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#fonderia: linotype
chetipo · 1 year
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Cisalpin è font sans serif lineare, con una vaga somiglianza con i caratteri serif rinascimentali. Fu creato nel 2004 per Linotype da Felix Arnold per potere essere usato per scopi cartografici. Come ogni buon carattere per le mappe, Cisalpin  risulta molto leggibile anche in dimensioni molto piccole.
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myfontz · 1 year
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Released in 1988, Avenir is a geometric sans-serif typeface designed by legendary type designer Adrian Frutiger, best known for his Univers and Frutiger designs. Although modeled after Futura (Avenir is the French word for future) and classified as a geometric sans, Avenir has some slightly humanist features that add warmth to the face, such as the tail on the t and the o that isn’t a perfect circle. Frutiger considered Avenir his finest work and it was voted the top favorite font of designers in a recent poll on Typewolf. Avenir is available in six weights—light, book, roman, medium, heavy and black—each with corresponding oblique styles.
It ranks at position 65 among The 100 All Time Best Fonts.
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maxfontssamples · 6 years
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This Bodoni alternative was also developed in the late 18th century, and the mutual influence between the two contemporaries is apparent. Both share characteristic sharp, seductive serifs and harsh angles. But with more space allowed for its counterweight, Didot feels like a slimmer version of Bodoni. This top serif font is great for adding a classic, timeless elegance to your work.
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levysoft · 5 years
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Il rilascio della nuova versione dell’Helvetica (chiamato Helvetica Now) è estremamente importante, molto più di quanto sembri e che porta inesorabilmente con se conseguenze che saranno chiare, perlomeno agli addetti ai lavori, solo tra diversi anni.
Tre le versioni annunciate da Monotype: Display, Text e Micro, tutte già in vendita dal sito MyFonts.com, anche se uno stile è già scaricabile gratuitamente per prove e test dal sito della casa madre.
Il nuovo design del font è pensato per essere attuale, pur mantenendo quel profilo di classico che da sempre l’ha contraddistinto sin dalla nascita, ma soprattutto per essere al passo con le nuove tecnologie, soprattutto per quanto riguarda i display ad alta risoluzione: una sfida molto difficile perché negli ultimi anni le scelte di mercato hanno imposto standard proprietari anche nei font e emergere nel mercato di adesso è di certo più difficile di un tempo.
Ma per capire la portata di questa rivoluzione dobbiamo guardare la faccenda da un punto di vista molto diverso e ampio: cambiare il font più usato al mondo non è semplice, comporta responsabilità enormi legate all’emozione, alla leggibilità, alla fattibilità di un business e della comunicazione nella sua più intima realizzazione.
Ma d’altra parte questa è una delle tante sfide che l’Helvetica ha dovuto affrontare nella sua storia, nata come la Cenerentola delle font e diventata sin da subito la regina della comunicazione a 360°.
Helvetica, quasi per caso
Si perché nel 1957, quando Max Miedinger, ex dipendente diventato (probabilmente a forza) freelance Svizzero, è incaricato dalla fonderia Haas di Münchenstein (piccola città di confine) di sviluppare un carattere senza grazie in grado di risollevare le nefaste sorti economiche, non immaginava i risvolti che ne sarebbero emersi.
Miedinger elaborò una nuova edizione del Akzidenz Grotesk, uno dei caratteri senza grazie più utilizzati all’epoca il cui disegno originale risale al 1896 (dalla fonderia H. Berthold AG), dandole il nome di Neue Haas Grotesk.
Il nome fu cambiato poi in Helvetica (da Helvetia, definizione latina della Svizzera) quando fu acquistato e distribuito dalle società Stempel e Linotype pochi anni più tardi probabilmente per una più facile penetrazione nel mercato internazionale.
