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#fotografie gent
fotografiegent · 11 months
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Amelie De Keyser - Looking for Intimacy (2020-21)
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mynameis-gloria · 10 months
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Sopravvissuta
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Sabato 24 giugno
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tatmanblue · 11 months
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The Roof
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The Roof by Hans Georg Fischer Via Flickr: City Pavilion - Het Stadshal van Gent - Designed by the architects Robbrecht & Daem / Marie-José Van Hee 1996-2012 (actually I don't know why it took so long...)
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lolaloveschampagne · 1 year
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WALKING BUBBLES
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viendiletto · 3 months
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Nel ricordo di Marinella… Una scelta di volontariato
“Mi aggiravo tra la folla, attratta da quella moltitudine vociante, dalle bandiere e dai labari delle nostre città istriane, fiumane e dalmate. Era il 1997, si ricordavano nella piazza principale di Trieste i 50 anni dall’esodo, anche i miei cinquant’anni essendo nata nel 1947. Ma il mio pensiero era fisso su mio padre. Vedi – gli dicevo col cuore gonfio – finalmente parlano di noi. Ma lui era mancato qualche tempo prima senza smettere di sentirsi fuori dal coro, un alieno…” 
Fu così che, durante quell’esperienza pubblica, Fioretta Filippaz, nata a Cuberton, esule a Trieste dal 1956, si rese conto di sapere ben poco della propria storia e del destino di tanta gente che come lei era stata costretta all’esodo dall’Istria.
Decise così di fare la volontaria?
“Quel ’97 fu per me uno spartiacque importante, i miei genitori non c’erano più ma le domande che avrei voluto rivolgere a loro, erano veramente tante. Allora presi informazioni e mi ritrovai all’IRCI che allora aveva sede in P.zza Ponterosso, nell’ufficio di Arturo Vigini, con lui c’era anche la figlia Chiara. Mi presentai e dissi che avrei voluto rendermi utile, partecipare dopo tanto silenzio. Non cercavo un lavoro di concetto, mi bastava anche semplicemente imbustare e affrancare gli inviti per le numerose iniziative dell’ente o per spedire la rivista Tempi&Cultura. Così ho cominciato”.
Una “volontaria”, oggi una del gruppo che segue l’attività dell’IRCI in via Torino, accoglie i visitatori delle mostre che si succedono numerose durante l’anno a cura di Piero Delbello e con il supporto del presidente Franco Degrassi, raccontando un esodo per immagini, attraverso i suoi personaggi, a volte famosi, a volte sconosciuti…
“Viene sempre tanta gente, chiede informazioni, racconta la propria storia, queste sale diventano un contenitore di tante vicende mai emerse, di tante storie familiari mai portate alla luce. Molti arrivano con fotografie, locandine, documenti per il museo. Per noi volontari è una responsabilità, ma anche un profondo desiderio di condivisione. Vede, questo documento alle mie spalle nell’ambito della mostra ‘Come ravamo’ è quello della mia famiglia, è lo storico dell’anagrafe dal quale hanno cancellato Marinella…”.
Chi è Marinella? È una delle storie emblematiche dell’esodo, quella di una bambina che non ce l’ha fatta, in quell’inverno polare del ’56. Aveva appena un anno e una polmonite se la portò via, “morta di freddo” sentenziarono i medici dell’ospedale che non furono in grado di salvarla.
“Ero già grandicella e Marinella me la portavo in braccio, le davo il biberon, la cambiavo, me ne occupavo per alleviare il lavoro di mia madre che doveva pensare a tutta la famiglia, al marito e ai cinque figli. I suoi occhi erano per me, con i sorrisi e i primi borbottii, una gioia infinita: non sono mai riuscita a dimenticarla, a farmene una ragione”.
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Per quanti anni siete vissuti in quella baracca?
“I miei genitori dodici anni, finché io e mio fratello non siamo riusciti a terminare le scuole nel collegio dove eravamo stati trasferiti per poter avere un’istruzione e migliori condizioni di vita”.
Vita?
