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#tecnica di meditazione
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"Tu non sei quello che vedi, non sei quello che credi di essere attualmente, sei molto di più."
#AngelJeanne ✨
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ali3natamente · 8 months
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Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la
giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna.
L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lì e assorbi tutto.
Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli
altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando
poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente
senza riflesso. Certe volte andavo a dormire
raggomitolata sotto il piumino e quando provavano
a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora
più stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente
mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi
solo: «Ho visto gente». E allora compresi che
era ora di finirla.
Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo più vedere
nessuno.
Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione
e di approdo a comprendere che stare con il respiro
non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono
tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana.
Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua
che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto,
la fontana è lì a disposizione, chi vuole ci va a bere e
lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna,
è fontana.
__Chandra Candiani, Questo immenso non sapere.
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susieporta · 9 months
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Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la
giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna.
L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lí e assorbi tutto.
Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli
altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando
poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente
senza riflesso. Certe volte andavo a dormire
raggomitolata sotto il piumino e quando provavano
a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora
piú stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente
mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi
solo: «Ho visto gente». E allora compresi che
era ora di finirla.
Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo piú vedere
nessuno.
Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione
e di approdo a comprendere che stare con il respiro
non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono
tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana.
Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua
che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto,
la fontana è lí a disposizione, chi vuole ci va a bere e
lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna,
è fontana.
Chandra Candiani da 'Questo immenso non sapere' (Einaudi).
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arreton · 1 year
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Oltre la salute mentale - Il Tascabile
Nel suo articolo La meditazione che fa bene al capitale, Ronald Purser spiega come la tecnica buddista della Mindfulness sia diventata la ricetta perfetta da vendere sul mercato perché ci rende pacifici, cioè “vuole convincerci che le cause della nostra sofferenza vanno ricercate soprattutto dentro noi stessi, e non nel contesto politico ed economico che determina il modo in cui viviamo”. In questo caso si tratta di una forma mercificata della mindfulness, che di per sé può invece essere un utile strumento per gestire lo stress, l’ansia e modificare alcuni automatismi mentali che ci fanno soffrire. Il problema si presenta quando viene ridotta a una ricetta per il successo e si trasforma nella panacea di tutti mali, o addirittura come una filosofia rivoluzionaria necessaria per cambiare il mondo.
Qualcosa di simile potrebbe succedere con le terapie psicologiche quando si paventa la possibilità di risolvere qualsiasi problema semplicemente iniziando una terapia. Quando problemi strutturali come la povertà, la violenza domestica, lo sfruttamento, la disoccupazione o la distruzione dell’ecosistema diventano questioni personali, allora il campo d’azione si riduce alla depressione, al self empowerment, allo stress da lavoro correlato, all’abuso di sostanze o all’ansia. Il contesto sociale rimane sospeso, lasciando spazio esclusivamente all’interpretazione e gestione dei sintomi della paziente. Il processo clinico della terapia è un’ottima risorsa che aiuta le persone a conoscersi e curarsi ma non può essere la bacchetta magica per risolvere i conflitti che riguardano la collettività. Per esempio, una campagna di sensibilizzazione sul burnout lavorativo lanciata su Instagram propone come unica soluzione rivolgersi a un servizio di psicoterapia online a prezzi calmierati. Organizzarsi per migliorare le condizioni di salubrità, i ritmi di lavoro, la cultura aziendale, ridurre i turni e la competizione sfrenata rimangono invece rimossi dai possibili scenari d’azione.
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lunamarish · 8 months
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Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna. L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lì e assorbi tutto. Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora più stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi solo: «Ho visto gente». E allora compresi che era ora di finirla. Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo più vedere nessuno. Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana. Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lì a disposizione, chi vuole ci va a bere e lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna, è fontana.
Chandra Livia Candiani, Questo immenso non sapere
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saayawolf · 8 months
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Sono stata spugna. Per molti anni, quasi tutta la giovinezza, appena incontravo qualcuno, ero spugna. L’avevo imparato nell’infanzia. Stai lí e assorbi tutto. Non so come, ma quando si incontra una spugna, gli altri si sentono invitati a parlare moltissimo. Quando poi se ne andavano, ero stanchissima e opaca, completamente senza riflesso. Certe volte andavo a dormire raggomitolata sotto il piumino e quando provavano a svegliarmi mi lamentavo e mi ci avvolgevo ancora piú stretta, come in un bozzolo. Quando una volta finalmente mi chiesero: «Ma cos’hai? Sei malata?» Risposi solo: «Ho visto gente». E allora compresi che era ora di finirla.
Per un po’ mi chiusi a riccio: non volevo piú vedere nessuno. Poi, dopo anni di India, di tecniche di meditazione e di approdo a comprendere che stare con il respiro non è una tecnica ma una storia d’amore, mi sono tramutata, piano piano, con lenta costruzione, in fontana. Posso ancora ascoltare, ma solo finché c’è acqua che scorre e la fontana non trabocca. Ma soprattutto, la fontana è lí a disposizione, chi vuole ci va a bere e lei non assorbe niente, scorre. Il cuore non è spugna, è fontana.
Chandra Candiani da 'Questo immenso non sapere' (Einaudi).
