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#variabilità genetica
noneun · 6 months
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Effective population size di Homo sapiens
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Tempo fa scrivevo del perché siamo biologicamente uguali, di quanto scarsa fosse la variabilità genetica nella specie umana e di quali potrebbero essere le cause.
Un modo affascinante per vedere la questione è di considerare il concetto di effective population size (o grandezza effettiva della popolazione).
L’effective population size è una misura, usata in genetica, che stima quanti individui stiano effettivamente contribuendo al pool genetico della popolazione stessa.
Da un altro punto di vista, questa stima corrisponde al numero minimo di individui che servono a giustificare tutta la diversità genetica che osserviamo in una popolazione. Tutti gli altri individui sono così simili ai primi che non apportano nuove mutazioni genetiche al totale.
Se quindi la grandezza effettiva è molto simile alla popolazione reale, allora vuol dire che c’è molta variabilità genetica. Viceversa, se è molto più piccola della popolazione reale, la variabilità è scarsa.
Per Homo sapiens, con una popolazione di circa 8 miliardi di individui, l’effective population size è stimata essere compresa fra 10.000 e 100.000 individui.
Sarebbe quindi sufficiente lo 0,001% o forse addirittura 10 volte meno, della popolazione mondiale per rappresentare tutte le varianti genetiche esistenti. Questo ci mostra ancora una volta che, nonostante le nostre innumerevoli differenze culturali, etniche e personali, geneticamente parlando, siamo molto più simili di quanto potremmo immaginare.
E, in un'epoca in cui la società sembra sempre più divisa, la scienza ci offre un promemoria potente: siamo tutti collegati, legati dalla trama invisibile del DNA che ci rende unici e, allo stesso tempo, universali.
*immagine di apertura generata a scopo illustrativo tramite DALL-E
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personal-reporter · 9 months
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Tociando per Mari e Monti 2023 in Val di Lauco
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La verde natura di Lauco incontra la cucina sperimentale dal 3 al 7 agosto, grazie a Tocia! Cucina e Comunità, che da Venezia si sposta in Val di Lauco per cinque giornate di attività a Terre d’Incanti, con una serie di  banchetti conviviali partendo da esplorazioni naturalistiche collettive. Tocia! Cucina e Comunità di Venezia è un gruppo di cuochi, osti, contadini, raccoglitori, pescatori, attivisti, ricercatori, artisti, artigiani, chiamati a ritrovarsi in un collettivo interdisciplinare fondato sulla condivisione di idee, esperienze, che fonda sull’azione la possibilità di avere un impatto positivo sul territorio e sulla comunità locale.  Ideatore dell’iniziativa è Marco Bravetti, cuoco e ricercatore veneziano, che ha viaggiato tra le strade e le cucine di Londra, Sao Paulo e Copenaghen, per ideare poi un collettivo di azione e di ricerca interdisciplinare e conviviale, che attraverso i linguaggi, le pratiche, le materie e i rituali del cibo e della cucina indaga il paesaggio lagunare e le relazioni umane che lo abitano. Saranno così organizzati laboratori, camminate, sessioni di cucina e picnic selvatici per unire il microclima di Lauco a quello della cucina sperimentale, ascoltando antiche leggende e aneddoti di un mondo che ancora incanta, aspettando il tramonto e l’accensione delle luci di mezzomonte. A condire il tutto ci saranno alcuni degli agrumi rari provenienti da Todolì Citrus Fundaciò di Valencia, per goderne i piccanti e dolci sapori con una serie di attività per grandi e piccoli. Todolí Citrus Fundació de la Comunitat Valenciana è un’organizzazione senza scopo di lucro creata per lo studio e la diffusione degli agrumi e della citricoltura, sempre al servizio di tutti i settori della società interessati alla conoscenza di questa coltura. La Fondazione si trova nella sezione Bartolí della città di Palmera in un’area di oltre 45.000 m2 con un microclima ideale per la coltivazione degli agrumi nel Mar Mediterraneo. Gli obiettivi della Fondazione sono la creazione di una collezione di agrumi, come nucleo per la ricerca, la divulgazione e l’educazione in materia agricola, ambientale, storica, culinaria e industriale. Tutto questo si basa sulla grande variabilità genetica di questa specie, che la fondazione intende conservare e valorizzare e la collezione della Fundació Todolí Citrus conta oggi più di 400 varietà di agrumi. Parallelamente, insieme al videomaker Matteo Stocco, ci sarà la possibilità di partecipare alla realizzazione di un documentario, attività dedicata esclusivamente ai ragazzi e alle ragazze dai 10 ai 14 anni. Read the full article
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telodogratis · 1 year
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La concezione anarchica del vivente di Jean-Jacques Kupiec
La concezione anarchica del vivente di Jean-Jacques Kupiec
Pubblicato da elèuthera, l’autore affronta le ambiguità della biologia per rompere con l’ordine della disciplina. La genetica è nata e si è sviluppata su un presupposto deterministico: la stabilità del gene e la sua trasmissibilità ereditaria. Eppure tutta la biologia contemporanea ci parla della variabilità come di una… Read MoreLibriToday
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autolesionistra · 3 years
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Disclaimer: il presente intervento è stato forzato coadiuvato da un certo quantitativo di Lagrein. La qualità dello scritto potrebbe risentirne.
Ho un po’ di smaronella. La smaronella è quella cosa che non c’entra con le Sfighe Grosse™ (riguardo alle quali questo blog difficilmente potrà dare un contributo significativo) ma sta in quella zona grigia dove s’incrociano apatia, indolenza e esistenzialismo andato a male. Il problema principale della smaronella è che uno tende ad accorgersi di averla troppo tardi, come quella volta che da cinni andammo a tirar sassi nel Reno e probabilmente complice un’apertura della diga di Suviana ci accorgemmo con un certo ritardo che la riva da cui stavamo tirando sassi era diventata un isolotto.
Parleremo quindi di alcuni indicatori secondari di benessere psicologico che consentono un’opportuna prevenzione evitando di bagnarsi le scarpe.
É lecito presupporre una grande variabilità interpersonale di questi segnali che probabilmente rende l'esperienza personale non elevabile a collettiva; c'è anche da dire che Piaget ha fondato l'epistemologia genetica sostanzialmente guardando i suoi figliuoli, quindi non si può mai dire.
Giova ricordare che non ho nessuna competenza o titolo per parlare di questi temi. D'altro canto un'autoanalisi da bar è meglio di nessuna autoanalisi. Il fatto che quest'ultima frase sia a sua volta un po' da bar ci fa cadere in un'impasse ideologica che ignoreremo per comodità.
Restringeremo il campo a tre comuni indicatori di smaronella da tenere d’occhio, nel dettaglio:
1) il peso specifico delle minchiate Nella fase di incubazione della smaronella, ciò che veniva sopportato o ignorato senza troppi problemi si eleva a questione di stato. Le cose leggermente fastidiose diventano incredibilmente fastidiose. Si avverte un generico desiderio di percuotere tutti quelli che non si comportano impeccabilmente dal punto di vista relazionale. Consigliato tenere qualche riferimento oggettivo, tipo qualcuno di poco simpatico al lavoro o in una chat di gruppo. Il desiderio di polemiche e accapigliamenti è inversamente proporzionale all’attuale qualità della vita.
2) le cose di ridere L’incapacità di trovare il lato buffo delle cose o un netto incremento di sarcasmo inacidito a scapito dell’ironia sono tipicamente segnali di arrivo alla frutta.
3) (in)capacità creative L’indicatore peggiore (almeno per me) è l’inaridimento della creatività. Non parlo (necessariamente) di cosine artistiche o presunte tali: chiunque in un modo o in un altro ha canali di espressione (e non mi è mai capitato di conoscere gente che ne sia priva, al massimo che non si accorgesse di averne). Forse più che creatività sarebbe corretto parlare di quello che a Bologna si chiama “sbuzzo”: estro applicato. Rispetto agli altri indicatori è particolarmente beffardo perché quando finisci impantanato nella smaronella ti privi proprio della tipologia di attività che aiuterebbe a uscire dal pantano. C’è di bello che a differenza del coraggio nella definizione manzoniana (”uno, se non ce l’ha mica se lo può dare”) i processi creativi sono riattivabili, un po’ come il falò per la grigliata, a patto di fare un po’ di fumana e partire con legnetti piccoli, ad esempio forzandosi a fare cose pure se escono brutte tipo questo post.