Ma nonostante il successo del font Akzidenz Grotesk non subì nell’immediato forti scossoni, la svolta per il nuovo font di Miedinger arrivò quasi subito: Hans Neuburg lo recensisce nel numero 4 del 1959 della famosa rivista “Neue Grafik” parlandone come del nuovo Akzidenz Grotesk e citando letteralmente che  l’Helvetica è il font “(…) a cui non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare”.
Due anni dopo la distribuzione tramite Linotype (soprattutto) ne stabilisce un successo che cresce in modo esponenziale per tutta la decade successiva e arriva sino ai giorni nostri: la cultura degli anni sessanta (meno negli anni settanta dove l’estremismo porta a scelta qua e la diverse) è fortemente influenzata dall’Helvetica in tutti i suoi stili.
Con l’arrivo del digitale la conferma dell’Helvetica è forte: Apple lo include tra i caratteri presenti all’interno del primo Macintosh e QuarkXPress lo definisce come font di default nello stile Normale, sostanzialmente imponendolo come scelta primaria in tutti i tipi di impaginazioni grafiche del mondo, con grandissimo successo anche in Italia.
Nel 1989 Massimo Vignelli lo sceglie come font ufficiale per la segnaletica della città di New York, riscoprendolo in modo più razionale e da li in avanti il carattere è identificato come una impronta tipica dello stile Italo-svizzero moderno all’estero: nel mondo del business sono in molti ad apprezzarne l’armonia, la modernità e la formalità tanto che Microsoft lo sceglie per il proprio logo e Apple per tutti i testi dell’interfaccia nei propri device dal 2007 al 2015: l’Helvetica padroneggia i device a risoluzione normale, l’Helvetica Neue (primo ridesign del 1983) per i device retina, a risoluzione maggiore. Nel 2015 l’avvicendamento con il nuovo font San Francisco.
Luci e ombre
Difficile, e a tratti presuntuoso, definire in poche righe il perché di un successo così ampio dell’Helvetica nel mercato, rispetto a molte altre font con, sulla carta, tutte le armi per vincere. L’Univers di Adrian Frutiger, ad esempio, riporta la stessa età dell’Helvetica con anche le stesse radici grafiche tratte dal Akzidenz Grotesk, ma in questo caso con una elaborazione più moderna e originale, specie in alcuni glifi come la “G” e la “Q” e proprio per questo suo aspetto reso una scelta volontaria da parte dei grafici, laddove l’Helvetica appare più trasparente e meno deciso.
Forse gli anni sessanta hanno dimostrato da una parte la voglia di ritorno a linee più classiche nel design, pur senza un radicale sconvolgimento della geometria di font come il Futura, che aveva spopolato nel mezzo secolo prima e che tanto aveva dato alla comunicazione tra le due guerre.
D’altra parte l’autorità dell’Helvetica è cresciuta in modo così esponenziale negli anni sessanta, sfruttando una composizione sempre più capace che spesso si è accostato il termine “Design” all’utilizzo originale del font, più che al suo intrinseco disegno, nel pensiero di chi scrive forse una delle più evidenti chiavi del successo.
Anche oggi la sua popolarità è tale per cui anche tra i non addetti ai lavori l’uso dell’Helvetica (o dell’Helvetica Neue tra i più capaci) è sinonimo di carattere “Normale”, al pari del New York Times, per la versione graziata.
Ed è forse questo il suo aspetto più compromettente: l’uso e l’abuso di questo font, in una epoca nella quale il digitale ha democratizzato la conoscenza tipografica, rende spesso i grafici alla ricerca di soluzioni alternative, non fosse altro per evidenziare la propria identità: eppure l’uso resta massiccio per molti motivi, uno tra tutti è la psicologia intrinseca del messaggio.
L’Helvetica è così conosciuto, trasparente, comodo e versatile che ispira fiducia in chi lo vede e lo legge. É un carattere che non fa riflettere, che non si sovrappone tra il lettore e il messaggio, seguendo quello che è stato uno dei pensieri fondamentali per la tipografia del novecento e a tutt’oggi uno dei capisaldi della grafica, il pensiero di Stanley Morison enunciato nel testo del 1929 “First Principles of Typography” dove diceva tra le altre cose che “(…) l’arte della tipografia non è estetica se non accidentalmente”.