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nicksalius · 4 months
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Sulla Tecnica Vipassana - S. N. Goenka
La tecnica vipassana è un metodo di meditazione che si basa sull’osservazione di sé stessi, per vedere le cose come sono veramente e liberarsi dalla sofferenza. È una tecnica antica, insegnata dal Buddha più di 2500 anni fa, ma non è legata a nessuna religione o credo. È una tecnica universale, praticabile da tutti, che conduce alla purificazione della mente e alla pace interiore. Per praticare…
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lunamagicablu · 1 year
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Un giorno il Buddha stava attraversando una foresta. Era un afoso giorno d’estate e aveva molta sete; disse ad Ananda, il suo discepolo più vicino: «Ananda, torna indietro. Cinque o sei chilometri fa, abbiamo attraversato un ruscello. Porta un po’ d’acqua, prendi la mia ciotola. Sono molto stanco e assetato». Era invecchiato…
Ananda tornò indietro, ma quando raggiunse il ruscello erano passati alcuni carri che avevano reso fangosa l’acqua. Le foglie morte che giacevano sul fondo erano sulla su.perficie; non era più possibile berla, perché si era intorbidita. Egli tornò a mani vuote e disse: «Dovrai aspettare un po’; andrò più avanti. Ho sentito dire che due, tre chilometri più avanti c’è un grande fiume. Porterò l’acqua da là». Ma il Buddha insisté: «Torna indietro e prendi l’acqua da quel ruscello».
Ananda non riusciva a capire la sua insistenza, ma se il Maestro diceva così, il discepolo doveva eseguire l’ordine. Sebbene vedesse l’assurdità della cosa – camminare ancora per cinque chilometri, nonostante l’acqua non si potesse bere – si mise in cammino. Mentre partiva, il Buddha gli disse: «Non tornare se l’acqua è ancora torbida. In quel caso, siediti sulla riva in silenzio. Non fare nulla, non entrare nel fiume. Siediti sulla riva in silenzio e osserva. Prima o poi l’acqua tornerà limpida, riempirai la ciotola e tornerai indietro».
Ananda andò e il Buddha aveva ragione: l’acqua era quasi pulita, le foglie se n’erano andate, il fango si era depositato; ma poiché non era ancora totalmente limpida, egli si sedette sulla riva a guardare il fiume scorrere. A poco a poco divenne chiaro come un cristallo. Allora tornò indietro danzando: aveva capito l’insistenza del Buddha. In ciò che era successo c’era un messaggio per lui, e l’aveva compreso. Diede l’acqua al Buddha e, ringraziandolo, gli toccò i piedi.
Il Buddha disse: «Che cosa stai facendo? Sono io che dovrei ringraziarti, poiché mi hai portato l’acqua». Ananda rispose: «Adesso posso capire. Prima ero arrabbiato; non l’ho fatto vedere, ma lo ero perché pensavo fosse assurdo tornare indietro. Tuttavia, ora comprendo il messaggio: era davvero ciò di cui avevo bisogno in questo momento. Seduto sulla riva del fiume, ho capito che la stessa cosa accade con la mente. Se salto nel ruscello, lo sporcherò di nuovo. Se salto nella mente, si crea più rumore, cominciano a sorgere nuovi problemi. Seduto in disparte, ho imparato la tecnica.
«Adesso anche con la mente mi siederò in disparte, osservandola in tutti i suoi problemi, la sporcizia, le foglie morte, le ferite, i traumi, i ricordi, i desideri. Imperturbato, starò seduto sulla riva, aspettando il momento in cui tutto sarà limpido.» Accade da sé, perché quando siedi sulla riva della mente, non le dai più energia. Questa è la meditazione autentica. La meditazione è l’arte della trascendenza.
Tratto da: The Dhammapada: The Way of the Buddha, (Osho) vol. 10, cap. 4.
************************
One day the Buddha was walking through a forest. It was a sultry summer day and he was very thirsty; he said to Ananda, his closest disciple, “Ananda, go back. Five or six kilometers ago, we crossed a stream. Bring some water, take my bowl. I am very tired and thirsty.' He had aged…
Ananda turned back, but when he reached the stream some carts had passed and made the water muddy. The dead leaves that lay on the bottom were on the surface; it was no longer possible to drink it, because she was numb. He came back empty-handed and said, “You'll have to wait a while; i will go further. I heard that two, three kilometers ahead there is a big river. I'll bring the water from there." But the Buddha insisted, "Go back and get water from that stream."
Ananda could not understand his insistence, but if the Master said so, the disciple had to carry out the order. Although he saw the absurdity of it - still walking five kilometers, despite the fact that the water could not be drunk - he set out. As he was leaving, the Buddha told him, "Don't come back if the water is still cloudy. In that case, sit on the bank in silence. Do nothing, don't enter the river. Sit on the shore in silence and watch. Sooner or later the water will be clear again, you will fill the bowl and go back».
Ananda went and the Buddha was right: the water was almost clear, the leaves were gone, the mud had settled; but as it was not yet totally clear, he sat down on the bank and watched the river go by. Gradually it became crystal clear. He then he came back dancing: he had understood the Buddha's insistence. There was a message for him in what had happened, and he understood it. He gave water to the Buddha and, thanking him, touched his feet.
The Buddha said, "What are you doing? It is I who should be thanking you, since you brought me water." Ananda replied, “Now I can understand. I was angry before; I didn't show it, but I was because I thought it was absurd to go back. However, I get the message now: it really was what I needed right now. Sitting by the riverside, I realized that the same thing happens with the mind. If he jumps into the stream, he'll dirty it again. If I jump into the mind, more noise is created, new problems start to arise. Sitting on the sidelines, I learned the technique.