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pangeanews · 4 years
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“Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano”
Jonathan Bassoni, insegnante liceale, una volta leggeva le previsioni meteo nel telegiornale di un’emittente privata per guadagnare quattro soldi. Erano gli anni Novanta e doveva ancora finire gli studi universitari del corso di laurea in Letteratura. Si metteva una giacchina celeste che gli stava stretta sulla vita, si pettinava con la riga da una parte, si spargeva un po’ di gel e aveva i suoi tre minuti a disposizione. Gli davano in mano un foglio che proveniva dall’Aeronautica e una cartina geografica dell’Italia e delle Marche in particolare. Doveva semplicemente indicare dei punti cardinali e avvertire l’utenza dei segnali di cambiamento dalla notte all’alba: tramontana, alta pressione, precipitazioni nevose, sole, mare mosso ecc.
Si affaccia dal balcone della sua casa in collina e la città gli sembra metafisica: un quadro di Giorgio de Chirico, il maestro che dipingeva il silenzio e grandi vuoti, oltre che monumenti con un nuovo aspetto. Vecchi ruderi che non servono più, eppure affascinanti nella loro dimensione, nelle fattezze surreali. Jonathan punta il campanile della chiesa di San Domenico che svetta e non suona, abbandonato nella sua eleganza con la croce offuscata da strisce sottili di nebbiolina.
L’insegnante crede non solo nella scienza atmosferica. Ci sono altre tensioni e dinamismi che decidono l’andamento quotidiano ad alta quota, tra i cieli, e nel sottofondo marino degli oceani. Una sorta di avvio cosmico, un motore che non si aziona per caso. La terra decide di opporsi al comportamento dell’uomo. Jonathan è sorpreso soprattutto dalle ondate eccessive di calore o di freddo e dalla siccità, che vanno ad interferire con le risorse idriche e distruggono la vegetazione.
Adesso è più che mai convinto che la foresta amazzonica non possa continuare a bruciare senza che si verifichi una reazione, perché gli effetti delle politiche di deforestazione sono, di fatto, devastanti. Ha letto sul “Corriere della Sera” che la stima dei roghi nel Sud-America equivale a tre campi di calcio al minuto. Gli ambientalisti accusano gli allevatori. La foresta è situata per circa il 65% in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Tra il 19 e il 25 agosto 2019 sono scoppiati più di tremila incendi.
Ora è arrivata la pandemia di Coronavirus proveniente dalla Cina, dovuta, probabilmente, alla reticenza sui numerosissimi casi di questa Repubblica Popolare che non ha immediatamente allertato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli ambientalisti riferiscono che l’effetto serra, la mancanza di ossigeno, il petrolio consumato, come altri combustibili, determinano un violento impatto sulla terra. I profeti tibetani che abitano i “territori degli dei e degli irati” hanno parlato di una sterminata pestilenza, di una catastrofe universale, della fine del primo ciclo umano: una tragica profezia.
I pipistrelli sono animali inquietanti, notturni. Appesi a testa in giù come topi con le ali, ci hanno sempre indotto una certa ripugnanza. Sono considerati i serbatoi del Coronavirus nell’aumento della variabilità genetica. Il passaggio di genere dal volatile all’uomo ha causato la pandemia. Jonathan reputa che la natura se ne sia servita per non soccombere dinanzi alle nefandezze umane. Che cos’è in fondo il Covid 19, se non il meccanismo di difesa del pianeta contro gli abusi umani, ormai insopportabili? L’eccesso di anidride carbonica immessa sta trasformando l’atmosfera in uno scudo impenetrabile e non lascia passare il calore. L’effetto serra e la pandemia hanno un nesso. È insita nella dissipazione del patrimonio la grande imperfezione umana: il segno di un comando e di un potere sconnesso con l’ambiente, di un sopruso pericoloso, invasivo. La natura non si può controllare, non si piega ad un accidentale fenomeno, ad una pratica sbagliata, ad una battaglia involutiva, di retroguardia. Il carico della terra rompe un equilibrio: è l’immagine di una cosa che si riequilibra per giustezza, per una spinta che guida le particelle dell’universo e il sistema solare. Le leggi della fisica conservano una tale esplosività che nessun uomo può annientarle.
Jonathan ha in testa la sua concezione mitica, arcaica, che gli studi di antropologia culturale gli hanno sollecitato. Sin da ragazzo leggeva Prometeo, il simbolo della lotta contro le ingiustizie per la libertà della natura. Era persuaso dalle previsioni dei medium, di coloro che intravedono il futuro nell’energia dell’“amor che move il sole e l’altre stelle”, per dirla con Dante e con l’ultimo verso del Paradiso della Divina Commedia. Amore, quindi, come raccordo celeste, unità, intesa, concordia.
Il Coronavirus non è una punizione divina, ma l’espressione del pianeta terra. Una risposta secca, rigida. Una prospettiva per ristabilire l’ordine violato a partire dall’inquinamento del suolo e delle acque per uno scopo produttivo che ha aumentato eccezionalmente rifiuti, scarichi, infezioni, batteri. Le stesse onde elettromagnetiche invadono il pianeta con frequenze negative sul nostro sistema immunitario.
Jonathan, il lunedì mattina, si collega con i suoi studenti tramite lo smartphone. Ha assegnato i compiti con il protrarsi della quarantena che costringe tutti a casa. I ragazzi del quinto stanno studiando il Romanticismo, sapendo che salteranno l’esame di Stato secondo il modello consueto e che probabilmente faranno una prova orale da casa. Sturm und drang: la tempesta e l’assalto del virus, non solo del movimento culturale tedesco nato con l’immissione dei sentimenti nella letteratura. Mentre interroga, il professor Jonathan Bassoni pensa ad altro, all’ondata di virus che contagia, che uccide dalla Lombardia al sud dell’Italia. La visione al microscopio del Sars-Cov-2 ricorda una corona ed è ingannevole. Una corona di spine, verrebbe da dire, proprio adesso che è passata la Pasqua e che il virus accenna la sua fase discendente. Un male che non si vede, che suscita vecchi richiami, mutamenti che non sempre aiutano e proteggono i popoli, la civiltà. Il mondo aspetta trepidante il vaccino.
Jonathan non direbbe mai ai suoi studenti che sta leggendo un libro di Helena Petrovna Blavatsky, la sorgente del pensiero occulto moderno che diede origine alla società teosofica, che si rifaceva alle scienze degli antichi popoli e alle facoltà latenti degli uomini che non compiono distinzione di razza, di sesso, di età e di religione. La fratellanza ci unirebbe e ci salverebbe da ogni insidia. Ma Jonathan reputa che l’unità tra la gente sia diventata impraticabile. Dire fratellanza è come non dire nulla, anche se il termine fosse pronunciato da un alto prelato cattolico sull’altare durante la messa della domenica. Chi mai ideerebbe una società dello spirito? E chi può sapere quale fu il cenacolo segreto che svelò il mistero ultimo dell’uomo, il suo fine e la distanza colmabile con i morti? Helena Petrovna Blavatsky morì nel 1891 a causa di un’epidemia influenzale. Ancora un’epidemia, che nel 2020 sembra qualcosa di talmente lontano e indescrivibile, da non esistere più. Eppure viviamo un’ecatombe di altri tempi.
La soluzione contro i mali del secolo, l’indifferenza e l’alienazione, e ora anche contro il Covid 19, consisterebbe in un movimento circolare di solidarietà e fiducia interraziale, oltre che in un vaccino? In un mutamento radicale delle intenzioni umane distribuite tra spazio e tempo, rinunciando ad un imperante progresso meccanicistico, ad una tecnocrazia gelida, che cerca il profitto da raggiungere prima possibile? Eppure la crisi del capitalismo e la fine dell’industria occidentale non hanno prodotto cambiamenti, né nel sistema economico, né in quello politico. Le stesse relazioni interpersonali sono sempre più frigide, impassibili. Nessuno ha imparato la lezione.
