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#citazione filosofo
princessofmistake · 5 months
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invece, ti ama solo chi ama la tua anima. E non è forse vero che colui che ama il tuo corpo, quando cessa il suo fiorire, se ne va?
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mostro-rotto · 10 months
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Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente... il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me. Immanuel Kant
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f-i-ngi · 2 years
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"Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l'unica causa di tutti i nostri mali."
~ Sofocle
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edward-elric-2 · 2 years
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Papillon: "Henri Charriere"
Gli essere che sono privi dell'ipocrisia delle persone civili, reagiscono naturalmente, al momento che percepiscono le cose. È nell'immediato che sono contenti o scontenti, allegri o tristi, interessati o indifferenti.
Notevole è la superiorità di indios puri come questi guajiros. Ci superano in tutto perché, se adottano qualcuno, tutto ciò che essi hanno e suo e, a loro volta, quando da questa persona ricevo la più piccola attenzione sono commossi profondamente, nel loro essere ipersensibile.
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Ogni muro è una porta.
-Ralph Waldo Emerson
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comeseimportasse · 2 years
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Per l'universo la vita di un uomo non è più importante di quella di un'ostrica .
Hume, Sul Suicidio
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martinatripoli · 2 years
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non sarai mai felice se continui a cercare in che cosa consiste la felicità. Non vivrai mai se stai cercando il significato della vita
Albert Camus
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libro-dimenticato · 2 years
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Molti uomini, come i bambini, vogliono una cosa ma non le sue conseguenze
José Ortega y Gasset
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crazy-so-na-sega · 2 years
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non è manipolazione...è solo ignoranza: Il falso Günther Anders dei complottisti
Ho appena scoperto una cosa agghiacciante. Sta circolando da qualche mese un testo attribuito al povero Günther Anders con tanto di citazione da “L’uomo è antiquato” e questa citazione è completamente inventata. In tutti i siti, anche in altre lingue, viene presentata con tanto di accurate notizie (tratte da Wikipedia) sul “filosofo ebreo” che avrebbe pronosticato già nel 1956 il grande complotto mondiale di oggi. Ovvio.
Questo testo viene diffuso su tutte le pagine di complottisti, no vax e fieri avversari della “dittatura sanitaria”. Ma è un falso. Da quanto sono riuscito a ricostruire, l’originale, in francese, dovrebbe essere di Serge Carfantan, filosofo spiritualista e “scettico” (sul suo profilo facebook girano prevalentemente notizie su quanto è corrotto l’ambiente medico, alcuni suoi post sono stati segnalati come contenenti bufale) che ha scritto un testo “ispirandosi” a Günther Anders:
In realtà il testo di Carfantan si trova anche collegato con Huxley – e sicuramente ricorda molto più da vicino la distopia de “Il mondo nuovo” che non le riflessioni de “L’uomo è antiquato”.
Successivamente questo testo viene letto da Montesano e da altri youtuber complottisti (come quello che vedete in foto) iniziando così a girare anche in italiano, ovviamente attribuito al povero Anders, passato armi e bagagli nelle file dei nazi paranoici.
Ecco la citazione farlocca:
“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti. I metodi del genere di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini. L’ ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi. Bisogna fare in modo che l’accesso al sapere diventi sempre più difficile e elitario. Il divario tra il popolo e la scienza, che l’informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo. Niente filosofia. Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l’emotività o l’istintivo. Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso. E’ buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare. Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani. Come tranquillante sociale, non c’è niente di meglio. In generale si farà in modo di bandire la serietà dell’esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana. E il modello della libertà. Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione, che l’unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità. L’ uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, il che metterebbe a repentaglio il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali“.
