Tumgik
#fausto Amodei
aitan · 30 days
Text
È un mio testo del 2017, ma non mi pare che ci siano aggiornamenti di rilievo da fare. Solo che quello che prima era un fascismo strisciante, ora marcia alla luce del sole col petto in fuori, un braccio teso e un altro a protezione dei co*l*oni.
Poi, se non la conoscete questa canzone di Fausto Amodei, è il momento di ascoltarla.
Ha più di 50 anni, ma li porta fin troppo bene.
youtube
11 notes · View notes
personal-reporter · 10 months
Text
MusiCogne 2023
Tumblr media
Ancora una volta Cogne scommette sull’incontro tra musica e natura con la settima edizione di MusiCogne che andrà in scena dal 18 luglio. La rassegna non rinuncerà alla sua missione di proporre grande musica in grandi contesti, tra cui quelli del Parco Nazionale Gran Paradiso, con la partecipazione di nomi d'eccezione. Rispetto alle passate edizioni qualcosa cambia, con un concerto al giorno anziché più appuntamenti a poche ore di distanza l'uno dall'altro per facilitare la partecipazione del pubblico a tutti gli eventi e sedi dei concerti. Quest'anno MusiCogne viaggia in parallelo con GuitarCogne, il seminario immersivo di chitarra acustica organizzato con la Sfom - Scuola di formazione e orientamento musicale per il secondo anno. Si comincierà martedì 18 luglio alle 21 con Alessandro D'Alessandro, per la prima volta in Valle d'Aosta, uno dei migliori organettisti diatonici del panorama nazionale e probabilmente internazionale, che sarà in piazza Chanoux per proporre la sua musica al pubblico di Cogne. Il giorno successivo la rassegna tornerà in una delle sedi storiche, la Maison Gérard Dayné, con Lautarea e Sergio Pugnalin: liuti e musiche balcanico-slave, bulgare, arabe, turche e sefardite. Per il terzo concerto ci sarà il giovane Samuele Provenzi che il 20 luglio alle 18, presso il giardino della biblioteca,  presenterà il suo repertorio di musica classica tra Ottocento e Novecento. Gli ultimi tre concerti si terranno tutti in piazza Chanoux dove il 20 luglio, alle 21, ci sarà uno spettacolo dedicato ai brani che hanno saputo fare la storia e il  giornalista Andrea Scanzi, appassionato di musica, proporrà una narrazione arricchita da aneddoti e cenni storici sulle canzoni icone della musica mondiale, con ad accompagnarlo la violinista e compositrice statunitense Scarlet Rivera, Alex Gariazzo ed Andrea Parodi (chitarre e voci) e Paolo Ercoli (mandolino, dobro e pedal steel). Venerdì , sempre alle 21, il direttore artistico Carlo Pestelli e Federico Bagnasco proporranno il loro disco Oiseaux de Passages con i brani del maestro della canzone francese tradotti in italiano e in dialetto torinese, ma non solo, da Fausto Amodei, del collettivo torinese Cantacronache. Per sabato 22 luglio sarà la volta delle note tra lo swing e il gipsy jazz dell'eclettico chitarrista Nunzio Barbieri e del clarinettista Francesco Django Barbieri, padre e figlio accomunati dalla passione per la grande musica finemente arrangiata. Infine domenica 23, alle 12, l'area pic nic di Lillaz proporrà il saggio conclusivo degli allievi di GuitarCogne. Read the full article
0 notes
reginadeinisseni · 10 months
Video
youtube
Francesco Guccini " Canzoni da Intorto " Tg3
SLUGA NARODA SIGLA DELLA SERIE DI ZELENSKY LA CANTA LUI CON SLAVA UCRAINA CANTANTE PREFERITO DI MATTEO RENZI
Canzoni da intorto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Canzoni da intorto album in studio Artista Francesco Guccini Pubblicazione 18 novembre 2022 Dischi 1 Tracce 11 (LP) 12 (CD) Genere[1] Canzone popolare Folk Etichetta BMG Produttore Fabio Ilacqua, Stefano Giungato Arrangiamenti Fabio Ilacqua Formati CD, LP Certificazioni Dischi di platino Bandiera dell'Italia Italia[2] (vendite: 50 000+) Francesco Guccini - cronologia Album precedente Note di viaggio - Capitolo 2: non vi succederà niente (2020)Album successivo Canzoni da intorto è il venticinquesimo album in studio del cantautore italiano Francesco Guccini, pubblicato il 18 novembre 2022.[3]
Indice 1 Descrizione 2 Tracce 3 Classifiche 3.1 Classifiche settimanali 3.2 Classifiche di fine anno 4 Note 5 Collegamenti esterni Descrizione È il primo album in studio in dieci anni dal precedente del 2012, L'ultima Thule, e contiene undici cover di brani popolari e di canzoni d'autore, arrangiate da Fabio Ilacqua, che il cantautore voleva registrare da decenni.[4][5] Descritto come un concept album, il disco è stato pubblicato solo in formati fisici «per valorizzare e distinguere la sua natura».[1] Tra gli ospiti del disco Davide Van De Sfroos, che in Ma mì interpreta il commissario e in Addio Lugano canta nei cori.[4] L'edizione in CD contiene una traccia fantasma, Sluha naroda, sigla della omonima serie televisiva in Italia nota come Servitore del popolo interpretata dal presidente ucraino Volodymyr Zelens'kyj, che Guccini canta in ucraino concludendo con il saluto nazionale Slava Ukraïni!.[6]
Tracce Per i morti di Reggio Emilia (Fausto Amodei) El me gatt (Ivan Della Mea) Baron litron Ma mì (testo: Giorgio Strehler – musica: Fiorenzo Carpi) Tera e aqua (testo: Luigi Fossati – musica: Sergio Liberovici) Le nostre domande (testo: Franco Fortini – musica: Margot) Nel fosco fin del secolo morente (Luigi Molinari) Greensleeves Quella cosa in Lombardia (testo: Franco Fortini – musica: Fiorenzo Carpi) Addio a Lugano (Pietro Gori) Sei minuti all'alba (Enzo Jannacci) Traccia bonus nell'edizione CD Sluha naroda (ghost track cantata in lingua ucraina) Classifiche Classifiche settimanali Classifica (2022) Posizione massima Italia[7] 2 Classifiche di fine anno Classifica (2022) Posizione Italia[8] 38 Note Alberto Graziola, Francesco Guccini, Canzoni da intorto, il disco -solo in formato fisico- dal 18 novembre: tracklist e tutte le notizie, su soundsblog.it, 17 novembre 2022. URL consultato il 17 novembre 2022. ^ Canzoni da intorto (certificazione), su FIMI. URL consultato il 6 febbraio 2023. ^ Il miracolo di 'Canzoni da intorto', il disco di Guccini che ha vinto contro lo streaming, su la Repubblica, 13 dicembre 2022. URL consultato l'11 gennaio 2023. Francesco Guccini, qualche dettaglio sull'album "Canzoni da intorto", su imusicfun.it, 16 novembre 2022. URL consultato il 17 novembre 2022. ^ "L'anarchia ormai è solo un'idea romantica, non si può essere anarchici nel 2022", su Radio Capital, 28 novembre 2022. URL consultato l'11 gennaio 2023. ^ Musica. Francesco Guccini, la locomotiva sbuffa ancora, su avvenire.it, 18 novembre 2022. URL consultato l'11 gennaio 2023. ^ Class
0 notes
cerentari · 2 years
Text
Canzoni antifasciste
Se ne avete da proporre dateci dentro! Se non li conoscete – Fausto Amodei (1972) Rigurgito antifascista – 99 Posse (1993) A la Mierda – Ska P (2000) Quei briganti neri – Gang (2011)
youtube
View On WordPress
0 notes
osmarjun · 3 years
Photo
Tumblr media Tumblr media
‘Bella Ciao’, a história por trás do hino da liberdade e da resistência na comemoração da libertação do fascismo. A canção se transformou num símbolo, cujo verdadeiro significado é muitas vezes desconhecido Por: Alessandro Leone Cupello (Itália) - 25 abr 2020 - 14:48 BRT Bella Ciao (traduzida popularmente em português como Querida, Adeus) é uma canção anônima, e não existe nenhum dado que esclareça definitivamente sua procedência. Há apenas semelhanças textuais e musicais com antigas composições. Ela é o resultado de uma longa jornada, que foi definindo este hino à liberdade até a versão conhecida por todos e entoada em cerca de 40 idiomas. Na Itália, seus acordes não ecoam apenas nas manifestações das “sardinhas”, o grupo heterogêneo que até há poucos meses protestava nas praças do país inteiro sobretudo contra a retórica de Matteo Salvini; também marcam presença cada 25 de abril, o dia em que se comemora a libertação do fascismo em 1945. “É um hino dos Partisans [membros da resistência]”, afirma com segurança Carlo Ghezzi, da Associação Nacional dos Partisans da Itália (ANPI). A resistência era formada pelas diversas correntes do antifascismo: havia democratas-cristãos, comunistas, socialistas, monarquistas e republicanos, entre outros. Um conglomerado de ideias diferentes que superaram suas discrepâncias ante a necessidade de combater “o invasor”. “O comandante da resistência era Raffaele Cadorna, um monarquista, e seu vice-comandante Luigi Longo, comunista. O antifascismo representou a página mais importante deste país, e Bella Ciao dá voz a tudo isso”, diz Ghezzi. Por esse motivo, Bella Ciao acabou se tornando a música da resistência, a canção que celebra a heterogeneidade reunida que levou a Itália à libertação. De fato, em sua letra não há nenhuma referência ideológica, ao contrário de Fischia Il Vento (Sopra o vento), cantada sobretudo por partisans garibaldinos e comunistas. A melodia, que hoje é muitas vezes considerada uma canção de esquerda no país, foi entoada em diversas ocasiões públicas por políticos da Democracia Cristã (DC), como Benigno Zaccagnini e Franco Marini. Além disso, durante os protestos de 1968 os manifestantes não a cantavam, como explica Carlo Pestelli, autor do livro Bella Ciao: La canzone Della Libertà (Bella Ciao: a canção da liberdade): “Eles consideravam que era uma canção para os que não queriam manchar as mãos.” Em seu lugar, preferiam outros hinos reivindicatórios como Per i morti di Reggio Emilia (Para os mortos de Reggio Emilia), de