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#delta del po
lascitasdelashoras · 2 months
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Pietro Donzelli, da série Delta del Po, 1954
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andre83us · 1 year
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Delta del Po, un equilibrio molto delicato
Il Convegno a Porto Viro dedicato alle trivellazioni nell’Adriatico. L’allerta degli esperti è chiara Un equilibrio a rischio per un territorio di per sé già fragile. La questione delle trivellazioni nel Mar Adriatico, per la precisione a nord di Goro, per estrarre gas in questo periodo di crisi energetica, è stata al centro di un importante convegno svoltosi lo scorso 13 aprile a Porto Viro…
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fabriziosbardella · 1 year
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Prosegue incessante l’attività dei carabinieri forestali a tutela della fauna ittica e omeoterma, con operazioni di antibracconaggio nel Mezzano e nell’alto comacchiese.  #antibracconaggio #carabinieriforestali #cronaca #prevenzionerepressione #sanzioniamministrative #argenta #codigoro #parcoregionale #deltadelpo #fabriziosbardella
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sauolasa · 2 years
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Delta del Po: siccità e caldo mettono in pericolo l'allevamento di vongole
Le temperature elevate e il conseguente proliferare d'alghe soffocano i pregiati molluschi
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yama-bato · 4 months
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Pietro Donzelli
Montecarlo, 1915 - Milano, 1998
Delta del Po, Terra senz'ombra, spiaggia di Rossolina
1954
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i-am-a-polpetta · 8 months
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cose successe in meno di 24 ore: abbiamo fatto colazione in un posto bellissimo a milano, incontrato Rodrigo D'Erasmo, l visto Ferrara, il parco del delta del Po con le valli di Comacchio, mangiato in un ristorante buonissimo e visto insieme il concerto dei pinguini tattici nucleari.
sono molto innamorata di questa ragazza e sono molto innamorata di tutte le cose che facciamo insieme.
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diceriadelluntore · 4 months
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Storia Di Musica #309 - Led Zeppelin, Led Zeppelin, 1969
Come iniziare un nuovo anno di storie musicali? Si inizia con la scelta di 4 dischi che portano lo stesso nome dei loro autori, 4 band molto differenti tra loro, alcune famosissime, altre molto di meno (la scoperta di grandi dischi da artisti sconosciuti vorrei fosse una sorta di cardine di tutte le scelte del 2024). La Storia di Musica della prima domenica di gennaio 2024 parte con un modo di dire inglese: Go over like a lead ballon, che significa “è fallito del tutto” perché un lead ballon è un palloncino di piombo che ovviamente non può volare. Leggenda vuole che fu questo detto ad ispirare Keith Moon e John Entwistle, che suggerirono a Jimmy Page il nome per quella che diventerà una delle più formidabili formazioni di sempre: i Led Zeppelin. La storia è piuttosto nota: Page entra nel 1966 negli Yardbirds (già di Eric Clapton) come seconda chitarra di Jeff Beck. La band era già allo sfascio, e Page aveva intenzione di formare una nuova band con Moon ed Entewinstle. I tre con Jeff Beck registrano la storica Beck’s Bolero, registrata nel Maggio del 1966 ma pubblicata come singolo solo mesi più tardi, nel Marzo del 1967, brano fenomenale ma dalla storia travagliatissima, tra cui una intricata questione di diritti d’autore. Page, titolare del nome Yardbirds, prende accordi come leader degli Yardbirds per un mini tour in Scandinavia, ma nessuno dei suoi compagni accetta. Ne trova di altri: convince un session man mago delle tastiere, John Paul Jones, nel progetto, e tramite l’ex cantante degli Yardbirds Chris Dreja (che nel frattempo si è dato alla fotografia) assolda un biondo cantante, Robert Plant, che si porta con sé un batterista un po’ pazzo, John Bonham. È il 1968. Nascono così i Led Zeppelin (scritto così per non confondere il lead “piombo” con il lead “guidare”).
