scappare. Mi sono totalmente rifugiata nel lavoro e tutto ciò che faccio è un "trascinarmi" nella vita, con dietro la malinconia di cui ti parlavo prima.
Ma allora perché? Perché io lo noto e gli altri no? Perché sembrano tutti sordi, ciechi e muti? Anche quando riesco a fare qualcosa che sia un'uscita, una visita o la qualsiasi, non è più un "voglio farlo" ma "lo faccio, altrimenti sto a casa a non fare nulla". Mi riempio di cose da fare per non pensare a quanto io sia sola. Perché questo è.
Alla mia età ancora non ho trovato vere amiche e non penso succederà mai. Purtroppo anche quelle che ho non sono le amiche che chiameresti nel bel mezzo della notte sicura di ricevere una risposta; anzi, probabilmente mi risponderebbero due giorni dopo con 'dimmi' oppure 'oh che succede' fingendosi preoccupate.
Con lui è un po' così, è molto impegnato perché ha molto da fare e lo giustifico e perdono per questo ma chissà.. spero che tutto cambi, perché sono stanca di essere invisibile.
Ed è come se le persone che ho attorno avessero il pennarello dell'invisibilità ed ogni volta che faccio un gesto nei loro confronti loro mi cancellano qualcosa. Più cerco di essere presente, sgomito, urlo, piango e più scompaio.
E se non sono ancora scomparsa è solo per merito mio, che mi ritiro su ogni volta che mi sento cadere nel buco nero ma non so quanto questa cosa potrà durare. Non so fin quando avrò la forza di prendermi la mano e rialzarmi mentre tutti gli altri mi rendono invisibile.
Sono stanca di urlare, piangere, sgomitare, cercare di farmi spazio nella vita delle persone e vedere che alla fine non riesco. Se io domani dovessi sparire probabilmente nessuno lo noterebbe, se non mia madre che non mi vedrebbe in casa. Probabilmente neanche lui se ne accorgerebbe in questo periodo.
E tutto ciò è molto, molto triste.
Sono stanca e dico la verità: vorrei chiudere gli occhi e non riaprirli più. Non m'importa più di niente, o forse m'importa troppo di tutto.
Buonanotte.
-gonetoosoon
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libero-de-mente · 1 year
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Cosa fai a Capodanno?
Mi chiedo cosa farò a capodanno grattandomi pigramente la barba. L'anno tanto atteso, temuto e di cui mi sono poi fatto una ragione è arrivato.
I miei figli oramai con i loro interessi e amicizie non saranno lì ad aspettare che io stappi la bottiglia a mezzanotte.
Con il solito mio "vaffanculo", in stile Il Principe Cerca Moglie, urlato dal terrazzo e coperto dai millemila fuochi d'artificio. Che li faceva ridere.
Strade diverse, interessi diversi, sarà tutto diverso.
Sto valutando se passare Capodanno chattando su qualche Dating App, oppure social. Così tanto per fare.
Valuto se optare per l'abbinamento pizza e Champagne oppure arancin* e vino bianco strutturato.
Oppure chiedere asilo politico a qualche persona giusto per il botto di mezzanotte.
Continuo a grattarmi la barba con fare amletico.
Potrebbe esserci l'alternativa Lormetazepam in dose Happy New Fear, risolverebbe un po' di cose.
Valuto che probabilmente la strada per l'inferno è quella che comincia con la scritta "Che fai per l'ultimo?", su un'insegna luminosa come quando entri in autostrada.
Ma i miei pensieri vengono interrotti da figlio 2:
- Papà, che ne dici se Rebecca venisse qui a casa con noi per l'ultimo?
- Rebecca.
- Si lei.
- Allora è amore.
- Beh... si.
- Ma si ferma a dormire qui?
- Sì.
- ...
- ...
- Lo sai che dovrete sparecchiare la tavola vero?
- Perché?
- Perché chi non tromba a Capodanno sparecchia la tavola il primo dell'anno.
- Ma...
- Ci siamo capiti, vero? Altrimenti la riaccompagno a casa dopo mezzanotte.
- O-ok.
Riprendo distrattamente i miei pensieri, pensando se brindare a mezzanotte oppure farlo con un minuto d'anticipo, per accelerare la fine di questo 2022, quando arriva figlio 1:
- Papà sai cosa farò a capodanno con due miei amici?
- Aspetta la so, chiuderai l'anno senza salvarlo.
- Cos..?!
- No va beh, era una battuta ma sto ridendo solo io qui.
- Ti stavo dicendo che con i miei due amici Vercingetorige e Attila ci fermeremo per cena qui a casa nostra.
- ...
- ...
- Ma non era l'anno del "prendo e volo libero"?
- Facciamo l'anno prossimo, devo prendere meglio la rincorsa. Ma guarda che per mezzanotte usciamo neh?! Andiamo poi a casa di Tamerlano che ha preso la Peroni a un euro.
- Tamerlano, ma non è quello che studia giurisprudenza.
- Si lui, infatti abbiamo deciso di affidarci a lui per il 2023.
- Cioè?
- Eh, niente ci leggerà termini e condizioni del 2023 prima di accettarlo. Lui ne capisce di Legge sai com'è.
- Cazz0 devo pensare a un menù per il 31 allora.
- Per te è un problema?
- Beh si, non ho ancora dato un senso a questo 2022 e devo già pensare al 2023. Troppe cose per la testa.
- Ma tranquillo papà, quello che ci sarà a tavola sarà comunque buono. Ne sono sicuro.
Se è vero che ciò che non ti uccide il minuto dopo ti chiede: "cosa fai a Capodanno?"; è anche vero che chi ti vuole bene te lo dimostra restando con te a Capodanno. Magari perché economicamente non ancora autonomo.
Finirà questo 2022, "festeggerò" l'ennesimo "capo di danno" o il 2023 riuscirà a sorprendermi in positivo?
Controllo con ansia le chat di WhatsApp, per vedere se qualche buontempone tra i miei contatti ha creato il gruppo "Capodanno 2023", l'anno scorso lo feci io. Mettendo nel gruppo contatti a caso presi dalla mia rubrica, so che due di questi contatti oggi sono insieme. A volte da una cazzata ne esce una più grande. No dai, spero che sia una bella storia tra di loro.
Sento già la voglia di mettermi a letto alle 00:01 del primo gennaio.
Ma non sarà così. Avrò tempo per farlo in futuro e alla fine, ne sono certo, rimpiangerò questi capodanni con chi amo davvero.
Nel frattempo per loro prego.
Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno a Capodanno.
Una cosa è certa, anche quest'anno lo finirò senza una parte migliore di me al mio fianco.
Spero per il 2023 di trovare la persona che davvero più mi manca, il me migliore e brillante che può fare la differenza. In tutto.
