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#viva venezia
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venezia
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Buongiorno e buon 25 Aprile ...A Venezia ogni 25 Aprile si festeggia il Giorno di S.Marco.E poi c'è una bellissima leggenda riguardante l amore, quindi in questa occasione tutti gli uomini che amano sia moglie, fidanzata, madre ,o figlia regalano un bocciolo di rosa con il gambo lungo, più lungo è ,più significa che la persona è molto amata... Quindi viva l 'amore,viva Venezia e VIVA SAN MARCO... Auguri a tutti i Marco.☺️😘🌹🌹🌹
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aitan · 2 months
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CHARLES MINGUS E ORSON WELLES
CAPODANNO AL FIVE SPOT
Capodanno 1959, seduto in prima fila, proprio sotto il contrabbasso di Mingus c’era Orson Welles, quasi un alter ego del jazzista, per genialità, esuberanza, fierezza, complessità. E anche per le tante disavventure artistiche. Per Mingus era un idolo, lo seguiva dai tempi radiofonici di The war of worlds, adorava Quarto potere (dove in una scena c'era il suo amico d'infanzia Buddy Collette che suonava il sax in una festa sulla spiaggia), ammirava il suo modo di vestire, il suo impegno politico (sempre in prima linea per la difesa dei diritti civili, il suo Macbeth tutto nero è del 1936), la sua voce (“mi ricorda Coleman Hawkins. Potevi sentirla a un miglio di distanza”). E non era il solo jazzista a essere stato sedotto dalla voce radiofonica di Orson Welles, anche Miles Davis lo citava come un’influenza sul suo modo di suonare: “Fraseggio, tono, intonazione: tutte queste cose possono avere come modello un maestro della parola”.
Il 1959 sarà un anno d’oro del jazz per quantità, qualità, creatività. Al Five spot, piccolo, fumoso, maleodorante locale di Bowery, scelto come luogo di riferimento da artisti e intellettuali, l'anno comincia con un formidabile double bill: sono di scena, uno dopo l’altro, Sonny Rollins, alla testa di un trio con il bassista Henry Grimes e con il batterista Pete La Rocca, e Charles Mingus con il pianista Horace Parlan, il batterista Roy Haynes (che sostituisce il fedelissimo Dannie Richmond arrestato) e i sassofonisti Booker Ervin e John Handy. È la prima sera dell’anno, ma nel club di Bowery dei fratelli Joe e Iggy Termini è anche l’ultimo impegno di quel prestigioso, favoloso cartellone con Mingus molto irrequieto per tutta la scrittura. Aveva appena registrato la musica per il film di John Cassavetes Shadows, una colonna sonora bocciata nel rimontaggio finale (la stessa cosa sarebbe successa anni dopo con Todo modo di Petri), aveva ripreso i suoi musicisti brutalmente e una volta aveva minacciato violentemente i clienti di un tavolo che, durante il suo set, non smettevano di parlare. Oltretutto ogni sera tendeva ad allargare il suo set e Sonny si inferociva, talvolta rifiutandosi di suonare. Ma era un gran clima, entusiasmante e effervescente. Rollins era in un momento di transizione, alla vigilia di un ritiro clamoroso per rinnovare il linguaggio del suo sax tenore con il leggendario e solitario corso di aggiornamento stilistico sul ponte di Williamsburg: «In un posto tranquillissimo, un angolo morto che oggi sarebbe impossibile ritrovare con il traffico che c’è» il suo racconto, dove poteva esercitarsi liberamente.
Anche Welles, come Mingus, era reduce da una delusione cinematografica: la Universal gli aveva tolto di mano la post-produzione del nuovo film, L’infernale Quinlan, ne aveva tagliato una ventina di minuti e aveva fatto girare nuove scene, modificando il primo montaggio. Più o meno nello stesso periodo era finito in soffitta un documentario intitolato Viva Italia (Portrait of Gina) perché Gina Lollobrigida aveva messo un veto, non gradendo il suo ritratto di giovane attrice ambiziosa e la Abc tv lo aveva bocciato ritenendolo cosi poco ortodosso da non poter essere trasmesso. Era un film di mezz’ora scarsa sull’Italia, paese che Orson ha frequentato per 20 anni (la terza moglie è stata l’attrice italiana, Paola Mori). Dopo un lungo oblio (Orson aveva perduto l'unica copia esistente all'Hotel Ritz di Parigi) è stato riscoperto nel 1986, proiettato al festival di Venezia ma poi di nuovo bandito su intervento della Lollobrigida.
La presenza del regista di Quarto potere al Five spot non era casuale
Nel club di Bowery si poteva incontrare chiunque, da Jack Kerouac che leggeva le sue poesie, alla mitica baronessa Pannonica de Koenigswater scesa dalla sua Rolls Royce, a William de Kooning che voleva respirare la libertà del jazz, a Leonard Bernstein che si divertiva a curiosare nella notte, allo scrittore Norman Mailer con la sua passione per quella musica. Ma la musica da sempre è stata una grande passione di Welles. La mamma pianista gli aveva fatto prendere lezioni di piano e violino e Orson aveva anche mostrato un certo talento, tanto da essere considerato un ragazzo prodigio. In gioventù era stato un grande sostenitore del jazz di New Orleans, ma sicuramente ammirava Charles Mingus per la sua musica e la sua personalità, il suo impegno, il suo agire tellurico.
(Marco Molendini)
Non potevo non condividerlo.
Due miei ingombranti miti nella stessa foto, nello stesso locale, nello stesso articolo.
