Tumgik
#storia seria
myberrylove · 4 months
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Ash si appoggiò pesantemente sulla spalla di Misty.
Ti preeeego!
La ragazza fece una smorfia poco contenta, guardando l’amico Ash con quell’espressione disperata, tipica di un bambino capriccioso.
Ash, avevamo fatto un patto…- disse lei per l’ennesima volta, cercando di nascondere l’imbarazzo di avere il suo viso così vicino. Anche dopo anni, quel ragazzo non smetteva di farla sentire come una bambina alla sua prima cotta.
Ok, ok… ma perché proprio uno spettacolo di Rudy?- brontolò lui, comodamente appoggiato sulla spalla di lei, quasi a cercare rifugio in quella stretta intima, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Perché sua sorella ci ha regalato i biglietti.
Ma lo sai che è così noooioso!
Solo perché non ti piace ballare, non vuol dire che il ballo sia noioso.
D’accordo, allora è Rudy a essere noooioso! E borioso!- la guardò con un’espressione tanto tragica da essere buffa- Dai, anche tu alzi gli occhi al cielo quando inizia a parlare di sé.
Misty cercò di rimanere seria, ma pensando alle parole di Ash non poté evitare di farsi sfuggire un sorriso complice.
Hai ragione, a volte Rudy è così… pieno di sé…
Visto?- disse trionfante Ash guardando l’amica che con difficoltà cercava di non ridere.
… Ma ho promesso a sua sorella che ci saremo andati.
Ash fece uno sbuffo indispettito e si staccò dalla spalla di Misty.
Va bene, ma non sorprenderti se dormirò durante tutto lo spettacolo- incrociò le braccia dietro la testa.
Non sarebbe una novità- commentò lei e salì per prima le scale per entrare nel teatro. Ash le fu subito dietro.
I due ragazzi si avvicinarono ai loro posti riservati, quando una ragazzina li notò e andò incontro a loro.
Misty! Sei venuta!- disse la ragazzina raggiante, per poi notare anche il ragazzo dai capelli nero corvino dietro di lei- … E Ash- aggiunse con un tono meno entusiasta.
Te l’avevo promesso- disse gentilmente Misty con un sorriso.
Ti ringrazio, mio fratello sarà felice di sapere che sei… siete qui- si corresse all’ultimo- Godetevi lo spettacolo- li salutò e andò a sedersi da un’altra parte.
Sempre felice di vedermi, eh?- commentò sarcastico Ash, mentre entrambi si sedevano nelle poltroncine vicino al palco.
Ancora con questa storia?- disse Misty stancamente, ignorando che la ragazzina stava guardando da lontano il ragazzo con uno sguardo poco amichevole- Non ha niente contro di te, non hai visto che era contenta di vederti?
Oh sì… era contenta di vedere te… - precisò lui- Immagino di aver rovinato i suoi piani…- borbottò con un susurro che Misty non sentì, perché in quel momento le luci si spensero e il tendone si aprì, facendo entrare gli artisti con un sottofondo di musica.
Misty osservò i ballerini muoversi con grazia sul palco, ma non poté evitare di notare che il ragazzo accanto a lei ridacchiava di nascosto. Lei gli diede una gomitata per farlo smettere. Erano così vicini al palco che avrebbero potuto vederlo.
Ash, ti sentiranno- sussurrò lei indispettita.
Ehi, non è colpa mia se è vestito in quel modo ridicolo- si giustificò lui con voce bassa.
Misty si limitò a sospirare, anche se non poteva dare torto a Ash… Rudy sembrava davvero buffo con quella calzamaglia. Ma non poteva certo ammetterlo davanti a Ash… era stata lei a insistere che ogni tanto dovevano provare dei passatempi più culturali.
Notò però che Ash la stava guardando con un’espressione gongolante.
… cosa?
Stai ridendo.
No, non è vero- si difese lei, cercando nuovamente di sembrare seria. Era dura cercare di essere la persona più matura nel gruppo- Ora fa silenzio.
Come vuoi…- lui si limitò ad alzare le spalle, sussurrando mentre si sistemava nella poltroncina- Quasi invidio Pikachu che è rimasto con Brock.
Misty evitò di commentare per concentrarsi sul balletto. Nel giro di qualche minuto però, avvertì un delicato peso sulla sua spalla. Girò la testa lentamente, e il suo sguardo si scontrò con la dolcezza di Ash che aveva posato la testa sulla sua spalla, cedendo al sonno.
Per un istante sentì un brivido leggero, una sensazione di intimità familiare, che cercò ovviamente di scacciare velocemente.
Ecco, lo sapeva… Ash e il teatro erano due cose incompatibili.
Avrebbe volentieri svegliato Ash con una forte gomitata, ma un mormorio assonnato simile al suo nome uscì dalle sue labbra mentre si sistemava meglio sulla spalla di lei. La mano di lui sfiorò le dita di Misty, quasi intrecciandosi in un legame invisibile.
Un leggero rossore colorò le guance di Misty, ma non era dovuto alle luci del palco.
Ash, beatamente immerso nel sonno, era così vicino a lei che, nonostante la leggera frustrazione, Misty si lasciò andare a un sospiro rassegnato.
Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Misty e decise di accomodarsi anch’essa vicino ad Ash.
Solo per quella volta avrebbe lasciato correre. In fondo, erano poche le occasioni di stare così vicini senza che sembrasse imbarazzante per entrambi… senza che i sentimenti incasinassero la loro complicata amicizia.
E in quel buio avvolgente del teatro, i loro cuori battevano all'unisono, forgiando un legame che andava oltre le parole.
°*°*°*°*°*°
Ok, dovevo scrivere due righe per accompagnare il disegno, ma io noooo... devo sempre esagerare 🙄
E per chi se lo chiedesse... ho fatto prima il disegno e poi mi sono fatta ispirare per scrivere, non viceversa 😅 Mi viene più difficile disegnare in base alla storia.
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donaruz · 6 months
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Impaurito, spaesato e privato della sua dignità, il leone Kimba si aggira per le stradine di Ladispoli tra le auto, mentre annusa e “vive” per la prima volta il mondo esterno. È lontano migliaia di chilometri da dove dovrebbe trovarsi, nell'Africa subsahariana, ma è libero e assapora un orizzonte senza recinti, nonostante sia frastornato da grida e lampeggianti. Le surreali immagini della sua fuga da un circo, che ha tenuto col fiato sospeso gli abitanti della cittadina laziale, colpiscono con la forza di un pugno allo stomaco e impongono una seria riflessione sullo sfruttamento degli animali, trasformati in pagliacci per il pubblico ludibrio. Ovviamente per fare cassa.
La storia di Kimba, il leone fuggito da un circo a Ladispoli, è l’ennesima dimostrazione che gli animali non meritano di vivere rinchiusi in una gabbia. Ma l’Italia tarda a emanare una legge per tutelarli.