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danilacobain · 1 year
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Selvatica - 7. Non basta più
Corinna percorse gli ultimi metri che la separavano dal condominio di Antonio con il cuore in gola. La mattina al lavoro era riuscita a chiedere l'anticipo a Flora e in quel momento stringeva al fianco la borsetta blu che aveva a tracolla, con dentro la busta piena. Le gambe molli per l'agitazione rischiavano di non rispondere più ai comandi del cervello se non si dava una calmata.
Non era la priva volta che lo incontrava, avrebbe saputo gestire la situazione, si disse per tranquillizzarsi. E poi il suo debito stava per essere saldato, aveva con sé i diecimila euro. Rocco le venne incontro con un sorriso spento. La sua stazza da ex pugile bastava per intimorire chiunque, ma quando era così scontroso faceva ancora più paura. Dava l'impressione di poter fracassare il cranio di una persona con una sola mano.
«Vedo che sei venuta. Almeno mi hai risparmiato il fastidio di dover venire a casa tua.»
«Te lo avevo detto che sarei venuta» rispose risoluta. Cercava sempre di non lasciar trasparire la sua agitazione, sapeva che quelle persone si sarebbero approfittate della sua debolezza se gliel'avesse lasciata intravedere. Lo aveva imparato a sue spese, durante gli anni in cui tutto sembrava precipitare verso un burrone troppo profondo dal quale aveva temuto di non poter più risalire.
«Per la cronaca, non ti azzardare più a fare quello che hai fatto ieri» disse Rocco, guardandola di sbieco mentre apriva la porta del palazzo.
«E tu non ti azzardare mai più a minacciarmi.»
Ridacchiò. «Corinna, non tirare troppo la corda con Antonio.»
Salirono le scale in silenzio. Ad ogni passo avvertiva lo stomaco sempre più contratto. Rocco aprì la porta della casa. Dentro non si sentiva il chiacchiericcio che aveva sentito la prima volta che era stata lì. Tutto taceva e l'ansia si fece ancora più forte. Se Antonio era da solo, avrebbe avuto un sacco di tempo per tormentarla. Attraversarono lo stretto corridoio dalle pareti rosso pompeiano e quadri con cornici in oro. Quell'appartamento era solo un'ostentazione della ricchezza e del potere di Antonio, pieno di oggetti di valore ma privo di anima. Non c'era niente che potesse farle pensare al calore di una vera casa.
Rocco bussò alla porta dello studio, poi aprì. Antonio sedeva dietro la sua scrivania di mogano rivestita di pelle nera. Tutta la stanza era scura, con la carta da parati nera con motivi arabeschi grigio scuro e il pavimento in marmo nero lucido.
Corinna esitò sulla soglia prima di entrare. Accanto alla parete alla sua destra c'era il ragazzo che l'aveva tenuta per un braccio il giorno prima. La guardò senza mutare la sua espressione seria.
«Corinna.»
La voce di Antonio era roca e bassa. Chiuse il pc che aveva davanti. Alle sue spalle la porta scattò con un clic e Rocco rimase fuori. Lei rimase immobile in mezzo alla stanza.
«Vieni avanti. Hai qualcosa per me?»
Fece un segno di assenso con la testa e tirò fuori dalla borsa la busta di carta con il denaro. Lo poggiò sulla scrivania, concedendosi di guardare Antonio negli occhi. Erano due buchi scuri che la scrutavano con un misto di curiosità e divertimento. Lui di sicuro sapeva che stava nascondendo la sua paura. Si affrettò a distogliere lo sguardo. Antonio afferrò la busta e la mise da parte senza nemmeno aprirla.
«Ti aspettavo ieri.»
«Avevo da fare.»
«Mm.»
«Adesso ho saldato il mio debito, siamo a posto.»
«E no, Corinna. Questi non bastano, me ne devi altri cinquemila. Gli interessi.»
Lei si sentì gelare il sangue nelle vene. «Non erano questi i patti. Te li ho portati con una settimana di anticipo.»
«Se tu fossi venuta ieri, quando te l'ho gentilmente chiesto...»
«Gentilmente?»
«Come sta tua madre?»
Le si fermò il cuore per un attimo. «Che c'entra mia madre?»
«Volevo solo essere gentile.»
«Che cosa vuoi da me ancora?»
«Lo sai benissimo cosa voglio: te.»
«E tu lo sai benissimo che non mi avrai mai.»
Lui la ignorò e si alzò, girando attorno alla scrivania per mettersi di fronte a lei. «Il fine settimana prossimo devo incontrare uno sceicco e ti voglio con me. Ci saranno anche altre ragazze, ma tu sei perfetta... potrai tenerti tutti i regali che ti farà. Soldi, gioielli, sono molto generosi con le ragazze italiane.» Allungò una mano per toccarle i capelli ma lei la schiaffeggiò, indietreggiando.
«Non mi toccare. Dovresti sapere che non faccio certe cose.»
Lui la guardò furioso per il gesto. Le afferrò un braccio e l'attirò a sé. «Esci» intimò al ragazzo, che obbedì. «Tu mi appartieni, Corinna. Fino a quando lo deciderò io farai quello che ti dico. Non vuoi che succeda qualcosa a tua madre, vero?»
Sentiva il suo fiato caldo sulla guancia, l'odore del suo profumo costoso mischiato al fumo di sigaretta. Trovò l'ultimo briciolo di coraggio, trattenendo l'impulso di correre via lontano. «Io non ti appartengo. Ho saldato il mio debito, se non mi lasci andare sarò costretta a denunciarti alla polizia.»
Lui insinuò il naso tra i suoi riccioli. «Se non vieni con me a Dubai il tuo debito salirà. A te la scelta: o con me o mi dovrai portare altri ventimila euro.»
La lasciò andare. Corinna indietreggiò in fretta verso la porta, afferrò la maniglia e la spalancò, trovandosi davanti il ragazzo col tatuaggio in faccia. Lo guardò appena, prima di incamminarsi per il corridoio. Le pizzicavano gli occhi, aveva un groppo in gola che faceva male. Maledetta stupida, che si era andata a impelagare in quella situazione. Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Voltò il capo e si trovò faccia a faccia con il ragazzo tatuato.
«Che vuoi?»
«Che cazzo è successo là dentro?»
Corinna aggrottò la fronte. «Niente.» Perché quel ragazzo sembrava preoccupato? Fece per andarsene ma lui la trattenne.
«Quanti soldi ti ha chiesto?»
«Si può sapere che diavolo vuoi?»
Si fece più vicino. «Voglio aiutarti», disse a voce bassa. Era serio.
Corinna fece un sorriso amaro. «In cambio di cosa?»
Il ragazzo esitò. Dalla stanza giunse la voce perentoria di Antonio a richiamarlo. Lui non staccò gli occhi da lei, stava forse provando pietà? Scosse la testa, voltò le spalle al ragazzo e uscì.
