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#Andreas Malandrinos
mariocki · 10 months
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The Saint: The Gadic Collection (5.27, ITC, 1967)
"He believed that people who are foolish deserve to be separated from their money."
"Well, I must confess, I feel the same way myself sometimes."
#the saint#the gadic collection#1967#itc#leslie charteris#freddie francis#philip broadley#roger moore#peter wyngarde#georgia brown#michael ripper#martin benson#andre van gyseghem#nicole shelby#hedger wallace#henry lincoln#paul darrow#geoffrey cheshire#ann tirard#andreas malandrinos#bakshi prem#and so s5 draws to a close. this production block had actually consisted of 30 odd episodes but a couple were held over for s6 which would#take more than a year to appear on screens. quite why that happened‚ as with much of the scheduling and itinerary of this show‚ remains a#mystery to me for now. this is a suitably grand finále‚ with a strong cast. curiously there is no credited writer onscreen (network credit#Broadley on the dvd sleeve). Wyngarde returns as guest star‚ but gets no fave spotted post from me this time; I've also largely tried to#avoid images with him in for this post. unfortunately a fairly good ep is rendered distasteful (and has fully understandably been dropped#from the current itv4 repeats) by one of the worst and most offensive cases of brownface I've come across in old tv. there's no excusing it#and it looks‚ frankly‚ ridiculous as well as deeply troubling. a very disappointing element of an otherwise entertaining episode#paul darrow also turns up and is also playing a native of Istanbul but happily does not appear to be under heavy makeup.. nor do much of#the guest cast‚ and certainly nobody near Wyngarde's level of makeup. which makes one wonder what happened and why on earth
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badgaymovies · 2 years
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The Magus (1968)
The Magus by #GuyGreen starring #MichaelCaine, #CandiceBergen and #AnthonyQuinn, "though there are a few pleasures to be had in enjoying the beautiful scenery and the series of magnificent actors giving, if not fully cohesive performances, at least passionate and energetic ones", Now reviewed on MyOldAddiction.com
GUY GREEN Bil’s rating (out of 5): BB United Kingdom, 1968. Blazer Films. Screenplay by John Fowles, based on his novel. Cinematography by Billy Williams. Produced by Jud Kinberg, John Kohn. Music by John Dankworth. Production Design by Donald M. Ashton. Costume Design by Anthony Mendleson. Film Editing by Max Benedict. John Fowles was so distraught over this adaptation of his popular novel that…
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sjw-dipper · 3 years
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Trigger warning for pedophilia, incest, and elentori mentions
Hi, I don’t have a lot of followers and I was wondering if you could spread the word about some popular fandom artists making pedophilic/incest content (like Katie Hamill/elentori who for some reason is still popular)? Andrea Ladstätter aka elithien/elithienart is very popular on here/Instagram/TikTok and has drawn NSFW fanart of minors from Harry Potter on their Patreon, made Thor/Loki incest edits, and drew non-explicit adult/minor shipping art from Star Wars Rebels. Kallie LeFave aka kallielef’s Tumblr and DeviantArt are full of explicit and non-explicit adult/minor shipping art from A Song Of Ice And Fire (kallielef is also on Twitter and Instagram). And Maria Lia Malandrino aka art_bymemo on Instagram has drawn non-explicit Disney Frozen incest fan art. I’m disgusted at seeing them everywhere.
Also, I hope you are having a good day.
besides elentori I don’t know the media for any of the other artists (and can’t access instagram to check the last one) so I’ll just have to take your word for it. I see elithienart admitted to drawing “really kinky” stuff of harry potter kids on twitter though so I trust the rest are just as disturbing. thank you for letting us know
everyone else, if you don’t know these medias either, it looks like they also draw original artwork so be careful
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lovelyballetandmore · 5 years
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Cristina Matarozzo | Andrea Straniero | Photos by Giovanni Malandrino
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giancarlonicoli · 4 years
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24 lug 2020 09:51
GLI ULTIMI SIMBOLI DEL POTERE: I NECROLOGI - LA MORTE DI GIULIA MARIA CRESPI PARAVICINI MOZZONI SI È CONSUMATA IN 194 NECROLOGI SUL ''CORRIERE'', DISTRIBUITI SU TRE PAGINE NELL'ARCO DI TRE GIORNI (PER UN INCASSO TOTALE DI 40MILA €) - L’IMPORTANZA DI CHI PARTECIPA AL LUTTO, COME NEI FUNERALI, DIPENDE DALLA VISIBILITÀ: LA PRIMA COLONNA PER I FAMILIARI, POI CAIRO IN TESTA ALLA SECONDA, INFINE SFILANO PUPA, ANTY, MALY, KITTI E KLAUS, GALEAZZO, LUPO E MARIE, COGNOMI MULTIPLI E COGNOMI SINGOLI MA PESANTI: FERRERO, ARMANI, ZEGNA, FERRÈ, PRADA... - IL PERFIDO ANTONIO RICCI
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Giacomo Papi per ''Il Foglio''
Sui quotidiani – che come si sa non sono più quelli di una volta, e vorrei anche vedere – sopravvivono anfratti dove il loro antico potere risplende. Tra questi fortini la sezione dei necrologi resiste con incomparabile eleganza all’assalto quotidiano dei funerali di massa dei social. Gli annunci funebri a pagamento sono ancora, per molti, il luogo dove pubblico e privato si incontrano nel momento più intimo, la morte, e dove la lingua si ribella alle mode cambiando con calma, ma anche il luogo in cui le tragedie epocali si manifestano incontrovertibili, come è accaduto il 13 marzo per le dieci pagine di necrologi dei morti per Covid sull’Eco di Bergamo o per la prima pagina che il 24 maggio il New York Times ha dedicato alle vittime dell’epidemia. I necrologi sono il luogo, infine, dove, almeno in Italia, si disegna la geografia del potere. La mappa attraverso cui, leggendo con un po’ di attenzione, si può ricostruire la rete di amicizie del defunto, le sue proprietà, partecipazioni e clientele.
Sul Corriere della Sera la morte di donna Giulia Maria Crespi Paravicini Mozzoni – potente, prepotente, ambientalista, anticonformista, visionaria proprietaria del quotidiano fino al 1974 (oltre che di due immensi Canaletto con veduta del Canal Grande più grande del Canal Grande) e fondatrice del Fai nel 1975 – si è consumata in 194 necrologi distribuiti su tre pagine nell’arco di tre giorni (per un incasso totale che si può stimare intorno ai 40 mila euro). La sintassi dei necrologi, esattamente come quella dei funerali, prevede che l’importanza di chi partecipa al lutto non sia data solo dal fatto di esserci e dal grado di intimità che si può mostrare con l’estinto, ma soprattutto dalla visibilità del posto che si occupa. A dimostrare l’autorità ancora emanata da donna Giulia Maria, il fatto che intimi e famigliari abbiano occupato l’intera prima colonna, costringendo tutti gli altri ad accomodarsi dalla seconda fila in poi.
Il primo degli altri – quello in cima alla seconda colonna – è il nuovo padrone, ovviamente: «Il presidente Urbano Cairo», che «sentitamente partecipa». Sfilano, poi, nomi e nomignoli – Pupa, Anty, Maly, Kitti e Klaus, Galeazzo, Lupo e Marie – e cognomi multipli (per gli aristocratici la spesa è maggiore: 6,5 euro a parola, quindi a cognome) e cognomi singoli che però spesso coincidono con marchi famosi: Ferrero, Borletti Buitoni, Armani, Zegna, Ferrè, Miuccia Prada, oltre a istituzioni e fondazioni, sindaci ed ex sindaci, primi ministri e signore.