“Quando la famiglia vive separata tutto è molto duro. Mio padre a Cuberton era un bravo contadino, da esule poté fare il manovale, la qualifica di profugo non era servita a nulla. Aveva sperato di entrare in fabbrica, ma nessuno ci aiutò. Ricordo che spesso diceva con convinzione, non sembrava neanche un lamento ma una semplice constatazione: ‘noi ne vol, proprio noi ne vol’ e così continuò per anni sentendosi fuori luogo, forse sconfitto. Quando ebbi diciannove anni, ci diedero una casa comunale, una sessantina di metri per la nostra famiglia numerosa, ma era comunque un miglioramento. Andai a lavorare alla Modiano”.
In che veste?
“Alle macchine per la stampa, ci ho lavorato fino alla pensione. All’inizio vista con sospetto, la nostra presenza di esuli a Trieste veniva ancora considerata un peso, ma noi istriani siamo lavoratori, disciplinati, vivaci, con il tempo mi sono conquistata le simpatie delle persone che hanno saputo apprezzare il mio impegno”.
E la famiglia?
“Mi sono sposata a 25 anni, per qualcuno era quasi tardi, per me anche troppo presto, vista la tragedia che avevamo vissuto in famiglia, non mi sentivo pronta”.
Non era solo per Marinella?
“Soprattutto per lei il cui sguardo non ho mai smesso di cercare, ma anche per tutto ciò che avevo visto al campo di Padriciano: la gente si lasciava morire, di disperazione, per mancanza di qualsiasi prospettiva, in quelle baracche dove non si poteva accendere un fuoco per scaldarsi. La mia casa era rimasta a Cuberton. Ci sono tornata per andare al cimitero. L’ho vista da lontano, diroccata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi”.
Nessuna assistenza psicologica in tutti questi anni?
“Nessuna. E ce ne sarebbe stato bisogno”.
Che cosa ha rappresentato il Giorno del ricordo?
“La possibilità di parlare, andando nelle scuole, fornendo testimonianza sui giornali, le televisioni. Gli italiani hanno iniziato a conoscere squarci della nostra vicenda. Ogni anno mi invitano a Cremona, in Umbria, nel Veneto, con le docenti è scattata un’amicizia importante. Dopo che Simone Cristicchi ha raccontato di Marinella nel suo spettacolo Magazzino 18, l’interesse è diventato maggiore, mi chiedono di raccontare. Lo faccio per i miei genitori, per restituire dignità a tanta gente, per rivivere il ricordo di Marinella, doloroso, ma necessario. I ragazzi delle scuole mi hanno omaggiato dei loro lavori di gruppo che custodisco gelosamente. È incredibile con quanta pietas abbiano saputo raccontare le nostre vicende, anche quelle più difficili. Mi fanno tante domande”.
E Padriciano?
“Ho accolto le scolaresche per tanti anni insieme a Romano Manzutto, finché l’associazionismo ha deciso di formare dei giovani perché raccontassero la nostra storia”.
In maniera più asettica?
“Certo hanno avuto modo di studiare, approfondire, possono rispondere a tante domande, non certo a quelle sull’esperienza diretta che rimane di chi l’ha vissuta veramente, ormai non siamo tantissimi, il tempo decide per noi”.
Dal campo di Padriciano molti partirono per gli altri continenti…
“Avevamo considerato anche questa ipotesi, ma cinque figli piccoli a carico erano una condizione che non favoriva il giudizio dell’emigrazione. Mio padre era una persona di grande cuore, certo avrebbe fatto fortuna, ma era convinto che nessuno avesse compreso che non eravamo venuti via se non perché fosse impossibile rimanere. Questa sensazione non lo abbandonava mai e forse gli toglieva la forza di tentare altre strade. Non ne abbiamo mai parlato successivamente. Ma mi accorsi del suo dolore quando giunti al cimitero di Cuberton, al momento di decidere di andare a mangiare qualcosa insieme, mi pregò di riportarlo velocemente oltre confine. La paura non li aveva ancora abbandonati e non l’avrebbe mai fatto fino alla fine”.
Di cosa avevano paura?
