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#bianco antico
sassy-john-watson · 6 months
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Brick Exterior Ideas for a substantial craftsman one-story brick home's exterior renovation
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shadowbirdsitu · 9 months
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Enclosed Milwaukee Large transitional l-shaped dark wood floor enclosed kitchen photo with a drop-in sink, shaker cabinets, medium tone wood cabinets, granite countertops, white backsplash, porcelain backsplash, stainless steel appliances and an island
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goshcas · 11 months
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Kitchen Enclosed Large transitional l-shaped dark wood floor enclosed kitchen photo with a drop-in sink, shaker cabinets, medium tone wood cabinets, granite countertops, white backsplash, porcelain backsplash, stainless steel appliances and an island
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xbabyjah · 1 year
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Farmhouse Kitchen (Raleigh)
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spacecampband · 9 months
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Eclectic Powder Room Small eclectic powder room with green walls, a two-piece toilet, and a pedestal sink.
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fashionbooksmilano · 1 month
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Seta. Potere e glamour
Tessuti e abiti dal rinascimento al XX secolo
Roberta Orsi Landini
Autori dei saggi: Marie Bouzard, Marina Carmignani, Andreina d’Agliano, Franco Franceschi, Dominique Charles Fuchs, Sofia Gnoli, Susan Miller, Roberta Orsi Landini, Maria Pia Pettinau Vescina
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2009, 192 pagine, 120 ill.a colori, 10 ill. bianco e nero, 23x28cm, brossura, ISBN 978883661492
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Sfarzo, raffinatezza e seduzione. Questi sono gli argomenti affrontati nel volume, dedicato alla storia di un materiale tanto antico quanto prezioso: la seta.
Pubblicato in occasione dell’omonima mostra, il catalogo – che inaugura la collana del CeSAC - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee di Caraglio – sottopone all’attenzione del pubblico tre momenti storici in cui la seta, soprattutto attraverso le vesti, ha assunto un ruolo significativo nella storia del costume e della produzione: il Rinascimento, gli anni a cavallo fra Seicento e Settecento, e la prima metà del secolo XX. Il boom della seta, che vede la realizzazione di veri e insuperati capolavori tessili – manifestazione di ricchezza dei ceti più potenti – è il Quattrocento, quando alcuni centri italiani, come Venezia, Firenze o Genova, ne diventano i più importanti produttori europei. Una produzione pregiata che viene accresciuta, fra Seicento e Settecento, dagli scambi con il lontano Oriente: decorazioni bizzarre e fantastiche, ispirate alla cultura figurativa turca, indiana, cinese e giapponese, fioriscono su fondi dalle cromie nuove e brillanti. Il Novecento, con il diffondersi dell’industrializzazione, vede mutare ancora l’aspetto e il significato dell’abbigliarsi in seta. Questa diventa un tessuto di appannaggio quasi esclusivamente femminile, mentre nuovi generi tessili, come crêpes e chiffons, favoriscono l’affermazione di una nuova moda, tutta giocata sulla seduzione. In catalogo, introdotti da saggi critici, sono documentati alcuni capolavori tessili provenienti dal Museo del Bargello di Firenze e dal Centro di Studi di Storia del Tessuto e del Costume di Venezia, nonché abiti di sartorie o creatori famosi – Fortuny, Poiret, Schiaparelli, Capucci – e capi appartenuti a importanti dive o personalità: Rita Hayworth, Mirna Loy e Soraya Esfandiary.
07/04/24
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susieporta · 6 months
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A Bari il tempo scorre lento, ma fragoroso.
Il vino di qua , il susumaniellu, mi ricorda che la mia età avanza.
Haime'.
Avevo desiderio di un luogo poco frenetico, ricco.
Antico e di colore bianco e azzurro mare.
L.odore di incenso nella cripta di San Nicola , gli ortodossi col loro segno della croce più lungo.
La brezza calda
Un amore che non sapevo.
Maurizio Montanari
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Chieti
Due Musei Archeologici meravigliosi, posti sull’acropoli di Teate, una città annoverata tra le più del tempo antico, tramite i quali raccontare la storia dell’Abruzzo italico e romano.
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MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI VILLA FRIGERJ
Villa Frigerj é sede del Museo Archeologico Nazionale, è una villa neoclassica costruita dal Barone Ferrante Frigerj che al suo interno conserva alcuni reperti di grandissima importanza storica.
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IL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Un giorno il contadino Michele Castagna mentre era intento a preparare lo scassato per la vigna trova questa statua e senza capire di cosa si tratta la definsice lu mammocc, per fortuna non la distrugge come invece hanno fatto altri contadini con statue simili per salvare i propri terreni.
La statua raffigura il principe guerriero Nevio Pompulenio appartenente alla tribù dei Vestini ed è una stele funebre trovata prima delle antiche necropoli. Il principe "rachi" era un presidente del consiglio comunale non essendoci in Abruzzo una vera e propria monarchia.
