Tumgik
#una bambina sbagliata
catsloverword · 4 months
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Ho bisogno di mollare i freni.
Un po' come quando ero bambina e ne combinavo una più del diavolo 😈 Mi sentivo sbagliata, per questo. Ero incontenibile (lo so, adesso non si direbbe😜), la ribelle, il "bastian contrario", la pecora nera del gregge. Eppure non mi son mai voluta uniformare, rimettere al volere altrui e per fortuna!! Ho sempre fatto ciò che volevo e l'ho sempre scelto, anche se, spesso, non priva di condizionamenti. Perché io davvero avrei voluto essere accettata così e non cambiata, a loro dire, in meglio, in più convenzionale, in più socialmente concepibile. Poi le incombenze, i doveri, per necessità ti uniformi e ti avvicini agli standard richiesti, ma piano, piano ti allontani da te stessa. La bambina che hai dentro smette di urlare, la azzittisci e finisci anche per dimenticartene per un po'... Fino a che, lenta, lenta, goccia a goccia, lei si alza, si specchia, si trova cresciuta e allora si veste a nuovo e comincia a danzare. Non urla, non più, ma sa farsi sentire, sa farsi amare e altro non resta da fare che tornare con lei a ballare sotto la pioggia.
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belladecasa · 3 months
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Ancora la letteratura mi accompagna come quando ero bambina e vivevo in mezzo alle galline ma aprivo i pochi libri che mi capitavano per le mani, comprati a volte per caso nell’edicola del paese, e le galline diventavano elfi streghe draghi fate e poi persone vere sempre più simili a me finché arrivai a quindici anni a leggere Tenera è la notte di Fitzgerald, a leggere che questa è la parte più bella di tutta la letteratura: che i tuoi desideri sono desideri universali, che non sei solo o isolato da nessuno, tu appartieni. E allora scoprii che nonostante l’apparente difformità emotiva e psichica da chiunque mi circondasse esisteva qualcuno che magari non mi circondava anzi distava chilometri mari e monti da me ma esisteva; sapere che qualcuno esisteva, qualcuno che si sentiva come me e che sapeva spiegare e spiegarmi come mi sentivo, meglio di come io avrei mai potuto, esisteva, significava scoprire che qualsiasi cosa mi sarebbe successa nella vita avrei sempre saputo dove trovare conforto. Allora in questi giorni lugubri in cui sono sola come (quasi) mai prima e non vedo più niente se non l’idea carezzevole di farmi a pezzi le vene e entro e esco dallo studio del mio psichiatra e mi sento dire: il litio agisce anche nel ridurre le ideazioni suicidarie, in questi giorni lugubri stringo il mio romanzo e sguscio fuori dal mio pseudo posto di lavoro e magari leggo solo due tre pagine di Vitaliano Trevisan e ancora una volta ci trovo la mia vita, questo atrofico e ipertrofico momento della mia vita, insignificante, ma fondamentale:
Lei soffre di quella particolare forma di psicosi maniaco-depressiva cosiddetta bipolare, così lo psichiatra. […] Psicosi maniaco-depressiva bipolare. Piú meno alto basso cima abisso altezza profondità velocità lentezza attività inerzia sonno veglia avanti indietro parlo non parlo ti voglio non ti voglio piú scrivo non scrivo leggo non leggo corro resto fermo mi siedo sto in piedi mi stendo sto in piedi, posso fare tutto, non posso fare nulla, potrei avere tutto, non ho nulla, per giorni non ti dico niente, per giorni ti parlo in continuazione, non so proprio dove andare, ogni posto mi sembra peggiore del posto dove mi trovo che mi sembra il peggiore di tutti i posti possibili, ci sono decine centinaia migliaia centinaia di migliaia milioni di posti dove potrei andare e uno alla volta andrò in tutti questi posti da dove mi trovo che è il posto migliore di tutti essendo il posto dove mi trovo, non c'è piú nemmeno una parola che io possa usare e vorrei dire tante di quelle cose ma non ho nemmeno una parola perché tutte le parole sono usate strausate consumate e finite e morte e non posso dire tutto quello che vorrei dire, ogni parola mi sembra cosí nuova e piena e straripante e giusta quando è quella giusta e dunque sbagliata quando è quella sbagliata […] vorrei tanto dormire ma non riesco a dormire, questa è la verità, pensavo. Se riuscissi a tranquillizzarmi sicuramente riuscirei ad addormentarmi, e se riuscissi ad addormentarmi e a farmi un bel sonno, un sonno di qualche ora, un sonno tranquillo che mi rilassasse e dal quale riuscissi poi a svegliarmi riposato, allora forse, al risveglio, potrei riconsiderare tutto con calma e capirci finalmente qualcosa. Non come quei sonni che faccio ultimamente, che non servono a niente e dai quali mi sveglio sempre in preda all'ansia e stanco come se non avessi dormito. No, un sonno cosí non mi servirebbe a nulla, mi ritroverei piú ingarbugliato di prima. Un sonno che mi cullasse, che mi tranquillizzasse, che mi facesse dondolare con dolcezza, che mi parlasse piano, che mi cantasse qualche canzone a voce bassa, un sonno cosí mi ci vorrebbe.
Un sonno così purtroppo non è un sonno ma è una persona. Io come Vitaliano fumo Marlboro pacchetto morbido, porto spesso libri nelle tasche delle giacche, mi disinteresso delle biografie, trovo assurda l’idea di condividere la propria vita con qualcuno, se mi ricovereranno e la farò finita ancora non lo so
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Tutti che mi chiedono ossessivamente cosa voglio fare, come occupo il mio tempo, cosa desidero
Ecco io in realtà non lo so cosa voglio fare, mi sento completamente incapace di decidere quale sia la mia strada, ho il terrore di sbagliare, di non essere in grado di fare cose che si danno per scontato che tutti sappiano fare come dare il resto, portare un piatto appena uscito dalla cucina di un ristorante, saper interloquire con il cliente... E se poi sbaglio? Mamma mi risponde «Buttati, tanto cos'hai da perdere?» Ma il mondo del lavoro prevede responsabilità e conseguenze, o almeno così ho studiato e questo mi spaventa, pertanto appena sento mia mamma parlare di concorsi e quindi di eventuali posti in ambienti dove la responsabilità del proprio operato è un masso in bilico sopra la propria testa per tutto il tempo pronto a crollarti addosso al primo errore, beh storcio il naso.