Senza nemmeno un po’ di gavetta registrano in 36 ore, sotto la guida del grande ingegnere del suono e produttore Glys Johns per poco più di 1700 sterline il loro primo, omonimo album per la Atlantic Records (fa più impressione il dato temporale che quello economico, 1700 sterline del 1968 sono 35 mila di adesso). E bastano: Led Zeppelin esce il 12 gennaio 1969 e diviene uno dei 10 album di debutto più belli ed importanti della musica rock. Venderà decine di milioni di dischi e manda in orbita, forse quasi troppo velocemente, il dirigibile più famoso del rock. In copertina mettono l’incidente del dirigibile Zeppelin LZ 129 Hindenburg avvenuto il 6 maggio 1937 nel New Jersey (vicenda leggendaria, su cui aleggia un complotto internazionale e non l’ufficiale incidente aereo). I 4 partono dal furente suono del british blues, ma arrivano dove nessuno si era mai spinto: rifanno due classici del blues, I Can’t Quit You Baby (eccezionale, caldissima e stupenda) e You Shook Me di Willie Dixon, e prendono da Jack Holmes Dazed And Confused (che nei live diverrà infinita con medley di altri classici della Musica del Delta). Per capire il suono Zeppelin e la sua travolgente natura, basta capire come strutturano il suono di una canzone tutto sommato banale come Good Times Bad Times. Your Time Is Gonna Come è quasi corale, come la veloce How Many More Times. Black Mountain Side è uno strumentale acustico in cui Page rincorre la maestria del fingerpicking di Bert Jansch, allora in auge con i superbi Pentagle. Communication Breakdown diviene un altro classico, con il suo stile particolare: parte blues, poi sale con l’intensità della voce di Plant e diviene furiosa ed accesa, e per molti è la nascita dell’hard rock. Gemma dell’album è però Babe I’m Gonna Leave You: presa da Joan Baez, in realtà la canzone, accreditata come traditional, è dalla folksinger inglese Anne Bredon (che fu ricompensata con un cospicuo assegno dalla band una volta risolto il mistero). Plant canta babe come mai nessuno più farà, la canzone ha un intro acustico ma poi esplode nel nuovo suono elettrico e potente, diviene struggente, torbida, assolutamente memorabile.
Questo fu il primo episodio di un modo di “gestire” le ispirazioni da altre canzoni che fece scuola, e si potrebbe aprire un dibattito infinito sulla loro musica. Per alcuni (pochini, va sottolineato) il loro rock blues portato all'estremo, con la chitarra rivoluzionaria di Page (che influenzerà 3 generazioni di chitarristi), il bombardamento ritmico di Bohnam (davvero feroce), l’elegante e mai invasivo tessuto sonoro di Jones (che suona basso e tastiere) e la voce, straordinaria e incantatrice di Plant, non è niente di così innovativo. Per altri (la stragrande maggioranza degli appassionati) il loro suono, le idee, la maestria tecnica dei musicisti e l’alone leggendario che la band riesce a costruire su di sé, li pongono ai vertici assoluti della storia del rock, ne fanno i padri putativi dell’Hard Rock (con i coevi Deep Purple), e la loro genialità è dimostrata dalle future evoluzioni stilistiche e musicali. È innegabile però che per farlo saccheggiarono un po’ dovunque, dal blues del Delta a quello urbano di Chicago, spesso non accreditandolo sui dischi, con picchi assoluti di sorrisetti ironici (tipo il caso di Stairway To Heaven per l’intro uguale ad una canzone degli Spirit, Taurus, caso che finirà addirittura in tribunale con la vittoria di Page e Plant, sebbene lo stesso tribunale ne riconosce le somiglianze). All’epoca era prassi comune raccogliere i semi del blues e riadattarli nel suono, un po’ per convenienze e un po’ perché non esistevano le normative precise e puntuali che esistono oggi sui diritti d’autore (molti altri, tra cui i Rolling Stones, furono protagonisti di episodi analoghi). Il successo dei Led Zeppelin amplificò la questione: il problema fu molte volte la paternità delle musiche, spesso passate come traditional (vedi il caso della canzone della Bredon) e quindi non riconducibili ad un artista detentore dei diritti. In tutti i casi di presunta usurpazione di diritti altrui, hanno sempre pagato i richiedenti ufficiali. Quelli che li accusano di scarsa inventiva, sinceramente non li hanno mai ascoltati: nessuno prima di loro suonava così, probabilmente sono tra le band più imitate in assoluto, saranno centinaia quelli che dopo vorranno suonare come loro. E rivoluzionarono anche altri aspetti del mondo del rock: l'andare in tour, i rapporti con le case discografiche, con i promoter, persino con le radio: ruolo centrale lo ebbe in ciò il loro manager Peter Grant, un gigante di stazza e di potere, passato alla storia anche per i modi tutt'altro che amichevoli con cui convinceva i gestori dei locali o chiunque potesse danneggiare il gruppo a farla finita. Un’ultima curiosità: con il crescente successo, una discendente dei Von Zeppelin citò la band per uso improprio del nome, e per un unico, storico concerto a Copenaghen la band si presentò come The Nobs. Poi però tornarono ad essere quel dirigibile di piombo che volava altissimo.
