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#sonos era 300
vinniechase · 1 year
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Sonos will be the first company to offer Apple Music's immersive spatial audio experience to users in their living rooms
Sonos has announced that starting on March 28th, its Era 300, Arc, and Beam (Gen 2) speakers will support Apple Music's spatial audio. This means that Sonos users will now have access to an immersive, multi-dimensional sound experience that places them at the center of their music.
Before this announcement, Sonos only supported spatial audio through Amazon Music Unlimited. With Apple Music's spatial audio being added, the potential audience for Sonos has doubled. According to Statista, Amazon had 13.3% market share in the second quarter of last year, while Apple Music had 13.7%. This means that many users will now be able to try this feature for themselves.
Older Sonos soundbars and Play-series speakers won't support spatial audio as they were built around conventional stereo and surround output. This means that users who want to upgrade to a grander audio experience will need to purchase the Era 300, Arc, or Beam (Gen 2). It's unclear if other speaker brands will support Apple Music's spatial audio, but for now, Sonos has the edge over competitors that may not offer Atmos music at any price point. Although the $299 HomePod is more affordable than the $450 Era 300, it's worth noting that the Sonos model represents a larger investment but is likely to sound better.
Read More below:
https://trendingtopicnow.com/2023/03/sonos-will-be-the-first-company-to-offer-apple-musics-immersive-spatial-audio-experience-to-users-in-their-living-rooms/
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madonnaaaddolorata · 4 months
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quando facevo la creators per of non ero maleducata, rispondevo sempre a tutti e per fortuna pochi piantagrane (pochi ma spero siano morti male), anche quando avevo risposto alle domande incessanti di sta ragazzetta che si era accollata per scoprire che tutte le domande che mi aveva fatto servivano per copiarmi cose e idee e scrivere a gente che mi scriveva per togliermi potenziali “clienti” (che pena). oggi brillante idea di chiedere a una creators che seguo (come seguo altri 300 canali dal giardinaggio a tipa che si mette anche i telecomandi in culo solo per ritrovarci tutti i poveretti che vorrebbero scoparmi o gente che mi sono scopata anni fa di cui mi pento molto, spero diventino calvi come i padri e i padri dei loro padri) “oh bello questo body dove l’hai preso”, mi blocca mi scrive in privato scusami ma l’educazione manco un saluto è già la seconda domanda che mi fai senza salutarmi. ok quindi uomo stupido che ti offende va bene perché hey potenziale pollo col cash domanda fatta da donna quindi fica munita quindi nemica di default male perché non ti ho detto suprema dea dove hai comprato quello straccetto che su di me starebbe nettamente meglio? amo internet
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unpoorno · 5 months
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Janice Griffith
nata il 3 luglio 1995 è un'attrice e imprenditrice americana di film pornografici. Ha iniziato la sua carriera di attrice pornografica nel 2013 e da allora ha ricevuto due nomination agli AVN Award e ha vinto l'XBIZ Award 2019 per la migliore scena di sesso - All-Girl.
Janice è nata da genitori con un passato nelle forze dell'ordine ed è cresciuta da loro nel Queens, a New York. Da giovane frequentò una scuola cattolica privata e andò al liceo nel Queens e a Long Island, New York, dove all'epoca risiedeva il suo padre biologico. La madre di Griffith è musulmana e lei, Griffith, ha dichiarato di considerarsi "culturalmente musulmana", anche nonostante debba affrontare continue molestie online da parte di musulmani per il suo lavoro. Etnicamente/razzialmente, si è descritta come persone multirazziali e per metà indiane. Considera la collega artista per adulti April O'Neil una sua cara amica.
Griffith è entrata nell'industria per adulti nel 2013 dopo aver appena compiuto diciotto anni con l'intenzione di girare una sola scena. Tuttavia, ha deciso di rimanere nel settore a causa della paga che offre e del fatto che coinvolge il sesso, che ha dichiarato di amare. Il suo ingresso nel settore l'ha spinta a trasferirsi da New York a Los Angeles, in California. Per quanto riguarda la scelta del nome d'arte, ha scelto il nome "Janice" dal nome della sua migliore amica e "Griffith" dal nome di una cameriera con cui lei e la migliore amica hanno cenato una volta. Finora nella sua carriera, Griffith ha recitato in più di 300 scene ed è stata nominata per la categoria Miglior nuova stellina ai 32esimi AVN Awards 2015. Inoltre, una scena in cui recitava accanto a Bonnie Rotten e Manuel Ferrara nel 2014 è stata nominata per la migliore scena di sesso a tre – categoria Ragazza/Ragazza/Ragazzo negli stessi premi. Anche se non ha ricevuto entrambe le nomination, più avanti nella sua carriera ha vinto l'XBIZ Award 2019 nella categoria Miglior scena di sesso - All-Girl, un premio che ha condiviso con Ivy Wolfe per il loro ruolo in una scena ragazza-ragazza del 2018.
Nel corso della sua carriera, Griffith ha protestato ogni volta che si è sentita insicura o a disagio sul set e ha incoraggiato altre attrici, soprattutto quelle nuove, a fare lo stesso. Ha espresso felicità e soddisfazione per la sua vita nel settore per adulti. Janice ha espresso antipatia per le persone che le inviano nudi o materiale sessuale poiché non fa parte del suo lavoro e perché non sono consensuali. Inoltre, ha espresso disinteresse nel fare sesso con i fan e non accoglie volentieri gli inviti a farlo.
Nel 2017, Griffith, insieme a molte altre persone, ha fondato SpankChain, un sito Web basato su blockchain e un sistema di pagamento online specializzato nell'offerta di soluzioni di pagamento alle lavoratrici del sesso nel settore degli adulti
Nel dicembre 2014 l'attore e giocatore professionista di poker Dan Bilzerian venne citato in giudizio da Janice Griffith, che aveva gettato giù dal terrazzo di una casa la ragazza, nell'aprile 2014, con l'intento di farla atterrare in una piscina come parte di un servizio fotografico della rivista per adulti Hustler. La Griffith, però, atterrò male e colpì il bordo della piscina, rompendosi un piede. La allora diciottenne chiese a Bilzerian un risarcimento pari a 85.000 dollari, che rifiutò di pagare. Di conseguenza, Griffith intentò causa sia a Hustler che a Bilzerian, i cui legali risposero che la ragazza era sotto contratto e che quindi Bilzerian non poteva essere ritenuto responsabile dell'accaduto, tantomeno Hustler.Nel gennaio 2015 i legali di Hustler dichiararono l'incidente un "caso fortuito", affermando che nulla poteva essere imputato alla rivista circa l'infortunio della ragazza
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diceriadelluntore · 3 months
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Storia Di Musica #311 - Emily Remler, East To Wes, 1988
Il filo che lega le storie di musica di Febbraio me lo ha dato la radio: qualche giorno fa in un programma mattutino di Virgin Radio, alla domanda della presentatrice "cosa vorresti fare per diventare famoso?" una ascoltatrice ha risposto "vorrei diventare una virtuosa della chitarra, perchè non ve ne sono di famose". La presentatrice ha ribattuto che non era affatto vero, ma l'unico nome che le venne in mente al momento è quello di Sister Rosetta Tharpe, cantante e chitarrista statunitense, pioniera della musica gospel e conosciuta anche con il nomignolo di Madrina del Rock'n'Roll: sulle qualità storiche e tecniche di Rosetta Tharpe niente da dire, ma non è tra i primi nomi che vengono in mente pensando alla chitarra rock in generale. Il mio spirito da piccolo filologo musicale tende a dire che l'ascoltatrice avesse ragione, cioè che vi sono pochissime chitarriste famose, che allo stesso tempo non vuol dire che non vi siano state straordinarie chitarriste nella storia della musica. Per questo, ricordando che in questa rubrica già si è parlato di chitarriste (la sublime Joni Mitchell, le Runaways di Joan Jett e Lita Ford tra le altre), le storie di musica di questo mese verteranno su grandiose chitarriste.
