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#Un fiume di dollari
cinquecolonnemagazine · 10 months
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Ultime notizie sulla guerra in Ucraina
Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina ci parlano di un nuovo inasprirsi del conflitto da entrambe le parti. L'Ucraina si sta impegnano nella controffensiva per riconquistare i territori perduti mentre la Russia incalza i bombardamenti. Mentre la guerra incalza, si pensa già alla dopo e alla ricostruzione dell'Ucraina. La diga Nova Kakhovka All'inizio del mese di giugno, è esplosa la diga Nova Kakhovka nella regione di Kherson, sul fiume Dnepr. Russia e Ucraina rilanciano tra loro la responsabilità dell'esplosione di questa struttura che ricopre una grande importanza. La diga, infatti, è alta 30 metri e ha un bacino d'acqua di 18 milioni di metri cubi. Per avere un'idea basti pensare che è grande quanto il Great Salt Lake dello Utah, negli USA. Fornisce non solo la centrale nucleare di Zaporizhzhia, ma anche diverse città ucraine, come Kherson, e la Crimea. La distruzione della diga, che secondo l'inchiesta condotta dal New York Time sarebbe opera della Russia, rappresenta anche un disastro ambientale. Dopo l'esplosione, infatti, sono state riversate nel fiume Dnepr, 150 tonnellate di olio idraulico delle sale macchine. Ultime notizie sulla guerra in Ucraina: Sebastopoli Per la giornata di ieri sono da registrare due notizie. La prima riguarda due potenti esplosioni avvenute a Sebastopoli, in Crimea. La seconda fa riferimento alle dichiarazioni di Putin sulla prospettiva di una guerra nucleare. Il presidente russo si è detto pronto a utilizzare nuovi missili Sarmat. Le sue dichiarazioni sono considerate fondate dal presidente americano Joe Biden che si è detto molto preoccupato. Intanto la Duma ha approvato un disegno di legge che prevede l'arruolamento dei detenuti in casi eccezionali: in momenti di mobilitazione, con la legge marziale e in tempo di guerra. Il "compenso" per l'arruolamento è l'ottenimento della grazia. La ricostruzione dell'Ucraina Se da un lato la guerra continua a incalzare e non si intravede all'orizzonte alcun barlume di pace, dall'altro si pensa anche alla ricostruzione dell'Ucraina, che potrà iniziare solo dopo la fine delle ostilità. Termina oggi, infatti, la due giorni di Conferenza sulla ripresa dell'Ucraina del 2023 (URC2023) organizzata congiuntamente da Regno Unito e Ucraina. La riunione UCR2023 rappresenta il prosieguo dei lavori iniziati lo scorso anno a Lugano durante i quali furono gettate le basi per la ricostruzione del Paese. Quest'anno, la riunione ha messo a punto ulteriori dettagli sulla ricostruzione cercando una più ampia mobilitazione dei settori pubblico e privato per garantire la stabilizzazione e la ripresa dell'Ucraina. La Banca mondiale ha stimato che la guerra tra Russia e Ucraina ha causato 135 miliardi di dollari di danni mentre la ricostruzione in 10 anni potrebbe costare 411 miliardi di dollari. In copertina foto di David Peterson da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 11 months
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Ucraina: l'esercito di Kiev è passato alla controffensiva
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Ucraina: l'esercito di Kiev è passato alla controffensiva La guerra in Ucraina giunge al giorno 470. L'esercito di Kiev è passato alla controffensiva nella direzione di Bakhmut. Mosca, intanto, dice di aver respinto l'offensiva ucraina a Zaporizhzhia distruggendo 30 carri armati ed eliminando 350 soldati. Secondo Kiev, dopo la distruzione della diga di Kakhovka, serviranno almeno 5 anni e oltre un miliardo di dollari per ricostruirla. Per Zelensky, il crollo della centrale idroelettrica è stata causata dal "disastro Putin". Inoltre, il bacino della diga non può più fornire acqua sufficiente per raffreddare i reattori della centrale di Zaporizhzhia. Secondo il capo dell'amministrazione comunale filorussa, il crollo ha provocato 5 morti e 41 feriti. I russi avrebbero bombardato Kherson, la città inondata dalla piena del fiume Dnepr. “Esprimo a nome del Governo italiano grande vicinanza alle popolazioni ucraine colpite dal criminale danneggiamento della diga di Nova Kakhovka. L’Italia è con voi. Non ci rassegneremo mai a questo cinismo e a questo orrore”, questa la dichiarazione del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. "La brutale invasione russa dell'Ucraina non era un atto di follia imprevedibile" ma "un passo premeditato" di Vladimir Putin e "un colpo intenzionale per l'Ue. I valori esistenziali dell'Unione europea sono la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica", ed è "per questo che non c'è alternativa per gli Stati Uniti, l'Europa e i loro alleati se non garantire che l'Ucraina vinca questa guerra": lo ha detto l'ex premier Mario Draghi, parlando al Mit di Boston. Per Draghi, accettare una vittoria russa "infliggerebbe un colpo fatale all'Ue". "Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l'Ue è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta, su ciò che è. Segnalerebbe inoltre ai nostri partner orientali che il nostro impegno per la loro libertà e indipendenza - un pilastro della nostra politica estera - non è poi così incrollabile", ha detto l'ex premier. "Vincere questa guerra per l'Europa significa avere una pace stabile, e oggi questa prospettiva appare difficile. L'invasione della Russia fa parte di una strategia delirante a lungo termine del presidente Putin: recuperare l'influenza passata dell'Unione Sovietica e l'esistenza del suo governo è ora intimamente legata al suo successo. Ci vorrebbe un cambiamento politico interno a Mosca perché la Russia abbandoni i suoi obiettivi, ma non vi è alcun segno che un tale cambiamento si verificherà", ha aggiunto Draghi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tvln · 4 years
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the hills run red / un fiume di dollari (it, lizzani 66)
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ma-come-mai · 2 years
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TERREMOTO ALLA FDA: DIPENDENTE RIVELA LE PRESSIONI SUBITE DA BIG PHARMA PER I VACCINI
17 Febbraio 2022 - Michele Crudelini
Terremoto in corso per la Food And Drug Administration, ente regolatore del farmaco americano e protagonista dell’approvazione dei vaccini contro il Covid.
La confessione, involontaria, di un dipendente della FDA
Un dipendente dell’agenzia, Christopher Cole ha infatti inconsapevolmente rilasciato dichiarazioni piuttosto controverse che minano la fiducia sul processo di approvazione dei vaccini.
Una giornalista del network statunitense Project Veritas è riuscita infatti ad avere più di un colloquio informale, con telecamere nascoste, insieme a Christopher Cole per farsi così raccontare quello che realmente succederebbe negli uffici della FDA, in particolare per quel che riguarda i rapporti con le aziende del farmaco e i processi di approvazione dei vaccini.
Biden vuole inoculare il vaccino a quante più persone possibili. Così occorrerà fare un richiamo annuale di vaccino, cioè non è ancora stato annunciato formalmente, perché non vogliono irritare tutti. Le aziende del farmaco, le aziende del cibo, le aziende produttrici di vaccini ci pagano ogni anno centinaia di milioni dollari per assumere e mantenere i revisori per arrivare all’approvazione dei prodotti. Se riescono a far sì che ogni persona debba farsi somministrare un vaccino annuale, questo rappresenta un continuo flusso di ritorno di soldi per queste aziende. 