E questa invece è la citazione originale di Anders che ha “ispirato” i manipolatori:
Massenregie im Stile Hitlers erübrigt sich: Will man den Menschen zu einem Niemand machen (sogar stolz darauf, ein Niemand zu sein), dann braucht man ihn nicht mehr in Massenfluten zu ertränken; nicht mehr in einen, aus Masse massiv hergestellten, Bau einzubetonieren. Keine Entprägung, keine Entmachtung des Menschen als Menschen ist erfolgreicher als diejenige, die die Freiheit der Persönlichkeit und das Recht der Individualität scheinbar wahrt. Findet die Prozedur des „conditioning” bei jedermann gesondert statt: im Gehäuse des Einzelnen, in der Einsamkeit, in den Millionen Einsamkeiten, dann gelingt sie noch einmal so gut. Da die Behandlung sich als „fun” gibt; da sie dem Opfer nicht verrät, daß sie ihm Opfer abfordert; da sie ihm den Wahn seiner Privatheit, mindestens seines Privatraums, beläßt, bleibt sie vollkommen diskret.
Günther Anders, Die Antiquiertheit des Menschen, Beck, München 1961, p. 104
Non c’è bisogno della strategia di massa nello stile di Hitler: se si vuole ridurre l’uomo ad uno zero (persino ad essere orgoglioso di essere uno zero) non occorre più affogarlo in maree di massa, non occorre più cementarlo in una costruzione massiccia fatta di masse. Non c’è modo migliore di togliere all’uomo la sua personalità, la sua forza di uomo, di quello che preserva apparentemente la libertà della personalità e il diritto all’individualità. Se il processo del “conditioning” ha luogo per ognuno separatamente, nella casa del singolo, in solitudine, nei milioni di solitudini, tanto migliore sarà la riuscita. Dato che si presenta come “fun”, dato che non fa sapere alla vittima che pretende da lei dei sacrifici, dato che le lascia l’illusione della vita privata, o almeno del suo ambiente privato, il trattamento è assolutamente discreto.
Günther Anders, L’uomo è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 101.
Vi prego di condividere. Grazie.
-Marco Maurizzi
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poiché gira anche su tumblr...tanto per.....;-)
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chez-mimich · 11 days
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METAFISICA CONCRETA (parte I)
Si potrebbe cominciare dalla fine di questo poderoso e favoloso volume di Massimo Cacciari (Adelphi 2024) per cercare di ricostruire le intenzioni del grande filosofo che nelle oltre quattrocento pagine di disamina dipana una imbrigliatissima matassa come quella della metafisica nella storia del pensiero. La metafisica sembra indispensabile per ricercare quel senso dei diversi saperi e per mostrare la possibilità che il ‘logòs’ di ciascuno possa essere ‘philia’ del comunicare e ‘co-scienza’ che il divino è il colloquio. Tutto apparentemente abbastanza semplice, ma partire dai risultati fa perdere tutto il profondissimo argomentare dell’autore che è quanto di più soddisfacente per chi sa apprezzare le conseguenzialità del pensiero pur nella loro complessità concettuale e linguistica. Si era partiti quattrocento pagine prima con una citazione (non del tutto inaspettata) dall’evangelista Giovanni: “Nos adoramus quod scimus” ovvero “Noi adoriamo ciò che sappiamo”. Ma per far questo Cacciari intraprende una ricostruzione concettuale dell’essente, cioè di chi esperisce il mondo o meglio di chi si trova ad esperire ‘L’esserci’ per usare una terminologia heideggeriana. L’essente non è mortale, questo uno degli assunti dai quali Cacciari procede affermando che mortali sono coloro che credono mortale l’essente. L’immortalità dell’essente (che possiamo chiamare anche ‘’anima’, ‘spirito’ o magari ‘coscienza’), si realizza nella trasformazione, cioè nell’abbondonare un abito per indossarne un altro. L'origine della interrogazione dell'essente sul suo vivere ed agire (e del suo morire fisico), nasce secondo Cacciari dal "thauma" ovvero, nell'accezione greca (e aristotelica) dallo stupore panico. Ma la critica di Cacciari ad un concetto di scienza autoreferente, si manifesta