È una statua che si può osservare a tutto tondo, risalente all'età del bronzo e formata da un unico blocco di calcare bianco eccetto il largo cappello.
Il rachi in questione indossa dei calzari e un vestito cerimoniale da guerriero, la cinta è composta da 5 anelli concentrici in bronzo, sul petto porta una spada corta per facilitare la corsa, infatti i combattimenti erano molto ravvicinati perché i Vestini erano bassi di statura. Ha un falcetto simile a quello dei druidi celtici quindi era anche un sacerdote e indossa un disco (cerimoniale) che gli protegge il cuore, ma il disco non presenta decorazioni. Il volto è coperto da una maschera per rispetto funebre e il cappello è così largo forse per coprirsi dal sole, inoltre in alto si nota una cresta simbolo dell'importanza di quella famiglia.
L'uomo deve mostrare la sua forza pertanto la vita è molto molto stretta infatti nelle necropoli sono stati trovati risalenti a quest'epoca cinturoni in bronzo molto pesanti utilizzati proprio per far risaltare il busto e le spalle, per le stesse ragioni indossa una gorgiera ovvero una collana che risalta il suo collo molto stretto e sui bicipiti dei bracciali con anche pendagli.
Di lato si può notare un'iscrizione in lingua osca grazie alla quale si è riusciti a risalire al nome del principe rappresentato.
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FANCIULLA SEPOLTA INSIEME AL PRINCIPE DI CAPESTRANO
La statua fa intuire una figura piccolina, pertanto si potrebbe ipotizzare essere la figlia del rachi, indossa una veste sopra un'altra veste ed è ritratta in una posa dolce e delicata con la manina che poggia sul viso.
IL CORREDO DEL GUERRIERO DI CAPESTRANO
Tra i vari reperti rinvenuti nel corredo possiamo notare: una collana, le armille indossate sui bicipiti, i calzari, un disco messo a protezione del cuore, un falcetto, due lance in ferro, una spada, un coltello, spiedi per arrostire la carne e un "rasoio" perché i guerrieri dell'antichità (eccetto i vichinghi) non portavano la barba lunga considerandola pericolosa nelle battaglie poiché i nemici la potevano afferrare rendendo difficile combattere.
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STELE IN LINGUA BUSTROFEDICA
Importanti perché hanno consentito di non perdere tracce della lingua italica nonostante le conquiste romaniche che in effetti resero tutti romani, in particolare la lingua bustrofedica chiamata così perché segue l'ordine dell'arare del bue. Grazie a queste stele si è scoperto il vero nome di queste popolazioni: Safin, storpiato dai romani in Sabini, Sabelli e Sanniti.
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LETTI D'OSSO
Più che per dormire servivano a banchettare e conversare ma soprattutto per esporre il defunto durante la cerimonia funebre, sono realizzati in legno ed osso e testimoniamo l'incredibile abilità degli artigiani italici.
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STATUA DI ERCOLE
Ercole è un semidio poiché metà mortale e metà divino, in quanto suo padre è Giove, a cui gli abruzzesi erano molto legati, tant'è che sono stati ritrovati molti bronzetti votivi raffiguranti Ercole.
Il cammino delle 12 fatiche di Ercole è un'allegoria del cammino attraverso le difficoltà della vita che vengono superate il che avvicina il semidio all'uomo.
SANTUARIO DEDICATO A ERCOLE
Ritrovato a Sulmoma inizialmente si pensava erroneamente fosse dedicato al poeta Ovidio.
Grazie ad una frana sono rimasti intatti tanti reperti come un altare sacrificale.
Nel Naos si trovava il simulacro della divinità ovvero un bronzetto raffigurante Ercole a riposo poggiato alla grande clava con la pelle di Leone di Nemea. Molto probabilmente questo bronzetto, ora conservato nella sala del museo, era il bronzetto che si trovava nella bottega del supremo maestro greco Lisippo e utilizzato come modello di ispirazione per la realizzazione di tutti gli altri bronzetti di Ercole a riposo.
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blacklotus-bloog · 8 months
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Quando ritto il doge antico
Su l’antico bucentauro
L’anel d’oro dava al mar,
E vedeasi, al fiato amico
De la grande sposa cerula,
Il crin bianco svolazzar...
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GIOSUÈ CARDUCCI - Le nozze del Mare
Opera: THEODOR LUNDBERG - L'onda e lo scoglio, Palazzo reale di Stoccolma
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fiat500nelmondo · 4 months
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Storia e Evoluzione della Leggendaria Fiat 500 F
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Dalla prima alla nona serie: un viaggio dettagliato alla scoperta delle evoluzioni che hanno reso la Fiat 500 F un modello senza tempo.