“Di restare e di tornare. In Istria tutto era cambiato e quindi non ritrovavano più la loro dimensione, c’era stata la dittatura che aveva spaventato tutti. In Italia avevano dovuto imparare a vivere il quotidiano, in Istria pagavano le tasse e basta, non erano abituati ad andare per uffici, fare domande, ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Quando Marinella morì nessuno venne a manifestare la propria solidarietà, non fecero che cancellare il suo nome dal nostro stato di famiglia”.
Quale spiegazione riesce a darsi oggi?
“Lo dico spesso e l’ho anche scritto: fummo accolti con fastidio e indifferenza, eravamo un corpo estraneo che tentava di inserirsi in un tessuto sociale che non voleva intrusioni”. Dire che la storia si ripete è anche troppo ovvio.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Fioretta Filippaz per La Voce del Popolo, 5 gennaio 2020
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When you get this, please respond with five things that make you happy!? Then, send it to the last 10 people in your notes [anonymously]. You never know who might benefit from spreading positivity ✨️
Uh, un secondo giro! Grazie mille, in effetti le cose che mi fanno felice (e che non sono quasi mai delle cose) sono più di cinque.
Pedalare in compagnia, scattare fotografie in compagnia, cucinare per una compagnia, ascoltare i racconti della gente appassionata, farla godere.
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megabif · 1 month
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Richard Serra
Tilted Arc
Nel 1979 il General Service Administration (GSA), un’agenzia indipendente del governo degli Stati Uniti, in accordo con il National Endowment for the Arts (NEA), decide di commissionare una scultura all’artista Richard Serra. È destinata alla Federal Plaza di New York. Dieci anni dopo, la scultura, chiamata Tilted Arc, viene smantellata, segata a pezzi, i suoi resti immagazzinati a Brooklyn. Nel mezzo accade di tutto. L’affaire Serra ridefinirà il concetto di site specificity di una scultura inserita nel tessuto urbano. In effetti, c’è qualcosa di radicale in questo artista che fin dagli inizi della sua carriera aveva deciso di utilizzare acciaio e piombo come materia espressiva. Nelle Lettere a Miranda Quatremère de Quincy si poneva domande riguardo allo spostamento delle opere d’arte italiane. All’epoca, la Rivoluzione francese aveva appena fatto il suo corso. Due secoli dopo la questione resta: distratta dal suo contesto l’opera perde il suo valore? “Rimuovere l’opera significa distruggere l’opera” afferma Richard Serra. La Street Art pone problemi simili.
Nel 1979, quando viene scelto dal GSA, Serra è già conosciuto, apprezzato. Nel 1970 aveva piazzato una struttura circolare in acciaio nel manto stradale di una via del Bronx (To Encircle Base Plate Hexagram Right Angles Inverted). L’anno successivo, piazza il St. John’s Rotary Arc nei pressi della rotatoria dell’Holland Tunnel. Certo, finché si tratta di una strada del Bronx, o di una rotatoria, nessuno fiata. Ma quando ti trovi di fronte il Federal Bureau of Investigation o una sede della corte di giustizia, è difficile farla franca.
Tilted Arc viene inaugurato nel 1981. Una linea di acciaio color ruggine di quaranta metri, alta quattro, leggermente curva e inclinata, taglia in due la piazza. Apriti cielo. La struttura “teatrale” del sito viene alterata, ciò di cui Serra era ben conscio. I cittadini si ritrovano proiettati dentro un nuovo contesto ambientale, ridefinito dalla scultura. È come se lo stesso concetto di “temporalità” subisse una torsione. Chi cammina sulla piazza è costretto a costeggiare l’opera. In un sito percorso usualmente di fretta, per motivi di lavoro, Serra costringe i passanti a rallentare, a lambire e “sentire” l’opera. Grazie a questo taglio in acciaio lo spazio viene ora sovvertito. Questa linea funge da contrappunto ambientale. È l’opera che ora definisce, impone il proprio territorio.