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solosepensi · 11 months
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Cara ragazza,
mentre ti scrivo ho di nuovo 19 anni, sono seduto sulle scale della cucina a far asciugare i capelli al sole, poi passerò a prenderti con l’Ypsilon 10 di mio padre. È la fine dell’estate della maturità, ho la patente da un mese, tu sei l’amore che voglio. A novembre andrò a studiare a Venezia e mi lascerai. Ti chiamerò ogni sera nell’autunno più piovoso della storia, dalla cabina telefonica di Rialto, tua sorella ogni volta mi dirà: «Non c’è, è fuori con Luca». Io riappenderò, poi urlerò, poi il mio amico Carlo mi dirà: «Andiamo a bere».
Ci rimetteremo insieme dopo 4 mesi interminabili, il giorno in cui scoprirò che Luca non esiste, ma è solo il nome che dai alla tua paura. La maniera che hai per dirmi: «Fammi vedere quanto ci tieni. Torna a prendermi». Quando lo farò, saremo due pesci che finalmente riguadagnano l’acqua. Sarà un anno di mani che si sfiorano, baci con le labbra screpolate, film al cinema di cui non ricordo niente, poi l’estate di nuovo addosso.
Ci lasceremo in inverno, per mia scelta e per la convinzione che mi spetti, stavolta, il tuo dolore per il mio abbandono. La realtà è che sentire di averti già trovata è una consapevolezza che a 21 anni mi sconvolge. È più gestibile la presunzione di poterti tornare a prendere, di nuovo, un giorno.
Quel giorno non ci sarà. Ci sarà invece chi dopo l’incidente mi dirà: «Se fosse rimasta con te magari sarebbe ancora viva». Ci saranno il senso di colpa che mi accompagnerà a lungo come un secondo battito, l’inutilità delle lacrime, la prima scoperta del “mai più”. Passerà del tempo e arriveranno altre ragazze, in ciascuna di loro avrò la sensazione di cercare qualcosa di te. Finirà ogni volta, perché non ti troverò mai. Né in loro, né da nessuna parte.
L’amore non passa nella vita una sola volta, per nostra fortuna. Quel che non torna è la prima opportunità di avere coraggio, l’occasione decisiva di restare, quella di dirsi per la prima volta: due. Può accadere che arrivi troppo presto, oppure troppo tardi, ma se la riconosci devi decidere subito cosa farne, perché la vita non aspetta i tuoi ritorni.
Oggi sono passati più di vent’anni, ho una compagna che amo, tre figlie che sono la luce dei miei giorni, per vivere racconto storie. Ogni volta che mi capita di scrivere dell’amore sono per un attimo di nuovo là, sotto quella pioggia, dentro a quella cabina del telefono. Immagino di poterti chiamare dall’adesso, solo per ringraziarti. Per dirti che quando mi è passata davanti la mia seconda occasione di restare me ne sono accorto subito, perché per la prima volta non ti stavo più cercando. Ma soprattutto perché, di nuovo, ho avuto la tentazione di andare via, a causa della mia paura alla quale un giorno ho dato un nome di ragazza.
Sono rimasto anche pensando a ciò che la mia stupidità ci ha fatto perdere per sempre. Sono rimasto sentendo che l’amore che resta può fondarsi anche su quello che non torna, ma solo se permetti all’amore che non torna di essere la strada che ti porta verso l’amore che resta.
(Matteo Bussola)
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fashionbooksmilano · 3 months
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Umberto Bellotto 1882-1940 Ricami in ferro e vetro
Foto Gianni Mari e Medit.Fotografica
Progetto grafico Adriano Tommasi
Abi2ue, Sesto San Giovanni 1992, 63 pagine, 20,2x39cm,
euro 38,00
email if you want to buy [email protected]
Il catalogo, prima pubblicazione dedicata ad Umberto Bellotto, è stato realizzato in occasione della mostra organizzata da Daniela Balzaretti nella prima sede di Milano della Galleria, in Via Solferino 19, nell’aprile 1992.
Umberto Bellotto (Venezia 1882 – 1940) ‘Figlio d’arte, il padre era un fabbro veneziano, trascorre la giovinezza alternando periodi di apprendistato presso varie botteghe artigiane. Dimostrando una viva attitudine artistica, apre molto presto un’officina propria, dove esegue opere, per lo più in ferro battuto, caratterizzate da forme ardite, che si discostano nettamente dal gusto corrente. Attratto anche da altri materiali, quali il vetro e la ceramica, nel 1914, assieme a Cesare Laurenti, ottiene il brevetto per il ‘connubio di ferro e vetro’, con il quale realizza sia oggetti decorativi che applicazioni su particolari architettonici. Ottiene la consacrazione ufficiale delle sue qualità artistiche alla Biennale del 1914, dove gli viene dedicata una sala intera, nella quale espone, oltre ai lavori in ferro, altre opere su suo disegno…‘
26/01/24
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barrenwomb · 2 months
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ah comunque adoro firenze. molto viva e vissuta. venezia decisamente meno anche se l'adoro ugualmente. solo che è un'isola ed è tipo all'interno di una bolla e anche le persone che ci vivono sono un po' all'interno di una bolla. io abito in terraferma ma non cambia molto. firenze è tipo città città. quindi mi è sembrata familiare anche se non c'ero mai stata. un sacco bella
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princessofmistake · 1 month