“La natura matrigna di Leopardi e il cattolicesimo di Manzoni. Quali eventi hanno influenzato i due esponenti del Romanticismo italiano? Quali opere ce lo fanno capire meglio?”, chiede Jonathan Bassoni ad una studentessa collegata.
“Ci darà il voto professore?”.
“Nessun voto, per ora. Ma dovete essere capaci di articolare un discorso, di argomentare. Forza”.
L’antivirus: potrebbe indicarcelo un medium nella sacralità del mito? Jonathan si distrae, torna ad estraniarsi mentre la ragazza risponde alla sua domanda. Il professore teme di scoprirsi astraente, fuori moda, incomprensibile, perfino folle, se avallasse lo spiritismo e il paranormale, tanto da essere deriso. Ma se la normalità fosse concentrata in ciò che sembra un trucco, un gioco per maghi, una credenza? Padre Pio non era un impostore, e neppure Gustavo Adolf Rol. Avevano compreso tutto, anche il significato dello spirito immortale che è mosso dall’amore, nient’altro che dall’amore. Gesù Cristo non fu uomo d’amore sacrificato per salvarci, morendo al posto nostro?
Dopo l’interrogazione Jonathan apre le pagine del quotidiano che ha acquistato la mattina alle sei all’edicola della stazione, dove lo aspetta Giuseppe, un anziano che cammina instancabilmente anche in questo periodo, nonostante non dovrebbe farlo, stando al decreto governativo appena riconfermato. A quasi ottant’anni non rinuncia ai suoi dieci chilometri giornalieri per dare lubrificazione alle gambe, afferma, altrimenti rischierebbe di non alzarsi più dal letto. Giuseppe non ha paura del Covid 19, perché alla sua età non si può più temere la morte. Dove andrà a finire non lo sa e non gli importa. Crede nella fatalità. Magari si ritroverà in un paradiso celestiale, o nell’abisso, nel buio dei ciechi senza saperlo. Tira a campare. Prosegue questo anomalo aprile con i suoi rituali protratti dal lunedì alla domenica: alle tre del mattino è già in piedi e ascolta la radio facendo la conta dei morti di Coronavirus, dei malati e dei guariti. Fa le parole crociate e poi esce infilando il giaccone invernale. Dopo il giro largo della piazza centrale, si inoltra nel giardino comunale e alla stazione aspetta il furgone dei giornali che arriva da Ancona a tutta velocità. A pranzo si cucina la pasta integrale e mangia i soliti pomodorini con un filo d’olio, rigorosamente senza sale. Due volte la settimana un filetto di maiale ben cotto. Giuseppe ha ottant’anni, ma un fisico asciutto. Nella sua vita non ha mai contratto un’influenza e non sa cosa sia la febbre.
I morti per l’epidemia da Coronavirus nel nostro paese hanno superato le 20.000 unità proprio il giorno successivo alla Pasqua. Mentre Donald Trump starebbe valutando la riapertura delle attività per non tenere ferma l’economia, l’epidemia avanza con un incremento dei casi e il superamento del milione di contagi in tutto il mondo. Jonathan, appena posato il quotidiano sul tavolo della sala, si lava le mani con l’alcool, pulisce le superfici della sua stanza da letto con un piumino da spolvero, passa uno straccio bagnato sul pavimento e con un panno di daino toglie i pulviscoli dal computer e dal tavolo di lavoro dove sono ammassati i libri e i quaderni degli appunti. Beve acqua minerale direttamente dalla bottiglia. Ha appena letto che il primo vaccino contro il Covid 19 sarebbe in fase di sperimentazione a Padova, prodotto da una ditta italiana. Potrebbe essere disponibile già a settembre. Il primo lotto partirà da Pomezia per l’Inghilterra dove inizieranno i test su 550 volontari. Jonathan sa che il vaccino non può essere risolutivo come le stesse medicine, come ogni soluzione scientifica adottata nei laboratori chimici, se non cambieremo stile di vita. Il senso profondo della forza spirituale che non vediamo e non tocchiamo con mano, se non arriverà all’essere umano e non costituirà un principio saldo, inviolabile come le regole di questi giorni, potrebbe decretare, viceversa, la fine della terra con un secondo Big Bang, con un’accelerazione di particelle nucleari e uno scoppio improvviso. Una nucleo-sintesi primordiale e un’espansione di dimensioni impensabili rovesceranno le sorti del mondo? In pochi resisterebbero e avrebbero il dovere di ricostruire il pianeta con modalità differenti, ricominciando dalla primitività, da un contatto diretto con la natura, rispettata e non sfruttata, da uno sviluppo crescente dell’agricoltura, da un consumo maggiore e salutare di zucca, mais e altri alimenti ricchi di carboidrati, come le patate, i fagioli e le arachidi. Quindi si coltiverebbero di più la carota, il radicchio, il ravanello, il cavolfiore. Si utilizzerebbero solo fertilizzanti naturali e antiparassitari non di origine chimica. Gli animali sarebbero allevati con i mangimi ottenuti dall’agricoltura biologica. Non esisterebbero più confini delimitati da una geografia politica, ma un’intensa comunione per un cammino lento, sostenibile, influenzato dalle buone relazioni e da governi democratici. Migliorerebbe il clima e l’effetto serra avrebbe un altro impatto. La terra guarirebbe.
Jonathan sente uno scricchiolio provenire dalla camera da letto dei suoi genitori. Suo padre è morto da poco più di un anno. Giurerebbe di aver visto un’ombra muoversi e provocare una folata di vento, appena avvicinatosi. Teme il terremoto, ma la casa è stabile e non succede nulla. Esiste un varco con l’aldilà, una manifestazione di contatto, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto? Suo padre ha voluto dirgli che la terra è in pericolo, mai come questa volta? O Helena Petrovna Blavatsky ha approvato il suo sentire, la sua lettura di un’opera ormai introvabile in commercio, avuta da uno strano ex frate di Norcia? Da dove proveniva lo scricchiolio? Da un armadio, da una parete, da un quadro, dal letto? Di notte Jonathan ha l’impressione di sentire uno scampanellio e delle voci attutite. Una visionaria percezione che lo avvertirebbe di qualche indizio extrasensoriale? Il rischio è di convincersi dell’inverosimile.
Ma cosa diceva Helena Petrovna Blavatsky? “Sii perseverante come chi dura in eterno. Le tue ombre vivono e svaniscono, perché la conoscenza non è della vita fuggevole. Sei l’uomo che era, che è e che sarà, l’ora del quale non suonerà mai. Accetta i dolori della nascita”. La via fuggevole e un’altra vita. Quale? Quella che fa dell’universo una coscienza insita nell’uomo e negli spiriti della natura che non sono materia ma energia, energia allo stato puro? Jonathan si convince che il vaccino sarà un’esperienza non solo fisica, composta di leggi che ci governano nel visibile e che scompaiono improvvisamente, a nostra insaputa. C’è qualcosa di più del desiderio umano, una realtà più grande, libera dal giudizio. Il futuro oscuro e incerto si combatte con una promessa di fedeltà all’uomo, alla terra, all’ambiente. Come? Non accendendo fuochi, non recando danno alle piantagioni, non dando la caccia agli animali protetti, concedendo più spazi alla vegetazione che neutralizza lo smog, non utilizzando biossido di zolfo, ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono e polveri sottili.
Suona il telefono. È Gerardo, l’ex frate di Norcia che non crede più ad una sola religione, ma ad uno spiritualismo ancestrale.
Ho sentito scricchiolare nella stanza dei miei genitori.
Anch’io, nella mia soffitta.
Telepatia?
Ho visto un’ombra.
Anch’io, sembrava camminare.
Succede.
Che cosa succede?
Che qualcuno ci parli.
Lo chiamo antivirus.
Una strana sincronia, un’esperienza che ci accomuna.
È sufficiente non commettere scorrettezze, inganni, barbarie per vivere serenamente, nel tempo, nello spazio, tra i propri simili e nella natura?
La natura è sempre superiore alla storia. La storia è un’avventura, un insieme di guerre, di genocidi, di supremazie che finiscono, che si avvicendano. Un’ingorda tentazione, come quella di Adamo ed Eva.
Quando finirà la pandemia?
