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#Storia del XX secolo
gregor-samsung · 1 year
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TELEGRAMMA DEL PRESIDENTE PERTINI AI MILITARI ARGENTINI
« L'agghiacciante cinismo del comunicato col quale si annuncia la morte di tutti i cittadini argentini e stranieri scomparsi in Argentina nei tragici anni trascorsi sotto la dittatura militare, colloca i responsabili fuori dell'umanità civile. Esprimo lo sdegno e la protesta mia e del popolo italiano in nome degli elementari diritti umani, così crudelmente scherniti e calpestati ». 29 aprile 1983
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PROTESTA DEL GOVERNO ARGENTINO PRESSO IL GOVERNO ITALIANO
« Il governo della Repubblica Argentina esprime al governo della Repubblica Italiana la sua più energica protesta per le espressioni contenute nel telegramma rivolto dal signor presidente Alessandro Pertini alla giunta militare e le respinge fermamente nella loro integrità, in quanto esse sono lesive e rappresentano una evidente intromissione negli affari interni della Repubblica Argentina ». 3 maggio 1983
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RISPOSTA DEL PRESIDENTE PERTINI AL PRESIDENTE ARGENTINO GEN. BIGNONE
« Signor presidente, ho ricevuto il memorandum che ella mi ha fatto pervenire in seguito alla mia protesta ufficiale per i delitti contro vittime innocenti. Prima di tutto tra le vittime vi sono anche italiani: di qui il mio diritto a protestare. Secondo: l'Argentina ha firmato la Carta di San Francisco e quindi i suoi governanti devono rispondere innanzi al mondo intero di ogni loro violazione di diritti umani e civili. Inoltre mi chiedo stupito perché lei, uomo onesto e ufficiale integerrimo, voglia difendere ufficiali che con gravi misfatti hanno disonorato la divisa che lei porta con onore. Non mi interessa che altri capi di stato non abbiano sentito il dovere di protestare come ho protestato io. Peggio per loro. Ciascuno agisce secondo il suo modo di sentire. lo ho protestato e protesto in nome dei diritti civili e umani e in difesa della memoria di inermi creature vittime di morte orrenda. È tutta l'umanità che deve sentirsi ferita e offesa. Sono certo che nell'intimo del suo animo ha risonanza la mia umana parola, anche se per dovere di ufficio, acconsente che la sua diplomazia protesti per il mio legittimo e doveroso intervento ». 3 maggio 1983
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Documenti tratti da:
Piero Di Monte, Desaparecidos. Testimonianza di un superstite, a cura di Giulio Battistella, edizioni EMI, Bologna, ottobre 1983¹; pp. 63-65 (passim).
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iannozzigiuseppe · 2 years
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Compagni. Storia globale del comunismo nel XX secolo - Robert Service - Editori Laterza
Compagni. Storia globale del comunismo nel XX secolo – Robert Service – Editori Laterza
Compagni Storia globale del comunismo nel XX secolo Robert Service Editori Laterza Circa trent’anni fa crollava uno storico muro, eretto nel cuore dell’Europa. Con quel muro collassa l’impero sovietico, e il comunismo si trasforma in reliquia. Una reliquia ingombrante, che ha influenzato il corso della storia. Robert Service muove da Marx per arrivare fino all’oggi, passando per la Russia…
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viendiletto · 3 months
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Bibliografia
A. Colella, L’esodo dalle terre adriatiche – Rilevazioni statistiche, Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, 1958
A. Santin, Al tramonto. Ricordi autobiografici di un vescovo, 1978
L. Vivoda, L’esodo da Pola - agonia e morte di una città italiana, Nuova LitoEffe, 1989
S. Cella, La liberazione negata. L’azione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria, Tipografia Del Bianco, 1990
R. Pupo, Venezia Giulia 1945. Immagini e problemi, Editrice Goriziana, 1992
S. Cella, Dal plebiscito negato all’esodo, ANVGD Gorizia, 1993
G. Perselli, I Censimenti della popolazione dell’Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936, 1993
E. Bettiza, Esilio, Mondadori, 1996
R. Pupo, Violenza politica tra guerra e dopoguerra: foibe, deportazioni ed esodo delle popolazioni istriane e dalmate (1943-1956), in «Annali/Museo storico italiano della guerra», 1997
N. Milani, A. M. Mori, Bora. Istria, il vento dell’esilio, Marsilio, 1998
G. Nemec, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d’Istria (1930-1960), LEG Edizioni, 1998
F. Rocchi, L’esodo dei 350mila Giuliani Fiumani e Dalmati, Difesa Adriatica, 1998
F. Salimbeni, Le foibe, un problema storico, Unione degli Istriani, 1998
L. Vivoda, Campo profughi giuliani Caserma Ugo Botti, Istria Europa, 1998
N. Luxardo, Dietro gli scogli di Zara, Editrice Goriziana, 1999
A. Petacco, L’esodo, Mondadori, 1999
R. Spazzali, Epurazione di frontiera: le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948, LEG Edizioni, 2000
G. Rumici, Fratelli d’Istria: 1945-2000, italiani divisi, Ugo Mursia, 2001
M. Brugna, Memoria negata. Crescere in un centro raccolta profughi per esuli giuliani, Condaghes, 2002
G. Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria, Mondadori, 2002
G. Rumici, Infoibati (1943-1945): i nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Ugo Mursia, 2002
R. Pupo, R. Spazzali, Foibe, Mondadori, 2003
R. Marsetič, I bombardamenti alleati su Pola 1944-1945, 2004
E. Ratzenberger, Via Volta 2. Un’infanzia a Fiume, Edizioni Biografiche, 2005
G. Crainz, Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Donzelli, 2005
E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Torino, Franco Angeli, 2005
G. Paiano, La memoria degli Italiani di Buie d’Istria, 2005
M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007
L. Giuricin, La memoria di Goli Otok - Isola Calva, 2007
E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, 2007
E. Rover, Cronache istriane di un esule, L. G. Ambrosini & C. Tipografia Editrice, 2008
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Primo volume: dall’inizio del Novecento al Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2008
P. Sardos Albertini, Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell’Adriatico orientale, 2008
S. Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana, 2008
R. Turcinovich Giuricin, La giustizia secondo Maria. Pola 1947: la donna che sparò al generale brigadiere Robert W. De Winton, Del Bianco Editore, 2008
L. Vivoda, Quel lungo viaggio verso l’esilio, Istria Europa, 2008
G. Rumici, M. Cuzzi, R. Spazzali, Istria, Quarnero, Dalmazia: storia di una regione contesa dal 1796 alla fine del XX secolo, LEG Edizioni, 2009
E. Miletto, Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, 2010
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Secondo volume: il Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2010
G. Oliva, Esuli. Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia, Mondadori, 2011
G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, 2012
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Terzo volume: L’immediato dopoguerra, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2012
L. Vivoda, In Istria prima dell’Esodo. Autobiografia di un esule da Pola, Istria Europa, 2012
V. Facchinetti, Protagonisti senza protagonismo. La storia nella memoria di giuliani, istriani, fiumani e dalmati nel mondo, La Mongolfiera, 2014
V. Petaros Jeromela, 11 luglio 1920: l’incidente di Spalato e le scelte politico-militari, 2014
R. Turcinovich Giuricin, … e dopo semo andadi via, Edizioni Laguna – ANVGD Gorizia, 2014
F. Molinari, Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo, Ugo Mursia, 2015
G. Nemec, Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970, Alpha & Beta, 2015
A. Cuk, Cuori senza frontiere: il cinema del confine orientale, 2016
E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960, 2017
O. Moscarda Oblak, Il “Potere Popolare” in Istria. 1945-1953, 2017
A. Cuk, La città dolente, Alcione Editore, 2020
R. Turcinovich Giuricin, R. Poletti, Tutto ciò che vidi. Parla Maria Pasquinelli. 1943-1945 fosse comuni, foibe, mare, Oltre Edizioni, 2020
R. Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza, 2021
G. La Perna, Pola Istria Fiume 1943-1945. L’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Ugo Mursia, 2022
R. Pupo, Il lungo esodo: Istria : le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli, 2022
R. Spazzali, Pola. Città perduta. L’agonia, l’esodo (1945-47), Ares, 2022
R. Turcinovich Giuricin, Esuli due volte: dalle proprie case, dalla propria patria, Oltre Edizioni, 2022
E. Dionis Bernobi, Una vita appesa a un filo, 2023
R. Spazzali, Il disonore delle armi: Settembre 1943: l’armistizio e la mancata difesa della frontiera orientale italiana, Ares, 2023
E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro di Raccolta Profughi giuliano-dalmati di Laterina (1946-1963), Aska Edizioni, 2023
Documenti e articoli
Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) – Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939-1947)
Mappa ed elenco delle foibe
Grido dell’Istria, n° 20, 21 e 41
Arnaldo Harzarich, l’angelo delle foibe
Documentari, incontri e lezioni
Adriatico amarissimo. La stagione delle fiamme e la stagione delle stragi
Conferenze del giovedì dell’ANVGD di Milano