Nella terza colonna, malandrino, «Antonio Ricci e tutta Striscia la notizia» salutano «l’amata guatemalteca», in riferimento agli aggettivi «autoritario, violento e guatemalteco» con cui Indro Montanelli bollò la defenestrazione di Spadolini dalla direzione del Corriere nel 1972. Ah, a proposito: quando Montanelli lanciò il Giornale – cacciato proprio da Giulia Maria e dal direttore di allora Piero Ottone – fece leva anche e proprio sul fatto che mentre il Corriere lucrava sui morti attraverso i necrologi a pagamento, il Giornale avrebbe destinato tutto in beneficenza. (Ora si fa pagare, con il tempo i buoni propositi si annacquano).
In Italia la pagina delle necrologie continua a essere centrale, al punto che la battuta di Walter Valdi si conserva attuale più per la morte che per il cinema: «Io del giornale leggo sempre i necrologi e i cinema. Se è morto qualcuno che conosco vado al funerale. Se no vado al cinema». Sapere chi è morto è ancora una delle più forti motivazioni d’acquisto e una delle ragioni di sopravvivenza dei quotidiani locali.
Per questo, forse, sui giornali italiani – unica gloriosa eccezione italiana la rubrica «Se ne sono andati» di Diario della settimana – non si sono mai sviluppate rubriche di encomi funebri, che invece su quelli anglosassoni abbondano. Se sono a pagamento, in inglese i necrologi hanno addirittura un altro nome. Si chiamano «death notices», notizie di morte, annunci funebri, distinzione che in italiano non c’è. È una differenza che, forse, ha una ragione profonda: un diverso approccio alla morte, quindi alla vita, perché in Italia la relazione con il morto è individuale e famigliare, il dolore privato, mentre sembra meno importante riconoscersi tutti in un ritratto condiviso. Nelle canzoni italiane non c’è nessuna Eleanor Rigby a «raccogliere il riso ai matrimoni» e neppure Father McKenzie a «scrivere sermoni che nessuno ascolterà».
Alden Whitman, il più celebre tra gli scrittori di necrologi del Times, inventore dell’intervista preventiva da pubblicare post mortem, era un signore che girava per New York con un cappello da poliziotto francese e una barbetta appuntita. Chi riceveva le sue visite sapeva che la sua ora era vicina. Dopo avere acconsentito a rilasciargli un’intervista, Alger Hiss, il funzionario americano che nel 1948 fu accusato di essere una spia comunista, disse: «Ho appena ricevuto la visita dell’angelo della morte». Nel mondo anglosassone l’obituary è un’abitudine, un rito quotidiano di appartenenza alla comunità. Scrisse il premio Pulitzer Russell Baker nella prefazione di The last word, antologia di necrologi del New York Times uscita nel 1999: «È meglio che gli obituaries stiano in fondo al giornale, subito dopo i fumetti. «Spesso forniscono l’unico piacere che oggi si può ricavare dalla lettura dei quotidiani e dovrebbero essere assaporati lentamente, tenuti da parte per l’ultima tazza di caffè della colazione». (Per inciso, è la stessa posizione della rubrica di Diario curata per anni da Andrea Jacchia).
Gli obituaries in Gran Bretagna e negli Stati Uniti hanno un valore politico, in alcuni casi perfino legale. Come quando, dopo l’11 settembre, nell’impossibilità di recuperare i corpi, le compagnie di assicurazione americane decisero di accettare come certificati ufficiali di morte gli oltre 1.800 necrologi delle vittime pubblicati per mesi sul New York Times. O come negli anni Settanta, durante il lunghissimo sciopero dei tipografi del Times di Londra che bloccarono per lunghi mesi l’uscita del giornale. Quando lo sciopero finì e i giornalisti tornarono al lavoro si trovarono di fronte a una montagna di morti da smaltire. Per non irritare i lettori e farseli strappare dalla concorrenza dei quotidiani popolari, si decise di allegare al normale quotidiano un poderoso fascicolo speciale fitto dei necrologi arretrati. A Londra non eri morto se il tuo necrologio non usciva sul Times. Malcolm Rutherford, per lunghi anni responsabile della pagina, racconta che una sera giunse in redazione la telefonata del maggiordomo di lord Woodword. Il nobiluomo desiderava avvisare il direttore di non essere sicuro di sopravvivere alla notte.
Morire è l’unico momento pubblico della vita della maggior parte degli umani, noti soltanto alla cerchia ristretta della propria famiglia e comunità. I necrologi pubblicati sui giornali rappresentano, cioè, una sterminata Antologia di Spoon River in frantumi dove si racconta il passaggio della storia, il mutare dei gusti e dei valori. Scrive Janice Hume, autrice del monumentale Obituaries in american culture, che raccoglie ottomila necrologi di ottomila sconosciuti morti tra il 1818 e il 1930 (un numero analogo a quello del Libro della memoria di Liliana Picciotto Fargion che regala un nome e una nota a tutti gli ebrei italiani uccisi nei campi di sterminio nazisti): «Nel necrologio di una donna normalmente si scriveva quanto pulita tenesse la casa. Nell’Ottocento si riferivano alla morte adoperando immagini vivide che oggi ci sembrano stupide: «Ella è stata strappata dall’angelo distruttore». I necrologi sono molto di più della notizia che qualcuno è morto: raccontano ciò che in un dato periodo era considerato di valore nella vita di una persona».
Ma se l’obituary è un ritratto che, mettendo a distanza, definisce l’essenziale, il problema è che l’essenziale cambia nel tempo. Nella seconda metà del Novecento, lentamente, a importare non sono più i ruoli sociali, ma l’eccentricità delle esistenze narrate, come dimostrano i necrologi scelti per The last word dal curatore, Marvin Siegel: «Prima del 1960, le pagine degli obituaries sottolineavano l’importanza delle Colonne della comunità… All’inizio del secolo, i pronunciamenti morali e filosofici di un preside di college potevano essere notizie da prima pagina… Fino a non molto tempo fa, i parenti erano riluttanti a rivelare che i loro cari erano morti di cancro... Gli eufemismi di conseguenza fiorivano e le persone iniziarono a morire ‘dopo lunga malattia’… La stessa riluttanza si ebbe più recentemente con i malati di Aids». Siegel prosegue narrando di come, nel 1986, il suo quasi omonimo Allan M. Siegal, che aveva il compito di garantire gli standard di qualità del giornale, mise nero su bianco le regole guida per trattare i casi di Aids nei necrologi. Fu solo nel 1992 che fu deciso che il termine «survivors» (i sopravvissuti, i «cari») potesse essere applicato anche a chi aveva intrattenuto con l’estinto relazioni di tipo omosessuale. L’essenziale, trasformandosi, ridefinisce anche i confini del dicibile e dell’indicibile, cioè del pudore.
Le frasi scritte in morte, come nell’epigrafia antica, rappresentano la traccia che resta della vita della maggior parte di noi. Scrive ancora Alden Whitman: «L’obituary non è una biografia completa, né un saggio scolastico, non è un tributo ed è solo in parte lo schizzo di una personalità. Un buon necrologio ha le qualità di un’istantanea messa bene a fuoco, dev’essere il più denso, misurato, il migliore possibile… Se l’istantanea è chiara, chi la osserva trae un veloce orientamento sul soggetto, sui suoi successi, sui suoi difetti e sui suoi tempi. Comporre l’istantanea… richiede tempo e pazienza, bisogna scavare e, infine, ci vuole una certa abilità con le parole».
Abilità di cui, nella tradizione italiana, si può fare quasi a meno perché le necrologie a pagamento devono essere brevi (anche per questione di prezzo) e abbondare di formule di circostanza. Fino a pochi anni fa i morti italiani tornavano «alla casa del Padre», «strappati all’affetto dei cari», mentre i vivi «piangono inconsolabili la prematura scomparsa». In alcuni casi lo fanno ancora, qualche volta con involontario umorismo (di pochi giorni fa il rimpianto per «Franco Fido, valente studioso e amico fedele»), ma oggi lo stile si è fatto più asciutto, anche se ugualmente convenzionale. Niente di più lontano dalla letteratura, insomma. Niente di più prossimo alla pubblicità.