Quando bene e male non si mescoleranno più insensibilmente. La pandemia non è solo del Covid 19. Finirà quando non saremo più in attrito con noi stessi, con il vicino di casa, con il collega d’ufficio, con il coniuge. Un impegno in grado di far parlare la geologia e l’ecologia, l’idrologia e la glaciologia, l’economica e la sociologia, di valutare le azioni della diplomazia, dei governi internazionali. Se domani il virus cessasse di contagiare, saremmo felici? No, non lo saremmo affatto. Egoismo e divisione alimentano una frustrazione costante. Lo ha detto anche Papa Bergoglio con un tono sussurrato. Basta la forza dell’avvertimento, il soffio delle parole perché non vincano la paura e la morte. Il primo capitale è quello umano.
Ci riusciremo?
È la partita più difficile del terzo millennio.
Alessandro Moscè
*In copertina: la teosofa Helena Blavatsky (1831-1891)
L'articolo “Esiste un varco con l’aldilà, una porta che si apre in un regno che non conosciamo affatto?”. Il Covid 19 e Madame Blavatsky. Un racconto di Alessandro Moscè, “Il vaccino viene da lontano” proviene da Pangea.
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EMICRANIA
L'emicrania è la forma di mal di testa più comune. Si presenta con un dolore acuto o pulsante che solitamente inizia nella parte anteriore o su un lato della testa. L'attacco può salire di intensità, estendersi alla regione frontale, coinvolgendo la fronte e le tempie. Può durare poche ore o persino giorni, con sintomi variabili da soggetto a soggetto, che possono essere in molti casi insopportabili: dolore pulsante, nausea, vomito, sensibilità alla luce e ai suoni. Talvolta l'emicrania è preceduta da alcuni segnali, come lampi di luce o formicolio alla gamba o al braccio. Il soggetto colpito da emicrania deve spesso ricorrere al riposo completo in un ambiente tranquillo, isolato e buio. L'emicrania è definita cronica quando presenta sintomi per almeno 15 giorni al mese per tre mesi successivi. Le donne hanno tre volte più probabilità di avere emicranie. Nei casi di maggiore gravità è bene ricorrere alle cure del medico, evitando l'uso di farmaci in maniera incontrollata.
Che cos’è l’emicrania?
L'emicrania è una forma ricorrente di mal di testa. Si stima che in Italia 8 milioni di persone ne soffrano, in maniera episodica oppure ricorrente. Circa il 10-12% della popolazione in generale ha un attacco di emicrania almeno una volta nella vita. L'emicrania appartiene alla famiglia delle cefalee. Per riconoscerla si può far riferimento ad alcune caratteristiche: l'emicrania si presenta generalmente, ma non esclusivamente, a un solo lato della testa (unilateralità); produce dolore intenso, pulsante, inabilitante; peggiora con il movimento. L'emicrania può manifestarsi con o senz'aura. L'aura è un sintomo che precede o si associa all'attacco emicranico ed è caratterizzato da improvvisi lampi di luce (scotoma scintillante). Il paziente avverte dei flash di luce, annebbiamenti ad uno a o ad entrambi gli occhi, formicolio agli arti, rigidità del collo, difficoltà nel parlare.
Quali sono le cause dell’emicrania?
Le cause dell'emicrania non sono ancora del tutto chiare. È certo che più fattori giochino un ruolo determinante: predisposizione genetica, fattori esterni, patologie sistemiche, fattori ormonali. Studi scientifici hanno evidenziato la relazione tra questa tipologia di mal di testa e alterazioni biochimiche a carico del cervello, che interferiscono con i meccanismi di trasmissione dei segnali nervosi. Talvolta è stata segnalata la correlazione tra emicrania è il consumo di alcuni alimenti o bevande. Sicuramente c'è un legame con stress, disturbi del sonno, cambiamenti climatici, uso di alcuni farmaci, problemi fisici. Generalmente viene valutata la familiarità del problema: se in famiglia ci sono casi di emicrania ricorrente le probabilità che il disturbo si presenti aumentano.
Quali sono i sintomi dell’emicrania?
I sintomi dell'emicrania possono dividersi in due categorie. Quelli che precedono l'attacco emicranico (detti prodromici) e quelli che accompagnano l'attacco vero e proprio.
Uno o due giorni prima si possono manifestare:
Irritabilità
Stitichezza
Depressione o maggiore appetito
Rigidità del collo
Disturbi visivi tipici dell'aura: lampi di luce, abbagliamento.
Disturbi motori e del linguaggio
Formicolio a braccia e gambe
I sintomi dell'attacco emicranico hanno una variabilità soggettiva, sia in quanto a durata che in quanto a intensità, e possono includere:
Dolore pulsante concentrato in uno o più punti della testa, in particolare nella parte anteriore, frontale o laterale.
Nausea
Vomito
Disturbi visivi, abbagliamento.
Vertigini
Sensibilità alla luce (fotofobia), ai suoni (fonofobia), agli odori.
Irritabilità
Nervosismo
Agitazione e confusione
Scarsa concentrazione
Brividi
Sudorazione
Dolore addominale
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levysoft · 5 years
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Cosa significa “funzionalmente estinto”?
Dal punto di vista tecnico l’espressione funzionalmente estinto può indicare diverse situazioni. Può significare che una specie, ormai troppo ridotta,non svolge più un ruolo significativo nell’ecosistema, che nel caso dei koala vorrebbe dire che non contribuiscono più a riciclare nutrienti attraverso le loro feci.
Ma una specie funzionalmente estinta è anche quella che non è più in grado di riprodursi in maniera efficace, che significa non solo dare vita a nuove generazioni ma anche mantenere una certa variabilità genetica. Oltre a essere talmente letargici (colpa del metabolismo) da rendere l’accoppiamento un evento non così frequente, molte popolazioni di koala soffrono appunto di consanguineità, un fattore che mina la vitalità della specie.
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nutrientibenessere · 3 years
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Genetica
Genetica e terminologia di base Studio della genetica. l’ereditarietà dei caratterila variabilità all’interno della popolazionecome le specie si evolvono nel tempo o come l’organismo cambia nel tempo Il gene è una sequenza di Dna che contiene informazioni biologicamente utili. L’allele è una o più forme alternative di un gene o di una determinata sequenza di Dna. Quando in una specifica…
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noneun · 9 months
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Perché siamo (biologicamente) uguali?
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Che le razze umane non esistano è un fatto ormai scientificamente assodato. Anche se questa invenzione è sempre stata usata per giustificare il razzismo culturale.
Ognuno di noi è ovviamente una versione diversa di Homo sapiens: la riproduzione sessuale fa un gran bel lavoro di rimescolamento con il materiale genetico che ha a disposizione. Ma siamo lo stesso così simili gli uni con gli altri che è possibile trovare qualcuno dall'altra parte del mondo che casualmente ha un genoma più simile al proprio di chiunque abiti nel nostro stesso quartiere (a meno che non si viva con il proprio fratello gemello, ovviamente).
Certo, nel corso dell'evoluzione il nostro cervello ha sviluppato la capacità di riconoscere e amplificare la percezione delle differenze estetiche e la nostra cultura ne ha fatto un totem di appartenenza etnica. Ma i classici tratti somatici che usiamo per discriminare (colore della pelle, dei capelli e degli occhi, statura, forma del viso, eccetera) sono determinati solamente da una manciata di geni, su un totale che si aggira sui 20mila.
Ovvio che se un aborigeno australiano avesse migliaia di geni identici ai miei ma che codificano solo proteine che influenzano il funzionamento del cuore, del cervello, la composizione del sangue e la struttura ossea, non me ne potrei mai accorgere a colpo d'occhio.
La genetica di Homo sapiens è così poco varia che siamo la specie di primate con meno diversità genetica di tutte. È questo che ci rende così simili gli uni con gli altri. E, tra l'altro, ci espone ad un numero maggiore di malattie genetiche. Potremmo dire che siamo tutti consanguinei.
Secondo l'attuale conoscenza scientifica, il motivo è duplice.
Da un lato, circa 73mila anni fa si è verificata una drastica diminuzione della popolazione. Dall'altro, siamo sempre stati una specie fortemente migratoria.