«Now even with my mind I will sit on the sidelines, observing her in all his problems, the dirt, the dead leaves, the wounds, the traumas, the memories, the desires. Unperturbed, I will sit on the bank, waiting for the moment when all is clear.” It happens by itself, because when you sit on the bank of the mind, you no longer give it energy. This is authentic meditation. Meditation is the art of transcendence.
Excerpted from: The Dhammapada: The Way of the Buddha, (Osho) vol. 10, ch. 4.
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Meditare non è nemmeno una tecnica, ma
un’arte. Dell’arte quindi ha il rischio, l’improvvisazione,
lo studio e la dimenticanza dello
studio, la dedizione, la leggera e misurata
follia, la precarietà, la vocazione, l’invasione
nella vita quotidiana, la spellatura. Noi conosciamo nei riflessi e nelle bucce, sbucciandoci.
Seguendo una Via bisogna rischiare la
pelle. Se la meditazione non dilaga nella vita
quotidiana, se non sfida quello che chiamiamo
“il mio carattere”, se non comprendiamo
che tutto è meditazione, entrare in casa, uscire
di casa, fare le scale, mettersi, togliersi le
scarpe, cucinare, parlare, mangiare, dormire,
lavorare, fare l’amore, riduciamo la meditazione
a una stampella, una protesi che acquieta
un tantino la nostra vita che resta sempre la
stessa, centrata sull’io.
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Chandra Livia Candiani
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niconote · 2 years
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STRUMENTO VOCE / IMMAGINAZIONE è il titolo e focus del Laboratorio che condurrò   il 18/19/20 novembre a Cesena nella Sala Valdoca e Giardino delle Palme. Sono felice e grata a Teatro Valdoca per l'invito al programma di CANTIERE :: Ciò che ci rende umani :: tutte le info qui. N*
TEATRO VALDOCA :: CANTIERE :: CIO’ CHE CI RENDE UMANI 2022 :: 18/19/20 novembre a Cesena nella Sala Teatro Valdoca e Giardino delle Palme in Via Aldini 26 :: NicoNote aka Nicoletta Magalotti conduce il laboratorio ''Strumento Voce / Immaginazione''
Orario: venerdì 18 e sabato 19 novembre ore 16.00/19.00; domenica 20 novembre ore 10.00/13.00
Rivolto a chiunque sia interessato e interessata alla vocalità.
Questo laboratorio di studio sulla voce condotto da NicoNote, cantante, autrice, performer, vuole suggerire uno studio sulla Voce che si fa strumento insieme all’immaginazione. La Voce come focus di studio, teorico e pratico, sulla sua forza espressiva e soprattutto sull’ascolto necessario a disegnare un gesto vocale, per conoscere il proprio strumento vocale e potenziale immaginale.
La voce come sguardo. Dolce, inesorabile, crudo, che abbraccia il circostante e lo trasforma. NicoNote info e iscrizioni: Il laboratorio è pensato per un numero massimo di 15 persone. Non sono richiesti pre-requisiti per iscriversi ma è richiesta una breve lettera di presentazione da inviare al momento dell’iscrizione. La quota di partecipazione è di 60 €. Ai e alle partecipanti, è richiesto di indossare abiti comodi che permettano il movimento. Iscrizioni e contatti: Teatro Valdoca, tel. 334 6945465 | e-mail: [email protected] www.teatrovaldoca.org
La ricerca vocale di NicoNote alias Nicoletta Magalotti sintetizza molti anni di lavoro sulla VOCE nella pratica musicale e teatrale, nell’ incontro con molti maestri tra i quali per esempio Gabriella Bartolomei, Yoshi Oida, Roy Hart Theatre, Akademia Ruchu, Tiziana Ghiglioni, nello sviluppo di un percorso artistico e didattico personalissimo. Un approccio alla Voce che abbraccia la tecnica vocale a 360° mutuando pratiche e studi sulla vocalità provenienti da diversi mondi musicali, teatrali, performativi fino a pratiche di meditazione sonora. https://linktr.ee/NicoNote
Cantiere | Ciò che ci rende umani 2022 è realizzato da Teatro Valdoca in collaborazione con Comune di Cesena
Immagine: Cyprian Leowitz 'Eclipses luminarium' (1550 circa)
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sophiaepsiche · 2 years
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Un esame di coscienza
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“Che ruolo ha la maturità personale nel cammino spirituale?”
Secondo me non può esserci spiritualità senza un percorso di maturazione e, nelle prime fasi, una genuina maturazione interiore è l’unica ‘pratica’ che abbia senso attuare. Potremmo non considerare questa fase prettamente ‘spirituale’ ma, col senno di poi, se esaminiamo il processo interiore nella sua interezza, dovremo ricrederci. D’altronde ve lo immaginate un saggio immaturo? Non ha senso. La saggezza include la maturità e semmai la trascende. Un ricercatore spirituale onesto, sta solo cercando un insegnamento per maturare più in fretta possibile, per mettersi in questione meglio, per superare i suoi limiti, il suo egoismo e le sue falle prima possibile. D’altro canto, chi inizia un serio percorso di umiltà e auto-critica, senza  essere minimamente attratto dalla ‘spiritualità’, dà involontariamente inizio al percorso spirituale e, con la perseveranza, attira un insegnamento filosofico o spirituale ad hoc per lui, che lo accompagnerà e catalizzerà la sua maturazione.
Quando siete di fronte ad una persona immatura, egoista, che dà tutta la colpa dei suoi guai agli altri, cosa vi viene spontaneo pensare? ...‘Ma un esame di coscienza se lo fa mai???’