In Italia, come detto, al centro della vita – e quindi della morte – ci sono le relazioni personali. Per questo, da noi, la funzione politica del necrologio è addirittura ovvia. Quando il capomafia Stefano Bontade fu ucciso, nel 1980, sul Giornale di Sicilia apparvero soltanto sette necrologi, nessuno dei quali firmato. E invece, quando nel gennaio del 2000 se ne andò Bettino Craxi, qualcuno ebbe coraggio e molti altri no: qualche segreteria della Uil, un paio di comici (Teo Teocoli e Massimo Boldi) e qualche pezzo del mondo della musica (Mario Lavezzi e Caterina Caselli), oltre a una manciata di vecchi compagni e compagne di partito. Ma si tratta di casi limite.
La maggior parte dei morti, per fortuna, compattano la società, non la dividono. Quando se ne va una persona famosa, sulle pagine dei necrologi dei quotidiani italiani va in scena una lotta invisibile per esserci ed essere visibili, e accostare il proprio nome, o quello della propria ditta, al nome del morto. Il senso degli affari, naturalmente, non è una prerogativa nazionale. Si racconta che su una lapide nel cimitero di Brooklyn ci sia scritto, più o meno: «Qui giace Walt G. Fraser, marito e padre amorevole, nato nel 1910 e morto nel 1974. La sua celebre drogheria è ancora aperta, 24 hours a day».
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manualstogo · 4 years
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For just $3.99 Released on July 1, 1937: A group of arch-criminal businessmen employ a mad scientist to build remote control automatic airplanes that will bomb London at midnight on November 5 unless a cartoonist from a London newspaper can stop them. Genre: Drama Duration: 1h 17min Director: Sinclair Hill Actors: Charles Farrell (Briant Gaunt), Margaret Vyner (Mary Stevens), Fritz Kortner (Minister Peters of Grovnia), Danny Green (Socks, American henchman), Wallace Evennett (Smith, bowler-hat henchman), Monti DeLyle (Pierre, knife throwing henchman), Dino Galvani (Tony, slender henchman), Arthur Finn (Mac, newspaper editor), Laurence Hanray (Sir George, lead conspirator), Arthur Gomez (delegate Baron von Kleisch), Raymond Lovell (Harris), Evan John (Doctor Marsh), Reynes Barton (conference president), Terence O'Brien (secret agent Fearns), Dennis Val Norton (Vronsky, Peters' aide), Billy Bray (Banks), Sydney King (Graham Stevens), Andreas Malandrinos (Zadek), Victor Tandy (Groves) *** This item will be supplied on a quality disc and will be sent in a sleeve that is designed for posting CD's DVDs *** This item will be sent by 1st class post for quick delivery. Should you not receive your item within 12 working days of making payment, please contact me so we can solve this or any other questions. Note: All my products are either my own work, licensed to me directly or supplied to me under a GPL/GNU License. No Trademarks, copyrights or rules have been violated by this item. This product complies with rules on compilations, international media, and downloadable media. All items are supplied on CD or DVD.
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gleniboutique · 7 years
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conley_esperanzaj-brownshuga by conley-esperanzaj1957 featuring a gold tone necklace ❤ liked on Polyvore
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ventungrammi · 7 years
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il 2016
la cena a colle di sogno il pile fuxia bevi giù sto vino nicholas che scala la montagna in tre secondi i tomini la polenta e la mega frittatona andrea interrompe la tradizione e non mette a posto la camera hotel a casa della je le carte di world of warcraft e la paninoteca con la neve l’unica neve dell’anno l’enciclopedia di lost il national geographic maggio 1972 il poster di lost ciao sergio il tè nella tazza di lost race melanie martinez la maratona di star wars con la mamma il libro di the leftovers monte cinque a metà la cuffia della principessa bitorzolo ralphy con le lucine di natale erica a bologna è roger le saponette per quozza cards against humanity la cena al ristorante cinese buono di via del pratello il dopo serata con i piedi congelati le tute con gli orsi le canzoni di lost suonate al piano l’esame di lettura cantata con steve e la giulia ralphy che dorme sul divano con la mia copertina la coperta dei re il concerto di ellie con andrea e il ciuez gli starlight a ottomila euro  il disegno di anna la cena al bounty con il vomito il pickquick con i sardi e hotel il pickquick con andrea e i sardi il punto andrea che canta gli a perfect circle  la sorpresa di san valentino i ricci massimo pallina sisto speedy lisa le terme la piadina dopo le terme il pozzo degli audaci andrea che non vuole andare a decathlon andrea che non ha il costume v per vendetta il papà che guarda v per vendetta due vote e il terzo giorno pensa che sia un film nuovo better call selly le candele gli occhiali inception n a bologna doctor who wilfred he will knock four times la rigenerazione del decimo e dell’undicesimo dottore l’attesa per the leftovers le teorie su kevin la scoperta di simon e garfunkel  le giornate a san luca emma e uno al bar il vanilia  il giro in bici da sola con l’albero bello fiorito le mie scarpe leonard cohen i live here now bussolengo i fenicotteri la lotta delle tartarughe il tapiro di andrea i lemuri gli insetti stecco il brapido che è troppo lento la piscina i signori della piscina il mio piede rotto le colazioni con la mamma al bar della coop e al bar venezia la prima polenta mia e di andrea como col ciuez la maglia dei tool il mercatino del 25 aprile con marta l’hummus di marta la prima cena ad america graffiti con emma e marta erica e quozza i braccialetti dell’amicizia san luca le foto ai gozzi l’antro il video dove la mamma non vuole il filtro del cane america graffiti con andrea e i sardi  la maglia di lost l’orrido di nesso di nuovo ad america graffiti il filtro di pizzino il ciuez con la faccia di andrea maggio il mese più triste l’occhio della mamma la settimana a mantova il biglietto sbagliato patrizia che non c’è più la mia testa che non va più il funerale mancato ralphy che sta male ma poi si riprende sempre may angels lead you in le giornate da sola a casa di andrea il primo giorno di caldo che mi sono tolta i pantaloni al bione le margherite per patrizia la piccola anna e la sua finestra coi fiori stay hodor le colazioni al vanilia con andrea i cappuccini con andrea game of thrones con emma e la mamma jon snow è vivo fortitude le cene a casa dei sardi il monopoly il castello dell’innominato il bruco girolamo don abbondio pezzo di merda davi bowie la maglia greca le due sere al covaticcio luca e helene la piscina con luca e helene la piscina con i sardi la piscina con andrea emma e i sardi le colazioni con emma il concerto estivo dei ministri con le foto strane appese sotto al portico la battaglia per il nord la grigliata all’orto enzo andrea e rob in macchina per vedere la s l’esame di pianoforte la foto con marta con le ciabatte d’argento il concerto del papà con i sardi sirmione con andrea e il ciuez il caldo afoso sirmione con andrea e erica la cena bellissima a casa di erica al lago con andrea ciumanzo e ciuez corfù  vedere le spiagge dall’aereo il caffè greco a vigla paleokastritsa kassiopi l’animale i biscotti della mattina il minimarket con cose a caso sulle mensole il motorino parcheggiato davanti alla macchina i baci sulla spiaggia sotto la luna gli asciugamani sempre bagnati la spiaggia dell’orrore  che sembrava bella con il guanto sott’acqua la barca sott’acqua che ho guardato per un nano secondo i viaggi in macchina il palazzo di sissi il pane all’aglio spyros l’alatopipero  la maglietta nera e rosa la spremuta d’arancia alla rocca di angelokastro corfù town il giorno in cui mi facevano male le gambe l’akron biz bar  il gabbiano sulla cima del faro la signora anastasia gli anastasia apartments il canal d’amour di sidari