Una descrizione contraddittoria e discussa ancora oggi che ben si addice all’Helvetica, che presenta una totale assenza di grazie, “se non accidentalmente” in alcune lettere come la “R” o una geometria sobria, “se non accidentalmente” provocatoria come la lieve inclinazione della chiusura della lettera “c” e così via.
L’Helvetica Now
L’Helvetica Now, che segue l’Helvetica Neue, restyling del del 1983, è una operazione che mira la comunicazione globale nelle sue fondamenta. Testi scolastici, tesi di laurea, libri di narrativa, manuali di istruzioni, lettering, loghi, interfacce grafiche per Desktop e mobile, grafica commerciale e persino i menu del ristorante o le insegne nella metropolitana o le targhe delle auto, tutto può cambiare da un momento all’altro e diventare, nell’idea dei nuovi eroi di Monotype, più chiaro e leggibile, più moderno e più ottimizzato, in modo che il messaggio passi più velocemente e con meno fatica del lettore.
Oppure ci accorgiamo che non è vero e che il redesign non è quello che sembrava, e allora d’un tratto quei tratti così trasparenti dell’Helvetica a cui eravamo abituati potrebbero apparire vecchi e frustranti e font come l’Univers e il Frutiger potrebbero avere una seconda, e sicuramente meritata, giovinezza al pari di soluzioni da sempre alternative come l’Arial (nato nel 1982 dalle mani di Robin Nicholas e Patricia Saunders e divenuto con il tempo identificativo del mondo Windows a causa delle scelte di stile, oggi discutibili, di Microsoft).
Le conseguenze? Emozioni diverse nella lettura, più fredde o più calde, più moderne o più tradizionali, più rassicuranti o più misteriose: i caratteri in fondo trasmettono questo nel loro design e più o meno tutti hanno la capacità di alterare l’estetica del messaggio tanto cara a Stanley Morison.
Pensate alla responsabilità che ha un quotidiano quando cambia font: i lettori possono apprezzare o meno e decidere di conseguenza di cambiare il valore della lettura. Questo può alterare l’informazione e il valore della nostra vita, l’elezione di un presidente o di un governo, la veridicità delle informazioni o la loro completezza, la capacità di catturare il messaggio da parte dei lettori o di fraintenderlo e così via.
Lo hanno capito molto bene i giganti del business, che negli ultimi dieci anni hanno preferito costruirsi i font in casa, adottando layout proprietari proprio per la capacità, capillare, di dirottare la fiducia dei consumatori a proprio vantaggio: alcuni esempi molto famosi sono il San Francisco di Apple, lo Youtube Sans e il Roboto di Google, Plex di IBM e TCCC per la Coca-Cola (no, non quello calligrafico, ma un Sans-serif).
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allthatweb · 7 years
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I 5 font preferiti dai grafici e la loro storia
I font.
I protagonisti della nostra era.
L’odi et amo di ogni grafico.
Perché si sa, la scelta di un particolare carattere non dipende solo dalla personalità e dallo stile di un grafico. La scelta di un font ricopre un ruolo importantissimo nella comunicazione di un messaggio. Una parte quasi essenziale per l’elaborazione del processo creativo e la riuscita di un progetto.
Abbiamo tutti in mente alcuni casi esemplari in cui il font non c’entrava niente con il messaggio trasmesso, o ancora peggio, risultava obiettivamente e semplicemente brutto.
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Ecco, noi oggi abbiamo deciso invece di celebrare quelli belli.
I font più famosi al mondo.
I 5 font che più hanno fatto la storia nel mondo della grafica.
Ecco come, quando e perché sono stati realizzati.