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gregor-samsung · 3 months
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" Il colonialismo può essere descritto come il movimento attraverso cui gli europei hanno creato nuove nazioni «bianche» in diversi luoghi del mondo dove popolazioni indigene avevano le loro forme organizzative. Queste nazioni potevano essere create solo con l’applicazione di due logiche legate alla conquista: la logica dell’eliminazione – sbarazzarsi con tutti i mezzi possibili delle popolazioni indigene, incluso il genocidio – e la logica della disumanizzazione – considerare i non europei come inferiori e quindi non meritevoli degli stessi diritti dei coloni. In Sudafrica queste logiche gemelle portarono alla creazione del sistema dell’apartheid, fondato ufficialmente nel 1948, lo stesso anno in cui il movimento sionista tradusse le stesse logiche in un’operazione di pulizia etnica in Palestina. Come questo libro tenta di dimostrare assumendo la prospettiva del colonialismo di insediamento, eventi quali l’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, il processo di Oslo e il disimpegno da Gaza nel 2005 rientrano tutti nella stessa strategia israeliana che mira a occupare la maggior parte di terra palestinese con il minor numero di palestinesi possibile. I mezzi per raggiungere questo obiettivo sono cambiati nel tempo e il progetto rimane incompiuto. Tuttavia, tale aspirazione è il principale carburante che alimenta il fuoco del conflitto.
In questo modo l’orribile connessione tra le logiche della disumanizzazione e dell’eliminazione, così evidente nella storia del colonialismo europeo, si è fatta strada per la prima volta negli stati autoritari del Medio Oriente. Si è manifestata spietatamente, tra una moltitudine di altri casi, nell’annientamento dei curdi da parte di Saddam Hussein, così come nelle azioni punitive compiute dal regime di Assad nel 2012. È stata poi impiegata anche da gruppi che si oppongono a quel regime: i peggiori esempi sono le politiche genocide dello Stato Islamico. Solo le popolazioni di questa regione possono mettere un freno all’imbarbarimento delle relazioni umane in Medio Oriente. Tuttavia, devono essere aiutate dal mondo esterno. Insieme, la regione dovrebbe tornare al suo passato, non così lontano, quando il principio fondamentale era «vivi e lascia vivere». Nessuna seria discussione sulla fine delle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente può ignorare i cento anni di abusi in Palestina. Le due cose sono intrinsecamente connesse. "
Ilan Pappé, Dieci miti su Israele, traduzione di Federica Stagni, postfazione di Chiara Cruciati, Tamu editore, 2022. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Ten Myths About Israel, New York: Verso, 2017]
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crazy-so-na-sega · 3 months
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Epilogo del "giallo" xylella.
Qualcuno si ricorderà che nel 2016 avevo studiato abbastanza in dettaglio i dati di xylella. Poiché si trattava di statistica elementare e di leggere qualche illeggibile rapporto, armato di santa pazienza l'avevo fatto. Ed avevo scritto qui quello che avevo capito cioè che non c'era nessuna evidenza di rapporto causale tra presenza del batterio della xylella e disseccamento e neppure nessuna evidenza di correlazione. I dati che avevo visto all'epoca che erano gli unici pubblici riguardavano qualche migliaio di ulivi. https://roars.it/xylella-dalla-scienza-piu-dubbi-che-certezze/… Dunque la mia conclusione era
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"Abbattere ulivi secolari è una decisione straordinaria che dovrebbe essere presa solo alla luce di evidenze scientifiche indiscutibili. Non è questo il caso della vicenda ulivi in Puglia."
Ora è uscito questo articolo che ha analizzato dati di centinaia di migliaia di ulivi per un periodo di tempo di dieci anni. La conclusione è semplice "Nella maggior parte degli alberi campionati con sintomi di disseccamento, il batterio (Xylella) non è stato rilevato." e dunque concludono "Sulla base di questi dati e ... proponiamo di eliminare la norma che impone l'estirpazione di tutte le piante ospiti che circondano un albero Xylella-positivo in un raggio di 50 metri.
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Ricordiamo il can can mediatico del "caso xylella" in cui chi sollevava dubbi era subito additato come negazionista e contro la scienza.
Addirittura
@paolomieli scrisse un editoriale dal titolo "Un Paese che odia la scienza"
"L’Italia sta diventando sempre più un Paese ostile al metodo scientifico e amante delle teorie del complotto. L’ennesima dimostrazione viene dal caso della «Xylella fastidiosa», batterio che produce grave nocumento all’ulivo, penetrato in Europa diciotto anni fa ...Prendendo in seria considerazione anche l’ipotesi di sradicare gli ulivi già colpiti per provare a sterminare gli insetti diffusori dell’infezione e creare un cordone sanitario che isoli le piante infette."
Questa assurda ed incredibile storia mi ha fatto capire l'assurdo ed incredibile livello della stampa italiana. Aspetto le scuse di Paolo Mieli (e varie altre persone).
L'ascienza fa come Goebbels con la cultura, mette mano alla pistola appena qualcuno osa a formulare un qualsiasi tipo di dubbio. il problema non è la scienza ma la strumentalizzazione della scienza...
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un caso tra tanti.
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omarfor-orchestra · 5 months
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Comunque finalmente uno che ha detto una cosa seria cioè che tutto sto casino e tutti sti ascolti sono per una storia omosessuale (sì lo so lo so benissimo sono incazzata anche io per come a quanto pare considerano la bisessualità però raga ci rendiamo conto. Un Paese intero che si confronta e aspetta le puntate solo per vedere chi si piglia Simone. Un triangolo tra tre ragazzi. Ma è una cosa enorme)
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diceriadelluntore · 1 year
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Canti Orfici
Ieri @vivenda, a commento del post su Orfeo ed Euridice, si è ricordata dell'opera di Christoph Willibald Gluck, a lei molto cara, Orfeo ed Euridice (1762), che ha rivoluzionato l'opera musicale, introducendo tutta una seria di innovazioni che saranno fondamentali nel corso della storia della musica. Del mito, composero e musicarono anche Jacopo Peri, addirittura nel Sedicesimo Secolo, Claudio Monteverdi nel Diciasettesimo, poi Haydn, Liszt e più recentemente Stravinsky, in un balletto in 3 atti.
Quel commento mi ha spinto a pensare della musica più vicina ai miei gusti, quella rock, e a chi si è ispirato al Mito del cantore e della splendida ninfa.
Il primo riferimento che mi viene in mente è un brano dei The Herd che fu il primo gruppo di Peter Frampton, che nel 1967 pubblicano il singolo From The Underworld, che arriva in classifica nella top ten inglese.
C'è un sanguinoso Nick Cave che in Abattoir Blues/The Lyre of Orpheus, doppio album del 2004, canta dello strumento caro al leggendario musico, la lira nell'omonima The Lyre Of Orpheus.
Hozier nel suo ultimo disco, Wasteland, Baby! del 2019, canta in Talk così:
I'd be the voice that urged Orpheus When her body was found (hey ya) I'd be the choiceless hope in grief That drove him underground (hey ya) I'd be the dreadful need in the devotee That made him turn around (hey ya) And I'd be the immediate forgiveness In Eurydice Imagine being loved by me!