Da quella volta non l’ho rivista più. Incontro con Raoul Pupo
Esodo. L’Italia dimenticata
Esodo. La memoria tradita
Istria: il ricordo che brucia (1, 2)
Le Foibe
Le foibe, l’esodo e la catastrofe dell’italianità adriatica
Il tempo del ricordo. Le foibe e l’esodo istriano-giuliano-dalmata
Vergarolla
Filmati storici
Martiri italiani. Le foibe del Carso (1946)
L’esodo da Pola. La salma di Nazario Sauro a Venezia (1947)
L’esodo degli italiani da Pola (1947)
Pola addio (1947)
Pola, una città che muore (1947)
Le condizioni dei profughi giuliani accolti a Roma (1948)
Fertilia (1949)
Piccoli profughi giuliani (1951)
A Sappada con i piccoli profughi giuliani (1952)
Siti utili
Archivio de L’Arena di Pola
Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio
Associazione delle Comunità Istriane
Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio
Associazione Giuliani nel Mondo
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Bologna
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Udine
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Venezia
Associazione Triestini e Goriziani in Roma
Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana, Istriana, Fiumana e Dalmata
Centro di ricerche storiche Rovigno
Circolo di Cultura Istroveneta “Istria”
Comitato 10 Febbraio
Comunità di Lussinpiccolo
Coordinamento Adriatico
Deputazione di Storia Patria
Elio Varutti
FederEsuli
Fondazione Giorgio Perlasca – Le Foibe e l’Esodo
Fondazione Rustia-Traine
Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata
L’Arena di Pola – Libero Comune di Pola in Esilio
Lega Nazionale
Mailing List Histria
Società Dalmata di Storia Patria
Società di Studi Fiumani
Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio
Unione Italiana
Università Popolare di Trieste
Romanzi d’autori istro-quarnerini e dalmati
P. A. Quarantotti Gambini, La rosa rossa (1937)
E. Bettiza, Il fantasma di Trieste (1958)
F. Tomizza, Materada (1960)
F. Tomizza, La ragazza di Petrovia (1963)
F. Tomizza, Il bosco di acacie (1963)
P. A. Quarantotti Gambini, I giochi di Norma (1964)
P. A. Quarantotti Gambini, Le redini bianche (1967)
F. Tomizza, L’albero dei sogni (1969)
F. Tomizza, La torre capovolta (1971)
F. Tomizza, La quinta stagione (1975)
F. Tomizza, La miglior vita (1977)
F. Tomizza, Il male viene dal Nord (1984)
L. Zanini, Martin Muma (1990)
N. Milani, Una valigia di cartone (1991)
E. Bettiza, Esilio (1996)
M. Madieri, Verde acqua. La Radura (1998)
G. Fiorentin, Chi ha paura dell’uomo nero? (2000)
F. Tomizza, La visitatrice (2000)
F. Tomizza, Il sogno dalmata (2001)
E. Bettiza, Il libro perduto (2005)
F. Molinari, L’isola del Muto. Storia del pescatore dalmata che parlava ai gabbiani (2006)
A. M. Mori, Nata in Istria (2006)
N. Milani, Racconti di guerra (2008)
L. Toth, La casa di calle San Zorzi (2008)
L. Zanini, Martin Muma (2008)
R. Turcinovich Giuricin, S. De Franceschi, Una raffica all’improvviso, navigando lungo le coste dell’Istria e Quarnero (2011)
L. Toth, Spiridione Lascarich – Alfiere della Serenissima (2011)
A. M. Mori, L’anima altrove (2012)
E. Bettiza, La distrazione (2013)
N. Milani, La bacchetta del direttore (2013)
N. Milani, Lo spiraglio (2017)
L. Toth, Il disertore dalmata (2018)
N. Milani, Di sole, di vento e di mare (2019)
N. Milani, Cronaca delle Baracche (2021)
E. Mestrovich, A Fiume, un’estate (2022)
R. Turcinovich Giuricin, Di questo mar che è il mondo… (2023)
Pellicole cinematografiche e spettacoli teatrali
La città dolente (1949)
Cuori senza frontiere (1950)
Magazzino 18 (2013)
Red Land Rosso Istria (2018)
La rosa dell’Istria (2024)
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fashionbooksmilano · 6 months
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Tina Modotti L'Opera
Roberto Costantini
Dario Cimorelli Editore, Milano 2023, 256 pagine, 200 illustrazioni b/n, 23x28cm, ISBN 9791255610243
euro 30,00
Rovigo, Palazzo Roverella,, 23 settembre 2023 - 28 gennaio 2024
Il volume che accompagna la mostra è la più completa edizione dedicata all'opera di Tina Modotti (1896- 1942), una delle principali protagoniste della storia della fotografia del XX secolo: dagli anni della sua formazione come assistente di Edward Weston fino ai suoi ultimi scatti. Oltre 300 opere tra immagini, filmati e documenti raccontano il suo lavoro, che spazia dalla rappresentazione delle architetture alle nature morte, dal racconto della quotidianità dei ceti popolari, dei contadini, degli operai, dei bambini e delle donne, alle nuove forme della modernità. Accanto al repertorio iconografico, un vasto apparato di saggi di Giuliana Muscio, Gianfranco Ellero, Amy Conger, Federica Muzzarelli, María de las Nieves Rodríguez Méndez, Patricia Albers, Carol Armstrong, Emily M. Hinnov, Fabiane Taís Muzardo, completa il volume. Il lavoro di ricerca, volto alla più completa ricostruzione, a oggi, del corpus della produzione fotografica di Tina Modotti, portato avanti dal curatore Riccardo Costantini con la collaborazione di Gianni Pignat e Piero Colussi, rende dunque questo volume uno strumento fondamentale per approfondire e conoscere l'artista e le sue opere.
30/10/23
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ARTE STORIA DELLO STILE
Roberto Longhi, piemontese di Alba, classe 1890, è stato uno dei più pregevoli critici d'arte italiani.
Per alcuni, il maggiore.
Non faccio classifiche.
Ricordo solamente il suo concetto del fare artistico:
«[...] l'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa [...] Mentre il poeta trasfigura per via di linguaggio l'essenza psicologica della realtà, il pittore ne trasfigura l'essenza visiva: il sentire per l'artista figurativo non è altro che il vedere e il suo stile, cioè l'arte sua, si costruisce tutto quanto sugli elementi lirici della sua visione.»
Così affermava nella sua "Breve ma veridica storia della pittura italiana", effetto di un compendio proposto da Longhi, tra il 1913 e il 1914, per i maturandi dei licei romani "Tasso" e "Visconti".
Era un giovane laureato.
Ma tenne quell'impostazione per tutta la vita: l'arte nasce dall'arte.
Ed è dunque storia dello stile, o meglio degli stili.
Difficile tenere quel modello concettuale entro solidi margini nella creatività caotica dell'arte contemporanea.
A maggior ragione per chi come me sostiene che l'atto lirico non sia individuale e originale libertà ma il riflesso di una cultura che fa traccia nel tempo facendo del corpo dell'artista il suo strumento espressivo.
Eppure, quando osservo i cosiddetti "illustratori", tra XIX e XX secolo (tra i quali è annoverato Toulouse-Lautrec) che per me sono artisti senza alcuna limitazione, mi sento additato dalle parole di Longhi come in un invalicabile atto d'accusa.
René Gruau, al secolo Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, riminese dalla nascita avvenuta nel 1909, è tra quelli che più di altri mi mettono in crisi.
Ma che, paradossalmente, concorre a salvare la mia tesi.
Infatti, mentre la sorprendente sintesi stilistica dell'artista italiano attraversa il '900 in un raffinato allungarsi e diffondersi di figure dalla strepitosa e diafana eleganza, corroborando la sentenza longhiana sulla traccia lirica come epicentro dell'arte, quelle apparizioni affascinanti altro non sono che l'espressione dell'estetica del secolo, punto di convergenza delle necessarie concatenazioni causali capaci di rendere riconoscibile il gusto per modelli rappresentativi inequivocabili: rammentano la stampa quotidiana e periodica, la pubblicità, il cinema, la moda di quegli anni ruggenti e tragici, disseminati di straripante follia ed estro creativo.
L'arte emerge dalla vita concreta delle società e dalla grafia delle loro visioni culturali.
Nondimeno, sono un tuffo nel passato recente, con una proiezione nel presente e nel futuro: la linea di Longhi mai spezzata nel suo farsi storico.
Dal fondo, emerge l'essere umano, illuso della libertà e immemore del destino di finitezza assegnata ai confini invalicabili di tempo e di spazio.
Che costui disegna nel colore di un'agognata dimenticanza.
- Le immagini sono un'antologia di espressioni figurative di René Gruau sparse lungo tutto il XX secolo.
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parolerandagie · 1 year
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...è morto Wayne Shorter. Era un uomo nato nell’Agosto 1933, quindi, per quanto triste, la sua dipartita sta nell’ordine delle cose umane e non sta a me, per certo, raccontare e glorificare la sua importanza, il suo peso, nella musica, nell’arte, nella storia del XX Secolo, ma permettetemi di darvi un consiglio, un po’ per celebrare questo fantastico artista ed un po’ per fare un favore a voi stessi: procuratevi la vostra bevanda preferita, sia essa una tisana alla verbena o un bourbon invecchiato e mordace, sedetevi più comodi che potete in una stanza illuminata appena ed ascoltatevi d’un fiato il Long Playing ritratto nella foto.
Si tratta di ‘’Speak No Evil’’, uscito nel 1966 sotto l’etichetta ‘’Blue Note Records’’, realizzato da un quintetto tra i cui partecipanti, oltre a Shorter, si trova anche un certo Herbie Hancock.
Ascoltatelo a mente aperta, fatevi provocare, cullare, fatevi procurare dei dubbi, fatevi regalare delle certezze, immergetevici dentro e non escludo vi possa baluginare un attimo, davanti agli occhi, la brillantezza di questa stella del saxophono, oggi spentasi.
