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#pittura su tela
empedoclecielo · 8 months
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@aellagirl
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makiko-art-mr · 1 year
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This is the last canvas I made some time ago, I should work on it a bit and also change type of materials, but I like this canvas quite a bit. Good day to each of you
Questa è l'ultima tela che ho fatto, dovrei lavorarci sopra ancora un po' e magari cambiare materiali per dipingere 😂 ma alla fine questa non è uscita così male. Eee niente buona giornata a tutti 😆
Author: unknown
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7pleiades7 · 1 month
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Venus Playing Lively with Two Doves (Portrait of the dancer Carlotta Chabert) (1830), by Francesco Hayez (1791–1882), oil on canvas, 137 × 183 cm Museo D'arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Italy
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erikapax · 1 year
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Metamorfosi quotidiana #1
Arcilici e smalti su tela _ 100x100 cm_ 2019
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personal-reporter · 2 months
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Arte e cultura a confronto: le opere di artisti emergenti vs. i maestri del passato
Il mondo dell’arte è in continua evoluzione, con nuovi artisti che emergono ogni anno e che portano con sé nuove idee e visioni. Tuttavia, nonostante l’emergere di questi nuovi talenti, i maestri del passato continuano a esercitare un’influenza significativa sul mondo dell’arte. Continue reading Arte e cultura a confronto: le opere di artisti emergenti vs. i maestri del passato
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cuorditempesta · 6 months
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👨🏻‍🎨 Caspar David Friedrich, “Monk by the Sea”
“Un monaco sta in piedi, a capo scoperto, sulla riva. I gabbiani gli volteggiano intorno. La figura solitaria affronta l'oscurità plumbea del mare incommensurabilmente vasto. La fascia grigia di nuvole sull'acqua lascia sorprendentemente il posto al cielo azzurro lungo il bordo superiore dell'immagine. Nessuna composizione artistica è mai stata così intransigente come questa: lo spazio principale del quadro sembra una sorta di abisso; non ci sono confini, non c'è niente a cui aggrapparsi, solo la sensazione di fluttuare tra la notte e il giorno, tra la disperazione e la speranza.”
(testo tratto da Google Arts and Culture)
(via @cuorditempesta)
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galleria-artistica · 6 months
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Joseph-Benoît Suvée (🇧🇪 Belgio, 1743 - 1807)
“The Invention of the Art of Drawing”
Olio su tela, 267 x 131 cm
1793, Groeninge Museum (Bruges)
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L’opera raffigura il mito della nascita della pittura, raccontato da Plinio il Vecchio nel suo testo “Naturalis Historia”:
“…il vasaio Butade Sicionio scoprì per primo l’arte di modellare i ritratti in argilla; ciò avveniva a Corinto ed egli dovette la sua invenzione a sua figlia, innamorata di un giovane. Poiché quest’ultimo doveva partire per l’estero, essa tratteggiò con una linea l’ombra del suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna; su quelle linee il padre impresse l’argilla riproducendone il volto; fattolo seccare con il resto del suo vasellame lo mise a cuocere in forno”.
Il mito viene recuperato nel Rinascimento grazie a Leon Battista Alberti nel suo trattato “De pictura”, dove però attribuisce a Narciso l’invenzione di questa arte.
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(via @galleria-artistica)
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art-emide · 4 months
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Revisione de "The Fallen Angel" di Alexander Cabanel.
Pittura in acrilico su tela.
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L’angelo viene ripudiato e cacciato dal Paradiso, nel luogo delle tenebre, nella profondità del Tartaro, negli Inferi. Lucifero, stella del mattino, nella narrazione antica rappresentava infatti l’angelo più bello e saggio creato da Dio, il serafino più importante che per tradizione viene definito come carico d’amore. Un amore che si capovolge e si trasforma e che vediamo esternarsi in quel pianto, come se quella lacrima fosse l’ultimo residuo di bontà, l’ultima goccia che lascia spazio ad una totalità infinita di odio.