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susieporta · 2 years
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Ho avuto paura tante volte nella mia vita. Ma mai come oggi.
Scrivo dalla camera di ospedale in cui passerò la notte. Lo guardo mentre dorme, il respiro finalmente regolare, le membra rilassate sotto il lenzuolo. Si sveglia di quando in quando, a controllare che sia ancora qui, su questo divano minuscolo. Mi osserva, serio, per qualche secondo, e poi torna a dormire. Tengo la luce accesa, ha paura del buio. E, nel mio cuore, questa tenerezza quasi dolorosa: so che sarei disposto a tutto pur di tenerlo al sicuro.
Il suo nome è J. È uno dei bambini più vulnerabili che abbiamo. Vive nella località di Dandora, a Nairobi, dove sorge la più grande discarica a cielo aperto del Continente africano. Abbiamo evacuato J dalla capitale, con il resto della nostra Scuola Internazionale, venti giorni fa. Da allora ci siamo incaricati della cura di una condizione preesistente, ingaggiando un operatore sanitario a tempo pieno. Oggi, però, appena dopo un’iniezione, J ha iniziato a iperventilare, ha perso conoscenza e ha iniziato ad avere le convulsioni.
Siamo corsi in ospedale.
Chi mi conosce lo sa: non sono un uomo religioso, ma ho pregato con tutto me stesso durante quella corsa in macchina. Per un momento ho temuto il peggio.
Il peggio, per fortuna, non si è avverato.
L’abbiamo portato d’urgenza in uno degli ospedali migliori del Paese, dove J ha ricevuto il massimo delle cure che il Kenya possa offrire. Ha fatto tutti gli esami del caso, incluso quello per le allergie. Nulla, per ora: solo un fortissimo attacco di panico e una fobia dei medici.
“Nicolò, Nicolò, Nicolò, Nicolò, NICOLO!!!” ha urlato vedendo un ago avvicinarsi poco dopo. E niente… sapere quanta fiducia questo bambino ripone in me mi ha spezzato il cuore.
J si è stabilizzato subito dopo l’arrivo in ospedale, riprendendosi sempre di più durante le ore in osservazione. Alla fine, quando gli altri colleghi se ne sono andati per la notte e noi siamo rimasti a cenare e guardare la TV in camera, era così entusiasta, ha detto, perché in ospedale ha avuto l’opportunità di prendere l’ascensore per la prima volta. La sua unica preoccupazione? Quella di far “sprecare” soldi a Still I Rise. Naturalmente l’ho rassicurato dicendogli che i soldi spesi per la sua salute non sarebbero mai stati uno spreco. “Ti vogliamo un mondo di bene,” ho detto, “e ci importa solo che tu sia al sicuro, nient’altro.”
Ci siamo presi un bello spavento, ma questo è stato: solo uno spavento, e nulla di più. Con un po’ di fortuna, domani J verrà dimesso e potrà tornare a godersi questa fuga dalla baraccopoli in cui è cresciuto, insieme ai suoi amici. Terrò tutti aggiornati sulla sua salute.
E in quanto a me, so che quella che mi aspetta è una notte lunga e per lo più insonne, e va bene così. Va bene così perché J non ha il papà, e io non ho figli, e che senso ha la vita, se non proprio quello di esserci, esserci quando le persone che hai accanto hanno bisogno di te? Per chi volesse farmi compagnia stanotte, leggerò i commenti con grande piacere.
Grazie a te, che vegli su di noi.
Nicolò Govoni
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justmythings-stuff · 1 year
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Correa ancora vivo dopo l'ultima di compleanno è un mezzo miracolo
Il Tucu pronto a fare scintille in Qatar con la sua nuova maglia 🔥
Devo dire che ho un po' temuto quando è entrato, ho detto "ecco, mo si spacca e ce lo dobbiamo tenere" e invece noooo. Il suo non fare niente di niente di niente se non sfilare ha funzionato. Bravo Tucu.
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drheinreichvolmer · 6 months
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CAPITOLO 12
Voleva smentire quelle dichiarazioni, ma sentendo dei passi, si limitò a dire
che si sarebbe dovuti sentire in un altro momento, per poi chiudere
immediatamente la telefonata. Fortunatamente era solo l'infermiere Klaus
che faceva ritorno nella sua stanza. Hanna trasse un sospiro di sollievo, per un
attimo aveva temuto si trattasse di Hans o Olga. Ancora turbata dalla
telefonata, fece ritorno nella sua stanza, non aveva idea di come riuscire a
dormire dopo una notizia del genere. Trovava snervante scoprire le cose in
questo modo; ma in fondo, in cuor suo, voleva sperare che tutti questi segreti
avessero delle valide giustificazioni. L'unica cosa di cui era certa, era che
voleva avere un colloquio con questo famoso nonno, e scoprire una volta per
tutte come mai suo padre la tenesse all’oscuro di tutto questo. Ovviamente, il
problema più grosso da aggirare, era trovare il modo di visitarlo senza che suo
padre lo scoprisse. Dopo il brutto episodio che l'aveva vista protagonista, non
sarebbe stato facile convincerlo a concederle un’altra uscita. Mentre
ragionava, d’un tratto sentì Olga e Hans dialogare nel corridoio fuori dalla sua
stanza. Il biondo stava riferendo alla collega che l'indomani lui e il barone
sarebbe stati fuori casa – il medico aveva infatti un importante incontro a
Zurigo, di cui ancora nessuno sapeva niente, e come al solito, toccava ad Hans
il compito di accompagnarlo. Hanna provò un sussulto, era proprio
l'occasione di cui aveva bisogno; sarebbe bastato riuscire a lasciare il castello
quando suo padre non fosse stato presente. Le sarebbe bastato stare attenta a
non farsi scoprire da Olga e da Edith, ma la ragazza aveva già in mente un
piano per riuscire nella sua ardua impresa.
Il mattino seguente la famiglia era riunita per la colazione, il barone era
particolarmente felice perché quel giorno erano stati preparati appositamente
per lui dei waffel a forma di Hello Kitty. Tutti mangiavano serenamente,
Hanna cercava di comportarsi in maniera naturale in modo che nessuno dei
presenti sospettasse la sua imminente fuga. Alle 8:47 il barone ed Hans
lasciarono il castello, nessuno oltre la signorina Keller sapeva cosa i due
dovevano fare a Zurigo. Klaus ed Edith erano molto curiosi, ma decisero di
rispettare il silenzio di stampa indetto da loro zio. Hanna intanto era andata
nella sua stanza con la scusa di leggere un po', ma in verità stava preparando
la sua borsa per uscire. Al momento giusto, prese delle lenzuola dal suo
armadio e cominciò a strapparle una ad una con l’aiuto di un paio di forbici.