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diceriadelluntore · 1 year
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Ipotesi Leggendarie
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Questo signore è Bernhard Riemann. Fu professore di matematica all'Università di Gottinga, intorno agli anni '50 e '60 del 1800, ed ha segnato profondamente la storia della matematica e della fisica. Si ricordano tra i suoi fondamentali contributi l'integrale di Riemann, prima definizione rigorosa di integrale di una funzione su un intervallo a essere stata formulata (utilizzato in tantissimi ambiti, tra cui la matematica finanziaria per esempio), l'introduzione della cosidetta superficie riemannana (senza il lavoro geometrico di Riemann non ci sarebbe la relatività generale di Einstein), ma è leggendario nella storia della matematica per le conseguenze di un suo piccolo studio, Ueber die Anzahl der Primzahlen unter einer gegebenen Grösse (che già intimorisce così, e che vuol dire Sul numero di numeri primi al di sotto di una certa grandezza), di appena una decina di pagine, pubblicato su Monatsberichte der Königlich Preußischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin nel 1859. In questo studio, Riemann descrive in maniera sintetica la funzione zeta (ζ(s)) dal punto di vista dell'analisi complessa, inventando di fatto la teoria analitica dei numeri, e ipotizza che gli zeri non banali della funzione zeta abbiano parte reale 1/2, cioè cadano sulla ipotetica retta che passa da 1/2. È questa la famosa Ipotesi di Riemann, che lega misteriosamente la distribuzione dei numeri primi al comportamento dei numeri complessi. A tutt'oggi, non esiste ancora una dimostrazione considerata esaustiva dell'ipotesi, tanto è che è da 120 anni presente sia nella lista dei Problemi proposti per il XX secolo, che un grande matematico tedesco, David Hilbert, propose alla Comunità scientifica a Parigi nel 1900 (era il punto 8 dei 23 totali), sia in quella dei Problemi per il millennio, lista stilata dopo esattamente 100 anni, sempre a Parigi, e sponsorizzata dalla Fondazione Clay, che finanzia l'Istituto matematico, promettendo un milione di dollari a chi risolverà uno dei 7 problemi del Millennio. Nel 1862, si sposa, e ha una figlia, ma il perdurare di una polmonite lo costringe a lasciare la Germania per un posto più mite: sceglie il lago Maggiore, dove malauguratamente spira il 20 Luglio del 1866, a soli 40 anni. Fu sepolto in un piccolo cimitero a Biganzolo di Verbania, ma la sua tomba è andata distrutta. Esiste però una lapide che lo ricorda, all'ingresso del piccolo cimitero.
Questa piccola biografia l'ho trovata in questo libro, che superata la prima vertigine per quello che potrebbe essere (formule, ragionamenti criptici, pesantezza, presenti solo in minima parte e spiegati nel modo più comprensibile possibile) è bello come un romanzo:
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scritto da Marcus Du Sautoy, professore di matematica all'Università di Oxford e Simonyi Professor For The Public Understanding Of Science sempre nella stessa Università.
Quello che indaga Du Sautoy è come, prima in modo timido, poi interessato e infine in maniera del tutto magica, negli ultimi 160 anni i più grandi matematici del Mondo abbiano sfidato l'ipotesi di Riemann: come ho scritto prima nessuno ha trovato una dimostrazione condivisa e convincente (sebbene esistano innumerevoli pretendenti e autoproclamatisi scopritori dell'arcano) ma le centinaia di studi, problemi e conseguenze dell'ipotesi hanno finito per influenzare in maniera determinante, mettendoli per la prima volta in comunione e lavorando assieme, innumerevoli campi della scienze: la teoria dei numeri, la geometria, l'analisi, la logica, la teoria delle probabilità, la fisica quantistica; chi per gioco, chi per sfida, a volte addirittura per puro caso, hanno finito per dare un piccolo contributo non solo alla risoluzione della dimostrazione eventuale ancora di là da venire, ma nell'allargare gli orizzonti delle proprie discipline in maniera fondamentale. Basta dire che, per esempio, Turing inizierà a pensare alle sue macchine proprio perchè sentì parlare dell'Ipotesi, o delle prove empiriche della posizione dei famosi zeri della funzione furono determinanti per lo sviluppo dei super computer, delle telecomunicazioni e persino, in maniera del tutto inaspettata, della sicurezza degli acquisti online che facciamo ogni giorno.
Ma oltre a questo, l'aspetto davvero meraviglioso di questo libro è lo scoprire che personalità sconvolgenti si misurarono con questo dilemma: da Hardy (che scrisse una fantastica Apologia del matematico, puntando sulla bellezza intrinseca delle forme e delle dimostrazioni) al suo fidato amico Littlewood (i due scrissero tutti gli articoli scientifici in coppia, anche quando era solo frutto del lavoro di uno dei due), i quali furono i padrini di un genio incredibile, Srinivasa Ramanujan, autodidatta, scopritore di alcune formule (di sommatorie che coinvolgono costanti come π, numeri primi e la funzione di partizione) senza mai saperne la dimostrazione, passando per Atle Selberg, il norvegese che si racconta avesse provato a dimostrare qualsiasi cosa della matematica, fino a John Nash, "the beautiful mind" che prima del Nobel ebbe un esaurimento nervoso proprio mentre lavorava agli studi su Riemann, oppure all'incredibile storia di André Weil, fratello minore di Simone, che rinchiuso in carcere nel 1940 perchè renitente alla leva, scriverà lì fondamentali studi per la teoria dei numeri.
Tra l'altro c'è da dire che secondo molti insigni matematici, la dimostrazione è ad oggi del tutto superflua, poichè le applicazioni teoriche e pratiche che partono dal presupposto "se l'ipotesi di Riemann fosse vera" sono talmente provate e funzionano talmente bene che è diventata di fatto accettata (sebbene questa soluzione faccia inorridire tutto gli altri, figli della rigorosa importanza della dimostrazione matematica, che va oltre persino alla normale definizione di scienza).
C'è una battuta, che sembra una legge di Murphy, che ad ogni convegno internazionale si racconta: l'ipotesi di Riemann è stata già dimostrata sia falsa, solo che il matematico che l'ha scoperta è morto sul colpo.
Voglio anche dire che questo libro mi è stato regalato in uno dei momenti più brutti per me, degli ultimi tempi, da una persona fantastica come questa storia. Quando si regala un libro, sono convinto che lo si faccia per vedere se chi lo riceve trova qualcosa in quelle righe di chi lo ha donato. Di chi me lo ha regalato ho trovato questo:
Non sono le perle a fare la collana. È il filo.
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carmenvicinanza · 6 months
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Georgia O’Keeffe
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I decided that I wasn’t going to spend my life doing what had already been done.
Georgia O’Keeffe è tra le due pittrici più quotate al mondo. Icona dell’arte moderna statunitense, è la più influente artista di paesaggi e scenari naturali del XX secolo. 
È stata la prima donna a cui è stata dedicata una retrospettiva al Museum of Modern Art di New York, nel 1946.
È passata alla storia per le sue grandiose rappresentazioni della natura. Fiori visti da molto vicino, riprodotti con una minuziosa attenzione ai dettagli e che le hanno consentito di sviluppare un linguaggio espressivo originale che oscilla tra astrazione e figurazione.
All’inizio della sua carriera, aveva fatto parte della corrente del precisionismo, movimento artistico statunitense nato dopo la prima guerra mondiale, conosciuto anche come realismo cubista, le cui tematiche toccavano i temi dell’industrializzazione e la modernizzazione, rappresentati con forme geometriche precise e finemente definite. Anche se le sue opere più importanti e conosciute se ne sono discostate notevolmente.
Nata in una fattoria vicino a Sun Prairie, nel Wisconsin, il 15 novembre 1887, era la seconda dei sette figli e figlie degli allevatori di bestiame  Francis Calyxtus O’Keeffe, di origine irlandese e Ida Totto, di origine ungherese.
Sin da ragazzina, aveva dimostrato una grande propensione all’arte che la spinse a iscriversi alla Scuola d’Arte di Chicago.
Dopo aver insegnato arte per qualche anno, si era trasferita a New York, dove si era formata alla Arts Students League, vincendo borse di studio e diversi premi.
Nella metropoli, si era ritrovata al centro dell’influente cerchia che ruotava intorno al fotografo, gallerista e mediatore artistico Alfred Stieglitz, tra i primi a esporre le opere delle avanguardie europee e il primo che le ha consentito di esporre le sue opere, riconoscendone l’enorme  potenziale artistico.
Le sue creazioni di quegli anni sono caratterizzate da un astrattismo lirico creato da armoniose linee, figure e colori. Le sue serie di illustrazioni a carboncino e acquerelli, sono considerate fra le più innovative di tutta l’arte statunitense del periodo.
Il sodalizio artistico tra l’artista e il gallerista, mutò in un legame sentimentale che ha portato al matrimonio, nel 1924.
Dagli anni venti, aveva abbandonato l’acquerello per realizzare pitture a olio di grande formato con forme naturali e architettoniche rappresentanti vedute della città di New York.
Ma la città non l’affascinava, attratta dagli spazi aperti in cui era nata, dal 1929, aveva iniziato a passare molto tempo nel New Mexico, dove ha dipinto alcune delle sue creazioni più famose in cui sintetizzava fiori e paesaggi tipici, per lo più colline desertiche disseminate di rocce, conchiglie e ossa. I contorni sono increspati, con sottili transizioni tonali di colori che variano fino a trasformare il soggetto in immagini astratte che, talvolta richiamano alla mente l’organo sessuale femminile.
Tra le sue opere più famose ci sono Papaveri orientali del 1927, Colline rosse con fiore del 1937 e, soprattutto, White Flower No 1 del 1932. La tela, dopo esser stata nella sala da pranzo dell’ex presidente George W. Bush alla Casa Bianca, è stata venduta da Sotheby’s nel 2014, per 44,4 milioni di dollari, l’opera d’arte realizzata da una donna più costosa, fino a quel momento.
Nel 1943 l’Art Institute di Chicago ha ospitato la sua prima retrospettiva in un museo.