Per iniziare ho scelto una storia emblematica di uno dei problemi di essere musiciste in un mondo, quello della musica pop, che è sempre stato per lo più maschilista: "Così tanti leader di gruppi mi hanno detto in faccia che non potevano assumermi perché ero una donna", lo diceva, in una intervista al magazine People nel 1982 una grandiosa musicista, Emily Remler. Originaria del New Jersey, la sua vita cambia quando ha 10 anni: al fratello maggiore venne regalata una chitarra, una Gibson Es 330 rossa, che Emily ogni tanto strimpellava. Si capì subito che riusciva a memorizzare i suoni e le veniva naturale suonarla, tanto che anni dopo fu ammessa al prestigioso Berklee College of Music di Boston, che è la scuola di musica più grande del mondo, i cui illustri ex alunni hanno vinto oltre 300 Grammy Awards. Si diploma a 18 anni, si appassiona al jazz e inizia a suonare nei locali. Nel 1978 va a New Orleans, dà lezioni, suona in pubblico in ogni occasione che trova, si mette deliberatamente in situazioni che la spingono a dare il massimo e a migliorarsi. Fa di tutto per incontrare quanti più musicisti può. Tra questi, nel 1978, incrocia Herb Ellis, che diventerà il suo mentore (gli dedicherà un bellissimo brano, di chitarra solo, di cui parlerò tra poco). Grazie a lui inizia ad essere una richiestissima sessionista, pubblica il primo disco da solista, Firefly del 1981 (in copertina una sua splendida foto con la chitarra rossa del fratello, strumento che non abbandonerà mai), partecipa alle musiche di un grande musical, Sophisticated Ladies, con le musiche di Duke Ellington e tra le cose più belle che vive c'è la sua partecipazione ai tour di Astrud Gilberto che le aprono le porte delle musiche sudamericane e caraibiche. Nel 1981 sposa il pianista Monty Alexander, con il quale farà un favoloso tour insieme prima di divorziare nel 1984. Remler è una grandiosa musicista, con un senso innato del tempo e della ritmica, e ha un carattere forte e lucido: nella stessa intervista a People disse "Posso sembrare una ragazzina carina del New Jersey. Ma dentro sono un uomo nero ben piazzato di 50 anni con un gran pollice, come Wes Montgomery».
E proprio il grande chitarrista di Indianapolis è il faro della musica di Emily. Gli dedica questo disco, del 1988, suonando insieme a tre colossi colossi, Hank Jones al piano (uno dei grandi pianisti del jazz, e passato alla storia anche perchè suonava lui il piano di accompagnamento quando Marylin Monroe cantò Happy Birthday Mr President nel 1962 a JFK), Buster Williams al contrabasso (che suonò nel gruppo di Herbie Hancock e nel gruppo Sphere specializzato nelle musiche di Thelonious Monk) e Marvin "Smitty" Smith, come lei allievo della Berklee e batterista per grandi musicisti, nonchè batterista della band dello show di Jay Leno per 14 anni. East To Wes è un tributo atipico, perchè Remler non riprende in toto brani famosi di Montgomery, ma ne sceglie alcuni che suona "come li avrebbe suonati lui", con la famosa maestria del suo pollice: leggenda vuole che Montgomery, che di giorno lavorava in fabbrica e la sera imparava a suonare la chitarra, per non disturbare moglie e vicini non suonava con il plettro, ma con il pollice, una delle caratteristiche che resero il suo suono unico e distinguibile per sempre.
Nel disco prodotto da Carl Jefferson, fondatore della Concord Records che era specializzata in famose chitarre jazz, Remler sceglie un repertorio memorabile, composto da standard e da tre sue composizioni. Tra gli standard, riprese spettacolari di Hot House di Tad Cameron (è stata la prima chitarrista a proporre il brano per chitarra jazz), uno dei picchi dell'era be-bop, Daahoud di Clifford Brown (una delle grandi promesse del jazz, morto nel 1956 in un incidente stradale a soli 25 anni), Snowfall, uno dei più grandi standard del jazz, scritta nel 1941 da Claude Thornhill e una ripresa di Softly, As In A Morning Sunrise dal musical New Moon di Sigmund Romberg (musiche) e Oscar Hammerstein II (testo). C'è anche una versione strumentale di Sweet Georgie Fame di Blossom Dearie, che nella sua versione originale aveva il testo scritto da Sandra Harris, e la canzone è una dedica alla cantante jazz inglese Georgie Fame, una canzone scritta da donne per una donna. Tra le proprie composizioni, tre gemme: Blues For Herb, dedicata all'amicizia con Herb Harris suo mentore, una Ballad For A Music Box e la canzone, delicato e sentito omaggio al suo mito, East To Wes. Il disco è un gioiello, consacrato anche dalla critica, uno degli apici creativi del talento di Remler.
Un talento che si è sempre scontrato con un grave problema: la sua dipendenza dall'eroina. Dipendenza che fu la causa, drammatica, di un attacco di cuore mentre era in tour in Australia nel 1990 che si porta via un talento della chitarra jazz a soli 32 anni. Una chitarrista fenomenale, che amava dire: Quando suono, non so se sono una ragazza, o un ragazzo, un cane, un gatto o altro. Sto solo suonando. Quando scendo dal palco, è lì che la gente mi ricorda che sono una donna.
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fridagentileschi · 6 months
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UN AFRICANO PONE ALCUNE DOMANDE INQUIETANTI SULL’ISLAM
Far eguagliare Cristianità biblica con razzismo verso i neri è in ogni modo assurdo. Dobbiamo ricordare che Mosè, il profeta, sposò una donna africana .
Shulamit nel cantico dei cantici era nera e africana e bellissima. Il Dio della Bibbia odia il razzismo.
Ora quello che mi sconcerta è sapere che i neri nel mondo stanno cadendo così facilmente in quella che credo sia una reale religione razzista: l’Islam.
L'islam odia i neri. Nessun nero entrera' nel paradiso in quanto nero!
Come africano sono anche molto sconcertato dalla mancanza di ricerca storica equilibrata fatta dai neri riguardo agli africani.
Sappiamo che nel Nord Africa l’intera regione Sahariana del Marocco, della Libia, dell’Algeria e dall’Egitto fino al Sudan e all’Etiopia era cristiana prima che l’Islam arrivasse e distruggesse le chiese locali. Perché non sentiamo parlare di questo nella storia?
E consideriamo questo: l’Africa ha dato origine a grandi pensatori come Agostino da Hippo (Algeria), Clemente e Anastasio d’Egitto e Tertulliano di Cartagine (Tunisia), mentre l’Etiopia ha avuto la prima chiesa africana totalmente indipendente dall’Europa (Atti 8).
Trovo infatti molto interessante che la chiesa africana sia stata costituita prima di quanto non lo sia stata la chiesa in Gran Bretagna, in Canada, negli Stati Uniti, in Spagna, etc. Così, perché non sentiamo parlare di questa chiesa africana? E perché non vediamo tracce di questa oggi?
La storia del Sudan è un ottimo esempio. Prima dell’invasione musulmana del 1275 d.C. operata dall’islamico Mamluks d’Egitto, il Sudan aveva tre mini stati cristiani chiamati: NOBATIA, nel Nord, la cui capitale era Qustul. MAKURIA, la cui capitale era la vecchia Dondola. ALODIA, o ALWA, la cui capitale era Soba.
Queste tre regioni cristiane dal 300 d.C. al 1500 d.C. avevano la loro propria lingua scritta, avevano grandi centri di apprendimento, di commercio internazionale con l’Egitto, l’Etiopia e altri stati del Medio Oriente e inviavano missionari negli altri stati africani (vedi K. Milhasowski, FARAS, vol. 2, Poland 1965 per una documentazione storica e archeologica maggiore di questi stati).