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Mio caro tesoro, ti scrivo di nuovo, perché sono solo e perché mi secca tenere continui dialoghi mentali con te, senza che tu ne sappia nulla o tu mi possa rispondere [...] Io ti ho viva davanti a me e ti porto in palmo di mano, e ti bacio dalla testa ai piedi, e cado in ginocchio davanti a te, e sospiro: «Madame, io vi amo». E davvero io ti amo, più di quanto abbia amato il Moro di Venezia. Il mondo falso e corrotto coglie tutti i caratteri in modo falso e corrotto. Chi dei miei numerosi calunniatori e nemici dalla lingua biforcuta mi ha mai rimproverato di essere chiamato a recitare la parte di primo amoroso in un teatro di seconda classe? Eppure è così. Se quei furfanti avessero avuto dello spirito, avrebbero dipinto da una parte «i rapporti di produzione e di commercio» e dall'altra me ai tuoi piedi. "Look to this picture and to that" ["Guardate questo ritratto e quello"] — vi avrebbero scritto sotto. Ma furfanti stupidi sono costoro e rimarranno stupidi in saecula saeculorum. Una assenza momentanea fa bene, perché quando si è presenti le cose sembrano troppo eguali per distinguerle. Persino le torri da vicino hanno proporzioni nanesche, mentre le cose piccole e quotidiane, considerate da vicino, crescono troppo. Così è per le passioni. Piccole abitudini le quali con la vicinanza che esse impongono assumono forma appassionata, scompaiono non appena il loro oggetto immediato è sottratto alla vista. Grandi passioni che per la vicinanza del loro oggetto assumono la forma di piccole abitudini, crescono e raggiungono di nuovo la loro proporzione naturale per l'effetto magico della lontananza. Così è con il mio amore. Basta che tu mi sia allontanata solo dal sogno e io so immediatamente che il tempo è servito al mio amore per ciò a cui servono il sole e la pioggia alle piante, per la crescita. Il mio amore, appena sei lontana, appare per quello che è, un gigante in cui si concentra tutta l'energia del mio spirito e tutto il carattere del mio cuore. Io mi sento di nuovo un uomo, perché provo una grande passione, e la molteplicità in cui lo studio e la cultura moderna ci impigliano, e lo scetticismo con cui necessariamente siamo portati a criticare tutte le impressioni soggettive e oggettive, sono fatti apposta per renderci tutti piccoli e deboli e lamentosi e irrisoluti. Ma l'amore non per l'uomo di Feuerbach, non per il metabolismo di Moleschott, non per il proletariato, bensì l'amore per l'amata, per te, fa dell'uomo nuovamente un uomo. Mia cara, tu sorriderai e ti chiederai come mai tutto a un tratto divento così retorico? Ma se potessi stringere il tuo cuore al mio cuore, tacerei e non direi parola. Poiché non posso baciare con le labbra, sono costretto a farlo con il linguaggio e le parole... In realtà molte donne sono a questo mondo, e alcune di esse sono belle. Ma dove ritrovo un volto nel quale ogni tratto, anzi ogni piega risveglia i ricordi più grandi e più dolci della mia vita? Nel tuo viso soave io leggo persino le mie sofferenze infinite, le mie perdite irreparabili, e quando bacio il tuo dolce viso riesco ad allontanare con i baci la sofferenza. «Sepolto nelle sue braccia, risvegliato dai suoi baci» — cioè nelle tue braccia e dai tuoi baci e io regalo ai bramini e a Pitagora la loro teoria della rinascita e al cristianesimo la sua teoria della risurrezione [...] Addio tesoro mio. Ti bacio migliaia di volte insieme alle bambine. Tuo Karl
Lettera d’amore di Karl Marx alla moglie Jenny Manchester, 21 giugno 1856
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cywo-61 · 10 months
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Quando i veneziani camminano sull'acqua.
Questo fine settimana a Venezia c'è la festa più bella di tutto l'anno. La festa del Redentore. Fu creata dopo la grande peste del 1575 e in ringraziamento a nostro Signore di averla superata fu costruita la chiesa del Redentore. Dalla mia adorata Giudecca viene costruito ogni anno il ponte votivo fino alle Zattere, l'isola di fronte. Tutti i veneziani lo attraversano in segno di ringraziamento. E la sera lungo le fondamenta del canal vengono allestiti tavoli dove si cena o per chi possiede una barca ci si riunisce lì in attesa dei fuochi d'artificio. Ovviamente ognuno prepara le specialità tipo sarde in saor e altre prelibatezze, buon vino e allegria. E quando posto qualsiasi foto del Redentore non è per la chiesa, che è molto bella, ma perché c'è sempre ritratta la mia casa. Ricordi e tanto amore. Giudecca mon amour. ❤️
Viva, viva el Redentor... dedicata al mio Signore.
cywo
#foto Greg Vance
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mindyyuan · 1 year
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Ovary, Uterus & Vagina 🇮🇹🪸🇪🇸 #venezia #venice #italy #italia #arsenale #biennale #symbolism #masonite #uterus #embroidery #artblogger #travelblogger #mindyyuan #象徵主義 #母體子宮 Naturaleza Viva by Maruja Mallo, 1943 Oil on Masonite. (at Arsenale Biennale Di Venezia) https://www.instagram.com/p/CmPk8_jtIJ6/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Romanzi, racconti e storie da vedere sullo schermo
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Riprende la rubrica di consigli di lettura (e non solo): una piccola selezione da opere recenti o appena ristampate, insieme a uno sguardo sul passato.
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Tra i numerosi gialli pubblicati (è proprio un periodo fortunato per questo colore), vogliamo ricordarne alcuni.
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Dopo Flora, Alessandro Robecchi è da poco uscito con l’ultima avventura della banda Sistemi Integrati, capitanata dal seducente Carlo Monterossi (magnificamente interpretato da Fabrizio Bentivoglio nella serie televisiva): Una piccola questione di cuore. L’amore a tutti i livelli, romantico o autodistruttivo, è il vero protagonista di questa detective story: Si insinua tra i poliziotti incaricati delle indagini, coinvolge grandi boss della mala, normalmente privi di sentimenti umani, giovani intellettuali della Milano bene, irresistibili femmes fatales. Robecchi è sempre maestro nel gestire la tensione e nel mantenere viva l’attenzione del lettore fino all’ultima riga. 