Quando, nel 1946 perse il marito, decise di trasferirsi definitivamente nel New Mexico, dove ha prodotto una serie di pitture con forme architettoniche e una vasta serie di dipinti di nuvole come viste dai finestrini di un aeroplano.
Agli inizi degli anni settanta è stata colpita da una malattia alla vista, che l’ha costretta a ridurre il lavoro. Ha comunque continuato a lavorare a matita e acquerello, per poi passare alla creta, fino all’ultimo istante della sua vita.
Il 10 gennaio 1977 venne insignita della maggiore onorificenza statunitense, la Medaglia presidenziale della libertà, dal Presidente Gerald Ford.
È morta a Santa Fe il 6 marzo 1986, aveva 98 anni.
Vent’anni dopo, sono state pubblicate le oltre 25000 lettere che si era scambiata col marito nel periodo del suo auto-esilio in New Mexico. Lui le scriveva anche tre lettere al giorno, alcune lunghe più di quaranta pagine, sperando di convincerla a tornare definitivamente da lui.
La maggior parte delle sue opere sono conservate in oltre 100 collezioni pubbliche e private negli Stati Uniti.
In Europa, la prima mostra importante si è svolta dopo la sia morte, nel 1993, alla Hayward Gallery di Londra.
Georgia O’Keeffe è considerata tra le più importanti artiste del ventesimo secolo.
È stata una donna libera e visionaria, che amava superare i limiti e esplorare territori differenti, prediligeva abiti maschili e ha vissuto relazioni omosessuali con diverse donne, tra cui Frida Kahlo e Rebecca Strand. Considerata ultra liberale e segnalata dall’FBI per le sue idee e comportamenti, ha più volte sottolineato che l’arte non ha genere, rifiutando di veder relegata la sua opera in una categoria a parte, come pittura femminile.
Mentre critici d’arte, psicologi e intellettuali si sforzavano di spiegare cosa si celasse dietro quei fiori che l’hanno resa tanto famosa, spiazzò tutti spiegando che aveva scelto di ritrarli solo perché “sono meno costosi dei modelli e stanno fermi”.
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ma-come-mai · 2 years
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PSICOSI DI MASSA – COME UN'INTERA POPOLAZIONE SI AMMALA DI MENTE
"Le masse non hanno mai avuto sete di verità. Si allontanano dall'evidenza che non è di loro gusto, preferendo divinizzare l'errore, se l'errore le seduce. Chi può fornire loro illusioni è facilmente il loro padrone; chiunque tenti di distruggere le loro illusioni è sempre la loro vittima".
– Gustave Le Bon
Secondo lo psicologo Carl Jung, la più grande minaccia alla civiltà non risiede nelle forze della natura, né in alcuna malattia fisica, ma nella nostra incapacità di affrontare le forze della nostra psiche. Siamo i nostri peggiori nemici o come dice il proverbio latino "L'uomo è lupo per l'uomo". In Civilization in Transition, Jung afferma che questo proverbio "è una verità triste ma eterna", e le nostre tendenze da lupo entrano in gioco in modo più evidente in quei momenti della storia in cui la malattia mentale in una società diventa la norma, piuttosto che l'eccezione, una situazione che Jung definì un'epidemia psichica. "In effetti, sta diventando sempre più evidente", scrive:
"...che non è la carestia, non i terremoti, non i microbi, non il cancro, ma l'uomo stesso il più grande pericolo dell'uomo per l'uomo, per il semplice motivo che non esiste un'adeguata protezione contro le epidemie psichiche, che sono infinitamente più devastanti del peggiore delle catastrofi naturali".
(Carl Jung, La vita simbolica)
Una psicosi di massa è un'epidemia di follia e si verifica quando gran parte della società perde il contatto con la realtà e cade nell'illusione. Un tale fenomeno non è qualcosa di fittizio. Due esempi di psicosi di massa sono la caccia alle streghe americana ed europea del XVI e XVII secolo e l'ascesa del totalitarismo nel XX secolo. Durante la caccia alle streghe migliaia di individui, per lo più donne, furono uccisi, non per i crimini commessi, ma perché divennero i capri espiatori di società impazzite: "In alcuni villaggi svizzeri", scrive Frances Hill "non c'era quasi nessuna donna rimasta in vita dopo che la frenesia si era finalmente esaurita."
(Frances Hill, L'illusione di Satana)
Quando si verifica una psicosi di massa, i risultati sono devastanti. Jung studiò questo fenomeno e scrisse che gli individui che compongono la società infetta, "diventano moralmente e spiritualmente inferiori", "sprofondano inconsciamente ad un livello intellettuale inferiore...", diventano "più irragionevoli, irresponsabili, emotivi, irregolari e inaffidabili ," e peggio di tutto, "I crimini che l'individuo singolarmente non potrebbe mai accettare, sono commessi liberamente dal gruppo [colpito dalla follia]".
Ciò che rende le cose peggiori è che coloro che soffrono di una psicosi di massa non sono consapevoli di ciò che sta accadendo. Perché proprio come un individuo impazzito non può uscire dalla propria mente per osservare gli errori nei suoi comportamenti, così non c'è nessun punto di Archimede da cui coloro che vivono una psicosi di massa possano osservare la loro follia collettiva.
Quali sono le cause di una psicosi di massa?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima esplorare ciò che fa impazzire un individuo. Sebbene ci siano molti potenziali fattori scatenanti della follia, come un uso eccessivo di droghe o alcol, lesioni cerebrali e altre malattie, in questa sede queste cause fisiche non ci riguarderanno. La nostra preoccupazione riguarda i trigger psicologici, o quelli che vengono chiamati psicogeni, poiché questi sono i colpevoli più comuni della psicosi di massa.
La causa psicogena più diffusa di una psicosi è un'ondata di emozioni negative, come paura o ansia, che conducono un individuo ad uno stato di panico. Quando è in uno stato di panico, un individuo cercherà naturalmente sollievo, poiché è troppo estenuante mentalmente e fisicamente sopravvivere in questa condizione, pertanto una psicosi di massa può verificarsi quando una popolazione di individui deboli e vulnerabili è spinta in uno stato di panico da minacce reali, immaginate o inventate.
Le illusioni e la follia possono manifestarsi in innumerevoli modi, quindi il modo specifico in cui si sviluppa una psicosi di massa sarà diverso in base al contesto storico e culturale della società infetta.
Il totalitarismo e l'uso della psicosi di massa
Tuttavia nell'era moderna è la psicosi di massa del totalitarismo che sembra essere la più grande minaccia: il "totalitarismo", scrive Arthur Versluis, "è il fenomeno moderno del potere statale totalmente centralizzato unito all'annullamento dei diritti umani individuali: nello stato totalizzato, ci sono quelli al potere, e ci sono le masse oggettificate, le vittime". (Arthur Versluis, Le nuove inquisizioni)
In una società totalitaria la popolazione è divisa in due gruppi, i governanti e i governati, ed entrambi i gruppi subiscono una trasformazione patologica. I governanti sono elevati a uno status quasi divino che è diametralmente opposto alla nostra natura di esseri imperfetti che vengono facilmente corrotti dal potere. Le masse, invece, si trasformano nei sudditi dipendenti di questi governanti patologici e assumono uno stato psicologicamente regredito e infantile. Hannah Arendt, una delle più eminenti studiose di questa forma di governo del XX secolo, ha definito il totalitarismo un tentativo di trasformazione della "natura umana stessa".
Ma questo tentativo di trasformazione trasforma solo menti sane in menti malate, poiché come scrisse il medico olandese che studiò gli effetti mentali del vivere sotto il totalitarismo:
"... in effetti c'è molto di paragonabile tra le strane reazioni dei cittadini del [totalitarismo] e della loro cultura nel suo insieme da un lato, e le reazioni del... malato schizofrenico dall'altro." (Joost A.M. Meerloo, Lo stupro della mente)
La trasformazione sociale che si svolge sotto il totalitarismo è costruita e sostenuta da illusioni. Perché solo uomini e donne illusi regrediscono allo stato infantile di sudditi obbedienti e sottomessi e cedono il completo controllo delle loro vite a politici e burocrati. Solo una classe dirigente illusa crederà di possedere la conoscenza, la saggezza e l'acume per controllare completamente la società dall'alto verso il basso. E quando se non solo sotto l'incantesimo delle illusioni qualcuno potrebbe credere che una società composta da governanti assetati di potere, da un lato, e una popolazione psicologicamente regredita, dall'altro, porterà a qualcosa di diverso dalla sofferenza di massa e dalla rovina sociale? La psicosi di massa del totalitarismo è stata indotta molte volte nel corso della storia e, come spiega Meerloo: "Si tratta semplicemente di riorganizzare e manipolare i sentimenti collettivi nel modo corretto".
Menticidio: l'uccisione della mente
Il metodo generale con cui i membri di un'élite al potere possono raggiungere questo scopo è chiamato menticidio, con l'etimologia di questa parola che è "un'uccisione della mente", e come spiega ulteriormente Meerloo:
"Il menticidio è un vecchio crimine contro la mente e lo spirito umani, ma sistematizzato di nuovo. È un sistema organizzato di intervento psicologico e perversione giudiziaria attraverso il quale una [classe dirigente] può imprimere [i propri] pensieri opportunistici nella mente di quelli che [essa] pianifica di usare e distruggere." (Lo stupro della mente)
L'adescamento di una popolazione attraverso il reato di menticidio inizia con la semina della paura in modo da mettere una popolazione in uno stato di panico che la prepara a una discesa nelle convinzioni deliranti di una psicosi.