La diminuzione della popolazione probabilmente è stata causata dalla catastrofe di Toba: l'esplosione di un supervulcano che ha lasciato un cratere di 100 km sull'isola di Sumatra e ha disperso polveri che oscurarono il Sole, rendendo ancor più freddo un pianeta che già stava attraversando una glaciazione.
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Questo mise a dura prova gli ecosistemi e provocò una repentina diminuzione degli esemplari di varie specie. Provocando, dal punto di vista genetico, un cosiddetto collo di bottiglia: solo chi sopravvisse potè trasmettere il proprio corredo genetico ai discendenti, e questo ha lasciato una traccia nel genoma delle generazioni successive. I genetisti sono riusciti a datare vari colli di bottiglia di ghepardi, tigri e di molti primati, più o meno nello stesso periodo della catastrofe di Toba. 
Per quanto riguarda Homo sapiens, si stima che circa 70mila anni fa fummo vicini all'estinzione: rimasero solo 20-25mila esemplari. O più precisamente, tutti gli 8 miliardi di persone che oggi abitano la Terra derivano da un ristretto gruppo di 20-25mila che vissero in Africa 70mila anni fa. Avrebbero potuto essere di più ma o non si sono riprodotti, o le loro stirpi si sono estinte.
Questo collo di bottiglia ha quindi distrutto gran parte della variabilità genetica esistita precedentemente: ad un certo punto sopravvissero e si riprodussero molti meno esemplari e quindi molte meno versioni diverse di Homo sapiens.
Un fenomeno geneticamente simile ma con cause totalmente diverse è il cosiddetto effetto del fondatore in serie, causato dalle migrazioni che Homo sapiens ha più volte intrapreso nel corso dei millenni. Si tratta di spostamenti di pochi km per ogni generazione, ma abbastanza per partire dall'Africa e raggiungere, in relativamente poco tempo, la Patagonia.
L'effetto del fondatore provoca un fenomeno di deriva genetica che porta ad una ulteriore diminuzione di una già bassa variabilità genetica. Infatti, se un sottogruppo della popolazione si stacca e non si mescola più con la popolazione iniziale, si porta dietro solo un piccolo pezzettino di variabilità genetica e quindi avrà una variabilità genetica diminuita. Il motivo è quindi simile: un sottogruppo ha meno esemplari, quindi meno versioni di Homo Sapiens, e quindi meno diversità genetica.
Certo, la variabilità può ricominciare ad aumentare col tempo e la globalizzazione può rimescolare un po' il genoma del genere umano, ma è un processo molto più lento (o molto più recente) delle migrazioni. Tanto è vero che ancora oggi si vede come la variabilità genetica sia massima (seppur bassa) in Africa e sempre minore mano mano che ci si allontana dalla culla di Homo sapiens, seguendo le antiche rotte migratorie.
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Se quindi alla nascita siamo tutti così biologicamente simili, allora la quasi totalità delle differenze fra esseri umani è di origine culturale e ambientale, dovuta alla storia e alle esperienze personali. Sono queste che giocano un ruolo significativo nella distinzione fra esseri umani, che definiscono chi siamo e come ci comportiamo. E non è nulla che si possa trasmettere geneticamente.
Con buona pace dei razzisti e di taluni psicologi riduzionisti.
(L'immagine di apertura è stata creata con l'intelligenza artificiale generativa Adobe Firefly)
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defcon1979 · 6 years
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Diverso fenotipo ma stesso genotipo
Un tema secondo me adatto alla giornata: il 4 luglio, nascita degli Stati Uniti d'America. Il perchè il post sia pertinente cercatevelo da soli anche se Wikipedia in questi giorni è fuori uso. Nonostante il razzismo non sia ancora passato di moda, la scienza da tempo ci ha confermato che le razze umane non esistono. Teoria non mia ma condivisa dalla quasi totalità degli scienziati che si occupano di evoluzione umana. Il concetto di "razza umana" è entrato in campo con l'espansione coloniale POCO tempo fa, circa nel 1500, ma già dal 1800 sappiamo di essere tutti una grande famiglia con differenze morfologiche dovute ad un mero adattamento all'ambiente. Infatti il problema era che tutte le misurazioni oggettive che avrebbero potuto categorizzare un individuo secondo la razza non hanno mai trovato riscontro. Insomma, nella nostra specie ci sono dei gradienti di variabilità genetica ma non blocchi che permettono di parlare di "razza". Ma se anche volessimo farlo una cosa mi disturba...non poter usare i nomi delle diverse etnie per colpa di chi ha voluto fare a gara a chi ce l'ha più lungo (ovviamente vincono i negri e gli asiatici fischiettano). La diversità non è quasi mai presa come semplice constatazione ma il giudizio di valore è dietro l'angolo e ovviamente, com'è normale...uguale a me è meglio, diverso da me è peggio Questa cosa in realtà è così umana da essere assolutamente condivisibile solo che io personalmente non sono mai riuscita a considerarmi caucasica ed eterosessuale... mi rispecchio nei pensieri, nei valori, nella cultura e non nel mio aspetto o nel mio orientamento sessuale. Tutto questo per dire che... quando sento dire "uomo nero" io penso alla pubblicità della saila e quando sento dire "di colore" penso a Andy Warhol 
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scienza-magia · 4 years
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La differenza genetica alla base della diversa risposta ai virus
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40.000 anni di incertezza genetica degli italiani. La predisposizione verso malattie differenti dipende da fattori genetici sviluppati dalle popolazioni che, col tempo, hanno occupato il nord e il sud della Penisola. La diversità genetica degli italiani è molto elevata: siamo la popolazione europea con la maggiore ricchezza genetica d'Europa. Una simile eterogeneità la si trova solo se si confrontano le popolazioni dell'Europa meridionale con quelle che vivono nelle regioni continentali più interne. Questa differenziazione iniziò e si fece via via più significativa a partire dalla fine del periodo di massima espansione dell'ultima glaciazione, circa 19.000 anni fa: questo, in estrema sintesi, è uno dei risultati più sorprendenti di uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Bologna e pubblicato su BMC Biology Nessuna ricerca sul nostro patrimonio genetico si era mai spinta così indietro nel tempo. Questo lavoro ha anche permesso di "vedere" alcune possibili associazioni tra le differenze genetiche all'interno delle popolazioni italiane e l'apparente predisposizione a problematiche correlate alla salute, per esempio, dai tumori della pelle, al diabete, all'obesità - e fino alla durata della vita. Per Marco Sazzini, del laboratorio di antropologia molecolare dell'Alma Mater di Bologna, «lo studio dell'evoluzione genetica degli italiani in un periodo di tempo così lungo ci aiuta a comprendere le caratteristiche biologiche della popolazione italiana attuale e le cause profonde che contribuiscono a influenzarne la salute e la predisposizione a determinate patologie».
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L'Uomo Vitruviano e l'elica del DNA: la biodiversità genetica degli italiani. | Alexator / Shutterstock Lo studio. Per lo studio è stato sequenziato il genoma di 40 persone, scelte in modo da rappresentare al meglio la biodiversità della popolazione della Penisola: l'analisi dei genomi ha messo in luce oltre 17 milioni di varianti genetiche. I risultati sono stati confrontati con quelli di studi condotti su circa 600 resti umani rinvenuti in Italia, appartenenti a individui che vissero tra il Paleolitico superiore (circa 40.000 anni fa) e l'Età del Bronzo (circa 4.000 anni fa). Ciò ha permesso di identificare tracce lasciate nel patrimonio genetico italiano da eventi avvenuti in momenti chiave con l'inizio della fine dell'ultima glaciazione, circa 19.000 anni fa. Mai ci si era spinti così indietro nel tempo con questo tipo di ricerca: al più si era arrivati a circa 7.000 anni or sono. Il nuovo studio mostra in modo chiaro che gli adattamenti biologici all'ambiente e le migrazioni, che hanno contribuito a porre le basi della straordinaria eterogeneità genetica degli italiani, sono molto più antichi di quanto finora ipotizzato. La nostra Storia. I ricercatori hanno ricostruito la storia evolutiva di due gruppi posti agli estremi della variabilità genetica della popolazione italiana: un gruppo originario delle regioni del sud, l'altro delle regioni del centro-nord. «Le popolazioni antenate di questi due gruppi hanno mantenuto andamenti demografici pressoché sovrapponibili a partire da oltre 30.000 anni fa e per la restante parte del Paleolitico superiore», spiega Stefania Sarno (Alma Mater, Bologna): «una differenziazione significativa della loro genetica si può però osservare già dal periodo tardoglaciale». L'ipotesi è che con l'aumento delle temperature e la conseguente diminuzione dei ghiacciai presenti nell'Italia settentrionale, alcuni gruppi sopravvissuti alla glaciazione in "aree rifugio" dell'Italia centrale si siano spostati sempre più verso nord, isolandosi progressivamente dalle popolazioni dell'Italia centro-meridionale. Il genoma delle popolazioni del nord Italia mostra tracce di queste migrazioni.