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Accattivante fin dal titolo, Sono felice, dove ho sbagliato?, l’ultima attesissima fatica di Diego De Silva ci propone di nuovo l’ironico avvocato ‘d’insuccesso’ Vincenzo Malinconico, ormai alla sesta causa persa, almeno letterariamente parlando. La novità assoluta è che da questi thriller forensi la Rai ha tratto una fiction in cui il protagonista è interpretato da Massimiliano Gallo, che abbiamo avuto il piacere di ammirare come marito di Imma Tataranni nella serie omonima creata da Mariolina Venezia. In questo caso Malinconico difende gli indifendibili diritti di un gruppo, coalizzato in una class action, di Impantanati che pretendono di intentare causa in nome del loro amore perduto. Se questo fosse possibile, non basterebbero tutti i tribunali del mondo per ospitare i processi di chi si sente defraudato in campo sentimentale, eppure il Nostro, tenendo fede al suo profilo di soggetto atipico e difficile da inquadrare, si sobbarca l’immane impresa. “Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa”. 
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Anche per la tassista-detective Debora Camilli, che alla sua quarta avventura si è ormai guadagnata l’affetto di molti lettori, è in preparazione una fiction televisiva. Uscita dalla penna esperta di Nora Venturini, regista teatrale, sceneggiatrice e scrittrice (nonché moglie del fascinoso Giulio Scarpati), la giovane, intraprendente protagonista, che non ha potuto realizzare il sogno di entrare in polizia, ma conserva lo spirito del piedipiatti, pare destinata a trovarsi coinvolta in misteriosi omicidi: un po’ come la profezia che si auto-adempie… Dopo L’ora di punta, Lupo mangia cane e Buio in sala, è appena uscito Paesaggio con ombre, dove lo sfondo è quello incantatore del Lungotevere Flaminio, dalle cui acque è stato ripescato un cadavere privo di documenti. Anche in questa puntata la strana coppia composta da Camilla e dall’anti-divo commissario capo Edoardo Raggio porterà felicemente a termine il caso. 
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Passando alla narrativa, La grande Zelda (2022) di Pier Luigi Razzano non è una biografia, ma un romanzo, in cui la protagonista racconta in prima persona la sua storia: un ritratto che ci svela la sua complessa personalità, la creatività messa in ombra dal successo del celebre marito, le passioni trascurate (il ballo, la scrittura, la pittura). Delle opere (lettere, racconti composti a quattro mani insieme al marito e il romanzo Lasciami l’ultimo valzer) potete trovare ampia scelta nel nostro catalogo. Ricordiamo anche che la “piccola compagnia della magnolia” presenterà, per il 28-29-30 ottobre, uno spettacolo sulla straordinaria figura di Zelda Fitzgerald (Teatro Linguaggicreativi). 
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Per par condicio, avendo parlato di Zelda, non possiamo trascurare il suo augusto consorte citando i Racconti dell’età del jazz, ambientati nei Roaring Twenties, i Ruggenti Anni Venti che, secondo Fernanda Pivano, furono “il decennio di tutte le proteste e di tutte le rivolte, delle utopie più ottimistiche e delle delusioni più spietate”. Di queste undici short stories, che potrebbero essere usate come modello per gli studenti dei corsi di scrittura, ricordiamo Il curioso caso di Benjamin Button, da cui è stato tratto un film; Il diamante grosso come il Ritz, racconto grottesco e simbolico di denuncia sociale; il suggestivo e notturno Tarquinio di Cheapside, da cui stralciamo questo paragrafo:
Non era roba per la ronda: quella notte Satana era in libertà, e a Satana somigliava l’uomo che si intravedeva per primo davanti, calcagno sul cancello, ginocchio sopra la recinzione. Era anche evidente che il nemico si aggirava vicino a casa, o almeno in quella zona di Londra consacrata ai suoi desideri più volgari, perché la via si restringeva come una strada in un quadro e le case si serravano sempre di più le une sulle altre, chiudendosi in un’imboscata naturale adatta al delitto e alla sua teatrale sorella, la morte violenta.
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Piccoli capolavori sono gli inediti pubblicati nel 2017 in Per te morirei: diciotto racconti, presentati ognuno da un breve cappello che ne ripercorre le vicissitudini editoriali. Contengono tutta l’America di Fitzgerald: la guerra civile, l’amata New York, il mondo del cinema e quello dell’editoria (su questo argomento il racconto d’apertura Il «pagherò» è davvero esilarante), l’ambiente dei ricchi qual era – e non è più stato – negli anni Venti e quello dei poveri della Grande Depressione. Il tutto in uno stile unico, incisivo, scattante, con calibratissime, sorprendenti, ironiche metafore. Pura maestria letteraria. 
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Vogliamo ricordare brevemente Gianni Celati, che ci ha lasciato all’inizio di quest’anno: grande scrittore, critico, traduttore (da segnalare la sua versione dell’Ulisse di Joyce, del 2013), professore di Letteratura anglo-americana (tra i suoi allievi Pier Vittorio Tondelli), nonché appassionato viaggiatore (durante il suo lungo soggiorno in Tunisia imparò la lingua araba). Il testo che consigliamo è quello dei Meridiani di Mondadori, Romanzi, cronache e racconti, che offre un ampio spettro dei suoi lavori e una vasta possibilità di scelta. I lettori lombardi (Celati era nato a Sondrio) riconosceranno nel suo stile lento e pacato, nelle descrizioni di paesaggi, nei diari di viaggio il familiare aspetto della pianura padana, come nella raccolta Narratori delle pianure, che spesso riporta storie tramandate oralmente, ammantate di uno stralunato stile fiabesco: si va dalla vicenda del radioamatore di Gallarate che si reca in una sperduta isola della Scozia (L’isola in mezzo all’Atlantico), alla ragazza giapponese del racconto omonimo che non può vivere senza consultare ogni settimana il suo signist o consigliere zodiacale, al barbiere con problemi esistenziali (Vivenza d’un barbiere dopo la morte). Scrittore che sa accontentare tutti i gusti, un vero “classico contemporaneo” secondo la definizione di Marco Belpoliti.