Ne succedono di tutti i colori. Un giudice protesta. Pone problemi di sicurezza. Finisce come in una lite condominiale, ma su larga scala. C’è chi pone questioni di decoro. La gente vi urina sopra (intervistato dal New York Times, che gli domanda quale sia il suo luogo favorito in città, Matthew Barney risponde: “Urinare riverentemente su Tilted Arc”). C’è chi vi aggiunge graffiti. Alcuni tirano in ballo il Muro di Berlino. Si tengono pubbliche udienze. Autorevoli critici d’arte difendono il lavoro di Serra. Nel 1985 la sede di Washington della GSA chiede che all’opera venga trovato un altro spazio. Serra avvia una causa per difendersi. La causa viene rigettata. Nel 1987 la NEA dichiara Tilted Arc “site specific”, e per questo inamovibile. Serra intanto va in appello. Nel 1989, dopo che Ronald Reagan ha firmato la Berne Convention, legge in difesa dei beni letterari e artistici, Tilted Arcviene smantellato. Per qualche tempo, una specie di cicatrice sulla pavimentazione funziona da indice dell’opera. Ora, restano solo fotografie, più la documentazione, gli atti di questa battaglia espressiva.
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littlepaperengineer · 4 months
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Ci sono momenti di lucidità nei quali riesco a capire cosa c'è che non va. Faccio un lavoro che non mi piace e non mi stimola, per altro mi lascia un sacco di ore senza fare nulla e quindi mi dà tanti vuoti che non riesco comunque a colmare.
Mi trovo in un posto in cui non vedo persone interessanti, vedo ragazze molto carine fuori dalla mia portata, nel mio giro neanche una ragazza che mi piace. Sento forti bisogni di natura fisica, che non so in nessun modo come soddisfare. Faccio fotografie come lavoro e non mi dà grandi soddisfazioni perché non riesco a fare ciò che vorrei. Con la pittura posso dire che mi diverto ma senza alcun altro fine.
Sento il bisogno di uscire da questo posto, vorrei qualcosa di più dinamico, sia per il discorso sessuale ma anche perché cerco l'amore. Vorrei fare qualcosa di stimolante, un giro di gente, persone interessanti che mi diano la possibilità di fare conversazioni interessanti. potrei viaggiare ma non trovo la maniera, non lo so fare, non trovo compagnia.
Grazie al cazzo che sto così.
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sorella-di-icaro · 2 years
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Ciao sono Elena, ma sul web ho un sacco di soprannomi presi da tutti i miei fandom preferiti 🐇
Sono una piccola nerd, io adoro i videogiochi, l'abbigliamento comodo è diventato il mio migliore amico durante i periodi caldi e freddi, i film, gli anime, le serie tv, parlare della tecnologia.
Il caffè è la mia droga preferita da sempre, ovvero da quando lo scoperto e da lì non me ne sono distaccata, ci son giorni in cui ne bevo almeno due al giorno e la stessa cosa vale per le tisane in quei freddi e tardi pomeriggi di ottobre.
A volte leggo... I romance sono la mia passione più grande! Non solo per quanto riguardano i libri, ma anche i fumetti o i film.
Sono una nerd timida che cerca sempre di nascondere i propri sentimenti, ma che se riesci a tirarla fuori dal guscio forse ti parlerà dei suoi sogni e delle proprie passioni.
Sono gran appassionata di animali, mi piacciono tutti da quelli marini a quelli terrestri ma i cani di piccola taglia sono di gran lunga i miei preferiti.
Adoro la fotografia e spero che un giorno potrò approfondire questa mia passione, ma per ora mi limito a tenerla come hobby e condividere i miei scatti più belli su tutti i miei social e/o blog.
I videogiochi son diventati i miei migliori amici durante il periodo dell'infanzia che mi hanno accompagnata per tutta l'adolescenza fino ai miei attuali 26 perché nessuno come loro non mi capivano, potevi fare ciò che volevi senza essere criticata da nessuno... un mondo in cui a gente come me piace celarsi in un mondo dove tutto è possibile senza che tu venga giudicato.
Batman è uno dei miei supereroi preferiti che spero di approfondire un po' di più con i fumetti e non solo con i videogiochi o i film, praticamente adoro questo supereroe e tutte le sue gesta che compie con l'aiuto di Alfred il suo maggiordono di fiducia ed il suo braccio destro Robin che aiutano questo fantastico supereroe a tenere la loro città del cuore pulita da criminali come Joker, Harley Quinn o Poison Ivy che sono alcuni dei supercattivi di Gotham.