Poi mi vedo messa in continuazione in paragone con altri, banalmente «Hai visto come è brava quella commessa nel suo lavoro, ecco così bisogna essere, svelti!» oppure «Hai sentito sta facendo la magistrale, studia lingue, si è laureata con il massimo dei voti, ha preso 30 e lode a quell'esame» Istintivamente rispondo con: «Cosa vorresti dire scusa?» Cioè mi sento in continuazione con il dito puntato contro, tutti in attesa di vedere quale sarà il mio passo, tutti in attesa di dire la propria su qualsiasi passo farò, nessuno che consideri come un primo passo il fatto che sto realmente scrivendo un libro, che ho sogni piccoli ma per me giganteschi legati a quel libro, che in quel libro ci sto mettendo tutta me stessa in tutti i sensi perché in quel libro è raccontata la versione di me che sogno e immagino da quando ero bambina, ma c'è anche la me di ora che non sa davvero cosa vuole, che non sa decidere e che prende decisioni sempre o spinta da ciò che la famiglia pensa sia giusto per lei o che comunque trovano il sostegno nella famiglia, un "va bene te lo concedo", quindi niente che li possa deludere, niente che possa essere effettivamente ciò che vuole ma ritenuto dalla famiglia un non-lavoro o un lavoro non serio, non importante, non dignitoso, non ai loro standard.
Nessuno che si renda davvero conto di quanto tutto questo sentirmi bloccata mi faccia male, ai loro occhi sono solo una scansafatiche che sta rimandando sempre più in là quella decisione che sia iniziare la scuola guida, che sia iniziare un lavoro e dopo che aspetteranno che mi accaso con un ragazzo, che metto su famiglia e che altro?! Ma scusate è la mia vita o è solamente un copione già scritto da dover seguire alla lettera e nei tempi stabiliti dalla società, dalla famiglia, dal pensiero degli altri?! «Se resti in casa come le incontri le persone? Mica ti vengono a bussare alla porta!» Eppure quando esco di casa non mi pare ci sia la fila di gente che mi voglia conoscere eh anzi mi ignorano tutti nonostante io sia quella che sorride agli sconosciuti per regalare un piccolo raggio di gioia nelle loro giornate, in tutta risposta mi ritrovo sguardi infastiditi e perfino disgustati... Sono io sbagliata per questa società e questa epoca in cui se si è buoni e gentili si viene solo sfruttati, ghostati, insomma te la prendi nel culo sempre. Io quella che sorride fuori ed è un fiume di lacrime dentro che spesso fuoriescono ma chissà come mai quasi sempre di nascosto nel buio della mia cameretta, lontano dallo sguardo di tutti, tanto chi conosce o ormai conosceva davvero i miei crolli li considerava appunto crolli, semplicemente un momento continuo in cui bum essere fragili, piagnucoloni, fare i capricci e cercare attenzioni, abbracci e affetto... Eppure io non recito, quelle lacrime che scendono lungo le mie guance solo io so davvero quanto bruciano e quante ne reprimo. Solo io conosco quella sensazione che non mi abbandona mai e che al massimo resta nello sfondo qualche volta di quel vuoto nel petto, conosco il punto preciso in cui sento quel vuoto è proprio al centro del petto, è una voragine interiore circondata da tutte quelle ferite interiori mai davvero totalmente cicatrizzate: delusioni, bugie, doppiogiochisti, approfittatori, paure, quella parolina che urla dentro senza sosta "non abbastanza", mancanze, promesse infrante, "per sempre" diventati addii, rimpianti e rimorsi. In una parola dolore. Un vuoto circondato da dolore, eppure sorrido, eppure regalo affetto a destra e a manca, eppure ingenuamente continuo a mantenere viva una speranza, eppure cerco di vedere sempre il buono in ogni cosa, eppure eppure sono viva e respiro la vita, tocco la vita, sento la vita attraverso la musica, guardo la vita attraverso un cielo dipinto di azzurro o nelle stelle che brillano e mi ricordano che non sono sola anche se mi ci sento tanto, anche se proprio quelle stelle mi ricordano persone che sono diventate mancanze. Guardo la vita nella natura anche nella frenesia della città e di una società in cui tutto è scandito, in cui sembra proprio di seguire un copione e giammai fermarsi per beh banalmente vivere per davvero.
Quindi ritornando alle domande iniziali manca da rispondere all'ultima: cosa desidero? Io in realtà l'unica cosa che desidero è riuscire a sentire di meno questo vuoto interiore invece che ritrovarmi ad alimentarlo in continuazione, non voglio diventare il mio demone interiore ma non voglio lottare tutto il tempo, io desidero vivere per davvero e non limitarmi a sopravvivere... Ma ahimè non esistono manuali o istruzioni su come si vive, come affrontare la vita senza distruggersi.
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notenough57 · 11 months
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Fingere. Fingere continuamente. Che sei guarita e non hai più bisogno di queste cose. Non hai più bisogno di ferirti per stare meglio. E invece non è così. Magari stai bene un anno, magari anche tre. E poi torna quella cosa che ti scatena il casino in testa, che ti fa sentire impotente. Che l'unica soluzione per sopportare quel dolore interno che ti divora e che fa marcire i tuoi organi, è farsi del male. E fingere che sei andata avanti. Tu non ci pensi nemmeno più a queste cose.