Una tecnica particolarmente efficace per raggiungere questo scopo è usare ondate di terrore. Con questa tecnica la semina della paura è scaglionata con periodi di calma, ma ognuno di questi periodi di calma è seguito dalla produzione di un periodo di paura ancora più intenso, e il processo va avanti e indietro, o come scrive Meerloo:
"Ogni ondata di terrore... crea i suoi effetti più facilmente, dopo un momento di respiro, rispetto a quella che l'ha preceduta perché le persone sono ancora disturbate dalla loro precedente esperienza. La moralità diventa sempre più bassa e gli effetti psicologici di ogni nuova campagna di propaganda diventa più forte; raggiunge un pubblico già ammorbidito".
Mentre la paura prepara una popolazione al menticidio, l'uso della propaganda per diffondere la disinformazione e promuovere la confusione rispetto alla fonte delle minacce e alla natura della crisi, aiuta a far crollare le menti delle masse. I funzionari del governo, e i loro lacchè nei media, possono usare rapporti contraddittori, informazioni prive di senso e persino menzogne ​​sfacciate, poiché più confondono, meno una popolazione sarà capace di far fronte alla crisi e diminuire la propria paura, in modo razionale e flessibile. La confusione, in altre parole, accresce la suscettibilità di una discesa nei deliri del totalitarismo, o come spiega Meerloo:
"La logica può incontrarsi con la logica, mentre l'illogicità no – confonde coloro che pensano in modo diretto. La Grande Bugia e le sciocchezze ripetute in modo monotono hanno più fascino emotivo... della logica e della ragione. Mentre [le persone] sono ancora alla ricerca di una controargomentazione ragionevole alla prima menzogna, i totalitaristi possono aggredirli con un'altra". (Lo stupro della mente)
La propaganda e l'ascesa dei social media
Mai prima d'ora nella storia sono esistiti mezzi così efficaci per manipolare una società nella psicosi del totalitarismo. Smartphone e social media, televisione e Internet, il tutto insieme a bot che diffondono propaganda e algoritmi che censurano rapidamente il flusso di informazioni indesiderate, consentono a chi è al potere di assalire facilmente le menti delle masse.
Inoltre, la natura avvincente di queste tecnologie significa che molte persone si sottopongono volontariamente alla propaganda dell'élite dominante con una notevole frequenza: "La tecnologia moderna" spiega Meerloo, "insegna all'uomo a dare per scontato il mondo che sta guardando; non c'è tempo per ritirarsi e riflettere. La tecnologia lo attira, facendolo cadere nei suoi ingranaggi e nei suoi movimenti. Nessun riposo, nessuna meditazione, nessuna riflessione, nessuna conversazione: i sensi sono continuamente sovraccarichi di stimoli. [L'uomo] non impara più a mettere in discussione il proprio mondo; lo schermo gli offre risposte già pronte." (Lo stupro della mente)
Ma c'è un ulteriore passo che gli aspiranti governanti totalitaristi possono compiere per aumentare le possibilità di una psicosi totalitaria, e questo è isolare le vittime e interrompere le normali interazioni sociali.
Quando è solo e privo di normali interazioni con amici, familiari e colleghi, un individuo diventa molto più suscettibile agli inganni per diversi motivi: in primo luogo, perde il contatto con la forza correttiva dell'esempio positivo. Perché non tutti sono ingannati dalle macchinazioni dell'élite al potere, e gli individui che vedono attraverso la propaganda possono aiutare a liberare gli altri dall'assalto menticida. Se, tuttavia, viene imposto l'isolamento, il potere di questi esempi positivi diminuisce notevolmente.
Ma un altro motivo per cui l'isolamento aumenta l'efficacia del menticidio è perché, come molte altre specie, gli esseri umani sono più facilmente condizionati a nuovi modelli di pensiero e comportamento quando sono isolati, o come spiega Meerloo riguardo al lavoro del fisiologo Ivan Pavlov sul condizionamento comportamentale:
"Pavlov fece un'altra scoperta significativa: il riflesso condizionato potrebbe essere sviluppato più facilmente in un laboratorio tranquillo con un minimo di stimoli disturbanti. Ogni addestratore di animali lo sa per esperienza personale; l'isolamento e la paziente ripetizione degli stimoli sono necessari per domare gli animali selvatici... I totalitaristi hanno seguito questa regola. Sanno che possono condizionare le loro vittime politiche più rapidamente se vengono mantenute in isolamento". (Lo stupro della mente)
La libertà di pensiero è eliminata
Sola, confusa e martoriata da ondate di terrore, una popolazione sotto l'attacco del menticidio discende in uno stato senza speranza e vulnerabile. Il flusso infinito di propaganda trasforma le menti un tempo capaci di pensiero razionale in teatri di forze irrazionali e con il caos che turbina intorno a loro, e al loro interno le masse bramano un ritorno a un mondo più ordinato. Gli aspiranti totalitaristi possono ora fare il passo decisivo, possono offrire una via d'uscita e un ritorno all'ordine in un mondo che sembra muoversi rapidamente nella direzione opposta.
Ma tutto questo ha un prezzo: le masse devono rinunciare alla loro libertà e cedere il controllo di tutti gli aspetti della vita all'élite dominante. Devono rinunciare alla loro capacità di essere individui autosufficienti che sono responsabili della propria vita e diventare soggetti sottomessi e obbedienti. Le masse, in altre parole, devono scendere nei deliri della psicosi totalitaria. "...[I] sistemi totalitari del 20° secolo rappresentano una sorta di psicosi collettiva", scrive Meerloo.
"Gradualmente o improvvisamente, la ragione e la comune decenza umana non sono più possibili in un tale sistema: c'è solo un'atmosfera pervasiva di terrore, e una proiezione del 'nemico', immaginato essere 'in mezzo a noi'. Così la società si rigira su sé stessa, sollecitata dalle autorità al potere".
Ma l'ordine di un mondo totalitario è un ordine patologico. Imponendo una rigida conformità e richiedendo una cieca obbedienza da parte dei cittadini, il totalitarismo libera il mondo dalla spontaneità che produce molte delle gioie della vita e dalla creatività che spinge la società in avanti. Il controllo totale di questa forma di governo, non importa con quale nome sia etichettata, e se essa sia governata da scienziati e medici, politici e burocrati, o da un dittatore, genera stagnazione, distruzione e morte su vasta scala.
Prevenire il totalitarismo
E quindi forse la domanda più importante che il mondo deve affrontare è come si può prevenire il totalitarismo? E se una società è stata indotta nelle prime fasi di questa psicosi di massa, gli effetti possono essere invertiti? Sebbene non si possa mai essere sicuri della prognosi di una follia collettiva, ci sono passi che possono essere intrapresi per aiutare a realizzare una cura. Questo compito, tuttavia, richiede molti approcci diversi, da molte persone diverse. Perché proprio come l'attacco menticida è su più fronti, così deve esserlo anche il contrattacco. Secondo Carl Jung, per quelli di noi che desiderano aiutare a riportare la sanità mentale in un mondo folle, il primo passo è portare ordine nelle nostre menti e vivere in un modo che fornisca agli altri una ispirazione da seguire:
"Non per niente la nostra epoca invoca alla personalità redentrice, a colui che può emanciparsi dalla morsa della [psicosi] collettiva e salvare almeno la propria anima, che accende un faro di speranza per gli altri, proclamando che qui c'è almeno un uomo che è riuscito a districarsi dall'identità fatale con la psiche di gruppo." (Le opere raccolte di CG Jung, volume 10)
Ma supponendo che si viva in un modo libero dalla morsa della psicosi, ci sono ulteriori passi che possono essere fatti: in primo luogo, le informazioni che contrastano la propaganda dovrebbero essere diffuse il più lontano e il più ampiamente possibile. Perché la verità è più potente della finzione e delle falsità spacciate dagli aspiranti governanti totalitari e quindi il loro successo dipende in parte dalla loro capacità di censurare il libero flusso di informazioni. Un'altra tattica è usare l'umorismo e il ridicolo per delegittimare l'élite dominante o come spiega Meerloo:
"Dobbiamo imparare a trattare i demagoghi e gli aspiranti dittatori in mezzo a noi... con l'arma del ridicolo. Il demagogo stesso è quasi incapace di qualsiasi tipo di umorismo, e se lo trattiamo con umorismo, comincerà a crollare."
Una tattica raccomandata da Václav Havel, un dissidente politico sotto il regime comunista sovietico che in seguito divenne presidente della Cecoslovacchia, è la costruzione di quelle che vengono chiamate "strutture parallele". Una struttura parallela è qualsiasi forma di organizzazione, affari, istituzione, tecnologia o attività creativa che esiste fisicamente all'interno di una società totalitaria, ma è moralmente al di fuori di essa.
Nella Cecoslovacchia comunista, Havel ha osservato che queste strutture parallele erano più efficaci nel combattere il totalitarismo rispetto all'azione politica.
Inoltre, quando vengono create abbastanza strutture parallele, una "seconda cultura" o "società parallela" si forma spontaneamente e funziona come un'enclave di libertà e sanità mentale all'interno di un mondo totalitario. O come spiega Havel nel suo libro, The Power of the Powerless:
"...cos'altro sono le strutture parallele se non un'area dove si può vivere una vita diversa, una vita che è in armonia con i propri scopi e che a sua volta si struttura in armonia con quegli obiettivi?... Cos'altro sono quelli iniziali tentativi di autorganizzazione sociale rispetto agli sforzi di una certa parte della società... di liberarsi degli aspetti autosufficienti del totalitarismo e, quindi, di districarsi radicalmente dal suo coinvolgimento nel... sistema totalitario?"