Non vi chiedete se pratica pranayama o se recita mantra, se preferisce Lao Tsu o Confucio. Vi  ponete la domanda retorica: perché non esamina la sua coscienza con sincerità ed umiltà? Poiché, essendo più maturi, ci siete già passati e sapete che basterebbe questo a farlo maturare naturalmente. 
Ora, pensarlo riguardo agli altri è facilissimo, mentre farlo personalmente, seriamente, come pratica costante è tutt’altra cosa. E qui veniamo agli insegnamenti del mio amato maestro J.Krishnamurti. Chiunque lo abbia studiato con profondità e abbia applicato i suoi consigli, sa che ciò che suggerisce è praticamente un esame di coscienza perpetuo, che permette una maturazione reale e un reale distacco da dinamiche mentali insensate e distruttive, una vera purificazione mentale. Questo ‘prepara le fondamenta’ senza le quali non si può costruire nulla di spirituale. Nessun’altra pratica o tecnica ha senso senza preparare la base. Come spesso ricordo, K non ce l’aveva con la meditazione e con lo yoga, ce l’aveva con coloro che “meditano per poi ricominciare a fare i birbanti”. Ce l’aveva con chi si costruisce una falsa identificazione ‘spirituale’, senza le basi di maturità che, ricordiamo, sono presenti nello stesso Raja yoga di Patanjali (yama e nyama) ma che vengono ignorate spesso e volentieri. K non faceva che ricominciare dalle basi ogni santa volta, perché sbagliare all’inizio vuol dire deviare il nostro percorso per chissà quanto tempo, danneggiando noi e, purtroppo, a volte, anche gli altri.
Se vogliamo essere tecnici ciò che, nella saggezza popolare, chiamiamo ‘esame di coscienza’ è, in realtà, un esame dei contenuti della coscienza, ossia della mente: pensieri, intenzioni nascoste, emozioni. Come farlo senza cadere nella tentazione di giustificare e condannare è stato sottolineato più volte da K, come anche il fatto che non funziona se lo facciamo solo per dieci minuti al giorno. Dev’essere, per quanto ci è possibile, una costante. Questo naturale modo di maturare è già una meditazione ed è stata consigliata da innumerevoli saggi, incluso il Buddha. È una via sicura, poiché non può che scalfire l’ego che, superando e scartando i  suoi contenuti più distruttivi, comincia a dimagrire e, di conseguenza, a maturare. Se questa introspezione umile viene affiancata alla lettura di saggi insegnamenti, con l’atteggiamento di ponderarli per applicarli a se stessi, la maturazione sarà più veloce. Com’è vero che l’insegnamento spinge a velocizzare la purificazione, così è anche vero che l’introspezione richiama spontaneamente l’insegnamento più adatto a noi. Essere attratti e seguire un maestro che ci fa lavorare duramente a questa purificazione non è un caso, è già segno di maturità.
Facciamo un paragone tra l’intero percorso di maturazione dell’uomo e il ritiro dell’attenzione indicato in ogni insegnamento spirituale introspettivo che si rispetti. Il ritiro dell’attenzione diviene tanto più naturale quanto più genuino è il non attaccamento verso oggetti esterni, ciò vuol dire che la meditazione è tanto naturale ed efficace quanto più siamo effettivamente maturi.
Iniziamo dall’esterno:
1. L’essere più immaturo è condizionato da una serie di concetti errati che prende dall’esterno senza mettere in discussione. Non se ne distacca anzi, li nutre e li difende. Questi concetti errati lo portano a comportarsi in modo egoistico e superficiale, dipendente e incline alle dipendenze. La sua identificazione non includerà solo corpo e mente ma sarà estesa a cose esterne: possedimenti, appartenenze e condizionamenti. Ego fuori dall’ego. Tra le appartenenze può anche esserci l’appartenenza religiosa ma se l’immaturità è grave, non ci sarà neanche inclinazione a seguire gli insegnamenti, se non solo quando serve per salvare le apparenze. La sua morale, se e quando c’è, è dunque eteronoma. La sua attenzione è costantemente fuori e non avviene alcun genuino esame di coscienza. Qui nulla può funzionare, né religione, né filosofia, né psicologia. Egli resiste alle critiche con suscettibilità e risentimento. La sua principale maestra dovrà essere quindi esterna ed esperienziale. Dovrà imparare dalla vita, dalle esperienze e dalle vicissitudini negative. ‘Sbatterà la testa’ finché non avrà i primi bagliori che forse c’è qualcosa che non va in lui, in ciò che crede, nel suo modo di pensare e funzionare, e nelle dipendenze. Comincerà a ritirare l’attenzione, liberandosi dei condizionamenti più esterni e distruttivi.
2. Se continua metterà in discussione tutto, all’esterno. La solitudine può avere un grande ruolo nella fase successiva che porta all’indipendenza emotiva e alla vera libertà di pensiero. Si comincia ad attrarre e ad essere attratti dalla filosofia e dalla saggezza. C’è un ridimensionamento dell’identificazione al solo corpo/mente. Il ritiro vissuto in solitudine è nel corpo. Si diventa più sani, si cominciano a gestire meglio le emozioni e a rispettare la vita. La morale diventa spontanea e autonoma. Non si ha più attaccamento a valori malsani e materiali inculcati dalla società. Il ciclo di dolore auto-indotto, che deriva dalle dipendenze e dalla cocciutaggine del dover ‘sbatterci la testa’ a livello esperienziale, si allenta.