Vai in bagno, prendi la lametta o un altro oggetto e te le suoni, di santa ragione. Quasi ti piace il dolore. E il segno che ti lasci ti dà soddisfazione. Pensi "sono stata brava". Ti sei finalmente calmata. Ed è in quel momento che arriva la vergogna. E cerchi quasi di mentire a te stessa. Ti copri anche per te. Non è successo nulla. Non hai fatto niente di male. Ed esci, fingi con le persone che ti sono intorno. La maggior parte neanche se ne accorge. E ti sembra tutto tornare alla normalità. Il casino che avevi si è placato e senti solo un ronzio.
Ma in realtà non se n'è andato, è solo dormiente. Attende solo la prossima occasione per uscire. E lo sai bene, anche se ti ripeti "è stata l'ultima volta". Lo sai che non è vero.
Come si fa a scappare da se stessi?
Vorresti parlarne ma chi capirebbe una cosa del genere? Chi non ti prenderebbe per pazza? Nessuno capisce il sollievo. Nessuno capisce che non è un capriccio. Nessuno ti prenderà mai sul serio. Con questa consapevolezza ti senti ancora più sbagliata e sola. Sei pazza. Le botte te le meriti. Ti meriti ogni singola ferita. Non vali nulla.
Poi pensi alla te bambina, quanto ha sofferto. E pensi che non se lo merita altro dolore. Che meritava qualcuno che la proteggesse e le volesse bene. Nessuno c'è stato per lei. E ora si sta autodistruggendo. Ti senti ancora più in colpa perché vorresti proteggerla quella bambina, che è ancora dentro di te da qualche parte.
Vorresti dirle "Ti proteggo io, non sei sola". Vorresti poter fare ciò che non hai potuto da piccola. Ma non puoi, ormai è troppo tardi. E siete tutte e due bloccate in corpo che odiate, che vi ha portato dolore. State soffocando entrambe in un corpo troppo piccolo per potervi contenere insieme. E il dolore fisico è l'unica boccata d'aria che avete.
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È tutto sbagliato. Quando mi alzo la mattina trovo messaggi di una decina di persone diverse, solitamente tutti maschi. Sembra anche una bella cosa detta così ma non lo è, mi ricorda solo che ho una doppia vita. Una è reale e una virtuale. L'attenzione è inevitabile quando ci si associa a certi argomenti, e il parziale anonimato che si ricava online mi permette di trattare di quelli a me cari confidando nel fatto che la possibilità che qualcuno mi riconosca è remota. È remota ma non pari a zero. Finora non è successo, oppure se è successo io non lo so. In ogni caso questo punto di vista non dovrebbe preoccuparmi più di tanto, per ora. 
È strano però che questi due aspetti della mia vita, o queste due vite siano così diversi tra loro. Quasi opposti. L'attenzione e gli apprezzamenti che ricevo online sono inversamente proporzionali a quelli che ricevo irl. Online tanti, irl nessuno.
Si perché forse deriva anche tutto dal fatto che non ho imparato a espormi in un certo modo quando ero adolescente, perché dopo tanti anni di bullismo preferivo coprirmi che scoprirmi, perché sono cresciuta con dei genitori severi, che ancora oggi mi controllano come se fossi una bambina. Però da quando mi sono ritagliata uno spazio per me online in un certo senso sto meglio, e peggio. Si, ci sono dei lati positivi, ma mi spezzano quelli negativi, il confronto con la realtà è impietoso e lascia un vuoto dentro inimmaginabile per chi non sa di cosa parlo. 
Non parliamo di amicizie e basta, parliamo di quanto una persona possa illudersi di essere interessante quando sta online e poi rendersi conto di essere una nullità quando non lo è.
Probabilmente l'apprezzamento di certe cose, di certe foto, video e audio è correlato solo al fatto che ci sono uomini talmente disperati da accontentarsi di tutto senza paura di essere giudicati perché nessuno sa, mentre nella vita reale il giudizio degli altri c'è sempre. 
A volte questo mi fa stare male, non ho le competenze per definirla depressione. Passo giorni a pensare a quanto bisogno di attenzioni io abbia e a quanto facilmente io le ottenga semplicemente postando una foto. Sul momento stai bene, poi l'attenzione scema, e lo rifai. Diventa una dipendenza, è quasi una droga. 
E vedere ogni giorno la differenza che c'è tra com'è la mia vita e quelle delle mie amiche è distruttivo. Forse è la cosa che più mi butta a terra.
È solo la sensazione di essere quella sbagliata 
#t
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kon-igi · 2 years
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Ciao Doc, il post sulle bricchette mi ha triggerata mandandomi in ansia per giorni, non per colpa tua ovviamente, la depressione e la guerra non sono una bella cosa combinate assieme. Ho veramente tanta paura e la società dorata che ci siamo costruiti oggi non sa reggere una guerra come poteva in passato, tant'è vero che al razionamento del gas si reagisce strappandosi i capelli. Poi ho razionalizzato un po' e ho fatto queste considerazioni, non sono purtroppo riuscita ad avere una casa in campagna come la tua, col pollaio e il camino che avrei tanto desiderato e avevo da bambina. Però da tre anni ho finalmente un orto, per lunghi periodi mangio solo le mie verdure, so fare le conserve, raccolgo la frutta spontanea sulle colline qui intorno per le marmellate, riconosco un po' tra erbacce ed erbe commestibili. So fare il pane. Conosco il freddo d'inverno e i riscaldamenti spenti, conosco il risparmio di chi sopravvive con la disoccupazione. Se penso a queste cose il respiro si calma ma la morsa della paura è sempre lì, solo un po'più lenta. Vorrei avere un Kon come vicino di casa per sentirmi meglio preparata all'era nucleare, per adesso posso solo sperare che non inizi mai. Non so dove volevo andare a parare.
Nemmeno io rispondendoti ma non è importante... davvero, non è importante.
Dirti quando e come sono arrivato alla conclusione che ora ti illustrerò è per me molto difficile ma cercherò di spiegarti cosa ho accumulato dentro in questi anni.
Ci preoccupiamo sempre della cosa sbagliata.