Ma soprattutto, ciò che occorre per impedire una piena discesa nella follia del totalitarismo è l'azione di quante più persone possibile. Perché proprio come l'élite dominante non si siede passivamente, ma invece prende deliberatamente misure per aumentare il proprio potere, così anche uno sforzo attivo e concertato deve essere compiuto per riportare il mondo nella direzione della libertà. Questa può essere una sfida immensa in un mondo che cade preda degli inganni del totalitarismo, ma come ha osservato Thomas Paine:
"La tirannia, come l'inferno, non è facilmente conquistabile; tuttavia abbiamo questa consolazione con noi, che più duro è il conflitto, più glorioso è il trionfo". (Thomas Paine, La crisi americana)
Nota dell'editore:
Questo articolo è una trascrizione modificata del film documentario Mass Psychosis: How an Entire Population Becomes Mentally Ill (2021). Una collaborazione di After Skool e Academy of Ideas, il video può essere trovato su https://youtu.be/09maaUaRT4M. Per contattare After Skool, visitare www.AfterSkool.net e per Academy of Ideas, visitare www.AcademyOfIdeas.net.
(Articolo tratto da Nexus, Vol. 29. Nr. 2, febbraio-marzo 2022)
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recherchestetique · 1 month
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Il sandalo Arizona di Birkenstock è stato il prodotto più usato ai piedi delle europee quest'estate 2024, soprattutto a Parigi.
Arizona è diventata uno dei sandali più ricercati e amati degli ultimi anni.
La fedeltà è una cosa seria nel mondo delle scarpe. Carrie Bradshaw ha giurato fedeltà a Manolo Blahnik, Christian Dior si è alleato con il genio creativo di Roger Vivier,
Coco Chanel si è rivoluzionato con i suoi sandali bicolore e migliaia di donne sono state conquistate dalle suole rosse di Christian Louboutin.
Ora che il comfort è tornato di moda (nessuna previsione di andarsene), il modello Arizona è entrato nella hall dei must-have: i sandali Arizona, adottati da fashionisti e adorati sui social media.
Birkenstock è il brand del momento dal 2020, come The Lyst Index, una classifica che elenca i brand e i prodotti più desiderati dai consumatori. Basandosi sul comportamento di oltre 9 milioni di persone, hanno rilevato che la ricerca dei tradizionali sandali Birkenstock, in particolare il modello Arizona, è cresciuta del 225%.
Con suola realizzata con la miscela di sughero e lattice, e rivestita in camoscio e strisce di pelle con fibbie di metallo, il grande differenziale del sandalo è la soletta a forma anatomica, che dà supporto ai piedi.
Non sempre il sandalo è stato un successo, e per molto tempo è stato tagliato di brutto, sgradevole e scomodo.
In quasi 250 anni di storia, Birkenstock è riuscita ad affermarsi, crescere, diffondersi in tutto il mondo, diventando oggetto del desiderio.
La sua storia iniziò nel 1774 nella città di Langen-Bergheim, vicino a Francoforte, Germania, quando Johann Adam Birkenstock fu registrato come calzolaio.
Gli affari di famiglia andavano bene, passando di padre in figlio, finché il nipote di Johann, Konrad Birkenstock, iniziò a produrre e vendere solette ortopediche a Francoforte nel 1896.
All'epoca le suole delle scarpe erano tutte dritte e non consideravano le curve naturali dei piedi. Konrad ha poi creato il “porta arco contornato”, che oggi viene usato in diverse scarpe.
Sapeva di avere qualcosa con molto potenziale tra le mani, così ha viaggiato nelle campagne di Germania, Austria e Svizzera diffondendo la sua invenzione e vendendo la tecnica ad altri calzolai.
All'inizio del XX secolo Konrad si accorse che la domanda di scarpe su misura stava diminuendo.
Un cambio di rotta era necessario.
Con un ottimo fiuto per gli affari, Birkenstock ha iniziato a produrre solette flessibili con questo supporto per l'arco contornato.
Realizzate con una caratteristica sfumatura di blu, le solette divennero il più grande successo, poiché davano più supporto ai piedi e di conseguenza più comfort.
Con la Prima Guerra Mondiale nel 1914, Birkenstock iniziò a progettare e produrre scarpe per soldati feriti ricoverati in un ospedale di Francoforte. I medici ortopedici hanno conosciuto i prodotti, hanno apprezzato e incoraggiato Carl Birkenstock, nipote di Konrad, ad espandere la propria attività.
La Germania soffriva per le conseguenze della guerra, ma la famiglia Birkenstock andava benissimo. Hanno aperto la prima filiale a Vienna, Austria, poi sono andati in Norvegia, Italia, Svizzera, Francia, Belgio, Olanda... praticamente tutta l'Europa aveva rappresentanti del marchio.
Nuove fabbriche sono state inaugurate e lavoravano a pieno ritmo.
Negli anni '60 le Birkenstock attraversarono l'Oceano Atlantico e finirono negli Stati Uniti per mano di Margot Fraser, una stilista tedesca che viveva in California.
In vacanza in Germania ha incontrato i sandali Birkenstock e le sono piaciuti! Ne ha comprate un paio e le ha portate alle sue amiche, che sono piaciute anche loro. Lei e suo marito hanno poi contattato la famiglia Birkenstock e sono diventati i rappresentanti del brand negli Stati Uniti.
È stato difficile convincere i negozi di scarpe americani che le Birkenstock potevano essere una buona idea. Secondo i venditori, nessuna donna vorrebbe comprare quegli orribili sandali. Per questo Margot e suo marito hanno dovuto incontrare il loro pubblico: hanno trovato fiere incentrate sulla sana alimentazione, vendendole a persone che apprezzano uno stile di vita più alternativo.
La fama dei sandali è stata costruita con bocca a bocca in America. I venditori dei negozi di prodotti naturali provavano il sandalo, lo trovavano comodo, lo consigliavano ai clienti e così è stato.
Negli anni Settanta Birkenstock era già un successo tra gli hippie.
Il modello Arizona, che oggi è il campione di vendite, è stato sviluppato all'epoca e disegnato da Margot Fraser.
Andava tutto alla grande fino all'arrivo degli anni '80, e l'estetica hippie è passata di moda.
I sandali super confortevoli erano la faccia di quello stile, e poi sono tornati considerati brutti.
È stato un periodo difficile in cui il brand ha cercato di reinventarsi e modernizzarsi, colorando le strisce di pelle e lanciando nuovi modelli.
Ma solo negli anni novanta Birkenstock è finalmente caduta nelle grazie dei fashionisti.
Kate Moss, a 16 anni, indossava sandali del tipo nell'iconico editoriale di The Face Magazine che l'ha lanciata nel mondo nel 1990 e da allora stilisti e marchi come Marc Jacobs, Narciso Rodriguez, Paco Rabanne, Jean Paul Gaultier, Alexander Wang e Phoebe Philo su Céline (all'epoca ancora con accento) o hanno adottato i sandali iconici o disegnato scarpe simili per le loro collezioni.
Più recentemente, il marchio secolare tedesco ha unito le forze con grandi nomi come Valentino, Proenza Schouler e Rick Owens per lanciare collaborazioni.
Il sandalo è finito fino all'Oscar 2019 ai piedi di Frances McDormand, salito sul palco per consegnare il premio come miglior attrice a bordo di una coppia di Arizonas verde limone — quelle della collab con Valentino.