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti 
LA TRASFORMAZIONE 
La pittura è un fenomeno umano: affermazione banale. Ma l'umano della figurazione pittorica, in cosa consiste? La storia dell'arte s'è impegnata lungamente a classificare, a distinguere, a raggruppare le espressioni creative su tela come su ogni altro supporto, fornendo una risposta "tecnica" e strumenti pratici per memorizzare stili, tendenze, paradigmi. La domanda rimane. E si estende: in cosa si evidenzia il carattere tipicamente umano della pittura? E cos'è tipicamente umano rispetto alle altre forme di vita? Il linguaggio. L'essere umano può esprimersi attraverso significanti dotati di significato. Ma non lo possiede: lo usa, ne ha fatto strumento di organizzazione razionale. Eppure, ne avverte l'abisso dell'origine. Questa apparizione di una profondità oscura, inattingibile, costituisce la relazione con l'atto pittorico. Si tratta di un'aporia, di una strada che non presenta vie d'uscita, che non conduce in un altrove rispetto al suo corso. La pittura, come la "parola poetica" è dunque una permanenza che non ha sbocchi. "Ut pictura poesis". Tenta di fare cenno all'abisso, di condurre l'osservatore su un piano nel quale il significante è muto. Afferma il principio di una "ragione insufficiente" a spiegare. Così, coglie le tracce del reale e le trasforma, straniandole, in appello all'ascolto del silenzio.
Sovvengono i versi di Samuel Beckett (da "Cosa farei mai" in "Poèmes", 1946-1949):
"Cosa farei mai senza questo mondo senza volto né domande dove essere non dura che un istante in cui ciascun istante si rovescia nel vuoto nell’oblio d’essere stato senza quest’onda dove infine sprofonderanno insieme corpo e ombra..."
- Luigi Russolo, "Paesaggio ai primi raggi di sole", 1940, collezione privata
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schizografia · 5 months
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Jean Paris ha illustrato il funzionamento di questi poli nella pittura, dal Cristo dispotico al Cristo passionale: da una parte, il viso del Cristo visto di faccia, come in un mosaico bizantino, con il buco nero degli occhi sul fondo dorato, mentre tutta la profondità sembra proiettarsi in avanti; d’altra parte, i visi che s’incrociano o si voltano, di tre quarti o di profilo, come in una tela del Quattrocento, con sguardi obliqui che tracciano linee molteplici ed integrano la profondità nel quadro stesso (si possono prendere esempi arbitrari di transizione e di mescolanza: la Vocazione degli Apostoli, di Duccio, su paesaggio acquatico, in cui la seconda formula prevale già nel Cristo e nel primo pescatore, mentre il secondo pescatore resta preso nel codice bizantino).
Gilles a Deleuze & Felix Guattari, Anno zero, viseità
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artistinvetrina · 1 year
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Clara García “Mi casa es tu casa” dal 20 al 28 Marzo 2023 Apertura vetrina ore 19.00 Condivisione in piena libertà è l’opera pittorica di Clara García che, avvalendosi di una tavolozza ampia e brillante di colori audaci, predispone l’osservatore ad entrare negli spaccati quotidiani di un mondo dall’ospitalità innata, capace di comunicare con vivacità l’espressività delle figure ritratte, in prevalenza umane. Specializzata nella pittura ad olio, García lavora per piani, spazio privilegiato di un dialogo continuo tra mestiere e ispirazione, genesi di forme autentiche e luogo d’incontro di esperienze plurime vissute durante i percorsi artistici intrapresi. In Aracena (Huelva), sua città natale, ha frequentato il liceo artistico, iscrivendosi poi all’Accademia di Belle Arti a Granada e proseguendo gli studi a Napoli. Da circa un anno la giovane artista andalusa è, infatti, approdata nella città partenopea perché congeniale alla sua terra di provenienza: la definisce accattivante, calda e frenetica al punto da spingerla al costante adattamento e confronto, arricchendone la persona e l’arte. Il deciso gioco di luci e contrasti si sviluppa nell’incessante sperimentazione tecnica a cui ricorre: graffiti, vernice raschiata, matita o carboncino adoperati sulla stessa vernice, cere o collage concorrono a creare uno stile scoppiettante. Nella serie pittorica “Mi casa es tu casa” Clara García dipinge con colori ad olio su uno strato di acrilico rosa preparato in precedenza sull’intera tela, al fine di conferire plasticità e vibrazione, in maniera decisa, ai lavori realizzati. La nuance emozionale, lasciata volutamente scoperta in alcuni punti dei quadri, unifica; riesce a influenzare positivamente lo stato d’animo di chi guarda, trasmettendo energia, protezione e accoglienza, così come accade quando ci si trova a casa, nella propria zona di comfort. Claudia Del Giudice
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makiko-art-mr · 1 year
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Old test drawings on canvas.