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3nding · 2 months
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Questi giorni piovosi di convalescenza post operatoria operatoria e ridotta mobilità data dal peggior mal di schiena ever, mi stanno dando modo di leggere e pensare più del solito. Solitamente questa sarebbe una buona cosa ma non nel frangente in questione. Ho infatti sconfinato in un territorio che potremmo definire fatalista. I dati registrati negli ultimi decenni sono chiari: la mia generazione e sopratutto quelle successive dovranno convivere (il termine corretto sarebbe sopravvivere) con un pianeta completamente diverso. Il cambiamento climatico non è arrestabile né mitigabile, il computo energetico è già sballato (si vedano le centinaia di record giornalieri delle temperature minime e massime alle varie latitudini) e l'energia in eccesso accumulata dal sistema-pianeta impiegherà secoli se non millenni a tornare forse a livelli pre rivoluzione industriale. Non esistono soluzioni concrete, fantomatici pareggi energetici o netzero, invenzioni fantascientifiche che catturino la CO2 o oscurino il sole con dimensioni e tempi fattibili. Cosa succederà? Ecco alcune ipotesi. Anche senza il collasso della corrente del Golfo il clima è già cambiato portando a fenomeni estremi con sempre più frequenza. Sono già cambiate le stagioni. Questo impatterà ancora di più sugli ecosistemi con l'estinzione di massa a catena di moltissime specie. Desertificazione, deforestazione e acidificazione degli Oceani. Quest'ultima cosa in particolare sfugge alla nostra abilità di immaginare le conseguenze nel medio periodo. L'acqua dolce scaricata in mare dalla fusione delle calotte polari aumenterà l'acidificazione ma non saranno solo i coralli a soffrirne come già è possibile vedere nelle barriere coralline di tutto il mondo. L'impossibilità per gli organismi marini di utilizzare il carbonato di calcio si traduce nella scomparsa di tutte quelle specie che sviluppano un guscio (qui tutti pensano ai crostacei) tra le quali ovviamente va incluso il plankton. Capiamoci, se collassa l'ecosistema marino non c'è ritorno sul breve o medio periodo, il nostro pianeta si chiama Terra ma è per la maggior parte coperto da oceani dai quali dipende buona parte della produzione di ossigeno. Ripeto: abbiamo in pochissimo tempo accelerato e sconvolto processi che si sono verificati e stabilizzati in milioni di anni. Una volta che un equilibrio si rompe non si torna indietro, ne sono la prova le specie che abbiamo visto estinguersi nella nostra vita, i ghiacciai che sono scomparsi sotto i nostri occhi nell'ultimo secolo, la riduzione della quantità e biodiversità del pescato a livello globale. Se togliamo da un sistema circolare un elemento (rapporto preda/predatore) quel sistema non è più circolare ma si sballa fino a stravolgersi completamente. Lo sanno bene tutti coloro coinvolti col granchio blu dal delta del Po e lungo le coste adriatiche. Nel frattempo i miliardari di diversi Paesi si affannato ad identificare delle goldilocks zones lungo il pianeta, aree con più risorse e meno problematiche che impiegheranno più anni a rovinarsi rispetto al resto del mondo, dove andare a costruire i loro bunker. Ci aspettano un pianeta e una popolazione completamente diversi per i quali in pochi (rispetto ai numeri attuali) si dovranno adattare per sopravvivere in condizioni a noi sconosciute. Se pensiamo che guardiamo allo spazio cercando luoghi che siano ospitali alla vita umana mentre rendiamo invivibile l'unico a nostra disposizione, questo credo dia la tara sulla follia e le colpe della nostra specie.
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lucatavera · 9 months
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Inediti 001 - 004
Piallassa della Baiona / Parco del Delta del Po / Ravenna (2021)
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gacougnol · 2 years
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Pietro Donzelli
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From "Delta del Po", nd
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gregor-samsung · 5 months
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" Canton e Hong Kong sono situate nella regione del delta del Fiume delle Perle (Zhu), con metropoli come Macao, Shenzhen (città dallo sviluppo molto recente), Foshan, Zhongshan e altre ancora. Il 16 novembre 2002 un quarantaseienne di Foshan fu colpito da febbre e difficoltà respiratorie. Secondo quanto hanno stabilito i segugi dell'epidemiologia, spetta a lui il titolo di primo paziente di questa nuova malattìa. Non si sono conservati campioni del suo sangue o del suo muco, ma un forte indizio di SARS è il fatto che l’uomo contagiò a catena un bel po’ di persone (la moglie, una zia che gli fece visita in ospedale, il marito e la figlia della stessa zia). Il suo nome non è stato tramandato ai posteri; di lui si sa soltanto che era un «impiegato del governo locale». Un dato interessante del suo profilo, col senno di poi, è il fatto che avesse cucinato in precedenza piatti che prevedevano come ingredienti pollo, gatto e serpente. Mangiare serpenti non è insolito nel Guangdong, una provincia abitata da carnivori impenitenti e non schizzinosi, dove i menù potrebbero essere scambiati per la lista degli ospiti di uno zoo o di un negozio di animali.