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daimonclub · 2 months
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Breve storia della lingua latina
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Breve storia lingua latina Breve storia della lingua latina, un articolo che ripercorre le vicende della lingua latina dal primo periodo al latino moderno, con alcune citazioni illuminanti, collegamenti e materiali utili. Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto 'sonoro' potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino. Giovannino Guareschi (1908-1968) Lo studentucolo che sa un po' di latino e di storia, l'avvocatuzzo che è riuscito a strappare uno straccetto di laurea alla svogliatezza e al lasciar passare dei professori crederanno di essere diversi e superiori anche al miglior operaio. Antonio Gramsci La lingua latina così esatta, così regolata e definita, ha nondimeno moltissime frasi ec. che per la stessa natura loro, e del linguaggio latino, sono di significato così vago, che a determinarlo, e renderlo preciso non basta qualsivoglia scienza di latino, e non avrebbe bastato l'esser nato latino, perocch'elle son vaghe per se medesime, e quella tal frase e la vaghezza della significazione sono per essenza loro inseparabili, né quella può sussistere senza questa. Giacomo Leopardi Sia in greco sia in latino, fino a Tertulliano, il significato che si dava al termine persona (che è l'equivalente del greco prosopon) era quello di "maschera" oppure di volto. Battista Mondin Il testo rappresenta il latino di oggi. È attraverso il testo che comunicano le élite (come voi, che state leggendo questo libro). Per le masse, invece, la maggioranza delle informazioni viene raccolta attraverso altre forme mediatiche: TV, film, musica e video musicali. Lawrence Lessig Escludete il Latino ed il Greco dalla vostra scuola e confinerete i vostri alunni entro angusti interessi limitati alla loro generazione e a quella immediatamente precedente, tagliando fuori tanti secoli d'esperienza quasi che la razza umana fosse venuta al mondo nel 1500. Thomas Arnold
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Breve storia del latino Loquendum ut vulgus, Sentiendum ut Sapientes. Parliamo come il volgo e ragionimao come i sapienti. Omnia vincit amor, et nos cedamus amori. L'amore vince ogni cosa; cediamo all'amore. Virgilio Dum inter homines sumus, colamus humanitatem. Finché siamo tra gli esseri umani, cerchiamo di essere umani. Seneca Acceptissima semper munera sunt, auctor quae pretiosa facit. Doni sempre assai ben accetti, è il donatore che li rende preziosi. Ovidio Si vis amari, ama. Se vuoi essere amato, ama. Seneca Amicitiae nostrae memoriam spero sempiternam fore. Spero che il ricordo della nostra amicizia sia eterno. Cicerone Ad turpia virum bonum nulla spes invitat. Nessuna aspettativa può indurre un uomo buono a commettere il male. Seneca Aequam memento rebus in arduis servare mentem. Ricorda quando il percorso della vita è ripido per mantenere la mente calma. Orazio Acclinis falsis animus meliora recusat. La mente intenta alle false apparenze rifiuta di ammettere cose migliori. Orazio Ubi concordia, ibi Victoria. Dove c’è unità, c’è vittoria. Publius Syrus Semper inops quicumque cupit. Chi desidera è sempre povero. Claudian
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Sintesi lingua latina La lingua latina era l'idioma dell'antica Roma e del vicino territorio del Lazio. Con la diffusione del potere romano il latino fu diffuso in ogni parte del mondo antico conosciuto e divenne la lingua dominante dell'Europa occidentale. Era la lingua degli studiosi e della diplomazia fino al XVIII secolo e della liturgia cattolica romana fino alla fine del XX secolo. La lingua latina non era originaria dell'Italia ma fu portata nella penisola italiana in epoca preistorica da popolazioni italiche emigrate dal nord. Il latino è un membro della sottofamiglia italica delle lingue indoeuropee; tra le lingue indoeuropee non italiche, è strettamente imparentato soprattutto con il sanscrito e il greco e con le sottofamiglie germaniche e celtiche. In Italia, il latino era originariamente il dialetto della regione intorno a Roma. All'interno delle lingue italiche il latino, il falisco e altri dialetti formavano un gruppo latino distinto dalle altre lingue italiche, come l'osco e l'umbro. Le prime iscrizioni latine sopravvivono dal VI secolo aC; i testi più antichi chiaramente in latino romano risalgono principalmente al III secolo a.C. Il latino fu influenzato dai dialetti celtici nell'Italia settentrionale, dalla lingua etrusca non indoeuropea nell'Italia centrale e dal greco, parlato nell'Italia meridionale già nell'VIII secolo a.C. Sotto l'influenza della lingua greca e della sua letteratura, tradotta per la prima volta in latino nella seconda metà del III secolo a.C., il latino si sviluppò gradualmente fino a diventare una grande lingua letteraria. Latino letterario antico La lingua letteraria latina può essere divisa in quattro periodi, corrispondenti in generale ai periodi della letteratura latina. Il primo periodo (240-70 a.C.). Questo periodo comprende gli scritti di Ennio, Plauto e Terenzio. L'epoca d'oro (70 a.C.-14 d.C.). Questo periodo è famoso per le opere in prosa di Giulio Cesare, Cicerone e Livio e per la poesia di Catullo, Lucrezio, Virgilio, Orazio e Ovidio. Durante questo periodo, sia nella prosa che nella poesia, la lingua latina si sviluppò in un mezzo di espressione altamente artistico e raggiunse la sua massima ricchezza e flessibilità. L'età dell'argento (14-130). Questo periodo è caratterizzato da una ricerca sia per l'elaborazione retorica e l'ornamento sia per l'espressione concisa ed epigrammatica, qualità queste ultime riscontrabili soprattutto nelle opere del filosofo e drammaturgo Seneca e in quelle dello storico Tacito.
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Breve storia della lingua latina Il periodo tardo latino Questo periodo, che va dal II secolo al VI secolo d.C. (636 circa), comprende la patristica latina dei Padri della Chiesa. Durante il periodo tardo latino le tribù barbare invasori introdussero nella lingua numerose forme e idiomi stranieri; questo latino corrotto era chiamato lingua Romana e si distingueva dalla lingua Latina, la lingua classica coltivata dai dotti. Latino parlato antico Il linguaggio colloquiale dei romani colti appare nelle opere di vari scrittori, in particolare nelle commedie di Plauto e Terenzio, nelle lettere di Cicerone, nelle Satire ed Epistole di Orazio e nel Satyricon di Petronio Arbitro. È caratterizzato dalla libertà di sintassi, dalla presenza di numerose interiezioni e dall'uso frequente di parole greche. Questo linguaggio colloquiale della buona società (sermo cotidianus) non va confuso con il sermo plebeius, la lingua delle classi non istruite, che mostra un maggiore disprezzo per la sintassi, un amore per le parole nuove e una ricerca della semplicità, soprattutto nelle parole ordine. Il sermo plebeius è noto come latino volgare, termine che talvolta include il sermo cotidianus dei romani più colti. Le lingue romanze si svilupparono non dalla lingua latina letteraria ma dal sermo plebeius del periodo tardo latino, quando era conosciuto anche come lingua Romana. Ad esempio, equus ("cavallo") cadde in disuso, e caballus ("nag", "cavallo da soma") fornì le parole romanze per cavallo (cheval, caballo); allo stesso modo, la parola romanza per testa (tête, testa) non deriva dal latino caput, ma da una parola gergale latina per testa (testa), letteralmente “pentola”. Latino medievale Il latino era la lingua delle lettere nell'Europa occidentale nel Medioevo. Il latino di questo periodo è chiamato latino medievale o latino basso. Anche per il popolo in generale il latino continuò ad essere una lingua viva, perché la chiesa forniva un'enorme massa di letteratura ecclesiastica sia in prosa che in poesia. La lingua, tuttavia, ha subito molti cambiamenti. La sintassi fu ulteriormente semplificata, nuove parole furono adottate da varie fonti e vennero all'esistenza nuovi significati; tuttavia, il latino cambiò molto meno durante questo periodo rispetto al francese o all'inglese. Nuovo latino o latino moderno Nei secoli XV e XVI nacque il Nuovo latino, chiamato anche latino moderno. Gli scrittori del Rinascimento produssero una nuova e brillante letteratura latina che imitava da vicino gli scrittori classici latini e in particolare Cicerone. Quasi tutti i libri importanti, scientifici, filosofici e religiosi, furono scritti in latino in questo periodo, comprese le opere dello studioso olandese Desiderius Erasmus, del filosofo inglese Francis Bacon e del fisico inglese Isaac Newton, e il latino era il mezzo di comunicazione. rapporti diplomatici tra le nazioni europee. Solo alla fine del XVII secolo il latino cessò di essere una lingua internazionale. Durante i secoli XVIII e XIX, tuttavia, rimase la lingua degli studiosi classici, e anche nel XX secolo i trattati accademici sono talvolta composti in latino. La Chiesa cattolica romana utilizza ancora il latino come lingua dei suoi documenti ufficiali. Nell'insegnamento moderno del latino sono stati accettati diversi metodi di pronuncia. Il metodo continentale si basa sulla pronuncia delle lingue europee moderne, la principale pronuncia continentale oggi è quella usata dalla chiesa cattolica romana, che favorisce una pronuncia simile a quella italiana. Nel metodo inglese, le parole latine vengono pronunciate come in inglese, ma ogni sillaba viene pronunciata separatamente.