Credimi, sento la tua paura e il tuo sconforto perché sono le stesse emozioni che permeano tutte le persone attorno a me ma qualche tempo fa, nel bel mezzo della pandemia covid, una sera ho deciso che sebbene io sentissi quello che gli altri sentivano, io non dovevo provarlo.
Graziarca' mi dirai tu ma in quel specifico contesto io avevo ben presente la differenza tra ciò che era realmente e ciò di cui avevano paura le persone... due cose completamente differenti, che a volte in modo efficace a volte in modo fallimentare ho cercato di spiegare qua su tumblr durante quei lunghi mesi.
E questo vale per qualsiasi grande tragedia che di questi tempi sembra affliggere il genere umano.
Non scambiare il mio divertissement sull'essere preparati all'olocausto pandemico/nucleare/zombie come istruzioni dettagliate per reggere il colpo della tempesta di merda pressurizzata in arrivo.
Da ex-bambino con ADHD (allora si chiamava iperattività e basta) semplicemente mi sono sempre annoiato con le stronzate pallose che gli adulti mi propinavano e allora mi sono dovuto costruire un mondo immaginario alternativo dove fuggire non appena suonava la sveglia e nel quale potermi rifugiare per ripitturare la banalità del quotidiano.
Qualche decina di migliaia di anni fa l'ansia era sempre di breve durata perché serviva ad affinare i tuoi sensi per fuggire dal fulmineo attacco di un predatore ma oggi siamo tutti inseguiti dall'invisibile tigre dai denti a sciabola più lenta del mondo... le bollette, l'assicurazione della macchina, l'esame, le aspettative dei genitori, l'amore non corrisposto, i colleghi del cazzo, il culo grosso e il ticchettìo dell'orologio biologico.
E allora io ti dico FUCK THE ANT, LONG LIVE CICADA!
Esopo è vissuto DUEMILASEICENTO ANNI FA e io trovo stupefacente (nel senso blasfemo del termine) che oggi il valore di un individuo sia ancora misurato sulla sua utilità sociale.
Aldilà delle bricchette di carta, delle conserve in dispensa, delle taniche di acqua e di benzina, io considero la formica una cagacazzo che ha fatto del suo pragmatismo elitario una religione esclusiva e credo che invece la cicala abbia ben compreso l'importanza della bellezza fine a sé.
Forse quando arriverà l'inverno la seconda morirà di fame ma avrà vissuto mentre la prima replicherà se stessa all'infinito nel gesto faticoso della sopravvivenza.
Io non sono ciò che produco.
Io non sono ciò che accumulo.
Io non sono la paura che mi prende nell'attesa dell'ignoto del domani.
Io sono la porta aperta, la mano tesa, la carezza sulla testa di un cane, la gioia della risata, la lacrima condivisa, il sole che mi sgocciola in faccia attraverso le foglie della primavera e la neve silenziosa che mi pizzica il naso.
Io sono diciottomila tramonti tutti diversi tra loro, che mai mi hanno svelato come sarebbe stato strano e vivo l'indomani. E mai io lo avrei voluto sapere.
Io sono come te.
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mancino · 2 months
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C'è ormai poco della persona che ero un tempo... Detto così potrebbe sembrare che io oggi non sono niente e non ho più niente. In realtà è proprio l'opposto. Ho lasciato la mia "Troppa ingenuità" nel passato portandone con me la giusta quantità che mi permette di non essere "Maligna", ma nemmeno stupida. Ho perso quella sensazione di "Fallimento" che spesso mi portavo addosso grazie a coloro che mi facevano sentire sbagliata e oggi tengo stretta la convinzione che non tutti o tutto ciò che "Perdi" è una sconfitta. Ho smesso di credere che essere sinceri equivalga a ricevere altrettanto, ma ho imparato che essere sincero è qualcosa che appartiene a me, per me stessa e non devo aspettarmi nulla di sicuro e certo da chi ho di fronte. Malgrado questo resto la bambina e la donna di sempre... Quella che ha rinforzato le sue basi fatte di valori e ha costruito su di esse una delle "Donne" più complete che puoi avere la fortuna (o sfortuna) d'incontrare.
Silvia Nelli ©
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io-e-la-mia-mente · 4 months
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Mi riesce difficile capire di essere la schiava del Padrone
Premetto che il tema di questo post è imposto come punizione per aver espresso , forse in modo errato , un pensiero che continuo a non cambiare .. Detto ciò , è una punizione ? va bene, chi sono io per dire che è sbagliata o per non eseguire il richiesto ? assolutamente nessuno, sono solo una schiava che zitta deve stare e in silenzio ubbidire .. In questo momento non sto parlando , sono in silenzio e , come mi è stato chiesto sto scrivendo il post della punizione .. Capisco che uno dei doveri di un Padrone sia quello di proteggere la propria schiava su cose che possono in qualche modo crearle disturbo o disagio , sia esso fisico che emozionale , in questo caso sarebbe di tipo emozionale , sicuramente un problema , per come sono fatta io , non di poco conto, e apprezzo tantissimo che il mio Padrone si preoccupi per me , tanto da non volermi dire il giorno preciso in cui lo potrò finalmente rivedere .. Alla mia domanda , quando potrò rivederti ? ( so che avverrà a breve, ma volevo sapere esattamente quando , così da essere pronta , così da fare con calma un pò di spesa, così da avere il tempo di preparare il letto con le lenzuola che non siano copridivani , così da preparare con tutta calma la valigia e non dimenticare nulla , ecc.. , anche se subito molti Master inizieranno con il dire che bisogna sempre essere pronte , e aggiungo, ma finiamola di dire fesserie visto che tutti viviamo non nel mondo delle favole ) , probabilmente troppo pressante , mi è stato detto di non insistere , di ricordarmi che sono una schiava , e la telefonata è terminata con l'arrivo di un messaggio annunciante la punizione .. Come posso scrivere di un argomento di che non ritengo in assoluto veritiero ? come scrivere che mi è difficile capire di essere la schiava del mio adorato Padrone ? Vivo per Lui, è aria che non arriva ai