subito; si legge infatti nel testo che "credere di possedere la cosa quando non si posseggono che i termini con i quali la rappresentiamo" sposando così, parzialmente, le convinnzioni kantiane e le fondamentali intuizioni su realtà fenomenica e nuomenica. Ma, naturalmente, la riflessione non si ferma qui, anzi Kant è la base di partenza per arrivare ad una complessa argomentazione filologico-filosofica sull'essenza dell'essente e sul "Tutto" che necessariamente (anche sulla scorta della filosofia di Leibnitz) non può non contenere che il "Possibile" e "l'Impossibile", finitezza ideale dello stesso possibile (pena la contraddittorietà del concetto stesso di ‘Possibile’). Scrive infatti Cacciari: "L'essenza dell'essente consiste nel suo congiungersi al Tutto; mortali sono coloro che credono mortale l'essente, che non sanno distaccarsi dall'apparenza" (pagina 55). E' pertanto evidente che l'intelletto è mosso dal suo oggetto, ovvero l'intellegibile. Una pericolosa illusione ottica nella concezione di questa elaborazione teorica potrebbe essere costituita dal "Tempo" (che consuma il tutto come avrebbe detto Michelangelo). Ma l vita della "Causa" (ovvero il fine ultimo a cui tendono tutte le cose nelle loro mutevoli forme), avendo nel Tempo un limite invalicabile, va concepita come pensiero, eterna ora della "perfetta coincidenza tra pensiero e pensato”, meravigliosa condizione che la vita reale può davvero realizzare allorché il pensiero giunge a intuire l'intelleggibile eterno". Sono qui più che evidenti echi del pensiero di Pascal e della sua non troppo paludata "canna pensante”. Certo è che non occorre ricorrere ad “esoterismi particolari” al di fuori della rivoluzione scientifica ma, come scrive Cacciari “per comprendere se al suo stesso interno si possano individuare critiche epistemologicamente consistenti del paradigma che finirà per dominarla” (pagina 104). Insomma la scienza e il sapere scientifico senza il riferimento a ciò che l’autore designa come “Ente absolute infinitum” potrebbe generarsi come conoscenza indipendente, nessuna “Res” infatti può essere considerata come contenente in sé integralmente la ragione del suo esistere. Non esita Cacciari a chiamare la ‘Sostanza’ autogenerata con il nome Dio. (continua)
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princessofmistake · 5 months
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Non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita. Alcune arrivano per pulire il tuo cammino.
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mostro-rotto · 10 months
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La vista del cielo stellato in una notte serena dona una specie di godimento che soltanto anime nobili provano. Nell'universale silenzio della natura e nella pace dei sensi il segreto potere conoscitivo dello spirito immortale parla una lingua ineffabile e trasmette concetti inarticolati che si sentono ma che non si possono descrivere. Immanuel Kant
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f-i-ngi · 2 years
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"Non sprecare lacrime nuove per vecchi dolori."
~ Euripide
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edward-elric-2 · 1 year
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Per la tradizione occidentale il termine "nulla" ha un significato, se non negativo, destabilizzante, di annichilimento. Lo "sentiamo" come opposto della vita, come fine. Nel taoismo (e nella tradizione cinese) "Wu wei"  significa pressappoco ciò che trasforma il mondo, uno stato di quiete che ci mette a contatto con la Coscienza del sottile. Il Nulla è la porta d'ingresso verso il Tao, il senso della vita.
Un antico mito lo esemplifica bene .
Un' imperatore raggiunse le vette dei mondi Kun- lun.
Al ritorno perse la sua meravigliosa perla.
Ordinò  alla Ragione di trovarla, ma nulla ottenne.
Allora comando' alla Magia di riportargliela, ma inutilmente.
Si rivolse allora alla Potenza Superiore, ma l'esito fu sempre lo stesso.
