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#la tentazione di esistere
libri-cinema · 2 years
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Per quasi tutte le nostre scoperte siamo debitori alle nostre violenze, all'esacerbarsi del nostro squilibrio. La tentazione di esistere - Emil M. Cioran
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animapienadiodio · 15 days
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Di un essere che ha sofferto, potete ben enumerare, classificare, spiegare le vicissitudini, ma quel che egli è, la sua sofferenza reale, è al di là di voi stessi.
E. Cioran, La tentazione di esistere
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lunamarish · 9 months
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Il dubbio si fortifica con tutto ciò che lo invalida o lo combatte; è un male all'interno di un altro male, un'ossessione nell'ossessione.
Emil Cioran, La tentazione di esistere
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La tentazione di esistere.
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È il pazzo che è in noi ad obbligarci all' avventura; se ci abbandona, siamo perduti: tutto dipende da lui. Non si può essere insieme normali e vivi.
Emil Cioran, La tentazione di esistere
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blacklotus-bloog · 7 months
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Siamo dei non liberati per inclinazione e per principio, dei condannati di prim'ordine che, in preda alla febbre del visibile, frugano in quegli enigmi di superficie, ben degni della nostra trepidazione e del nostro sfinimento.
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EMIL CIORAN - La tentazione di esistere
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therefore-farewell · 1 year
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Bisogna lasciare gli altri ai loro processi di comprensione.
Bisogna lasciare che facciano il loro personalissimo dolore.
Bisogna permettere a ciascuno di attraversare il proprio fuoco,
il ponte pericolante delle proprie scelte maldestre senza correre ai ripari ad ogni scricchiolio,
come si permette a un bambino di cadere se vogliamo che impari a camminare: anche quando lo vediamo barcollare ci tappiamo la bocca, perchè la nostra allerta lo farebbe spaventare e cadere di certo.
Spesso usiamo la nostra paura come un ricatto, per impedire all’altro di esistere e sbagliare.
L’abitudine all’interventismo dentro la vita altrui con la scusa: “Io volevo solo aiutarti”, nasconde diversi problemi.
Abbiamo il problema di non saper reggere il dolore degli altri.
Reggere il dolore significa scegliere l’impotenza per lasciare all'altro lo spazio di manifestare la sua potenza quando sarà il momento.
Quando sarà il momento non lo decidi tu, non lo puoi prevedere.
Reggere il dolore di un altro significa restare inutili e insieme restare vicini.
Essere e non fare,
astenendosi dalla tentazione di dimostrare il proprio valore dentro l’abisso di un altro.
Abbiamo il problema di voler spiegare all’altro quello che non vede, dichiarandoci di fatto sapienti e illuminati dentro il buio altrui.
Abbiamo altresì il problema di non saper tacere,
di avere l’urgenza di dover avvisare l’altro,
di volerlo precedere con le nostre istruzioni di vita, piene di errori che usiamo come teoremi per dimostrare che abbiamo ragione.
A volte la saggezza trova rifugio dentro poche e precise parole che possiamo pronunciare solo se l’altro davvero ce lo sta chiedendo.
Raramente l’altro vuole i nostri teoremi.
Spesso ci viene richiesta una vicinanza discreta.
Silenziosa.
L’amore in fondo è questa cosa qui:
esserci.
Manuela Toto
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furiesinmyhead · 1 year
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ripenso spesso (e mi sento spesso come) quella volta che un giorno in cucina con mia madre parlando del mio problema con la depressione lei mi disse che sono io a non voler affrontare la vita perché è più facile darsi per malata e chiudersi in casa che vivere e io dovetti lottare con ogni cellula del mio corpo per resistere alla tentazione di urlare che la depressione mi fa pensare ogni giorno alla morte perché a. non avrebbe capito, b. la cosa l’avrebbe distrutta, c. non avrebbe capito ma l’avrebbe comunque distrutta e quindi rimasi in silenzio e le lasciai credere che aveva ragione e tuttora quando mi capitano ancora crisi di pianto mi rimbombano nella testa le sue parole e mi ritrovo, di nuovo, a lottare ma stavolta per perdonarla anche se lei non pensa di aver detto nulla di sbagliato.