Fausto Amodei, nascido durante os protestos contra o Governo formado pela DC em 1960 com os votos da extrema-direita, ou Contessa (Condessa), de Paolo Pietrangeli, dedicada a Paolo Rossi, estudante assassinado em 1966 após um confronto com um grupo de jovens extremistas. Pestelli acredita que existiu um módulo musical sobre o qual elaborou-se o texto de Bella Ciao. Os ancestrais mais reconhecíveis são duas canções populares do norte da Itália do século XIX: Fior di tomba (Flor de tumba) e La bevanda sonnifera (A bebida sonífera). Da segunda, entre outros aspectos, procede a reiteração do “ciao”; mas a primeira, herdeira de Complainte de la Dame a la Tour et du Prisonnier, uma canção francesa de 1536, nas versões de Novara (Piamonte) e Venecia (Vêneto), começa e termina exatamente como Bella Ciao. Em ambas as composições, o tema central é o amor. Segundo alguns relatos reunidos por Cesare Bermani, especialista em música popular italiana, uma das primeiras versões reivindicatórias de Bella Ciao remonta à Primeira Guerra Mundial. Era uma espécie de protesto contra o sistema militar após o fracasso da batalha de Caporetto, concluída com uma vitória dos exércitos austro-húngaro e alemão em 1917. De fato, a palavra “invasor” é substituída por “desertor”. Mas as duas variantes mais importantes se difundiram no período do segundo conflito mundial. Uma delas, embora a letra tenha aparecido apenas em 1951, é narrada pela voz das mondine (arrozeiras), as mulheres que trabalhavam de forma temporária nas colheitas de arroz. É provável que a outra, ou seja, a partisan, fosse curiosamente entoada em três regiões italianas distantes entre si: Montefiorino (Emilia-Romanha), onde um médico conhecido como Fiore poderia ter escrito a letra original; Abruzos, onde a Brigada Maiella poderia ter entoado também a versão mondina graças à volta das mulheres locais que haviam colhido arroz no norte; e Alba (Piemonte), segundo uma pessoa que disse a Pestelli que a cantou em 1944, quando tinha 11 anos. As três localidades viveram uma situação de estancamento e isolamento do combate. Isso explicaria, segundo a teoria de Pestelli, o fato de que fosse interpretada uma canção que transmitia alegria e que para as crianças de Alba servia como contraposição ao mundo adulto. Essas duas almas se encontraram finalmente no Festival dei Due Mondi (Festival dos Dois Mundos), de Espoleto (Úmbria) em 1964, onde a ex-arrozeira Giovanna Daffini apresentou a letra feminina (“Esta manhã, eu acordei/Ao arrozal devo ir [...] E entre os insetos e os mosquitos um trabalho duro devemos fazer”), seguida pelo partisan. O espetáculo, que levava o nome de Bela Ciao, foi repetido 10 vezes entre 21 e 29 de junho e marcou o ponto de partida para o renascimento da canção popular. O sucesso foi tão grande que também houve tentativas de se apropriar da sua autoria, como no caso de um militar, Rinaldo Salvatori, que dizia ter escrito Bella Ciao inspirado em outra composição, que dedicou a uma cantora francesa da qual se apaixonara. Mas ninguém pôde resolver o mistério que envolve este hino tão famoso. “Bella Ciao tem sido utilizada de diferentes formas porque é uma canção popular. É contra um invasor e a favor de algo que todos gostam, a liberdade”, afirma Pestelli. Todo ano é ouvida num contexto diferente, como nas manifestações após o atentado do Charlie Hebdo, em 2015, nos estádios sob a forma de cântico e em séries como La Casa de Papel. Além disso, vários artistas a interpretaram, como Manu Chao, Woody Allen e Tom Waits. É a consequência de um sucesso internacional que nunca terminou. E que provavelmente começou quando um grupo de jovens da região da Emilia-Romanha apresentou a canção no Festival da Juventude de 1947 em Praga, coroado depois com o disco de Yves Montand (pseudônimo de Ivo Livi) de 1963, um italiano de espírito francês que cantava Bella Ciao com o título de Chant des Partisans mudando a pronúncia original. Nas últimas duas décadas, Bella Ciao se tornou símbolo da esquerda comunista, sobretudo do ponto de vista da direita. Matteo Salvini, líder da Liga, e sua companheira de coalizão, Giorgia Meloni, do partido Irmãos da Itália, criticam com frequência sua representação. Por exemplo, quando alguns socialistas a entoaram no Parlamento da União Europeia. Meloni escreveu no Twitter que aquilo era “escandaloso” e “ridículo”, e falou de “União Soviética Europeia”. Sobre essa questão, para Ghezzi não há dúvida. “Está claro que a direita não gosta em absoluto dos valores do antifascismo, mas essas polêmicas começaram no dia seguinte à libertação. Nós não discutimos sobre isso desde 25 de abril de 1945”.  L’estaca Pestelli encontra muitas semelhanças entre Bella Ciao e L’estaca, o canto catalão antifranquista de Lluís Llach, composto em 1968. Foi utilizado pelo sindicato Solidariedade na Polônia e traduzido também ao occitano (língua falada no sul da França) pelo grupo musical Lou Dalfin, entre outros. “Bella Ciao e L’estaca compartilham uma certa alegria melódica e são canções populares. Além disso, ambas têm a ver com um elemento da natureza: por um lado, a flor; por outro, uma árvore. São símbolos de uma nova vida através da lembrança”, explica.  A Canção Traduzida para a Língua PortuguesaAssista: 
https://www.youtube.com/watch?v=TquP4K1whdU
Fonte: Artigo retirado do site jornalístico "El País"   https://brasil.elpais.com/cultura/2020-04-25/bella-ciao-a-historia-por-tras-do-hino-da-liberdade-e-da-resistencia.html?fbclid=IwAR1l9Wiqd1oqYQ47x89cqtN8YQcb1VwPza7aEuxozTV585YCdzrU2_mIz1o
-.-.-.-.-.-.-.-
Até o próximo post com a seuqência do um novo trabalho...
Forte Abraço!
Osmarjun
2 notes · View notes
emanuelepennini · 6 years
Text
C'eravamo tanto amati
C’eravamo tanto amati
A Nicola
Oltre il ponte. Capitolo I
La trama è semplice, scontata, ripetitiva.
Lui è uno come tanti, insicuro, ma bravo a mascherare la sua fragilità dietro una foglia di tenebra; cosa che gli dà un certo qual fascino da misterioso che lo fa piacere alle ragazze di città. Così si compiace di ciò e si ficca in questo ruolo, con soddisfazione.
Finché non conosce lei.A sentirlo parlare, Elisa gli…
View On WordPress
0 notes
colonna-durruti · 2 years
Text
E se Berlino chiama
ditele che s'impicchi:
crepare per i ricchi
no! non ci garba più.
E se la Nato chiama
ditele che ripassi:
lo sanno pure i sassi:
non ci si crede più.
Se la ragazza chiama
non fatela aspettare:
servizio militare
solo con lei farò.
E se la patria chiama
lasciatela chiamare:
oltre le Alpi e il mare
un'altra patria c'è.
E se la patria chiede
di offrirgli la tua vita
rispondi che la vita
per ora serve a te.
Improvvisata nel settembre 1961 da Franco Fortini e Fausto Amodei durante la marcia della pace Perugia-Assisi, "manifestazione popolare contro l'imperialismo, il razzismo, il colonialismo, lo sfruttamento". Incisa da Maria Monti in "Le canzoni del no" (1966), questa canzone provocò il sequestro dell'intero disco e Fortini subì un processo dal quale venne però presto assolto.
https://m.youtube.com/watch?v=oWrRxpjPQWE
(Foto di Ada Prospero Gobetti)
0 notes
luha2013 · 3 years
Text
Ornella Vanoni….
La Vanoni è una delle artiste italiane dalla carriera più longeva: in attività dal 1956, con la pubblicazione di circa 112 lavori (tra album, EP e raccolte) è considerata tra le più grandi interpreti della musica leggera italiana, oltre che una tra le cantanti più vendute con oltre 65 milioni di dischi.
Dotata di uno stile interpretativo molto personale e sofisticato, che le conferisce una timbrica vocale fortemente riconoscibile, Ornella Vanoni vanta un ampio e poliedrico repertorio, che spazia dalle Canzoni della mala degli esordi al pop d'autore, alla bossa nova (storica la realizzazione insieme a Toquinho e Vinícius de Moraes dell'album La voglia la pazzia l'incoscienza l'allegria nel 1976 inserito nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia alla posizione numero 76) e al jazz.
Tumblr media
Durante la sua carriera sessantennale hanno scritto per lei molti tra i più importanti autori, non solo italiani, e collaborato con artisti del calibro di Gino Paoli, New Trolls, Paolo Conte, Fabrizio De André, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Sergio Bardotti, Mogol, Giorgio Calabrese, Franco Califano, Bruno Lauzi, Grazia Di Michele, Renato Zero, Riccardo Cocciante, Bungaro, Pacifico e Carmen Consoli.
Ha partecipato a otto edizioni del Festival di Sanremo, raggiungendo il 2º posto nel 1968 (con Casa bianca) e piazzandosi per ben tre volte al 4º posto, nel 1967 (con La musica è finita), nel 1970 (con Eternità) e nel 1999 (con Alberi): in quest'ultima edizione, Ornella Vanoni è stata la prima artista nella storia del Festival a ricevere il Premio alla carriera. È anche l'unica donna e il primo artista in assoluto ad aver vinto due Premi Tenco (solo Francesco Guccini dopo di lei è stato premiato due volte), e l'unica cantante italiana ad aver ottenuto questo riconoscimento come cantautrice. Ha inoltre vinto una Targa Tenco, che porta complessivamente a tre il numero di riconoscimenti a lei assegnati dal Club Tenco.
Curiosità: Ha vinto due volte il Premio Lunezia ed è stata insignita di importanti riconoscimenti e onorificenze tra cui, nel 1984, del titolo di Commendatore della Repubblica e, nel 1993, di Grande ufficiale Ordine al merito della Repubblica italiana.