One of my favorite Honkai Impact characters, Delta. Sooner or later I will also do my beloved Bronya.
Vecchie prove su tela. Uno dei miei personaggi preferiti di Honkai Impact 😍Delta.
Prima o poi faccio anche la mia amata Bronya🤔
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fashionbooksmilano · 11 months
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Lee Ufan Resonance
Achille Bonito Oliva
Testi di: Gino Di Maggio, Achille Bonito Oliva, Lee Ufan
Fondazione Mudima, Milano 2007, 55 pagine, 27 x 23 cm, Inglese, brossura cartonata
euro 40,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra 52 Biennale Venezia 2007 -Palazzo Palumbo Fossati. La mostra presenta 10 olii su tela di diverse dimensioni combinati con 8 installazioni realizzate con materiali naturali quali pietra e ferro. Lee Ufan, artista coreano fondatore del gruppo Mono–Ha, vive in Giappone ma è un nomade che ha saputo coniugare insieme il linguaggio delle avanguardie occidentali e la cultura di quelle orientali. Aggirando il ready made del cartesiano Duchamp ed il taglio del barocco Fontana, Lee Ufan sostituisce al principio di rappresentazione quello di presentificazione, in un percorso che corre dagli anni Sessanta, sculture e installazioni, alle "Corrispondenze" degli anni Novanta, fino alle pitture di oggi. Senza contrapposizioni ha fondato un incrocio spazio-temporale sostituendo al concetto di forma quello di "struttura", a quello di spazio quello di "campo", quale sistema di relazioni aperte a sviluppi che tendono a coniugare il pieno e il vuoto insieme. L'intera ricerca di Lee Ufan è una messa in crisi dell' "objet trouvé" e della sua metafisica: una forma morta scontornata nello spazio estetico e sottratta alla vita. Invece Lee Ufan non rappresenta ma "presentifica" un'idea di temporalità attiva che sostiene l'incontro dell'artista col mondo e dell'opera con lo spettatore. Ora una "tache" si irradia sulla superficie attiva di una pittura che sviluppa l'epifania di un incontro con il pubblico. Ora realizza pitture in cui egli è totalmente artefice del tutto. I segni orchestrati sulla tela hanno una tensione, un percorso e una durata spaziale giocati nel segno di una misura standardizzata a mano. Una misura memorizzata da un gesto che non dimentica precisione ed energia, scorrevolezza artigianale e geometria dell'estensione. Spesso questi spazi costituiscono degli architrave della visione, nell'ordine di due o tre organizzano il campo spaziale in termini di essenzialità visiva tesa ad evidenziare precisione ed indeterminazione, costrizione e potenziale modificazione. L'artista sembra voler dare al forte segno tracciato sulla superficie pittorica l'incisivo volume dell'oggetto o materia adoperata precedentemente nelle sue installazioni. La forza del tracciato serve proprio ad intensificare il momento dell'incontro tra l' opera lo spettatore mediante un intreccio tra tempo e spazio, dimensioni entrambe necessarie per realizzare il valore dell'arte, quello della "presentificazione". Ecco che Lee Ufan risolve il problema della immortalità dell'opera senza voler ipotecare il futuro, piuttosto fondando la persistenza del presente. Estendere il presente diventa per l'artista orientale un modo di eliminare da una parte il patetico sistema di previsioni del futuro e di ipotecare invece, attraverso una diversa dimensione dello spazio, un campo così vasto da accogliere il tempo del suo battito costante.
19/07/23
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khrenek-art-gallery · 2 years
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Gustave Courbet, L'origine del mondo, 1866, Olio su tela, 55 x 46 cm, Parigi, Museo d'Orsay
Il primo proprietario del quadro e comittente dell'opera era stato il diplomatico turco-egiziano Khalil-Bey (1831-1879). Figura eccentrica nella Parigi degli anni Sessanta del XIX secolo, Khalil-Bey mise insieme, prima di essere rovinato dai debiti di gioco, un'effimera ma sorprendente collezione, dedicata alla celebrazione del corpo femminile.