polmoni quando lontano , è come esistere senza esserci veramente .. Posso aver sbagliato il modo , lo posso ammettere , ma non sono più una bambina che ha bisogno di essere protetta da una delusione ( all'inizio potevo piangere come una fontanella , e ancora sicuramente lo farei perchè è un mio modo di somatizzare una notizia che mi procura dolore , una brutta notizia visto che non mi viene data una data di arrivo , ma è per me peggio non sapere , bastava solo il numero di quel giorno) .. sapevo che avrei dovuto prenderlo con le pinze , lo so ancora adesso Padrone , sto imparando ad aspettarti , sto imparando a capire il Tuo lavoro .. Cmq , ripeto , non sono nella posizione di poter o dover pretendere , ma , non trovo giusto non sapere .. Sicuramente questo post non sortirà alcun effetto , sicuramente scrivere non metterà a tacere quello che sto sentendo adesso , sicuramente non sarà contento del contenuto di questo scritto, ma come posso scrivere qualcosa di finto solo per eseguire un ordine ? Non sono fatta così, non ci riesco .. Incorrerò in un'atra punizione , forse più dura di quanto posso immaginare ? probabile che possa accadere , me ne assumo la responsabilità , ma ci tenevo a dire , al mio Padrone , che non mi è assolutamente difficile capire di chi io sia , mi è solo difficile riuscire a stare zitta quando dentro ho delle emozioni che mi stanno divorando da settimane di lontananza e che , in qualche modo , devo riuscire a far uscire e , se non mi è permesso parlare , ci provo scrivendo , e se mi verrà proibito di scriverle cercherò di sognarle .. star lontana da Lui è già una grande punizione
Vivo e respiro per il mio adorato Padrone Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone , Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone ,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone , Vivo e respiro per il mio adorato Padrone, Vivo e respiro per il mio adorato Padrone ,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone,Vivo e respiro per il mio adorato Padrone
schiava-di-ING
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betweenthe-bars · 1 year
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Oggi stavo pensando a tanti piccoli gesti che ho fatto per la persona che amavo, che probabilmente sembrano insignificanti, ma credo siano carini per delle persone attente alle piccole cose.
Pensavo a come non riesco a star ferma sull'uscio di casa ad aspettarlo, perché la priorità è corrergli incontro come una bambina e abbracciarlo ogni singola volta che viene da me.
Pensavo a come non riesco a stare più di 5 minuti senza accarezzarlo, abbracciarlo, o anche solo guardarlo studiare, con gli occhi da innamorata.
Pensavo a tutti i bigliettini che ho scritto, tutti i gesti carini, i dolcetti, i cioccolatini, i libri che ho regalato. Soprattutto quando so che è un momento pieno di ansia, prima di un esame, o dopo una litigata.
Pensavo a quanto riesca ad essere solare e ottimista, a rallegrare le giornate, a dargli fastidio perché poi so che ci metteremo a ridere insieme, alle coccole, ai grattini, ai bacini sul naso e sulla fronte.
Pensavo a come sono disposta ad accorrere se l'altra persona sta male, a stargli accanto nei momenti no, anche solo per abbracciarlo e dirgli che andrà tutto bene. Come quella volta in cui è scoppiato a piangere e sono tornata indietro con la macchina per consolarlo.
Pensavo a quanto sono sensibile, a tutte le lacrime che sono scese perché lo vedevo andar via e non sapevo quando lo avrei rivisto.
Pensavo alle nottate sveglia per aspettare che arrivasse a casa, non è successo neanche una volta che mi addormentassi, perché il pensiero era rivolto a lui.
Mi rendo conto che forse la parte speciale della relazione sono io. Lo dico senza umiltà, è vero. Ma ho visto cosa è successo, ho visto cosa ero disposta a fare io, ma non ho riscontrato la stessa volontà dall'altra parte. Neanche quando avevo davvero bisogno di lui.
So di dare sempre il massimo. So tutto l'amore e la buona fede che ci metto. So quanto i miei occhi siano puntati sempre e solo verso di lui, nonostante le persone cerchino di attaccare bottone con me perennemente. Non mi importa, per me non esisteva nessun altro.
Forse a volte l'amore non basta. Almeno, non il mio. Non per entrambi.
Ho la consapevolezza di non essere sbagliata, di non aver ricercato attenzioni altrui, di essere sempre stata trasparente.
E lo ripeto: sono io la parte speciale in una relazione.
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et3rnauta · 1 year
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La bellezza del monologo di Paola Egonu non cercatela nelle parole, molto semplici, quasi ovvie, e neppure nei concetti espressi, che pure sono condivisibili dal primo all’ultimo.
No, la bellezza del suo discorso cercatela nella sua emozione palpabile, quasi infantile (nel modo più nobile del termine), nei suoi inciampi di voce, nell’impaccio con cui muove quel corpo di 193 centimetri che in campo è esplosione pura ma che sul palco dell’Ariston non sa bene dove tenere.
Cercatela nella donna costretta ad essere forte, vincente, sottoposta a pressioni infinite, che di colpo si riscopre semplicemente quella bambina di 13 anni che lascia i suoi amati genitori per gettarsi in una realtà aliena, spesso e volentieri razzista nei confronti di quella ragazza troppo nera per essere dei “nostri”, troppo alta per essere una donna, e poi troppo forte per non vincere ogni partita da sola e in ogni occasione con quella maglia azzurra che qualcuno considera ancora oggi un gentile omaggio, un prestito con diritto di riscatto.
Paola ieri è tornata a farsi piccola, non come ritirata dalle responsabilità ma per rivendicare il suo sacrosanto diritto a sbagliare (“Ho perso molte più finali di quelle che ho vinto, e questo non fa di me una perdente”) e quello di chiunque altro (“Chi prende un voto basso a scuola e non riesce a realizzare il proprio sogno al primo colpo”), quel diritto alla fragilità che dovrebbe essere inserito in Costituzione.