«Sono stata una ragazza inventata. Inventata dagli altri. Di mio avrei voluto fare l'estetista, niente di più. Avevo l'acne e avrei voluto curare la pelle, la mia e quella degli altri. Ero andata a studiare Lingue in Inghilterra, in Svizzera, in Francia e quando tornai a Milano non sapevo che cosa fare. Fu un'amica di mia madre a lanciare l'idea: "Hai una bella voce, perché non fai l'attrice?". Mi iscrissi alla scuola di recitazione del Piccolo. Il giorno degli esami d'ammissione ero terrorizzata, tanto da sentirmi male. Con la V di Vanoni venni chiamata per ultima, sapevo che nella commissione c'erano grossi nomi, Strehler, Paolo Grassi, Sarah Ferrati. Quando mi hanno chiamata, avevo il cuore a mille. Recitai un pezzo dell'Elettra, ero follemente emozionata, chiedevo scusa a tutti, mi interrompevo [...] A un certo punto ho sentito una voce femminile: "Attenzione, qui c'è qualcosa". Era della Ferrati. Mi presero. Dopo un anno divenni la compagna di Strehler, era il '55. E fu scandalo. Avevo vent'anni, lui era sposato, non c'era il divorzio e, per di più, viveva da solo, era di sinistra ed era un artista. Mia madre si lamentava, piangeva: "Così ti rovini, ti devi sposare."» ORNELLA VANONI
Insieme ad autori come Fausto Amodei, Fiorenzo Carpi, Dario Fo e Gino Negri, Strehler trae infatti spunto da alcune antiche ballate dialettali narranti vicende di cronaca nera, per procedere alla stesura di nuovi testi incentrati sul tema della malavita, aventi per protagonisti poliziotti, malfattori, carcerati, minatori, e inventando pertanto la definizione di canzoni della mala. Per alimentare la curiosità del pubblico, viene lasciato credere che si tratti di autentici canti popolari ricavati da vecchi manoscritti, e viene dunque allestita per lei la sua prima tournée teatrale, terminata con uno spettacolo a Spoleto, al Festival dei Due Mondi nel '59.
youtube
Le interpretazioni particolarmente enfatiche della Vanoni, caratterizzate da una timbrica vocale e da una gestualità alquanto inconsuete ma sensuali, incuriosiscono parecchio il pubblico, che inizialmente sembra in parte confondere le ambientazioni dei brani proposti con le vere origini della cantante. Nel complesso, le canzoni della mala ottengono un buon successo, malgrado qualche critica di snobismo alto-borghese e l'intervento della censura radiotelevisiva che non apprezza i contenuti di alcuni testi. Per Ornella Vanoni, però, quello della mala inizia ad essere un cliché nel quale non intende essere rinchiusa.
Terminato il rapporto con Strehler (del quale in seguito dichiarerà di non avere apprezzato lo stile di vita, ritenendolo inadeguato ad una ragazza poco più che ventenne), si allontana anche dall'ambiente del Piccolo Teatro, alla ricerca di un nuovo percorso artistico.
Nel 1960, alla Ricordi Ornella incontra Gino Paoli, col quale intraprende un'intensa storia d'amore, nonché una florida collaborazione artistica che le permette di cimentarsi con un repertorio a lei più congeniale. Paoli le scrive infatti una prima canzone d'amore dal titolo Me in tutto il mondo e successivamente le dedica, colpito dalle sue grandi mani, un vero e proprio ritratto musicale: la celeberrima Senza fine.
youtube
Nel 1961 partecipa a Canzonissima con Cercami: questa canzone, inizialmente destinata a Claudio Villa e che Ornella incide in lacrime dedicandola a Paoli, è il suo primo 45 giri di grande successo commerciale, con oltre 100.000 copie vendute. Nello stesso anno, la Ricordi pubblica anche il suo primo album, che riunisce sei canzoni della mala sulla prima facciata, e sei canzoni d'amore sulla seconda. Nel frattempo prosegue la carriera teatrale ne L'idiota di Marcel Achard, impegno per il quale l'Istituto del Dramma Italiano la premia come rivelazione del teatro e che le vale anche il prestigioso Premio San Genesio come miglior attrice dell'anno. Il successo continua con "La fidanzata del bersagliere" di Edoardo Anton, che le frutterà il suo secondo Premio San Genesio come miglior attrice del 1963. Gli spettacoli sono entrambi prodotti dal marito, Lucio Ardenzi: «andavo in scena a soli venti giorni dalla nascita di nostro figlio, Cristiano, e per di più senza compenso. Allora lui era in difficoltà finanziarie e io avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarlo».
Nel frattempo cambia anche etichetta discografica e passa dalla Ricordi alla Ariston pubblicando alcuni 45 giri di successo come Tristezza (1967, primo brano del repertorio brasiliano, che lei ha sempre amato riproporre), la sua versione di Un'ora sola ti vorrei (sempre del '67). Nel 1969 è la volta di Una ragione di più, uno dei brani di maggior successo della cantante, che la vede per la prima volta scrivere un testo, con la collaborazione di Franco Califano, mentre la musica è di Mino Reitano. In questo periodo Ornella incide anche due album intitolati Ai miei amici cantautori e Io sì - Ai miei amici cantautori n.2, interpretando brani di quei cantautori che avevano maggiormente influenzato il suo percorso musicale.
Nel 1970 Ornella partecipa ancora una volta al Festival di Sanremo con il brano Eternità, in coppia con I Camaleonti, scritta da Giancarlo Bigazzi e Claudio Cavallaro, che si classifica alla 4° posizione. Sarà però col singolo successivo, L'appuntamento di Roberto Carlos, Erasmo Carlos e Bruno Lauzi, che la cantante ottiene il suo maggiore successo commerciale, rimanendo in classifica per molti mesi e vendendo 600.000 copie, affermandosi definitivamente nel panorama musicale italiano e riuscendo a conquistare tutto il pubblico. Il brano viene inserito nella colonna sonora del film Tony Arzenta diretto da Duccio Tessari ed è scelto come sigla musicale del programma radiofonico Gran varietà.
youtube
Sempre nel '71, esce un altro dei suoi cavalli di battaglia: Domani è un altro giorno, versione italiana di un brano di Tammy Wynette The Wonders You Perform. Il brano viene presentato a Canzonissima 1971 e viene inserito nella colonna sonora del film La prima notte di quiete di Valerio Zurlini. Per la finale della stessa edizione di Canzonissima, Ornella Vanoni interpreta Il tempo d'impazzire, scritta da Giorgio Calabrese e Andracco. È inoltre conduttrice del programma E tu che fai? Io questa sera vado a casa di Ornella, a cui partecipa come ospite anche Lucio Battisti; qualche settimana dopo registra la prima trasmissione a colori nella storia della televisione italiana, dal titolo Serata d'onore.
Nel 1973 esce il singolo di successo Dettagli: come L'appuntamento, è una cover brasiliana di Roberto Carlos, tradotta ancora una volta dallo stesso Bruno Lauzi. L'omonimo album Dettagli riscuote un enorme successo commerciale (circa mezzo milione di copie vendute). Nell'autunno dello stesso anno, incide un nuovo LP - l'ultimo per la Ariston - dal titolo Ornella Vanoni e altre storie, per lo più composto da cover straniere adattate in italiano: l'album si apre con un'ottima reinterpretazione della celebre Je suis malade di Serge Lama (adattata in italiano da Giorgio Calabrese col titolo Sto male), che la Vanoni presenta alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia.
Nello stesso anno viene scelta come testimonial pubblicitaria per la Martini, azienda per la quale girerà numerosi caroselli fino al 1976, interpretandone anche il celebre jingle.
Nel 1974 Ornella Vanoni lascia la Ariston e fonda - con l'aiuto di Danilo Sabatini (suo compagno dell'epoca) - una propria casa discografica: la Vanilla. Il primo album edito dalla nuova etichetta, distribuita dalla Fonit-Cetra, si intitola A un certo punto e raggiunge nuovamente i vertici della classifica totalizzando ancora una volta circa mezzo milione di copie vendute.
Nello stesso anno viene pubblicato l'album La voglia di sognare, che si piazza alla sesta posizione delle classifiche di vendita e che contiene pezzi scritti da Bruno Lauzi, Riccardo Cocciante e Lucio Dalla. La canzone che diede il titolo all'album, La voglia di sognare è stata scritta da Carla Vistarini e Luigi Lopez, e premiata l'anno successivo anche dalla critica discografica e divenuto sigla del Gran Varietà radiofonico della Rai.
Nello stesso anno torna sul piccolo schermo accanto a Gigi Proietti, nello spettacolo Fatti e fattacci (che vince il prestigioso Festival della Rosa d'oro di Montreaux per l'intrattenimento). Il programma era basato sulle canzoni proposte da Proietti e dalla Vanoni, che interpretavano la parte di due cantastorie che andavano in giro per l'Italia con una compagnia di saltimbanchi fermandosi nella piazza di una città. Successivamente invece è in teatro, protagonista nella commedia dell'amica Iaia Fiastri intitolata Amori miei, un grande successo da cui in seguito verrà tratto l'omonimo film interpretato da Monica Vitti.
Nel 1977 la Vanoni posa nuda e dirige la versione italiana di Playboy chiedendo come compenso, al posto del denaro, una sfera dell'artista Arnaldo Pomodoro con il quale nasce una profonda amicizia.
Gli anni ottanta proseguono all'insegna di un'autoproduzione consapevole e un cambio di casa discografica, la CGD.
Per i lavori discografici che caratterizzeranno il decennio, Ornella non si limita a collaborare alla produzione (di Sergio Bardotti), ma scrive anche da sé alcuni pezzi (tra gli altri, "Ricetta di donna", "Per un'amica" e "Questa notte c'è"). Per la prima volta, interi album vengono concepiti in funzione di materiale proprio: "Bisogna darsi cariche nuove [...] e poi non c'era questo materiale straordinario d'autore che arrivasse sul tavolo", dichiarerà la cantante in un'intervista del 1982. Ma la Vanoni fa di necessità virtù, e il riscontro di pubblico e critica è subito entusiasta. Adotta così una nuova formula di lavoro, appoggiata da Sergio Bardotti e Maurizio Fabrizio, che diventa una costante e un brand per i lavori successivi.
youtube
Nel 1980 viene pubblicato l'album Ricetta di donna che vanta le collaborazioni con Michele Zarrillo (che scrive con Totò Savio la musica della title track), Fabrizio De André (che scrive il testo italiano di un classico di Leonard Cohen Famous blue raincoat, che diventa La famosa volpe azzurra) e Paolo Conte (che firma il brano La donna d'inverno). Ornella scrive il brano che dà il titolo all'album.