Se ciò che dice Cole è vero sembra essere quindi già tutto scritto, un vaccino anti Covid annuale per tutti e miliardi di dollari di profitto garantiti a Big Pharma.
Il budget di FDA che dipende dalle aziende private
Il punto di domanda più grande deve essere però rivolto al controllo che le aziende del farmaco eserciterebbero proprio sulla FDA, attraverso un fiume di denaro. Un aspetto che viene confermato in parte dalla struttura finanziaria della stessa agenzia di regolamentazione statunitense.
Se un tempo la FDA era interamente finanziata dalle tasse dei contribuenti, nel corso degli ultimi anni l’assetto è cambiato e oggi una parte consistente dei soldi dell’organizzazione arriva proprio dalle aziende che dovrebbe regolare. Il 46% del budget totale dell’agenzia, 2,8 miliardi di dollari, arriva infatti dalle tariffe pagate dalle aziende per presentare il loro prodotto. In particolare i farmaci per gli esseri umani rappresentano il 33% del budget totale della FDA e di questo 33% il 65% viene pagato dalle aziende del farmaco.
Bambini e donne incinta: test approssimativi.
Ed ecco che la certificata dipendenza della FDA da Big Pharma si ripercuote sui processi di approvazione di vaccini che coinvolgono anche bambini, come dichiarato dallo stesso Christopher Cole. Secondo il dipendente della FDA, sulla base di questi test approssimativi e sulle poche certezze negli Stati Uniti sono stati finora somministrate oltre 8 milioni di prime dosi di vaccino ad altrettanti bambini tra i 5 e gli 11 anni.
La FDA sta poi pianificando la prossima autorizzazione del vaccino per i neonati, confermando quindi le parole di Cole. Oltre ai bambini, anche le donne incinta emergono come categoria poco tutelata nei processi di approvazione della FDA.
Affermazioni che appaiono ancora più significative alla luce del recente passo indietro dell’EMA rispetto ai possibili effetti che il vaccino anti Covid avrebbe sul ciclo mestruale.
Il Comitato per la farmacovigilanza dell’EMA ha infatti recentemente deciso di riprendere in mano i casi segnalati di sanguinamento mestruale pesante e assenza di mestruazioni (o amenorrea) dopo la somministrazione dei i vaccini Pfizer/BioNTech o Moderna.
FDA si arrampica sugli specchi
Cosa succederà ora dopo queste rivelazioni? Per ora il diretto interessato e l’FDA hanno cercato di sminuire l’accaduto. Il primo dicendo che le sue dichiarazioni sono state estrapolate. La giustificazione della FDA appare invece ancora più paradossale, sostenendo che non lavora in questioni collegate ai vaccini e che il suo pensiero non rappresenta quello dell’agenzia.
Affermazioni facilmente smentibili, perché Christopher Cole risulta essere responsabile del Medical Countermeasures Initiative della FDA. Secondo quanto riporta la stessa agenzia tale ufficio “si occupa anche di farmaci, vaccini e test diagnostici utilizzati per contrastare le minacce siano efficaci e sicuri”. E quali sono queste minacce secondo la FDA? Sono sempre loro stessi a dirlo e le etichettano come “malattie infettive emergenti”, tra cui non può mancare il Covid 19.
Possiamo quindi ragionevolmente credere che Christopher Cole abbia lavorato piuttosto da vicino nel processo di approvazione dei vaccini anti Covid e parli con una certa cognizione di causa. Ricordiamo poi che la FDA aveva già recentemente perso pezzi importanti del suo staff sempre a causa della questione vaccini. Marion Gruber e Phil Krause, rispettivamente direttore e vicedirettore dell’ufficio di ricerca e revisione sui vaccini si erano dimessi lo scorso settembre a causa dell’eccessiva pressione politica ricevuta per accelerare l’approvazione della terza dose.
Non possiamo pensare che anche questa volta si possa risolvere tutto con delle dimissioni e una semplice presa di distanze da parte della FDA.
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corallorosso · 3 years
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Morte, carcere, frustate: caro Rinaldi, questo rischiano i gay quando viaggiano “Non so se ci rendiamo conto che facciamo viaggi personalizzati per chi ha un orientamento omosessuale. Lo trovo discriminatorio nei confronti degli etero. Non capisco perché perseverate in queste cose. Proclamate l'uguaglianza, volete essere considerati uguali e vi ponete in una condizione di differenza. Incentiviamo anche il turismo degli etero”. Questo fiume in piena di idiozie è stato pronunciato da Alessandro Rinaldi, consigliere (della Lega, ovviamente) di Reggio Emilia, che nel corso del consiglio comunale ha voluto dare un’ulteriore conferma che in Italia c’è un problema di omofobia, e questo problema si chiama Lega. Ma queste parole sono particolarmente urticanti, perché oltre alle solite scemenze (la famosa discriminazione degli etero, per esempio), va a toccare un argomento molto serio, una parte consistente nella vita delle persone Lgbtqi+. Ossia il fatto che esiste una lista di 72 paesi in cui essere omosessuali è punibile con il carcere o con la morte: in cinque Stati dell’Africa e dell’Asia, Mauritania, Sudan, Iran, Yemen e Arabia Saudita, esiste ancora l’esecuzione capitale. Perché esiste il turismo Lgbtqi+? Come qualsiasi persona che fa parte della comunità potrà dirvi, il livello di ‘gay friendly’ varia addirittura di zona in zona all’interno delle singole città, figuriamoci tra paese e paese. In Europa, senza dover andare in capo al mondo, la cattolicissima Polonia ha creato delle zone ‘libere da Lgbt’, con tanto di cartelli apposti all’ingresso dei paesi. Sognate una vacanza alle Maldive? Bene, ma solo se siete etero, dato che gli atti omosessuali sono puniti con le frustate o il carcere. Secondo Rinaldi, dovremmo comportarci da ‘persone normali’. Per persone normali intende gli eterosessuali, gli stessi che quando vanno in vacanza si dilettano in attività come il turismo sessuale, attività in cui gli italiani eccellono: come scrive The Vision, secondo l’Ecpat – End Child Prostitution in Asian Tourism, ogni anno tre milioni di persone viaggiano per turismo sessuale. Circa 250mila sono in cerca di vittime minorenni il cui sfruttamento genera un mercato da 20 miliardi di dollari – e il fenomeno è sottostimato. Il triste primato, con 80mila partenze l’anno, va agli italiani. Non ci dovrebbe essere mai bisogno di rimarcare che se esiste una categoria umana, in tutta la storia della nostra specie su questo pianeta, che non è mai stata oggetto di discriminazione, quella è proprio l’eterosessualità. Le parole di Rinaldi risultano particolarmente odiose perché essere un omosessuale vuol dire vivere consapevole che, tra tutti i diritti che non ci sono riconosciuti (avere una famiglia, per dirne uno), dobbiamo anche aggiungere quello di non poter decidere liberamente dove andare in vacanza, ma dover sempre leggere, nelle guide turistiche, la sezione ‘gay friendly’. E lo dobbiamo fare perché, per colpa dell’ignoranza di persone come Rinaldi, ogni volta che ci muoviamo dobbiamo sempre temere di trovarci nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo. Giuseppe Cassarà
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mezzopieno-news · 2 years
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LA SCUOLA CHE PRODUCE LA SUA ENERGIA PEDALANDO
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Un liceo australiano genera pedalando l’elettricità di cui ha bisogno: la Huonville High School in Tasmania si alimenta solo attraverso fonti rinnovabili, con pannelli solari, l’energia idroelettrica del fiume che scorre dietro alla scuola e anche le sue biciclette. Gli studenti spendono ogni giorno un po’ del loro tempo per produrre l’energia che serve al loro istituto, imparandone il valore attraverso la fatica che occorre per produrla.