Si hanno invece poche notizie certe sulla sorte e sui proprietari successivi del quadro.
Fino al suo ingresso nelle collezioni del Musée d'Orsay nel 1995, L'Origine del mondo faceva parte della raccolta dello psicanalista Jacques Lacan.
Si tratta di un'opera per paradosso molto famosa, ma poco ammirata.
L'artista non smise mai di ritoccare il nudo femminile, talvolta con una vena piuttosto libertina. Courbet si abbandonò a un'audacia e a un realismo che conferiscono all'opera un grande potere seduttivo.
La descrizione quasi anatomica di un organo genitale femminile non è attenuata da alcun artificio storico o letterario.
Grazie al grande virtuosismo di Courbet, alla raffinatezza della gamma delle tonalità ambrate, L'Origine del mondo sfugge allo statuto d'immagine pornografica.
La schiettezza e l'audacia di questo nuovo linguaggio non escludono un legame con la tradizione: difatti, la pennellata ampia e sensuale e il ricorso al colore ricordano la pittura veneziana.
Del resto, lo stesso Courbet faceva appello a Tiziano e al Veronese, al Correggio e alla tradizione di una pittura carnale e lirica.
Il quadro, esposto senza veli, torna ad occupare il posto che gli spetta nella storia della pittura moderna.
Tuttavia, esso continua a porre, in modo inquietante, il problema dello sguardo.
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personal-reporter · 9 months
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Patrick Proctor, in cerca del mondo
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Patrick Proctor, che era nato a Dublino il 12 marzo 1936,  fu uno dei protagonisti della scena creativa londinese degli anni Sessanta quando, dopo aver lasciato la Slade School of Fine Art nel 1962, divenne famoso grazie a una fortunata mostra alla Redfern Gallery di Londra nel 1963. Da allora Proctor fu capace di tessere un’eterogenea cerchia sociale attorno a lui, con personalità che in seguito divennero soggetti nelle sue opere, come  il pittore David Hockney, il regista Derek Jarman, il curatore Bryan Robertson e lo stilista Ossie Clark, e fu  una figura di riferimento nel restituire con una propria temperatura i mondi edonistici dell'arte, della musica e della moda, inizialmente lavorando sia con l'olio che con l'inchiostro ma soprattutto nella tecnica dell'acquerello, che adottò durante una vacanza in Europa nell'estate del 1967. Spesso frainteso dai critici che ne individuano un percorso indipendente, anche se molto connesso a quello di Hockney, il pittore vene inserito in categorie che non lo soddisfacevano, ad esempio sul Financial Times fu chiamato Parmigianino della Pop Art, una definizione che lui stesso rigettò. Affascinato dalla luce, Proctor usò l'acquerello per conferire alle sue opere l'impressione di una retroilluminazione, dipingendo in negativo, con una rapidità d’esecuzione in acquerello che lo liberava dai tempi e dalle attese dell’olio su tela, consentendogli quell’approccio sensibile e personale alla pittura, ancora oggi così riconoscibile. Gervase I (1968) fu il primo di una lunga serie di ritratti dedicati da Proctor al giovane Gervase Griffith, un modello  di origine sudafricana, che divenne il suo amante e modello per un paio d'anni. Mentre Gervase tentava di sfondare come rocker e produttore, l’artista gli dedicò a una serie di grandi ritratti ad acrilico e ne fece una personale a New York nel 1968, che però fu un solenne fiasco. Proctor non ebbe mai la fama del suo amico Hockney e una lunga serie di relazioni e drammi lo portò a cadere nel vizio dell’alcol e nel 1999 un incendio nella sua casa ridusse in cenere molte sue opere, lasciandolo pieno di debiti e con la  salute in declino. Dopo la sua morte, avvenuta a Londra il 29 agosto 2003 all'età di 67 anni,  l’arte di Proctor ha riguadagnato una certa attenzione ed è stata al  centro di  varie retrospettive come quella alla Huddersfield Art Gallery, Sheffield, nel 2012. Oggi le sue opere sono visibili alla Tate Gallery, al MoMA, alla National Portrait Gallery, alla Royal Academy, al MET e in altre fondamentali istituzioni. Read the full article
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sydmorrisonblog · 2 years
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Roger Keith Barrett, conosciuto come Syd Barrett fu un artista ed un musicista brillante, talentuoso, carismatico, solare e seducente.