La Fiat Nuova 500 F, lanciata nel 1965, ha rappresentato un significativo passo avanti nel mondo automobilistico italiano. Con una produzione iniziata nello storico stabilimento del Lingotto a Torino, e poi spostata a Mirafiori e in altri stabilimenti, questa piccola berlina ha segnato un'era. Le ultime 500 F sono uscite dagli stabilimenti nel 1972, con un totale di circa 2,2 milioni di esemplari prodotti Durante i suoi anni di produzione, la Fiat 500 F ha attraversato nove diverse versioni, ognuna con le sue peculiarità. Questi cambiamenti, spesso minuti ma significativi, comprendono la transizione da elementi in alluminio a quelli in acciaio, l'introduzione di una nuova mascherina anteriore in plastica cromata, e diverse modifiche alla carrozzeria e all'impianto elettrico. Queste modifiche riflettevano l'evoluzione tecnologica e le esigenze di mercato dell'epoca
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Un elemento distintivo della 500 F è la configurazione delle sue portiere, incernierate sul davanti, in risposta alle normative di sicurezza stradale del 1965. Questo cambiamento non era solo una questione estetica ma anche funzionale, migliorando l'accessibilità e la sicurezza del veicolo. All'interno, la Fiat 500 F conserva un design essenziale e funzionale. La plancia di colore uguale a quello della carrozzeria e un volante a due razze chiaro sono tra le caratteristiche che mantengono lo spirito originale della Fiat 500. I sedili, disponibili in finta pelle o in una combinazione di tessuto e finta pelle, presentano una distintiva cucitura a lunetta, offrendo un comfort semplice ma efficace. Dal punto di vista tecnico, la Fiat 500 F si distingue per importanti miglioramenti. I freni sono stati resi più efficienti, la frizione è stata resa più leggera e uniforme, e il motore e la sospensione posteriore sono stati rinforzati. Questi miglioramenti non solo aumentavano la sicurezza e l'affidabilità del veicolo, ma anche il suo piacere di guida Il motore della 500 F, un bicilindrico da 499,5cc, è stato oggetto di numerosi affinamenti nel corso degli anni. La potenza è stata incrementata a 18 CV, e sono state apportate modifiche significative come l'adozione di un dispositivo per il ricircolo dei gas di sfiato dal basamento. Queste modifiche riflettevano l'impegno di Fiat nell'offrire un motore affidabile e performante. La gamma dei colori disponibili per la 500 F era vasta e variava nel tempo. Inizialmente disponibile in tonalità come Bianco 233 e Blu Scuro 456, la gamma si è ampliata con l'introduzione di nuovi colori come Avorio Antico 234 e Blu Turchese 419. Questa varietà di colori offriva agli acquirenti la possibilità di personalizzare il loro veicolo secondo il proprio gusto personale Le prestazioni della Fiat 500 F, pur essendo modeste secondo gli standard odierni, erano adeguate per l'epoca. Con una velocità massima di 95 km/h e un consumo di 5,3 l/100km, la 500 F era perfetta per la guida urbana e per piccoli viaggi. Il suo design compatto e la sua maneggevolezza la rendevano ideale per le strette strade italiane. Qual è la tua versione preferita della 500 F e perché? Condividi con noi la tua esperienza e passione per questo storico modello!
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Discovering America's Best: The Top 10 Pizza Places in the USA
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Pizza, a dish beloved across the globe, holds a special place in the hearts of Americans. From New York's thin crust to Chicago's deep dish, pizza in the United States is not just food; it's a cultural icon. After extensive research, sampling, and considering feedback from pizza aficionados, I present to you the definitive list of the top 10 pizza places in the United States.
1. Lombardi's Pizza - New York City, New York
Established in 1905, Lombardi's is recognized as the first pizzeria in the United States. Their coal-fired oven imparts a unique, smoky flavor to their pizzas, making it a must-visit for any pizza lover.
2. Pizzeria Bianco - Phoenix, Arizona
Chef Chris Bianco brings his culinary expertise to Pizzeria Bianco, where the wood-fired pizzas have gained a nationwide following. The Rosa, with red onion, rosemary, and Arizona pistachios, is a standout.
3. Pequod's Pizza - Chicago, Illinois
Chicago is synonymous with deep-dish pizza, and Pequod's caramelized crust sets their pizza apart. This local favorite is an essential stop for deep-dish enthusiasts.
4. Frank Pepe Pizzeria Napoletana - New Haven, Connecticut
Frank Pepe's, a New Haven institution since 1925, is famous for its coal-fired, thin-crust pizzas. The White Clam Pizza is an iconic choice.
5. Una Pizza Napoletana - San Francisco, California
Anthony Mangieri's Una Pizza Napoletana serves up Neapolitan pizzas with a Californian twist, cooked in a wood-fired oven for a perfect char.