Nel 1981 è la volta di un altro importante e sofisticato album, Duemilatrecentouno parole (2301 allude al numero totale di parole scritte da Ornella Vanoni nell'album), di cui Ornella scrive ben sei pezzi, oltre alla famosissima Musica musica anche la tenera e conosciuta Vai, Valentina e si avvale della presenza di Gino Paoli e Pierangelo Bertoli in due canzoni. Il disco raggiunge il sesto posto in classifica vendite. Per questo album il Club Tenco conferisce alla Vanoni ben due importanti riconoscimenti: si aggiudica sia il Premio Tenco come operatore culturale sia quello come miglior cantautore con l'album Duemilatrecentouno parole, risultando la prima cantautrice donna ad aggiudicarsi tale riconoscimento.
Il 1983 è invece la volta del prestigioso album Uomini, che ruota intorno alla tematica del maschio. Ornella, oltre a continuare a scrivere i testi si avvale della collaborazione di Lucio Dalla, Toquinho e Gerry Mulligan agli strumenti e di Giorgio Conte con il risultato di un album di altissima qualità, che, nonostante le polemiche del testo Il marinaio, di Maurizio Piccoli, ritenuto scabroso, ha dei buoni risultati di vendita, raggiungendo l'ottavo posto in classifica. Ad ogni canzone è abbinato un uomo rappresentativo della Storia, un suo frammento epistolare e la relativa fotografia: I grandi cacciatori: Ernest Hemingway; Il marinaio: Gustav Flaubert; La discesa e poi il mare: Eduardo De Filippo; L'amore e la spina: Hermann Hesse; Rabbia libertà fantasia: Pietro Mascagni; Questa notte c'è: Peter Altenberg; La donna cannibale: Dino Buzzati;Lupo: Oscar Wilde; Ho capito che ti amo: Scott Fitzgerald; Uomini: Giuseppe Garibaldi. Anche per questo album la Vanoni riceve la Targa Tenco come migliore interprete diventando l'artista italiana con maggior numero di riconoscimenti.
Nel 1984 è ospite fisso del programma trasmesso da Canale 5, Risatissima, con la conduzione di Milly Carlucci, nel quale in ogni puntata cantava un brano musicale
youtube
Nel 1985 comincia una lunga serie di concerti tenuti nei principali teatri italiani in coppia con Gino Paoli, che segna il riavvicinamento artistico dei due a distanza di anni: da questa tournée di grandissimo successo viene registrato il doppio disco di grande successo, Insieme. Di tale impegno particolarmente apprezzata sarà la canzone Ti lascio una canzone.
Nel frattempo la Vanoni lavora anche allo spettacolo di prosa Commedia d'amore, presentato nei teatri al fianco di Giorgio Albertazzi e portatore di critiche positive.
Nel 1989 torna al Festival di Sanremo con Io come farò, scritta per lei da Gino Paoli, classificandosi alla decima posizione, che anticipa la pubblicazione dell'album Il giro del mio mondo quasi del tutto scritto da Paoli con la collaborazione di Sergio Bardotti, a eccezione del brano Isola, scritto da Teresa De Sio. Con questo disco si conclude la collaborazione con Bardotti, ripresa poi nei primi anni Duemila.
Nel 1992 esce Stella nascente, primo album di Ornella Vanoni con la produzione di Mario Lavezzi, che scrive anche il singolo omonimo insieme a Mogol. In questo disco, la Vanoni ritorna a firmare i testi di ben cinque canzoni, tra cui Perduto. Inoltre comincia anche la collaborazione con Grazia Di Michele, che scrive Non era presto per chiamarti amore. Stella nascente ottiene il disco d'oro per le vendite.
Nel 1995 è la volta di Sheherazade, prodotto ancora da Mario Lavezzi. Ornella Vanoni è autrice di otto dei dodici ritratti femminili del disco, incentrato e dedicato ancora una volta alla donna. Il titolo dell'album, Sheherazade (come anche il brano omonimo), vuole essere un riferimento e una dedica all'ingegno, alla creatività, al potere della seduzione e della bellezza, propri dell'essere donna: emblema di ciò è Sheherazade o Sharāzād, personaggio protagonista de Le mille e una notte, che riuscì a sfuggire alla morte per mano del re persiano Shāhrīyār, trasformando il suo odio in "lacrime d'amore", grazie al suo fascino e alla sua fantasia. In una nota dell'album, la cantante definisce Sheherazade "il più grande archetipo femminile".
youtube
L'album, arrangiato da più musicisti, è tra i più eterogenei circa le atmosfere e le sonorità presenti. Due i principali successi contenuti nel disco: Per l'eternità di Mogol-Lavezzi e Rossetto e cioccolato, scritta dalla stessa Ornella. Anche a questo disco collabora Grazia Di Michele, coautrice assieme alla Vanoni di tre brani, tra cui Sos (che nel 2009 Ornella dichiarerà essere la canzone che più rappresenta se stessa e l'amore). Tra gli altri brani presenti, spiccano Lupa, Il mio trenino, I desideri delle donne e Angeli e no.
Nel 1996 Ornella Vanoni avrebbe dovuto partecipare al Festival di Sanremo con un altro brano da lei firmato (Bello amore), ma poche ore prima della prova d'orchestra al Teatro Ariston, la melodia del brano (di Giuseppe Barbera) viene eseguita in un programma radiofonico della RAI, con un altro testo, da Emilia Pellegrino, la quale, avendo tentato senza successo la carriera di cantante presso il Centro Europeo Tuscolano di Mogol, secondo la stampa, avrebbe sottratto uno spartito con la melodia "incriminata" durante le attività musicali del CET, per poi riutilizzarla, mossa da frustrazione, per una sorta di vendetta personale (possibilmente favorita da qualcuno dell'ambiente).
Nel 2001 incide due album di cover, prodotti da Mario Lavezzi, in cui rivisita alcuni grandi successi italiani degli anni sessanta e settanta in chiave moderna: Un panino una birra e poi... e E poi... la tua bocca da baciare, col quale passa alla Sony Music. I due album le valgono rispettivamente due disco di platino e due disco d'oro per le vendite.
Il 30 novembre 2007 inizia la tournée (che proseguirà fino a maggio 2008) “Una bellissima ragazza”, concerto-spettacolo – le scenografie di Giancarlo Cauteruccio e la direzione musicale di Mario Lavezzi - che la porta nei maggiori teatri d’Italia ed in Spagna dove partecipa al “Festival Ellas Crean” al National Auditorium di Madrid e a “Le voci d’Italia”, rassegna organizzata nello splendido Palau de la musica catalana di Barcellona.
Nell’estate 2008 parte il tour “Ornella Live 2008” in luoghi storici e magici d’Italia con importanti partecipazioni: “Omaggio a Rosa Balistieri” con Carmen Consoli a Catania, “Musica per i borghi” dove duetta con Giorgia a Marsciano, l’ “Omaggio a Fabrizio De André” in seno al “Time in Jazz” di Paolo Fresu a L’Agnata, “Caulonia Festival” con Eugenio Bennato a Caulonia Superiore.
Il 2008 è anche l’anno di importanti riconoscimenti: “Premio Milano donna - le donne che hanno fatto grande Milano”, “Premio Marisa Bellisario Speciale alla Carriera “ dedicato a “Le donne che progettano il futuro: innovazione, creatività, meritocrazia”.
Il 13 novembre 2009 esce il disco Più di te, dedicato ancora una volta al mondo dei cantautori: Ornella Vanoni canta al maschile testi come Alta marea (Antonello Venditti), Quanto tempo e ancora (singolo che ha anticipato l'album, di Biagio Antonacci), Dune mosse (Zucchero Fornaciari), La mia storia tra le dita (Gianluca Grignani), Ogni volta (Vasco Rossi), e duetta con Lucio Dalla, Gianni Morandi, Mario Lavezzi (Vita), Samuele Bersani (Replay), Pino Daniele (Anima), Ron (Non abbiam bisogno di parole), Gianna Nannini (I maschi). Quest'ultimo album ottiene il triplo disco d’oro per le vendite.
Nel febbraio 2014 Ornella annuncia la sua ultima tournée teatrale intitolata Un filo di trucco, un filo di tacco, titolo che ricorda la frase che la madre della Vanoni le ripeté per anni prima di uscire. Lo spettacolo, portato nei principali e più grandi teatri italiani, presenta davvero l'aspetto di un recital composto non soltanto dall'esecuzione dei più importanti successi della cantante, ma anche momenti di dialogo con il pubblico e monologhi scritti proprio dalla Vanoni.
«Dopo aver annunciato che Un filo di trucco, un filo di trucco sarà la mia ultima tournée tutti mi chiedono se smetterò di cantare. Non ci penso neanche! Fino a quando potrò canterò, non potrei fare altrimenti. Sarà l'ultima tournée nel senso che non ho più le forze di tenere un palco per più di due ore e alternare musica a recitazione.»
Tra il 2015 e il 2016, la cantante è nuovamente in tour con un ennesimo spettacolo totalmente acustico, dal titolo Free soul. «Il concerto si apre con la voce di Vinicius De Moraes che recita una poesia e poi la scaletta spazia dal jazz alla bossanova, dai suoi grandi successi e ad alcune chicche che Ornella regalerà al pubblico, senza tralasciare le radici soul che da sempre accompagnano le sue interpretazioni più intense. L'aspetto più emozionante del concerto rimane il dialogo verbale tra Ornella e il pubblico: a ruota libera, senza un copione scritto, racconta la libertà dell'anima.»
Durante tutto il 2018 e parte del 2019 è nei principali teatri italiani con lo spettacolo La mia storia tour , in cui canta anche l'ultimo successo, Imparare ad amarsi.
youtube
Nel 2019 partecipa alla seconda edizione del programma Ora o mai più, condotto da Amadeus su Rai 1, in qualità di Coach del cantante Paolo Vallesi. Dal settembre 2019 è giudice della prima edizione di Amici Celebrities condotto da Maria De Filippi prima, e poi da Michelle Hunziker, su Canale 5.
Il 1º dicembre 2019 è protagonista del programma "In Arte...Ornella Vanoni" condotto da Pino Strabioli, con il quale ripercorre la sua lunga carriera, alternando all'intervista rari filmati.