Sono un'amante delle schifezze, non ne mangio spesso ma quando le mangio mi metto sempre a guardare un buon film o una buona serie sul mio (g)old pc.
La mia bevanda preferita è l'Estathé al limone 🍋 in bottiglia di vetro e la birra fredda nei caldi periodi estivi.
Sono un'amante dei Dramma Asiatici, me ne sono vista un paio e, se anche sono tutti uguali o quasi, non riesco a farne a meno 🙈
Mi piace scrivere, non che mi consideri una scrittrice ai livelli dell Rowling, ma mi è sempre piaciuto mettere i miei pensieri e i miei piccoli sfoghi su carta per poi scoprire, all'età di 13 anni che si possono scrivere anche online grazie ai blog.
Ho iniziato a creare spazi web all'età di 13 anni e da lì non mi sono più fermata.
Dopo aver creato il mio primo blog con Blogger sono passata a Tumblr piatta forma molto più interessante di quella di Google perché puoi anche interagire con gli altri blogger.
Sono una fissata con i taccuini 🙈 ne ho così tanti che ne vorrei degli altri ma non so che farmene visto che non sono mai stata in grado di scrivere su quelle pagine per la paura di rovinarle o addirittura bucarle con la punta della penna 🤡 (I KNOW THIS IS TOTALLY INSANE)
Sono un'amante dei social media, mi piace creare profili e postare le mie passioni praticamente ovunque sul ma non per essere apprezzata per ciò che posto dagli altri ma bensì per aumentare le mie conoscenze informatiche 💻
Come altre passioni ho quello del viaggio... Un giorno mi piacerebbe viaggiare verso l'Oriente e scattare un sacco di belle fotografie da postare ovunque sui miei social
Sono una sognatrice, e rimarrò tale affinché uno dei miei tanti sogni che ho custodito nel mio preziosissimo scrigno non si avvererà.
Questo è il mio piccolo mondo, un mondo fatto di piccole cose come scatti fotografici fatti alla rinfusa, vestiti comodi, sogni, pizza, paranoie h24 e una gran dose di voglia di vivere che non vi immaginate.
Se tutto questo non vi garba... Non è un mio problema 🤍
Source image: @cassandracalin
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gregor-samsung · 9 months
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“ Roma, fino al 19 luglio [1943], era una città fuori del mondo. Chi vi arrivasse da qualunque parte, rimaneva sbalordito e irritato. Chi di lontano ne sentiva parlare, soffrendo della guerra, ne provava un sordo rancore. Il bombardamento di Roma è stato accolto in qualche città lontana e già provata, da brindisi di gioia. Chi stava a Roma da venti anni, non finiva di stupirsi di Roma solo a uscire di casa. Gente vestita bene, tranquilla; e le signore non affrettavano il passo neppure quando suonava la sirena d'allarme, mentre altrove si moriva. Roma è entrata nel dolore comune. E quelle stesse persone vestite bene e tranquille in un modo irritante, ora a vederle per la strada preoccupate della loro grazia nel pericolo, sono piú vicine all'umanità. Quello che pareva cinismo diventa dignità, la cura di sé stessi in circostanze tanto drammatiche, un segno di personalità, la vanità strafottenza, la leggerezza superiorità. Cosí alcuni difetti diventano virtú.
Una famiglia del popolo, rimasta senza tetto, veniva avanti per un viale di villa Borghese. Il vecchio portava appesa a una mano la gabbia del merlo casalingo, e sotto l'altro braccio, una coperta. C'era una donna esile con un medaglione ricordo sul petto, e una ragazza che aveva dimenticato di darsi il rossetto sulle labbra. Spiegavano a un passante che non avevano piú casa. Sotto gli alberi c'erano altre persone coi loro fagotti. Sull'erba secca avevano disposto il fiasco del vino e la merenda. Non avevano se non quello che portavano con loro. Cacciati dalle mura domestiche, formavano qualcosa di intimo sotto gli alberi sterili e ombrosi del parco pubblico. Mentre prima avevano parlato della loro casa distrutta come d'un paese natio abbandonato, ora, intorno al loro posto, formavano l'immagine di un provvisorio focolare. Non ho notato un solo sguardo di odio o di invidia verso i due passanti che si fermavano perplessi a guardare, e poi tiravano via impensieriti, e alcuni vestiti bene, e certo con una casa in piedi.