Ma tutto questo fu distrutto dagli invasori musulmani nel 1295 d.C. non dai colonizzatori europei! Lo stesso tipo di distruzione massiccia
successe in tutta l’Africa, ma mai abbiamo sentito attribuire la responsabilità ai musulmani. Perché?
E non è finita... Nel 1990 il Sudan, nel Nord-Est dell’Africa ha subito la guerra gihad musulmana durante la quale migliaia di cristiani e non credenti sono morti per crocifissione o hanno subito l’amputazione di una mano e di un piede a lati opposti. E’ solo accidentale che troviamo nel Corano, Sura 5:33, la menzione di questa pratica?
UNA DOMANDA INQUIETANTE CHE RIGUARDA LO SCHIAVISMO MUSULMANO
E questo mi porta a fare delle considerazioni a proposito della schiavitù. I musulmani dicono che è solo un fenomeno cristiano.
Mentre l’Impero Britannico aboliva la schiavitù sotto la pressione di cristiani britannici come David Livingston e William Wilbeforce, i musulmani arabi schiavizzavano gli africani (i.e. seguendo la promessa di Allah riguardante “i prigionieri che la tua giusta mano possiede” dalla Sura 4:3). Non hai letto a proposito dell’isola di Zanzibar e Pembe nell’Africa Orientale durante il XIX secolo?
Oppure non hai mai chiesto perché gli stati musulmani non sono mai stati coinvolti nel movimento per l’abolizione della schiavitù?
Mentre gli europei erano impegnati con la tratta degli schiavi per poche centinaia di anni, l’esistenza del traffico di schiavi africani era stata ben solidificata già mille anni prima.
L’affermazione musulmana che attribuisce l’intera colpa per l’invenzione e la pratica della schiavitù dei neri alle porte dell’Europa cristiana è semplicemente non attendibile. Entrambe le società greca e romana erano state schiaviste: per la maggior parte i loro schiavi erano caucasici. Infatti la parola schiavo deriva da'' slavo''. Robert Hughes nel suo saggio “The Traying of America” apparso sul Time Magazine il 3 febbraio 1992 corregge questa falsa affermazione quando dice:
“La tratta degli schiavi, così come il mercato nero, era una invenzione araba sviluppata dai commercianti con la collaborazione appassionata dei neri africani. Fu istituzionalizzata con la più implacabile brutalità secoli prima che l’uomo bianco apparisse nel continente africano e continuo per lungo tempo dopo che il mercato di schiavi in Nord Africa era stato definitivamente annientato... Nulla negli scritti del profeta (Maometto) vieta lo schiavismo, per questo divenne un business dominato dagli arabi. E il traffico di schiavi non sarebbe esistito senza la collaborazione di stati tribali dell’Africa, edificati sulla scorta di prigionieri generati dalle loro implacabili guerre. L’immagine promulgata dalle fictions moderne come Roots, radici, in cui degli schiavisti bianchi irrompono con coltellacci e moschetti nella tranquilla vita dei villaggi africani, è molto lontana dalla verità storica. Un sistema di marketing fu mantenuto sul posto per secoli e la sua scorta fu controllata dagli africani. Non svanì neppure con l’abolizione.
Il mercato di schiavi che riforniva gli Emirati Arabi era ancora operante a Djibouti nel 1950 e sino al 1960 la tratta degli schiavi era rigogliosa in Mauritania e in Sudan. Ci sono ancora cronache di traffici di schiavi nel Nord della Nigeria, Ruanda e Niger.”
I musulmani sostengono che il cristiano occidentale spera di controllare l’Africa. Ora, perché a noi africani non deve piacere “la cultura della Coca-Cola” dell’Occidente, ma dobbiamo essere obbligati a vestirci con gli abiti arabi del VII secolo da quando l’Islam ha preso piede? Cosa c’è che non va nei miei bei abiti africani? E perché i musulmani neri dell’Africa devono pregare rivolti verso una città saudità: la Mecca? Perché non rivolti verso una città locale come Nairobi o Lusaka etc. Chi è che domina? Io pensavo che Dio fosse ovunque e che colui che prega dovesse rivolgersi verso di Lui che vive nel cielo sopra la terra. Ricorda, Dio, la verità, ha detto una volta: “Voi siete di quaggiù, Io sono di lassù.”
Inoltre perché ci è richiesto di leggere la parola di Dio e di parlargli solo in arabo? Dio non è forse capace di capire il mio dialetto africano? Grazie a Dio oggi la Sacra Bibbia è tradotta in più di 2000 lingue parlate nel mondo, perché io so che il mio Dio è capace di parlare ogni lingua. Questo non è un problema per Lui.
CONCLUSIONE
La lettera è stata scritta per amore, amore per la verità anche quando ferisce. La Bibbia ci dice che noi africani abbiamo una grandissima eredità che a volte nella storia ci è stata rubata. Dio è il nostro Creatore e crede in noi. Dopo tutto scelse Adamo ed Eva per essere i primi genitori degli africani.
Dio ha anche usato l’Africa per altri scopi, come permettere all’Egitto di essere un rifugio per gli ebrei al tempo di Giuseppe (Genesi 39-50).
L’Etiopia, altro stato africano, ha posseduto la Bibbia nella sua propria lingua per molti secoli, anche prima che l’Islam nascesse.
Ci è detto a proposito del Regno dei cieli futuro: “Molte nazioni sono qui,” inclusi gli africani (Apocalisse 21:24).
Diversamente dal Dio del Corano Dio non ordinò mai ad alcun cristiano di uccidere per Lui o di prendere “i prigionieri che la tua mano destra possiede”. Ad ognuno è stata data la possibilità di sceglierLo o rifiutarLo. Dio ci ha dato il libero arbitrio, non siamo sottomessi a Lui come nell'islam!!
Attraverso tutta la Bibbia troviamo che Dio salva tutti coloro che credono nel Suo nome . Questo include l’Etiopia di Geremia 38-40 e l’Etiopia e oggi include me e te.
Ora che io ho posto le mie domande, tu poni le tue. Chi mi ha aiutato maggiormente come africano: l’Islam o il Cristianesimo? Devi scegliere saggiamente perché la tua vita dipende da questo.
Fratello Banda
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omarfor-orchestra · 3 months
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a me lui davvero non mi sembra una cattiva persona però mi sembra circondato da cattive influenze. l’importante è che sia più informato ora, anche perché non concorda con le opinioni di quello riguardo l’omosessualità ecc, se no non avrebbe girato e detto certe cose, però non vedo come si possa supportare una persona con idee del genere. magari non sapeva tutto. va beh, poi io sono atea e odio la chiesa e quando ho scoperto che è molto religioso ho storto il naso, lo ammetto. però a me sembra, se non proprio membro della comunità lgbt, un alleato, e quindi non capisco quella vecchia intervista. forse la risposta è proprio qua: era vecchia. la gente sbaglia e cambia. scusa il discorso un po’ privo di senso
Infatti, poi secondo me si vede la qualità di una persona da quello che fa, non solo da quello che dice. E puoi trovarti d'accordo con una persona su un singolo aspetto e non sulle sue altre 300 opinioni, lui è stato chiaro sul motivo per cui voleva ringraziarlo
Poi c'è modo e modo di essere religiosi, c'è chi è fanatico come l'amico suo e chi trova nella religione un tipo di spiritualità, un modo di vivere con gli altri e con se stessi particolare, di fratellanza eccetera, è questo che mi sembra di percepire da come lui si pone
Poi boh io sto studiando una cosa che mi sta facendo cambiare in meglio la concezione del mondo ma onestamente non mi interessa tutto quello che di brutto può aver fatto o detto Meisner nella sua vita, prendo gli insegnamenti che mi servono e il resto è spazzatura (se dovesse esserci). Si chiama intelligenza
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rideretremando · 5 days
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KANT
di Sebastiano Maffettone
Domani, 22 aprile, Immanuel Kant compie 300 anni (1724-2024). Ho usato il tempo presente non a caso. Perché, che lo si sappia o no, Kant vive ancora in mezzo a noi. Meglio, le sue idee e le sue teorie sono parte integrante del nostro patrimonio intellettuale. Lo si vede chiaramente dalla nostra comune ideologia, dalle più rilevanti ipotesi filosofiche che hanno popolato il secolo ventesimo e l’inizio del nostro, e in sostanza dal nostro modo di pensare nel suo complesso. Non è facile argomentare decentemente una tesi come questa. Certo, si può dire che Kant era un genio assoluto, si può sostenere che ha messo insieme profonde intuizioni sul suo tempo con una tecnicalità filosofica perfettamente compiuta, oppure ancora che egli ha incarnato come nessuno lo spirito della modernità di cui siamo ancora – volenti o nolenti – figli riluttanti. Tutto vero, beninteso.