le patatine al barbecue la seconda volta a kassiopi le palline fritte di vigla l’hamburger di vigla la barca pontikonissi e il pavone i cani di pontikonissi le campanelle di pontikonissi aspettare gli aerei sul molo i motorini sul molo andrea emozionato per gli aerei l’ultima sera a kerkyra e sail degli awolnation l’aereo del ritorno il pisolino in aereo la blsm al parcheggio la blsm è stoica come nicholas mad max in piazza con i sardi l’ultimo giorno in via turati con i sardi they leave via del pratello deserta emma e la caccallet game of thrones con la mamma the north remembers al lago con andrea il ciuez il gamba e la claudia il compleanno con race la maglia di adventure time il cd di the leftovers  lo zaino del tradis la cioccolata il dalek l’adipose e il tardis la felpa con la T si parte pisa con emma le foto col gozzo sotto la torre di pisa il papà che guida la mamma che fa foto la pizza surgelata di pisa al ristorante indiano con i peperoni e le cipolle orvieto la pizza del malandrino la foto storica del papà il freddo il letto a soppalco emma che dorme nel letto di sotto la piastra rotta la casa del tufo la mamma che ama il duomo  il pozzo di san patrizio la schiena bloccata l’orzo vegetariano civita città che muore  tursi nerina enza monopoly rocca imperiale n gli amici le giornate in spiaggia con lo zaino del tardis i bagni con enza e emma le passeggiate della mamma il papà che suona la chitarra mentre dorme rosanna il salento galatina lecce l’appartamento di lecce con christian che è il classico uomo che si fa ingravidare i letti di lecce le maglie del salento otranto torre dei corsari tredici anni dopo la canzone dei ministri la cava di bauxite  tabù e il vento sotto al faro l’ipogeo il papà che non sa usare il navigatore del telefono nuovo la spiaggia che piaceva solo a me con il caffè alla mandorla il bagno da sola il bagno a otranto il bagno a torre dell’orsa dove abbiamo rischiato la vita la treccina nerina ferragosto i calanchi con enza e simon e garfunkel kaory il virus la mamma che sta male la partita a monopoly col virus la minestrina isabella kaory che si ammala l’aperitivo tutti malati  la sera delle foto scabrose a n caste del monte  trani barletta il molo di trani con emma la pizza di trani la spiaggia con la sabbia che piace a emma  eloise stranger things andrea dopo giorni e giorni la maglia di star wars la cena da america graffiti con andre e anna il bowling con andrea  lecco con andrea community pierce firenze con kaory emma e n la sbronza del 7 settembre le candele la tesi i cartoni animati degli anni 20 la candela rosa per la tesi i viaggi a ferrara l’esame di piano  pomeriggi a far la tesi con la mamma il compleanno di andre il vino con noemi la torre nera l’addio a giulia il secondo funerale a cui non sono andata i santini a giulia il volo di albaredo con andrea che non mi ha ancora ricompensata con il fufazzo di morph del pianeta del tesoro i calzini dei coreani marta torna a bologna una settimana con marta babilonia arriva rob caffè al vanilia con i sardi arrivano andrea e enza la mia tesi la mia laurea la tesi da dams il prof che rovina tutto marta che urla e mi mette la corona in testa tutta la mia famiglia insieme ciumanzo ciuez steve sardi enza nonna zia lorenzo mamma papà emma andrea pocissimi mattia fabio sofia madda rosalia l’aperitivo al vanilia i regali in casa il ciumanzo che sta male il geffer andrea col cacciavite sonico il 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sgrida mi mette il pigiama mi asciuga le lacrime mi abbraccia i pocissimi che non hanno visto niente ma che stanno un po’ tremando andrea che mi ama e che mi fa vibrare il cuore come il primo giorno andrea che mi scrive il biglietto e mi regala l’agenda con il solito bellissimo disegno che mi porta alla festa dei ricci e a vedere gli animali a bussolengo che mi spruzza l’acqua alle terme e mi sopporta mentre urlo corfare anche se mancano ancora cinque mesi che mi regala il national geographic e mi dice che ho le squame sotto gli occhi e i baffetti andrea che mi convince a buttarmi da una montagna
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Lonely Planet: la prima guida dedicata alla Campania
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I luoghi della cultura ancora poco noti al grande pubblico, passeggiate suggestive lungo sentieri affascinanti, tour enogastronomici ed esperienze destinate sia a chi non conosce ancora la regione sia a chi la vive quotidianamente. Questo e altro nella prima guida dedicata all’intera regione realizzata dalla casa editrice Lonely Planet, società che pubblica le guide più vendute in Italia e nel mondo. Il progetto è stato promosso con il contributo della Regione Campania tramite Scabec, Società Campana Beni Culturali, che ha supportato la realizzazione del testo nell’ambito del progetto campania>artecard, il pass regionale che racchiude l’intera offerta del patrimonio culturale campano e che offre la possibilità a turisti e a residenti di accedere a castelli e dimore storiche, chiese e complessi monastici, musei e parchi archeologici, parchi e grotte naturali. NAPOLI  “A Napoli si viene per il suo fascino cangiante, frutto forse delle tante influenze culturali o del ritmo pulsante che scandisce la vita dei suoi sagaci abitanti, abituati a improvvisare e a badare più alla sostanza che alla forma.” È questo l’incipit con cui inizia nella Lonely Planet dedicata alla Campania il percorso letterario nel capoluogo di provincia. Una visita che va oltre la bellezza già apprezzata del centro storico, il cuore viscerale della città. Un viaggio che conduce nella storia dei principali luoghi della cultura della Nea Polis, dei suoi quartieri più veraci, dell’incontro tra sacro e profano dei vicoli e delle strade, del suo street food e dei murales urbani. Non solo Napoli ma anche Campi Flegrei, il Vesuvio, la Penisola Sorrentina, le isole del Golfo. Territori toccati a fondo, fino a raggiungere l’anima di un luogo sospeso tra il mito e la leggenda. “Napoli è un pezzo unico: un viaggio verticale dalle tenebrose catacombe e dai tunnel segreti fino ai quartieri alti dove tutto risplende, un’avventura che dal mare e dalle coste assolate conduce ai chiaroscuri del centro storico, autentico spaccato di vita tra miseria e nobiltà, e all’incontro con musei di portata mondiale”. SALERNO “Se siete interessati alle meraviglie della natura, allora il Cilentano non mancherà di sorprendervi”. È dalla costa cilentana che prende il via il tour della Lonely Planet nel salernitano per poi risalire in città, tra “le viuzze stropicciate del centro storico, con il loro tripudio di archi, odori marinareschi, chiesette profumate di antico, insegne vintage, colonne romane che fanno capolino dalle facciate scrostate delle case, dove si alternano alle architetture contemporanee che hanno rinnovato l’identità della città”. Una tappa che anticipa altre bellezze racchiuse in questa provincia, come la divina Costiera Amalfitana, il Vallo di Diano e gli Alburni. AVELLINO Poi è il turno di Avellino dell’Irpinia, “di una bellezza non convenzionale e tutt’altro che trendy, non per tutti”, una dimensione di unicità che si traduce in uno dei “pochi territori che sono in grado di trasmettere in egual misura la forza dirompente del proprio carattere: nessun evento sismico ha svilito le suggestive tradizioni radicate nei secoli; villaggi abbandonati e castelli in rovina sembrano rianimarsi sullo sfondo di una natura grandiosa, fatta di boschi, verdi vallate, montagne solcate da eremi, colline accarezzate da filari di vite o ulivi”. Un aspetto peculiare che si può ammirare non solo in città, una carica fortemente evocativa che si respira anche in siti culturali quali il Santuario di Montevergine, l’Abbazia del Goleto o l’area naturale di Mefite, luoghi che accendono atmosfere mistiche, suggestioni pagane e pura poesia. BENEVENTO “La provincia di Benevento non sfoggia località patinate