Gli Arcade Fire dedicarono un intero disco al mito, Reflektor del 2013, tanto che in copertina c'è un capolavoro dello scultore Auguste Rodin, che si intitola Orfeo ed Euridice. In particolare, ci sono due brani, Awful Sound (Oh Eurydice) e It's Never Over (Oh Orpheus) meravigliosi, specialmente il secondo che ha un groove indimenticabile, che addirittura ha un video musicale con le immagini di Black Orpheus, film di Marcel Camus tratto da Orfeu da Conceição, pièce teatrale di Vinícius de Moraes, vincitore della Palma d'Oro 1959 me dell'Oscar 1960 come miglior film in lingua non inglese in rappresentanza della Francia benché girato in portoghese.
Salman Rushdie fece una delle sue prime apparizioni pubbliche dopo la fatwa per i Versetti Satanici nel 1993 sul palco dello Zoo Tv Tour degli U2, a Wembley. Divennero molto amici lo scrittore e la band, tanto che Rushdie mandò a Bono qualche anno dopo una bozza del suo romanzo, che riprende il mito di Orfeo ed Euridice. Quel romanzo, La Terra Sotto I Suoi Piedi, narra la storia d'amore tra due stelle internazionali della musica leggera, Ormus e Vina, che vivono una storia d'amore simile a quella di Orfeo ed Euridice. Ad un certo punto, dopo la morte di Vina, Ormus scrive una canzone, il cui testo Rushdie lascia nel libro. A Bono venne l'idea di musicarla, e a oggi The Ground Beneath Her Feet è l'unico brano ufficiale della discografia della band con un testo non autografo.
All my life, I worshipped her Her golden voice, her beauty's beat How she made us feel How she made me real And the ground beneath her feet And the ground beneath her feet
And now I can't be sure of anything Black is white, and cold is heat For what I worshipped stole my love away It was the ground beneath her feet It was the ground beneath her feet
Go lightly down your darkened way Go lightly underground I'll be down there in another day I won't rest until you're found
Let me love you, let me rescue you Let me bring you where two roads meet Oh, come back above Where there is only love Only love
Sentitevi liberi di aggiungere tutte le altre canzoni che parlano di questo Mito, così intenso, suggestivo e potente.
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a-dreamer95 · 5 months
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Amore mi ritrovo qui a scriverti perché ne ho bisogno. Io voglio stare con te, ho bisogno di te ogni giorno per star e bene e questo dovresti già saperlo. Quello che voglio trasmetterti è che qualsiasi cosa succeda tu sarai sempre al primo posto nel mio cuore, sei il mio cuore. Io sto investendo in te, questo termine non mi piace ma è significativo. Ti fa capire che io ho calcolato il mio futuro con te. Io ho avuto altri ragazzi, è vero, ma tu sei la prima storia seria, anche per me ciò che stiamo vivendo è la prima esperienza di vita in due, in un certo senso. Non siamo più piccoli, siamo adulti e abbiamo molte responsabilità. Io mi sono innamorata di te per molti motivi ma soprattutto per come mi parlavi e come mi facevi sentire. Mi sentivo accettata nonostante i miei difetti e amata veramente da una persona. Una persona come te che, se ti chiede come stai, te lo chiede sinceramente e non per fare due chiacchiere. Tu mi hai dimostrato questo in molte occasioni. Te ne sono riconoscente per tutto quello che hai fatto per me e lo sarò sempre. Le cose non vanno sempre bene, anzi: a noi se vanno bene è un'eccezione spesso e volentieri, ma questo non deve smettere di farci sperare in un futuro migliore. Io sono arrivata a un limite di sopportazione della famiglia, così è sempre stato, io alla fine ho sempre fatto come mi pareva ma ho sempre ascoltato le loro parole e siamo perciò tutti influenzati dai genitori e tutti i fattori che contribuiscono alla nostra crescita. Io di errori ne ho fatti tanti tanti ma l'unica certezza che ho è che tu non lo sei. Tu sei il mio orgoglio, nonostante tutto. Sì, perché da un po' di tempo facciamo fatica anche ad andare d'accordo per un'ora. Si pensa che sia una cosa normale, boh ci sta, ma io soffro, tu uguale. Io prometto che cercherò di migliorare ulteriormente, cercherò di stare meglio anche in salute. Perché, se sto male fisicamente, sono nervosa e rispondo peggio perché mi sento male. Mi capita spesso di respirare male, mi sembra che i miei polmoni non riescano ad immettere adeguatamente ossigeno nel mio corpo. Dicevo che ormai siamo grandi e che, per questo, io vorrei distaccarmi dai "nidi". Io vorrei essere indipendente ma, purtroppo, economicamente non mi è possibile, quindi dobbiamo mantenere elevati i rapporti con le famiglie. Ma riconosciamo che questi rapporti ci stanno logorando molto spesso, se non sempre. Però so che dobbiamo riconoscere di essere fortunati, anche solo per il fatto che abbiamo l'acqua in casa. Il mondo va saputo vivere. Per vivere bene dobbiamo avere un carattere forte. Io me lo sto facendo: ora, come vedi, a me non importa nulla degli altri. Forse ora sono anche troppo stronza, ma io so di essere stata troppo buona in passato. Ho sempre cercato l'approvazione altrui, ma non ha nemmeno senso questa cosa perché io voglio vivere come mi pare e piace. Ho perso anche tante amicizie. L'amicizia finta dura finché si ride insieme e va tutto bene, poi diventa solo un peso. Ma io non voglio perdere la voglia di vivere che più o meno mi caratterizzava, la voglia di ridere insieme. Io sto bene con te. Amore mio io per te ci sarò sempre, smetti di metterlo in dubbio per favore! Sei il mio cuore, essenziale.
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Nuovo giorno nuovo giro. Questa volta posto in italiano, because why not. Piccola storia, perché a volte se gli sceneggiatori non sono capaci di scrivere cose decenti allora ci devi provare tu. Tutti i commenti sono ben accetti. Enjoy 💜
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Simone avrebbe finito la giornata vomitando, prendendo a pugni qualcuno o semplicemente andandosi a schiantare veramente sulla tangenziale, altro che spazzatura sotto casa di Manuel.
Se da un lato è sollevato che il cretino di 5C si sia svegliato, dall'altro non può fare altro che odiare un po' la situazione, Ernesto, suo padre. E forse anche un po' sé stesso.
Dopo aver salutato il commissario e lasciato l'ospedale, non gli era rimasto altro su cui concentrarsi a parte quelle due parole: futili motivi. Gli risuonavano nelle orecchie, gli rimbalzavano nel cervello, gli pugnalavano il cuore.
Suo padre non sembra notare niente, ma quella non era una novità. Poteva essere così attento in alcune situazioni, tipo in classe con i suoi studenti, e allo stesso tempo l'opposto a casa. O forse era così distratto solo con Simone.
Forse, dopo Jacopo, aveva concluso che Simone non ne valeva la pena.
Forse era Simone il problema.
Chissà se le cose sarebbero state diverse, se a morire fosse stato lui. La vita dei suoi genitori sarebbe stata migliore? Jacopo sarebbe stato migliore? Avrebbe scoperto la cura per il cancro?
Tutte domande idiote, ma che a volte si palesavano nel suo cervello e non volevano uscirne.
C'era solo una persona che lo aiutava a zittire tutto il caos in testa, ma in questo momento non era lì, e lui doveva imparare a sopravvivere da solo.
Improvvisamente sente una pressione sulla spalla, e si accorge in ritardo che il padre stava parlando con lui.