Ma, non appena si cerca di sostenere qualcosa di simile alla luce dei suoi scritti, interpretazioni generali come questa mostrano la corda. E per varie ragioni. La prima è banale e ineliminabile: leggere Kant è complicato, quasi impossibile senza una guida. Non puoi, intendo, prendere i suoi testi più importanti e, pur armato di buona volontà, sperare da solo di capire ciò che il filosofo sostiene. Innanzitutto, perché il nostro tratta problema estremamente astratti e complessi, del tipo di come sia possibile la conoscenza e che cosa vuol dire essere liberi. In secondo luogo, perché Kant non aveva il dono di una scrittura persuasiva e gradevole, come per esempio lo sono quella di Rousseau e quella di Hume. Certo, la sua prosa è ardua perché, come detto, si arrampica su cime abissali, ma è difficile negare che l’autore ci metta del suo. Il tedesco di Kant è indubbiamente ostico, come del resto i suoi primi lettori non esitarono ad affermare.
Kant, diciamo la verità, era un tipo strano. Metodico fino all’esasperazione e prussiano nell’animo, così lontano non solo dalla mia immaginazione mediterranea ma anche dalle esperienze di vita degli altri filosofi della modernità. Cartesio, Hobbes, Spinoza, Locke e compagnia avevano avuto vite movimentate, ed erano stati costretti all’esilio per ragioni diciamo così ideologiche. Kant, invece, come molti sanno, non si era mai mosso dalla sua Königsberg, ai suoi tempi cittadina mercantile fiorente nella Prussia Orientale ora – con il nome sovietico di Kaliningrad (sic!) – centro di un exclave russo sul Baltico che rischia di essere un pericoloso corridoio bellico nel prossimo futuro. La sua vita era scandita da ritmi sempre uguali. Lo svegliava il fedele servitore Lampe prima delle 5, poi studiava e preparava le lezioni che avrebbe tenuto all’Università Albertina di Königsberg, dopo di che consumava l’unico pasto del giorno (talvolta in compagnia), e nel tardo pomeriggio faceva la famosa passeggiata quotidiana rigorosamente in solitario (quella su cui si dice i locali regolassero l’orologio). Al ritorno, leggeva fino a quando arrivava l’ora di andare a dormire. Era genericamente stimato dai suoi concittadini anche se la sua carriera accademica era stata lenta e faticosa, ed era finito a 80 anni nel 1804 dopo una vecchiaia fertile di studi e pubblicazioni.
Se si dovesse scegliere una frase tra le tante che Kant ha lasciato impresse nella nostra memoria, direi di partire da quella che ci invita a prendere in considerazione due fondamentali universi quello del «cielo stellato sopra di noi» e quello della «legge morale dentro di noi». Dal complesso rapporto tra di loro, discende il nucleo dell’opus kantiano. Quest’ultimo è senza dubbio costituito in primo luogo dalle tre Critiche, Critica della ragion pura (1781, seconda edizione rivista 1787), Critica della ragion pratica (1788), Critica del Giudizio (1790). Ciò, anche se Kant era un genio poliedrico, in grado di esprimersi ad alti livelli su temi di fisica, matematica, diritto, astronomia, antropologia, geografia, teologia e via di seguito. E anche se –oltre alle Critiche – Kant ha scritto molti altri lavori di enorme importanza filosofica, tra cui quelli dedicati alla politica e alla religione.
Nelle sue opere, emerge – come mai altrove – lo spirito dell’Illuminismo, con la sua fede nel progresso e la fiducia nella scienza (a cominciare dalla fisica di Newton), ma col passare del tempo anche la pacata consapevolezza dei suoi limiti e un’apertura al clima culturale che sarebbe seguito. Se, in tutto ciò, un concetto dovesse farci da guida direi che è quello di «autonomia». L’autonomia kantiana riguarda sia la conoscenza teoretica che la vita pratica ed è il vero faro che illumina il percorso della modernità.
Nella Critica della ragion pura si trova l’essenziale della filosofia teoretica di Kant, che riguarda il mondo come è. Nella Critica della ragion pratica – ma anche nella tarda Metafisica della morale (1797) - il nucleo della filosofia pratica di Kant che riguarda il mondo come dovrebbe essere. In entrambi i casi, sia pure in maniera diversa, il soggetto dà leggi a sé stesso, cosa che poi corrisponde al concetto di autonomia di cui si diceva. Nella Ragion pura il nucleo del ragionamento kantiano coincide con la cosiddetta «rivoluzione copernicana», che fornisce la riposta alla fondamentale domanda sul come possiamo conoscere a priori la struttura del mondo sensibile. La risposta suggerisce che il mondo sensibile, o mondo delle apparenze, è in fin dei conti costruito dalla mente umana tramite una complessa interazione di materia che riceviamo dall’esterno e di forme apriori che derivano dalle nostre capacità cognitive innate. Si tratta di una nuova visione costruttivista dell’esperienza, che costituisce davvero una rivoluzione nel campo del pensiero (come quella di Copernico a suo tempo). Lo strumento analitico principale in questo tour de force è costituito dall’idealismo trascendentale, che all’osso è la dottrina secondo cui noi facciamo esperienza solo delle apparenze attraverso le forme a priori di spazio e tempo, mentre le cose in sé restano inconoscibili. In questo modo, Kant toglieva certamente autorità alla metafisica, ma – come ebbe a dire lui che aveva avuto una profonda educazione religiosa ispirata al pietismo – lasciava al tempo stesso più spazio alla fede.
Se la filosofia teoretica di Kant concepisce l’autonomia come capacità squisitamente umana di fornire l’apparato a priori che consente l’esperienza, la stessa autonomia gioca un ruolo ancora più centrale nella filosofia morale di Kant. La legge morale è – come ci hanno raccontato a scuola – basata sull’imperativo categorico, ed è fondata sul lavoro della ragione là dove la conoscenza poggia sull’intelletto. Anche qui, sullo sfondo c’è l’idealismo trascendentale, ma in questo caso non ci accontentiamo delle apparenze ma entriamo nell’ambito delle cose in sé. Se non altro perché la natura è altro da noi, mentre la moralità è squisitamente umana. La ragion pratica così concepita aiuta a comprendere la fondamentale libertà che abbiamo avuto in sorte. Naturalmente, di ciò non possiamo avere una pura consapevolezza teoretica, ma dobbiamo partire da un profondo sentire che consente a ognuno di noi di avvertire la legge morale, secondo la dottrina detta del «fatto della ragione».