come altre aree della Campania e non ha il mare azzurro e capolavori archeologici di risonanza mondiale. Tuttavia, non c’è bisogno di uno spiccato anticonformismo per innamorarsi del territorio: il capoluogo, per esempio, è una cornucopia di testimonianze artistiche di epoche diverse, e se fosse collocato in una regione meno affollata di meraviglie potrebbe certamente ambire a una più ampia notorietà”. È così che prende il via un’allegorica sfilata di borghi sanniti di “grandissima personalità”, un percorso che prende il via dalla scenografica “Sant’Agata de’ Goti, titanicamente aggrappata a una rupe di tufo, passando per Cerreto Sannita, con la secolare lavorazione delle ceramiche, e arrivando a Telese Terme, conosciuta per le terme e i ristoranti gourmet”. CASERTA Chiude il valzer delle province campane Caserta: qui “la fama della Reggia supera di molto quella della città, cresciuta nei secoli all’ombra di quella che è una delle residenze più sontuose della Penisola. Ma la provincia di Caserta ha un’offerta turistica tanto varia da poter accontentare le esigenze di qualsiasi viaggiatore”. Ci sono le immancabili rovine - “la Campania ha un passato davvero straordinario” - sparse tra Capua e Santa Maria Capua Vetere, ma anche l’archeologia industriale, a San Leucio. C’è la montagna immacolata del Parco Regionale del Matese e il silenzio conturbante dei villaggi di Sessa Aurunca. Troverete monasteri affrescati, castelli e borghi medievali. “Quella che per molti anni è stata solo la ‘terra dei fuochi’ oggi esibisce il fuoco della passione, con un brulicare di attività artigianali e sociali, che si pongono come rivincite nei confronti del grigio passato e promettono vittorie nel futuro”. La guida, di 432 pagine, è disponibile nelle principali librerie italiane, su lonelyplanetitalia.it e presso gli store online al costo di 24€. Gli autori che hanno realizzato la guida raccontando le bellezze delle nostre cinque province sono: Remo Carulli (Sorrento e la Costiera Amalfitana; Salerno e il Cilento; Avellino e l’Irpinia; Benevento e il Sannio beneventano) La sua passione per i viaggi è certificabile dall’età di cinque anni, quando, scommettendo con la sorella su quale fosse la capitale della Mongolia, vinse una caramella gommosa. Come psicoterapeuta, invece, si occupa di un altro genere di viaggi: quello delle persone che vogliono conoscere più a fondo se stesse. Tiene corsi di scrittura, gruppi di conoscenza sulle tecniche meditative, e insegna Psicologia Clinica all’università IUSTO di Torino. Ha pubblicato il romanzo Pensieri di un terzino sinistro (Zona Editrice, 2009) e il saggio La letterarietà del mestiere di psicologo (libreria universitaria, 2020), ed è stato coautore di svariate guide Lonely Planet alle regioni italiane. Luigi Farrauto (Campi Flegrei; Pompei, Ercolano e il Vesuvio; Sorrento e la Costiera Amalfitana; Capri, Ischia e Procida; Caserta e provincia) Ha un PhD in Design, ma visto lo scarso senso dell’orientamento disegna solo mappe. Ha vissuto a Porto, Amsterdam e Doha, è stato visiting researcher al MIT di Boston e docente a contratto in varie università italiane. Oggi vive a Milano, dove scrive guide Lonely Planet e testi di geografia per le scuole e reportage. Insieme ad Andrea Novali ha aperto il 100km studio, specializzato in segnaletica, mappe e wayfinding. Appassionato di cartografia antica e Medioriente, nel tempo libero studia l’arabo e il cinese. Adriana Malandrino (Napoli) Nata ad Ancona ma di sangue partenopeo, vivrebbe in un paese caldo circondata da animali, tavolette di cioccolato, carciofini sott’olio e leggendo libri lievi. Il viaggio per lei è sempre una sfida e un ritorno. Dopo molti colori di capelli, ha messo la testa a posto ed è rimasta un innocuo peperino, ama fare l’orto, raccogliere asparagi e fare ordine nel disordine per disordinare di nuovo. Dai sei anni ha sognato di fare l’etologa, la ballerina, la guardia forestale, la regista, ma è finita a organizzare festival e a fare la giornalista scrivendo di cibo (ama mangiare, non cucinare), teatro e viaggi, tentando di restituire l’anima dei luoghi e della gente, anche a chi potrà solo leggerne. Poteva andarle peggio. Read the full article
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tmnotizie · 5 years
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MACERATA- Un grave lutto ha colpito Musicultura. Si è spento Piero Cesanelli, 73 anni, personalità di spicco della musica italiana e figlio illustre della cultura marchigiana, ideatore, cofondatore e direttore artistico di Musicultura, il prestigioso festival della canzone popolare e d’autore italiana. La morte è sopraggiunta per l’aggravarsi di una malattia in cui gli è stata al fianco fino all’ultimo istante la moglie Paola, compagna di una vita, col sostegno dei parenti e degli amici più stretti.
Spirito libero, animo sensibile, uomo di arte e di cultura, estroso, pigro ed energico al tempo stesso, Piero Cesanelli era nato nel 1946 a Recanati, dove ha sempre vissuto.
Insofferente ai metodi scolastici, si laurea tuttavia col massimo dei voti e lode in lettere all’Università di Urbino, con una tesi su magia, tradizioni e musica popolare. Nel periodo universitario si mantiene suonando in gruppi musicali animatori di night club poi, folgorato dalla canzone d’autore francese prima, quindi da quella d’oltre oceano ed italiana, esibendosi con canzoni cantautoriali e sue in noti locali come il Lady Godiva o La Casina delle Rose, tra un numero di spogliarello ed uno di illusionismo.
Con la casa discografica Bentler, pubblica tre LP: Fuori stagione, Generazione improvvisata e Le due foto, cui fanno seguito varie apparizioni televisive, anche in TV estere. Alla proposta di un contratto discografico di tre anni con relativo trasferimento a Milano e di una tournée promozionale di tre mesi nei paesi scandinavi Piero tentenna, poi dice no. Il suo costituzionale omoblovismo e il controverso, lacerante ma coinvolgente amore per Recanati lo inducono a scegliere l’ “ermo colle” e di iniziare il lavoro di insegnante di lettere in un piccolo paese montano della provincia di Macerata, di 300 abitanti ed infinite greggi di pecore.
L’inseparabile amica di Cesanelli rimane comunque sempre la Canzone: “… le belle canzoni sono le protagoniste assolute della mia, delle nostre vite, i fatti accaduti sono sempre necessariamente collegati a loro; come le più suadenti delle cortigiane riescono a farsi ascoltare anche quando sai che sarebbe bene non farlo…”
La pigrizia che gli impedisce di emigrare nelle lontane capitali della musica, lo spinge a sognare di attrarre nel proprio territorio i grandi rappresentanti dei suoi interessi musicali e letterari e contemporaneamente di creare un concorso attento alla dimensione artistica della canzone, che favorisca il ricambio generazionale. Inventa insieme a Vanni Pierini Musicultura (I edizione 1990, per i primi 15 anni la manifestazione è nota come Premio Recanati) e ne assume fin dall’inizio la direzione artistica.
Il progetto trova in Fabrizio De André e in Giorgio Caproni i primi firmatari di un comitato artistico di garanzia che da subito è uno dei tratti distintivi dell’iniziativa (e che da allora ha annoverato ed annovera illustri protagonisti della musica, della letteratura e del cinema italiani (Fernanda Pivano, Alda Merini, Amelia Rosselli, Dario Bellezza, Gianna Nannini, Vasco Rossi, Sandro Veronesi, Gino Paoli, Francesca Archibugi, Claudio Baglioni, Carmen Consoli, Ennio Cavalli, Roberto Vecchioni,  Enrico Ruggeri, Brunori Sas, Andrea Purgatori…)
La scommessa è vinta. Il gotha della canzone e della poesia italiane, ospiti di spicco internazionali, meritevoli absolute beginner portano le loro testimonianze sul palco di Musicultura, che grazie anche alle media partnership radio-televisive con la Rai fa conoscere il fascino dell’Arena Sferisterio di Macerata – dove dal 2005 ha luogo il festival – a tutta l’Italia e all’estero.