3. Da qui in poi l’attenzione può cominciare a ritirarsi di più: nella mente. Tutte le vie introspettive descrivono, in un modo o in un altro, questi ritiri dell’attenzione. Nel corpo: nel respiro, nel dolore o un vero e proprio scan del corpo. Nella mente: l’’esame di coscienza’ è la meditazione che, se diviene un’abitudine seria e costante, porta alla purificazione di cui abbiamo già parlato. Così ci si libera sempre più da concetti e idee falsate, da attaccamenti e dipendenze più sottili e nascosti. A questo livello si è davvero ‘praticanti’. La saggezza non è più solo un’ispirazione, ma viene vissuta sulla pelle. I benefici sono enormi e sperimentabili da subito, il che  rende più facile trasformare il ritiro dell’attenzione in un modo di vivere. Un altro grande vantaggio di questa meditazione è che si discerne sempre meglio, per conoscenza diretta, la differenza tra il soggetto e gli oggetti mentali, che hanno sempre meno presa su di noi. L’illusione dell’ego comincia a vacillare.
4. Quando il discernimento e il distacco dagli oggetti mentali sono ad un buon livello è possibile e naturale ritirarci in noi, nella coscienza stessa. Il motto popolare ‘esame di coscienza’ non è preciso neanche qui, perché, in realtà, non c’è nulla da esaminare nella coscienza. Ritirarci nella coscienza pura vuol dire solo essere, “conoscere se stessi vuol dire solo essere se stessi” (Bhagavan Ramana Maharshi). La vera spiritualità comincia qui: coscienza è spirito. Questa è la pratica ultima. È il silenzio di cui parlano i grandi saggi, è la vacuità del Buddha, è il samadhi di Patanjali, è l’atma vichara di Bhagavan, il nididhyasana di Shankara. Qui cade la triade: conoscitore, conoscenza, conosciuto. Il silenzio, o la vacuità, è quindi indifferenziato. Se, quando si arriva qui, l’illusione dell’identificazione col corpo/mente (ciò che chiamiamo ego) ha ancora capacità di rispuntare è perché la purificazione non è ancora perfetta. Ossia il nostro non-attaccamento per cose o pensieri esterni non è ancora perfetto. Ma abbiamo il più potente antidoto, ritirarci nell’atma è tutto ciò che serve.
Dopo questa piccola analisi è forse più chiaro che una persona totalmente immatura, scaltra, attaccata alla materia e all’ambizione sebbene non abbia alcuna impossibilità a ritirare la sua attenzione nella coscienza, non ha l’intento e la maturità di farlo. Se ha interessi altrove, lontano da sé, tornerà naturalmente fuori. Se ha attaccamenti e dipendenze fuori, lontano da sé, tornerà lì. Se non è neanche disposto seriamente a farsi un esame di coscienza, come può andare oltre la mente e scoprire lo spirito (la coscienza)? Che senso può avere per lui ‘praticare’ la meditazione? Se la praticherà lo farà con l’intento sbagliato. Se pregherà, pregherà senza resa. Se è attaccato all’esterno, a cose e relazioni, pregherà o mediterà per acquisire cose o relazioni. Non ha senso, non è meditazione, è solo chiamata ‘meditazione’. Non ci sono impedimenti effettivi, sia chiaro, solo immaturità. L’ostacolo è la mancanza di discernimento e di maturità.
Anche se è vero che, a livello assoluto, siamo già liberi, se non lo scopriamo a cosa serve? Anche se è vero che l’ego è solo un’identificazione erronea e non è un’entità e che non esiste né se lo sapete, né se non lo sapete, ricordate che solo saperlo bene e saperlo sempre, con ‘saggezza ferma’, comporta la liberazione dal dolore impartito a sé e agli altri.
Ora veniamo a chiarire l’importanza della mappa prima esposta e come usarla. Se incappate in chi non consiglia l’esame di coscienza di cui abbiamo parlato, sicuramente siete di fronte a qualcuno che non ne ha avuto bisogno. Se una persona a vent’anni si trova con un santo, sotto a una montagna sacra, che gli insegna l’atma vichara e riesce a praticarla, non ha bisogno del ritiro nella mente, come pratica. Gli capiterà, ma per lui sarà una caduta indietro. Non la considera una pratica perché non ne ha mai avuto bisogno nella sua vita e lo distoglierebbe dalla pratica al suo livello. Vogliamo fargli vedere che combinavamo noi a vent’anni? Meglio di no. Il punto è che tutto dipende dalla propria maturità. Non è questione di tecnica. Se non c’è maturità i contenuti mentali riappariranno, qualsiasi sia la pratica attuata. Se siete perdutamente innamorati nessuna tecnica funzionerà, perché c’è un attaccamento, un interesse altrove. Fate fare all’attenzione, esponete quell’attaccamento alla luce della consapevolezza, poiché la nostra maturazione dipende dalla consapevolezza che ricade sugli attaccamenti e porta discernimento. 
Se capite bene la mappa del conosci te stesso non vi perderete tra le dispute altrui sulle varie tecniche e i vari insegnamenti. Hanno ragione tutti, ma solo uno è il consiglio per voi, gli altri non sono per voi!!! Non procedete al contrario, piuttosto conoscete voi stessi e il consiglio adatto e necessario in quel momento arriverà puntuale. Le mappe servono proprio a darci indipendenza e a farci capire dove siamo e dove dirigerci, devono essere usate a questo scopo. 