"Cerchiamo di aumentare la loro consapevolezza sull’efficienza energetica in questo modo", spiega Michael Fewing, l’insegante che sta insegnando a questi ragazzi quanta energia serve per alimentare le cose. "Vedete questa friggitrice? In questo momento viene alimentata da loro, così sanno quanto devono pedalare e quanta elettricità devono generare per compiere un’azione quotidiana come cucinare".
"Ho capito che possiamo fare la differenza", dice la giovane studentessa Saila Pereira mentre pedala. Gli studenti del liceo stanno andando a scuola in bicicletta per il desiderio di combattere il cambiamento climatico, implementando una trasformazione che ha contribuito a risparmiare 44.000 dollari in bollette da quando hanno iniziato le loro attività di risparmio energetico e sta anche ispirando i giovani della comunità ad agire per il futuro del pianeta su scala locale.
Gli studenti della Huonville High School hanno vinto lo Zayed Future Energy Prize e hanno utilizzato il premio per creare un laboratorio dove i ragazzi imparano e insegnano come l'energia rinnovabile può essere applicata alla vita quotidiana.
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Fonte: Huonville High School; Zayed Future Energy - 16 dicembre 2021
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t-annhauser · 4 years
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George Washington/1
La grande storia dei presidenti americani
Il primo presidente degli Stati Uniti, com'è noto, fu George Washington. Washington nacque a Bridges Creek, Virginia, il 22 febbraio 1732 sotto il segno dei pesci. Bridges Creek non era propriamente un centro abitato, era più un appezzamento, sulle attuali mappe lo si trova indicato con il nome di George Washington Birthplace National Monument e consta della sola tenuta della famiglia Washington appositamente ricostruita a scopo celebrativo. Non possedendo gli Stati Uniti una storia antecedente al 1607, anno della fondazione della prima colonia inglese sul suolo americano (Jamestown sul fiume James, baia di Chesapeake, Virginia), i primi presidenti americani nascevano un po' qua e là, dove capitava. Il padre, un proprietario terriero benestante ma dai modi un po' rustici, morì quando George aveva solo 11 anni, sicché della sua educazione si occuparono la madre Mary Ball e il fratello maggiore Lawrence.
Il giovane George era molto portato per le materie scientifiche e intraprese la carriera di geometra agrimensore. Non si sa se fu per calcolo o per vocazione, fatto sta che il suo mestiere lo portava a entrare in contatto con famiglie piuttosto abbienti cui il giovane agrimensore quantificava quotidianamente le sostanze. Strinse dunque un'intima amicizia con la moglie del ricco proprietario terriero George William Fairfax, Sally Fairfax nata Sarah Cary, a cui continuò a scrivere lettere amichevoli nel corso degli anni, lettere che aveva poi l'accortezza di bruciare per non lasciare adito a pettegolezzi. I Fairfax furono molto gentili con George, gli fecero da padrini e lo presero sotto la loro ala protettrice, gli diedero una ripulita contribuendo ad affinarne i modi e soprattutto le conoscenze umanistiche nelle quali George, ahimè, deficitava. 
Frequentate le versioni di latino e le lezioni di etichetta George si sentì pronto per il grande salto, voleva diventare un proprietario terriero. Detto fatto: alla morte del fratello, già imparentato con i Fairfax, Washington ereditò la loro grande tenuta di famiglia a Mount Vernon, 2126 acri, 8,6 km quadrati (20 volte Città del Vaticano). Questo però non bastò a placarne l'ambizione poiché subito dopo decise di intraprendere la carriera militare arruolandosi nella milizia della Virginia in cui entrò, vista la posizione sociale, col grado di maggiore. Si trattava di milizie inglesi che difendevano le colonie dagli attacchi indiani e francesi (francesi e indiani alleati). Il giovane Washington, a soli 23 anni, divenne colonnello. Si distinse in battaglia e sostituì il generale inglese Braddock a capo dell'esercito quando cadde ferito. Tatticamente non era un genio ma era un buon organizzatore di uomini e di risorse.
Congedato con onore dall'esercito e tornato a Mount Vernon decise di trovarsi moglie e la individuò nella vedova Martha Dandridge Custis, la cui principale attrattiva, manco a dirlo, era il suo patrimonio stimato successivamente in 100.000 dollari americani. Dal carteggio con Sally Fairfax sappiamo che George fu spesso sul punto di rompere il fidanzamento con la ricca vedova ma su insistenza dell'amica alla fine si rassegnò al grande passo. Gli annali ci informano che fu un matrimonio ben riuscito, la coppia non ebbe figli ma George adottò di buon grado quelli della moglie. A quel punto il suo patrimonio si era così accresciuto che entrò come deputato nel parlamento della Virginia: ricche amicizie e scalate sociali, George Washington autentico interprete del sogno americano. 
(continua)
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viaggioincina · 3 years
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Impossibile perdersi il paesaggio lungo la ferrovia ad alta velocità Xi'an-Chengdu
È passato più di un anno dall'entrata in servizio della ferrovia ad alta velocità Xi'an-Chengdu il 6 dicembre 2017. Si tratta della prima linea ferroviaria ad alta velocità tra la provincia del Sichuan e la Cina nordoccidentale e segna un'altra pietra miliare nella storia delle ferrovie cinesi. Oltre a ciò, è anche un affascinante itinerario di viaggio che collega due popolari destinazioni turistiche in un tempo di percorrenza notevolmente ridotto. L'intero viaggio da Xi'an a Chengdu durava fino a 16 ore e ora ne richiede solo tre, consentendo alle persone di fare un viaggio di andata e ritorno in un giorno. I posti in seconda classe costano 263 yuan (39,15 dollari USA). Qui di seguito, ripercorriamo alcuni degli scenari da non perdere lungo il percorso.