Intrecciò poi i pezzi ricavati tra loro, annodando un lembo al suo letto, poi
lanciò il resto giù dalla finestra della sua camera. Lentamente si calò giù dalla
finestra, fino a quando i suoi piedi non toccarono il suolo nel giardino del
castello. Senza perdere tempo, corse verso Hartmann. Scendendo lungo la
discesa, il suo cuore batteva forte, era la prima volta nei suoi ventitré anni che
lasciava il castello da sola. Per ogni minuto che passava, la sua adrenalina
cresceva, ormai era sempre più vicina al paese. Non aveva idea di dove
abitasse suo nonno, ma sapendo il suo nome sarebbe semplicemente bastato
chiedere in giro. Ragionò per un momento sulle opzioni; il posto migliore
dove chiedere informazioni era probabilmente il bar. Raggiunta la locanda,
entrò e si avvicinò al bancone, notando subito gli sguardi quasi increduli degli
altri clienti. Non rimase per niente sorpresa dalla loro reazione, la gente del
paese sapeva benissimo di chi fosse figlia, e vederla sola nel paese era un fatto
scioccante. I presenti restarono però ancora più scioccati quando la ragazza
fece il nome di suo nonno, forse erano a conoscenza dei diverbi presenti nella
sua famiglia. Gilbert si limitò a fornire alla ragazza le indicazioni richieste,
avrebbe dovuto prendere un autobus e scendere dopo circa venti minuti, suo
nonno abitava al 126, poco distante da una piccola panetteria. La ragazza uscì
dal bar dopo aver ringraziato il proprietario, e raggiunse la fermata del bus a
circa cento metri da dove si trovava il bar. Ne approfittò per sedersi mentre
aspettava, e dopo appena cinque minuti vide arrivare l'autobus. Una volta
salita a bordo realizzò di non aver fatto il biglietto. Controllò nella sua borsa,
purtroppo non aveva soldi, in quanto suo padre non le dava mai denaro.
Questo perché Hanna non ne aveva bisogno, dato che non doveva mai uscire
da sola. Fortunatamente, si ricordò di avere credito nel suo cellulare, e fece
subito il biglietto tramite SMS. Risolto quel problema, si sedette in attesa di
raggiungere la fermata a cui sarebbe dovuta scendere. Quando la bionda notò
la panetteria in bella vista, capì di essere arrivata, e suonò il campanello per
chiedere all'autista di fermarsi. Una volta scesa, cominciò a guardarsi attorno
per cercare la casa di suo nonno. Controllò i vari numeri civici, fin quando non
individuò il 126, l’aveva finalmente trovata. Il cuore di Hanna martellava nel
suo petto, non riusciva a credere di esserci davvero riuscita. La sua fortuna era
che trascorrendo da sempre molte ore da sola in camera, nessuno si era
insospettito al punto di andare a controllarla. Sapeva però che sarebbe dovuta
rientrare a tutti costi prima di pranzo, o sarebbero stati grossi guai. Ma ora
non voleva pensare a nulla di tutto ciò, voleva soltanto incontrare suo nonno;
sperava finalmente di aver trovato qualcuno che rispondesse a tutte le sue
domande. La ragazza suonò il citofono e attese che qualcuno si facesse sentire.
<< Sì, chi è? >> disse la voce di una donna dall'accento straniero. Hanna prese
un respiro per farsi coraggio e rispose, determinata: << Sono Hanna Chiara
Volmer, sono venuta per mio nonno. >> Dopo un lungo momento di silenzio, il
portone si sbloccò – la ragazza lo spinse ed entrò nella casa. Poco dopo, una
donna dai lunghi e mossi capelli neri, un po' brizzolati, si presentò nel
corridoio. Aveva passato i sessanta, e a giudicare dal suo accento doveva
sicuramente essere dell’est Europa. La signora le fece cenno di seguirla,
facendole strada fino in salotto. Seduto sul divano c’era un uomo anziano un
po' in carne, aveva ormai pochi capelli, e anche soltanto con uno sguardo, era
chiaro che non fosse particolarmente in salute. Hanna restò in attesa di una
qualche reazione, quando ad un tratto l’uomo le sorrise e si alzò in piedi per
abbracciarla. La ragazza non riuscì a ricambiare l’abbraccio, restò rigida, non
sapendo cosa fosse opportuno fare. Suo nonno non era più alto di un metro e
mezzo; se lo immaginava molto diverso, forse più simile a suo padre. Ma
quell'uomo non somigliava affatto a suo padre. Albrecht alzò poi lo sguardo
verso di lei, guardandola affettuosamente, e disse: << Hanna, non sai da
quanto avrei voluto conoscerti...purtroppo la mia salute mi ha tenuto per
molto tempo in ospedale. >>
<< Sei stato in ospedale per più di venti anni? >> domandò la ragazza
incuriosita. L'uomo le spiegò che era malato da oltre un decennio, e che non si
erano mai visti prima poiché Heinreich non gli aveva permesso di avvicinarsi
a lei.
<< Come mai? Perché tu e mio padre siete in rapporti così negativi? >> chiese
Hanna. Il nonno, dopo essersi nuovamente seduto sul divano, raccontò
rammaricato che suo padre era sempre stato un figlio ribelle e indisciplinato,
arrivando al punto di scacciare di casa i suoi stessi genitori. Lei non rimase
troppo convinta della sua storia, conosceva bene suo padre, e sapeva che se lo
aveva fatto, doveva aver avuto delle valide motivazioni.
<< Se lo ha fatto ci deve essere stato un motivo, non è una cattiva persona! >>
replicò la ragazza decisa.
<< Volere a tutti i costi sposare la propria sorella per te è un motivo
abbastanza valido, mia cara? >> controbatté il vecchio sorridendo beffardo. <<
Oppure, addirittura volere dei figli da lei? >>
<< S-sorella? Quale sorella?! >> domandò Hanna confusa, corrugando la fronte.
<< Ah, tuo padre non ti ha raccontato il suo piccolo segreto? Non ti
preoccupare, te lo spiego io. >> rispose scrutando il suo viso, << Devi sapere
che tuo padre è sempre stato un fallimento, ma si è superato nel momento in
cui ha intrapreso una relazione incestuosa con quella povera pazza di tua
madre. >> Sentendolo parlare in quel modo, con quel tono così crudele, Hanna
non riuscì a rimanere in silenzio: << Povera pazza?! Come ti permetti di
parlare così di mia madre! >>
<< Lo era, altrimenti non si sarebbe mai innamorata di un uomo come tuo
padre. A maggior ragione, essendo suo fratello maggiore. >> dichiarò il
vecchio senza smettere di esaminare la ragazza, osservando la sua reazione.