La regola generale per maturare e, infine, per trascendere anche la maturità è semplicissima: ovunque sia la vostra attenzione, cominciate a ritirarla e perseverate. Poi introiettatela di più e perseverate. Fino ad arrivare dove non potete fare più nulla, nel silenzio. 
Restate lì. Tutti i vostri dubbi si scioglieranno lì.
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patti-campani · 21 days
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Patti Campani Testo di presentazione a Luca Dimartino Vintage age "Il moltiplicarsi all'infinito delle fotografie che colgono solo il fuori della vita può contribuire alla fine del mondo. Ma alcuni fotografi, grandi in questo, cercano di salvarlo".  Poesia e fotografia – Yves Bonnefoy
La bellezza dell’arte e del paesaggio è patrimonio comune, ma in questo contemporaneo che la ignora e la priva di senso, la distrugge come un vandalo terribile e ce la rende in un fluire di immagini irrimediabilmente superficiale e continuo di allettanti mete per le vacanze, è ancora possibile percepire  il senso della sua presenza, del suo essere splendida, della sua singolarità? Per preservarla è necessario uno sguardo che sappia non solo coglierla, ma anche e soprattutto divenire dispiegamento del visibile. Bonnefoy suggerisce  che “il fotografo come i veri poeti, percepisce nelle cose ciò che oltrepassa il loro senso mondano” e ancora “Come il poeta, solo il fotografo è colui che accoglie e custodisce la presenza, dialogando con il tempo e lo spazio, presentificando anche il nulla, allontanando l'orrore attraverso lo sguardo meravigliato del primo giorno, strappando al non senso un frammento di senso.” La fotografia può mostrare il lampo della presenza nella distruzione che la modernità ha perseguito e lo sguardo poetico sulle cose dell’arte, del paesaggio, di noi stessi, è una forma di custodia attiva, una custodia che permette di sentirsi parte di un mondo che anziché distruggerle, le moltiplica. Luca Dimartino, artista e poeta, ricerca da sempre questa prossimità alle cose, in un rapporto poetico che lo conduce al loro mostrarsi essenziale e quindi denso di esistenza. Ne accoglie la presenza, ne percepisce l’istante,  le pensa e le rende a noi con gesto artistico. In alcuni precedenti progetti che abbiamo realizzato insieme (Luca Dimartino, personale a Walk about, Post Cards, collettiva a Fiorile+De Diseno)  le immagini fotografiche erano strettamente fuse alla parola, brevi versi che ne definivano la durata  termine inteso qui - sui magnifici versi  di P. Handke in Canto alla durata -  come il momento in cui ci si pone  in ascolto, mutando il momento in meditazione e restituendo l’immagine in una nuova apparenza: libera da ogni simbolizzazione e allo stesso tempo non ridotta alla lettera. Così pure per il ciclo dedicato al Teatro (presentato per Accrochage, collettiva) nel quale il gesto degli attori era di fatto il fluire stesso della durata. In  Vintage age   Luca Dimartino accompagna una preziosità altra e realizza una serie di scatti dedicati all’arte e al paesaggio della sua terra: emulsioni dipinte su carta da incisione Rosaspina.  Una tecnica antica quella dell’ emulsione, lenta, che si appropria di visibilità ad ogni singolo passaggio per arrivare ad essere un unico irripetibile pezzo.  Riporto le parole, che lo stesso Dimartino mi ha inviato: - Le emulsioni sono una tecnica che, se usata come faccio io stesa su carta da incisione Rosaspina, cerca di ritrovare la texture delle Albumine di fine ottocento (…) io le utilizzo perche come le albumine mi riportano ad una sorta di prima Impronta (...) cioè ripercorrendo tutti i procedimenti per emulsionare la carta, per stendere col pennello l'emulsione alla luce rossa, lasciarla asciugare e poi stampare (...) ripercorro, dicevo, le fasi iniziali della stampa; perciò produco immagini uniche, irripetibili. Poi una cosa importante del testo (cioè l'emulsione è come la pagina di un romanzo) è che, sotto la cadenza del  japonisme, viene dipinto a mano,  acquerellato. Queste sono da sempre le sue funzioni nel mio lavoro; le  immagini agresti, le architetture (che simulano i viaggiatori del Grand Tour, le vedute e i particolari) e le marine (…) riportare la fotografia da dove i  fotografi dell800 l'avevano lasciata (...). -
In Vintage age  la parola è sostituita dalla lentezza preziosa della tecnica di stampa, per ricondurre il qui ad essere un luogo dotato di valore, nella consapevolezza che questo  luogo fissato nell’immagine ha rifrazioni infinite, resta dentro di noi ed ha il ritmo della durata. Vintage age ci rende la presenza di una parte di ciò che ci circonda, la sottolinea e ne esalta la presenza e singolarità e lo sguardo poetico di Luca Dimartino ci riporta questa presenza, fino ad un istante prima immersa ancora nel buio della disattenzione, situandola in un nuovo significato, in una nuova sorprendente luce.
Patti Campani
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bergamorisvegliata · 1 month
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PILLOLE DI NORDIC WALKING RITMICO MEDITATIVO®
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«Che cosa sento?»
Questa è una domanda che dovete farvi spesso perché ciò che sentiamo è ciò che siamo.
E questo lo dice il corpo, non la mente.
Alexander Lowen
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Il pensare non ti fa SAPERE,
ti fa solo credere.
A farti SAPERE è solo il SENTIRE
Catiok
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Domenica mattina 14 aprile, ci siamo CONCENTRATI.