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Mappa genetica dell'Italia Le popolazioni del nord hanno un'affinità genetica maggiore con resti umani associati ad antiche culture europee, e una maggiore presenza di "contributi" ancora più antichi, per esempio impronte genetiche tipiche dei cacciatori-raccoglitori dell'Europa dell'est, che si suppone abbiano caratterizzato tutte le popolazioni europee tra 36.000 e 26.000 anni fa. I gruppi che hanno ripopolato l'Italia settentrionale hanno continuato per millenni a sopportare brusche variazioni climatiche e pressioni ambientali simili a quelle dell'ultimo massimo glaciale: sono circostanze che hanno portato all'evoluzione di adattamenti biologici specifici. Per esempio, un metabolismo adatto a una dieta altamente calorica e ricca di grassi animali, indispensabile per sopravvivere in un clima rigido. «In quelle popolazioni», aggiunge Paolo Garagnani (Alma Mater, Bologna), «abbiamo individuato modificazioni a carico di reti di geni che regolano la secrezione di insulina, la produzione di calore corporeo e il metabolismo del tessuto adiposo. Questi adattamenti potrebbero rappresentare oggi preziosi fattori protettivi nei confronti dello sviluppo di patologie come il diabete e l'obesità.» Le popolazioni del sud non mostrano, nel DNA, le tracce legate a migrazioni post-glaciali: non si sono mantenute, probabilmente a causa del notevole rimodellamento del loro patrimonio genetico dovuto ad eventi più recenti. A testimoniarlo è la maggiore affinità genetica con reperti neolitici dell'Anatolia e del Medio Oriente e con reperti dell'Età del Bronzo rinvenuti nel Caucaso meridionale. Nei genomi degli individui originari del sud lo studio ha identificato modificazioni a carico di geni che codificano proteine presenti sulle mucose dell'apparato respiratorio e gastro-intestinale (le mucine), il cui compito è impedire l'ingresso dei patogeni nei tessuti. «Questi adattamenti potrebbero essersi evoluti per contrastare antichi microorganismi», afferma Paolo Abondio, uno dei co-autori dello studio: «varianti di alcuni di questi geni sono state associate a una minore suscettibilità alla nefropatia di Berger, una patologia infiammatoria che colpisce i reni e che si presenta con un'incidenza minore nel sud Italia rispetto al nord.» E sono evidenti anche modificazioni dei geni che regolano la produzione di melanina, il pigmento responsabile della colorazione della pelle, evolute con ogni probabilità in risposta alle condizioni ambientali tipiche delle regioni mediterranee, e che potrebbero contribuire alla minore predisposizione ai tumori della pelle. Read the full article
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aquaponicitaly · 5 years
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La variabilità genetica delle livree dei Guppy emerge chiaramente osservando le nuove nei nati da genitori con colorazioni differenti. Ogni volta che si differenzia una nuova generazione, ci si trova sempre qualche esemplare che ci stupisce con i suoi colori inaspettati. - Esemplare riprodotto nella nostra fattoria acquaponica @my_rivendell - Visita la mio bio per leggere articoli sulla riproduzione dei pesci per hobby e per reddito - #guppy #fishtank #fishlover #fishbreeding #aquaponics #acquaponica🐟🌱 #acquariologia #riproduzionepesci #fattoriadidattica #aquaponicfarming #aquaponiaeducational #pesciornamentali #ornamentalfish #ornamentalaquaculture #ornamentalaquaponics #acquaponicaornamentale #portosantostefano #toscana🇮🇹 #greenbusiness #greenjobs (presso My Rivendell Aquaponics Farm) https://www.instagram.com/p/B1odUfGi6wb/?igshid=cb3so6a2v378
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autolesionistra · 3 years
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Sarei curioso di qualche aggiornamento sul tema banane.
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Riassunto delle puntate precedenti (gli esperti agroalimentari perdoneranno una certa superficialità): 
tutte le specie (pardon, cultivar) commercializzate commestibili sono sostanzialmente ibridoni e pistolamenti dalle due varianti Musa acuminata e Musa balbisiana aventi come scopo del gioco di aumentare la polpa, far sparire i semi e magari rendere il frutto più robusto per il trasporto.
Arriviamo quindi nella prima metà del XX secolo, con una varietà (la Gros Michel) priva di semi e ampiamente commercializzata. Ma come cantava quello, per fare l’albero ci vuole il seme e per fare il seme ci vuole il frutto. Circa. Sergio Endrigo per problemi metrici non infilò nella canzone la propagazione vegetativa, con la quale si aggira pure quel problema.
Ricapitolando: aree sterminate con una monocultura a zero variabilità genetica. Cosa potrebbe andare storto?
Negli anni ‘50 da questa roulette russa parassitaria partì un colpo: il fungo Fusarium (non legato al quasi omonimo e ugualmente nefasto opinionista/saggista) meglio noto come “malattia di Panama” (non legata ai quasi omonimi Papers) che nel giro di una decina d’anni spazzò via la Gros Michel da campi e negozi e sancì l’avvento della Cavendish (quella che oggidì si identifica tipicamente come banana).
Non so se qualcuno nato intorno agli anni ‘40 vi abbia mai parlato di quanto le banane ai suoi tempi fossero più saporite. Mi è capitato un paio di volte, pensavo fosse uno di quei momenti tipo “da giovane saltavo i fossi per la lunga” ma potrebbe esserci un fondo di verità. Chissà.
Noterete però che la dinamica non è cambiata di molto: siamo (di nuovo) ad una monocultura a zero variabilità, è cambiato solo il giro commerciale che rispetto agli anni ‘50 è ancora più ampio.
E puntualmente è uscito l’update della malattia di Panama, la versione Tropical Race 4, una variante multiplatform che gira anche su Cavendish (e ormai lo sappiamo: quando iniziano a comparire dei numeri in fondo, che sia covid o scuola di polizia, butta malissimo).
Questa variante impazza in maniera seria ormai da una ventina d’anni e ho letto sia previsioni ultracatastrofiste (it’s the end of the banana as we know it) che tecnoprogressiste (faremo nuove banane indistruttibili, anche se sapranno un poco di pongo), ed ero curioso di un qualche parere/aggiornamento sul tema da qualcuno più informato di me.
Poi, sì, la banana si porta dietro una serie di problemi etici ma più che per le nostre comunque pasciute fruttiere viene da preoccuparsi per un giro commerciale di svariate miliardate e con ripercussioni enormi su paesi che hanno già i loro problemi. Però viste le vagonate di quattrini che stanno investendo in nuove e meravigliose banane, viene proprio da pensare che abbiamo imparato la lezione sui limiti di questo modello di sviluppo. Ci rivedremo presto al cinema per Panama Disease: Tropical Race 6 - la vendetta.
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I Virus e possibile trattamento di patologie ...