In ultimo si rivolse al Nulla dandogli lo stesso ordine e il Nulla gliela rese. Che strano esclamò, il Nulla l'ha ritrovata.
Le potenze a cui si era rivolto prima non avrebbero potuto perché s'identificavano con una forma definita, erano "qualcosa".
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07/11/2023
Una citazione da Una trilogia palestinese al giorno
Gli assassini volevano dipingere gli eventi di Kafr Qasim come una disgrazia. Ma era una disgrazia o piuttosto una predisposizione connaturata alla prassi sionista in Palestina? Una disgrazia o piuttosto una politica costante verso i cittadini arabi soggetti al giogo israeliano? Anche il massacro di Deir Yassin è stato definito una disgrazia. Ma può una disgrazia ripetersi decine di volte? Omicidio a sangue freddo e violenza armata sono la filosofia israeliana. Pagine e pagine sono state riempite dal pensiero sionista per legittimare la violenza, facendola derivare dal bisogno di sostenere e preservare Israele. Va segnalato che alcuni sionisti liberali si oppongono a tale legittimazione quando la violenza giustificabile per conseguire un obiettivo politico finisce per coincidere con il crimine vero e proprio che ha per unico obiettivo la bestiale vendetta. Cosa che emerge chiaramente nella famosa sfuriata di Ahad Ha'am, perché opporsi alla violenza sionista induce gradualmente a rifiutare la base legale su cui si fonda l'esistenza di Israele, ossia la violenza armata.
[…] Questo prima del 1948. Perché Kafr Qasim, dunque, nel 1956? Forse perché l'assioma esistenzialista dei terroristi sionisti, "Combatto dunque sono", ha bisogno di pratica costante e continue dimostrazioni. O forse perché il sionista israeliano che nutre un desiderio represso di vendetta, come afferma Begin, ha bisogno di rigenerarsi in un unico modo, ossia con la guerra, e di riempire la propria esistenza conciere astimi eraliti, germesi uccidere seie filosofo del crimine. E, siccome gli arabi sotto il giogo israeliano non riescono a fraternizzare con il loro assassino, il cerchio dell'omicidio non si chiuderà mai.
Mahmoud Darwish
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rideretremando · 7 months
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«A Wittgenstein piacevano i romanzi gialli, leggerli lo distraeva dalle sue profonde riflessioni. Per un filosofo che aspirava a spiegare tutti i problemi del mondo mediante la logica, una storia che propone un enigma, un omicidio o svariati omicidi, mettiamo, e che si sviluppa in base alle regole del caso e della deduzione, scartando piste false, procedendo per tentativi, indagando sui fatti e i presunti colpevoli, fino a trovare la soluzione e risolvere il mistero (questo è l’assassino e questa la ragione per cui ha commesso il suo delitto) doveva essere gratificante: ci sono una causa, un fine e un metodo; un romanzo giallo su una morte senza spiegazioni, che può essere stata un incidente o un suicidio o un omicidio (ma allora chi l’ha commesso e per quale motivo?) e non risolve l’enigma, ha il sapore di una frode o di una truffa, una storia assurda che non serve nemmeno da cornice o da soggetto per un brutto B-movie, di quelli in cui recitava Sandra Mozarovski».
Così scrive Clara Usón in «L’assassino timido» (Sellerio 2018, cap. iv), un ottimo romanzo che ricostruisce la breve vita appunto di Sandra Mozarovski o Mozarowski (1958-1977), attrice spagnola (il padre era russo, fuggito dall’Urss per motivi politici, e faceva il diplomatico) la cui carriera consistette quasi tutta in brevi apparizioni in film di serie B (in genere sexy-horror nei quali appariva per lo più svestita e quasi inevitabilmente finiva sgozzata), e che morì cadendo misteriosamente da una terrazza. Il romanzo di Clara Usón è assai bello, e ovviamente la morte della ragazza rimane senza spiegazioni (o meglio: con troppe spiegazioni e con l’impossibilità di decidere per una di esse), ma il lettore non rimane insoddisfatto: perché si rende conto che tutto il possibile è stato fatto per togliere il velo al mistero, e non c’è stata dunque truffa né frode, e perché ben presto lo conquistano la solidarietà e la pietà verso la giovane donna che nella Spagna ancora franchista (Francisco Franco morì nel 1975) e ufficialmente cattolicissima e bigottissima, «si guadagnava da vivere bene facendo film che scandalizzavano la sua famiglia», come scrive Usón.