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Portare l' ATTENZIONE in tutto ciò che facciamo cambia la QUALITA' DELLA NOSTRA VITA, cambia anche la qualità del NOSTRO ALLENAMENTO. Portare l' attenzione nel corpo attraverso il RESPIRO, diventare CONSAPEVOLI DEL NOSTRO RESPIRO ATTRAVERSO I NOSTRI MOVIMENTI percependo il corpo come un' orchestra, ogni muscolo è uno strumento che sintonizzato alla frequenza della consapevolezza suona in modo armonico con il resto degli strumenti creando ARMONICI. Questo avviene senza utilizzare la nostra MENTE, che è meravigliosa, ma è al nostro servizio. VIVERE MEDITANDO OVVERO VIVERE NELL' ETERNO PRESENTE è una condizione che nasce dal corpo.
Così come cammino nel NORDIC cammino nella VITA.
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osserva il tuo CORPO, attraverso la concentrazione e il Respiro Consapevole e otterrai ogni volta una maggiore padronanza della tecnica del NORDIC.
Nel nostro Corpo, nelle sue pieghe, sono raccolte tutte le memorie della nostra ESISTENZA ...
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Con OROBIE NORDIC WALKING ci si allena tutti i giorni, per tutti i gusti, ti accogliamo a braccia aperte!
Il prossimo Allenamento MEDITATIVO sarà domenica 12 maggio.
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Tutti gli appuntamenti nel nostro TEAM BERGAMASCO & ALTOMILANESE:
OROBIENORDICWALKING:
WAYS: IL MONDO ITALIANO NORDIC WALKING:
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Paola, fedele a me stessa
Istruttore di Nordic Walking specializzata nel Ritmico e nella Disabilità, Creatrice del metodo Meditare attraverso il Nordic Walking Ritmico®, Esperta in Terapie Vibratorazionali Sonore con le Campane di Cristallo di Quarzo Ialino, Insegnante di Meditazione. Insegnante di Usui Holy Fire & Karuna Reiki, Terapeuta Reiki per Umani ed Animali, Membro dell’ Associazione Canadese del Reiki e del Centro Internazionale di Formazione Reiki Medicine negli Stati Uniti, Cristallo Terapeuta formazione Crystal Academy alle Isole Hawaii. Life and Mental Coach. Esperta in Tecniche di Rilascio Emozionale in Acqua. Esperta in Tecniche Bioenergetiche Quantistiche, formazione Dottor Francesco Oliviero
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amedeosbardellotto · 2 months
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Scopri i benefici della respirazione diaframmatica!
La Respirazione Diaframmatica è una respirazione che coinvolge il diaframma e le tecniche aiutano a concentrarsi sul muscolo della pancia. Inoltre, questi ti permettono di aprire i polmoni e possono anche aiutare il tuo corpo a respirare più correttamente.
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L'uso di queste tecniche di respirazione offre molti benefici che possono influenzare l'intero corpo. Troverai anche i suoi usi alla base della meditazione e del rilassamento quando vedrai i Stress Sintomi nei tuoi. Queste tecniche consentono di regolare la pressione sanguigna abbassandola e i processi corporei critici.
È necessario conoscere il processo di questa tecnica, come viene eseguita e anche i benefici che ne otterrai.
Procedura di base della respirazione diaframmatica
Basta sedersi e rilassarsi sulla superficie piana
Cerca di rilassare le spalle e di spostarle verso il basso, lontano dalle orecchie
Metti una mano sul petto e l'altra sullo stomaco
Ora senza spingere con forza il respiro attraverso il naso fino a quando non puoi più respirare
Durante la Respirazione Diaframmatica senti l'aria che si muove attraverso le narici nell'addome ed espande lo stomaco con i lati della vita. Fai attenzione che il tuo petto rimanga relativamente fermo
Stringi le labbra come se stessi sorseggiando con una cannuccia ed espira lentamente attraverso le labbra per 4 secondi e senti anche il tuo stomaco contrarsi delicatamente.
Puoi ripetere questi passaggi più volte per sentirti più rilassato e ottenere i migliori risultati.
Benefici della respirazione diaframmatica
Ci sono diversi benefici che puoi ottenere quando esegui queste tecniche di respirazione. Ogni volta che vedi Stress Sintomi, puoi anche iniziare con questo per sentirti più rilassato.
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Aiuta a ridurre gli effetti dannosi dello stress sul corpo e ti aiuta a rilassarti.
Gestisce i sintomi del disturbo da stress post-traumatico (PTSD)
Aiuta ad abbassare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna
Rendere gli esercizi di forza più efficaci migliorando la stabilità dei muscoli centrali
Migliora la capacità del corpo di tollerare l'esercizio
Condizioni in cui la Respirazione Diaframmatica è utile
Stress e ansia
Aiuta a ridurre lo stress e a lavorare in modo efficace se ti senti stressato o ansioso. Se ti senti stressato, mantiene il controllo del tuo sistema immunitario affinché funzioni a pieno regime. Questo può renderti più suscettibile a numerose condizioni.
Se soffri di stress cronico da molto tempo o provi ansia o depressione. Eseguire regolarmente esercizi di respirazione ti aiuterà a ridurre gli effetti dello stress.
Asma
Se soffri di asma, i tuoi polmoni possono perdere elasticità nel tempo, quindi se esegui la Respirazione Diaframmatica a sarà più vantaggioso. L’esercizio di respirazione aiuta anche il diaframma a svolgere il suo lavoro, migliorando la capacità del corpo di scambiare aria attraverso i polmoni. Se continui a fare esercizi di respirazione regolarmente, aiuta a migliorare la funzione polmonare.