Stazione ferroviaria di Xi'an Nord
Xi'an, la capitale della provincia dello Shaanxi nella Cina nord-occidentale, è una città antica e ricca di storia. Il centro della città è circondato da un muro, un antico sistema difensivo militare che è sopravvissuto in Cina. La città è piena di architettura classica cinese, con un totale di 18 porte e la Porta Sud, o Porta Yongning, è la più antica e magnifica. Si può godere di una piacevole passeggiata a piedi o in bicicletta sulle mura della città. La città ospita anche due musei che ne illustrano la storia. L'ingresso costa 54 yuan (otto dollari americani) per gli adulti, con bambini e studenti che pagano metà prezzo. Dopo aver esplorato le mura della città, si può visitare il vicino Campanile. Un altro luogo da non perdere è senza dubbio il famoso Esercito di Terrecotta, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, che risale al III secolo a.C. Le figure di guerrieri a grandezza naturale, carri e cavalli furono sepolti insieme al primo imperatore cinese, Qin Shi Huang, per proteggerlo nell'aldilà. La grande tomba fu poi scoperta accidentalmente dai contadini locali nel 1974, trasformandola in una delle attrazioni più conosciute della Cina. Il periodo migliore per visitare Xi'an va da marzo a maggio e da settembre a novembre. Se siete interessati a trattenervi più a lungo, leggete questo post: Come perfezionare il tuo soggiorno di 72 ore senza visto a Xi'an
Stazione ferroviaria di Chengdu Est
Finalmente il treno proiettile vi porta all'ultima fermata - Chengdu. Nell'ultima puntata, abbiamo consigliato la Base di Ricerca di Allevamento dei Panda Giganti e il Vicolo Largo e Stretto. Questa volta vi portiamo al sistema di irrigazione Dujiangyan alla periferia della città e a Jinli Ancient Street. La costruzione del sistema di irrigazione risale alla dinastia Qin (221-206 a.C.). Situato sul fiume Minjiang, è il più lungo affluente del fiume Yangtze, da qui il soprannome di "Tesoro del Sichuan". Svolge un ruolo significativo nel drenaggio delle acque alluvionali, nell'irrigazione delle fattorie e nella fornitura di risorse idriche a più di 50 città della provincia. Jinli Ancient Street, situato a est del Tempio di Wuhou a Chengdu, è uno dei musei di reliquie più visitati del periodo dei Tre Regni (220-280) in Cina. Qui potrete vedere la combinazione della sua antica cultura con le usanze popolari del Sichuan.
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paoloxl · 4 years
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Membro dell'etnia degli Ogoni, fin dagli anni ottanta Saro Wiwa ne diventò il portavoce, conducendo una feroce e determinata campagna contro le multinazionali (Shell in primo luogo) responsabili di continue perdite di petrolio e conseguenti danni alle colture e all'ecosistema della zona.
Wiwa fu inoltre molto critico nei confronti del governo nigeriano che vedeva riluttante ad avvalorare delle regolamentazioni ambientali per le compagnie petrolifere operanti nell'aerea del delta del fiume.
Presidente del movimento per la sopravvivenza della popolazione Ogoni (MOSOP), Saro Wiwa continuò la sua battaglia per i diritti culturali, ambientali e per dare maggiore autonomia all'etnia della sua famiglia e dei suoi concittadini: nel gennaio 1993, a seguito della sua scarcerazione ottenuta dopo l'arresto e la detenzione avvenuti senza che si fosse svolto alcun processo, il MOSOP organizzò infatti una grandissima manifestazione a cui parteciparono 300.000 Ogoni – più di metà degli abitanti di Ogoniland – attirando l'attenzione di tutto il mondo sull'impegno di questa popolazione.
Lo stesso anno il governo occupò e militarizzò l'intera regione.
Il 21 maggio 1994, quattro oppositori del MOSOP furono brutalmente assassinati; a Saro Wiwa fu negato l'accesso alla città di Ogoniland e venne arrestato e accusato di incitamento alla violenza: egli smentì le accuse che lo vedevano complice dell'omicidio, ma ciò nonostante venne imprigionato per più di un anno prima di essere dichiarato colpevole e condannato a morte da un tribunale speciale.
Il 10 novembre 1995, Ken Saro Wiwa venne impiccato insieme ad altri 8 attivisti del MOSOP.
Nel 1996 Jenny Green, avvocato del Centre for Constitutional Rights di New York avviò una causa contro la Shell per dimostrare il coinvolgimento della multinazionale petrolifera nell'esecuzione di Saro-Wiwa.
Il processo ebbe poi inizio nel maggio 2009 e la Shell subito patteggiò accettando di pagare un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari. La Shell però precisò che aveva accettato di pagare il risarcimento non perché colpevole del fatto ma per aiutare il "processo di riconciliazione".
 
Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella.
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro.
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è.
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un'intera generazione
È il poliziotto che corre all'impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno.
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L'inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
È questo
È questo
È questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.
 
 "La vera prigione'' - Ken Saro Wiwa
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travel-addicted · 4 years
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Tra l’Angola e il Botswana, una sottilissima striscia di terra appartenente alla Namibia si allunga fino a raggiungere il punto in cui il fiume Kwando, che segna il confine con il Botswana, si getta nello Zambezi, che la separa dall’Angola, a pochi chilometri dal confine con lo Zimbabwe. Una lingua di territorio lunga 450 chilometri e spessa solo 30, insanguinata per tutta la seconda metà degli anni Novanta dallo scontro tra il governo namibiano e i separatisti della Caprivi Liberation Army. Dopo  anni di atrocità, distruzione delle sue ricchezze naturali e bracconaggio, gli animali stanno tornando a popolare i parchi del Caprivi, insieme a qualche turista. Noi l’abbiamo percorsa da est a ovest, attraversando i parchi naturali ancora poco frequentati dagli stranieri e tagliati dalla statale B8, che collega Katima Mulilo a Rundu.
Un viaggio in autobus durato un’intera giornata ci ha portati da Victoria Falls a Katima, attraverso la regione settentrionale del Botswana. Più di otto ore, tra controlli sanitari, disinfezione delle suole delle scarpe e acquisizione di impronte digitali a ogni confine.
Katima Mulilo è la prima città che si incontra entrando in Namibia dal Botswana settentrionale: un avamposto di circa 30.000 abitanti, la città più lontana dalla capitale Windhoek. Qui è dove abbiamo ritirato la nostra auto a noleggio, una piccola Toyota Etios che ci ha accompagnati fino a Cape Town. Lungo la strada principale di Katima, si possono acquistare generi di prima necessità e il carburante necessario per proseguire fino a Rundu. Dopo le 18, gli unici luoghi per mangiare qualcosa sono i negozi dei distributori di benzina o i fast food annessi. Impossibile però pagare in dollari o con carta di credito straniera: essendo riusciti a cambiare circa 5 dollari in moneta locale grazie alla gentilezza della gerente della guest-house dove abbiamo alloggiato, siamo riusciti ad acquistare da bere e qualche snack per dormire a pancia piena.
Riposati e rifocillati, la mattina del nostro primo giorno in Namibia siamo partiti in direzione ovest. Nel giro di pochi chilometri, ci stiamo ritrovati da soli lungo la statale B8, un parco nazionale dietro l’altro, tra elefanti che ci hanno attraversato la strada e villaggi di capanne apparentemente disabitati.
Le nuvole di sabbia sollevate dai branchi di pachidermi, la boscaglia secca ai lati della strada e i rari alberi verdi, sinonimo di acqua nel sottosuolo, sono uno spettacolo che rivedo davanti a me chiudendo gli occhi. Seguiamo la C49 e poi la B8, attraversando il Wuparo Conservancy ed entrando nel Mudumu National Park, una delle aree più ricche di fauna fino agli anni Ottanta, quando divenne una concessione di caccia non ufficiale e gli animali furono decimati.
All’interno del parco di può visitare il bellissimo villaggio-museo di Lizauli, fondato a poca distanza dall’abitato per far conoscere ai viaggiatori gli stili di vita tradizionali del Caprivi. Le guide locali forniscono informazioni sull’alimentazione, i metodi di pesca, caccia e allevamento, l’organizzazione sociale e politica dei villaggi, l’artigianato, la medicina tradizionale, i giochi e la musica. E’ stata l’occasione perfetta per toccare con mano le usanze di una delle tante tribù namibiane, dagli stili di vita estremamente diversi l’una dall’altra.