io mi sforzo così tanto per far stare bene gli altri e sacrifico così spesso la mia serenità e la mia salute per garantirmi che le persone che amo non siano ferite in nessun modo, nemmeno da loro stesse, che mi faccio pena. e purtroppo rimango un essere umano con dei bisogni emotivi da soddisfare per il proprio tornaconto, per puro egoismo, e credo sia proprio per questi sacrifici costanti che una piccola, minuscola parte di me sa che da qualche parte sto raccogliendo rancore. e forse è questo piccolo mucchietto di rancore a parlare quando nei momenti in cui sto peggio mi ritrovo a idealizzare il pensiero della morte solo per il piacere che provo nell’immaginare la sofferenza degli altri. mi dà un piacere che può esistere solo nella mia immaginazione perché so che non si concretizzerà mai e so che non è un piacere vero e proprio ma ci sono momenti in cui me lo concedo lo stesso. è un po’ come se mi dicessi sai che c’è, te lo meriti. eccoti questo piacere insulso, rintanati nella tua testa e godi di queste sensazioni che non sentirai mai realmente. godi della loro inattualità, sono tue e solo tue. sono tutte tue.
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Fumo
L’uomo decide di non ammazzarsi quel giorno, non in quel momento, per non indulgere alla tentazione del silenzio, per evitare che il mondo svapori in un sibilo di fumo risucchiato dentro il nucleo primordiale. Resta così in bilico sull’orizzonte degli eventi, dove il fumo non può raggiungerlo, mentre si compatta in figure arcane e mostruose per poi declinare nella massa grigia di materia gassosa che precede la cronologia solida del pianeta. Il suolo sotto i suoi piedi, la roccia millenaria alle sue spalle, che immotivata vede lambire i suoi lineamenti dalle propaggini del fumo, pronto ad avvolgere l’ultimo gesto di un uomo.
(il fumo si avvicina alle gambe e si inerpica sulle caviglie, lui si allontana, alcuni passi all’indietro poi si volta e vede dinanzi a sé le grotte e l’antro aperto che sembra attendere la sua decisione)
Non morirò oggi. Non in questo fumo senza gioia né malinconia. Ti ammazzi quando smetti perfino di soffrire, quando anche la tristezza svanisce, terminando quell’ultimo cameo di umanità nel tuo presente. Oggi vedo il fumo e il fumo mi manifesta una tristezza angosciosa.
Ancora un giorno.
Vivrà ancora un giorno per lasciar completare l’arco tracciato dai suoi pensieri prima di tuffarsi dietro la balaustra della mente e scompaginarsi in pezzi, forse in fumo o in parole anzi in lettere senza significato se nessuno può leggerle e ricomporle.
Se questo fosse il mio ultimo giorno vorrei fosse ancor più inutile degli altri, ancor più vuoto, ancor più silenzioso, al riparo in quelle grotte mistificando la luce e le ombre, il dì e la notte, il sole e la luna, il sonno e la veglia.
(Entra nelle grotte)
 Statue. Una dopo l’altra in una teoria di concetti inesplicati. No! Se dici statue pensi a figure classiche, definite, immobili ma umane. Forse sono troppo condizionato da secoli di sculture antropomorfiche e reali, queste sono espressioni artistiche, dilatate nel loro tentativo di afferrare ciò che sfugge, molli, elastiche, potrebbero muoversi, cambiar forma e riapparire in una fenomenologia diversa, le scolpisci guardandole, sei l’osservatore che muta la forma delle cose, sei parte di una inafferrabile meccanica quantistica fusa nel bronzo.
Forme. Appare l’idea cangiante che ne sottende la genesi e prova a dimenarsi in questa dimensione illogica dove niente è reale e tutto è razionale. Oddio forse razionale, ma non comprensibile.
Gira su se stesso quell’uomo, vorrebbe toccarle, ma teme che anche quelle immagini impresse nel metallo siano inconsistenti come ogni pensiero e ogni attimo che non fai a tempo a percepire, che scorre via da te e con lui la vita, squama di dosso sgretolando dietro le spalle.
Sono così stanco!
Non riesco a esistere, non sono dentro il flusso che scorre lento e costante e mi passa attraverso, ma non posso concepire nemmeno l’idea di non esistere, se non in un insopportabile eccesso di terrore. Sono così stanco di questa prigionia, di questa costante sensazione di impossibilità.
“Che fai?”
(Una voce leggera e ariosa rimbalza nella grotta. È Alice.)
Se questo fosse il mio ultimo giorno vorrei fosse ancor più inutile degli altri, ancor più vuoto, ancor più silenzioso.