Da alcuni viene definito un pittore con l’hobby per la musica.
Tanto seducente e carismatico quanto irrimediabilmente perso. Syd sprofondò in un attimo, spegnendosi poco a poco.
La vicenda esistenziale di Syd Barrett è stata sinceramente triste e il suo precipizio inevitabile. Il ragazzo solare e affascinante aveva perso lo scintillio nello sguardo, la luce che rapiva chiunque incontrasse. Dal 1968  (l’anno in cui lasciò i Pink Floyd) al 2006 (l’anno della sua morte), in molti speravano che Syd uscisse dal suo isolamento, che guarisse, che riuscisse a dominare il dolore, vincere le tenebre, ritrovare un contatto con la realtà, riabbracciare gli amici, l’arte … Non è andata così.
Syd Barrett fu membro dei Pink Floyd per i quali ideò sia il nome del gruppo che i testi delle canzoni.
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I suoi testi erano innovativi. Molti suoi brani traggono ispirazione dai grandi scrittori e poeti inglesi e dalla letteratura dell’infanzia.
Syd Barrett prestò il suo talento artistico anche alle cover degli LP: realizzò l’illustrazione con il trenino che produce nuvolette di fumo con sopra scritto il titolo del brano See Emily Play o la serie di insetti sul fronte del suo secondo album da solista Barrett, mentre, la cover del suo primo album, The Madcap Laughs, rappresenta l’immagine fotografica di Barrett accovacciato su un pavimento dipinto con strisce nere che lui stesso realizzò.
Syd iniziò a dipingere quando ancora era un bambino. Frequentava la scuola d’arte dedicandosi alla pittura.  La pittura, appunto, era questo il suo primo amore.  A Londra frequentava la scuola di Arte di Camberwell. Aveva una predilezione alla creatività e all’immaginazione che emergerà in tutti i suoi lavori, sia dal punto di vista musicale che nelle sue liriche piene di paesaggi fantasiosi fiabeschi, di racconti spesso strampalati ma di grande potenza visiva.
Barrett amava la pittura nella sua forma più nobile e libera. La stessa libertà che gli avrebbe dovuto dare la musica ma non fu così.
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Il ritorno di Syd alla sua prima passione, la pittura, non è poi così impensabile come si sostiene. Probabilmente, Barrett, ha soltanto scelto di cambiare forma comunicativa e mezzo d’espressione. La sua necessità di esprimersi stava forse cercando vie alternative e, probabilmente, la pittura in quel momento rappresentava il suo strumento liberatorio e l’intimità di cui il successo lo aveva privato.
Il Syd Barrett pittore nell’arco della sua vita produsse diverse opere d’arte che non hanno una precisa sistemazione temporale. L’artista produsse lavori utilizzando stili e tecniche differenti, spaziando dall’astratto al figurativo, dalla china e penna su carta all’olio su tela, dal mosaico al collage fino all’illustrazione accompagnata da frasi scritte che richiamano le vignette.
Le tele mostrano un talento ed una sensibilità al di fuori del comune. In esse riemerge il rapporto ossessivo col colore. La pittura non lo costringeva alla pressione mediatica e soprattutto lasciava allo spettatore la possibilità di aprirsi all’universo astratto dell’artista.
Per via della malattia mentale la sua arte non è mai stata considerata più di tanto e bollata sotto l’etichetta di Art Brut.
Syd Barrett  fu una persona fuori dal comune, un affascinante sperimentatore spesso solitario, un compositore stravagante, un talentuoso artista, un precursore dei tempi.
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Sfuggito ad ogni logica, Barrett, era sicuramente una figura di estremo rilievo in ogni produzione artistica – che sia stata pittorica o musicale – nella quale si sia cimentato. La sua morte è stata una tragedia di proporzioni leggendarie come tutte quelle morti dove non muore solo un essere umano  ma anche la creatività che lo caratterizzava. Quindi è giusto che l’arte di Syd Barrett  non vada dimenticata.
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