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Modernità del latino Il metodo romano è una ricostruzione congetturale della pronuncia latina del periodo ciceroniano. Questo metodo è in uso nelle scuole e nelle università sia negli Stati Uniti che all'estero. I nomi propri, tuttavia, quando menzionati fuori dal loro contesto latino, vengono ancora pronunciati secondo i principi che governano la lingua del particolare paese; quindi, la pronuncia del nome Cicerone sarebbe in Germania Tsítsero, in Italia Chíchero, in Spagna Thíthero, in Francia Siséro, in Inghilterra Sísero. Il latino nell'antichità ha meno flessibilità e grazia del greco; il suo vocabolario era più limitato ed era meno capace di esprimere idee astratte. I romani si resero conto dei limiti della loro lingua e presero in prestito molte parole dai greci. Il latino, rigoroso nella sintassi e pesante nella dizione, ha vigore e precisione e si è rivelato nel corso dei secoli un mirabile veicolo per l'espressione di un pensiero serio. La sua sopravvivenza è stata duplice: non solo il latino letterario stesso è rimasto in uso fino ai giorni nostri, ma sopravvive anche nelle lingue romanze, che rappresentano l'evoluzione moderna del latino volgare; L'italiano, in particolare, può essere descritto come latino moderno (lingue romanze). L'inglese ha preso ampiamente in prestito dal latino, sia direttamente che indirettamente attraverso il francese. La lingua latina è significativa non solo per la sua letteratura, ma anche perché lo studio del suo sviluppo fornisce informazioni sulla storia della lingua in generale e in particolare sull'origine e lo sviluppo di alcune delle principali lingue dell'Europa moderna. Dal XVII secolo in poi, ma soprattutto durante il XVIII secolo, quando i modelli romani furono copiati in prosa e poesia, gli scrittori usarono parole o costruzioni grammaticali che avevano origine dal latino e che davano un'impressione del latino in inglese. Le parole di derivazione latina sono comunemente più lunghe e di significato più astratto rispetto alle loro controparti anglosassoni: ad es. visione (lat.) = vista (O.E.). In generale la dizione latina, quindi, sarà più astratta e suscettibile di essere polisillabica. La frase periodica è un tentativo di imitare la sintassi latina, lasciando il verbo principale fino alla fine della frase. Due prosatori del XVIII secolo appassionati di latinismo sono il dottor Johnson e Gibbon. Milton è famoso anche per le sue costruzioni latine in Paradise Lost (1667), come in "Him the Almighty Power/ Hurled headlong" che distorce il normale ordine inglese soggetto-verbo-oggetto in oggetto-soggetto-verbo. E per finire eccovi alcune tra le parole latine più famose che usiamo abitualmente tutti i giorni: Alter Ego/Bonus/Bonus/malus/Campus/Curriculum Vitae/Deficit/Et cetera/Ex Equo/Extra/Gratis/Idem/Incipit/In Extremis/Factotum/Junior/Lapsus/Monitor/Post Scriptum/Referendum/Sponsor/Super/Una Tantum/Tabula Rasa/Tutor/Vice Versa/Video/Virus. You can also read: Frasi e citazioni latine Proverbi e detti latini English, Greek and Latin Latin influence in the English language Latin and the English language Latin phrases in English Learn more visiting these useful websites: https://www.latin-english.com   Latin English Dictionary https://www.etymonline.com     Online Etymology Dictionary You can download the following books on Latin at this page: Latin Language: Bennett, Charles E.: New Latin Grammar; D’Oogle, Benjamin L.: Latin for beginners; Wine, women and songs. Medieval Latin Student’s Songs, including translation and commentary by John Addington Symonds. Read the full article
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gregor-samsung · 3 months
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“ L'eliminazione fisica dei migliori è l'inevitabile contrappasso della «perfezione» del Lager, la conseguenza necessaria di un potere veramente assoluto, ab-solutus, sciolto da ogni limite. Ma uccidere i migliori, i più coraggiosi non significa soltanto ferire a morte anche la dignità dei sopravvissuti, ogni impulso a ribellarsi, bruciare ogni residuo di resistenza al sistema del Lager. Essa produce un altro effetto perverso: la resistenza non verrà più esercitata contro il sistema, ma la sua spinta viene canalizzata in una direzione diversa, assumerà soprattutto la forma della lotta tra i prigionieri. La rottura, sistematica e preventiva, della fraternità tra i deportati fa sì che la difesa della propria dignità si rovesci nel suo contrario, nel tradimento degli altri. I rituali d'ingresso hanno anche questa funzione, quella di distruggere gli schemi della vita quotidiana e del senso comune: il mondo che il nuovo arrivato trovava era indecifrabile, completamente diverso da quello che si era atteso, ancora incentrato intorno ad una nitida linea di demarcazione e contrapposizione tra «noi» e «loro», tra i perseguitati e i persecutori. Invece ci si accorgeva subito che: «il nemico era intorno ma anche dentro, il 'noi' perdeva i suoi confini, i contendenti non erano due, non si distingueva una frontiera ma molte e confuse» [Nota: P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, p. 25]. E dopo poco diventava evidente che nel campo ognuno è «il Caino di suo fratello».“
Franco Cassano, L'umiltà del male, Laterza, Roma-Bari, 2011. [Libro elettronico]
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santeptrader · 6 months
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29 ottobre 1929, crolla Wall Street è il "martedì nero"
Il Crollo di Wall Street del 1929: L’Inizio della Grande Depressione Il 29 ottobre 1929, noto come il “Martedì Nero,” segna un momento cruciale nella storia economica e politica degli Stati Uniti e del mondo intero. Questa data storica rappresenta l’inizio della Grande Depressione, una delle crisi economiche più devastanti e influenti del XX secolo. Questo crollo non fu semplicemente un evento…
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Intervista col vampiro di Anne Rice, o semplicemente Intervista col vampiro, è una serie televisiva americana di genere horror gotico e vampiresco creata da Rolin Jones, basata sull'omonimo romanzo del 1976 di Anne Rice. La serie è interpretata da Jacob Anderson nel ruolo di Louis de Pointe du Lac, Sam Reid nel ruolo del vampiro e amante di Louis, Lestat de Lioncourt, Bailey Bass nel ruolo della vampira adolescente Claudia, Assad Zaman nel ruolo del vampiro antico Armand ed Eric Bogosian nel ruolo del giornalista Daniel Molloy. La serie abbraccia gli elementi omosessuali dell'opera della Rice, che sono solo insinuati nell'adattamento cinematografico del 1994 del romanzo. È la prima serie televisiva dell'Universo Immortale della Rice.
Trama
Adattata dal romanzo horror gotico del 1976 di Anne Rice, Intervista col vampiro, la serie è incentrata sulla storia del vampiro Louis de Pointe du Lac (Jacob Anderson), raccontata al giornalista Daniel Molloy (Eric Bogosian). Uomo di colore benestante nella New Orleans del 1910, Louis fa amicizia con il carismatico Lestat de Lioncourt (Sam Reid), che lo trasforma in un vampiro. Ma il prezzo dell'immortalità è alto e la relazione tra Louis e Lestat è ulteriormente complicata dall'introduzione dell'ultima nata di Lestat, la vampira adolescente Claudia (Bailey Bass).
Nel romanzo originale, Louis possiede una piantagione nel Sud Antebellum e gli schiavi africani che lavorano la terra. A differenza dell'adattamento cinematografico del 1994, la serie abbraccia esplicitamente la relazione omosessuale dell'opera della Rice. Nella serie, Louis è un nero creolo non dichiarato la cui ricchezza proviene da una catena di bordelli a Storyville, un quartiere a luci rosse nella New Orleans di inizio XX secolo. [Jenna Scherer di The A.V. Club ha scritto che "questa inversione aggiunge affascinanti profondità a Louis e permette a Interview di affrontare questioni spinose di razza, sessualità e storia."
Lo scrittore Rolin Jones ha dichiarato che le modifiche sono state apportate per collocare la storia in un "periodo di tempo che fosse esteticamente eccitante come lo era il XVIII secolo, senza scavare in una storia di piantagione che nessuno voleva davvero ascoltare ora"
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fashionbooksmilano · 23 days
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Seta. Potere e glamour
Tessuti e abiti dal rinascimento al XX secolo
Roberta Orsi Landini
Autori dei saggi: Marie Bouzard, Marina Carmignani, Andreina d’Agliano, Franco Franceschi, Dominique Charles Fuchs, Sofia Gnoli, Susan Miller, Roberta Orsi Landini, Maria Pia Pettinau Vescina
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2009, 192 pagine, 120 ill.a colori, 10 ill. bianco e nero, 23x28cm, brossura, ISBN 978883661492
euro 35,00
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Sfarzo, raffinatezza e seduzione. Questi sono gli argomenti affrontati nel volume, dedicato alla storia di un materiale tanto antico quanto prezioso: la seta.
Pubblicato in occasione dell’omonima mostra, il catalogo – che inaugura la collana del CeSAC - Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee di Caraglio – sottopone all’attenzione del pubblico tre momenti storici in cui la seta, soprattutto attraverso le vesti, ha assunto un ruolo significativo nella storia del costume e della produzione: il Rinascimento, gli anni a cavallo fra Seicento e Settecento, e la prima metà del secolo XX. Il boom della seta, che vede la realizzazione di veri e insuperati capolavori tessili – manifestazione di ricchezza dei ceti più potenti – è il Quattrocento, quando alcuni centri italiani, come Venezia, Firenze o Genova, ne diventano i più importanti produttori europei. Una produzione pregiata che viene accresciuta, fra Seicento e Settecento, dagli scambi con il lontano Oriente: decorazioni bizzarre e fantastiche, ispirate alla cultura figurativa turca, indiana, cinese e giapponese, fioriscono su fondi dalle cromie nuove e brillanti. Il Novecento, con il diffondersi dell’industrializzazione, vede mutare ancora l’aspetto e il significato dell’abbigliarsi in seta. Questa diventa un tessuto di appannaggio quasi esclusivamente femminile, mentre nuovi generi tessili, come crêpes e chiffons, favoriscono l’affermazione di una nuova moda, tutta giocata sulla seduzione. In catalogo, introdotti da saggi critici, sono documentati alcuni capolavori tessili provenienti dal Museo del Bargello di Firenze e dal Centro di Studi di Storia del Tessuto e del Costume di Venezia, nonché abiti di sartorie o creatori famosi – Fortuny, Poiret, Schiaparelli, Capucci – e capi appartenuti a importanti dive o personalità: Rita Hayworth, Mirna Loy e Soraya Esfandiary.
07/04/24
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti 
DELITTO E DISTACCO
L'arte si fa storia. Nel XIX e poi nel XX secolo, ha raccontato la guerra e lasciato tracce di sdegno, incisive: oltre la lotta, nell'orrore della repressione, nell'infamia dell'esecuzione, nell'atto ripugnante della soppressione. Per lo scopo cinico che scorre spietato nel sangue di ogni conflitto. Goya lo coglie nell'urlo tragico del martire gettato sull'impeto vile che sta per abbatterlo. La morte è violenta. Manet, invece, raccoglie la scena nell'usualità dei gesti, nell'immobilità, nell'assenza di dramma. Due paradigmi, connotati da una profonda distanza. Quello di Manet appare un dipinto di maniera. Eppure, tra i due, è il più crudo e il più profondo: la morte nasconde la violenza nell'indifferenza, la tramuta in "banalità del male", come ben comprese Hannah Arendt nel lontano 1963. Così, Manet anticipa la distanza che protegge il delitto dei più forti: modello delle società organizzate novecentesche che coprono di mostruosa burocrazia la caduta dell'umanesimo. In questa scia, a poca distanza dalla Seconda Guerra, Picasso seppe concedere un ulteriore segno al già inarrivabile "Guernica": la distruzione della vita nel suo germogliare, nuda, minacciata da corpi metallici privi di fattezze. Maschere di morte. Avanzano, mossi da un desiderio di stupro dell'esistenza.  
- Francisco Goya (1746 - 1828): "Il 3 maggio 1808", 1814, Museo del Prado, Madrid
- Édouard Manet(1832 - 1883): "L’esecuzione dell’imperatore Massimiliano del Messico", 1868, Kunsthall, Mannheim
- Pablo Picasso (1881 – 1973): "Massacro in Corea", 1951, Musée National Picasso, Parigi
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