<< Quindi mia madre e mio padre sono.. >> Hanna non finì la frase che subito
scosse la testa, convinta che quell'uomo le stesse mentendo. Tuttavia,
Albrecht dichiarò che non aveva motivo per non credergli; e volendo
dimostrare la sua onestà, decise di mostrare alla ragazza un album di
fotografie. La ragazza insistette che non erano attendibili, quella bambina
nelle foto poteva essere chiunque. Il nonno non demorse, e ad un tratto le
mostrò una fotografia di sua madre e suo padre quando erano poco più che
ventenni. Hanna restò scioccata nel riconoscere la stessa donna che aveva
visto nella polaroid trovata alla casa di caccia. Finalmente pronta ad accettare
la cruda realtà dei fatti, osservò il suo anello di fidanzamento confusa.
<< Fammi indovinare, adesso certe cose le fa con te, vero? Era da
immaginarselo. >> chiese il vecchio. La ragazza non si vergognava del
rapporto che aveva con suo padre, quindi difese la sua relazione dicendo che
era felice con lui e non voleva nessuno al suo posto. Lui replicò con un tono
pietoso: << Le stesse cose che ti dice, prima le diceva a tua madre.. dovresti
capirlo che tu per lui sei stata soltanto un ripiego perché non poteva trovare
di meglio. >> Hanna volle controbattere, ma le sue parole la stavano turbando
troppo; in fondo suo padre in tanti anni non aveva mai cercato di avere altre
relazioni, forse il nonno aveva ragione.
<< La vostra non è una vera relazione, lui sta con te per non stare solo e
perché ha bisogno di un organo femminile con cui divertirsi. Appena avrà
occasione, vedrai come ti molla. >> aggiunse Albrecht dandole una pacca sulla
spalla.
<< Questo no! Lui mi ama e farebbe qualunque cosa per me. >> disse Hanna
alzando la voce, sdegnata.
<< Oh ma lo fa, per questo non ti permette di uscire o di incontrare altre
persone.. perché non vuole perdere la sua esclusiva. >> continuò l'uomo
anziano. Hanna rispose, sempre più irritata: << Non mi interessa! Qualunque
cosa tu dici non servirà a farmi cambiare pensiero su mio padre. >> Lui le
sorrise, dicendo che in quel momento gli aveva fatto ricordare una delle tante
discussioni avute con Emma. Anche sua figlia difendeva a spada tratta
Heinreich, andando ogni volta contro il volere e pensiero paterno. In quel
momento, Hanna, stanca di quella discussione, gli diede le spalle e abbandonò
di fretta la casa per dirigersi verso la fermata dell’autobus. Nel mentre,
Albrecht sorrideva compiaciuto osservandola uscire, sicuro di essere riuscito a
innescare in lei dei dubbi.
La ragazza rientrò al castello, facendo sparire ogni traccia della sua fuga.
Decise di non affrontare direttamente suo padre, ma di scoprire se davvero
fosse così subdolo come lo descriveva suo nonno. Intanto, il barone si trovava
da diverse ore nella capitale svizzera, accompagnato dal suo fidato braccio
destro Hans. I due si trovavano al Centro Psico Sociale, una struttura deputata
alle attività ambulatoriali psichiatriche e psicoterapeutiche; nonché al
coordinamento e all'attivazione di quelle domiciliari e sul territorio. Il dottor
Volmer era molto noto tra i medici e gli infermieri della struttura, visto che
era lì che aveva cominciato la sua carriera. Infatti, prima di essere l'illustre
medico a quei tempi conosciuto, aveva impiegato anni di gavetta proprio in
quel centro. Ed era stato proprio in quel centro, che il barone aveva
conosciuto la signorina Keller, a quei tempi sua paziente. Ma adesso cosa
aveva condotto il medico svizzero a fare ritorno in quel luogo? Il motivo era
semplice, il CPS ricercava nuove figure, e lui aveva intenzione di
raccomandare la nipote. Secondo il medico, la giovane infermiera aveva tutte
le carte in regola per seguire le sue orme, o addirittura un giorno eguagliarlo,
se non superarlo. Era però necessario che la ragazza ampliasse le sue
conoscenze e le sue competenze nel settore, e secondo il barone quello era il
posto giusto dove Edith avrebbe potuto accrescere le sue basi. Questa
decisione era nata dal fatto che il medico doveva iniziare a pensare al futuro,
un giorno avrebbe dovuto lasciare per forza il posto a qualcun altro. Hans e
Olga erano pressappoco suoi coetanei, serviva una persona giovane a cui il
medico potesse affidare un simile ambiente. Nonostante il barone stimasse
allo stesso modo anche il giovane Klaus, non lo riteneva all'altezza di un
compito così importante. Spettava quindi alla giovane Edith Berger il compito
di portare avanti la sua eredità. Il medico discusse a lungo con il direttore
sanitario del CPS, e dopo un attento e lungo colloquio la struttura aveva preso
la sua decisione. La signorina Berger avrebbe iniziato a prestare servizio dalla
settimana prossima.
Alle ore 20:46 la famiglia si riunì come ogni sera per la cena, quando ad un
tratto il barone chiese l'attenzione di tutti i familiari, aveva un importante
annuncio da fare. Klaus e Edith erano molto curiosi, consapevoli del fatto che
sicuramente era qualcosa che aveva a che fare con l'uscita mattutina dello zio.
Anche Hanna era interessata, ma si immaginava che il padre avesse vinto
l'ennesimo concorso.
<< Come sapete questa mattina mi sono recato a Zurigo, avevo un importante
colloquio con il direttore sanitario del CPS, il mio ex ambiente di lavoro. >>
parlò il medico osservando i seduti a tavola, per poi continuare il suo discorso:
<< E come potete immaginare, un giorno dovrò andare in pensione. Perciò
dovrà esserci una persona che un domani prenderà il mio posto. >> Tutti i
presenti prestavano ascolto attenti, impazienti di conoscere la decisione presa
dal titolare.
<< Ho deciso che quella persona sarà Edith. E al fine di assicurarmi che sia
pronta a quel momento, dalla prossima settimana comincerà a prestare
servizio al CPS di Zurigo. >> dichiarò il barone, posando lo sguardo sulla
nipote. Edith sgranò gli occhi, sconvolta, e disse: << I-io? Sei sicuro che sia una
buona idea...insomma è una decisione importante, forse dovresti valutare
bene bene, zio. >>
<< Ci ho pensato già, la mia decisione resta tale. Da lunedì andrai ogni mattina
Zurigo, fino a venerdì. >> ribatté il medico.
<< Wow sono tanti giorni, che turni le hanno assegnato? >> domandò Olga.
<< Dalle 9:00 alle 13:30, questo significa che dovrai essere lì massimo per le
8:50. >> rispose il barone.