Più di millecinquecento artisti da ogni parte del nostro Paese e del mondo danno vita nei trent’anni del festival anni ad una delle più qualificate e dinamiche esperienze culturali e popolari nazionali, seguita con passione e attiva partecipazione dal pubblico.
Fioccano per Piero premi e riconoscimenti, a più riprese Cesanelli, oramai conosciutissima, amata e stimata personalità del territorio, riceve proposte per ricoprire importanti incarichi istituzionali, lui gentilmente declina,  il personalissimo mix di stati d’animo che albergano in lui – gentilmente irriverente, quietamente anarchico, poeticamente malinconico, scherzosamente malandrino – gli impedisce di rinunciare alle sue piccole libertà, forse poco comprensibili agli altri ma essenziali per lui: coltivare come un giardiniere le amicizie, onorare i riti notturni dedicati ad una luna amica o ai bar dell’alba, amare ed andare incontro alla vita senza mai sentirsi pienamente appagato da persone e cose.
Tra le creazioni artistiche di Cesanelli c’è anche Lunaria, la rassegna che dal 1996 caratterizza l’estate d Recanati, in cui un esponente della canzone ed uno della parola sono chiamati a condividere il medesimo palco e che ha visto incontri memorabili come quello tra Fernanda Pivano e Lorenzo Jovanotti, Dacia Maraini e Ornella Vanoni, Solomon Burke e Mons. Claudio Giuliodori, Gianna Nannini e Margherita Hack, fino alle più recenti partecipazioni di Joan Baez e Graham Nash.
L’ultima invenzione artistica di Cesanelli in ordine di tempo è “La Compagnia”, forse quella artisticamente ed umanamente a lui più cara. È una equipe di musicisti, interpreti, attori, video maker, tutti volutamente selezionati nel territorio marchigiano, che negli ultimi dieci anni ha infiammato piazze e teatri con oltre 250 rappresentazioni di spettacoli ideati e diretti da Piero, che raccontano la storia italiana del dopoguerra attraverso il filtro della canzone, con la collaborazione ai testi in alcuni casi dell’amico Carlo Latini.
Tutta l’associazione Musicultura si stringe oggi intorno a Paola, compagna di Piero, e alla tenerezza del loro legame di una vita.“Ho perso un amico. Oggi non c’è canzone che  possa aiutarmii. Neanche “Le plat pais”, che tu Piero, lo so, suggeriresti,” ha sussurrato Ezio Nannipieri, il più stretto collaboratore di Cesanelli e vicepresidente di Musicultura..
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pangeanews · 5 years
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“La cultura è assoggettata al mercato, ma io sogno una poesia a misura d’uomo”: dialogo con Giuliano Ladolfi
Del romanzo ne parlava da anni. Di un romanzo che raccogliesse la sfida della crisi radicale, intendo – non siamo più gli spavaldi ‘nichilisti’ di primo Novecento, che godono nel danzare sull’abisso, siamo nel precipizio, arresi al niente, e neppure ce ne accorgiamo, basta lo stipendio a decuplicare i sorrisi. Un romanzo che – senza infingimenti estetici e figliolanze sperimentaliste – si radicasse nella Storia, irradiando la storia di una teoria di personaggi. Storico e critico della letteratura (l’imponente ciclo La poesia del Novecento, in cinque volumi), poeta (Attestato), Giuliano Ladolfi, che quest’anno compie settant’anni, è marmorizzato nella generosità: nel 1996 fonda, insieme a Marco Merlin, la rivista “Atelier”, fucina di talenti della poesia contemporanea, che oggi, in perpetua evoluzione, è diventata “International”. Il gesto critico di Ladolfi, lucido, si somma alla virtù umana: non si è mai sottratto al consiglio, alla lettura, all’incoraggiamento allo studio. Letteratura come spina vitale, come slancio alla luce, vigore nell’esistere. Qualche anno fa Giuliano Ladolfi diventa anche Giuliano Ladolfi Editore, cioè uno dei rari spazi editoriali in cui la poesia e una saggistica fuori dagli schemi consueti – claustrofobicamente legati al redditizio, al reddito accademico – può esprimersi. Rompendo gli indugi, Ladolfi pubblica il suo romanzo, L’orlo del tempo, azzardato in modo doppio: nella visione formale – dal 1968 al 2008 s’intrecciano, per ‘drammi’, le storie gloriose e meschine di alcuni ragazzi – e nel concetto etico. Insomma, Ladolfi, dal sottosuolo che è il tempo presente, che è la vita con tutta la sua infamia, scava la luce, si ostina al bene. Un gesto quasi ‘rivoluzionario’, in un momento editoriale che premia il grigiore romanzesco, l’impegno immediato – cioè, senza prospettiva di pensiero – e il vagabondaggio nel malandrino maledettismo di quinta mano. “Siamo sull’orlo del tempo e vaghiamo come mosche cocchiere su un carro guidato da personaggi misteriosi”, mi dice Ladolfi, interpretando, con un candore letterario dai risvolti tragici, il millennio.
Intanto, perché quel titolo, “L’orlo del tempo”? Perché quel cerchio storico (1968-2008) che sembra un gorgo dove tutto è messo in discussione, dove un nuovo mondo s’avvia, s’avvalora sulle ceneri dell’altro?
Le tre domande si integrano e si completano: sono convinto che stiamo vivendo un’epoca di profondi cambiamenti, non unica, ma sicuramente singolare. Mi ha sempre affascinato il passaggio dal Medio Evo all’Umanesimo-Rinascimento, durante il quale sono stati mutati i paradigmi di interpretazione del mondo, della realtà e dell’esistenza umana. Se prima ogni aspetto interpretativo verteva sull’Eterno, dopo si è spostato sull’uomo. Ora, ho scorto diverse analogie con il periodo in cui si svolge la vicenda narrata nel romanzo: si consuma la crisi della Modernità e siamo entrati nella Postmodernità o Età Globalizzata, come ho chiarito nel primo tomo del testo “La poesia del Novecento: la poesia dalla fuga alla ricerca della realtà”. Questo è il momento storico in cui si consumano gli esiti della crisi della civiltà occidentale, iniziata durante il Seicento, quando cioè è stata distrutta la sintesi classico-cristiana. Dopo i falliti tentativi di ideare una spiegazione sui quesiti esistenziali, operati dall’Illuminismo, dal Romanticismo, dal Positivismo, ci si è accorti che l’uomo non è più in grado di capire se stesso e il mondo, per cui si perde ogni punto di orientamento, perché non si conoscono più i motivi dell’esistenza propria e del realtà. Si tratta di una crisi di senso. Dopo la consapevolezza maturata nella fase del Decadentismo e durata fino agli Anni Settanta del secolo scorso, attraverso la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione delle ideologie siamo entrati in una fase “liquida” (Z. Bauman) e non abbiamo ancora trovato la rotta su cui incamminarci anche perché la globalizzazione economica, migratoria, tecnologica e informatica sta ponendo all’umanità problemi sconosciuti per i quali non sono state ancora elaborate categorie interpretative. Il problema principale odierno non è soltanto quello ecologico, sociale, politico, culturale; il problema fondamentale assume carattere epistemologico e sta alla base di ogni altro problema: il senso della nostra esistenza. I personaggi del racconto vivono in se stessi questa crisi, si arrovellano per capirla, sono instabili, profondi e superficiali, esplorano, ma sbattono la testa contro una realtà indecifrabile.