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Facendo un passo indietro nel tempo, un best seller ingiustamente dimenticato è Il verdetto, di Barry Reed (1980), da cui Sidney Lumet ha tratto nel 1982 un favoloso film con Paul Newman, Charlotte Rampling e James Mason. Si tratta di un legal drama (l’autore era egli stesso avvocato), che ricorda altre storie del genere (come quelle raccontate nei film La giuria, Erin Brockovich, Rain man), che descrivono la resistenza folle e disperata di piccoli onesti individui in lotta contro enti potenti (grandi compagnie di assicurazione, grandi studi legali, grandi aziende), armati soltanto della più ostinata cocciutaggine e della forza derivata da un profondo senso di giustizia. Una raccomandazione: fate attenzione, se lo leggete sui mezzi, perché ne sarete così coinvolti da rischiare di mancare la vostra fermata! 
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Agli amanti del pantagruelico investigatore Nero Wolfe proponiamo, nel caso in cui a qualche fortunato fosse sfuggito, Champagne per uno, un giallo spumeggiante per alleggerire lo spirito dei nostri affezionati lettori in questi tempi agitati. Se una donna dalla psiche palesemente fragile, che viaggia con una fiala di cianuro nella borsetta e proclama a gran voce di essere stanca di vivere, muore all’improvviso dopo aver bevuto una coppa di champagne, nessuno si sogna neppure lontanamente di sospettare un omicidio. Nessuno tranne il sagace Archie Goodwin e il suo ‘planisferico’ datore di lavoro. Una lettura d’evasione, ma di eccellente fattura.
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Ancora per gli amanti del giallo classico, è appena stata pubblicata una corposa edizione dei racconti e dei radiodrammi di Ellery Queen a cura di Carlo Lucarelli. Il volume non ha pretesa di esaustività, obiettivo quasi impossibile data la vastità della produzione del dinamico duo di cugini, ma nutre l’ambizione di aver raggiunto il massimo livello di ampiezza possibile (c’è anche un racconto che non era mai stato pubblicato in Italia). Gli unici gialli che si rivolgono direttamente al lettore, per sfidarlo a svelare il mistero, dopo che gli sono stati forniti tutti gli elementi chiave per poterlo dipanare: così faceva anche il mitico Jim Hutton (padre del talentuoso Timothy, che ha interpretato anche Archie Goodwin, forse in competizione con il padre) nella favolosa serie degli anni Settanta.
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schizografia · 11 months
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A Venezia ho visto che gli uomini sono mummie, mentre la città è uno spettro. Piú viva, dunque, di loro – specialmente di notte.
Giorgio Agamben, Quel che ho visto, udito, appreso
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ross-nekochan · 1 year
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Oggi sono andata a trovare i nonni. Gli ultimi due che mi sono rimasti. Se mi ricordo di qualche anno fa, li amavo, tantissimo. Avevo litigato pesantissimo con mia madre e il mio unico porto sicuro erano loro due, con cui mangiavo perché è grazie e a causa di loro due che per me il cibo e la cucina sono gli unici modi con cui so esprimere amore. Voglio molto bene ancora a tutti e due, ma sentendo l'altra campana della lite, mi sono effettivamente resa conto di quanti torti in fondo ci abbiano fatto. Mia nonna mi fa più pena di tutti: ha una malattia psichiatrica ma che non è curata adeguatamente e non si può fare niente perché a 80 anni cambiare medico e terapia spaventa tutti. Fisicamente messa sempre peggio e non si fa che mettere toppe a ogni problema fisico che ogni volta si presenta. Viene trascurata, da tutti, me compresa. Mi sento molto impotente in questo senso. Quando ero a Venezia pensavo di farle da badante, poi ovviamente tra una cosa e l'altra, figurati. Anche perché c'è stato un periodo in cui mi chiamava spesso ed era per lamentarsi di mia madre oppure parlare a vuoto dei torti del passato o di qualsiasi cosa del passato. Se parla dei suoi genitori si mette a piangere e mi fa un male cane tutte le volte, anche se è per lo più una mistificazione di ricordi di una vecchia sé stessa. Così ho finito con cercare di allontanarmi e quel pensiero non mi è venuto più. Nonno è petulante e assillante, cosa che lei non meriterebbe. Ma così è quindi nessuno fa niente. Li ho amati al punto da pensare che una volta morti, sarei morta anche io, sul serio. Non lo penso più. Anzi penso che quando moriranno, non riuscirò a piangere, come mio solito. Quando mai ho pianto ai funerali, io. A volte veramente mi chiedo che rapporto strano io abbia con le lacrime. Mia madre non lo so se sta bene perché vive e ci fa vivere in un porcile. Roba che sepolti in casa di Real Time spostati, roba che se chiamo i Carabinieri forse davvero danno ragione a me. Ma l'orgoglio le logora l'anima e io non posso permettermi di prendere il suo titolo di casalinga e buttare cose. Ci ho provato e ho pianto per la disperazione perché non capivo la sua rabbia nei miei confronti. Mio padre già si sta mettendo a trovarmi un lavoro senza che nessuno glielo abbia chiesto da prima che mi laureassi, giusto quella volta al mese in cui si ricorda che sono viva perché deve farmi il bonifico. Lavoro in nero, lavoro per crearmi un giro come se mi interessasse farmi un giro da queste parti.