Ma entro nelle grotte, un complesso… sì credo sia un complesso archeologico sede anche di una mostra d’arte surreale, una roba particolare. È mattina, anche abbastanza presto, all’interno non ci sono altri visitatori, quindi la voce che sento o credo di sentire, è solo dentro la mia mente o fuori le labbra di un guardiano, una guida, personale comunque del museo, personale femminile come la voce che sento, molto flebile, leggera, giovanile al limite del possibile. E se rispondo alla domanda senza neanche chiedermi chi me l’abbia posta è per un riflesso e per distrazione, sono così fuori, io, non la voce, così fuori del mio spazio e del mio corpo, che rispondo anzi mi sento rispondere anche se non vedo altre esseri umani, nessuno se non statue, statue surreali che si propagano tra la pietra e gli echi dello spazio esterno alle grotte, gli echi del mondo, gli echi ancora indifferenti dell’ultimo giorno.
Niente, niente ho risposto alla prima domanda, ora che mi chiede chi sono, non la vedo, solo la voce e una statua di fanciulla, mi fissa, e ricordo il fumo che albeggiava all’orizzonte accanto al sole…
 Quel fumo è l’aria solida che mi circonda. Una cortina di materiale plastico trasparente, quasi nebulizzato ad arte attorno a me, talmente lieve nella sua presenza da sembrare sospeso nel vuoto, senza agganci, senza sostegni visibili. Davvero una ostentazione di perizia creativa, o di semplice modifica della materia di base. Non cambia molto la mia prospettiva. Ora che sono dentro, ora che la parete di questo complesso monumentale scavato nella roccia millenaria mi fa da sfondo e cornice, ora che Alice è ferma dinanzi a me, a pochi metri ma irraggiungibile nella sua fiera bellezza estatica,  tutto viene predisposto per dare principio alla forma, per consegnare alla memoria una rappresentazione di una realtà incanalata a forza nel bizzarro progetto di un singolo artefice.
Alice forse riesce a scorgermi con la coda dell’occhio. Ennesima beffa, è posizionata in modo tale che io posso fissare lei, anzi non posso fissare nient’altro che lei, ma lei non guarda me, sente la mia presenza ma non può guardarmi diritto nel mio sguardo, non può neanche concedermi un sorriso astratto che sembri dedicato solo a me, seppur volesse.
Se questo fosse il mio ultimo giorno, forse vorrei trascorrerlo guardando lei. Imparando a conoscerla, a sentirne i pensieri più impercettibili, a scoprire quale animo si cela in quel denso e articolato garbuglio di elementi solidi, che ancora una volta la fantasia di un singolo ha manipolato in modo tale da lasciarne solo intendere una potenziale bellezza non espressa. Una incarnazione di serenità e pace modellata su angolature improbabili, eppure così argute da sembrare a un attimo dal ricomporsi in una forma perfetta.
Se questo fosse davvero il mio ultimo giorno vorrei fosse sincero. Chiarificatore. Vorrei mi parlasse e mi spiegasse i motivi della mia origine. Le idee che hanno contribuito alla mia genesi inaspettata, ma inevitabile se sono qui, se ancora il fumo mi avvolge, se la roccia millenaria ospita la mia essenza visiva, quasi imprimendola nella propria paterna accoglienza indistruttibile.
E vorrei trascorrerlo semplicemente accanto a lei, nutrendomi del suo alito, provando a sfiorare i suoi angoli inattesi, le sue proiezioni improbabili, rimettendo a posto i pezzi che una casualità caotica sembra aver mescolato, limando concetti di spazio e tempo e offrendo una idea distorta e vaga della forma.  
Forse vorrei soltanto che questo fosse davvero il mio ultimo giorno. E non solo un dubbio perenne impresso in un titolo. Che la simulazione cedesse spazio alla realtà e, dopo, il vuoto potesse accogliere la mia inutile presenza su questo spuntone di materia stellare. Incorniciato così come sono ora su questa parete di roccia millenaria, e poi chissà dove, chissà cosa ci attende, quale nuovo scenario porranno alla nostra squallida manifestazione…
 Per favore fate attenzione che quelle statue valgono milioni. Nemmeno se ci mettiamo tutti assieme col guadagno di una vita riusciamo ad apparare il valore di una sola di loro.
Già che vita di schifo, valere meno di un oggetto…
Ma dai almeno quell’oggetto è stato fatto da un artista tu invece,,,
Sì scherzateci pure, intanto io una roba del genere in casa non la metterei mai, tutte quelle forme strane… a svegliarsi di notte e trovarsela davanti c’è da rimanerne secchi…. Pagarla milioni poi, io proprio non capisco più la gente ha i soldi e meno sa spenderli… ne avessi io altro che statue
Non c’è niente da fare di arte non capisci niente perciò stai a fare il facchino, intanto ci tocca trasportarle e fare pure attenzione che se a una di queste robe come le chiami salta via un pezzo siamo fottuti.