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I Virus e possibile trattamento di patologie dovute a COVID 19
Nel gennaio 2020 inizia in Italia una epidemia dovuta a contagio di un corona virus inizialmente sconosciuto, ma con propagazione veloce e portando patologie polmonari molto spesso letali. Non sono qui a comprenderne la causa o se vi sia stata mutazione, fuga accidentale o contaminazione progettata, argomento di un successivo manoscritto . Molti propongono trattamenti con farmaci antivirali in commercio in Italia o altri Paesi come Russia o Giappone mostrando risultati miracolosi. Mi propongo di suggerire un trattamento alternativo con vitamina C endovena ad alte dosi oppure con due vitamine a alte dosi, vitamina C e B6, due vitamine idrosolubili indispensabili per la vita a basse dosi e possibili cure a elevate dosi endovena come noto in passato per malattie virali (Poliomelite). Tale approfondimento viene proposto con introduzione sui virus e successivamente sul COVID 19 e sviluppando letteratura scientifica dove sono stati riportate proprietà biochimiche e risultati clinici. INTRODUZIONE Virus è un termine latino che significa VELENO . Esso è un sistema complesso con modalità di azione e attività compatibile con i parassiti. Analizzando la sua fisionomia il virus assomiglia a una cellula mancata infatti da un filamento centrale una singola o doppia elica di RNA o DNA protetto da un sistema proteico detto capside avente compito di protezione dalle nucleasi . In alcuni casi il capside è avvolto in una membrana esterna detta peplo, o envelope o pericapside con composizione variabile di carboidrati, lipidi e proteine osservabili nell'herpesvirus, poxvirus e orthomyxovirus . Essi sono sistemi acellulari e parassiti obbligati nell'ambito del loro ciclo vitale si svolge penetrando all'interno delle cellule. Ogni virus svolge la propria attività rigenerativa in specifici sistemi, per esempio alcuni agiscono nelle cellule vegetali e solo in determinate specie, altre in generale nei mammiferi, uccelli, batteri ecc.
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Figura 1 - Virione di virus influenzale -Von Dr. Influensa in der Wikipedia auf Norwegisch, CC BY-SA 2.5, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=2850213 Tra i virus agenti sui mammiferi molti sono specifici per le cellule eucariotiche umane. Le infezioni virali possono causare patologie e verificarsi cambiamenti genetici. I virus specifici per i batteri detti batteriofagi si legano a recettori specifici sulla membrana per poi entrare nel batterio. In primis l'enzima polimerasico batterico inizia la traduzione di mRNA batterico producendo proteine che serviranno al virus nel ciclo di attività. Successivamente avverranno una serie di copie del genoma virale iniziale e la biosintesi di enzimi per la protezione e infine la morte del batterio e la fuoriuscita dei batteriofagi .
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Figura 2 - struttura di un batteriofago - Di GrahamColm di Wikipedia in inglese, CC BY-SA 3.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=7306290 Questo semplice esempio serve per la comprensione del ciclo dei virus aventi in comune le seguenti fasi: 1) Attaccamento ( fase in cui la parte terminale di proteine del capside virale si legano con proteine di membrana della cellula infettata); 2) Ingresso (fase successiva all'attaccamento dove il virione attraversa la membrana citoplasmatica della cellula per endocitosi per fusione di membrane o mediata da recettori. In alcuni casi il genoma può essere iniettato dall'esterno.); 3) Uncoating (fase successiva all'ingresso del virione nel citoplasma della cellula infettata e viene rilasciato il genoma e degradato il capside per effetto di enzimi virali o della cellula infettata); 4) Replicazione (fase successiva all'Uncoating dove il genoma si duplica n volte per effetto di enzimi specifici); 5) Assemblaggio ( fase il cui i nuovi genomi riformano capside tramite enzimi virali. Nel caso di HIV questa fase avviene dopo il rilascio); 6) Rilascio ( fase successiva all'assemblaggio e avviene la morte cellulare per lisi, liberando i nuovi virus). Variabilità genomica del virus La deriva antigenica è una modalità di mutazione genetica del virus. In particolare, variano singole basi nel genoma e spesso non conduce a variazioni di proteine codificate e tale fenomeno è chiamato "mutazione puntiforme silenziosa”. In altre occasioni la mutazione si oppone al farmaco antivirale creando virioni resistenti. La ricombinazione e riassortimento sono i modi di mutazione naturali . La ricombinazione e riassortimento sono i modi di mutazione naturali e quando accade con i virus influenzali si verificano pandemie. I virus influenzali esistono spesso come sciami di virus della stessa specie ma con genoma leggermente diverso. Quando nel ciclo virale il genoma in costruzione si combina con pezzetti di altro genoma presente avviene la ricombinazione e il risultato è un virus figlio o offspring con genoma diverso, fenomeno detto riassortimento. Lo stesso effetto mutante può essere creato in laboratorio. La replicazione dei virus a DNA avviene generalmente nel nucleo della cellula infettata e utilizza strumenti molecolari della cellula, talvolta anche i propri; i virus a RNA promuovono usualmente la loro azione biologica nel citoplasma utilizzando enzimi propri per replicazione del genoma detti RNA replicasi. I retrovirus effettuano il loro ciclo biologico nel citoplasma come i virus a RNA.
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Figura 3 - schema di come i diversi ceppi influenzali possano ricombinarsi creando ceppi completamente nuovi, con forma e caratteristiche d'entrambi. Questo processo è chiamato shift genetico ed è distinto dalla deriva genetica, che è il processo di accumulo di mutazioni puntiformi. Di Umberto NURS - Questo file deriva da: Influenza geneticshift.jpg:Jiver, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=43904121 In genere si lega alla cellula bersaglio tramite una glicoproteina ed entra per fusione con la membrana liberando capside contenente genoma. I retrovirus hanno genoma formato da due catene di RNA identiche. I genomi virali possono essere suddivisi in tre generiche parti : 1) gag codificante le proteine strutturali; 2) pol codificante le trascrittasi inverse e integrasi o replicasi o DNA polimerasi; 3) env codificante le proteine del pericapside. Nel retrovirus il genoma liberato, tramite trascrittasi inversa, codifica segmento DNA a doppia elica tramite tRNA specifico del virione e tramite enzima integrasi il DNA prodotto si integra con la cellula infettata. Si rigenera genoma, capside e pericapside e per gemmazione vengono rilasciati dalla cellula . Spesso l’infezione virale conduce al suicidio della cellula per apoptosi, atto estremo per fermare la replicazione virale non avendo altre possibilità di difesa . I virus benchè siano i sistemi biologici più abbondanti sulla Terra possono variare rispetto alla loro composizione naturale per effetto di mutazioni spontanee aventi però bassissima probabilità oppure con attività biotecnologica di laboratorio , quindi possono essere facilmente sintetizzati e nel 2002 abbiamo notizia del primo virus artificiale . In laboratorio è opportuno sintetizzare il genoma DNA (per virus a DNA) o cDNA (per virus a RNA) e messo all'interno della cellula affinché produca sé stesso in modo completo. Le sequenze genomiche di migliaia di virus sono contenute nel National Institutes of Health . Dalle esperienze di pandemie avvenute nella storia, si prende il pessimo esempio di utilizzare sistemi virali quali possibili armamenti benchè vietati dall'ONU. Oggi il COVID 19 , un virus appartenente all'Ordine dei Nidovirales , famiglia coronoviridae , sottofamiglia dei Coronavirus è acronimo dell'inglese COronaVIrus Disease 19 talvolta detta malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 .
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Figura 4 - Coronaviruses are a group of viruses that have a halo, or crown-like (corona) appearance when viewed under an electron microscope. The coronavirus is now recognized as the etiologic agent of the 2003 SARS outbreak. Additional specimens are being tested to learn more about this coronavirus, and its etiologic link with Severe Acute Respiratory Syndrome. It is stated on the CDC website for a coloured version of the image that this depicts the (Avian) Infectious bronchitis virus - Di Photo Credit:Content Providers(s): CDC/Dr. Fred Murphy - This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention's Public Health Image Library (PHIL), with identification number #4814.Note: Not all PHIL images are public domain; be sure to check copyright status and credit authors and content providers., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=822112 Il COVID 19 colpisce principalmente l'apparato respiratorio ma può provocare una serie di sintomi come febbre, tosse, respiro corto, dolore ai muscoli, stanchezza e disturbi gastrointestinali quali la diarrea; nei casi più gravi può verificarsi una polmonite, una sindrome da distress respiratorio acuto, sepsi e shock settico, fino ad arrivare al decesso del paziente . le principali modalità di trasmissione avvengono tra individui a stretto contatto per effetto di particelle di saliva dopo avere tossito o starnutito.