Si è ricucita addosso quella maglia della Nazionale che qualcuno non sopporta di vederle indossare, ma guai a chiamarli “razzisti”.
Ha provato a descrivere cos’è il razzismo con i bicchieri d’acqua come se lo spiegasse a bambini di otto anni, sopravvalutando decisamente le capacità di comprensione del razzista medio.
Ma ha anche detto che non ha nulla da insegnare alla sua età, ma solo da imparare.
È stato bello vederla semplicemente così, fragile, consapevolmente fragile, senza per questo per una volta sentirsi sbagliata. Nessuno lo è. Non lo ha detto, lo ha mostrato su quel palco, ecco cos’è riuscita a fare ieri Paola Egonu, ecco perché è arrivata e ha toccato tanti, ecco cosa resterà.
L. Tosa
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acciaiochirurgico · 6 months
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porcodio io sono stanca: è da quando sono una bambina che accetto e mi accontento di forme di amore tossiche che mi fanno stare male, che mi accontento in generale stando zitta per evitare di sbottare, di ferire, di esagerare.
e allora si, si: almeno nella fottuta scelta del mio eventuale partner voglio essere esigente, pignola, selettiva, okay?!
perché voi che scopate dopo due appuntamenti con la giustificazione del "eh, ma ormai ci sentivamo da due settimane" a me, fate sinceramente, profondamente, genuinamente schifo. che dopo due uscite ormai state insime e lo chiamate amore dando a me della bigottona.
e come cazzo funziona? voi potete giudicare me perché ho i miei tempi e il mio modo di vivere le frequentazioni ma se io esprimo un opinione diversa divento quella strana, sbagliata e non adatta ad essere amata? solo perché dopo ventiquattro ore che chattiamo non mi ritrovo il tuo cazzo in gola? chiedo, eh.
no, perché io mi sono sinceramente rotta i coglioni di sta generazione di merda, di chi vuole fare tutto di fretta bruciando la magia della cose e fa sentire me inadeguata.
ecco, l'ho detto, buonanotte.
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senzalimitiblog · 8 months
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La verità è che io faccio ancora tanta fatica, sento ancora un peso nel petto che mi allontana dal mondo intero, dalle persone che mi stanno intorno e persino da me stessa. Non so amare, l’amore mi è stato insegnato male, ho sempre amato in modo sbagliato, ho amato persone che mi hanno deluso, ho lottato sempre per avere un briciolo di amore eppure niente di quello che ho fatto è bastato. A volte sto bene da non pensare più a niente, mentre a volte il dolore prende così tanto il sopravvento da farmi allontanare, come se stessi scappando da qualcosa che mi appartiene e, come si sa, questo diventa un loop costante nella vita di qualcuno. Un loop infinito tra bene e male; queste due parole mi hanno accompagnato per 6 anni e, ancora oggi non riesco a liberarmene mai del tutto, tornano sempre e non mi lasciano mai andare. Mi sono sentita troppe volte sbagliata, troppe volte ho lasciato che la mia mente pensasse solo a questo senza mai arrivare a capire che in realtà non sempre è tutto come lo vediamo, non sempre la vita ti porta solo cose brutte, non sempre va tutto male. Ad oggi sono arrivata ad un punto dove sento solo caos, solo una confusione tremenda che mi ha portato via tutto, mi ha portato via la parte di me che amavo di più, la parte spensierata, la parte innamorata della vita e del mondo, i pensieri mi uccidono la mente e il cuore, come se non potessi fare niente, come se non potessi difendermi da me stessa e, probabilmente questa è la cosa brutta che una persona possa sentire. Faccio ancora fatica a fidarmi, a parlare di quello che sento, ad esprimere i miei pensieri nel modo più giusto possibile, faccio fatica a guardare negli occhi qualcuno e non pensare alle sue bugie, faccio ancora fatica ad amare, perché l’amore mi ha causato solo dolore, faccio fatica a calmarmi, a smettere di tremare ogni volta che la mia mente prende il sopravvento. Per stare con me bisogna metterci impegno, io sono un casino, un casino talmente tanto incasinato che è difficile starmi vicino, è difficile riuscire ad amarmi, è difficile accettare la persona che sono diventata, è difficile capirmi, perché sono troppo complicata, io sono troppo e a volte è meglio prendersi la parte più semplice di qualcuno e io, non ho niente di tutto questo. Voglio stare da sola la maggior parte delle volte, altre volte ho bisogno di una spalla, di un appoggio nella mia vita, di qualcuno che mi faccia aprire gli occhi, perché a forza di tenerli chiusi non vedo più il mondo come lo vedevo prima, a volte sono così tanto menefreghista che potrei ferire, ma molto spesso mi importa troppo e finisco per ferirmi da sola. Ho un carattere esageratamente impulsivo, tu tocca ciò che mi appartiene e le persone che amo e vedrai solo la parte peggiore di me; la rabbia. Quella mi ha fatto tanto male, mi ha fatto fare solo cose sbagliate, non sono mai riuscita a mantenere il controllo, le mie emozioni sono l’unica cosa vera che riesco a sentire, che nessuno potrà portarmi via. Ho sempre reagito alle provocazioni, non ho mai ascoltato nessuno, ma sempre solo ciò che sentivo, sbagliando, sbagliando tante volte. C’è stato però un periodo della mia vita dove non sentivo più niente, è stato un periodo breve, mi sentivo presente ma assente allo stesso tempo, avevo gli occhi vuoti, senza luce, sembrava tutto spento, eppure mi è servito anche questo. Mi è servito perché è grazie a tutto quello che ho passato se, a malincuore, oggi sono questa persona. Dico a malincuore perché mi manco, mi manco così tanto che darei qualsiasi cosa per sentirmi ancora una bambina spensierata e solare, ma rifarei tutto dall’inizio alla fine, perché so che succede tutto per un motivo e spero che qualsiasi esso sia, ne valga davvero la pena. Il futuro mi spaventa così tanto che vorrei le giornate non passassero mai, eppure mi appartiene ancora, ma adesso non è il momento, non è il momento di pensare a questo, ho ancora una battaglia da combattere e questa è l’unica cosa da mandare giù. Un giorno mi guarderò di nuovo allo specchio e sorriderò nel modo più sincero possibile, con il cuore.