I Kaprivian sono circa 80.000, divisi in cinque tribù: i Lozi, i Mafwe, i Subia, gli Yei e i Mbukushu. Agricoltura di sussistenza, pesca e allevamento di bestiame ne garantiscono la sopravvivenza. La lingua franca di questi popoli è un idioma derivato dal lozi, tribù che controllava tutta l’area fino al XIX secolo. Grazie proprio alla visita guidata al museo abbiamo scoperto che per allontanare gli animali feroci utilizzano una frusta che, picchiata a terra, produce un suono simile ad uno sparo. Una sorta di slitta in legno trainata da buoi è usata per i trasporti, mentre per proteggere il cibo conservato in ampie ceste costruiscono trappole per topi con la terra dei termitai e per difendere i polli dai predatori, durante la notte, li chiudono in piccole gabbie rialzate. La calabash, in italiano “zucca a fiasco”, è il recipiente usato per il trasporto dell’acqua e per la conservazione del latte, che al suo interno è fatto diventare acido, per poi impiegarlo nella preparazione del porridge. La musica dello xilofono è tipica delle grandi festività, quando tutto il villaggio partecipa alle celebrazioni e si cucinano cibi in grande quantità. Si mescola ai canti e al suono prodotto dalle gonne fatte in legno delle danzatrici.
Parte del progetto del museo è anche la vendita di prodotti artigianali, i cui proventi contribuiscono al sostentamento della comunità e alla tutela della fauna contro il bracconaggio, una piaga che ha afflitto (e ancora oggi continua) tutti i parchi della regione.
E’ solo dopo il cessate il fuoco del 2002 che il Bwabwata è stato dichiarato parco nazionale e i bracconieri non hanno più potuto sfruttare liberamente le risorse di quest’area. La Mahango Game Reserve, una riserva naturale che occupa solo 25 chilometri quadrati di superficie, è un paradiso per gli amanti della savana e degli animali. Senza la necessità di disporre di un fuoristrada, la si può visitare con calma in mezza giornata: il Circular Drive Loop è lungo 20 chilometri e permette di osservare facilmente la ricchissima fauna selvatica.
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Nei pressi di Bagani il fiume Okavango forma una serie di piccole cascate: le Popa Falls, poco più che delle rapide, soprattutto dopo aver assistito allo spettacolo delle Victoria Falls. Un’occasione però per avvistare i coccodrilli che popolano le acque del fiume.
La notte trascorsa sulle sponde dell’Okavango è stata una delle più particolari e allo stesso tempo stancanti che abbia vissuto. Le piazzole del Ngepi Camp si trovano proprio sulle sponde del fiume, pochi metri più in alto di dove sguazzano gli ippopotami. Si è immersi nel bush, i bagni solo all’aria aperta e alle 22 l’elettricità smette di esistere anche nella zona del bar. Ci si riconcilia con i suoni della natura, che tra barriti di elefanti e ruggiti di ippopotami è riuscita anche a farmi temere per qualche ora (esagerando, se ci ripenso) che avremmo potuto morire schiacciati dai pachidermi e nessuno l’avrebbe saputo per molto tempo, dato che anche le comunicazioni sono state pressoché impossibile nei giorni trascorsi nel Kaprivi.
Ma, a ripensarci, è stata un’esperienza preziosa, forse sarà l’unica della mia vita. Svegliarsi all’alba con il canto degli uccelli (anche i grandi animali a una certa ora erano andati a dormire e mi avevano lasciata assopire) e vedere il fiume Okavango, non ha prezzo!
• Welcome to paradise •
Informazioni pratiche:
I parchi e le riserve sono generalmente aperte dall’alba al tramonto. All’ingresso e all’uscita, è necessario registrare i propri dati e pagare una piccola somma di denaro.
Il villaggio-museo di Lizauli non ha orari fissi. Per raggiungerlo, però, si passa davanti all’abitato: quando le guide vedono sopraggiungere dei viaggiatori, arrivano letteralmente di corsa ad accogliervi. Il prezzo dell’ingresso è pari a 40 NAD e i prodotti artigianali in vendita sono splendidi, anche se leggermente più cari che in altre aree, ma sono con certezza costruiti al villaggio e non importati. Inoltre, trovare altri negozi dove acquistare i manufatti tipici del Caprivi è molto difficile: lasciando la regione anche l’artigianato cambia foggia e di villaggi dove “fare shopping” non ce ne sono lungo la strada.
Per raggiungere le Popa Falls è necessario accedere al Popa Falls Resort e pagare il biglietto d’ingresso.
Per avere più informazioni sul camping: http://www.ngepicamp.com. Sulle sponde del fiume, comunque, ce ne sono una decina tra cui scegliere, compresi lodge di lusso.
Caprivi Strip: la rinascita di una ragione contesa Tra l'Angola e il Botswana, una sottilissima striscia di terra appartenente alla Namibia si allunga fino a raggiungere il punto in cui il fiume Kwando, che segna il confine con il Botswana, si getta nello Zambezi, che la separa dall'Angola, a pochi chilometri dal confine con lo Zimbabwe.
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goodbearblind · 5 years
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IL 25 GIUGNO TORO SEDUTO E CAVALLO PAZZO A CAPO DI UNA COALIZIONE DI NATIVI SCONFISSERO CUSTER E IL SETTIMO CAVALLEGGERI NELLA BATTAGLIA DI LITTLE BIG HORN
Il 25 giugno 1876 una coalizione di nativi americani sconfisse a Little Big Horn il settimo cavalleggeri del tenente colonnello Custer. La battaglia, proprio a causa del suo esito, divenne la più nota di quelle combattute durante le cosiddette “guerre indiane”, che videro fronteggiarsi i cosiddetti “indiani d’America” (il termine oggi è usato anche dai nativi) e l’esercito degli Stati Uniti.
L’episodio va inserito nell’ambito della Guerra delle Black Hills, le montagne sacre per i Lakota. I precedenti accordi tra questo popolo e il governo di Washington avevano condotto alla firma di un trattato che da un lato stabiliva definitivamente i confini della Grande Riserva Sioux e dall’altro sanciva che una zona piuttosto ampia dei territori indiani non ricadesse sotto il controllo né indiano né governativo. Quest’area divenne rapidamente terreno di scontri tra nativi e americani; scontri che si intensificarono dopo la scoperta dell’oro nelle Black Hills. Le autorità americane, preoccupate dall’escalation e dalla presenza di migliaia di cercatori di pepite abusivi, offrirono agli indiani 6 milioni di dollari per acquistare i territori contesi. Ma Toro Seduto e Nuvola Rossa rifiutarono di cedere terre che per loro erano sacre. Allora il governo impose un ultimatum ai nativi: avrebbero dovuto lasciare le zone libere e vivere solo nella riserva. Per piegare quelli che si rifiutarono di accettarlo, l’esercito inviò una spedizione composta da tre colonne al comando del generale Crook. Quest’ultimo fu attaccato sul fiume Rosebud dagli “ostili” e costretto ad arrestarsi e poi a retrocedere. Viceversa, gli altri due ufficiali di più alto grado, Gibbon e Terry, proseguirono la marcia ed elaborarono una manovra a tenaglia che avrebbe dovuto schiacciare la resistenza indiana. Il piano prevedeva che il tenente colonnello Custer, ufficiale già noto per le sue intemperanze, si dirigesse verso l’accampamento degli ostili sito a Little Big Horn, e una volta sopraggiunta la fanteria di Gibbon, attaccasse gli indiani. Custer rifiutò di ingrandire il proprio contingente con altri soldati e di portarsi dietro le mitragliatrici Gatling. Avvistato il campo nemico, Custer decise di dividere il settimo in quattro gruppi per circondare gli indiani ed impedire la loro fuga. La strategia si dimostrò fallimentare. Il gruppo di Custer fu sostanzialmente annientato, mentre gli altri subirono perdite gravissime e furono costretti a ritirarsi. Rimasero sul terreno circa 270 giubbe blu, contro la metà degli indiani.