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Figura 5 - This illustration, created at the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), reveals ultrastructural morphology exhibited by coronaviruses. Note the spikes that adorn the outer surface of the virus, which impart the look of a corona surrounding the virion, when viewed electron microscopically. A novel coronavirus, named Severe Acute Respiratory Syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2), was identified as the cause of an outbreak of respiratory illness first detected in Wuhan, China in 2019. The illness caused by this virus has been named coronavirus disease 2019 - Di CDC/ Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM - This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention's Public Health Image Library (PHIL), with identification number #23312.Note: Not all PHIL images are public domain; be sure to check copyright status and credit authors and content providers., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86444014 individui a stretto contatto per effetto di particelle di saliva dopo avere tossito o starnutito. La trasmissione può avvenire tra due persone una delle quali con patologia oppure asintomatico. È attualmente in corso la sperimentazione per verificare trasmissione per contatto con superfici contaminate dal COVID 19. Sono stati effettuati campioni anche sulle feci risultando positive circa metà delle persone con patologia in fase avanzata . Nella saliva il virus rimane attivo qualche ora mentre sulle superfici per alcuni giorni . Il COVID 19 risulterebbe derivare dalla ricombinazione del coronavirus del pipistrello e un virus sconosciuto e talvolta ipotizzato essere di origine naturale senza poter escludere origine di ingegneria genetica . Osservo personalmente una serie di pubblicazioni dove gli autori affermano con certezza di una origine naturale del virus . Benchè mutazioni e la combinazione tra due virus siano possibili, la probabilità è estremamente bassa, rispetto a una costruzione in laboratorio dove la probabilità è 100%. La sede più probabile è quella dove è stato studiato il virus della SARS e nella ricerca del vaccino con inquinamento dovuto a un virus del raffreddore. La probabilità maggiore è evidente se ottengo un corona virus e tramite gli spike terminali (antenne) potrebbe essere influenzato da campi magnetici statici e variabili l’attaccamento ai recettori cellulari cellula potendo in quel modo determinare la virulenza e quindi alla comunità contaminata. Se il COVID 19 ha espressione genomica responsabile della variabilità continua con efficacia di attacco e di mimetizzazione determinando patologie gravi, è ideale per rendere inefficace nemici in tempi rapidi e con inizio dopo 14 giorni dal contagio non dà sospetti per visite bilaterali e se infine potrà legarsi agli individui desiderati sarà il virus ideale per la guerra . Vitamina C I trattamenti dell'infezione, al momento vengono fatti curando sintomatologie oppure con antivirali e altri farmaci di norma utilizzati per altre patologie. Gli effetti di antivirali sul mercato italiano e estero sono in via di sperimentazione da parte di strutture ospedaliere. Da biochimico propongo di affrontare i soggetti contagiati con semplici vitamine idrosolubili: Vitamina C e B6. Pauling dimostrò una diminuzione del 15 – 20% di soggetti con raffreddore o influenza stagionale con integrazione di vitamina C da 200 mg/die fino a 1 g/die. Quindi una normale integrazione orale di acido ascorbico è in grado di ridurre l’avvenire della patologia per circa il 15% dei soggetti Inoltre, è possibile effettuare esperimenti integrando vitamina C ad alte dosi contemporaneamente via orale e aumenta l’efficacia rispetto alla diminuzione dell’insorgenza di raffreddori e influenze endovena fino a 90 grammi complessivi come sostenevano Frederick Robert Klenner, Robert Cathcart e Linus Pauling in esperienze e pubblicazioni effettuate tra il 1974 e il 1992 per la cura di tutte le infezioni virali e altri proposti in esperimenti moderni . Inoltre, riduce drasticamente la tossicità dovuta a altri farmaci . È importante sottolineare l’utilizzo della vitamina C ad alte dosi per trattamenti a varie forme tumorali e altro da 600 mg a 90 grammi complessivi al giorno . La vitamina B6 La vitamina B6 è idrosolubile e essenziale pe la vita e viene reperita dall’organismo dei mammiferi tramite la dieta e all’attività batterica intestinale. Le sue forme in natura sono molteplici, piridossina, piridossale, piridossammina, le forma monofosfate in posizione 5’ e agliconi di zuccheri semplici o complessi . È stata oggetto di interesse di numerosi esperimenti, alcuni dei quali in alte dosi orale e endovena. La piridossina ha la facoltà di inibire enzimi polimerasi e topoisomerasi e conseguentemente potenziale bloccante di attività virale lasciando all'acido ascorbico di comportarsi da proosidante nelle cellule infettate, liberando acqua ossigenata, senza scalfire le cellule sane. La vitamina B6 come avviene per l’acido ascorbico è un antitumorale preventivo e soppressore . Proposte terapeutiche 1) La presente proposta prevede assunzione orale di acido ascorbico e endovena con flebo di soluzione fisiologica: 5 grammi suddivisi nella giornata e 45 grammi endovena da raggiungere in tre giorni e studiando effetti e tolleranza del paziente. È possibile utilizzare 90 grammi al giorno come affermava Linus Pauling. Verifiche da fare sono pH della soluzione da iniettare endovena e dovrà avere valori compresi tra 7,30 e 7,35 (pH fisiologico). 2) La seconda proposta prevede tutta la prima parte con aggiunta di 600 mg al giornodi piridossina da iniettare endovena arrivando a tali valori in due giorni e con valori ematici elevati di acido ascorbico. Qualora il paziente infettato da COVID 19 non abbia effetti collaterali aumentare di 100 mg di vitamina B6 fino al massimo possibile di tolleranza che grazie alla presenza di acido ascorbico aumenterà notevolmente. Eventi precedenti di utilizzo protocollo 1 Il Dr Domenico Mastrangelo è un medico ematologo specializzato in oncologia che lavora presso il policlinico Le Scotte di Siena. Esso ha utilizzato alte dosi di acido ascorbico per la cura del retinoblastoma ai fanciulli con risultati eccellenti e senza usare chemioterapici e suggerisco di contattarlo . Mi permetto un’ultima considerazione, Siena conta suicidi che talvolta non sono tali, lascio al buonsenso di ognuno ogni considerazione, poiché se non fosse così nel caso del Professore Francesco Lo Coco, sarebbe fonte di prova del funzionamento di sostanze efficaci a basso costo . L’idea di utilizzare acido ascorbico e piridossina per sconfiggere il COVID 19 nasce sia dalla ottima bibliografia che evidenzia le proprietà eccezionali di queste due molecole ma anche da esperienze personali di utilizzo dello stesso a alte dosi e la morte del professore Lo Coco mi ha convinto definitivamente del quale spero si possa effettuare approfondimenti d’indagine. Dr. Riccardo Zanaboni (Comitato Scientifico del C.I.R. Centro Italiano Ricerche) °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° BIBLIOGRAFIA https://it.wikipedia.org/wiki/Virus_(biologia)#CITEREFShors; http://www.microbiologia.unige.it/dpb/Appunti/VIRUS1.pdf; https://www.chimica-online.it/biologia/virus.htm; Worobey M, Holmes EC, Evolutionary aspects of recombination in RNA viruses, in J. Gen. Virol., 80 ( Pt 10), 1999, pp. 2535–43, PMID 10573145; Bentley K, Evans DJ. Mechanisms and consequences of positive-strand RNA virus recombination. .J Gen Virol. 2018 Oct;99(10):1345-1356. doi: 10.1099/jgv.0.001142. 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captaindomy · 4 years
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La farmacoresistenza nei patogeni delle api
Definita come la perdita momentanea o definitiva da parte degli organismi viventi di vario genere (principalmente patogeni) della sensibilità a sostanze chimiche in grado di provocarne la morte o inibire la crescita e moltiplicazione.
Fenomeno dovuto a:
* variabilità genetica: mutazioni che si verificano indipendente dall’esposizione * rimozione degli individui non resistenti, con sopravvivenza di…
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L'ignara potenza del tarassaco
L’ignara potenza del tarassaco
Pisciano i cani sulle tue radici, ignari dell’eternità, pretendono la marcescenza del monopolio vitale. In te si mischiano donna e uomo, sperma ed utero gravidi
Fruttifica nel volo la vita, acheni si mescolano nell’aria: Insorta la variabilità genetica, pronto è il nuovo fiore, complesso è apparentemente semplice, maschio è femmina,
femmina è maschio… immune all’acido urico…
E . M
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