Il 10 settembre viene presentato come evento speciale nella selezione ufficiale delle Giornate degli autori nel corso della 78ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il documentario diretto da Elisa Fuksas, Senza Fine, e prodotto Tenderstories. Nel film ci sono, tra gli altri, Paolo Fresu, Samuele Bersani e Vinicio Capossela. E ci sono tutte le passioni forti e le solitudini, le vette e gli abbandoni dell'iconica cantante italiana. «Non è un film definitivo sulla Vanoni… è un film sul nostro incontro ed è sgangherato come lo siamo noi…. Ornella mi ha insegnato ad essere coraggiosa» afferma la regista.
0 notes
corallorosso · 6 years
Text
Se non li conoscete...
SE NON LI CONOSCETE GUARDATELI UN MINUTO LI RICONOSCERETE DAL TIPO DI SALUTO. LO SI ESEGUE A BRACCIO TESO MANO APERTA E DITA DRITTE STANDO A QUELLO CHE SI È APPRESO DALLE REGOLE [PRESCRITTE. È UN SALUTO SINGOLARE FATTO CON LA MANO DESTRA COME IN SCUOLA ELEMENTARE SI USA FAR CON LA MAESTRA PER AVERE IL SUO PERMESSO AD ASSENTARSI E ANDARE AL [CESSO ORA LI RICONOSCETE SENZA DUBBIO A PRIMA VISTA SOLAMENTE CHI È FASCISTA FA QUESTO SALUTO QUI SE NON LI CONOSCETE È NORMA ELEMENTARE GUARDARE LA MANIERA CON CUI SANNO MARCIARE LE GINOCCHIA NON PIEGATE VANNO AL PASSO TUTTI QUANTI CHI STA DIETRO DÀ PEDATE NEL SEDERE A CHI STA AVANTIJ CHI LE PIGLIA SENZA DARLE È CHI MARCIA IN PRIMA FILA CHI LE DÀ SENZA PIGLIARLE SIANO IN DIECI O IN DIECIMILA È CHI UN PO' MENO BABBEO STA ALLA CODA DEL CORTEO ORA LI RICONOSCETE SENZA DUBBIO A PRIMA VISTA SOLAMENTE CHI È FASCISTA MARCIA IN QUESTO MODO QUI SE NON LI CONOSCETE GUARDATEGLI UN PO' ADDOSSO L'ORGANICA ALLERGIA CHE C'HANNO PER IL ROSSO NON GLI RIESCE DI VEDERE SENZA SCATTI DI FURORE FAZZOLETTI O BANDIERE CHE SIAN DI QUESTO COLORE FORSE TU LI PARAGONI A DEI TORI ALLE CORRIDE MA SON PRIVI DI COGLIONI E IL CONFRONTO NON COINCIDE SI È SAPUTO DA UN'INCHIESTA CHE LI TENGON NELLA TESTA ORA LI RICONOSCETE COME SE LI AVESTE VISTI SOLAMENTE DEI FASCISTI SEMBRAN TORI MA SON BUOI SE NON LI CONOSCETE GUARDATE QUANTO VALE QUEL LORO MOVIMENTO CHE CHIAMANO SOCIALE MOVIMENTO DI MILIONI MA MILIONI DI DENARI DALLE TASCHE DEI PADRONI ALLE TASCHE DEI SICARI GIÀ ERAN CHIARE AD ARCINAZZO LE SUE VERE ATTRIBUZIONI MOVIMENTO MA DEL CAZZO COME LE MASTURBAZIONI FATTE A TECNICA MANUALE CON LA DESTRA NAZIONALE LI RICONOSCETE ADESSO CHE SAPETE CHI LI ACQUISTA SOLAMENTE CHI È FASCISTA SA FAR BENE DA LACCHÈ SE NON LI CONOSCETE GUARDATE IL CAPOBANDA È UN BOIA O UN ASSASSINO COLUI CHE LI COMANDA SULL'ORBACE S'È INDOSSATO LA CAMICIA E LA CRAVATTA PERCHÉ RESTI MASCHERATO TUTTO IL SANGUE CHE LO IMBRATTA HA COMPRATO UN TRICOLORE E OGNI VOLTA LO SBANDIERA CHE SI SENTE UN PO' L'ODORE DELLA SUA CAMICIA NERA PUNTA A FAR L'UOMO DA BENE FINO A QUANDO GLI CONVIENE ORA LO RICONOSCETE ALMIRANTE È SEMPRE QUELLO CON IL MITRA E IL MANGANELLO BEN NASCOSTI NEL GILET. SE NON LI CONOSCETE PENSATE ALLA LONTANA AI FATTI DI MILANO E DI PIAZZA FONTANA UNA VOLTA ANDAVAN SOLO CON 2 BOMBE E IN BOCCA UN FIORE MENTRE ADESSO COL TRITOLO FAN LA FIAMMA TRICOLORE E ORA RIECCOLI DACCAPO CONTRO LA DEMOCRAZIA CON UN DÌ CON LA GESTAPO ORA INVECE CON LA CIA CONCIMATI DALLE FECI DI QUEI COLONNELLI GRECI ORA LI RICONOSCETE STI FASCISTI STE CAROGNE SE NE TORNINO ALLE FOGNE CON GLI AMICI CHE HAN LAGGIÙ (Fausto Amodei, 1972)
31 notes · View notes
dellamonica · 4 years
Text
ABAIXO TODOS OS FASCISMOS E FASCISTAS DO MUNDO. Já passou da hora !
Tumblr media
https://youtu.be/TquP4K1whdU
A Itália comemora hoje o 75º aniversário da libertação do fascismo. A canção se transformou num símbolo, cujo verdadeiro significado é muitas vezes desconhecido
Tumblr media
Partisans em Milão depois da libertação do fascismo. ALESSANDRO LEONECupello (Itália) - 25 ABR 2020 - 14:48 BRT Bella Ciao (traduzida popularmente em português como Querida, Adeus) é uma canção anônima, e não existe nenhum dado que esclareça definitivamente sua procedência. Há apenas semelhanças textuais e musicais com antigas composições. Ela é o resultado de uma longa jornada, que foi definindo este hino à liberdade até a versão conhecida por todos e entoada em cerca de 40 idiomas. Na Itália, seus acordes não ecoam apenas nas manifestações das “sardinhas”, o grupo heterogêneo que até há poucos meses protestava nas praças do país inteiro sobretudo contra a retórica de Matteo Salvini; também marcam presença cada 25 de abril, o dia em que se comemora a libertação do fascismo em 1945. Bruno Neri, o jogador antifascista que virou herói da resistênciaSalvini: “O Governo italiano é incapaz de lidar com a emergência do coronavírus”Giuseppe Conte: “Se voltasse atrás, faria tudo igual. Agora é hora de ação, depois faremos contas e críticas”Coronavírus inverte os papéis históricos do norte e do sul na Itália “É um hino dos Partisans ”, afirma com segurança Carlo Ghezzi, da Associação Nacional dos Partisans da Itália (ANPI). A resistência era formada pelas diversas correntes do antifascismo: havia democratas-cristãos, comunistas, socialistas, monarquistas e republicanos, entre outros. Um conglomerado de ideias diferentes que superaram suas discrepâncias ante a necessidade de combater “o invasor”. “O comandante da resistência era Raffaele Cadorna, um monarquista, e seu vice-comandante Luigi Longo, comunista. O antifascismo representou a página mais importante deste país, e Bella Ciao dá voz a tudo isso”, diz Ghezzi. Por esse motivo, Bella Ciao acabou se tornando a música da resistência, a canção que celebra a heterogeneidade reunida que levou a Itália à libertação. De fato, em sua letra não há nenhuma referência ideológica, ao contrário de Fischia Il Vento (Sopra o vento), cantada sobretudo por partisans garibaldinos e comunistas. A melodia, que hoje é muitas vezes considerada uma canção de esquerda no país, foi entoada em diversas ocasiões públicas por políticos da Democracia Cristã (DC), como Benigno Zaccagnini e Franco Marini. Além disso, durante os protestos de 1968 os manifestantes não a cantavam, como explica Carlo Pestelli, autor do livro Bella Ciao: La canzone Della Libertà (Bella Ciao: a canção da liberdade): “Eles consideravam que era uma canção para os que não queriam manchar as mãos.” Em seu lugar, preferiam outros hinos reivindicatórios como Per i morti di Reggio Emilia (Para os mortos de Reggio Emilia), de Fausto Amodei, nascido durante os protestos contra o Governo formado pela DC em 1960 com os votos da extrema-direita, ou Contessa (Condessa), de Paolo Pietrangeli, dedicada a Paolo Rossi, estudante assassinado em 1966 após um confronto com um grupo de jovens extremistas. Pestelli acredita que existiu um módulo musical sobre o qual elaborou-se o texto de Bella Ciao. Os ancestrais mais reconhecíveis são duas canções populares do norte da Itália do século XIX: Fior di tomba (Flor de tumba) e La bevanda sonnifera (A bebida sonífera). Da segunda, entre outros aspectos, procede a reiteração do “ciao”; mas a primeira, herdeira de Complainte de la Dame a la Tour et du Prisonnier, uma canção francesa de 1536, nas versões de Novara (Piamonte) e Venecia (Vêneto), começa e termina exatamente como Bella Ciao. Em ambas as composições, o tema central é o amor. Segundo alguns relatos reunidos por Cesare Bermani, especialista em música popular italiana, uma das primeiras versões reivindicatórias de Bella Ciao remonta à Primeira Guerra Mundial. Era uma espécie de protesto contra o sistema militar após o fracasso da batalha de Caporetto, concluída com uma vitória dos exércitos austro-húngaro e alemão em 1917. De fato, a palavra “invasor” é substituída por “desertor”. Mas as duas variantes mais importantes se difundiram no período do segundo conflito mundial. Uma delas, embora a letra tenha aparecido apenas em 1951, é narrada pela voz das mondine (arrozeiras), as mulheres que trabalhavam de forma temporária nas colheitas de arroz. É provável que a outra, ou seja, a partisan, fosse curiosamente entoada em três regiões italianas distantes entre si: Montefiorino (Emilia-Romanha), onde um médico conhecido como Fiore poderia ter escrito a letra original; Abruzos, onde a Brigada Maiella poderia ter entoado também a versão mondina graças à volta das mulheres locais que haviam colhido arroz no norte; e Alba (Piemonte), segundo uma pessoa que disse a Pestelli que a cantou em 1944, quando tinha 11 anos. As três localidades viveram uma situação de estancamento e isolamento do combate. Isso explicaria, segundo a teoria de Pestelli, o fato de que fosse interpretada uma canção que transmitia alegria —e que para as crianças de Alba servia como contraposição ao mundo adulto. Essas duas almas se encontraram finalmente no Festival dei Due Mondi (Festival dos Dois Mundos), de Espoleto (Úmbria) em 1964, onde a ex-arrozeira Giovanna Daffini apresentou a letra feminina (“Esta manhã, eu acordei/Ao arrozal devo ir E entre os insetos e os mosquitos um trabalho duro devemos fazer”), seguida pelo partisan. O espetáculo, que levava o nome de Bela Ciao, foi repetido 10 vezes entre 21 e 29 de junho e marcou o ponto de partida para o renascimento da canção popular. O sucesso foi tão grande que também houve