-senzalimitiblog
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comeilsoletramonta · 1 year
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Credi di sapere chi sei, lo hai sempre saputo, hai cominciato presto a nutrire i tuoi obiettivi e ti sei costruita con cura, un pezzettino per volta. Sei convinta che questo ti terrà al riparo da tutto. E invece, in un pomeriggio di metà agosto, capisci che non stai combattendo i mostri, ma che il tuo mostro ha divorato te.
Rifletto sulle sue parole e mi rendo conto che a portarmi qui, a trattenermi negli anni, è stata quella bambina che credeva di poter esser amata solo facendo la brava, quella che esisteva esclusivamente attraverso l'approvazione degli altri, tormentata dalla folle e inconfessata paura che, se avesse smesso di compiacerli, il loro amore sarebbe scomparso. Quella che non si era mai concessa la possibilità di fare una cosa sbagliata, di correre un rischio, di accettare di sentirsi sola o spaesata. Quella che adesso, d'un tratto, [...] si accorge di aver scalato una montagna che non era la sua.
Matteo Bussola - "Il rosmarino non capisce l'inverno"
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astraeaboann · 1 year
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Sono sempre stata considerata 'emotiva', 'drammatica', 'complicata' ed 'esagerata'. Nonostante mi sforzassi, ero 'pigra', 'disordinata', 'menefreghista'.
Qualunque fosse il motivo o la situazione che mi portava ad avere questo tipo di reazioni, era sempre implicito che la colpa fosse mia, che lo facessi apposta.
Non mancava un giorno in cui mi sentissi incompresa e sola, non mancava un giorno in cui il mondo mi ricordava che le cose che mi infastidivano fino al punto di farmi scoppiare a piangere o urlare, per gli altri non erano altro che piccoli dettagli, come moscerini sul parabrezza.
Questo ha fatto sì che io mi convincessi che ci fosse qualcosa di fondamentalmente sbagliato in me.
Con gli anni ho maturato il bisogno di capire cosa causasse questa sensazione, il desiderio di scoprirmi, di capirmi, di analizzarmi, di trovare l'errore di fabbrica nel mio cervello.
Ho iniziato a scrivere a 12 anni, riversando nel mio diario le mie emozioni, dando voce ai miei pensieri nei romanzi incompiuti e su questa pagina. Ho letto il DSM-5, studiato psicologia dai libri delle mie amiche, visto psicologi e psichiatri, provato diversi farmaci, nessuna soluzione.
Questo malessere che non poteva essere spiegato, che non aveva causa, che sembrava nato con me era sempre li.
Ho iniziato a farmi del male e dal dolore ho iniziato a creare. Per un po' ha funzionato, per un po' e bastato. Ma come tutte le cose, proprio come dicevano tutti, non avevo abbastanza 'forza di volontà, non avevo abbastanza 'voglia di fare', di spingermi, di spronarmi. Quindi non bastava, qualsiasi soluzione era temporanea, perché dopo pochi mesi smettevo. La soluzione non è mai stata mangiare sano, fare esercizio, coltivare i miei interessi.
Sforzarmi di stare bene, seguire i consigli di persone che non avevano un vissuto simile al mio, spingermi oltre i miei limiti, fingere che fosse tutto a posto aveva creato una spaccatura, mi aveva allontanato da me stessa e dagli altri.
Ovunque mi voltassi, qualsiasi cosa facessi rinforzava l'idea che fossi sbagliata, senza speranze e inutile.
In un disperato tentativo di salvarmi, mi sono trasferita all'estero. Ho iniziato a lavorare, a vivere come tutti gli altri, sperando che avere una struttura alle mie giornate potesse aiutarmi, continuando a stare male, ma senza avere tempo di chiedermi come stessi.
Poi il 2020, ho iniziato a studiare stregoneria, astrologia, divinazione, lettura della mano. Forse l'occulto aveva le risposte, forse quell'Altro poteva darmi le risposte che cercavo, e per un certo senso le ho trovate.
Ho iniziato ad indagare più intensamente, facendo shadow work, parlando con la mia bambina interiore, cercando di non litigare con la mia adolescente interiore, rileggendo i miei diari e parlando con i miei genitori e finalmente qualcosa ha iniziato ad averse senso.
La chiave era confrontarsi con gli altri, cercare persone che avessero avuto un'esperienza simile fin dall'infanzia. Riuscire a capire e accettare che non è mai stata colpa mia se il mio cervello funziona diversamente dalla maggior parte delle persone intorno a me.
Ho imparato ad accettare che avrò sempre bisogno di più riposo degli altri, che a volte le mie emozioni sono così forti che mi distruggono dall'interno e ci vogliono giorni per riprendermi. Ho imparato che il mio cervello ha bisogno di regole e strutture, ma allo stesso tempo desidera attività interessanti e coinvolgenti, e va bene così.
Sono convinta che i miei problemi siano causati da disfunzioni neurobiologiche e non da fattori psicologici, da deficit delle funzioni esecutive, da anomalie nel modo in cui il mio cervello risponde alla stimolazione e come utilizza dopamina e serotonina.
Non era disturbo bipolare, distimia, disturbo borderline di personalità, disturbo d'ansia, ma qualcos'altro.
Dicono che non ci si possa autodiagnosticare, ma riuscire a dare un nome al disagio che ho provato da quando ero bambina mi offre conforto.
Credo fermamente che tutto quello che ho vissuto possa essere spiegato da due condizioni e faro tutto ciò che è in mio potere per ottenere una diagnosi e una terapia adeguata.
Auguratemi buona fortuna.