Che strana cosa, la famiglia. Un concetto ancestrale eppure così finto spesso da far rabbrividire. Al sud poi pare una cosa sacra e invece la verità è che più sei di famiglia più lo prendi nel culo. Chissà se anche il mio piccolo nucleo di famiglia di tre persone, che ora sembra un solido baluardo, finirà per sgretolarsi, un giorno, perché finiremo per non capirci più.
Chissà che fine farò io. Se mai me ne andrò oppure no. Che lavoro troverò. Quel ragazzo che ha trovato la mia tesi mi ha fatto tornare in mente quanto mi sia piaciuto scriverla e all'idea del phd. Parlandone con la mia amica mi sono resa conto del tempo che dovrei investire prima ancora di tentare, a partire dal tempo per prendere l'Ielts. Ultimamente stavo pure studiando, poi si sono messi i colloqui e arrivederci.
Mi sento molto vuota ultimamente. È probabilmente il miglior meccanismo di coping per andare avanti: annullare i sentimenti, lasciare scorrere il tempo, senza pensare, senza sentire. Arrancare.
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antowilly · 2 years
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Come mi manca Italia
Dalla mattina a mezzanotte
Come mi manca Italia
É un sentimento troppo forte
Non posso più resistere
Vorrei volare a Napoli
Mangiare pasta fresca sai
Come vorrei essere li
Spaghetti rigatoni tagliatelle fettuccine
Vermicelli pappardelle e gnocchi
Ravioli tortellini cappelletti panzerotti
Manicotti agnolotti e fiocchi
Maccheroni cappellini girandole orecchiette
campanelle bucatini e ruote
Un po di pomodoro e cacio
Chi può chiedere di più
La luce del tramonto in tutte le cupole di Roma
Le trattorie di Genova esalano il suo dolce aroma
Firenze brilla come il sol
Brescia merita una scoperta
Venezia Pisa e Ravena ti lascerano a bocca aperta
Spaghetti rigatoni tagliatelle fettuccine
Vermicelli pappardelle e gnocchi
Ravioli tortellini cappelletti panzerotti
Manicotti agnolotti e fiocchi
Maccheroni cappellini girandole orecchiette
campanelle bucatini e ruote
Un po di pomodoro e cacio
Chi può chiedere di più
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gcorvetti · 9 months
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Performance.
Ieri finalmente c'è stata la performance di Andres Roots prima e poi Ahmed Ag Kaedy dal Mali. Andres ha suonato come al solito i suoi brani di slide blues come al solito impeccabile con la sua vena ironica e la sua precisione, mentre Ahmed ha portato una nuova sonorità, non tanto a livello effettistico e quindi di sound, ma proprio di identità musicale di un posto lontano dal gusto di passato. Quello che ha suonato lui è una sorta di blues ancestrale, il Mali è uno dei paesi che ha subito deportazione da parte degli yankee per le piantagioni, chiamasi schiavit�� come sappiamo tutti, in uno dei docu film prodotti da Scorsese sul blues si va appunto in Mali a scoprire le origini di quei canti che qualche decennio dopo venivano intonati in inglese dai braccianti riportando a galla quella cultura africana così intensa e mai dimenticata tramandata oralmente nonostante la situazione avversa. Ieri lui ci ha regalato quello spicchio di tradizione che è ancora viva e che ha ancora molto da dire nonostante gli anni, peccato che era da solo e non con tutta la band, capisco che girare in 5 costa di più, va bè ci sta, mi sono congratulato con lui col mio francese super arrugginito e quando l'ha capito si è messo a parlare in inglese, che a quanto ho capito non sa benissimo, ma ci sta, è stato contento secondo me che qualcuno gli abbia fatto i complimenti nella lingua che parla. L'unica nota dolente, c'è sempre qualcosa che non va così è la vita, è che ho comprato i biglietti online al costo di 15€ + 1,20€ di commissione del sito, la mia compagna ha sentito che il biglietto costava 15€, cioè a saperlo lo prendevo al botteghino, alla fine agli organizzatori vanno comunque 15€, cosa cambiava dire venite prima per il biglietto, oppure dare un orario di apertura del posto in modo da fare botteghino nei giorni precedenti al concerto, sta gente non ha idea di come si organizza un evento, il posto poi si chiama club della cultura ma poca però :D.
Cosa diversa è accaduta invece in Puglia, che ci azzecca direte, ho letto sta notizia
Cioè sto qua si è infastidito perché a 10 minuti dalla fine, per ordinanza comunale, ha ben pensato di tirare una secchiata al duo sottostante, secondo me a molte persone non piace la musica, certo dipende cosa stavano suonando, ma a me è capitato di avere sotto casa a Venezia il concertino del chitarrista che cantava boiate fino all'una di notte quando è arrivato il vecchietto della casa di fronte e gli ha detto in venexiano di smettere che voleva dormire se no chiamava la polizia, fine dei giochi; potevo io tirare una secchiata al tizio quando fece Il tempo di morire di Battisti tutta sbagliata, per esempio, ma ricordo che quella sera mi vidi un film sul pc e mi addormentai sul divano. Ma il signore pugliese no, lui tira l'acqua.
A voi i video dei ragazzi, si fa per dire.
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moonyvali · 2 years
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Al “benpensante” a forza di pensarla come gli altri, diceva Luciano de Crescenzo, gli si è atrofizzato il cervello. E non aveva tutti i torti.