<< Non sarà un problema zio, significa che in questi giorni mi conviene fare
l'abbonamento per il treno. >> disse la giovane infermiera, ancora sbalordita
che le fosse stato affidato un compito talmente significativo.
<< Con il treno impieghi troppo tempo, considerando che poi dalla stazione
dovresti camminare almeno mezz'ora. >> replicò Heinreich.
<< Come dovrei andarci allora? Mica posso farmi accompagnare lì ogni
mattina da Klaus. >> chiese la ragazza confusa.
<< È molto semplice, prenderai la mia auto...confido che ne avrai cura. >>
dichiarò lui convinto. Tutti i presenti rimasero sconvolti da tale dichiarazione,
il barone infatti non aveva mai lasciato guidare la sua Mercedes a nessuno.
Nemmeno Hans o Olga avevano mai avuto tale privilegio. Klaus non era
affatto invidioso di questo, né della grande occasione che la vita stava
offrendo alla collega, al contrario era molto orgoglioso e felice, riteneva che
Edith si meritava solo ogni bene. Pensò anche a quanto sarebbe stato
divertente ritrovarsela un giorno come titolare, abbracciando la collega e
amica congratulandosi con lei per quel meritato traguardo. Con sorpresa di
Edith, la cugina non fece lo stesso. Hanna infatti aveva cambiato espressione,
e stranamente non fece alcuna dichiarazione nei confronti di Edith. Trovò la
cosa strana e inaspettata, ma scelse di non farsi paranoie inutilmente.
Tuttavia, quando Hanna fece ritorno nella sua stanza senza terminare la sua
cena, non riuscì a ignorare il suo comportamento. Voleva andare da lei e
assicurarsi che tutto fosse apposto, ma Klaus si intromise dicendo che non
c'era nulla di cui doversi preoccupare, sicuramente Hanna era soltanto stanca.
Edith non era troppo convinta, ma alla fine gli dette ascolto e fece dunque
ritorno in camera sua. Alle 23:10 il barone era come suo consueto alla sua
postazione in ufficio, alle prese con le consulenze notturne su Seven Cups.
Hanna era invece nelle sua stanza, stava guardando una puntata di Naruto, ma
la sua testa pensava a tutt’altro. Si sentiva strana e provava dei sentimenti che
fino a quel momento non aveva mai avvertito. Si sentiva minacciata da Edith,
e nonostante fosse consapevole del tipo di rapporto che univa la ragazza al
medico, non poteva fare a meno di provare evidente gelosia nei suoi
confronti. Si sentiva stupida a provare quell'inutile emozione, non aveva
nemmeno motivo di lamentarsi con Edith, in fondo la ragazza non aveva fatto
nulla di male. Come non aveva senso lamentarsene col padre, sapeva bene che
il barone provava solo un affetto paterno nei confronti della nipote.
Il mattino dopo, Edith e Klaus si trovavano nel giardino del castello, seduti ad
un tavolino a gustarsi un milkshake al cioccolato. Erano quasi le dieci, e i due
infermieri si erano presi una pausa, stavano facendo un brindisi in occasione
del nuovo impiego di Edith. Klaus domandò alla collega se avrebbe continuato
anche il suo lavoro alla reception oppure no. Lei rispose che avrebbe
continuato la sua attività in portineria senza alcun problema, dopotutto al CPS
svolgeva un lavoro mattiniero e ciò significava che nel pomeriggio poteva
tranquillamente occuparsi della sua solita funzione. Il biondo infermiere si
chiedeva chi avrebbe sostituito Edith al mattino, non pensava certamente che
loro zio sarebbe andato ad assumere qualcuno apposta.
<< Sicuramente l'impiego toccherà ad Hans oppure Olga, me lo sento. >> disse
Klaus.
<< Perché non ti offri tu? Sono sicuro che lo zio si fiderebbe senza problemi a
darti questo incarico, e sarebbe una posizione più notevole che stare a far fare
esercizio agli anziani non credi? >> dichiarò la collega Edith.
<< Beh sì, ma credi che sarei in grado di sostituirti? >> disse Klaus. L’amica
accennò un sorriso dandogli una pacca sulla spalla, era convinta che avrebbe
potuto fare tutto se voleva. Mentre stavano brindando con i loro milkshake,
all’improvviso il cellulare di Klaus squillò. Si trattava di Abigail, la quale aveva
telefonato per chiedergli di uscire; la ragazza aveva infatti rimediato due
biglietti per un film, e sarebbe stata felice di condividere la serata con Klaus.
Lui accettò immediatamente l'invito senza pensarci un attimo in più, mentre
Edith ridacchiava divertita, vedendolo diventare come sempre paonazzo.
<< Allora che ti ha detto la tua innamorata, Romeo? >> domandò la collega.
<< Questa sera andiamo al cinema, non sai quanto sono felice! >> rispose il
biondo alzandosi, per poi iniziare a saltellare una danza buffa; alla quale si unì
pure Edith allegra. Proprio in quel momento passò il barone, che per un
attimo osservò i ragazzi con uno sguardo confuso. Decise di non farsi
domande, alzò le spalle, e senza problemi si unì a sua volta a quel balletto. I
tre, saltellando a braccetto, ritornarono nel castello e ripresero le proprie
attività.
Poco più tardi, un uomo basso sui quaranta e un po' stempiato si presentò di
fronte alla reception. Si chiamava Berthold Dietwolf, e aveva l'intenzione di
usufruire del centro benessere per almeno un paio di settimane. Edith sorrise,
attivandosi per registrare la presenza del nuovo ospite, ma poco dopo si
assentò con la scusa di stampare alcuni documenti necessari alla
registrazione.
In verità la ragazza stava controllando l'archivio fornitole dallo zio: l'uomo
sembrava non avere legami con l'assalto al castello, questo significava che
Edith non era tenuta a fare alcuna segnalazione speciale. In seguito, venne
accompagnato dalla signorina Olga nella sua stanza, così che potesse
sistemare le proprie valigie. Dopo pranzo, senza alcuna preoccupazione, il signor Dietwolf si presentò nello studio del Dottor Volmer. L'uomo infatti era
interessato a provare una seduta di ipnosi, ne aveva sentito tanto parlare ma
non aveva mai avuto il modo di provare. Il barone sorrise sincero e fece
accomodare il suo ospite sul lettino del suo studio. Ad un tratto, Heinreich
estrasse dalla sua tasca un vecchio orologio da taschino, probabilmente
risalente alla prima guerra mondiale. Mentre l'antico orologio dondolava
davanti allo sguardo del paziente, i suoi occhi seguivano quel lento oscillare,
fino a quando non cadde in una specie di trance. A quel punto, il medico
chiese al signor Dietwolf di narrare la prima cosa che gli venisse in mente
pensando alla sua famiglia. L'uomo raccontò di come quando era ancora un
ragazzino, la sua famiglia si era dovuta improvvisamente trasferire in
America.