6. Di Fara Pizza - Brooklyn, New York
Di Fara, a Brooklyn staple since 1964, is renowned for its handcrafted pies topped with imported ingredients, crafted by the legendary Dom DeMarco.
7. Pizzana - Los Angeles, California
Pizzana blends traditional Italian techniques with local Californian flavors. Their slow-fermented dough and high-quality toppings make each pizza a gourmet experience.
8. Antico Pizza Napoletana - Atlanta, Georgia
Antico brings a taste of Naples to Atlanta. Their authentic Neapolitan pizzas, baked in wood-burning ovens, are known for their flavorful and airy crust.
9. Sally's Apizza - New Haven, Connecticut
Another New Haven gem, Sally's Apizza has been serving up coal-fired, thin-crust pizzas since 1938. Their tomato sauce and perfectly charred crust are legendary.
10. Lou Malnati's Pizzeria - Chicago, Illinois
Lou Malnati's is synonymous with Chicago-style deep dish. Their buttery crust, Wisconsin cheese, and sweet tomato sauce make for an unforgettable pizza.
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fenitelaminaperdue · 2 years
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Sono Pop, sono Ciop, sono Crock , sono Mork..ciao MIndy.
Calpesto con pesantezza l'erba impenitente ed oltremodo resistente di questo viale alberato che porta in 130 passi al mare. Ho sempre avuto questa malsana idea di contare le distanze in falcate da più o meno 70 centimetri . Sono come Pollicino che lasciava le briciole di pane per essere capace di tornare indietro, mi serve un punto da fissare per non perdermi e sparire come il Croccante al Cioccolato solo perchè quello all'Amarena è decisamente più buono. Non sono mai venuto qui con te e con te non ho più contato i passi che mi separavano dal mare per almeno 30 anni. Hai scelto questo posto per sentire il profumo del mare e qui sei rimasto, in una casetta colorata di uno scontato ma sempre efficace bianco e blu, sotto dei pioppi dal fogliame pigro di verde slavato. Il nano è meno nano, ma tu non lo sai o forse si per certi misteri non si ha ancora la soluzione. Lui sgambetta veloce nelle sue ossa sottili da genetica familiare che ci lega e ci rende simili da svariate generazioni. La malinconia che mi umidifica le pareti del costato da un bel pò adesso trasuda e va oltre, mi prende la testa, il fiato. il nano lo sa perchè lui ha il nostro stesso super potere , il sentire anche senza udire, il vedere senza guardare. Passava di qui vero? Me lo chiede sapendo già la risposta. Ma perchè si muore? Parlare con un settenne della morte non è semplice , non ha il concetto di inizio e fine ma solo del frattempo, del frappè e del Calippo gusto Coca Cola che non tramonta mai. Tutto gli appare lontano disconoscendo che invece è tutto incredibilmente vicino, a volte basta solo girare l'angolo e pouf, ciao ciao, saluti, adios, bye bye, adeus, aloha, farvel, adieu, fanculo il buco nero, se solo avessi tardato 5 secondi o mi fossi masturbato con un video di Pornohub sezione "Threesome Amateur". Si muore perchè in realtà siamo solo delle macchine di carne che a poco a poco si consumano, ci ammaliamo dal momento in cui nasciamo. Il primo giorno è quello di nostra massima efficienza, poi è tutta una discesa "like a Rolling Stone", cellule che decadono come un antico nobile del casato della Regale Casa del Mulino Tricolore , cromosomi che si suicidano per la noia, tessuti che si aprono veloci come la zip dei jeans quando avevi 15 anni ed in TV passava "La Dottoressa alle Grandi Manovre". Visti da dentro facciamo proprio pena. Per un certo periodo ci sentiamo come una Ferrari con però il motore della Panda e quasi giunti al traguardo siamo diventati una Panda che pensa di avere il motore di una Ferrari. La vita è al limite del banale quando ne hai conosciuta troppa. Sono diventato socialmente asociale talmente tanto che quando chiedo il gelato al bar indico direttamente il gusto con le dita anche se poi arriva la domanda maledetta, cono o coppetta? Anche questa volta cara gelataia dallo sguardo goloso hai vinto il duello del silenzio. Cono, medio, senza panna anticipo per evitare ulteriori motivi di inutile comunicazione. Chissà che fine ha fatto Calcutta e mi viene in mente che anche io "sono uscito stasera ma non ho letto l'oroscopo" speriamo di non avere Saturno contro, la Luna Nera in opposizione e Marte rosso dalla rabbia e non ho neanche ingoiato la" Tachipirina 500 se ne prendi due diventan mille " come le spille che adesso sento sulla schiena perchè ancora non ho ben capito in fondo " che cosa mi manchi a fare" . Dovrei chiedere scusa a molte persone per averle lasciate andare, quindi scuse fatte ciao. Sono stanco, non ho più voglia di inseguire, parlare, capire , discutere, che tanto anche se scrivessi il mio personale e dettagliato manuale delle istruzioni e ve lo dessi voi cerchereste soltanto il buco dove infilare la batteria perchè nella realtà vi interessa solo di vedere tutto senza pagare il canone o l'abbonamento, pezzottatori di vite perfette per il pubblico votante "Hai visto che tramonto Truman? E' perfetto...Merito del grande Capo." Ciao Nano mi ero dimenticato di te nel frattempo scusa ho finito i 4096 caratteri di Tumblr.