Ma torniamo a Ludwig Wittgenstein. Filosofo dall’intelligenza leggendaria («Il più perfetto esempio di genio che abbia mai conosciuto», scrisse Bertrand Russell nella propria autobiografia) e dalla vita romanzesca, autore di opere difficili e affascinanti, è noto a tutti – è diventato una citazione pop – se non altro per l’aforisma che chiude l’unica opera che pubblicò in vita, nel 1921, a trentadue anni, il «Tractatus logico-philosophicus»: «Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere». In realtà, dopo la pubblicazione del «Tractatus» Wittgenstein instancabilmente meditò – come dimostrano i numerosi manoscritti pubblicati dopo la sua morte – proprio su ciò di cui non si può, o non si riesce a, parlare. Ed era, Wittgenstein, un vero appassionato di letteratura gialla: il che, a prima vista, potrebbe sembrare un po’ contraddittorio. E invece no. Le storie raccontate nei romanzi gialli (a lui piacevano soprattutto le storie «hard-boiled»: gialli deduttivi, sì, ma non asettici e quasi striminziti come quelli di Agatha Christie, bensì pieni di rappresentazioni realistiche del crimine, della violenza, e magari anche del sesso: roba «pulp», insomma) non sono «reali» (benché possano essere ispirate a fatti ed eventi reali, eccetera), ma ciò non impedisce loro di essere «qualcosa di cui si può parlare».
Quando, nella mia prima liceo (vi parlo del 1976 o giù di lì), il professor Renato Bortot entrò nell’aula per la prima lezione di filosofia (e noi eravamo, giustamente, piuttosto intimoriti dall’idea di studiare filosofia: io, per dire, sono ancora adesso terrorizzato dalla violenza argomentativa dei filosofi), aprì la porta e si mosse come se stesse spingendo avanti un qualcuno: che non vedevamo. Poi si accomodò alla cattedra e disse: «Vi presento il mio elefantino rosa». Ce ne parlò a lungo, descrivendone l’aspetto e le abitudini (molto divertenti). E così imparammo, o almeno imparai io, e non mi scordai mai la lezione, che si può benissimo parlare di cose che non esistono – o delle quali non si sa se esistono o no: si tratti di elefantini rosa, di ruote celesti, di Dio, dell’Essere, dello Spirito, o dei personaggi di una storia inventata. L’importante è che la narrazione che se ne fa non sia una frode né una truffa. Addirittura, può accadere che un romanzo giallo non porti alla scoperta del colpevole e finisca nel nulla – come certi romanzi di Friedrich Dürrenmatt, da lui raccolti sotto il titolo significativo «Un requiem per il romanzo giallo» –; ma l’autore non deve mai dimenticare di mettere in scena «una causa, un fine e un metodo».
Per esempio, nei «Promessi sposi» ciascun personaggi ha la sua causa, il suo fine e il suo metodo. Don Rodrigo ha la libidine come causa, la vittoria della scommessa con il cugino (il conte Attilio) come fine, e la violenza come metodo. Renzo ha la propria gioia di vivere come causa, l’amore per Lucia – e quindi il matrimonio – come fine, e un suo certo senso di giustizia come metodo. L’innominato ha un greve senso di noia come causa, il desiderio di libertà come fine, e la propria umanità (sepolta, ma ancora viva) come metodo. Don Abbondio ha la fifa come causa, la fifa come fine, e la fifa come metodo."
Giulio Mozzi
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