Oggi in nome del politicamente corretto le “grandi” menti della cultura censurano i classici del cinema e della letteratura. Infinite polemiche hanno suscitato gli Aristogatti della Disney, “perché i gatti siamesi sono rappresentati con tratti caricaturalmente orientali; stessa sorte è toccata a Peter Pan perché i membri della tribù di Giglio Tigrato vengono chiamati “pellirosse”. E a lungo si è discusso, con infinite, appassionate polemiche, del “bacio non consensuale di Biancaneve”.
Perfino il mercante di Venezia (per il contenuto antisemita) e Romeo e Giulietta, che parla di una violenta faida familiare che sarebbe “diseducativa per i giovani”, sono finiti nel mirino di questa penosa censura. La guerra, il cambiamento climatico all’orizzonte, un crescente, costante e sempre più diffuso malessere sociale, povera Italia avrebbe avrebbe detto Dante, eppure le priorità degli intellettuali sembrano essere altre: ci si accapiglia sull’utilizzo di una ə rovesciata dando vita a orrori linguistici e si vorrebbero riscrivere la nostra storia.
È questo il punto: la storia può essere riscritta? Qualcuno aveva già provato a farlo: nel romanzo 1984 la storia viene continuamente riscritta. A qual fine? Perché controllare il passato significa controllare il presente. In questi tempi, dominati dalla cancel culture, qualcuno però ha avuto finalmente il coraggio di opporsi: Riccardo Muti. Quando al teatro dell’Opera di Chicago hanno chiesto al maestro di eseguire Un ballo in maschera di Verdi senza la seguente frase: «L'immondo sangue dei neg##” il maestro si è rifiutato. Perché?
Perché cambiare il testo non cambia la Storia, mentre conoscerla nella sua crudeltà è importante per le nuove generazioni. Questa frase incriminata, che molti teatri hanno espunto proprio in nome del politicamente corretto, serve per caratterizzare la crudeltà, l’ignoranza del personaggio (un giudice) che la pronuncia. Riscrivere, modificare la storia significa sputare sulla tomba di tutti coloro che hanno sofferto e patito per via della crudeltà e della stupidità di certe convinzioni. È un insulto alla Memoria e la Memoria invece va tenuta viva. Non bisogna dimenticare, non possiamo permetterci di dimenticare.
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #media #italia #scuola
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Albero di Iesse, cappella degli Illustrissimi, Duomo di Napoli, 1315 c., Napoli, Campania, Italy (foto di Maurizio Goretti)
Lello da Orvieto pittore italiano (Orvieto, ... – ...; fl. 1315-1340) è stato un pittore e mosaicista italiano, attivo tra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV secolo.
A Napoli, nel solco di uno schietto cavallinismo, secondo la maggior parte della critica, Lello eseguì il dipinto murale con l'Albero di Jesse nel duomo (cappella degli Illustrissimi, già di S. Paolo), commissionato dall'arcivescovo Umberto d'Ormont tra il 1314 (conclusione dei lavori di ampliamento della chiesa) e il 1320 (data di morte del prelato).
biografia:
-sua formazione, avvenuta senza dubbio nell'orbita cavalliniana.
-lo stile di Lello da Orvieto è caratterizzato da un colore compatto, mai squillante, che conferisce alle figure l'impressione di viva plasticità
-a Napoli, dove è attestato intorno all'inizio del quinto decennio nell'affresco dinastico in S. Chiara - in cui si palesa chiaramente l'influsso giottesco - raffigurante il Redentore in trono 
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Lello è menzionato nel mosaico della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Napoli, raffigurante la Madonna in trono tra i santi Gennaro e Restituta datato 1322 (o 1313) e firmato Lellus de Urb(evetere).
Gli vengono attribuiti anche gli affreschi:
Albero di Iesse, nella cappella degli Illustrissimi nel Duomo di Napoli, 1315 c.
Redentore e santi, nella sala capitolare delle Clarisse nel complesso di Santa Chiara a Napoli, 1320-1340 c.
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Non si conoscono la data e il luogo di nascita di questo pittore e mosaicista, attivo tra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV secolo. La prova della sua esistenza e i suoi stessi dati anagrafici sono forniti solo dalla frammentaria sottoscrizione che corre lungo il margine inferiore del mosaico con S. Maria del Principioin trono tra i ss. Gennaro e Restituta in S. Restituta a Napoli, datato 1322, la cui decifrazione è stata ed è piuttosto controversa. All'ipotesi di Rolfs, che propendeva per un'improbabile origine veneta dell'artista, e alla ormai tradizionale interpretazione proposta da Bologna (1969, p. 129) il quale, leggendo "de Urbev" parte della firma, voleva Lello nativo di Orvieto, se ne affianca un'altra secondo la quale quello stesso brano potrebbe essere inteso più verosimilmente come "de Urbe", recuperando così l'origine romana di Lello., già avanzata da Morisani, e l'ambito della sua formazione, avvenuta senza dubbio nell'orbita cavalliniana. Intorno alla personalità dell'artista, ricostruita da Bologna (1969) e arricchita successivamente da altri contributi, è stato riunito, grazie ai soli confronti stilistici, un catalogo di opere, soggetto a continue variazioni attributive. Gli inizi della carriera artistica di Lello sono stati rintracciati ipoteticamente in un altarolo portatile del Museo Correr di Venezia (ibid.; critico, Boskovits, 1983) e proprio a Roma, ma ancora con dubbio, nella rovinata Dormitio Virginis di S. Saba; quest'opera mostra alcuni stilemi tipici dell'artista, ritrovabili in opere napoletane, nonostante il pessimo stato di conservazione suggerisca cautela nella valutazione (Romano, 1992, p. 113). Si è ipotizzato che