A questo punto, il disegno complessivo della critica sembra essere inevitabilmente condannato a un dualismo, che non può che stridere con la mentalità sistematica di Kant. Da un lato c’è il determinismo della natura, dall’altro la libertà dell’essere umano. Scopo della Critica del Giudizio, è proprio il tentativo di superare questo dualismo tra teoria della conoscenza e il dominio della pratica. L’unità del progetto viene raggiunta, in quest’opera, introducendo una terza opzione cognitiva, che fa capo alla capacità riflessiva del giudizio. Tramite tale capacità noi concepiamo la natura nel suo complesso come dotata di scopo. Il giudizio estetico, la scoperta cioè del bello e del sublime nell’arte e nella natura, rivela un’armonia ultima tra il gioco dell’immaginazione e il creato. Consentendo, così, di pensare la natura come frutto di un disegno intelligente e come coerente con i nostri scopi. Soprattutto, sono gli organismi viventi che suggeriscono una finalità intrinseca all’esistenza e alla realtà.
Tutto ciò, oltre a essere complicato per chi non sa e semplicistico per chi sa, ha l’ovvio difetto di apparire scolastico. Kant può risultare, letto in questo modo, come un continuatore particolarmente sofisticato del razionalismo illuministico dei Leibniz e dei Wolff, capace di temperarlo con il lascito dell’empirismo britannico di Locke e Hume. Per capire che non è così, basta guardare alla differenza tra la filosofia che lo precede e quella che lo segue, a cominciare da Hegel e Marx. Per non parlare dell’eredità enorme lasciata da Kant nella filosofia del secolo ventesimo, un secolo in cui tutte le grandi scuole di pensiero – dalla fenomenologia all’esistenzialismo e al positivismo logico – sono in fin dei conti derive dell’opus kantiano. Ma non basta, perché la filosofia del linguaggio dopo Wittgenstein, la filosofia sociale e politica di Habermas e Rawls e la riflessione sul postmoderno non sarebbero neppure immaginabili senza partire dalla rivoluzione del pensiero apportata dal genio di Königsberg.
Dirò di più, credo sia impossibile per noi eredi del progetto incompleto della modernità trovare il bandolo delle nostre idee senza tornare a Kant. Con il compito, direi ovvio, di doverci confrontare con un mondo sociale mutato in cui certi passaggi razzisti, sessisti e classisti di Kant che pure ci sono, non hanno (o non dovrebbero avere?) più cittadinanza. E con una realtà ontologicamente trasformata dalla condizione digitale in cui siamo immersi, dalle guerre (da rileggere ora il saggio kantiano del 1795 su La pace perpetua) e con un pianeta in cui l’Occidente, di cui il nostro era chiara espressione, non rappresenta più l’avanguardia della civiltà. Ma anche per questo compito futuro il lascito di Kant resta fondamentale, un punto di partenza filosofico senza il quale sarebbe impossibile capire il nostro essere nel mondo.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Il Gen. Videla, nel 1977, dichiara davanti ad un gruppo di giornalisti inglesi: « Sovversivo non è solamente l'individuo che imbraccia un fucile o ha tra le mani una bomba, ma anche colui che diffonde idee contrarie alla civiltà "occidentale e cristiana" ». Valutazioni di questo tipo venivano manifestate in continuazione dai nostri sequestratori e rendono l'idea di chi sarebbero stati coloro che avrebbero composto la gamma di vittime di questa crociata nazionale destinata a preservare l' "ordine occidentale e cristiano". L'obiettivo fondamentale era quello di frenare le mobilitazioni popolari tendenti a gridare sulle piazze rivendicazioni economiche e politiche. Tali mobilitazioni avevano dimostrato di essere molto attive e diffuse in città come Córdoba, perciò bisognava distruggere il movimento operaio e popolare organizzato e annientare le organizzazioni rivoluzionarie. Nell'ambito di questo progetto, le vittime della repressione avrebbero abbracciato un ampio raggio sociale e non sarebbero state, perciò, un piccolo numero. Operai, intellettuali, studenti, artisti, scienziati, religiosi, professionisti, uomini e donne del nostro popolo, tacciati di sovversivi, sono vittime del terrorismo di Stato. Molti di essi sono avviati a campi di concentramento, come quello de "La Perla" a Córdoba. Questo campo di detenzione clandestina, sotto la giurisdizione della 3" Armata dell'Esercito, entra in funzione nel marzo del 1976 come sede dell'OP3 —Gruppo speciale di Operazioni del Distaccamento di Intellighenzia 141 — e continua le sue attività fino al termine del 1978. Per uno dei suoi capannoni, che copriva approssimativamente un'area di 300 mq., sono passate centinaia di prigionieri, calcolabili all'incirca sui 2.000. Dopo essere rimasti in funzione per alcuni anni, questi campi di detenzione clandestina, molto diffusi in tutto il territorio nazionale, recentemente sono stati smantellati. Anche "La Perla". Dove sono tutti quelli che sono passati sotto il suo tetto, che hanno vissuto quella dimensione irreale, disumana? Qual è stata la loro sorte? Molti vi arrivarono già morti, assassinati durante le operazioni di sequestro perché avevano opposto resistenza, oppure vi morivano in conseguenza delle ferite riportate in quella occasione. Altri, a causa della tortura, entravano in un processo irreversibile che poneva fine alle loro vite, in mezzo a lamenti e deliri. Molti furono portati via di là durante la notte, per essere trovati cadaveri in qualche angolo della città o della provincia, o in prossimità di una fabbrica in cui erano in corso delle agitazioni, come se fossero rimaste vittime di supposti scontri armati. A queste operazioni avevano affibbiato il nome di "ventilatori" ed avevano lo scopo di incutere il terrore più nero, di spaventare la popolazione, i sindacati in lotta, di paralizzare l'azione delle organizzazioni armate. Mentre alcuni furono trasferiti ad altri campi, in carcere, o rimessi in libertà, la maggioranza — e periodicamente — venivano portati via con destino ignoto. “
Piero Di Monte, Desaparecidos. Testimonianza di un superstite, a cura di Giulio Battistella, edizioni EMI, Bologna, ottobre 1983¹; pp. 73-74.
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raffaeleitlodeo · 8 months
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Ieri notte ero a Bologna.
Ero a Milano ieri sera, dovevo essere a Roma stamattina, la prima ora a scuola. Dopo le otto e mezza, la sera, non esiste un treno per Roma. Frecciarossa e Italo tutte le ore a 130 euro, ma i treni la sera che magari servono ai pendolari no.
Avevo un treno notturno, con un cambio di un'ora e mezzo a Bologna.
La stazione di Bologna è l'esempio per me del disastro sociale degli ultimi trent'anni. Ci avrò passato le notti da ragazzino tra un treno e l'altro per un concerto o per andare a beccare un amico o una ragazza conosciuta al mare. Per me diciassettenne aveva un'allure mitica dei racconti di Tondelli o Palandri.
Quando ero un ragazzino c'era la sala d'attesa aperta tutta la notte. Oggi chiaramente no, di giorno ci sono i bar con i panini a otto euro e i cessi a pagamento. Oggi non ci sono nemmeno le panchine, e quelle poche che ci sono chiaramente hanno i divisori in modo che non ci si possa sdraiare. Nulla è aperto a parte i distributori automatici, la metà scassata.
Chi sta alla stazione Bologna di notte, a aspettare un treno, o pendolari, o poveri cristi, l'unico posto dove può andare è uno dei due bar davanti alla stazione, che svolgono di fatto un servizio pubblico minimo. Il diritto al sonno.
Al primo piano del bar puoi dormire, chiaramente solo se appoggi la testa sul tavolino e ti prendi almeno un caffè, ma i proprietari sono abbastanza gentili.
Non ci sono prese per ricaricare il telefonino, ma c'è un bagno.
Ieri eravamo una trentina, fissi. Tra una cosa e l'altra passeranno duecento, trecento persone a notte.
Chi deve andare a lavorare, magari da pendolare, dalla Campania a Milano, non prende quindi i treni, ma i pullman.
Non distante dalla stazione ferroviaria c'è l'autostazione, che è un posto dove puoi dormire per terra, e dove c'è una microsala d'attesa.