Sono pop, sono cool Sono come tu mi vuoi Sono un po' stanco di Aspettarti e così Per un po' vado via
Pop - Lo Stato Sociale
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palmiz · 8 months
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L'ONDA E LO SCOGLIO. INCONTRO TRA TERRA E MARE
Nell'esperienza umana la terra e il mare richiamano una fondamentale dualità.
Antropologicamente il rapporto con il mare caratterizza la storia culturale delle comunità costiere per le quali la dimensione terrestre e quella marina si coniugano in armonico equilibrio.
Dalla mitologia alla religione la benevolenza dell'ambiente marino è celebrata da numerosi riti e tradizioni.
Un esempio è lo "Sposalizio del mare" della tradizione veneziana, basato su una vera e propria simbologia nuziale. Il giorno dell'Ascensione il doge, a bordo di un'imbarcazione, lasciava cadere in mare l'anello consacrato dal patriarca.
"Quando ritto il doge antico
su l'antico bucentauro
l'anel d'oro dava al mar
e vedeasi, al fiato amico
della grande sposa cerula
il crin bianco svolazzar...»
(Giosuè Carducci "Le nozze del mare" - Poesie)
Nel gruppo scultureo di Theodor Lundberg l'incontro tra onda e scogliera, tra terra e mare, è rappresentato nell'intensità della passione tra due amanti.
Theodor Lundberg "l'Onda e lo scoglio" (1897), Palazzo Reale, Stoccolma.
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dovevonascerequadro · 2 years
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SAINT REMY DE PROVENCE.
Il manicomio di Van Gogh galleggia dentro una luce morbida, e non mette paura. Ci si arriva percorrendo un viale di ulivi e cedri. Il luogo si chiama Saint Paul de Mausole, appena fuori Saint Rémy, ed è un antico monastero diventato ospedale psichiatrico nel 1855: un cartello avverte che funziona ancora, e una freccia sbiadita indica il percorso turistico, per non confonderlo con i passi dei malati. I colori violenti, disperati di Vincent non ci sono. Tutto è come avvolto nel pallore di un sogno. Una statua magra dell’artista, spiritato anche nel bronzo e con un buffo mazzo di girasoli in mano, accoglie il visitatore. Poi si varca la soglia di una piccola, magnifica chiesa spoglia, e da li si passa nel chiostro trapuntato di begonie rosa e contornato da siepi di bosso. Infine, il portone del manicomio che Van Gogh dipinse dall’interno, prigioniero, lasciando filtrare appena la libertà del sole e il fresco remoto di una fontana. Anche la facciata, che in un altro famoso quadro appare inquietante e come soffocata dagli ulivi, vista dal vivo non è che un delicato muro come tanti.
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Ma è con gli occhi di Vincent che bisognerebbe guardare. Qui l’artista arrivò l’8 maggio 1889, dopo essersi amputato l’orecchio ad Arles, e vi restò 53 settimane, nelle quali dipinse 150 tele firmandone solo sette, alcune delle quali capolavori immortali. Gli Iris,  La camera di Vincent ad Arles, L’autoritratto blu,  L’Arlésienne ,  La notte stellata, terribile notte dove la luna è un sole che precipita, il cipresso un coltello nero e gli astri sanguinano.
Dopo aver concluso ( Notte Stellata) nel dicembre 1889, tentò di avvelenarsi inghiottendo colori a tempera e bevendo il cherosene delle lampade. Eppure, Vincent van Gogh non era un pazzo furioso. Qui, al manicomio di Saint Paul, aveva addirittura due stanze, come l’ospite di un albergo. Il fratello Theo pagava la retta e gli inviava il materiale per dipingere, che Van Gogh chiedeva di continuo. «Mandami, ti prego, trentatré tubetti di colore, bianco, rosso lacca, verde smeraldo, arancione, cobalto, malachite, cromo e blu oltremare». Dipingere per resistere, per svelare il mistero del colore assoluto e la crudeltà della natura in apparenza dolce e quieta, in realtà tiranna e indifferente, matrigna come la vide Leopardi. «L’arte è un addestramento alla sopravvivenza» scrive ancora il pittore al fratello Theo. Ora che sono trascorsi 120 anni dalla morte dl Vincent, la città di Saint Rémy allestisce una grande mostra fotografica al Centre d’Art Prèsence: vi si ammirano le copie di tutte le opere provenzali di Van Gogh, ma neppure un originale, perché quelli sono in giro per il mondo. Una beffa, o forse una punizione postuma per i paesani che giudicarono l’olandese solo un povero folle, e usavano le sue tele per tappare i buchi elle fonestre oppure il tiro al bersaglio, quando non le buttavano direttamente nel camino.