tentativas de se apropriar da sua autoria, como no caso de um militar, Rinaldo Salvatori, que dizia ter escrito Bella Ciao inspirado em outra composição, que dedicou a uma cantora francesa da qual se apaixonara. Mas ninguém pôde resolver o mistério que envolve este hino tão famoso. “Bella Ciao tem sido utilizada de diferentes formas porque é uma canção popular. É contra um invasor e a favor de algo que todos gostam, a liberdade”, afirma Pestelli. Todo ano é ouvida num contexto diferente, como nas manifestações após o atentado do Charlie Hebdo, em 2015, nos estádios sob a forma de cântico e em séries como La Casa de Papel. Além disso, vários artistas a interpretaram, como Manu Chão, Woody Allen e Tom Waits. É a consequência de um sucesso internacional que nunca terminou. E que provavelmente começou quando um grupo de jovens da região da Emilia-Romanha apresentou a canção no Festival da Juventude de 1947 em Praga, coroado depois com o disco de Yves Montand (pseudônimo de Ivo Livi) de 1963, um italiano de espírito francês que cantava Bella Ciao com o título de Chant des Partisans mudando a pronúncia original. Nas últimas duas décadas, Bella Ciao se tornou símbolo da esquerda comunista, sobretudo do ponto de vista da direita. Matteo Salvini, líder da Liga, e sua companheira de coalizão, Giorgia Meloni, do partido Irmãos da Itália, criticam com frequência sua representação. Por exemplo, quando alguns socialistas a entoaram no Parlamento da União Europeia. Meloni escreveu no Twitter que aquilo era “escandaloso” e “ridículo”, e falou de “União Soviética Europeia”. Sobre essa questão, para Ghezzi não há dúvida. “Está claro que a direita não gosta em absoluto dos valores do antifascismo, mas essas polêmicas começaram no dia seguinte à libertação. Nós não discutimos sobre isso desde 25 de abril de 1945”. L’estaca Pestelli encontra muitas semelhanças entre Bella Ciao e L’estaca, o canto catalão antifranquista de Lluís Llach, composto em 1968. Foi utilizado pelo sindicato Solidariedade na Polônia e traduzido também ao occitano (língua falada no sul da França) pelo grupo musical Lou Dalfin, entre outros. “Bella Ciao e L’estaca compartilham uma certa alegria melódica e são canções populares. Além disso, ambas têm a ver com um elemento da natureza: por um lado, a flor; por outro, uma árvore. São símbolos de uma nova vida através da lembrança”, explica.Adere a Read the full article
0 notes
aitan · 1 year
Text
Il Karaoke al Potere
I miei consigli canori alla Presidente Meloni e al Comandante Salvini.
3 notes · View notes
venivivividi · 4 years
Audio
(via https://open.spotify.com/track/2anssK06Mo1w0SipPJu9fb?si=rdP1MtgBQhOTThKlwUOwAw)
0 notes
thewasteland2 · 5 years
Photo
Tumblr media
Reggio Emilia (Emilia). Piazza Martiri of 7 July 1960. A huge square for a small city, but what it celebrates deserves it (see also post of 11.10.2018). a) Monument to the Reggio resistance (25 April 1958) by Remo Brioschi. b) Monument to the martyrs of 7 July 1960. "Companion Ovidio Franchi, companion Afro Tondelli,/ and you Marino Serri, Reverberi and Farioli/ we will all have from now on/ you on our side to not feel alone". They are verses of the fight song "For the dead of Reggio Emilia" by Fausto Amodei, universally known and sung in all the anti-fascist and democratic demonstrations for sixty years. On that date, during a trade union demonstration, five workers were killed by the police, Lauro Farioli (worker, 22 years), Ovidio Franchi (worker, 19 years), Emilio Reverberi (worker, partisan, 29 years), Marino Serri (pastor, partisan, 41 years), Afro Tondelli (worker, partisan), under Latin-American dictatorship circumstances. A massacre wished by the then Tambroni government, on the verge of reconstituting the fascist regime and which saw all those responsible scandalized. c) Didactic legend d) Shrine of the fallen of the Resistance of Reggio Emilia. Ten metal stems with the names of the fallen. #7luglio #1960 #reggioemilia #monument #workers #sacrifice #killedbypolice #partisans #resistance #antifascist #reggiani #igersreggioemilia #traveling #visiting #instatravel #instagood #instagood #travelling #tourism #instapassport #instatraveling #igtravel #mytravelgram #travelgram #travelingram #ilmiolibro #sovversivi #massimopistis #estremisti #alettieditore Information for the purchase of my new book "Estremisti!": the book at a cost of 12.00 euros (120 pages), can be ordered in bookstores (ISBN 978-88-591-5719-9 - Publisher Aletti) or online on the page http://www.alettieditore.it/emersi/2019/pistis.html from the link below. https://www.instagram.com/p/ByYwk6tIybs/?igshid=1cea9f1j4xp1i
0 notes
goodbearblind · 7 years
Photo
Tumblr media
La strada bruciata delle magliette a strisce di Marco Philopat Sono passati cinquantasette anni dalla rivolta dei ragazzi in maglietta a strisce scesi piazza a Genova per impedire un congresso di neofascisti. Un convegno voluto anche dall'allora governo del democristiano Tambroni, che da pochi mesi era diventato presidente del Consiglio grazie ai 14 voti dei parlamentari dell'Msi. La determinazione dei manifestanti fecero fallire quel tentativo di sdoganare, per la prima volta dal dopoguerra, gli eredi del tragico ventennio. Quel convegno fu infatti annullato. Nell'estate del 1960 ci fu un terremoto, di quelli imprevisti, violento e allo stesso tempo liberatorio. In prima fila negli scontri di piazza, da Genova a Catania, da Reggio Emilia a Palermo, da Roma a Bologna, c'erano giovani sui vent'anni, operai figli di operai che pagarono cara la loro voglia di farsi sentire. La pagarono con il sangue. In undici rimasero sull'asfalto, crivellati dalle sventagliate dei mitra e dai colpi di pistola. Altre centinaia finirono in ospedale o sul banco degli imputati come pericolosi sovversivi e condannati a scontare anni di carcere. Sapevano di rischiare grosso eppure scesero in piazza convinti che andasse fatto, che quello era il loro dovere, l'unico modo per dire no al ripetersi della storia. Per questo motivo i ragazzi con le magliette a strisce rimasero impresse nel mio cervello appena ne venni a conoscenza. Sentii parlare di loro, per la prima volta in vita mia, quando indossavo con orgoglio la mia nera corazza punk. Fu il libraio Primo Moroni che mi spiegò bene cosa accadde il 30 giugno 1960 a Genova. “Andammo sulle barricate a fare a cazzotti con i celerini e carabinieri che difendevano i fascisti. Eravamo tutti giovani, generosi e intransigenti, portavamo i jeans, avevamo il mito dell'America e siccome i soldi in tasca erano pochi ci vestimmo con delle magliette comprate per trecento lire nei grandi magazzini. Non ci interessava una vita passata solo lavorando, preferivano guadagnare meno ma avere più tempo libero, però quando ci fu da protestare non ci tirammo certo indietro.” Era uno dei suoi strepitosi racconti orali che per noi ventenni di allora rappresentava una specie di rappresentazione cinematografica a dir poco epica, con i moti dei movimenti operai come protagonisti. C'era stato anche lui a Genova quando aveva 24 anni e partecipò agli scontri in prima fila dopo aver mal interpretato una telefonata del responsabile del servizio d'ordine di una sezione della Fgci milanese alla quale era iscritto. Inutile dire che per noi punk, che consideravamo i nostri vestiti come uno dei pochi strumenti per esprimere rabbia e ribellione, quelle magliette a strisce furono una precisa indicazione sui nostri futuri doveri. D'altronde, come tentò sempre di sottolinearci Primo, non avevamo inventato proprio niente. Già il grande poster incorniciato che il libraio teneva alla sue spalle ci consigliava di guardare un po' oltre la nostra divisa. Era infatti una foto d'epoca che ritraeva la Banda Bonnot, anarchici francesi nonché rapinatori di banca che vestivano in nero come noi, che vivevano in una comune ed erano vegetariani come noi. (Ai quei tempi noi punk stavamo tutti al Virus di via Correggio). A Milano poi c'erano stati i giubbotti di pelle della Volante Rossa, i capelloni beat che inneggiavano al libero amore, gli studenti con l'eskimo e infine i trench bianchi della famosa banda Bellini... Le magliette a strisce orizzontali bianche e blu o bianche e rosse furono un segno distintivo che riunì i giovani contro il ritorno del fascismo, in una lotta fino all'ultimo sangue come quello dei Morti di Reggio Emilia, (7 luglio 1960), immortalati nella celebre canzone di Fausto Amodei. Cosa portò alcuni ragazzi a scegliere un indumento come simbolo di una rivolta contro l'autorità costituita? Cosa li mosse? Non erano bandiere rosse quelle che sventolavano, erano semplici magliette comprate al discount. Ma soprattutto perché dopo il 1960 non ci fu più niente di così dirompente nel rapporto tra i simboli della rivolta e l'impegno politico? Dopo tanti anni si potrebbe anche affermare che noi non siamo stati capaci di tramandare l'importanza dell'adottare nuovi simboli in grado di rappresentare un'opposizione intransigente alle attuali derive totalitarie. Resta il fatto che i ragazzi con le magliette a strisce non furono mai così irrimediabilmente ostacolati