"Come?" si limita a chiedere.
Il padre lo guarda per un attimo come se davanti a lui ci fosse un nuovo filosofo che ancora non capisce ma che è disposto a studiare, per poi distogliere lo sguardo.
"Niente, dicevo ci vediamo a casa?"
"Sì sì, a casa."
Simone riesce a stento a processare quello che gli ha detto Dante che già non lo vede più, scappato verso chissà dove.
Ora è solo, Simone, in un'area affollata. Troppe persone, troppi sguardi, troppi rumoriodorilacrimeviavai.
Non riesce a concentrarsi su niente, tutto troppo presente ma totalmente inafferrabile.
Vede di fronte a sé un parco, e decide di entrare, perché qualsiasi cosa è meglio della strada, e sa già che non riuscirebbe a tornare a casa in moto.
Si addentra nella piccola zona verde, piena di spazzatura e con una vecchia panca arrugginita.
Si siede, e aspetta che il tempo passi. Ogni tanto un soffio di brezza gli accarezza il viso, o il suono di un clacson gli infastidisce le orecchie, ma lì, su quella panca, si ritrova ad esistere, senza doversi sforzare di essere il figlio perfetto, lo studente modello o l'amico comprensivo. Lì è semplicemente Simone, un corpo senza una volontà.
È solo quando gli vibra il telefono in tasca che ritorna un po' in sé, notando il sole sempre più basso e la sua pelle d'oca, nonostante la giacca pesante.
Con mani malferme risponde alla chiamata.
"Pronto?" la voce rauca, chissà se per il freddo od il disuso.
"Ao, a Simò, ma dove cazzo stai? So' du' ore che t'aspetto pa'a cosa de fisica!" la voce di Manuel è come un balsamo per le sue ferite, ma le parole lo fanno sprofondare. Sì, si era completamente dimenticato di qualsiasi cosa che non fossero quelle parole. Aveva lasciato perdere tutto perché non riusciva neanche ad essere felice quando avrebbe dovuto.
Ma che cazzo c'è di sbagliato in me? si chiede, perché ormai è disposto a tutto pur di non sentirsi sempre nel torto, sempre sbagliato.
"Ao, Simò, ce stai?" chiede Manuel, voce leggermente più seria.
"Sì sì, sto qua." e non sa proprio cosa aggiungere.
Nonostante voglia disperatamente la presenza dell'altro al suo fianco, non può che risentire l'eco di vecchie parole e porte di un garage che sbattono.
"Simone, che c'è? 'Ndo stai?"
"Sto tornando, a dopo."
Simone non aveva la minima idea di come tornare a casa. Si sentiva distaccato dal proprio corpo, quindi il motorino era escluso. Ma non aveva la forza di pensare ad altre alternative.
Il telefono continua a squillare, ma lui lo ignora spegnendolo.
Si riposiziona sulla panchina, ma poi sente una voce familiare.
"Accidenti!"
Si alza e trova Viola all'entrata del parco.
"Ehi Viola, tutto bene?"
La testa della ragazza scatta nella sua direzione, e si rilassa leggermente quando lo vede.
"Ehi Simone. Sì, tutto bene. Solo queste stupide buche che non aiutano le ruote."
In effetti il danno era visibile a chiunque: la ruota destra era deformata e lo pneumatico sgonfio.
"Mi dispiace. Vuoi chiamare qualcuno?"
"Probabilmente."
Quando la ragazza non continua, Simone la squadra velocemente. Ha gli occhi lucidi e sembra anche lei un po' distante da tutto.
Anime in pena entrambe. Ma si sa, mal comune mezzo gaudio.
"Se vuoi possiamo sederci sulla panca ed aspettare."
"Aspettare cosa?"
"Che ad entrambi torni la voglia di tornare a casa."
Questa volta è Viola a guardarlo attentamente, ma Simone non ha niente da nascondere, quindi rimane fermo ad aspettare una qualsiasi risposta.
"E come ci arriviamo alla panchina, genio?" chiede la ragazza, uno strano misto di rabbia e divertimento a tingerle la voce.
"Le opzioni sono due. O ti sollevo, oppure spingo la sedia."
"Ma sei scemo? O sei solo cieco? La ruota è completamente andata, non ce la faresti mai a spingerla."
"E secondo te io perché faccio rugby?"
"Ah, quindi non è la prima volta che ti trovi in questa situazione?" cerca di rimanere seria, ma si vede che trattiene a stento la risata.
"Pfff, tutti i giorni. Non sei così speciale."
Finisce la frase e, appena si guardano, scoppiano entrambi a ridere.
Quando entrambi riprendono fiato, Viola gli lancia l'ultimo sguardo, e poi sembra convincersi su qualcosa.
"Va bene, ma non ti fare strane idee."
"Non mi permetterei mai, my lady." dice nel suo miglior peggior accento british. Poi lentamente si avvicina, le passa un braccio sotto le gambe ed uno dietro la schiena e la guarda, aspettando un cenno di assenso che arriva poco dopo.
Allora, la solleva il più delicatamente possibile e la porta fino alla panchina, depositandola e poi tornando indietro per la sedia a rotelle, non pesante quanto si aspettava ma sicuramente non leggera.
Una volta riseduto, lascia cadere la testa all'indietro, e fissa il suo sguardo sulle nuvole arancioni che lentamente percorrono il cielo.
Non ha idea di quanto tempo sia passato, quando sente Viola sospirare.
Allora si gira verso di lei, e la vede con il viso ancora rivolto verso il cielo.
Il silenzio che si crea non è imbarazzante, anzi.
"Perché stavi piangendo prima?" le chiede Simone sussurrando.
"Non sono cazzi tuoi, ti pare?" risponde lei stizzita, lanciandogli un'occhiata torva.
E tutto questo fa sorridere Simo, perché lui a persone che si comportano da porcospini è abituato.
"Non è per sapere gli affari tuoi. È solo per sapere se ti posso aiutare in qualche modo." risponde pacato.
Lei lo squadra di nuovo, e per qualche motivo quella diffidenza, quella poca fiducia nel prossimo gli è molto familiare.
Sospirando, la ragazza distoglie lo sguardo.
"Non credo proprio che il ragazzo perfetto della classe possa capirmi,no?"
E Simone lo sa che è la cosa più scortese che possa fare, ma a sentire quelle parole scoppia a ridere.
Viola lo guarda torvo, e lui ha bisogno di qualche secondo per ricomporsi.
"Viola, ma che cazzo stai a di'? Solo durante l'anno scorso ho scoperto di aver avuto un gemello che è morto quando avevamo tre anni, me lo sono scordato come se non fosse mai esistito, ho quasi perso l'anno perché mi sono immischiato in giri loschi ed ho scoperto di essere gay. Non posso lamentarmi di come vivo perché so che c'è chi sta peggio, ma non è sempre stata una passeggiata, ah."
Finisce il discorso e vede gli occhi di Viola sgranarsi. Ma in quel momento non sente vergogna, o rabbia, o alcun sentimento in particolare. Quasi non si sente più umano.
"Scusa, non lo sapevo." comincia lei, ma lui scuote la testa.
"Non te l'ho detto per farti sentire male o in colpa. Voglio semplicemente dirti che le persone non sono tutte così cattive come pensi."