I giornali statunitensi dell'epoca parlarono di diavoli rossi, selvaggi e assassini senza Dio.
"Quando un esercito dei bianchi combatte i nativi americani e vince, questa è considerata una grande vittoria, ma se sono i bianchi ad essere sconfitti, allora è chiamato massacro."
Cannibali e Re
Cronache Ribelli
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Tesori nascosti nell'UE
1-Il tesoro del Capitano Kidd
William Kidd fu un navigatore scozzese, che si dedicò principalmente alla pirateria. Dopo aver ammassato una discreta fortuna, fu arrestato dalla marina inglese, nel 1699. Venne processato e giustiziato nel 1701, e la maggior parte dei suoi tesori non vennero mai ritrovati. Uno dei nascondigli del Capitano Kidd era la Gardener’s Island a New York, dove venne scoperta parte del suo tesoro, inviata in Inghilterra e utilizzata come prova delle sue scorrerie. Si ritiene tuttavia che il grosso dell’oro che Kidd ottenne attraverso atti di pirateria sia nascosto da qualche parte lungo il fiume Connecticut, negli Stati Uniti. Lo scorso maggio, però, alcuni sub dissero di averlo recuperato a largo delle coste del Madagascar.
2-Il tesoro di Schultz
Schultz, all’anagrafe Arthur Flegenheimer, fu un gangster newyorkese che operò a cavallo tra gli anni Venti e Trenta. Nel corso della sua carriera di criminale, accumulò una somma notevole: si parla di svariati milioni di dollari. Il governo americano tentò diverse volte di processarlo e di rinchiuderlo in galera, ma non ebbe mai successo, un po’ per la furbizia di Schultz un po’ perché all’epoca era concentrato sulla cattura di un malavitoso ben più temibile, il celeberrimo Al Capone. Una volta che quest’ultimo venne arrestato, Schultz, temendo la medesima sorte, si rese conto che doveva nascondere parte della sua fortuna, per nascondere ogni prova. Prese quindi 7 milioni di dollari e li seppellì in un posto segreto a New York. Le sole due persone a conoscenza dell’esatta località furono Schultz e la sua guardia del corpo, ma vennero entrambi uccisi prima di finire in prigione. Quei milioni, dunque, giacciono ancora da qualche parte nella Grande Mela…
3-Il tesoro di Napoleone
Il tesoro di Napoleone, ottanta tonnellate d’oro saccheggiate dall’esercito francese nell’autunno del 1812, sarebbe ancora intatto, sepolto sotto un cumulo di terra a poche centinaia di chilometri da Mosca. Poco tempo fa, lo storico Aleksandr Serjoghin fu convinto di averlo finalmente localizzato, con un metodo che lui stesso ha definito “alla codice da Vinci”. Segretissime, per chiari motivi, le coordinate dell’area di scavo. Il più fidato collaboratore di Serjoghin, Vladimir Poryvajev, precisò solamente che «si trova in un triangolo tra le città di Smolensk, Elnja e Kaluga. A circa trecento chilometri dalla capitale». Ancora oggi non si sa se sia stato ritrovato, ma Serjoghin è convinto di avere una mappa precisa di quel luogo grazie a un matematico russo emigrato in Francia, Roman Aleksandrovic, che ha scovato in un archivio il ritratto di un funzionario napoleonico celebre per aver sempre curato la custodia dei valori. Il quadro presenta due singolarità: il cappello a tricorno insolitamente posato per terra e un cielo stellato dipinto persino con più cura dei dettagli del resto del quadro. Secondo Aleksandrovic, cappello e posizione delle stelle nasconderebbero il segreto.
4-Il tesoro di William Thompson
Il viceré del Perù, nel 1820, volle trasportare il tesoro del Paese lontano dai rischi che la guerra contro il Cile avrebbe potuto comportare. William Thompson venne incaricato di guidare 11 navi piene di oggetti preziosi verso il Messico. Ma quest’uomo non era di certo il più affidabile al mondo: era stato un pirata sanguinario in passato, e tutta quella fortuna era troppo per poter resistere. Non appena lasciò il porto, uccise le guardie peruviane e fece rotta verso l’Oceano Indiano. La nave principale di Thompson, la Mary Dear, venne catturata poco dopo, e tutto l’equipaggio venne impiccato, tranne il capitano ed il suo primo ufficiale. Vennero mantenuti in vita, infatti, proprio per mostrare la posizione del tesoro rubato che, pare, avessero nascosto presso l’Isola del Cocco, a largo della Costa Rica. I due tuttavia sparirono nella giungla dell’isola, e non vennero mai ritrovati. Da allora, più di 300 spedizioni hanno cercato di ritrovare il tesoro, senza alcun successo.
5-Il tesoro della Devil's Tower
Sul confine del Wyoming c’è una montagna che sembra un tronco d’albero. Diverse leggende parlano di questa altura misteriosa, e della regione attorno ad essa. Si chiama “Devil’s Tower”, la torre del diavolo, si trova nella zona conosciuta come Black Hills, e ha alcune vaste ed intricate grotte sotto di essa. Alla fine del XIX secolo, alcuni cercatori d’oro si avventurarono nelle caverne, compresi tre nativi americani che avrebbero trovato un passaggio che portava alle caverne. Durante l’esplorazione del tunnel trovarono alcune ossa, fino ad imbattersi in un lago sotterraneo sulle cui sponde trovarono grandi quantità d’oro. Non potendo trasportare l’oro in superficie, gli indiani bloccarono l’entrata delle caverne, per poter tornare più tardi e recuperare il bottino. Nessuno dei tre indiani tuttavia tornò mai, e nessuno riuscì più a ritrovare la via per le caverne, e quindi per l’oro.
6-Il tesoro del lago Toplitz
Il Lago Toplitz si trova a circa 10 km di distanza da Salisburgo, nel mezzo delle Alpi austriache. Per metà dell’anno è ricoperto di ghiaccio, e la storiografia dice che durante la Seconda Guerra Mondiale un comandante della Luftwaffe avesse costruito un cottage sulle sue sponde. Il posto era un luogo ideale per testare nuove armi, per via della posizione isolata e lontana da occhi indiscreti. Si dice inoltre che i nazisti abbiano nascosto nei paraggi oro e documenti segreti, che pare si trovino tutt’oggi sul fondo del lago, in attesa che qualche fortunato li trovi.