Un pullman Bologna-Roma costa 50 euro, dormi seduto tra la gente. I proprietari della linea Itabus sono la famiglia Aponte, italiani con i soldi in Svizzera, i secondi più ricchi della Svizzera, tra i 500 più ricchi del mondo. Hanno monopolizzato di fatto un servizio pubblico.
Ieri nella saletta sopra del bar eravamo solo due bianchi e tutti gli altri neri. L'altro bianco era un uomo che aveva 5 giorni di ferie e aveva pensato che con pochi soldi si poteva fare il Sentiero degli dei, Bologna Firenze, dormendo in ostelli, etc...
Ma arrivato a Bologna, non aveva trovato nulla per dormire, l'ostello gli aveva sparato 130 euro a notte, gli alberghi a tre stelle 300 euro a notte. La ragione è che la città era colonizzata dalla coppa Davis e gli albergatori hanno deciso di alzare i prezzi fuori controllo. Non si trovava ieri una camera con un prezzo umano entro 50 chilometri fuori Bologna. Si era arreso, stava tornando al suo paese vicino Milano, con un treno all'alba, facendosi tre ore di sonno con la faccia sul tavolino.
Quando penso a come il neoliberismo rende il mondo di merda, penso esattamente a questo. L'espulsione, totale, delle persone dallo spazio che dovrebbe essere pubblico, o almeno abitabile, attraversabile. Le persone che lavorano, i ragazzini, come potrei oggi andare a beccare un amico a cazzo come facevo a 19 anni, dove cazzo dormirei, in quelle due ore tra un cambio e l'altro, in una stazione, dove persino i muretti che circondano le rampe di scale sono stati costruiti con una superficie non troppo larga in modo che tu non ti ci possa buttare per mezz'ora?
Io se c'avessi dei soldi del Pnrr li darei a sto bar, per il servizio pubblico che offre, per il diritto al sonno. C. Raimo, Facebook
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PREMONIÇÃO
Nunca foi ilusão ou coisa maligna do diabo!
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Hoje quero dizer sobre uma vidência premonitiva. Não é a primeira vez que isso ocorre, mas o maior problema dos encarnados é a interpretação, vivemos numa faixa muito relativa sobre todas as coisas. Uma vez sofri um acidente de automóvel que poderia ser evitado, porque os espíritos começaram a me avisar um mês antes. Na época não tinha consciência sobre o mundo espiritual e a comunicação entre os planos. Mal sabia sobre a existência divina, o processo evolutivo. Nós, quando temos um compromisso assim e não tomamos conta, as influências relativas do mundo onde vivemos são dominadoras. Se tivesse esse entendimento, talvez pudesse evitá-lo ou diminuído seus efeitos.
Mesmo entendendo como funciona algumas coisas, ainda tenho dúvidas sobre o que se passa lá do outro lado. E quando vem os avisos dos outros planos, me contenho apenas a dizer o que é visto e informado, procuro ser apenas o transmissor da informação, para quem quer que seja. Pondero sempre porque a Lei da Causa e Efeito é absoluta e contínua, falando bem ou mal, haverá consequências...
Vai dizer que foi um sonho! Muitos são assim, sobre a mente humana a ciência materialista só permite que seja dito o que está registrado nos estudos do psique. É o materialismo, que só permite aquilo que é palpável, qualquer outra tese é tratada como ilusão, fraude, superstição ou religiosismo.
Os céticos estão em maior número no mundo, e quando crêem nos mecanismos da Mente Universal, pouco avançam sobre Onipotência divina. Se não fosse as perguntas e respostas dos livros do nosso mestre Hippolyte Leon, ainda estaríamos sem respostas para as nossas certezas.
O Fato:
Estava numa reunião com os dirigentes de uma casa de oração que promove o intercâmbio entreos planos, e o proprietário do imóvel alugado para os trabalhos. O grupo promove o intercâmbio entre os planos.
Era durante o sono, todos nós estávamos fora do corpo, sentados, envolta de uma mesa. O assunto naquela hora eu não sabia, mas era o destino das reuniões naquele espaço. Minhas lembranças foi um desentendimento manifestado pelo dono do imóvel, e a impressão foi de que não havia entendimento e algo poderia acontecer. Fiquei apreensivo porque sabia da grande importância desse trabalho.
Passado dois ou três dias, estava ao lado do proprietário, ele recebeu uma mensagem dos dirigentes com o interesse na compra do imóvel.
Eu gostaria que essa transação fosse feita. Os vínculos materiais não podem se sobrepor aos espirituais, principalmente quando são colocados para a vontade divina, e ali era um vínculo que movimentava para o bem. Também tinha uma questão financeira. O trabalho filantrópico depende de muitas doações e as despesas de um centro que promove atendimentos que podem chegar a 300 atendidos/dia, fora os médiuns e assistentes, tudo movimentando num período de 2 horas em média, bancados praticamente por eles. A caridade nesse nível também demanda custos enormes. Não é fácil manter um espaço de trabalho e ainda bancar o aluguel. Vamos comparar com as despesas de um negócio, onde mesmo tendo retorno financeiro de uma atividade prestada, que já é difícil quando não há os custos de locação, imagine para eles que bancam aluguel e despesas sem retorno.
Mas o proprietário não quis se manifestar a respeito. Até evitou continuar sendo assistida. E como os dirigentes nunca tocaram no assunto, percebi que aquele interesse foi esfriando, até que o assunto foi deixado. Os trabalhos continuaram e quando podia, ia me consultar com os espíritos. Era longa a distância, 200 km.
Tenho um grande respeito pelo trabalho e sou muito grato pelas bênçãos concedidas até esse momento. Eu ainda estou restabelecendo minhas origens com os trabalhadores da Umbanda.
A premonição se cumprindo:
Recebi a notícia que os dirigentes desse centro entregarão o espaço. Provavelmente vão para outro local. Será que eu deveria ter insistido em convencer a venda naquela época? Quando ocorreu aquele sonho, não tinha entendido. Só hoje compreendi o que tinha acontecido naqueles dias.
Fiquei surpreso pela notícia, mas sei que um trabalho assim precisa continuar.
A ordem dos altos escalões foi pars o Brasil ser a Luz do mundo. O intercâmbio entre os planos adiverte, ilustra e consola. Tive consciência do dos fatos um ano antes. Só não soube interpretar os detalhes dessa lembrança. Sou feliz por aos poucos entender estas coisas de Deus, D'Ele, nada é feito se não for para o bem e o bom. Quanto mais o esforço na prática, se for do merecimento, mais será meu entendimento dessas coisas, acredito ser portador desses dons, só não vivo o suficiente desse potencial ainda.
Não vou me estender. Os trabalhos vão começar nesse mês e espero continuar a ser orientado pelo grupo maravilhoso e fazer até mais. Eu sei o que preciso fazer sobre a doutrina de Deus, onde todos deveriam estar com ela em suas mentes para poder refleti-la em ações.
Deus pague a todos pela leitura!
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crazybutsensible · 11 months
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UNA TRAGEDIA FIGLIA DI UNA SFIDA SOCIAL DEMENZIALE
Un suv si schianta contro una smart, un bambino di 5 anni rimane ucciso, la madre e la sorellina di 3 anni ferite in prognosi riservata. Una notizia terribile, che all’apparenza sembra soltanto l’ennesimo tragico incidente sulle strade di Roma. Con il passare delle ore però, emergono dei dettagli inquietanti. I 5 ragazzi poco più che ventenni a bordo del suv Lamborghini che si è schiantato stavano realizzando una “sfida”: rimanere al volante per 50 ore consecutive.
Sono gli youtuber “TheBorderline”, sul loro canale vantano oltre 600mila iscritti e più di cento video (alcuni con milioni di visualizzazioni). Il format è basato su “challenge” demenziali e premi in denaro. Cose tipo “24 ore sulla ruota panoramica senza scendere”, “chi esce per ultimo dalla piscina col ghiaccio vince 300 euro”, “taglio una tv con coltelli di plastica” etc. Anche la sfida “vivo 50 ore in macchina” non è una novità, la stessa che era in corso con buona probabilità al momento dell’incidente.