Lello fosse nella città partenopea già dal 1314: ciò tuttavia sulla base dell'ipotesi di una sua origine orvietana e della generica documentazione attestante come Ramo di Paganello si procacciasse maestranze di mosaicisti a Orvieto per la corte angioina. A Napoli, nel solco di uno schietto cavallinismo, secondo la maggior parte della critica, Lello eseguì il dipinto murale con l'Albero di Jesse nel duomo (cappella degli Illustrissimi, già di S. Paolo), commissionato dall'arcivescovo Umberto d'Ormont tra il 1314 (conclusione dei lavori di ampliamento della chiesa) e il 1320 (data di morte del prelato). Nella Madonna già Centurione Scotto (oggi Bergamo, Galleria Lorenzelli), volta nella direzione di un recupero della cristianità dei primi tempi, si è individuata un'altra opera del pittore, identificata con la tavola della Vergine per l'altare della cappella di patronato dell'arcivescovo, in duomo (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Bologna, 1988). Diversi brani pittorici di S. Maria Donnaregina Vecchia (in controfacciata, lungo la navata, sull'arco absidale e nel coro), eseguiti entro il secondo decennio del XIV secolo, sono risultati accostabili ad alcune figure dell'Albero di Jesse: si è proposta così una strettissima somiglianza di mano, ma non l'identificazione con il "discusso" Lello (Paone); alla stessa maestranza, ove può riconoscersi perlomeno l'individualità di un maestro, sono stati attribuiti gli Apostoli seduti con lo strumento del martirio e il libro, dipinti nell'area superstite dell'antica basilica di S. Restituta (parete adiacente all'ingresso del battistero) e le miniature di alcuni manoscritti, quali quelli prodotti nello scriptorium dell'abbazia di Cava (Cava de' Tirreni, Biblioteca dell'abbazia, Mss., 25-26, del 1320 circa; Londra, British Museum, Add. Mss., 31032, collocabile tra il 1323 e il 1325: Paone). Nel catalogo dell'artista è stato inserito anche il Ritratto di Umberto d'Ormont (Napoli, arcivescovato), che portava la data 1320 (attribuito a Cavallini da Boskovits, 1983, p. 308, e da Tartuferi, pp. 44, 47). Un'autografia lelliana è stata inoltre ipotizzata nelle parti più antiche del mosaico del catino absidale di sinistra del duomo di Salerno, dove è rappresentata una Gloria di angeli (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 270 n. 6).
Secondo la ricostruzione critica del corpus delle opere, con l'avanzare del terzo decennio Lello dovette lasciare Napoli per recarsi in terra pontificia. Nel 1324 si trovava ad Anagni, dove, nella cripta del duomo, eseguiva il murale con S. Pietro d'Anagni fra due sante e l'anno successivo la tavola della Madonna del presbitero Raynaldo, raffigurato ai piedi della Vergine con il Bambino (oggi nel Museo della cattedrale). L'attribuzione al Lello dei due dipinti anagnini, accolta dalla maggior parte degli studiosi (Bologna, 1969; Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Musella Guida; Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 114, 169 s.; Tomei, 1996, p. 27), è stata da altri negata a favore di un'autografia cavalliniana (Boskovits, 1979; Id., 1983, p. 311; Tartuferi). A Roma Lello potrebbe aver eseguito, a partire dal 1325, i mosaici della facciata di S. Paolo fuori le Mura (Gandolfo, p. 335; Romano, 1992, p. 114; ma si vedano le obiezioni avanzate da Tomei, 2000, p. 142), ora molto restaurati, ricollocati sul retro dell'arco di Galla Placidia e sull'arco absidale della basilica. Probabilmente in quel torno di anni Lello poté realizzare le Storie di s. Benedetto in S. Agnese fuori le Mura (staccate e conservate, ridotte in pannelli, presso la Pinacoteca Vaticana), con l'aiuto di qualche collaboratore (Romano, 1989, p. 251; Strinati, 2000, p. 159). La sua attività romana è ancora individuabile nelle piccole tavole di schietto gusto angioino con S. Ludovico di Tolosa e S. Antonio Abate in S. Francesco a Ripa, nella cella del santo. Lo stile di Lello, caratterizzato da un colore compatto, mai squillante, che conferisce alle figure l'impressione di viva plasticità, è stato rintracciato inoltre nel mal conservato brano pittorico rappresentante la Crocifissione nella chiesa di S. Biagio a Tivoli (distaccato dalle pareti durante i restauri del 1887 e oggi collocato nel retrocoro: Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 174 s.). Sembra dunque che, a partire dal 1324 circa e per i successivi anni, Lello abbia lavorato in territorio laziale, per poi far ritorno a Napoli, dove è attestato intorno all'inizio del quinto decennio nell'affresco dinastico in S. Chiara - in cui si palesa chiaramente l'influsso giottesco - raffigurante il Redentore in trono affiancato da un lato dalla Vergine, ai cui piedi sono Roberto d'Angiò e il figlio Carlo duca di Calabria (Bologna, 1969), da s. Ludovico di Tolosa e da s. Chiara, e dall'altro da s. Giovanni Evangelista, ai cui piedi appaiono la regina Sancia e la principessa Giovanna, da s. Francesco e da s. Antonio. L'identificazione di Carlo duca di Calabria, morto nel 1328, è stata messa in discussione; e sembra più plausibile la proposta di riconoscere nel personaggio inginocchiato presso la Vergine Andrea d'Ungheria, sposo di Giovanna, la quale appare con la corona, che non compare sul capo del consorte, a ribadire la sua sovranità e a protezione dalle pretese del marito. Andrea e Giovanna si sposarono nel 1342, anno in cui potrebbe essere stato eseguito il dipinto (Abbate, p. 37). Non è noto quando Lello morì: il problematico catalogo delle sue opere, al momento basato - come si è detto - unicamente sui dati stilistici, non oltrepassa il quinto decennio del secolo.
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