Tre settimane dopo, all'inizio di dicembre, un cuoco di Shenzhen accusò gli stessi sintomi. Lavorava in una friggitoria e non si occupava direttamente di uccidere e preparare gli animali, ma ne manipolava le carni pulite e tagliate. Andò a farsi curare fuori da Shenzhen, allo Heyuan City People’s Hospital, dove trasmise la malattia ad almeno sei tra medici e infermieri, prima di essere trasferito a Canton, a duecento chilometri di distanza. Il giovane dottore che lo accompagnò in ambulanza si ammalò a sua volta. Non molto tempo dopo, tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, casi analoghi iniziarono a presentarsi a Zhongshan, città portuale situata un centinaio di chilometri a sud di Canton e poco distante da Hong Kong, che è dall'altra parte del Fiume delle Perle. Nel giro di poche settimane si registrarono ventotto casi. I sintomi comprendevano emicrania, febbre alta, brividi, dolore alle ossa, tosse forte e persistente con sangue nell'espettorato e progressiva compromissione dei polmoni, che si indurivano e si riempivano di liquido. La conseguente scarsa ossigenazione nei casi più gravi poteva portare alla morte. Tredici pazienti tra quelli di Zhongshan lavoravano nel settore sanitario e almeno uno era un cuoco, anche lui dedito alla preparazione di piatti a base di serpenti, volpi, zibetti (mammiferi di piccola taglia parenti alla lontana delle manguste) e ratti. Gli ufficiali sanitari della provincia si accorsero della concentrazione di casi a Zhongshan e spedirono in loco vari team di «esperti» che si occupassero di cura e prevenzione, ma in realtà nessuno di loro sapeva nulla di questa misteriosa e ingannevole malattia. Uno di questi gruppi produsse un documento ufficiale in cui il nuovo morbo era definito «polmonite atipica» (feidian in cantonese). La stessa formulazione di uso generico fu ripresa qualche settimana più tardi dall'OMS nel suo primo bollettino. Una polmonite atipica è una qualsiasi affezione polmonare non attribuibile ai classici patogeni, come ad esempio il batterio Streptococcus pneumoniae. Utilizzare questa espressione ben nota in medicina fu un modo per stemperare e non accentuare la stranezza e la potenziale pericolosità dei casi di Zhongshan. In realtà quella specie di polmonite non era solo atipica, ma anomala, feroce e spaventosa. Il bollettino ufficiale fu inviato agli ospedali e agli uffici sanitari della provincia (ma non fu reso pubblico). Conteneva anche una lista di sintomi tipici della malattia e una serie di raccomandazioni per arginarne la diffusione, che si rivelarono timide e tardive. A fine gennaio, un commerciante all'ingrosso di prodotti ittici, reduce da un viaggio a Zhongshan, fu ricoverato in un ospedale di Canton, da dove partì la serie di contagi a catena che di lì a poco avrebbe fatto il giro del mondo. "
David Quammen, Spillover. L’evoluzione delle pandemie, (Traduzione di Luigi Civalleri; collana La collana dei casi), Edizioni Adelphi, 2014. [Libro elettronico]
[ Edizione originale: Spillover. Animal Infections and the Next Human Pandemic, W.W. Norton & Company, Inc., 2012 ]
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vecchiodimerda · 1 year
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La
realtà è che non avendo cantieri da guardare al buio, ecco che posso addossare la colpa della pioggia di ricordi a @2delia che invece non c'entra molto, a parte l'aver scritto la parola Ferrara. Che poi non è Ferrara.
È Al Miar (Migliaro), Miarin (Migliarino), la Massa (Massafiscaglia), Codgor (Codigoro) e Ustlá (Ostellato). Terre avare, sudate d'estate, gelate e nebbiose d'inverno. E la vecchia casa dei nonni devastata dall'umidità, eppure luogo magico, aia compresa.
A fianco della casa c'era il Pular (Pollaio) e attaccato al Pular la Bugadara (Lavanderia). Dietro ma non troppo distante, l'Aldamara (Letamaio) e più distante ancora, la Stalla.
E i campi e i fossi, galline e mucche e la gabbia del granturco, l'erba e il cielo e l'afa e il sole estivo che non scaldava tanto come quello di oggi che se non c'è l'aria condizionata si muore.