7-Il Buddha d'oro di Manila
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’esercito giapponese, sotto il comando del generale Tomoyuki Yamashita, rubò un tesoro di ignota provenienza del valore di svariati miliardi di dollari, il quale venne nascosto in una serie di caverne sotterranee nelle Filippine. Nel 1961, Rogelio Roxas, collezionista di monete e cacciatore di tesori, incontrò un uomo di nome Fuchugami, che gli spiegò come il tesoro fosse nascosto nella città di Baguio, a circa 250 km da Manila. Un abitante locale, Eusebio Ocubo, era in possesso di una mappa disegnata da un soldato giapponese che aveva aiutato a seppellire il tesoro, e confermò a Roxas che il tesoro si trovava all’interno di alcuni tunnel, e che un pezzo del tesoro era un Buddha in oro e pietre preziose. Roxas iniziò a scavare nell’area, ritrovando una statua di quasi una tonnellata d’oro e diversi contenitori di legno colmi di lingotti. Si stima che il solo Buddha d’oro avesse un valore di 460 milioni di dollari. Attualmente il tesoro è scomparso, sequestrato dal governo filippino di Ferdinand Marcos negli anni Settanta. Si stima che il valore complessivo del tesoro ammonti ad oltre 5,3 miliardi di dollari.
8-Il tesoro di Novara
Veniamo ora alle terre italiane, ben più facilmente raggiungibili per chi volesse tentare l’impresa. Il Castello di Novara fu costruito durante il dominio di Galeazzo Visconti, verso la seconda metà del Trecento. Dal 1472 in poi, fu completamente ristrutturato per utilizzo militare prima e come carcere poi. Esiste una leggenda, con forti contorni storici, che riguarda l’esistenza di un cavallo d’oro disegnato addirittura dallo stesso Leonardo da Vinci. Pare che questo tesoro fosse stato realizzato in onore di Ludovico il Moro, e successivamente nascosto nei sotterranei del maniero, talmente bene che nessuno fu stato mai in grado di ritrovarlo. Si dice che ci sia una profonda galleria che attraverserebbe tutta la città, e che porterebbe a questi sotterranei, ma non se ne conosce l’entrata.
9-Il tesoro di Treia
 La leggenda dice che sul luogo dove oggi sorge il Santuario del Crocifisso, a Treia in provincia di Macerata, esisteva un’antica chiesa molto ricca, perché era diffuso tra i nobili offrire candelabri d’oro e d’argento, gioielli e monete alle autorità ecclesiastiche. Quando la chiesetta traboccò di ori e averi, fino a quasi non contenerli più, ci fu un fortissimo terremoto, che inghiottì questo immenso tesoro, quasi che Dio stesso avesse considerato troppo esuberante la ricchezza di quel luogo sacro. Molti ricercatori tornarono sul posto, forti di quella leggenda, scavando e cercando l’enorme ricchezza che quel terreno celava. Non era inusuale trovare, al mattino, grosse buche scavate da chissà chi, nella notte precedente. Ah, per il momento non è ancora stato ritrovato nulla.
10-L'oro del Terzo Reich
Il più intrigante mistero dell’immediato dopoguerra: dov’è finita l’immensa ricchezza depredata dal Terzo Reich in tutta Europa? Berlino, sabato 3 febbraio 1945: 950 velivoli alleati sganciano oltre 2.200 tonnellate di bombe sulla città. Il bilancio finale parla di 2mila morti e oltre 120mila senzatetto. La città è in fiamme, la maggior parte dei quartieri rasa al suolo da un bombardamento senza precedenti. Walther Funk, il direttore della Reichsbank, prende una fatidica decisione: il cuore del sistema finanziario tedesco deve salvare la riserva aurea che permetterà alla Germania di risorgere nel dopoguerra. Oltre 100 tonnellate d’oro e mille sacchi di banconote vengono velocemente stipati in 13 vagoni ferroviari e trasferiti nella miniera di sale di Kaiseroda, nell’area di Merkers, a circa 320 km dalla capitale. Il nascondiglio pensato da Funk sembra buono: 800 metri di profondità con 50 chilometri di gallerie avrebbero reso la vita difficile a qualunque ladro. E pare che tutto sia ancora lì.
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virginiamanda · 5 years
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Incredibile ma vero, ho 34 anni.
E sono tornata a studiare.
Studiare nel senso che viene subito in mente: sui banchi, con lo zainetto, l’astuccio con le penne e il quaderno degli appunti.
Proprio così.
Ci sono delle piccole differenze: lo zainetto è in pelle (di una marca impronunciabile che  comprò in un impeto di follia consumista l’Orso ad Honolulu. “Perché è risaputo che gli oggetti di marca alle Hawaii costano meno”, mi diceva mentre strusciava la carta e io ribattevo: “Amore, si ok, ma QUANTO meno? A me pare comunque tanto”,. “Ma è perché è in dollari americani, devi fare la conversione” cianciava con noncuranza lui, pensando di farla franca), l’astuccio è stato comprato a Buenos Aires al mercato e c’è Mafalda disegnata e le penne sono tutte di alberghi che abbiamo visitato (o meglio, dove abbiamo bivaccato) l’ultimo anno.
Anzi no, non tutte. C’è anche quella a forma di carota che ho comprato in Cina.
(Perché non te ne puoi andare dalla Cina senza aver comprato una cinesata).
(E perché la maturità è comunque un concetto vago).
Quindi sì, non è vero che si torna ad avere tanti (quanti? Ho fatto il conto il primo giorno quando l’insegnante ha scritto la data. DUEMILADICIANNOVE. E io ho pensato: il 3 settembre 2003 mi immatricolavo. Sedici anni fa. Sedici) anni di meno.
Si torna a fare azioni familiari, a riprendere abitudini che per una tappa relativamente lunga della vita erano consolidate.
E poi sono state sostituite da altre.
Quindi sì, ha ragione la mia saggia sorella quando mi scrive: “Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume”.
Di acqua ne è passata.
Eccome.
Alcune situazioni ora mi fanno sorridere e mi fanno capire che non sono più la ragazzina spaurita con i jeans a vita bassissima e a zampa d’elefante (Oh Mon Dieu!) che arrivava per la prima volta in una città diversa dalla propria.
Della sera in cui i miei genitori mi hanno lasciata nella mia nuova casa, la prima senza di loro, ho un ricordo nitido: loro due seduti sul letto (sul mio nuovo letto!) che lasciano trasparire una piccola emozione confusa. C’era orgoglio e timore.
Dopo poco li ho accompagnati alla stazione, per prendere il treno del ritorno.
E ho capito che si era appena chiusa una tappa e che ne iniziava un’altra.
Quanto tempo è passato da allora, e anche se non sono così vecchia, beh, devo ammettere che sono proprio contenta che sia passato.
Sono felice (e anche da questo si nota che è passato il tempo: non ho paura ad usare questa parola, felice) di poter approfondire delle materie che mi piacciono tanto, e di farlo in un’università prestigiosa, e di farlo con le mie forze.
Non sono più la ragazzina che salutava i miei al binario.
Ma loro ci sono ancora, per fortuna e Dio me li conservi sempre, ad incoraggiarmi in questa nuova tappa così strana e così fuori tempo.
E invece di chiamare loro alla sera per dire che va tutto bene, chiamo mio marito.
Già, una delle differenze dal mio primo anno di università è che nel frattempo mi sono sposata.
Chi l’avrebbe mai detto?
  Un’altra differenza è che l’altro giorno una delle mie insegnanti mi ha chiesto di rimanere dopo la lezione, perché voleva presentarmi una professoressa.
Io mi sono stupita, perché non avevo chiesto niente, sono rimasta sorpresa.
E questa professoressa universitaria si è presentata dicendo di aver chiesto di conoscermi, dopo aver sentito parlare di me.