Eppure qui in Provenza non si devono cercare tele in cornice ma luoghi, soggetti vivi: come se si potesse entrare nel quadro con braccia e gambe, occhi. Gli ulivi i cipressi le colline di Alpille, naturalmente i girasoli, ma soprattutto la particolarissima densità della luce, il suo spessore fisico, la trasparenza che Van Gogh inseguì trasferendosi nella fredda Parigi.
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Le lettere, forse più delle pennellate di fuoco, rivelano il tormento. «Si tratta di un incidente come un altro, sono assalito da un orrore spaventoso» (9 giugno 1889). «Sto meglio, pur non sapendo se durerà» (19luglio). <<Non ce niente da fare, non ci sono rimedi, o se ce n’è uno, è quello di lavorare con ardore» (3 settembre). «La vita passa così, il tempo non ritorna» (10 settembre). Ormai cammina sull’abisso, dipinge cieli verdi e alberi rossi a onde, una natura barcollante come l’oceano. Cerca intensità e vertigine, ogni pennellata una ferita. I suoi soggetti sono alberi, colline ma di più muri, gabbie di rami come braccia spaventate. Tutto oscilla, deformato. «Bisogna imparare a considerare il dolore senza ripugnanza». Vincent van Gogh usci dal manicomio di Saint Paul de Mausole il 16 maggio 1890. Sul foglio di dimissioni, il dottor Peyron scrisse: guarito. Gli restavano due mesi. Il 29 luglio si sarebbe sparato un colpo di rivoltella al fianco, dopo essersi disteso in una buca di letame. Lasciando la casa di cura, quel pomeriggio di maggio, percorse un’ultima volta il giardino che vedeva oltre le sbarre della sua fnestra. Oggi è come allora: lo rischiara un lago di lavanda, accanto al campo degli iris e dei girasoli. Un uomo sta potando, chino e silenzioso sui rami già quasi secchi. Nulla, non il profumo di rosmarino né le dolci sagome dei cedri in lontananza, far sospettare che questo è l’inferno e che i fiori gettano sangue.
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Breve descrizione dei personaggi di Wu Cheng'en
Come è ovvio i protagonisti minekurani sono ispirati a quelli dell'opera di Wu Cheng'en anche i nomi sono gli stessi se non per il fatto che sono pronunciati in giapponese, infatti sono:
Sun Wukong—> Son Goku Sha Wujing—> Sha Gojyo Zhu Bajie—> Cho Hakkai Tang Sanzang/Xuanzang—> Genjo Sanzo
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Sun Wukong
Egli è il Re delle Scimmie, nato da una roccia sferzata dai vari elementi soprattutto il vento. Tutto il racconto è incentrato su di lui e sul suo viaggio interiore,nonché epico. Dopo aver osato sfidare il Cielo venne relegato dal Buddha (anch'egli sfidato) sulla terra con un enorme montagna addosso per 500 anni. Passato questo arco di tempo verrà liberato dal Bodhisattva Guanyin con la condizione che diventi discepolo di Sanzang.
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Zhu Bajie
È uno dei tre aiutanti di Sanzang mezzo uomo e mezzo maiale,nella vita precedente era Tian Peng, Maresciallo della Via Lattea che a causa delle avance nei confronti della Dea della Luna Chang'e rischiò di essere condannato a morte,ma l'intercessione del Grande Pianeta Bianco gli fa avere solo (si fa per dire) 2000 bastonate e una rinascita come mortale. Nel romanzo viene spesso chiamato daizi che vuol dire “idiota” in quanto la sua stupidità e la sua pigrizia si contrappone alla furbizia e all'intelligenza di Sun Wukong. Bajie vuol dire “otto divieti” ed è il soprannome che Sanzang gli ha dato per ricordargli la sua dieta e condotta buddhista.
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Sha Wujing
Il suo nome vuol dire “sabbia di pura conoscenza” poiché è un demone fluviale,nella vita precedente era un discepolo delle divinità celesti e in un impeto di rabbia rompe un vaso durante la Festa delle Pesche. L'imperatore di Giada lo punì con 800 vergate e lo fece rinascere tra i mortali come uomo-demone di sabbia. Dalla barba rossa,parzialmente calvo,con una collana fatta di teschi porta con se il yueyachan una sorta di doppia falce il che gli da un aspetto ancora più terrificante. All'interno del gruppo è quello più leale al Maestro, dal cuore gentile, inoltre è il più logico ed educato del gruppo (da non credersi se si vede come è stato sviluppato Sha Gojyo XD).