Diverse possono essere sfaccettature interpretative. Il lato storico va individuato nel periodo che va dal 1968 al 2008 con i relativi cambiamenti economici che comportano il passaggio da un mercato nazionale a un mercato globalizzato; quello sociale con il mutamento dei rapporti tra le generazioni; quello gnoseologico contraddistinto dall’irruzione del relativismo, che rimette in crisi millenarie certezze; quello letterario che dalla tradizione attinge gli strumenti per una rappresentazione postmoderna. Il profondo mutamento viene colto in modo particolare nelle problematiche presentate che vanno dall’educazione all’affettività, ai rapporti interpersonali e familiari, al lavoro, alla religiosità, alla vita e alla morte, mediante un’introspezione psicologica, in cui la luce delle certezze si attenua in un grigio indistinto, secondo il quale il bene e il male si sovrappongono in modo inscindibile.  Non si tratta di avanzare nuove interpretazioni del mondo, ma di portare alla luce il tragico smarrimento di ogni certezza, il quale corrode l’animo dei protagonisti, segnati da vicende personali meravigliose, esaltanti e contemporaneamente meschine e deprimenti, capaci di mettere a nudo l’intima contraddittorietà dell’essere umano e dell’attuale periodo storico.
Mi pare un romanzo sulla ‘condizione umana’ (mimo Malraux) e sul ‘tramonto dell’Occidente’: è così?
Sì, il nucleo è proprio la condizione umana al tramonto dell’Occidente, i cui valori rivelano tutta la loro fragilità e non perché non siano validi, ma perché la contingenza storica li mette in discussione: famiglia, educazione, religione, cultura, rapporti sociali. Non dimentichiamo poi anche la relazione con noi stessi, riveduta e corretta da un secolo di psicanalisi, di studi e controstudi su ipotesi verificabili e non verificabili. Siamo sull’orlo del tempo e vaghiamo come mosche cocchiere su un carro guidato da personaggi misteriosi; ci sono sconosciuti i motivi del viaggio, la durata e la meta, come il viaggiatore cerimonioso di Caproni. Siamo soltanto certi di essere in cammino.
Uno storico della letteratura, un interprete della letteratura contemporanea, un poeta e un traduttore che scrive un romanzo: perché? Quali scrittori leggi per affinare il tuo stile? Percepisco che avevi da dire alcune cose che né la forma saggistica né quella poetica riuscivano ad esaurire, è così?
Chi ha letto i miei scritti, sia i saggi sia le poesie, non faticherà trovare analogie con il romanzo al punto che i diversi testi si possono integrare e chiarire a vicenda. Perché un romanzo allora? Perché desideravo che il mio pensiero si “incarnasse” in personaggi, in vicende, in relazioni, i rapporti. La critica letteraria offre la possibilità di razionalizzare il nostro pensiero. La poesia lo folgora in esplosioni che richiedono occhi esperti e profondi del lettore. Il romanzo, come il cinema, li espone ai nostri occhi in tutta la complessità di una realtà contraddittoria e sempre emergente. Mi sembra di vederli vivere, operare, gioire, soffrire, interrogarsi, parlare, tacere, macerarsi… Il romanzo è una rappresentazione in movimento a tutto tondo, a colori. I protagonisti, Valentino, Luisa, Guido, Andrea, Gabriele, Giulia, sono persone che vivono nelle proprie vicende il travaglio della fine di un’epoca nella ricerca di nuovi orizzonti di umanità, di valori e di senso.
Gli scrittori che hanno segnato la mia vita sono i grandi romanzieri classici: russi, francesi, tedeschi, inglesi, americani, sudamericani, giapponesi, la grande scuola manzoniana e verghiana, come pure i nostri neorealisti e l’Umberto Eco del Nome della rosa… Ricordo soltanto che durante gli anni della scuola media ho divorato tutta la biblioteca del collegio in cui studiavo.
Estrapolo una frase. “Ogni tanto nella nostra vita occorre ‘fare deserto’, chiuderci in noi stessi e lasciare che le sensazioni interne vengano alla luce senza opporre resistenza”. Oggi non c’è deserto, c’è solo palco, palcoscenico. Qual è l’importanza del deserto?
Oggi c’è solo palcoscenico: tutti ambiscono al quarto d’ora di pubblicità, tutti aspirano a una vita di successo all’interno di una visibilità continua. Non si ammettono le sconfitte, le debolezze. Nei film, nei romanzi sembra prevalere soltanto la figura del vincente. “Uno su mille ce la fa” cantava Gianni Morandi. Ma gli altri novecentonovantanove che fanno? Sono degli esclusi, dei derelitti, degli sfiduciati e diciamo il 999 su 1000 e cioè praticamente tutti. Oggi, si ripete nel gergo calcistico, per trionfare, bisogna essere “cattivi”, farsi largo a gomitate. Nella vita, quindi, ci vuole una dose di malizia che aizza gli uni contro gli altri, come avviene nel settore economico, nello spettacolo, nella carriera ecc. Non si capisce che esistono altri modi per realizzare se stessi e le proprie doti: l’attenzione al prossimo, la riservatezza, l’amore, la bontà, l’affetto, la comprensione… Ecco perché, seguendo Agostino, ogni tanto è necessario uscire dal frastuono massmediatico e rifugiarsi in se stessi (“Redi in te ipsum. In interiore homine habitat veritas”). I nostri classici, greci e latini, una volta erano maestri di umanità, ora in senso contrario lo sono i vincenti. Il “deserto” prevede il recupero dei valori prettamente umani: il corretto rapporto con noi stessi, con il mondo, con gli altri, con i propri obiettivi, con il senso della vita, perché il problema attuale per la maggior parte di noi non è il cibo, ma l’apparenza, il consumismo, la solitudine.
Il romanzo mette il dito nella distruzione di tutti i valori che hanno costruito le fondamenta della civiltà europea. Cito ancora un passo. “La famiglia da comunità educativa è diventata comunità affettiva e i genitori riversano su di loro speranze e frustrazioni. Non è giusto che i veri educatori siano i nonni”. Che fine ha fatto la famiglia, cosa è diventata? E cos’è l’amore?
Non è una novità che la famiglia sia in crisi, come pure l’educazione. Il mutamento del modello familiare ha influito sul rapporto con i figli. Tale situazione non comporta affatto una valutazione negativa e un rimpianto del passato. Il mutamento epocale è una realtà con la quale occorre rapportarsi. Il problema educativo odierno non va affrontato singolarmente, ma, nell’età della comunicazione informatica e massmediatica, coinvolge l’intero sistema sociale. La crisi della famiglia si basa sulla crisi di identità del singolo genitore che con difficoltà avverte la responsabilità educativa, distratto da mille altre preoccupazioni e occupazioni, come il lavoro, il divertimento e l’evasione. “Che fine ha fatto la famiglia?” Questa domanda rimanda a un’altra domanda: quale tipo di famiglia? Le parole stesse non veicolano più un senso comune. E poi, come possiamo pensare che i nostri ragazzi costruiscano una personalità salda, se accanto a genitori in difficoltà si pone la possibilità d’accesso a un sistema di comunicazione, il cui fine fondamentale è il risultato economico e non il valore della persona? E l’amore? Anche in questo caso: quale tipo di amore nella società “liquida”? Con ciò non si nega affatto la speranza: ai giovani viene delegato il compito di prospettare un nuovo tipo di identità dell’adulto, come in fin dei conti tentano Gabriele e Andrea.
Parlo della tua esperienza da editore, eccitante, credo, ma difficilissima. Cosa è diventata la cultura, il senso della cultura, la poesia in questo ultimo ventennio? Ti faccio un esempio. Alcuni autori della cosiddetta ‘generazione decisiva’ (Temporelli, Ielmini, Ponso, Turina) decidono, consapevolmente, di ‘farsi fuori’ dai giochi letterari che contano, altri giocano la propria estetica con gesto feroce (così era in “Atelier”, ad esempio), non certo istituzionale. Insomma, si percepisce, da anni, che un’era è finita… però… il teatrino continua. Commenti.  