dai loro rappresentanti istituzionali come invece capitò alla mia generazione. Per farvi un esempio vi vorrei riportare le parole che l'allora deputato del Psi Sandro Pertini, pronunciò a Genova il 28 giugno 1960. Sarà ricordato come “u brighettu”, il fiammifero, a significare che accese la fiamma della sollevazione popolare. Sandro Pertini arrivò attraversò Piazza della Vittoria a Genova strinse la mano ai vecchi compagni partigiani e salì sul palco accolto dall'ovazione di trentamila antifascisti. “Le autorità romane sono impegnate a trovare quelli che ritengono i sobillatori, gli iniziatori, i capi di queste manifestazione di antifascismo” gridò con tutto il fiato che aveva in gola. “Non c'è bisogno che s'affannino. Lo dirò io chi sono i nostri sobillatori. Eccoli qui: sono i fucilati del Turchino, della Benedicta, dell'Olivetta e di Cravasco, sono i torturati della Casa dello studente, che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime e delle risate sadiche dei torturatori.” Gli applausi lo interruppero per diversi minuti. Poi Pertini continuò. “Io nego che i missini abbiano il diritto di tenere a Genova il loro congresso. Ogni iniziativa. ogni atto, ogni manifestazione di quel movimento è una chiara esaltazione del fascismo. Si tratta, del resto, di un congresso qui convocato, non per discutere ma per provocare e contrapporre un passato vergognoso ai valori politici e morali della Resistenza” Pertini chiese a tutti di scendere in piazza per tutelare la libertà conquistata con il sacrificio di migliaia di innocenti. “Oggi i fascisti la fanno da padroni, sono di nuovo al governo, giungono addirittura a qualificare come un delitto l'esecuzione di Mussolini. Ebbene, io mi vanto di aver ordinato la fucilazione di Mussolini, perché io e gli altri membri del CLN non abbiamo fatto altro che firmare una condanna a morte, pronunciata dal popolo italiano vent'anni prima.” Pertini comunque non fu il solo a stare a fianco dei ragazzi in rivolta, lo dimostra il fatto che al processo sui fatti di Genova e quelli siciliani o di Reggio Emilia, gli imputati per gli scontri furono difesi dai migliori avvocati dell'apparato del Pci, tra cui Umberto Terracini che aveva redatto la Costituzione e il capo partigiano Giovanbattista Lazagna. Inoltre i vertici del partito togliattiano cominciarono una seria autocritica interna per capire lo scollamento tra il movimento spontaneo e la strategia del Pci. “Non bisogna perdere il contatto con le masse entrate in lotta” dicevano. Le testimonianze che dimostrano tutta la lacerazione di quel dibattito sono riportate da molti libri. Il primo è uscito da qualche settimana e s'intitola Al tempo di Tambroni di Annibale Paloscia per Mursia, poi c'è lo stupendo romanzo del 2008, L'estate delle magliette a strisce di Diego Colombo per Sedizioni e infine un capitolo del breviario di racconti orali di Cesare Bermani, Il nemico interno per Odradek, dove potete trovare le ragioni della telefonata mal interpretata da Primo Moroni. Vedere i dirigenti del Pci barcamenarsi tra i Teddy boy e le magliette a strisce presumibilmente usate da personaggi trasgressivi come Picasso e Brigitte Bardot, fa oggi morire dal ridere. Emilio Sereni s'interrogava sulla “gioventù sotto una direzione che non è la nostra.” E in effetti le iscrizioni alla Fgci erano in calo mostruoso (365 mila nel '56, 229 mila nel 1960). C'era chi accusava i giovani di aver subito una “deteriore influenza dal clericalismo e dall'americanismo” e chi invece sosteneva il dialogo, certamente non fu facile per tutti loro controbattere alle tesi dello scrittore Carlo Levi apparse sul settimanale “ABC”. “Spingere con la forza e non tacere. Dovete usare la vostra forza per sovvertire, protestare. Fatelo voi che siete giovani.” diceva Levi e quindi, rivolto ai dirigenti del Pci notava. “Questi fatti impongono a tutti un esame approfondito, e l'elaborazione, o la modificazione di programmi e di metodi: lo studio preciso di fini concreti, nati dalla coscienza popolare. La fiducia, rinata attraverso l'azione, è un bene prezioso che non può essere deluso e dissipato”. Su quelle magliette a strisce, e in senso più ampio sulla passione per i modelli trasgressivi dell'american way of life trasmessi dai film come The Wild one o con le scosse del Rock 'n' Roll, nessuno dei dirigenti comunisti o socialisti riuscì mai a capirci qualcosa. Eppure non erano in pochi quelli che avevano compreso quanto quei modelli erano sedimentati tra i giovani e quanti immaginari di società diverse e vissuti generazionali affascinanti avessero sprigionato. Negli ultimi 50 anni i partiti che avrebbe dovuto rappresentare i diritti dei lavoratori e delle fasce più deboli della società si sono trasferiti piano piano dall'altra parte della barricata, ormai è palese. Durante gli anni Settanta furono impegnati a spegnere ogni fuoco possibile che nasceva spontaneo tra le masse diseredate, ripiegando sulla criminalizzazione dei sobillatori, come a dire: “Se non ci fossero gli estremisti di sinistra, il mondo sarebbe perfetto.” Poi, dopo essersi battuti soprattutto per dimostrare di essere all'altezza della modernità, di essere persone raffinate e di buone maniere e amici del business globale, hanno raggiunto l'apice nel dopo G8 2001, (ancora una volta a Genova), con la deleteria questione della nonviolenza. E lì è crollata la maschera. È vero che da parte nostra, e intendo ragionare sui quei pochi punk e autonomi che restarono a galla durante gli anni del riflusso, non ci fu la capacità di smontare i meccanismi di cancrena sociale che si svilupparono attorno alle nostre roccaforti liberate. Forse non capimmo bene ciò che si nascondeva dietro la gelateria dei gusti colorati e degli stili di vita che stava prendendo piede nelle nuove generazioni. Non capimmo neanche la danza degli spettri dei rave nel limbo fluorescente di una bolla destinata prima o poi a scoppiare, senz'altro fummo travolti dal bling bling degli anni '00 con il luccicare delle fibbie dolcegabbana a simboleggiare la resa definitiva del nostro futuro. Non sta a me provare a fare analisi, sono solo un grande appassionato delle magliette a strisce e di tutte le creature simili che si sono susseguite nel corso del tempo. Però di una cosa ne sono sicuro, noi fummo contrastati in primo luogo da ciò che rimaneva dell'apparato dell'ex partito comunista italiano teso nella sempre più spasmodica ricerca di un paese normale... Purtroppo oggi l'orologio della storia è ritornato brutalmente indietro e i fascisti non solo sono stati ampiamente sdoganati, ma hanno addirittura riconquistato il potere e l'egemonia culturale. Ora che l'insolente corruzione dei politicanti e la tracotanza padronale hanno dilagato, sono ancora pochi coloro disposti a non naufragare di fronte alla paura nei confronti della passione per la libertà e l'uguaglianza. E noi continuiamo a essere orfani di quelle magliette strisce, che oltre a difendere i diritti già acquisiti, riuscirono a rilanciare sul futuro per conquistarne nuovi. -Antonietta Agostini-
2 notes · View notes
musiciswindofmysoul · 7 years
Photo
Tumblr media Tumblr media
agnes baltsa,
agnes obel,
agustín barrios-mangoré,
agustìn lara,
aklan akdağ,
alaturka records,
alice russell,
alper tuzcu,
amadeus [the electric string quartet],
amália rodrigues,
amy winehouse,
ana belén,
ana moura,
andreas baksa,
angela mc’cluskey, 
anna rf & imamyar hasanov,
anoushka shankar,
antonio martín y coll,
aphrodite’s child,
apocalyptica,
apurka,
argentina santos,
arisa,
arvo pärt,
aşa (asha),
aşık ömer erkan & cihadi özel,
astor piazzolla,
avam garde trio,
ayangil türk müziği orkestra ve korosu,
ayo,
ayşedeniz gökçin,
ayşenur kolivar,
bach,
barcelona gipsy klezmer orchestra,
bb king,
beethoven,
bellini,
bengi bağlama üçlüsü,
besa kokëdhima,
beth hart,
billie holiday,
birds on a wire (rosemary standley & dom la nena),
bizet,
bob dylan,
boccherini,
bonnie lee,
branford marsalis quartet,
bratsch,
brian hyland,
brooklyn funk essentials,
bulutsuzluk özlemi,
camel,
camille o’sullivan,
can kazaz,
carlos do carmo,
caro emerald,
cat stevens,
cem karaca,
cengiz özkan,
cevdet çağla,
charles aznavour,
chér,
chingon,
chopin,
cirque du soleil,
claude bolling, 
concha ‪buika,
cristina branco,
daniela andrade,
deep purple,
derya türkan,
dhafer youssef,
dikanda,
dire straits,
dolunay obruk,
dulce pontes,
dvořák,
eartha kitt,
edith piaf,
eileen khatchadourian,
eleni karaindrou (‪Ελένη Καραΐνδρου‬),
elis dubaz & çağatay azat,
ella fitzgerald,
emerson, lake & palmer,
ennio morricone,
enrico macias,
ensemble galatia,
eric clapton,
erkan oğur & ismail hakkı demircioğlu,
ertan tekin & murat aydemir & çağ erçağ,
etni-ka,
etta james,
evanthia reboutsika (Ευανθία Ρεμπούτσικα),
eydie gormé,
əzizə mustafazadə,
fauré,
fausto amodei,
feist,
ferahnaz gündoğdu,
ferman akgül & kara güneş,
fikret kızılok,
fleetwood mac,
françoise hardy,
frank slay [and his orchestra],
fuat saka & maria farantouri,
gabriella ferri,
garou & daniel lavoie & patrick fiori,
gary moore,
genesis,
george dalaras,
gigliola cinquetti,
girls from mars,
gomidas vartabed,
grieg,
händel,