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Tang Sanzang
Egli è un monaco buddhista,il cui compito è quello di recuperare dei Sutra dal Tianzhu (antico nome cinese per “India”) per portare il vero Buddhismo anche in Cina. Nel romanzo lo vediamo spesso e volentieri ingenuo, debole che si nasconde dai nemici,incapace di difendersi, insomma una figura patetica (nulla a che vedere col Sanzo della Minekura). Dopo che i suoi due accompagnatori vennero uccisi da dei demoni,dopo la partenza da Chang'an, il Bodhisattva Guanyin decide di aiutarlo a trovare tre esseri sovrannaturali molto potenti (Sun Wukong, Zhu Bajie e Sha Wujing). Durante il viaggio è sempre terrorizzato poiché una leggenda dice che chi consumerà le sue carni diverrà immortale e quindi non stupisce che demoni vari cerchino di divorarlo o di farci sesso (le demonesse).
Bai Long Ma
Pur essendo il destriero di Sanzang, egli è in realtà un principe, per la precisione è il terzo figlio del Re Drago del Mare Occidentale Ao Run e il suo vero nome è Áo Liè. Per colpa di un incendio da lui causato in maniera accidentale e per nulla volontaria, che ha causato la distruzione di una perla data in dono dall'Imperatore di Giada, viene condannato a morte ma l'intervento di Guanyin gli salva la vita. Bandito presso il fiume Yingchou nei monti Shepan e su istruzione di Guanyin, egli dovrà aspettare l'arrivo di un monaco che deve recuperare dei Sutra. Siccome non lo aveva inizialmente riconosciuto, divora il cavallo di Sanzang. Dopo un combattimento contro Sun Wukong nel quale il drago perde, Sun Wukong viene ad apprendere da una divinità della terra che egli è il drago piazzato lì da Guanyin. Alla fine servirà come cavallo di Sanzang per il resto del viaggio, diventando a termine del racconto il Bodhisattva Babu Tianlong Guangli.
Questa è solo un'introduzione molto rapida, vista che m'interessa approfondire meglio le differenze e similitudini che ci sono tra i due gruppi di protagonisti.
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diceriadelluntore · 1 year
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Divinità
Sotto questa riga scritta, c’è un reperto eccezionale: il volto di Dio
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o meglio l’elaborazione composta dall’intelligenza artificiale su indicazioni di un campione rappresentativo di cristiani statunitensi, in uno studio pubblicato nel 2018 dall’Università della Carolina Del Nord. Il sistema prevedeva la visione al campione di una serie di volti umani generati al computer, divisi per valori etici, spirituali e sociali. Tutti i volti erano in scale di grigio: la media ottenuta dette questo risultato, che oltre la familiarità (la NBC riprendendo la notizia disse che Dio somiglia a Elon Musk) mostra chiaramente l’associazione del volto divino a quello di un uomo statunitense di origine caucasica, secondo le loro stramba tassonomia.
D’altronde nel libro del Genesi (Cap. 1, vv 26-27) Dio dice: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò
Se Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, dovrebbe essere piuttosto “semplice” stabilire come è fatto Dio. È con questo desiderio che Francesca Stavrakopoulou, professoressa di Bibbia Ebraica e Religione Antica all’Università di Exeter, e autrice televisiva e radiofonica di interessanti documentari per la BBC, ha scritto questo meraviglioso saggio:
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L’autrice immagina di ispezionare il corpo del divino in ogni sua parte, in un percorso “fisico” che assomiglia a quello immaginato in un famoso testo medioevale, Membra Jesu Nostri (1250 ca.). Il corpo di Dio è diviso in sezioni: Gambe e Piedi, Genitali, Torace, Braccia e Mani, Testa fino ad un finale, sconvolgente, che si intitola Un’Autopsia. Non se ne raccontano solo le caratteristiche fisiche, ma anche quelle relative ai sensi di quelle parti (tatto, udito, vista, odorato) e altre cose affini (il profilo, il respiro, i vestiti, i sandali e così via). Il fulcro principale dello studio della Stavrakopoulou è interessantissimo: cosa ha spinto nel tempo a declinare la descrizione fisica del Divino, che in tutta la Bibbia (intesa sia come Antico Testamento, che Nuovo Testamento, secondo la divisione cristiana) è fortissima e ricorrente, nel Dio “immateriale” che siamo pensati a pensare?