Ma chi vuoi che se ne accorge che manca un pezzo, sono così incasinate ste statue, pezzi ovunque, messi lì a caso, io dico che manco l’autore se ne accorge se manca qualcosa.
Fidati meglio non fare la prova e stare attenti,,,, che qua non rischiamo solo il lavoro ma anche il culo te lo garantisco. Comunque, sarà come vuoi, ma a me quella statua lì mi piace molto.
Quale
Quella in fondo, quella figura maschile avvolta dalla nebbia… guarda che quel fumo è impressionante per come è reso, solido e trasparente, così denso e realistico, certo ci vuole abilità a fare una cosa del genere non puoi negarlo.
Non lo nego ok, ma non la comprerei lo stesso seppure potessi… poi sai come si chiama quell’opera che dici tu? Ecco leggi qua si chiama “Se questo fosse il mio ultimo giorno”, ma che titolo è?
Beh certo… un titolo bizzarro da dare a una statua.
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animapienadiodio · 15 days
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La noia declassa lo spirito, lo rende superficiale, sconnesso, lo mina dall'interno e lo disarticola. Quando si sarà impadronita di voi, vi accompagnerà in ogni incontro, così come mi ha accompagnato da che ne ho ricordo. Non riesco a pensare a un momento in cui la noia non fu lì, al mio fianco, nell'aria, nelle mie parole e in quelle degli altri, sul mio volto e su tutti i volti. È maschera ed essenza, facciata e realtà. Non posso immaginarmi né vivo né morto senza la noia. Ha fatto di me un chiacchierone che ha vergogna di aprire la bocca, un teorico per rimbambiti e adolescenti, per femminucce, per menopause metafisiche, un avanzo di creatura, un fantoccio allucinato. Quel poco di essere che mi fu assegnato, la noia si ingegna a corroderlo, e se me ne lascia qualche briciola è perché le occorre della materia su cui agire ...
Nulla in azione, la noia saccheggia i cervelli e li riduce a un ammasso di concetti fratturati. Non c'è idea cui consenta di collegarsi a un'altra, che non isoli e non stritoli, di modo che l'attività mentale si degrada in una sequela di momenti discontinui. Brandelli di nozioni, di sentimenti, di sensazioni, ecco ciò che resta dopo il suo passaggio. [...]
È un male che si propaga oltre lo spazio; dovreste fuggirlo, ché altrimenti non farete se non progetti insensati, come succede a me quando sono esacerbato.
E. Cioran, La tentazione di esistere
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"Se il sole e la luna si mettessero a dubitare, si spegnerebbero immediatamente"
-W. Blake
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canesenzafissadimora · 9 months
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La vita umana è sociale dall'origine in quanto non può esistere senza il sostegno dell'Altro, senza la sua parola, ma è anche spinta autistica alla difesa della propria nicchia, della propria identità, del proprio confine. Per questo il muro non è solo l'esito di un analfabetismo politico o di una barbarie, ma una vera e propria passione dell'umano, una sua tentazione fondamentale.
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È il pazzo che è in noi ad obbligarci all'avventura; se ci abbandona, siamo perduti.
Emil Cioran, La tentazione di esistere
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en-t-r-o-p-i-a · 3 years
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Trovo Emil Cioran insieme a Nietzsche, Baudelaire e Dostoevskij uno dei più grandi condannati alla lucidità. Maestro anch'egli di quell’arte del «pensare contro se stessi.
Condivido con lui pensieri elaborati molti anni fa e sempre più attuali.
Oggi più che mai finora, viviamo in un epoca in cui essere epigoni è di rigore, nasciamo in preda alla febbre del visibile. 
È l'ironia che riesce a portarci all'elogio di una futilità cosciente, acquisita e volontaria che è la cosa più difficile ottenere al mondo. 
Il solo avvicinarci alla liberazione del sé e da tutto, implica le virtù della leggerezza, dello stile e della mistificazione. Così per divenire "futili" dobbiamo necessariamente tagliare le nostre radici e diventare metafisicamente "stranieri".
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schizografia · 3 years
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becarey · 4 years
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La tentazione di esistere - Emil M.Cioran
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