Suo nonno aveva infatti combinato un grosso guaio, e se fosse rimasto nel
paese sarebbe andato incontro a gravi problemi con la legge. Quando gli
venne chiesto di spiegare cosa fosse precisamente successo, spiegò che il
nonno aveva debiti con un importante signore del posto. Il debito col tempo
era cresciuto molto, come erano anche aumentate le minacce da parte del
creditore. L'unico modo per togliere la famiglia da ogni vincolo era restituire i
soldi, oppure ricambiare il favore con un piacere. Il nonno, a suo tempo, aveva
scelto la seconda opzione, ignaro che questo favore equivalesse a togliere di
mezzo una giovane e nobile coppia. Il barone sgranò gli occhi, non credeva
possibile che si potesse trattare di lui e della sua defunta sorella. Quando però
menzionò il nome della casata, si rese conto che il suo nuovo ospite era un
discendente di uno dei suoi aggressori. Provò a domandare dove fosse ora quel
povero nonno, ma l'uomo rispose che era venuto a mancare diverso tempo
prima. Capendo che il vecchio non poteva scontare le sue colpe, il medico
decise che avrebbe fatto espiare la pena direttamente al nipote. Diede così
ordine ad Hans di trasferire il paziente nei sotterranei.
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phedre-delunay · 1 year
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Mina: Oh, sì, amore mio, mi avete trovata.
Dracula: Vita mia... Mia preziosa vita.
Mina: Ho voluto che questo avvenisse. Ora sì, lo so. Voglio stare con voi, sempre.
Dracula: Non sapete quello che state dicendo.
Mina: Oh, sì... sì, lo so. Temevo che non avrei mai più sentito le vostre carezze. Pensavo foste morto.
Dracula: [porta la mano di Mina sul suo petto] Non c'è vita in questo corpo.
Mina: Ma voi vivete. Voi vivete. Che cosa siete voi? Io devo sapere. Dovete dirmelo.
Dracula: Io... io sono... niente. Senza vita. Senz'anima...
Mina: Cosa volete dire?
Dracula: ...odiato e temuto. Sono morto per tutta l'umanità. Ascoltatemi: io sono il mostro che gli uomini che respirano bramerebbero uccidere. Io sono Dracula.
Mina: [lo colpisce] No! Voi avete assassinato Lucy!... [Mina piange] Io vi amo. E che Dio mi perdoni per questo!
Voglio essere come voi siete. Vedere come voi vedete, amare come voi amate.
Dracula: Mina, per venire con me dovete... dipartire dalla vostra vita umana e rinascere con me.
Mina: Voi siete il mio amore, e la mia vita per sempre.
Dracula: Allora io vi do la vita eterna, l'amore eterno. Il potere delle tempeste e degli animali della Terra. Venite con me per essere la mia amata sposa, per sempre.
Mina: Verrò, sì, sì.
Dracula: [la morde e si incide il petto] Oh, Mina. Bevete e unitevi a me nella eterna vita. [Mina beve il sangue] No! Non posso permettere che accada.
Mina: Vi prego, non importa. Fatemi vostra.
Dracula: Mina, sarete maledetta come me che devo camminare nell'ombra della Morte per l'eternità, io vi amo troppo per condannarvi.
Mina: Allora portatemi via da tutta questa morte!
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valdis-d · 1 year
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La mia nuova casa per un Campari
8 Aprile 2023
Stavo rileggendo l'ultimo post del 2022, ormai più di tre mesi fa, in cui mi dicevo che un buon proposito per l'anno nuovo sarebbe stato quello di cercare di avere meno paura, di apprezzare di più le amicizie. Ad oggi, 8 Aprile, sto ancora cercando di seguire quel buon proposito, ma devo dire Che nulla di molto è cambiato. Ho ancora paura, ancora faccio fatica ad accettare le amicizie. Soprattutto, ancora mi sento solo. I weekend in particolare sono diventati un 'ossessione, esattamente come il capodanno, che mi deprime paurosamente se non riesco a fare niente. Sono proprio le serate da solo che sono pericolose, pericolose per la mia psiche e da qualche tempo a questa parte, per la mia pelle. Si, perché quando sono veramente, veramente giù, incido sul corpo questa solitudine.
Ho anche una novità gioiosa: ho una casetta tutta per me, e il titolo lascia molti indizi ad un lettore attento. Gioiosa, perché indubbiamente migliora il rapporto coi miei, limitando quella vicinanza che genera belligeranza. Però, al contrario, rischia di isolarmi ancora di più. Penso che tuttavia sia un passo necessario, un grande passo, per la crescita personale di qualcuno, soprattutto con la mia età.
E tuttavia, questi propositi sono sempre ricorrenti. Con la psicologa siamo arrivati al ragionamento che io posso effettivamente piacere a qualcuno, e sarebbe carino che il mio cervello lo dicesse al mio subconscio, facendomi effettivamente valutare la possibilità di piacere ad una ragazza. Ma è già successo, mi è capitato, ma in quei casi sono io che sono scappato a gambe levate! Ma loro non mi piacevano, che dovevo fare?
Eppure, io ho sempre questo problema. Temo di espormi, temo di espormi con chi mi piace provandoci, perché temo il loro rifiuto. Temo anche il giudizio di terzi, di mostrarmi provandoci con qualcuno. C'era una ragazza di Roma, conosciuta quando sono andato a trovare mia sorella, che era carina e pure single! Perfetta in altre parole. Eppure, non le.ho scritto, perché ho temuto il giudizio di mia sorella che mi avrebbe visto provarci. Ma è già successo con Claire, che cosa mi ferma? Il mio subconscio è spaventato, temo il rifiuto, e non concepisco la possibilità di poter piacere a qualcuno. Eppure può succedere, è successo, dovrei cercare di convincermi. Purtroppo il mio problema di solitudine è sempre quello. Quante paranoie che mi faccio.
Unica nota finale, rileggendo i post dopo questi ormai due anni e mezzo di testi, devo dire che è strano vedere come.i temi siano evoluti. Sarò davvero cambiato come dice la psicologa, migliorando e maturando me stesso un pochino?.
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Ci fu un tempo... il tempo della memoria, della profezia e degli angeli.
Ci fu un tempo,
tempo dell’invenzione e dell’errore,
in cui la solitudine era uno splendido e spaventoso
esilio, in cui cospirare contro la lezione che non
si voleva apprendere e spiare il mistero che si voleva
estorcere.
Era una grotta umida che imbrigliava la luce tra le felci,
era l’angolo dei castighi dove le lacrime nascoste
levavano, finalmente, la loro sovranità,
era l’incubo che soffiava imprigionato in un’alcova
sconosciuta,
o un cuore ripiegato nel suo nascondiglio che tramava
appuntamenti e vendette, ribellioni e segreti proibiti.