L’autrice parte da lontano, cioè dal passaggio dal politeismo al monoteismo: Yahweh infatti era una divinità del pantheon guidato da El, nel culto delle popolazioni dell’Asia orientale verso il 1500 prima della nascita di Gesù. Il passaggio, che ai più sembra dirompente, lo si ritrova ancora nella etimologia sia di El (cioè Dio), sia nel nomi ebraici cari a Yahweh: Emanuele, Gabriele, Samuele, Sariele, Elia e così via. Dato che El nei racconti delle popolazioni autoctone aveva la sua epopea e il suo corpo, nel passaggio al Dio Unico non si sono affatto perse le caratteristiche “fisiche” delle sue braccia, gambe, mani, testa, collo, busto, cosce e sesso, così Dio doveva avere in misura simile, ma non uguale (è per sempre un essere superiore!) le stesse parti del corpo. E la questione si complica ancora di più quando entra in scena Gesù, corpo di Dio: non sto qui a ricordare la fondamentale questione sulla natura di Dio Uno e Trino, che ha tenuto impegnati i teologi per circa mille anni, dal Concilio di Nicea del 325 a quello “conclusivo” Quarto Lateranense del 1215, in cui la questione sulla “sostanza” di Dio viene messa nera su bianco nel famoso dogma substantia seu natura simplex, sostanza o natura assolutamente semplice. Stavrakopoulou arriva a ciò con una vertiginosa analisi filologica sui termini, la maggior parte dei quali del tutto epurati del significato letterale rispetto a quello simbolico odierno dalle successive traduzioni e interpretazioni dei testi, in cui i profeti che incontrano Dio ne descrivono le fattezze. Lascio a chi ha voglia di leggere un saggio scritto come un romanzo (nonostante la mole gigantesca di dati, citazioni e riferimenti evidentemente tecnici) di capirne i raffinati meccanismi, le meravigliose sfaccettature e le questioni politiche che ogni scelta suo malgrado alimenta, ma non posso esimersi dal raccontare qualche storia divertente che, nonostante la scelta “politica” che ho appena accennato, lascia trasparire come la dimensione corporale della divinità, seppur epurata, sia del tutto fondamentale nella vicenda biblica.
Nel Libro dell’Esodo, sulla sommità del Monte Sinai, per continuare il faticoso viaggio per condurre gli israeliti fuori dall’Egitto verso la Terra Promessa, Mosè chiede a Dio: Mostrami la tua gloria!. Yahweh accetta con il solo limite di non poter vedere il viso. Sebbene altre volte abbia accettato di parlare faccia a faccia con Mosè, stavolta decide diversamente e permette a Mosè, nascosto in una grotta, di intravedere il suo corpo che gli cammina davanti, coprendo con la sua mano il volto divino, guardandolo verso le spalle. Orbene, oltra la meravigliosa scenografia del gesto, e la sua simbologia, Yahweh permette a Mosè di guardare il suo “deretano”, poichè il termine più antico, che adesso viene tradotto con ”spalle”, era lo stesso usato nella stessa Bibbia per definire il posteriore di un animale che deve essere lavato prima del sacrificio.
La questione se Gesù fosse stato circonciso, in quanto ebreo, è chiarita dal Vangelo di Luca (2, vv 21-24): Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre. Presentazione di Gesù al tempio. Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Del suo prepuzio, considerata reliquia preziosissima, si raccontano numerose leggende: la più famosa vuole che una levatrice che assistette all’operazione lo conservò con l’aiuto del figlio profumiere in una ampolla di alabastro in un prezioso olio. Era ricercatissimo il Santo Prepuzio, tanto che la sua scoperta, in varie zone e in vario numero di doppioni, veniva considerata come segno divino dell’ubiquità santa del Cristo. La più famosa fan della reliquia è  Santa Caterina da Siena, che in una delle sue famose lettere, scritta nel Giorno della circoncisione di Gesù, 1° gennaio, dice: “Sposi a Te l’anime nostre con lo anello della tua carne (...) ben vedi che tu sei sposa, e che egli t’ha sposata, e te, e ogni creatura, e non con anello d’argento: ma con anello della carne sua. Vedi quello dolce pargolo, che in otto dì quando è circonciso si leva tanta carne, quanta è una estremità di anello”.
Uno che ha lasciato un solco fondamentale nella visione fisica del divino è Michelangelo. Le sembianze di Dio che ci vengono in mente unanimemente alla fisionomia divina sono relative alla figura del Dio che crea Adamo negli stupefacenti affreschi della Cappella Sistina. Ma da giovane fece altro, scolpendo il primo Gesù nudo della scultura occidentale. Conservato presso il Monastero di San Vincenzo a Bassano Romano, è meravigliosamente bello e nudo
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L’opera del 1514-1516 tuttavia fu rifatta poichè nel marmo, all’altezza del volto del Cristo, si presentò una suggestiva vena nera nella pietra che Michelangelo considerò non appropriata all’opera e al prestigio dei committenti (dei potentissimi canonici di San Pietro).
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Ne fece una seconda versione, terminata nel 1520, e conservata presso la Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Nella seconda versione che era lo stesso nuda fu apposto un panneggio dopo il Concilio di Trento
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