Dentro la casa un campionario umano, nonno Gaetano e nonna Aurelia e sei tra figli e figlie. In ordine di nascita: Giovanna detta Giovannina, Jolanda detta Bina, Stefano detto Bibi, Bruno detto Bruno, mia madre Jole e la più giovane ma forte zia Fernanda.
O forse Bruno è arrivato dopo mia madre ma di poco. Non ricordo più un cazzo e non posso telefonare a mamma che a quest'ora già dorme. Evito di riportare qui la discendenza diretta ma si tratta di diciassette cugini in totale, compreso me, VdM©®™.
I nonni materni erano mezzadri, coltivavano una terra non di loro proprietà, abitavano una casa che non era la loro e provenivano dalla Romagna da cui erano dovuti scappare.
Zia Giovanna, emula di nonna Aurelia, sposò un matto scatenato e si trasferì a Cmacc (Comacchio), poco distante dai Trepponti e sfornò sei tra figlie e figli.
Zia Bina con mia madre scappò più lontano, dieci chilometri a est di Bologna ed ebbe tre figli. Gli altri restarono in zona e furono meno fortunati rispetto a quelli che se ne andarono.
Zio Bibi ebbe un maschio e due femmine e ognuna delle due femmine ha visto morire un figlio/a a quattordici e a trentacinque anni. Di Bibi mi resta il ricordo del suo viso pietrificato sul lettino nella camera mortuaria del Sant'Anna.
Zio Bruno perse la moglie quasi subito dopo il matrimonio per leucemia, si risposò ed ebbe una vita familiare un po' travagliata ma tutto sommato gli andò bene finché non si ammalò e morì, dopo aver lavorato a smaltire l'amianto dalle carrozze ferroviarie.
Zia Fernanda che era la più giovane ma probabilmente la più forte e terribilmente buona con noi nipoti, è stata la prima ad andarsene in un letto all'ospedale del Delta e l'utimo ricordo che ho è un suo respiro mentre cercava di sussurrarmi qualcosa.
Da vero VecchioDiMerda©®™ ho cercato di seppellire i ricordi sotto una cortina di indifferenza ma ogni tanto eccoli scappare e riaffiorare, invadendo la memoria mai abbastanza scarsa.
I ricordi poi sono stronzi e non si presentano belli in ordine. Alcuni sbucano a casaccio, tipo la filastrocca che piaceva declamare allo Zio Bibi su San Nicolò che prima morì e poi si ammalò.
Ah già, resta la cosa su mia mamma che si lasciò irretire da un muratore che nei fine settimana partiva dalla zona est di Bologna per andare al Miar col Benelli cinquanta centimetri cubici.
E che ebbe due figli. Di cui uno più piccolo che però picchiava più del grande e uno che probabilmente nacque già VdM. Ma questa è un'altra storia che sicuramente non vedete l'ora di leggere.
Branco di Zuvnaster.
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ypsilonzeta1 · 3 months
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Ti voglio bene,
da qui a là
e da là fino a qua:
un bene che,
girogirotondo,
ti sposta il mondo.
Sono due, tanto è grande;
vi voglio bene a tutte e due:
a te che cadi,
a te che mi sopravvivi a marzo
(e per un pelo
ti voglio ancora bene);
anzi a tutte e tre,
ché ci sei anche tu che
mi mantieni la promessa,
che mi brindi,
senza ciglia
[senza abbraccio,
(perché siamo io, te e pochissimi -
molto pochi - globuli bianchi)];
tu mi affianchi,
io ti affianco:
ho la spada e la rabbia,
e guardo il cielo, i tavolini,
le noccioline,
e guai -
che non si azzardi
questo nostro incoercibile destino
a disturbarci ancora mentre stiamo,
a distrarci ancora dal “che siamo”,
a distorcerci le viscere
da dentro,
perché dentro - invece -
siamo tutta campagna chiara,
tutti Delta del Po,
tutti aquiloni e biada;
che bene che ti voglio,
come a una madre:
vorrei esserti la quinta
di quattro belle figlie
(quella che scrive)
e moltiplicarmi per dirti
passerà, passerà,
ce la faremo,
ce la facciamo,
ce la stiamo facendo,
è fatta, è fatta.
Annusa la gardenia e aspetta;
i tuoi capelli
ricresceranno
più belli.
Beatrice Zerbini
dal libro “In comode rate. Poesie d’amore”, (Interno Poesia Editore, prefazione di Alba Donati)
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yama-bato · 4 months
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Gerald Berghammer
Aquaculture Structures, del delta del Po
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