"Soprattutto tu?" chiede lei.
"Oh no, io sono il peggiore. Ma qualcuno di veramente buono c'è. Tipo Ryan" continua lui, vedendo la ragazza arrossire. Ah, gli etero e i loro stupidi motivi per non stare insieme.
"Non voglio parlarne."
"Va bene." annuisce svelto, e ritorna quel silenzio, come una coperta spessa che li avvolge.
"Ma tu perché sei qui?" chiede la ragazza, senza però girarsi.
"Ernesto si è svegliato e la polizia mi ha contattato per farmi sapere che non continueranno le indagini." dice in un tono di voce neutro, quasi robotico.
Viola si gira verso di lui e corruccia le sopracciglia.
"È un bene, no? Significa che non sei più sotto accusa."
"Si, per carità. Ma significa anche che non proseguiranno le indagini per l'aggressione nei miei confronti. E sai perché? Perché la rissa è scoppiata per quelli che ritengono motivi futili." non si accorge di aver gli occhi lucidi fino a quando Viola non gli tocca il braccio.
Sposta velocemente le mani, stropicciandosi gli occhi fino a vedere dietro le palpebre le stelle.
"Scusa, non volevo scaricarti addosso la situazione." dice dopo aver abbassato le mani.
"Macché. Mi dispiace per quello che ti hanno detto. Se vuoi mio padre conosce degli avvocati, potrei provare a parlargliene."
Ed è in quel momento che Simone vede davanti a sé non la nuova arrivata in classe, ma una persona che sa cosa significa soffrire e che, come lui, non vuole che altri soffrano.
"No, grazie, tanto non porterebbe a nulla."
"Se non ci provi non lo puoi sapere. Però sappi che è una scelta tua."
Ed è una cosa stupida realizzare che sì, la scelta è solo sua. Nessun fattore esterno, non suo padre né la scuola possono decidere se Simone denuncerà o meno.
In un mare in tempesta, dove la sua vita non gli era sembrata altro che sopravvivi o muori, questa è una scelta solo ed esclusivamente sua.
"Io..." inizia, senza saper bene come continuare.
"Ehi, prenditi il tempo per rifletterci. Ma sappi anche che qualsiasi cosa vorrai fare non sarai solo."
Ed eccolo di nuovo qua, a piangere perché qualcuno ha capito il suo dolore, non lo ha minimizzato ed anzi gli sta dando l'opportunità di fare qualcosa a riguardo.
Ed allora non può non buttarsi sulla ragazza ed abbracciarla e, dopo un attimo di esitazione, sente le braccia di lei stringerlo.
Rimangono così finché non le vibra il cellulare. È il padre preoccupato, e Simone coglie benissimo l'ironia, grazie tante.
Dopo che Viola dà l'indirizzo al padre, ritornano a guardare le stelle che ormai fanno capolino nel cielo blu.
Non c'è bisogno di altre parole.
Quando arriva la macchina di Nicola, Simone non ci pensa due volte a prendere Viola in braccio e portarla fino alla vettura, e lei non protesta, anzi gli posa il capo sulla spalla.
Dopo aver recuperato anche la sedia, Simone fa per andarsene, quando sente la manica del cappotto venire tirata, e si gira verso la ragazza.
"Ma che fai? Sali va, che incomincia a fare freddo e voglio tornare a casa."
"Ed allora lasciami?" dice Simone, anche se sembra più una domanda.
"Ho il motorino parcheggiato di là." indica una direzione che ad essere onesto non sa neanche se sia quella giusta.
"Se pensi che ti permetta di metterti alla guida in queste condizioni ti sbagli. Ora sali, ti porto a casa e poi domani torni a riprendertelo"
Simone avrebbe voluto ribattere, ma un'altra voce lo interrompe ancor prima di iniziare.
"Tu sei Simone, no? L'amico di Manuel? So già dove abiti. Sali che ti diamo un passaggio"
Simone allora accetta, per non sembrare scortese eh, non perché non riuscirebbe a distinguere la luce verde del semaforo da quella rossa.
"Abiti a casa di Manuel?" chiede la ragazza dopo essersi allacciata la cintura.
"No, in realtà è lui che vive a casa mia" risponde lui divertito.
Il viaggio verso casa continua silenzioso, con entrambi i giovani che guardano fuori dal finestrino e Nicola che lancia rapide occhiate alla "specie di fratello" di suo figlio.
Arrivano velocemente alla villa e Simone scende dalla macchina, dopo aver ringraziato ancora un paio di volte.
"Buonanotte, Simo. E, pensaci, ok?"
Si salutano così, con Viola che lo guarda serie, lui che annuisce piano e Nicola confuso.
Non fa neanche in tempo a chiudere la porta di casa che è assalito da un'ondata di ricci ribelli e giacca verde.
"Ao, ma dove cazzo sei stato? Vedi che se nun t'è successo niente de grave, te meno io, ah!"
Non ha la forza di rispondere, perché è a casa, in una villa che non ha mai ospitato la sua famiglia, o almeno non che lui lo ricordi. È a casa perché Manuel è lì, preoccupato ed arrabbiato, ma sempre accanto a lui.
E Manuel lo conosce, lo capisce, e gli toglie le mani di dosso, ma non si allontana. Studia attentamente il suo volto, poi lo prende per la manica e lo porta sul bordo della piscina, dove si siedono in silenzio, le gambe penzoloni ed i cuori pesanti.
"Vuoi dirmi che cazzo è successo?" sbotta Manuel, dopo un lungo silenzio.
Simone sospira. Non sa che cosa dire. Come si spiega alla stessa persona che ti ha insultato perché gay neanche sei mesi prima che ora il suo orientamento sessuale non è considerato un'aggravante abbastanza importante per un'aggressione?
"Niente Manuel, sono andato in ospedale per vedere il cretino di 5C, e poi ho incontrato Viola e abbiamo passato il pomeriggio insieme, tutto qui"
"Simò, smettila de dì cazzate che lo sai che n'e sopporto. Ch'è successo?"
Simone sa che dovrebbe mentire, minimizzare, non mostrarsi debole né sofferente. Ma non è mai riuscito a mentire a Manuel. Forse un giorno imparerà, ma quel giorno non è oggi. Allora fa un ultimo disperato tentativo.
"Mi crederesti se ti dicessi che mi sono incantato a guardare il cielo?"
"No, primo perché è palesemente 'na cazzata, e secondo perché a te il cielo fa schifo, troppo grande senza movimento. Preferisci guardare il mare, con la schiuma e le onde ed i pesci."
Vorrebbe ribattere, ma riflettendoci bene Manuel ha ragione, Simone odia la monotonia piatta del cielo. Solo che questo non lo aveva mai detto a Manuel.
"Come fai a saperlo?"
"Cosa che è 'na cazzata? Perché..."
Ma Simone non gli dà il tempo di distrarsi con le sue chiacchiere.
"No, scemo. Come fai a sapere che odio il cielo?"
Manuel sembra studiarlo per un lungo minuto, per poi distogliere lo sguardo.
"Eh, non lo so Simò, me sembri più 'n tipo da mare."