Ovviamente qui nessuno qui vuole emettere sentenze e condanne al posto di un tribunale, prima che la dinamica dei fatti sia chiarita. Ma è altrettanto evidente che mettersi alla guida per due giorni consecutivi, su un’auto di grossa cilindrata affittata per l’occasione, girando costantemente video con lo smartphone, non fa altro che aumentare i rischi. E per cosa?
Per monetizzare qualche contenuto? Per un po’ di notorietà? Per qualche like in più? Per andare sempre un po’ più in là, con sfide sempre più demenziali e rischiose, per ostentare magari uno stile di vita che non gli appartiene, magari irridendo a bordo di una Lamborghini chi guida “una Smart usata che costa 300 euro al Conad”. Ostentazione, superficialità, stupidità. Il problema nel trasformare la vita vera in un'eterna diretta social è cha a volte le conseguenze possono essere reali e terribili.
Se questa è la nuova società, sono orgogliosa di essere vissuta negli anni 70/80....
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lostaff · 1 year
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Ch-ch-changes
🌟 Novità
Tumblr Live è una nuova funzionalità di streaming live su Tumblr. Ora è disponibile per tutti gli utenti negli Stati Uniti (solo app iOS e Android, per ora) e sarà presto disponibile sul Web. Una cosa veloce: se stai utilizzando l'app per iOS e hai accesso a Tumblr Live, l'icona di ricerca verrà spostata nell'angolo in alto a destra della dashboard (se non vedi affatto l'icona di ricerca, guarda la prima voce sotto “In corso”).
Il pulsante ALT, che espone il testo alternativo di un'immagine (se disponibile), è stato aggiunto all'app per Android.
Il pulsante ALT sui temi del blog ora è parzialmente trasparente fino a quando l'immagine non viene spostata sopra o messa a fuoco, proprio come sulla dashboard.
Aggiunto uno stile al pulsante ALT sui temi del blog per le immagini di larghezza inferiore a 300 pixel. Ora dovrebbero trovarsi sotto l'immagine sulla maggior parte dei temi.
Abbiamo aggiornato la nostra API per esporre nuovamente il campo is_blocks_post_format per i post. Dai un'occhiata a questo problema di GitHub per maggiori informazioni. Anche i nostri documenti API sono stati aggiornati.
Ora puoi acquistare i segni di spunta blu nell'app per iOS.
Abbiamo aggiunto i metadati del feed RSS alla nostra nuova visualizzazione del blog (ad es. https://www.tumblr.com/staff) per coloro che utilizzano le estensioni del lettore RSS nel proprio browser.
Se hai abilitato l'impostazione di movimento ridotto, non vedrai più una GIF animata nella pagina di errore.
🛠 Correzioni
Risolto un problema sul Web per cui fare clic su un tag che inizia con un asterisco poteva portare a una pagina vuota.
Risolto un problema sulla rete di blog in cui le immagini ad alta risoluzione a volte non venivano visualizzate nella lightbox.
Risolto un problema di prestazioni con i piè di pagina dei post sul web. lo scorrimento dovrebbe essere un po' più fluido!
Risolto un problema sul Web mobile che poteva causare uno scorrimento a singhiozzo quando era abilitato il troncamento dei post.
Risolto un bug nell'editor di post sul Web che poteva comportare la perdita dell'ultima modifica se ci si trovava nel markdown o negli editor HTML e si faceva clic su "anteprima".
Risolti alcuni problemi relativi alla tavolozza dei colori nella pagina "Modifica aspetto" e nella visualizzazione blog.
Risolto un problema per cui il pulsante ALT sui temi del blog poteva non visualizzare la descrizione dell'immagine quando veniva cliccato.
Risolto un problema che interessava la pagina Esplora sul Web in cui il testo segnaposto nel campo di risposta non era allineato correttamente quando si utilizzava l'opzione di layout in griglia.
Risolto un problema sul Web per cui il modulo di richiesta nella dashboard si interrompeva per due secondi tra l'apertura e la ricezione del focus della tastiera.
Risolto un problema sul Web che rendeva molto difficile la lettura del testo nel login/iscrizione quando si utilizzavano determinate tavolozze di colori.
Sul web, i suggerimenti che appaiono quando si passa il mouse sopra le icone nel piè di pagina del post ora scompariranno immediatamente dopo aver spostato il cursore fuori dall'icona, invece di rimanere.
Le menzioni nell'editor dei post sul Web sono nuovamente sottolineate.
Risolto un problema sul Web per cui le icone del sito potevano essere invisibili su alcune pagine quando si utilizzavano le tavolozze Cibernetico o Zucca.
🚧 In corso
L'icona di ricerca non è presente per alcune persone che utilizzano l'app iOS. Stiamo lavorando a una soluzione, ma nel frattempo, l'uscita e il riavvio dell'app dovrebbero forzare la visualizzazione dell'icona (nell'angolo in alto a destra della dashboard).
Molte persone stanno sperimentando un afflusso di follower spam. Stiamo lavorando per combattere questo problema, ma nel frattempo assicurati di segnalare eventuali blog di spam che incontri.
🌱 In arrivo
Niente da condividere oggi.
Hai riscontrato un problema? Invia una richiesta di supporto e ti risponderemo il prima possibile! 
Vuoi condividere il tuo feedback su qualcosa? Dai un'occhiata al nostro blog Work in Progress e avvia una discussione con la community.
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abr · 1 year
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"(Sposato a 24 anni) all'età di 33 anni aveva una relazione con una cugina trentaseienne divorziata. Spariva per giorni finché andò via da casa, accettando di tornarci solo a patto che la moglie avesse rispettato alcune condizioni:
che i suoi vestiti e la biancheria fossero mantenuti in ordine e in buono stato;
che egli ricevesse i suoi tre pasti regolarmente nella sua stanza;
che la sua camera da letto e lo studio fossero sempre puliti e, in particolare, che sulla sua scrivania potesse mettere le mani solo lui.
La moglie avrebbe dovuto evitare ogni rapporto personale, astenersi dal criticarlo sia a parole sia con azioni davanti ai figli;
Non doveva aspettarsi intimità;
Doveva smettere immediatamente di rivolgersi a lui se lo richiedeva;
Doveva uscire all'istante dalla stanza senza protestare se egli lo richiedeva" .
(Queste ultime due condizioni sarebbero tutto quello che serve con le donne, sia in famiglia che fuori. Andrebbero scolpite nella pietra come le Tavole della Legge).
Ma chi sarà mai questo pervertito retrogrado dis-inclusivo cattivo esempio da emarginare e isolare senza se e ma, codesto Gran Visir della toxic masculinity? Un fassio che salta nel cerchio di fuoco, un personaggio palestrato inventato da Sylvester Stallone, uno spartano dei 300 dai fumetti di Frank Miller?
Pas de tout, era ALBERT EINSTEIN.
Celebrato dall'inclito e dal profano come IL genio del XX secolo: al punto che il patologo che effettuò la sua autopsia ne asportò il cervello e lo conservò di nascosto per decenni.
Scandalizzati, ma perché? Gli è che come quasi tutti, E. viveva nel e il suo tempo, non anticipando istanze che vi siete inventate nel vostro. Soprattutto, i suoi enormi contributi all'avanzamento delle conoscenze dell'Umanità non sono inficiati da attitudini (allora normali) che le masse rieduchescional oggi considerino perverse. Albert rovescio della medaglia del Michelangelo omosessuale: dimostra come il BIGOTTISMO TALEBANO sia sbagliato sempre, anche se piace alla gente che piace. A maggior ragione quando si tratta di giudizi estrapolati dal tempo, come se viaggiassero alla velocità della luce.