1.      Frutiger
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Creatore: Adrian Frutiger
Stile del carattere: sans-serif (bastone)
Commissionato dalla tipografia Americana Mergenthaler Linotype, il font Frutiger viene realizzato nel 1974 dall’omonimo designer per essere utilizzato nella segnaletica dell’aeroporto di Parigi. Le caratteristiche principali, di conseguenza, sono la leggibilità e la semplicità della sua bellezza, che lo hanno reso il font perfetto per indicazioni e cartelli. Come successivamente sottolineato dall’autore stesso, questo particolare carattere tipografico venne realizzato "Coerentemente alla filosofia del Bauhaus”, poiché “si trattava di una scrittura completamente costruita".
2.      Bodoni
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Creatore: Giambattista Bodoni
Stile del carattere: serif (graziato)
Il Bodoni fu realizzato nel 1798, a Saluzzo, dal tipografo e incisore piemontese. Il suo stile di contrasto tra le linee, con una marcata enfasi su quelle verticali, fu considerato quasi rivoluzionario nella comunità dell’epoca. Ben presto questo font conquistò la città di Parma, dove venne impiegato per le principali opere del comune e della provincia. Non solo: ancora oggi il Bodoni continua ad essere quasi il simbolo della città, utilizzato nelle insegne dei negozi, nei cartelloni pubblicitari e persino nei documenti dell’amministrazione pubblica. Proprio per questo a Parma si può persino trovare il Museo Bodoni, che celebra il famoso tipografo saluzzese.
3.      Futura
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Creatore: Paul Renner
Stile del carattere: sans-serif (bastone)
Fu progettato nel 1927, per la fonderia Bauer di Francoforte. Partendo da un carattere di riferimento realizzato da un suo allievo della scuola di Graphische Berufschule (Ferdinand Kramer), Paul Renner realizzò un font da un design con una forte componente razionalista e una rigorosa geometria, utilizzando ben tre figure geometriche (quadrato, triangolo e cerchio). Proprio per queste connotazioni di semplicità e ‘pulizia’ il Futura rimane sicuramente uno dei font preferiti dai grafici. Non solo: fu anche il primo font a raggiungere la Luna con la spedizione NASA del 1969.
4.      Garamond
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Creatore: Claude Garamont
Stile del carattere: serif (graziato)
Il Garamond è senza dubbio uno dei font più, per così dire, antichi ancora ampiamente utilizzato al giorno d’oggi. Si stima che sia stato creato intorno al 1530 in Francia, per poi essere rimaneggiato da un tipografo bolognese nel 1958. Il Garamond è senza dubbio il font più utilizzato nel mondo della tipografia, tanto che Einaudi ne ha persino commissionato una variante ad hoc per le sue pubblicazioni (il famoso Simoncini-Garamond).
5.      Helvetica
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Creatori: Max Miedinger & Edouard Hoffman
Stile del carattere: sans-serif (bastone)
Il font Helvetica viene ideato nel 1957, nella fonderia Haas, a Munchenstein, Svizzera. Nato come rivisitazione del font Grotesk, l’Helvetica nasce come font bello, lineare e semplice, che possa essere versatile e proprio per questo, utilizzato per ogni tipo di lavoro. L’Helvetica è senza dubbio il font più ‘visto’ al mondo, per loghi famosi come quello della Jeep, ma anche per il sistema metro di New York, così come per le scritte sul retro di celebri scatole di cereali (infatti, le informazioni nutrizionali sono scritte in Helvetica, seguendo le direttive dell’FDA che richiedono l’utilizzo di un font semplice e facile da leggere) .
“Che font è?” “Mah, forse è l’Helvetica” dice sempre chiunque, su qualsiasi font.
E il tuo? Qual è il tuo typo preferito?