Manuel sta evitando l'argomento, e per quanto Simone vorrebbe insistere, lascia perdere il discorso. Ma solo per il momento.
Allora sbuffa e torna a guardare un punto indefinito davanti a sé.
"È successa una cosa, niente di grave, ma stavo a rosicà, così sono rimasto fuori a sbollire. Poi ho incontrato veramente Viola."
E come poco prima, anche Manuel deve percepire che Simone non ha voglia di parlare in quel momento. Allora si limita ad abbracciarlo per dargli conforto e calore. Simone gli sembrava così pallido al chiaro di luna, come una statua triste e sola.
Simone sente piano piano la stanchezza distendergli i muscoli e rallentargli i pensieri, e si rilassa tra le braccia dell'altro ragazzo.
Si potrebbe addormentare qui, ma sa che sarebbe peggio, anche se il solo pensiero di muoversi sembra impossibile. Così, si scosta leggermente dal corpo dell'altro e cerca di trovare la forza per alzarsi.
Manuel deve aver pietà di lui e, dopo essersi alzato, lo aiuta sù e lo porta praticamente di peso fino alla loro camera.
Simone usa le ultime facoltà fisiche e mentali per togliersi i vestiti e mettersi il pigiama e poi crolla sul letto.
Quando Manuel torna dal bagno, anche lui già in pigiama, trova Simone steso con ancora i piedi su pavimento e sopra le coperte. Sbuffa divertito, ma poi realizza che, se la giornata lo ha sfiancato fino a questo punto, qualcosa di grave deve essere successo, anche se Simone cerca di minimizzare. Si ripromette di farsi dire tutto la mattina, e poi si mette a lavoro per spostare quel testone sotto le coperte ed in un posizione più comoda.
Dopo essere riuscito nell'impresa, resta un attimo a guardare quel volto, ora disteso, e quei ricci arruffati.
Senza neanche accorgersene, si china e sfiora la sua fronte con le sue labbra, prima di ritirarsi. Non è esattamente imbarazzato, e si ripromette di riflettere anche sull'istintiva tenerezza che sente nei confronti del più giovane.
Ma tutto questo domani. Per ora c'è la sua branda che lo aspetta, e magari qualche sogno pieno di mare, di risate e di ricci ribelli.
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fallimentiquotidiani · 5 months
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Quanto è durata la tua ultima storia seria e quando è stata? Sembri uno da frequentazioni di qualche scopata ed addio
Adoro sembrare qualcosa che non sono a fare crollare il vostro castello di carte
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susieporta · 1 month
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𝐓𝐡𝐞 𝐂𝐡𝐢𝐥𝐝𝐫𝐞𝐧 𝐀𝐜𝐭 - 𝐈𝐥 𝐯𝐞𝐫𝐝𝐞𝐭𝐭𝐨. 𝐄 𝐥'𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐦𝐞𝐬𝐭𝐢𝐞𝐫𝐢 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐢.
“Tra la sua dignità e la sua vita, ho scelto per la vita”. Questa frase, detta dal pulpito di una Corte inglese, mi risuona ancora nell’animo dopo aver rivisto questo film. Ci sono mestieri impossibili, tra questi probabilmente potremmo annoverare il giudice tutelare (così si chiama da noi), quel giudice che la comunità civile incarica di prendere una decisione a tutela di un minore quando, le normali circostanze non lo permettono, e le conseguenze di una cattiva scelta potrebbero essere tragiche. E’ il caso, affatto infrequente, che tratta il film (ed il bellissimo romanzo da cui è ripreso di Ian McEwan) di un ragazzo ancorché diciassettenne, dunque ancora minore, ammalato di leucemia per cui i medici raccomandano come vitale la trasfusione del sangue ma i genitori, Testimoni di Geova, non vogliono dare l’assenso, in questo influenzando anche il figlio.
Anche il film è molto bello e la protagonista, una magistrale Emma Thompson, ha lo stesso volto, la stessa postura, gli stessi tormenti psichici che mi sono immaginato quando, tempo fa, lessi il romanzo. Uno di quei rari casi in cui il film non sottrae nulla all’opera scritta.
Eppure questo film ogni volta che lo vedo mi emoziona in un modo particolare. Per i profondi ed ineludibili aspetti che tratta nel convocare le funzioni genitoriali (di qualunque essere umano) verso un adolescente. Come spesso capita un ragazzo intelligente, sensibile, affamato di amore e di senso, per quanto disperato. In una parola “adorabile” come dirà tra le lacrime la giudice Emma Thompson.
La storia tratteggia benissimo il profilo del giudice. Una donna integerrima, seria, attenta alla legge ed alle opinioni di tutti. Con un cancellerie a lei devoto, che la stima e la ammira e le piega la toga con una cura quasi sacrale. Per mestiere, occupandomi ovviamente di minori e facendolo da un vertice istituzionale, conosco questo tipo di giudici. Motivati, sensibili, che hanno scelto di occuparsi delle ferite che la società può infliggere anche ad un minore e tentano, ogni giorno, di ridurre almeno il danno.
Eppure questo rimane (non certo il solo) un mestiere impossibile. Come il film mostra è difficile non rimanere impigliati, persino sedotti, dalle richieste o dalla tenacia emotiva di un adolescente. Si deve fare un enorme sforzo interiore tra quello che si potrebbe desiderare, rispetto a quello che potrebbe servire e – persino – danneggiare l’altro. Perché certi adolescenti sanno essere molto convincenti, e ogni essere umano adulto, nel ciclo della sua vita, può trovarsi ad essere più vulnerabile emotivamente di quanto non pensi. Perché la vita dell’adolescente incontra sempre anche la nostra vita nel suo essere e nel suo divenire. Ma l’adulto non può dire in quale condizione si troverà, magari nel suo incontro più difficile. In questo caso una donna in crisi matrimoniale e con un bisogno di maternità forse insoddisfatto.
Ma la complicazione più grande sta nel fatto che, fino in fondo, non puoi sapere mai quale sia la scelta giusta. E qui non mi riferisco solo a quella legale, in parte persino inevitabile, ma a quella che sussegue. Per esempio il non aderire alla richiesta di supporto, di affiliazione, quasi di “adozione” che il ragazzo, oramai diciottenne, fa alla giudice da cui è rimasto folgorato per il tatto, la misura, oltre che il pensiero che ha mostrato verso di lui. Con una scena bellissima dove la integerrima giudice si abbandona, per pochi minuti, nella stanza di ospedale dove era andata a raccogliere il suo parere, a cantare una delicata ballata accompagnata dalla chitarra del ragazzo.
Il film rende il dolore di questa condizione in modo esemplare. Interroga, chi a vario titolo fa mestieri dove la funzione genitoriale è fortemente sollecitata (giudici, psicologi, docenti ecc…), in modo ineludibile. Ci ricorda che siamo in un campo dove non abbiamo “la soluzione”, bensì solo un faticoso approccio artigianale dove possiamo procedere per tentativi ed errori sperando, in ogni caso, che gli errori non siano troppo grandi.