Parole finali!
Ci sono molti benefici che otterrai facendo regolarmente gli esercizi di respirazione. Inoltre, se ti connetti con noi, conoscerai i sintomi e altri fattori di Fitactive Pavia e altri problemi di salute. Vieni da noi e ottieni i dettagli completi.
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maurobroccalifecoach · 2 months
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La psicologia della motivazione: come mantenere la motivazione e raggiungere i tuoi obiettivi
La motivazione è una forza poderosa che ci spinge a raggiungere i nostri obiettivi e a superare le sfide della vita.
Ma come mantenere la motivazione e raggiungere i nostri obiettivi?
In questo articolo, Mauro Brocca Life Mental Coach esplora alcune tecniche e strategie della psicologia della motivazione per aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi e mantenere la motivazione.
1. Obiettivi chiari e specifici
Per mantenere la motivazione, è fondamentale settare obiettivi chiari e specifici.
Gli obiettivi dovrebbero essere sfidanti ma raggiungibili, e dovrebbero essere suddivisi in passaggi più piccoli e gestibili.
Questo ti aiuterà a mantenere la motivazione e a evitare la frustrazione.
2. Crea un piano d'azione
Dopo aver stabilito i tuoi obiettivi, crea un piano d'azione per raggiungerli. Il piano dovrebbe includere passaggi specifici che puoi intraprendere per raggiungere il tuo obiettivo.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è quello di perdere peso, il tuo piano dovrebbe includere una dieta e un programma di esercizi fisici.
3. Crea un programma di rinforzo positivo
Il rinforzo positivo è una tecnica efficace per mantenere la motivazione.
Consiste nell'utilizzo di rinforzi positivi, come ad esempio premi, lodi o ricompense, per motivare il comportamento desiderato.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è quello di leggere di più, puoi promettere a te stesso un bella ricompensa una volta letto un certo numero di libri.
4. Evita la procrastinazione
La procrastinazione è un nemico della motivazione.
Per evitarla, suddivide il tuo lavoro in piccole sessioni più gestibili e fai una lista di priorità. Inoltre, evita le distrazioni, come i social media o la televisione, mentre lavori.
5. Fai un'analisi SWOT
L'analisi SWOT (forza, debolezza, opportunità, minaccia) è una tecnica utile per identificare i tuoi punti di forza e debolezza, nonché le opportunità e le minacce esterne.
Questa analisi ti aiuterà a comprendere meglio te stesso e a identificare i passaggi necessari per raggiungere i tuoi obiettivi.
6. Crea un'atmosfera positiva
L'atmosfera in cui ti trovi può avere un impatto significativo sulla tua motivazione.
Crea un'atmosfera positiva attorno a te, circondandoti di persone positive e di sostegno. Inoltre, utilizza la musica, le parole o le immagini che ti motivano e ti danno energia.
7. Fai esercizi di mindfulness
Gli esercizi di mindfulness ti aiutano a mantenere la concentrazione e a evitare la distrazione.
Questi esercizi possono includere la meditazione, la respirazione profonda o l'osservazione della tua respirazione.
8. Crea un sistema di responsabilità
Il sistema di responsabilità è un modo efficace per mantenere la motivazione.
Trova qualcuno che ti supporti e ti motivi a raggiungere i tuoi obiettivi.
Potresti anche utilizzare applicazioni o siti web che ti aiutano a tenere traccia del tuo progresso e a ricevere feedback.
9. Fai una lista di gratitudine
La gratitudine è un'emozione potente che può aiutarti a mantenere la motivazione.
Fai una lista di tutte le cose per cui sei grato e consultala spesso per rimanere motivato.
10. Riconoscere e premiare te stesso
Infine, ricorda di riconoscere e premiare te stesso per i tuoi successi, anche se sono piccoli. Questo ti aiuterà a mantenere la motivazione e a continuare a lavorare sodo per raggiungere i tuoi obiettivi.
La psicologia della motivazione è un'arma poderosa per raggiungere i tuoi obiettivi e mantenere la motivazione.
Con questi consigli e strategie, potrai mantenere la motivazione e raggiungere i tuoi obiettivi, sia nel lavoro che nella vita personale.
Ricorda di essere paziente e di perseverare, perché la motivazione è un processo continuo che richiede tempo e sforzo.
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creativemorningstrn · 6 months
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CLAUDIO MICALIZZI on Pain
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Claudio Micalizzi è professionista e insegnante di shiatsu con riconoscimento della FISIEO, iscritto al registro operatori e insegnanti. È direttore didattico della Scuola AnMa e ha una vasta formazione professionale che spazia dalla medicina tradizionale cinese al Tui-Na, dal metodo Trager alle tecniche di presenza corporea sensibile. Uno dei suoi contributi più significativi è l'ideazione della tecnica di shiatsu sul lettino chiamata "MaKeShi"®, che rappresenta l'evoluzione dello studio e della ricerca continua sullo "Shiatsu-Spontaneo" e sulla manualità intuitiva. Le sue altre attività e interessi includono la psicomotricità espressionale del professor M. Marteau, il massaggio sonoro con le campane tibetane di Albert Rabestain, la ricerca costante sul lavoro corporeo, espressivo e spontaneo, la pratica della meditazione naturale come ricerca personale di una spiritualità nel quotidiano. La sua variegata formazione e la sua costante e curiosa attenzione nel campo del benessere e della spiritualità sono i pilastri su cui si basa il suo lavoro e la sua pratica.
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