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tso-party · 1 year
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mia madre è un mostro, non è colpa sua, ma sua mostruosità si aggira sinistra per la casa, mentre la fontanella dei gatti continua a zampillare. è tutto un insorgere di nuovi malanni e solitudine curata male con i gatti. sono sua prigioniera, la sua badante, la sua bambina indifesa. non oso sottrarmi ai suoi giochetti. essere sola al mondo mi fa pensare che mentre camminerò per strada cadrò sinuosamente e prima di toccare terra il mio corpo diventerà liquido e una volta sul marciapiede sarò solo un gavettone tirato nella stagione sbagliata. eppure la solitudine è sempre stato il più prezioso regalo ricevuto dalle altre persone. dai miei parenti in particolare modo. tanti anni fa ho pensato più che seriamente di sgozzare uno zio di mia madre e non avrei fatto un torto a nessuno. entrambi i rami marci della mia famiglia hanno la passione per l’incesto, la mafia, la pedofilia, il rapimento, l’omicidio e la violenza di genere. io quando mi guardo allo specchio voglio vedere qualcosa di insolitamente pulito nato da una discarica, voglio essere un neonato che striscia faticosamente tra siringhe bottiglie di birra e lavatrici per poter trovare un posto in cui iniziare a camminare. il disturbo mentale con cui mi hanno marchiata non mi ha mai impedito di fare la scelta giusta e di tenermi lontana dall’incidere crudelmente la carne di altre persone. mia madre voleva nuotare fino alla morte e mi chiamava puttana, io mi truccavo come una drag Queen cieca e piangevo chiamandomi troia da sola, appartata con l’ennesimo ragazzo. ho pagato per tutti i suoi colpevoli ma io voglio solo alzarmi in piedi iniziare a camminare, a qualunque prezzo.
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oretsim-mistero · 1 year
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Beh sì, forse non è così che dovrebbe funzionare;
Quando bevo quel bicchiere in più incomincio a parlare della relazione, mi metto a piangere, come una bambina. Perché, benché da sobria io trattenga tutti quei sentimenti, tutte quelle emozioni, appena comincio ad essere un attimo brilla, la realtà si rivela ai miei occhi e non rimane altro che tristezza per la mia vita e per il modo in cui sto decidendo di viverla. È ormai quasi più di un anno che me lo domando "perché sei ancora qui Andrea?" "Perché non te ne sei ancora andata?", è come se la vivessi come una specie di penitenza per tutte le persone a cui ho fatto male facendo questa scelta, scegliendo il posto in cui ho deciso di essere. È solo un modo, come un altro, per farmi del male, scegliere di soffrire per non ammettere a se stessi che forse, quella che un tempo era scelta giusta, non lo è più. Scegliere di soffrire per chiedere scusa a quelle persone che ho ferito. Scegliere di soffrire per punire se stessi.
Forse questo non è il modo giusto.
Forse non è così che dovrebbe funzionare.
Forse ubriacarsi e fare delle figuracce nel paese in cui vivo, urlando la mia volontà di offrire da bere al signore che ritira la plastica, davanti a tutti, davanti a lui, forse delle cose le insegna.
Forse non ricordarmi quasi tutta la serata ed essere stata riaccompagnata a casa dalle mie colleghe, dopo aver riso e pianto e parlato in modo sconnesso, forse è servito a qualcosa.
"una settimana o due, non cambia niente" è questo quello che ti ho detto una volta tornata a casa, è questo che mi hai detto di aver detto. È questo che mi ripeto da quasi un anno. "Una settimana, prova, vediamo come va, vediamo se cambia qualcosa." . I miei sentimenti sono sempre gli stessi, io ti voglio bene, non di più, né di meno di tempo fa. Il sentimento si è evoluto, ha cambiato modo in cui esprimersi ed ora, io, lasciandoti, non sopporto l'idea di fare soffrire un altra persona, per colpa mia, per una mia scelta.
In due anni, quasi tre, che stiamo insieme, mi hai detto due volte "ti amo", una volta quando ti volevo lasciare all'inizio della nostra relazione, un altra volta quando mi son proposta di andare da sola a fare la spesa nel mentre che guardavi una partita di calcio. Situazioni molto diverse, davvero molto diverse, la prima volta ci sta, la situazione lo permetteva, la paura di essere abbandonati, la paura di essere lasciati da soli, è comprensibile reagire dicendo "ti amo" ed io, per rispetto a quelle parole, sono rimasta, cosciente del fatto che fossero solo dettate dalla situazione, cosciente del fatto che non fossero dette con sincerità, ma al contrario, erano dette con paura ma io, consapevole, ho preso la mia coscienza ed ho mostrato rispetto a quelle due parole con così tanto potere nella mia testa, per me non sono parole facili, non sono parole leggere. La seconda volta in cui me lo hai detto però mi ha fatto capire davvero il tuo animo, sono rimasta delusa, con così tante occasioni in cui hai avuto l'opportunità di dirmelo, con così tante possibilità, me lo hai detto in quel momento, per una partita di calcio.
Io sono sempre stata coerente, mi è capitato una volta di pensarlo, che ti amassi, forse due volte, ma non te lo ho mai detto, né non te lo ho mai scritto, perché io ti voglio bene, ma non ti amo.
"E allora perché stai con una persona che non ami?" Perché all'inizio i sentimenti erano diversi, perché magari non volevo ammetterlo a me stessa, che lo amassi, perché magari serviva più tempo, perché magari c'era il beneficio del dubbio.
Il beneficio del dubbio, è quello, è colpa sua, il non voler dare ascolto al cuore, perché la mente gli dice che forse si è sbagliato, forse c'è un altra possibilità, forse si può cambiare qualcosa.
Cambiare, come se si stesse parlando di un paio di jeans.
Il beneficio del dubbio è quella cosa che quando cammini in un labirinto non ammetti che hai preso la strada sbagliata sino a che non sbatti la faccia contro al muro.
Probabilmente sono una di quelle persone tanto insicure che vendono il loro tempo per un poco di attenzione.
Probabilmente dovevo girare a sinistra e non a destra, ma magari, sono ancora in tempo per trovare l'uscita.
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