(P.S. lo si può vedere ancora su RaiPlay)
Nicola Artico
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abr · 8 months
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Premesso che chi ha sparato ora andrà a giudizio (...), siamo nella situazione in cui un orso problematico incontra un umano problematico. In Abruzzo hanno gli stessi problemi del Trentino ovvero un ambiente dove gli orsi (e gli umani assieme) stanno stretti. La differenza la fa il fatto che il marsicano (...) è più piccolo e meno aggressivo (dell'orso bruno). (...). Modesta opinione personale: Amarena aveva un(a fama e un) tasso di riproduzione alto per via della tolleranza (...) alle sue incursioni nei centri urbani, dove era solita rubare galline e altri animali allevati. Parliamoci chiaro, in Trentino (...) sarebbe stata prelevata e stoppata da anni. Si è fatta l'eccezione (...) perché era tollerata (se non amata) dai più, una star dei social, la perfetta pubblicità di integrazione tra uomo e fauna selvatica (...). Il motivo per cui gli orsi vanno subito allontanati è proprio abbattere il rischio di conflitti che poi portano ad episodi gravi (...). Capisco la scarsa empatia verso le galline, ma se vedessi un grande predatore che minaccia ad esempio Miss Poiana non so come potrei reagire di impulso sul momento, sicuramente non sarebbe una bella scena anche se poi la regione ti indennizza i danni. Quindi ecco, il tanto decantato modello abruzzese (...) in realtà non è altro che la solita storia di (...) luoghi troppo complessi da gestire, animali che non si sanno dove mettere perché lo spazio è quello che è, poco per una sessantina di esemplari. Io spero vivamente che questa storia inizi a far capire che la convivenza tra fauna selvatica ed essere umano è complicata, che dire con leggerezza "Era amata da tutti, fatto inspiegabile" è una cazzata: ogni anno i boschi vengono riempiti di bocconi avvelenati tant'è che è sempre la nostra prima preoccupazione quando andiamo a tartufi. Non è un caso isolato chi abbatte un orso, se mai è un caso isolato che sia stato fatto in maniera così eclatante (...). Morale? La gente ora si scannerà sui social, gli animalisti si stracceranno le vesti e dopo 3/4 giorni di accese polemiche resterà tutto immutato. Ci si aggiorna al prossimo incidente con gli orsi, tanto in media sono un paio all'anno, difficilmente ci si annoia. W gli orsi.
via https://twitter.com/Arypigliate/status/1697918197985378723
La prima disamina seria che incrocio. Sono d'accordo su quasi tutto, non dove emerga quel po' di "più ugualismo" di poiane meglio delle galline, di "territorio antropizzato" in tempi di spopolamento di monti e colline, di animali e umani "problematici": solito dirigismo asettico tribunizio ma vabbé. L'unico appunto razionale possibile a uno che si trovi a tu per tu con un orso: spara prima in aria, non addosso.
Il mio "take" è il FALLIMENTO dell'ossimoro natura selvaggia Disney, solo bella e tanto buona, per i turisti e i social. Selvaggio è selvaggio, punto.
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auxoubliettes · 6 months
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giulia ha cambiato casa, che detto così sembra l'inizio di qualcosa di tragico, di una lontananza che non si può ricucire se non provvisoriamente, di un gioco fatto di ciao e di addii rinnovati troppo spesso etc etc., ma si è trasferita a 3 minuti di macchina da dove stava prima quindi tutto okay. andiamo avanti.
la cosa divertente è che per andare a casa sua adesso devo passare da una serie di posticini custodi di un ricordo o più a testa. uno di questi è la villetta dove viveva una delle mie migliori amiche del periodo elementari e medie. passando di lì io non ho mai visto nessuno, ma la macchinina di google maps è riuscita a immortalare la sua mamma per ben due volte. 2 a 0 per lei.
il primo posticino in assoluto che incontro, però, è una fermata dell’autobus che ad un certo punto della mia vita, tanti anni fa, non si è propriamente guadagnata un significato, quanto la possibilità di divenire l’avvertimento di un possibile incontro: banalmente, era la fermata dove ogni giorno saliva un ragazzetto mio coetaneo, bassino, con gli occhi chiari e i capelli scuri. più che piacermi i corpi a me le persone incuriosivano, e lui mi incuriosiva (per onor del vero e del cringe era bellino quindi, alla mia maniera, mi piaceva anche). e poi avevo un ottimo fiuto, nel senso che chi mi sembrava potesse essermi simpatico poi mi stava molto simpatico, e chi sembrava potesse essermi antipatico poi mi stava molto antipatico. quindi chi mi incuriosiva, mi incuriosiva sempre parecchio. e chi poi non ho potuto apprezzare o odiare perché non ho mai conosciuto, ha sempre continuato a rimanermi in testa. tipo lui.
patetica questa cosa dell'agognata visione mattutina sul bus? probabile, ma spero che abbiate una storia patetica simile anche voi. non so se avete mai letto la ragazza delle arance di jostein gaarder (che comunque non credo consiglierei, non ricordo neanche come finisce) ma questa ragazza delle arance era il pensiero ricorrente di sto tizio che una volta l'aveva vista sul tram, e se non la vedeva allora sperava di vederla la volta dopo. con cornerstone degli arctic monekys siamo già a due esempi di storie patetiche come la mia, quindi anche se voi non ne avete io mi sento sufficientemente in compagnia per andare avanti. con questo ragazzetto non ho mai fatto amicizia, ma ci ho solo avuto brevemente a che fare sette anni dopo, quando ormai non ci pensavo più, perché venne col mio gruppo di amici a festeggiare il 25 aprile. di lui per lunghi anni ho continuato solo a sapere che era appassionato di politica e calcio e che a quanto pare era intelligente, informazione che conferiva un’aura potenzialmente più interessante ad una persona che invece avrebbe potuto semplicemente essere un tipico maschio italiano medio.
qualche settimana fa, mentre aspettavo che venisse l’ora giusta per uscire e andare a vedere la nuova casa di giulia stavo leggendo degli articoli online. ad un certo punto ne trovo uno che parla d’attualità. l'aveva postato una mia amica. lo leggo. è accurato, ma ha anche un’anima seria e ironica e appassionata e critica. è qualcuno che mi parla di cose vere senza la freddezza di un certo tipo di giornalismo, né la retorica gratuita o il pathos vomitevole di un certo altro tipo di giornalismo. del giornalismo poi sicuramente mancavano la disonestà e la superficialità. ma chi l'ha scritto? ma che giornale è? e l’aveva scritto il ragazzetto dell’autobus sul suo blog, in realtà. che ridere. quel 25 aprile ricordo che mi disse una cosa (tutte le altre conversazioni furono di gruppo, ma a me disse - con una voce che non ricordo - questa cosa) riguardo al fatto che studiavamo cose simili, cose ritenute un po' sfigatelle. e guarda che cosa bella ne ha tratto, da queste cose che tutti ci dicono essere sfigatelle. ho letto altre cose che ha scritto. che cosa bella la scrittura, come ci disvela bene, anche nei suoi artifici. poi sono uscita e passando dalla fermata dell’autobus ho pensato: c'è voluto un po' di tempo, ma pare che questa curiosità sia stata parzialmente soddisfatta. stavolta posso apprezzare anche senza conoscere.