hani niroo,
hank williams jr,
hedonutopia,
herbie hancock,
hespèrion xxi,
homayoun shajarian,
ifigeneia ioannou (Ιφιγένεια Ιωάννου) & triantafyllos chalkias (Τριαντάφυλλος Χαλκιάς) & dimitris sfingos (Δημήτρης Σφίγγος),
ima,
imany,
incesaz,
indila,
inti illimani,
irit dekel & eldad zitrin,
isfar sarabski,
istvan sky kék ég & estas tonne & pablo arellano & indrė kuliešiūtė,
itzhak perlman,
ivan kupala (Иван Купа��а),
iyeoka okoawo,
izumi yukimura, 
jacques brel,
jan garbarek & anouar brahem & shaukat hussain,
janis joplin,
jason becker,
jeff beck,
jethro tull,
jihae,
jimmy barnes & joe bonamassa,
joe bonamassa,
joe satriani,
john dowland,
john lee hooker,
john themis & makoulis tsahouridis,
jøkleba,
josu zabalondo,
jülide özçelik,
kal cahoone,
kansas,
karl denver,
karsu dönmez & yuri honing,
kat frankie,
katie melua,
king crimson,
kiss,
kitaro,
klazz brothers & cuba percussion,
klez’roym,
kovacs,
kudsi erguner & erol parlak & pierre rigopoulos,
l'arpeggiata & christina pluhar,
lana del rey,
lara fabian,
lazer lloyd,
le trio joubran,
led zeppelin,
lehar,
lena chamamyan,
léo ferré,
leonard cohen,
leyla pınar,
lhasa de sela,
light in babylon,
liszt,
los moussakis,
louis armstrong,
luxus,
marc aryan,
marcello,
marco uccellini,
marianne faithfull,
marissa nadler,
marjan farsad,
mark eliyahu,
markéta irglová & glen hansard,
martha wainwright,
mary hopkin,
mehmet güreli,
melihat gülses,
melvin taylor & the slack band,
mercan dede,
mercedes sosa,
mesel,
metallica,
micatone,
mighty sam mc'clain,
milva,
mina,
mircan,
mississippi fred mc'dowell,
modern jazz quartet,
moğollar,
mohsen namjoo,
monteverdi,
mor karbasi,
morena son,
muammer ketencoğlu,
münip utandı,
muse,
nada,
nasser shamma,
naum petreski & dd synthesis,
neşet ertaş,
nick cave & warren ellis,
nick cave and the bad seeds,
nicola di bari,
nida ateş,
nihil piraye,
nina simone,
no blues,
no land,
noora noor,
odessa chen,
ofra haza & goran bregovic,
oh land,
okan murat öztürk,
omara portuondo,
ömer altuğ,
özlem özdil,
patti smith,
paulo bragança,
peter breiner and his chamber orchestra,
pierre akendengué & hughes de courson,
pink floyd,
pj harvey,
plain white t’s,
purcell,
quilapayún,
rachael yamagata,
rachmaninov,
radiohead,
rainbow,
rammstein,
renaud garcia-fons & derya türkan,
rəşid behbudov,
riff cohen,
rimsky-korsakov,
rosemary standley,
ruşen alkar,
saint-saëns‬,
salif keita,
santana,
schubert,
scorpions,
selda bağcan,
sema,
serdar ateşer,
şevki bey,
shahram nazeri,
şimdi ensemble,
simon and garfunkel,
sinéad o`connor,
şirin pancaroğlu & bora uymaz,
şirin pancaroğlu & meriç dönük & jarrod cagwin,
sister rosetta tharpe,
sita nursanti,
skip james,
smetana,
smokie,
snowy white,
soap kills,
sóley,
solveig slettahjell,
sona jobarteh,
sophie zelmani,
stacey kent,
stavros xarchakos & nikos dimitratos,
stephan micus,
sting,
sufle,
sümeyra çakır,
susie arioli swing band,
suzanne vega,
swapo,
symphonic theater of dreams,
talip özkan,
tanita tikaram,
tarantella,
tárrega,
tchaikovsky,
telemann,
the alan parsons project,
the animals,
the blues overdrive,
the cranberries,
the doors,
the modern jazz quartet,
the moody blues,
the pretty reckless,
the rolling stones,
the strawbs,
the sweet,
the yardbirds,
theodorakis,
timur selçuk,
tom jones,
tom waits,
tom yorke,
tori amos,
tracy chapman,
trees,
tülay german,
udi hrant,
ünol büyükgönenç,
vangelis,
vasiliki papageorgiou & hasan esen,
verdi,
victor jara,
villa-lobos,
violeta parra,
vivaldi,
white lion,
yaël naïm,
yannis markopoulos (Γιάννης Μαρκόπουλος),
yarınistan & vasiliki papageorgiou & taner öngür,
yaşar kurt,
yeni türkü,
yes,
yma sumac,
yngwie j. malmsteen,
yves montand,
zaz,
zbigniew preisner,
zeca (josé) afonso,
zekai dede efendi,
zeynep karababa,
zülfü livaneli.
3 notes · View notes
paoloxl · 7 years
Link
Il 15 Febbraio 1966 muore a Patio de Cemento, nel Dipartimento di Santander, Camillo Torres Restrepo, ex sacerdote e leader dell' Ejercito de Liberacion Nacional, combattendo armi in pugno contro l'esercito colombiano. Camillo Torres (nato a Bogotà il 3 febbraio 1929) si era unito alle forze guerrigliere dell'ELN all'inizio del 1963. Diversi anni prima aveva deciso di lasciare il sacerdozio: "Non celebrero' piu' messa finché non sara' raggiunta giustizia nella mia patria". In precedenza Camillo Torres era stato rappresentante del Cardinale presso la Giunta direttiva dell'Istituto Colombiano della Riforma Agraria e li' aveva preso coscienza delle condizoni di vita di gran parte della popolazione colombiana e di come gli aiuti dati dal governo e dalla Chiesa servissero unicamente a mantenere il popolo in una condizione di schiavitu'. Da studente di Diritto all'Universita' Nazionale della Colombia aveva poi fondato un giornale: Fronte Unido, di denuncia e di lotta, e tentato di dare vita ad un sindacato di lustrascarpe. Per queste sue posizoni, tra cui anche la richiesta di espropriazione dei beni della Chiesa, fu dimesso da ogni incarico e ridotto allo stato laicale dalle gerarchie ecclesiastiche. Nel 1963 aveva iniziato viaggiare per il Paese, passando di villaggio in villaggio a predicare la Rivoluzione e smascherare l'inutilità delle elezioni: "Non ho mai visto il volto di Gesu' Cristo osservando i tratti della minoranza che tiene in scacco i poveri del mio paese. Li osservo invece, ogni giorno, in mezzo alle folle dei diseredati (...) Sono un rivoluzionario, come colombiano, come sociologo, come cristiano e come sacerdote. Come colombiano, perché non posso estraniarmi dalle lotte del mio popolo. Come sociologo, perché, grazie alla mia conoscenza scientifica della realtà, sono giunto alla convinzione che soluzioni efficaci non sono raggiungibili senza una rivoluzione. Come cristiano, perché l'essenza del cristianesimo è l'amore per il prossimo e solo attraverso una rivoluzione si può ottenere il bene della maggioranza. Come sacerdote, perché dedicarsi al prossimo, come la rivoluzione esige, è requisito dell'amore fraterno indispensabile per celebrare l'eucarestia" Presto alla parola decide di affiancare il fucile e sale in montagna unendosi alla guerriglia dell'ELN: "un cattolico, un sacerdote cattolico, non può essere spettatore inerte in un sistema sociale che nega alla maggioranza la possibilità di mangiare, di vestire, di avere una casa. Proprio perche sono colombiano, cattolico e prete, non posso non essere rivoluzionario. Se mi uccidono in montagna, la mia morte indicherà una strada" Camillo Torres muore il 15 febbraio del 1966 insieme ad altri due militanti dell'ELN. Il suo corpo non fu mai più trovato, il luogo della sepoltura viene tuttora tenuto nascosto perchè "segreto militare". Queste sono le parole di Camillo Torres diffuse dall'ELN alla sua morte: Per la presa del potere da parte delle classi popolari, fino alla morte, io sono entrato nella lotta armata. Dalle montagne colombiane penso di proseguirla fino a conquistare il potere per il popolo. Mi sono arruolato nell'Esercito di Liberazione. Vi ho trovato l'attuazione in un'unità, la base contadina, senza differenze, nè religiose, nè di partito. Senza "caudilli". Cercheremo di liberare il popolo dallo sfruttamento, dalle oligarchie economiche e dall'imperialismo" Da molti anni i poveri della nostra patria, da molti anni attendono il grido di battaglia, il grido per gettarsi nella lotta finale contro l'oligarchia e contro il capitale. contro l'oligarchia e contro il capitale. A questo punto il popolo non crede a chi ha il potere a questo punto il popolo non crede alle elezioni, non c'è più via legale che possa esser tentata, non resta altro al popolo che la lotta armata." Il popolo è deciso a offrir la propria vita per dare ai propri figli un tetto e da mangiare, per dare soprattutto a chi verrà domani la patria non più schiava dei nordamerìcani." E devo dire al popolo che io non l'ho tradito, son stato sulle piazze d'ogni città e villaggio chiamando chi lavora ai campi e alle miniere a unirsi e a organizzarsi per prendere il potere." Chiunque è un patriota stia sul piede di guerra finchè possano sorgere i capi guerriglieri; dobbiamo stare all'erta, scambiarci le opinioni, raccoglier le provviste con armi e munizioni." La lotta è prolungata e i colpi all'oppressore sian piccoli, se occorre, purchè siano sicuri; proviamo cosa valgono di fronte agli avversari coloro che si dicono dei rivoluzionari." Agisci senza sosta, ma agisci con pazienza, la guerra sarà lunga e ognuno dovrà agire; importa soprattutto che la rivoluzione quando è il momento giusto ci trovi dall'azione" Abbiamo incominciato perchè la strada è lunga, però questa è la strada per la rivoluzione: con noi fino alla morte a unire e organizzare. con voi fino alla morte, la classe popolare." Con noi fino alla morte perchè siamo decisi, con voi fino alla morte, a andare fino in fondo: la presa del potere non è ormai più illusoria, lottar fino alla morte vuoi dire la vittoria Questa canzone di Fausto Amodei, "Proclama di Camillo Torres", è una parafrasi assai fedele dell'ulitmo discorso di Camillo Torres al popolo colombiano "Dalle montagne, gennaio 1966", considerato il suo testamento sprituale.
4 notes · View notes