Sveva Tabarrani
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diegosarti · 7 years
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1957/2017 #HappyBirthday #Helvetica Sono 60 anni di Helvetica. (No, Arial non vuol dire niente!) Storia: Nel 1957 Max Miedinger lo disegna per la fonderia Haas, sviluppando quindi un nuovo carattere senza grazie per salvare l'azienda dall'imminente fallimento che di lì a poco sarebbe stato causato dal successo globale del carattere Akzidenz Grotesk, della concorrente stamperia H. Berthold AG.[2] Incaricò Miedinger, un ex impiegato commerciale della Haas, e ora disegnatore freelance, di disegnare un set di caratteri senza grazie da aggiungere alla loro linea. Il risultato fu dapprima denominato Neue Haas Grotesk, ma il nome fu successivamente cambiato in Helvetica (derivato da Helvetia, il nome latino per la Svizzera), quando le società tedesche Stempel e la Linotype introdussero sul mercato la serie completa di caratteri nel 1961.[3][4] Introdotto nel bel mezzo di un'onda rivoluzionaria nel campo del lettering, la popolarità del carattere svizzero fece presto breccia nelle agenzie di pubblicità, molte delle quali vendettero questo nuovo stile di disegno ai loro clienti; l'Helvetica così comparve rapidamente nei marchi aziendali, nel signage per i sistemi di trasporto, nelle stampe d'arte ed in altri innumerevoli campi della comunicazione d'impresa. Nel dicembre 1989, grazie all'intervento di Massimo Vignelli, l'Helvetica divenne il carattere tipografico ufficiale per l'intera segnaletica della città di New York, dalla metropolitana ai treni, dai cartelli stradali alle mappe della città, vincendo la sfida contro l'allora preferito Standard (Akzidenz Grotesk).[5] L'inclusione, nel 1984, nei caratteri di sistema Macintosh confermò la sua diffusione anche nella grafica digitale. #grafica #grafica pubblicitaria #pubblicita #tipografia #stampa #design#advertising #packaging #creative #artdirection #grafico #font #carattere #typography #grapicdesign #diegosarti #graphicdesigner #apple #macintosh #desktoppublishing No #arial #verdana #visitorino (presso SocialFace)
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myfontz · 1 year
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The Helvetica we see today in the digital world is not the same as the original, pre-digital Helvetica. Throughout the years, many small features of Helvetica have been lost in translation due to it being tweaked for various typesetting technologies. Neue Haas Grotesk was Helvetica’s original name and type designer Christian Schwartz has attempted to bring back the original Helvetica typeface and set history right.
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chetipo · 1 year
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Aldus è un font disegnato nella sua forma tonda e corsiva nel 1953 da Hermann Zapf per la fonderia Stempel di Francoforte e prodotto per la  Linotype dall’anno successivo. Il nome del carattere è un omaggio al cinquecentesco compositore veneziano Aldo Manuzio, autore delle stampe che hanno ispirato Herman Zapf nel dare struttura all'Aldus.
Secondo Zapf, nella composizione tipografica questo carattere andrebbe affiancato al font Palatino, più adatto per i titoli, mentre Aldus è più adatto a testi in corpo minore.
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myfontz · 4 years
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myfontz · 4 years
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myfontz · 4 years
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myfontz · 4 years
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myfontz · 5 years
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myfontz · 1 year
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Neue Haas Unica is a neo-grotesque sans-serif typeface designed by Toshi Omagari and published through Monotype in 2015. It’s an expanded, digital revival of the long-lost Haas Unica, a typeface that was designed in the late 1970s but later pulled from the market due to legal disputes. André Gürtler, one of the designers of the original Unica, describes it as “sharper than Helvetica, warmer than Univers, cleaner than Akzidenz.” Compared to Helvetica, Neue Haas Unica has slightly looser spacing and letterforms that are a touch narrower. The family is available in nine weights—ultra light, thin, light, regular, medium, bold, heavy, black and extrablack—each with matching italic styles.
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myfontz · 4 years
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myfontz · 4 years
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