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princessofmistake · 1 month
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e-nìg-ma Dal greco àinigma, derivato del verbo ainìssesthai parlare per enigmi, a sua volta da àinos racconto, favola. Questa parola è vertiginosa: ci descrive un mistero profondo, pieno di strette ambiguità, un rovello che impegna duramente l’intelletto. Ma il suo primo significato è più ameno di quanto il colore e l’uso consueto di questa parola non suggerisca; infatti, indica in primis l’indovinello. Non dobbiamo farci fuorviare dal fatto che ‘indovinello’ è un diminutivo, e ci pare subito qualcosa di simpatico. La storia di brevi componimenti poetici allusivi, che sfidano a scoprire il loro oggetto coperto, è molto antica e decisamente seria. Basti pensare alla figura mitica della Sfinge, che fuori Tebe proponeva i suoi enigmi ai viaggiatori, sbranandoli se non riuscivano a risolverli. Fra l’indovinello e la generica frase oscura il passo è breve: si può notare che il professore parla per enigmi, saggiando l’acume dei suoi studenti, nell’enigma del referto medico è nascosto il responso atteso con tanta apprensione, e la risposta enigmatica ci lascia nel dubbio. Ed è dall’oscurità di questi detti che oggi l’enigma prende il significato più generale di fatto inspiegabile, di mistero. Può essere un enigma la costruzione in fisica di una teoria unificata delle forze, può essere un enigma il comportamento indecifrabile di una persona, così come la dinamica di un delitto. Non a caso la celebre macchina crittografica usata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale fu chiamata proprio ‘Enigma’; con una vena di compiacimento, questo nome attinge all’immaginario millenario di uno sforzo mentale vano davanti alle fitte tenebre di un segreto - evidente ma impenetrabile. O quasi.
unaparolaalgiorno.it/significato/enigma
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osmosidelladecenza · 10 months
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#Domande a cui rispondere.
1.  Are you named after anyone?
No, per fortuna. Ho un nome semplice ma bellissimo. Scelto solo per me e la mia faccia da schiaffi
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Qualche mese fa! Nulla di serio
3. Hai figli?
Cosi dicono!
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Direi di si ma sembro tremendamente seria. Forse lo sono!
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
Tantissimi. Dalle arti marziali al nuoto. Ora cardio perche devo dimagrire (prcd)
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Gli intenti, come si muove... se non parla comincio ad adorarla!
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Cacca di bambino ma chiara
8. Scary movies o happy endings?
Odio il lieto fine.
9. Qualche talento particolare?
Isolarmi, non rompere i coglioni, non invadere, fotografare, cucinare (purtroppo), ermetismo, risultare antipatica
10. Dove sei nata?
Cagliari
11. Quali sono i tuoi hobby?
Andare in vacanza (vale?), viaggiare, fotografare, musica, cinema, correre
12. Hai animali domestici?
Un cagnaccio e cinque gattacci
13. Quanto sei alto?
Che domanda dolorosa (165)
14. Materia preferita a scuola?
Lettere moderne, storia, poesia, arte
15. Dream job?
Fotografa (lo faccio ma poco)
Grazie @crisigenerica per aver fatto sforzare il mio cervello stanco
Menziono poche persone ma buone
@lasciatemistarelamattina @openmindwildmind @help-me-feel-alive @arcobalengo @pinaojazz @acribiacollerica @thenakedwivesofnoah
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francesca-fra-70 · 9 months
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Vorrei avere il coraggio, l'audacia e l'autostima, di quelli che dopo due minuti di contatto su un social ti vengono a chiedere "ti va di conoscerci per una storia seria? " Io che per scegliere un paio di scarpe ci metto 3mesi e queste le porto ai piedi. Figurati se scelgo un uomo in due minuti. 😏
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fridagentileschi · 10 months
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IL DIRITTO DI VIVERE: TERRY SCHIAVO
Le parole di Oriana Fallaci in risposta a Margherita Hack
Ecco cosa disse in una memorabile intervista la scrittrice sul caso della donna in stato vegetativo lasciata morire di fame e sete dal marito e dai giudici , dopo due settimane di agonia, Terri Schiavo, o meglio «Terri Schindler» come si ostinava a chiamarla Oriana Fallaci che, anche con l’utilizzo del cognome da nubile, voleva segnalare la triste storia di questa donna abbandonata e fatta uccidere dal marito.
''Di stelle e di galassie la signora Hack se ne intende parecchio, sì, ma di medicina assai meno. E di umanità ancor meno, vedo, sebbene sia abbastanza vecchia e di solito la vecchiaia renda più umani. Perché non è vero che la vita sia intelligenza e basta. Gli animali non scrivono l’Iliade, l’Odissea, il Paradiso perduto, l’Eroica, L’Infinito e L’universo dentro un guscio di noce. Non dipingono la Cappella Sistina, non dissertano sui Buchi Neri, non vanno sulla Luna e su Marte. E gli alberi, le piante, insomma i vegetali, lo stesso. Loro non riescono memmeno a camminare, spostarsi. Eppure sono vivi. E se non esistessero, la vita su questo pianeta non esisterebbe. Del resto chi ci assicura che gli alberi non siano intelligenti, non pensino? Il mio sospetto è che, per contribuire alla nostra esistenza, un pensiero lo debbano avere. Ma ammettiamo pure che non pensino, che come loro Terri non pensasse, reagisse agli stimoli e basta: dove li mettiamo i sentimenti e le sensazioni a cui la signora Hack sembra non dare importanza? La vita è fatta anche di sentimenti, è fatta anche di sensazioni. E chi ha detto che un malato inguaribile,sia un “cittadino inutile”, non sia degno di vivere attraverso i sentimenti e le sensazioni. La vita si misura sull’utilità o sull’essenza? Negli anni settanta Pearl Buck, la grande romanziera americana autrice de La buona terra, la vincitrice del Nobel quando il Nobel era una cosa seria, mi raccontò che in seguito a una lesione al cervello sua figlia viveva come un vegetale. Era bellissima, apparentemente sanissima, ma non aveva alcuna forma di intelligenza. Non serviva a nulla e a nessuno, disturbava il prossimo e basta. Però capiva la musica meglio di lei. La amava disperatamente, e quando le portavi un disco di Mozart o di Brahms o di Chopin anche lei si ravvivava tutta. Sorrideva, rideva, parlava fino a farti sperare che un giorno guarisse. Ciò era sufficiente a conferirle la dignità di vivere o no? Secondo Pearl Buck, lo era. Secondo me, lo stesso. Questo senza tener conto del fatto che se il metro di misura fosse l’utilità, la maggioranza degli esseri umani dovrebbe essere eliminata. La nostra società divampa, scoppia, di gente inutile. Di fannulloni, di scansafatiche, di buoni a nulla, di mangia a ufo. E se ho torto, se la signora Hack ha ragione, se la vita è intelligenza e basta, se in mancanza di intelligenza i sentimenti e le sensazioni non bastano a renderci degni di viverla, che ne facciamo di ciò che ha nome pietà? Che ne facciamo di ciò che ha nome speranza? Oltre che di sentimenti e di sensazioni, la vita è fatta di pietà e di speranza. E un essere umano non può negare la pietà, non può negare la speranza, perdio. Negare la pietà e la speranza, significa educare alla Morte, al Culto della Morte.''
In memoria di «Terri Schindler» Z'L
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