  Ecco, anche questa è una cosa che la ragazzina spaurita con la maglia dell’Onyx non sarebbe  riuscita a credere.
  Oggi, una compagna di corso mi ha chiesto come uscire dall’impasse con un altro compagno che le piace.
“Come hai fatto tu con tuo marito?” mi ha chiesto.
E le ho riassunto la storia: ho dato per scontato che stessimo assieme e gli ho detto “Tu rimani”.
E questo, questo, soprattutto questo, risulterebbe  davvero incredibile alla ragazzetta con i pantaloni troppo bassi che finivano sempre sotto le scarpe e il diario pieno di pensieri sconclusionati, le notti in bianco a ricostruire i discorsi e rivalutarli da tutti i punti di vista e i pianti in bagno.
Io che dò consigli d’amore, da donna risolta.
  Cambiano i tempi, cambiamo noi, e non rimaniamo giovani per sempre.
Ma non è per forza una brutta cosa.
(Questo è per chi, arrivato alla fine di questo post, si dovesse chiedere: “Eh vabbè, ma QUANTO bassa sarà stata questa vita bassa?”. Fidati amico, PARECCHIO bassa.)
Tornare all’università a 34 anni. Incredibile ma vero, ho 34 anni. E sono tornata a studiare. Studiare nel senso che viene subito in mente: sui banchi, con lo zainetto, l'astuccio con le penne e il quaderno degli appunti.
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foxpapa · 5 years
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Il mercato dei fossili
Fotografia di Roland T. Bird, National Geographic
Un mercante di fossili espone i suoi prodotti sul fiume Paluxy, in Texas, nel 1952. Jim Ryals, al centro dell'immagine, sta mostrando orme di dinosauro che ha raccolto nelle vicinanze, vendute al prezzo di 15-25 dollari l'una. Ryals aveva incatenato insieme i reperti per scoraggiare i ladri. Le norme in materia di compravendita di fossili sono diventate sempre più rigide nel corso degli anni, in quanto i paesi hanno iniziato a considerare le risorse non rinnovabili come parte importante del loro patrimonio
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corallorosso · 3 years
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Terremoto Irpinia, la propaganda leghista coprì una grande bugia: il Nord ingrassò su quella tragedia di Antonello Caporale Non ci crederete, ma anche Saddam Hussein, quarant’anni fa, staccò un assegno: cinquecentomila dollari per aiutarci a fare fronte alla tragedia. Il terremoto, conosciuto come quello dell’Irpinia ma che in realtà colpì ferocemente larga parte della Campania e della Basilicata, è l’unica catastrofe naturale che abbia cambiato il volto politico e civile dell’Italia. Quel terremoto, che oggi celebriamo nei suoi quarant’anni, ha dapprima unito l’Italia, perché la quantità di morti e di feriti, la dimensione della sciagura, mosse il Paese e il mondo intero a una solidarietà totale e incondizionata. Ma gli scandali che seguirono o accompagnarono la ricostruzione, scandali che i media definirono come “Irpiniagate”, sancirono la frattura del Nord col Sud, furono la miccia che diede fuoco all’animo leghista, all’idea della Padania, alla Lega che Umberto Bossi disegnò nel suo primo manifesto: il nord dipinto come una grande mucca e il sud che beveva il suo latte. Chi lavorava e chi mungeva, chi portava i soldi e chi li sprecava. Era propaganda certo, ma tanto suggestiva, di fronte al fiume di miliardi di lire che si dirigevano tra Napoli e Potenza negli anni seguenti al sisma senza una logica, una validazione, un esempio di buona pratica. La propaganda coprì una grande bugia: quel fiume di danaro servì non solo a costruire una rendita parassitaria alla classe dirigente del Mezzogiorno, che distribuiva a una società prevalentemente rurale un castello di promesse, di offerte, di capitali che invece avevano il solo scopo di irrobustire un sistema clientelare. Quei soldi, il conto finale sarà di 55mila miliardi di lire, furono ossigeno per le aziende del nord, e boccone prelibato per i tantissimi imprenditori padani che fecero incetta di dazioni senza vincolo. Il Nord ingrassò su quella tragedia mentre il Sud, gonfiato dalle provvidenze, viveva la sua stagione più falsa. Nessun progresso vero, nessuna responsabilità, nessun salto di qualità. Solo cemento, buttato ovunque, che tombava le campagne. Certo, il terremoto colpì la parte più fragile, quell’Italia interna e perduta che viveva condizioni di arretratezza. Chi voglia adesso percorrere quelle strade che ieri nemmeno erano segnate bene nella cartografia ufficiale, assisterà a un paesaggio mutato. Non mura cadenti ma intonaci ben fatti, case ampie, confortevoli ovunque. E’ mutato il paesaggio, e quelle scene drammatiche di una società primitiva e impaurita, piegata da un dolore così enorme ... Quel che fa male, e che qui piangiamo, non sono solo i circa tremila morti, gli ottomila feriti, il mezzo milione di sfollati. Piangiamo l’incapacità di aver dato dignità ai soldi della ricostruzione, di non averli saputo metterli a frutto, di averne sprecati tanti e lasciato alle generazioni che sono nate nei prefabbricati case magari più comode ma non un lavoro, un futuro, un orizzonte. Terra di emigranti, ieri come oggi. Questa è insieme l’accusa alla classe politica ma anche la colpa, la più grande, la più definitiva, di una società che ha guardato, ferma alla riva, scorrere quel fiume di denaro senza chiedere, senza giudicare, senza protestare. © Foto di Antonietta De Lillo
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mezzopieno-news · 3 years
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IL DESERTO DIVENTA UNA FORESTA RIGOGLIOSA
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L'altopiano del Loess, nel nord-ovest della Cina, è un luogo lussureggiante e rigoglioso che ospita diverse specie di animali e campi coltivati. Oggi le sue terre sono piene di vita, ma poco più di quindici anni fa questo fiorente ecosistema era diventato un deserto, devastato da secoli di agricoltura insostenibile che avevano causato erosione del suolo, inondazioni e dissesto idrogeologico. La zona era caduta in abbandono e in povertà.
Nel 1995 il governo cinese avviò una imponente opera di recupero e conservazione dell’altopiano, grazie a un finanziamento di 300 milioni di dollari dalla Banca Mondiale. L’iniziativa di recupero ha coinvolto due elementi, quelli agricoli e quelli sociali, causa e sintomo del problema e collegati tra di loro. Le colture dei contadini avevano esasperato la devastazione agricola, gli alberi abbattuti per far posto alle coltivazioni causavano l’erosione del suolo e il grande Fiume Giallo iniziò a inondare regolarmente la valle.
Gli scienziati hanno lavorato per portare tecniche di semina e terrazze ad ampio rendimento, per proteggere il suolo e migliorare la produttività delle colture. Sono stati introdotti diritti di utilizzo del suolo per gli abitanti dei villaggi, dando loro un motivo per investire nella salute della loro terra e nelle tecniche sostenibili di coltura, sono stati vietati il pascolo e l'abbattimento degli alberi. La combinazione di queste tecniche ha ridotto l'erosione del suolo di 60 tonnellate all'anno, aumentando la produzione alimentare e la vegetazione.
L’altopiano oggi è ricco di prodotti e animali e gli agricoltori stanno raccogliendo i frutti di un miracolo in pieno deserto.
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 Fonte: World Bank - 17 aprile 2021
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