Sappiatelo, prima che inizino a dire che le sue teorie sono tossiche o peggio, facciano un film su di lui con protagonista un attore islamico.
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nusta · 10 months
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Ieri sera sono finalmente riuscita a tornare a correre dopo un sacco, ne avevo un gran bisogno e sono stata contenta. Come sempre ho pensato assai, questa volta sulla rappresentazione del sé, un mosaico di varie idee alimentate in questi giorni, forse più un caleidoscopio per come si spostavano un passo dopo l'altro, e provo a mettere qualche pezzetto qui nero su bianco, giusto per non lasciare tutto al vento.
Tra una cosa e l'altra erano due mesi che non correvo e ne sentivo davvero la mancanza. Incrociando le dita mi dovrebbe essere passata la tosse e c'è stato anche un calo della temperatura sotto i 30° C e sono uscita in orario dall'ufficio e la mia amica che un anno e passa fa mi aveva chiesto consiglio mi aveva raccontato che aveva cominciato a correre sotto casa in questi giorni e mi aveva fatto salire ancora di più la voglia e insomma la combinazione di elementi era perfetta.
Ovviamente come sempre dopo una pausa manco 10 minuti di seguito riesco a fare, quindi su 6 km ne avrò corsi 5, ma vabbè. Per me quello che conta non è tanto la distanza o la velocità, ma la soddisfazione finale, e quindi sono andata avanti senza troppe remore un po' correndo e un po' camminando, come avevo consigliato di fare anche alla mia amica in effetti. E intanto ho pensato a ruota libera alle varie cose che mi venivano in mente, sulla scia degli eventi di questi ultimi giorni.
Ho pensato al teatro e alla narrazione biografica, dato che ho fatto di recente un regalo legato a entrambe queste cose, e sono pure stata a vedere uno spettacolo pseudo-autobiografico che mi è piaciuto molto. La biografia effettivamente è uno dei generi che preferisco, anche se non è facile a volte capire quanto ci sia di romanzato nelle storie raccontate e non è la stessa cosa se è qualcun altro a raccogliere una storia invece che parlare di sè, ma alla fine tutte le narrazioni e le trasposizioni sono sempre mediate, anche da sé stessi e dal ricordo che abbiamo degli eventi passati, alla fine è comunque una "nostra" interpretazione. Mi sono chiesta quale sarebbe la storia che io racconterei di me stessa, con quale media potrei mai essere in grado di farlo: scrivere e illustrare forse sono gli unici in cui potrei provare, ma ci sono tanti altri modi anche all'interno di questi due campi e credo che non verrebbe mai fuori la stessa storia, non agli occhi di qualcun altro e forse neppure miei. Chissà se un giorno rileggendomi mi riconoscerei, cosa ricorderei, cosa rinnegherei, in quale abisso finirei persa, a volte mi capita con i vecchi diari, anche con i vecchi post, a volte mi capita anche con gli oggetti che mi passano tra le mani quando sistemo le mie cose, fare il trasloco infatti è stata un'impresa emotivamente pesantissima anche per questo.
Ho pensato a quanto sia difficile eppure importante conoscere le storie degli altri, a quanto i monologhi siano un genere che molti non apprezzano, perchè forse ne hanno visti di noiosi e hanno perso fiducia, ma a me piace molto, anche se effettivamente è difficile tenere viva l'attenzione di un pubblico quando sei da solo in scena o quando parli in prima persona per oltre 300 pagine. Ho pensato alle difficoltà che ha incontrato una mia amica, l'autrice del testo teatrale/biografia che ho regalato, nel gestire una carriera "in solitaria" e a quanto sia complicato come mondo quello del teatro e in generale quello dell'arte, dell'espressione artistica qualunque sia il media scelto per dare vita alle proprie creazioni. Siamo in un periodo storico strano e pieno di contraddizioni.
Ho pensato alla buona dose di narcisismo che ci vuole per mettersi in scena e in mostra, paradossalmente in questo momento di sovraesposizione del sé con i social, e quanto ci sia di artificiale e di autentico, in quello che raccontiamo di noi. Un esibizionismo paradossalmente timido, chissà quanto consapevolmente selettivo. Anche ora che scrivo la scelta delle parole è ovviamente soppesata, anche se sto andando abbastanza a ruota libera, tra il ricordo di quello che ho pensato ieri e quello che ne viene fuori ora, sul filo della logica delle frasi e della rilettura prima di pubblicare questi miei pensieri più o meno sparpagliati. Chissà come sarebbe una AI basata sulla mia produzione letteraria.
Ho pensato ai compromessi che facciamo quando ci esponiamo agli altri, in questa narrazione pubblica o semiprivata, ai confronti che siamo disposti ad accettare e a quelli che preferiamo evitarci, o che magari preferiremmo evitare ma siamo comunque costretti a subire.
Non è un caso che io pensi a queste cose nel mese in cui si sono sposati in pompa magna due miei colleghi, ciascuno per conto suo, mentre io sto cercando di capire come organizzare un matrimonio in cui non vorrei invitare nessuno, ma non so come sottrarmi alla pubblica opinione rispetto quello che si dovrebbe fare in questo genere di circostanze e alle reazioni di offesa di parenti vari. Ho pensato anche a questo ieri sera, dopo aver passato qualche minuto online a confrontare modelli e prezzi delle fedi nuziali, giusto per non presentarmi da completa ignorante in gioielleria, per poi sbirciare un paio di articoli random di consigli per una buona organizzazione del matrimonio dei sogni. Io non li ho mai avuti questi sogni, pensavo correndo, l'ennesima cosa generalmente considerata femminile che non mi appartiene, e chissà cosa dice questo di me, chissà se sono sbagliata in qualche senso. Ogni tanto lo penso, mi chiedo se ci sia qualcosa che non torna, poi mi dico che non importa, rispetto a tante altre cose che sono, che faccio, che voglio, questo è il genere di cose che non importano. Il femminile, il maschile, sono qualifiche che non importano granché. A me, perlomeno. E se non importano a me, per quanto riguarda me stessa va bene così. Però ogni tanto mi devo fare un appunto mentale, perchè è facile dimenticarlo e tornare nel dubbio. L'autostima va coltivata costantemente, mi dico, a costo di sforare a volte nel narcisismo.
A prescindere dal maschile e dal femminile e da qualsiasi attribuzione più o meno anacronistica, comunque, l'idea del matrimonio mi inquieta. Non il fatto di essere sposati, quello sarebbe la parte bella che viene dopo e in cui vorrei già ufficialmente essere e in cui di fatto mi trovo da diversi anni, ma proprio l'evento nozze, l'organizzazione e la programmazione e gli acquisti e gli appuntamenti, mi mettono molto nervosismo. Non fanno per me e vorrei vivere in un modo e in un mondo in cui poter sorvolare allegramente tutto questo e invece sento già lo sguardo altrui sulle mie scelte. Anche quello premuroso di chi vuole il mio bene, eh, anche quello è un poco pesante in questo frangente. Che poi spero di riuscire a fare quello che voglio e non di più, ma intanto mi sale lo stesso il nervoso. Che pazienza. Intanto correre aiuta, al di là delle endorfine, basta incrociare un cane buffo e l'umore si alza e il filo dei pensieri si snoda più leggero.
Alla fine avrei potuto stare in giro anche di più, ma non ho voluto rischiare, e i postumi di oggi sono abbastanza contenuti. Chissà se domani riesco a uscire di nuovo.
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fridagentileschi · 10 months
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Analisi geopolitiche umoristiche di una casalinga:
il mondo fantastico dei filo merdensky! Ieri erano tutti eccitati perché i Wagner erano e 300 km da Mosca, ora sono a 100 km da Kiev... Era una trollata per prendersi i soldi degli americani destinati dall’Ucraina in cambio di un tradimento.
Che non c’è stato .
In pratica il " pacco napoletano" spiegato ai napoletani.
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