Era il tempo dell’infanzia e la solitudine accendeva il suo
bengala dietro lo scudo impenetrabile del silenzio.
E il punto ombroso dove riparava era solo
l’incantato rifugio al suo splendore irriducibile e glorioso.
II
Ci fu un tempo in cui l’amore era
un intruso temuto e atteso.
Uno sfiorare clandestino, premeditato, rielaborato
in insopportabili veglie.
Una confessione audace e confusa, corretta mille
volte, che mai sarebbe giunta al dovuto compimento.
Un’incessante e tirannica inquietudine.
Un galoppare repentino del cuore, ingovernabile.
Un continuo lottare contro la spietata precisione
degli specchi.
Un’intima difficoltà nel distinguere l’angoscia dal
piacere.
Era un tempo adolescente e indefinito, il tempo
dell’amore senza nome, quasi senza volto, che errava,
come un bacio promesso, lungo il punto più ombroso della
scala.
III
Ci fu un tempo
in cui il tempo non era fluire:
era una treccia di sabbia che si pettinava ininterrottamente.
I suoi tre capi si intrecciavano, si fondevano tra loro ben distinti
e inseparabili.
Niente si posponeva. Niente si anteponeva:
era un tempo predestinato da un singolare decreto, un’elica
che, girando, si annullava in una ruota invisibile
dentro il suo stesso bagliore.
Non era un’età né una condizione, era il tempo senza tempo
della felicità perfetta. Dell’accordo. Dell’immobile e sconfinata
durata dell’estasi.
Era il punto unico e misterioso in cui convergeva il tempo
della memoria, della profezia e degli angeli.
Ana Rossetti
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gomitoli · 1 year
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Ho avuto così tanta paura di vivere, e così a lungo, da non ricordare più l’ultima volta in cui ho sentito l’anima riempire il mio corpo. L’ultima volta in cui ho visto il mondo per quello che era e non per come minacciava di finirmi addosso, vedere le cose brillare nella gioia e nel dolore, no, non ricordo. Dev’esser stato molto tempo fa, un’altra stagione, un’altra storia. Così lontane dai giorni in cui desideravo di essere un altro al risveglio, un altro il corpo, un altro il nome. E le mattine così tremende nell’essere uguali alle notti. Sì, ho temuto il vivere più di tutto, i fallimenti, come le vittorie, le stasi come le maree.
Ora ti vedo e non temo più la vita. Non temo la noia, non temo la morte, non temo l’attesa. Non temo questo esercito rumoroso di altri, né il silenzio dei volti di pietra, non mi incupiscono gli addii, non mi esaltano le notizie. Ci sono voluti anni, e tanto silenzio. Non lo chiamo più coraggio, né risveglio. Non si risorge in una stessa vita, non ci si racconta per altro da quel che si è, non si fa la guerra al proprio dolore, semplicemente si continua ostinati a esserci, spesso senza nemmeno un perché, solo una vaga promessa, un’esile preghiera nel fondo.
È un sentirti più simile alla tenerezza adesso. Proprio come dicono certe canzoni, o come promettono certi poeti. Una voglia di arrivare insieme alla fine di questa giornata.
Ho avuto così tanta paura di vivere, dolcezza, e ora ti vedo sorgere dal niente e dal buio.
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occhidibimbo · 1 year
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Orsetto il terribile: cosa si nasconde dietro a un bambino maleducato e scontroso... Fortunatamente nel mio lavoro mi è capitato raramente di aver a che fare con bambini maleducati e scontrosi con gli altri. Leggendo "Orsetto il Terribile" edizioni il castoro, mi sono soffermata a riflettere su questo tema, ovvero cosa si nasconde dietro al brutto comportamento di un bambino. Se ci soffermiamo alla prima impressione, la nostra reazione sarà sicuramente negativa nei confronti di questo bambino, che con un comportamento aggressivo ha infastidito un compagno. Solitamente dietro al comportamenti di questi bambini si celano malumori e delusioni. Certo non è sempre così, ma nella maggior parte dei casi questi bambini hanno avuto esperienze difficili, sono stati trascurati o non sono stati educati nel modo adeguato. Differenti tipi di bullismo I ricercatori distinguono tra bullismo diretto (provocazioni verbali e fisiche) e bullismo relazionale (la manipolazione delle relazioni/amicizie con i coetanei). Generalmente le vittime di bullismo sono bambini sensibili e intelligenti, che hanno un buon rapporto con i genitori; non reagiscono quando sono fatti oggetti di bullismo o piangono diventando ancora di più bersaglio dei bulli. Come accennavo prima, molti dei bambini che attuano comportamenti di prepotenza hanno caratteristiche comuni. È probabile che abbiano subito qualche forma d'abuso, che abbiano difficoltà a scuola, che abbiano scarsa autostima o che provengano da famiglie in cui sono già presenti comportamenti di prepotenza. Al contrario ci sono bulli che presentano caratteristiche diverse: sono bambini sicuri di sè, che controllano gli altri e vogliono imporre la propria volontà. Infine ci sono bambini che si comportano con prepotenza solo qualche volta, dopo un evento che li ha fatti stare male. L'amicizia, l'affetto e il bullismo Il bullismo è molto diffuso nei primi anni di scuola e i bambini possono ritrovarsi ad essere o bulli o vittime. L'amicizia in parte può proteggere il bambino dagli effetti del bullismo, questo dipende però dalla qualità dell'amicizia. La storia di: "Orsetto il terribile" Attraverso questa breve storia il nostro bambino riuscirà a capire che fare il bullo e il maleducato non porta a niente e che per la maggior parte delle volte questi bambini hanno bisogno d'affetto. Orsetto il Terribile è un orsetto che gioisce nel vedere gli altri disperarsi di fronte alle sue marachelle. Orsetto è temuto da tutti e se la prende con ogni animale del bosco. Quando però cala la notte orsetto si sente subito solo e per caso va ad incappare in Signora orso; orsetto che sapeva comunicare solo attraverso la violenza credette che anche Signora orso volesse prendersela con lui, ma l'orsa conosceva bene la reputazione di orsetto, così decise di mostrargli cosa si prova a sentirsi amati. "Signora orso allora gli dà un bacetto sul muso. SMACK! Orsetto il Terribile non l'aveva mai provato. È dolce, caldo e fa venire i brividi. La testa gira un pò e il suo cuoricino batte più veloce..." Il bacio di Signora orso trasformò orsetto che da quel momento riuscì ad apprezzare le cose belle della vita e non diede più fastidio a nessuno. Potrebbe interessarti anche Corso di pipì per principianti – Un libro di Mo Willems e Libertà?! “Il signor tigre si scatena” Peter Brown
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