Ai due significati tradizionali di “cultura”, uno elitario di patrimonio artistico e letterario acquisito tramite lo studio e un secondo come complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo o di un gruppo etnico, si è aggiunto un terzo come “promozione dei beni di consumo”: la cultura è diventata veicolo di business e assoggettata, come quasi tutte le manifestazioni umane, al mercato. All’esame della situazione attuale della poesia abbiamo dedicato due convegni nazionali (Firenze 6 febbraio 2017 e Milano 12 aprile 2018), i cui atti sono stati pubblicati nel testo La fucina della poesia (2018). A fronte di circa due e più milioni di scrittori in versi è difficile trovare due decine di migliaia di lettori di pubblicazioni contemporanee. Le grandi case editrici raramente investono in questo settore, i mass media vi dedicano pochissimo spazio. È un avvenimento quando la radio o la televisione presentano un poeta, un vero poeta e non un cantautore. L’università molto raramente ne fa oggetto di studio. I giovani non conoscono neppure i nomi dei poeti viventi. L’attuale grande produzione è diventata “invisibile”. «Atelier» fin dalla fondazione (1996) ha proposto e propone un altro modello di poesia, fondata sul valore della persona umana come essere individuale e sociale. E proprio questo tipo di poesia, soggetto all’emarginazione, nella società “emporiocentrica” costituisce una vera e propria forma di “resistenza” all’effetto di commercializzazione che ha invaso altre forme d’arte, come la pittura, la scultura, la narrativa, la musica, e si pone come valore morale accanto alle virtù civiche e culturali, alla fiducia reciproca, al senso del dovere, che costituiscono il vero collante per quegli elementi che costituiscono la società civile.
Se il “consumatore ideale” o produttore di poesia oggi possiede estrema libertà di scrittura e si adatta a schemi sentimentali, avanguardisti, espressionisti, sperimentali e se possiede estrema libertà di pubblicazione e di promozione (pubblicazioni in proprio, pubblicazioni senza selezione, reading, presentazioni, blog, giornali online, siti personali ecc.), la rivista «Atelier» propone una poesia in cui è presente il segno dell’intero essere umano, del suo trovarsi nel presente, del suo essere storia, individuo, cultura e civiltà, della sua attitudine a progettare il futuro e soprattutto della sua necessità di interrogarsi sui quesiti esistenziali, della relazione con se stesso, con gli altri e con il mondo. Come si è rapportata e si rapporta la generazione “decisiva” all’interno di questa prospettiva? In effetti, il gruppo che durante il primo decennio del secolo ha operato in redazione si è sciolto, ma questo non significa che non sia più operante. I germi seminati durante quel periodo vivono e vegetano nei loro lavori. È venuto meno lo spirito “militante” e rinnovatore che lo aveva animato in quel periodo non solo con la condivisione di prospettive estetiche e poetiche, ma soprattutto con i vincoli di amicizia e di collaborazione, come testimoniano gli incontri di redazione, i convegni, gli incontri personali. I frutti sono però visibili: in seguito alle dimissioni di Marco Merlin, un altro gruppo redazionale ne ha accolto l’eredità all’inizio del 2015 e continua in modo entusiastico quel lavoro, anzi sta ampliando gli orizzonti poetici e culturali coinvolgendo online altri settori geografici mediante la rivista Atelier International (atelierpoesia.it), redatta quasi tutta in inglese e diretta da Francesca Benocci. Il sogno di una poesia “a misura d’uomo” sta invadendo l’intero pianeta.
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maestrogianni-blog · 6 years
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Gli Under 14 maschili di piazzano al primo posto nelle Prove Multiple a squadre, argento invece per l’Under 12 femminile
Giornata ricca di soddisfazioni per i nostri gruppi Under 12 femminile e Under 14 maschile. I ragazzi impegnati nelle prove multiple regionali di Napoli tornano a casa rispettivamente con una medaglia d’argento e d’oro. A trascinare la squadra maschile al primo posto sono stati Luca Palmieri e Carmine Del Negro il primo ha migliorato il record societario di Giuseppe Fillpi sul lungo portandolo dopo 5 anni a 5,10 metri. Gli litri componenti della squadra maschile erano Luca Malandrino, Marco Carpinelli, Andrea De Marco e Marco Tafuri. La squadra under 12 femminile, seconda classificata, è invece composta da: Alysia Nastari, Sabrina Spinelli, Marta Quaglia, Silvia Filpi, Erika Quaglia e Barbara De Stefano. A guidare la squadra femminile è stata la brava Alysia che ha ottenuto un bel risultato soprattutto nel Vortex con 26mt. I tecnici dei ragazzi che hanno preso parte alle gare sono Francesco Pandolfo, Angela Gargano e Mariagrazia Biscardi. Il commento finale è del responsabile del Settore Giovanile Angela Gargano: “Parlare di progetti e programmazione delle volte può risultare retorico ma i risultati di oggi testimoniano in pieno proprio questa parte cruciale del nostro lavoro. Abbiamo davvero dei gruppi fantastici e questi ragazzi nonostante la giovane età si comportano davvero in modo esemplare. Ne siamo davvero orgogliosi”.
C.S.
Atletica Agropoli, Settore Giovanile: un oro e un argento ai Campionati Regionali Gli Under 14 maschili di piazzano al primo posto nelle Prove Multiple a squadre, argento invece per l’Under 12 femminile…
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manualstogo · 4 years
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For just $3.99 Crook's Tour Released on May 24, 1941: Two British men on a holiday tour in the Middle East are mistaken for Enemy spies and given a gramophone record containing secret information about an oil pipeline sabotage caper. Produced by: John Baxter Directed by: John Baxter Written by: Max Kester, John Watt, Barbara K. Emary, Sidney Gilliat and Frank Launder The Actors: Basil Radford (Charters), Naunton Wayne (Sinclair Caldicott), Greta Gynt (La Palermo), Abraham Sofaer (Ali), Charles Oliver (Sheik), Gordon McLeod (Rossenger), Bernard Rebel (Klacken), Cyril Gardiner (Enemy Agent K-7, spy chief Max Baur), Morris Harvey (waiter), Noel Hood (Edith Charters), Leo de Pokorny (hotel manager), Cyril Chamberlain (American), Finlay Currie (tourist on desert bus), Peter Gawthorne (unknown), Andreas Malandrinos (nightclub manager), Patricia Medina (hotel receptionist), Jack Melford (desert bus tour guide), Charles Rolfe (manservant at castle), Bill Shine (unknown) Runtime: (hh:mm) 01:17 *** This item will be supplied on a quality disc and will be sent in a sleeve that is designed for posting CD's DVDs *** This item will be sent by 1st class post for quick delivery. Should you not receive your item within 12 working days of making payment, please contact us as it is unusual for any item to take this long to be delivered. Note: All my products are either my own work, licensed to me directly or supplied to me under a GPL/GNU License. No Trademarks, copyrights or rules have been violated by this item This product complies withs rules on compilations, international media and downloadable media. All items are supplied on CD or DVD.
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La mia slideshow Cabarettisti  #Cabarettisti#  http://www.rudypizzutimanagement.com/index.html In Collaborazione con:#GiovanniCacioppo,Duilio Pizzocchi,Giuseppe Giacobazzi,Gemelli Ruggeri,Malandrino Veronica,Stefano Nosei,Paolo Cevoli,Gem Boy Bikini,Enzo e Ramon, Marco Dondarini,Gigi e Andrea,Vito,Ceffo,Zap,Massimo Morselli,#SergioSgrilli,Paolo Migone,Gianni Fantoni,Carlo Frisi,Rocco il Gigolò,Bred e Pitt, Carlo Bianchessi,Roberto De Marchi,Duilio Martina, Massimo Costa,Gaetano Gennai,Graziano Salvadori,Beppe Altissimi,Emanuela Aureli,Gianna Martorella,Valentina Persia, Maurizio Antonini,Mireno Scali,Enzo Jacchetti.Natalino Balasso,Bruno Nataloni,Baz Marco Bazzoni,Franco Neri,Massimo Ceccherini,Alessandro Di Carlo  Ruggero de i Timidi,Anna Maria Barbera,e-mail [email protected] ([email protected])
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