Longanesi ha diffuso una delle sue spiritosaggini a proposito dei bombardamenti delle città italiane: « Ci stanno rovinando gli originali delle fotografie Alinari ». È lo stesso autore di alcuni manifesti di propaganda di guerra. È sempre pronto al disprezzo dei caduti, come tutti quelli che disprezzano se stessi e il proprio paese. Egli trova facilmente il ridicolo in tutto. È la forza dei deboli.
Collezionista di morti. I bollettini ufficiali, mentre durava l'azione di bombardamento su Roma, già lo registravano. La radio ne dava i particolari mentre si sentivano le bombe da San Lorenzo. Trentamila morti. I giornali ci si sono buttati sopra con tanta avidità da rendere teatrale anche questo. Vogliono commuovere l'opinione pubblica, e nello stesso tempo ripararsi dietro le memorie e la Chiesa e i bambini e le donne. La città è mutata. Si vede gente preoccupata; visi lunghi come per un torto e uno scomodo personale.
Uno di quelli che vivono sul bilancio delle sovvenzioni ai giornali di propaganda, mi diceva che la colpa è interamente del popolo italiano. “
Corrado Alvaro, Quasi una vita: giornale di uno scrittore, Bompiani, prefazione di Geno Pampaloni, Bompiani, 1951; pp. 355-356.
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fotografiegent · 11 months
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Nick Moons Moons  - A little lesson in responsibility (2020-21)
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mynameis-gloria · 1 year
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Dalla bocca del giorno straripano
Grandi promesse tra i fiumi di baci
Di più, di più, di più, di più, di più
Anni di voli pindarici fanno il nido sui rami degli alberi
Alti fino a portarci la testa tra nuvole
E blu, e blu, e blu, e blu, e blu
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likarotarublogger · 9 months
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Ventotene fashion week by E&R quinta edizione, dal 18 al 20 Agosto 2023.
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Nello splendore e nel fascino dell'isola pontina, dal 18 al 20 agosto 2023, si aprirà il sipario sulla quinta edizione del grande evento "Ventotene Fashion Week" ideato e organizzato dalla stilista internazionale Elena Rodica Rotaru. Gli organizzatori della manifestazione sono l'associazione Lika Eventi, Pandataria Film Srl in collaborazione con il Comune di Ventotene.
Tre giorni che presenteranno il fascino della moda, del design, della bellezza e dei colori artistici dell'isola.
Ventotene Fashion Week è un evento legato alla moda e ispirato alle caratteristiche identitarie dell'isola di Ventotene, ma è anche un concorso per stilisti emergenti, sarti, negozi di abbigliamento e coinvolge anche l'arte e la gastronomia italiana. Diventa sempre più importante caratterizzare gli eventi coinvolgendo le persone che abitano i territori e che, quindi, ne fanno una manifestazione di partecipazione che viaggia insieme alla proposta di abbigliamento e di immagine. Ventotene, vento dell’anima, tzunami del cuore. Ti lascio e ti ritrovo sempre con l’ansia di un amante.
Vulcano emerso, “cono di bottiglia”, approdo sicuro per cuori ed ali affaticate.
Saperti ferma con ogni mare, rifugio tranquillo del mio spirito, evochi e semplifichi le mie fughe.
Scoglio del cuore, vento dell’anima… mano tesa sostieni piccoli grandi uomini, uccelli coraggiosi e stanchi.
Terra di confine, orizzonte finito… semplice e dolce accogli imperatori, puttane, poeti e patrioti, dissidenti e gente controvento…
VISIBILITÀ
L’evento oltre il contest metterà in condizione gli stilisti di poter proporre le loro collezioni moda alla presenza di giornalisti, fashion blogger , fotografi specializzati attori e cantanti, oltre ad essere visto da un folto pubblico in tv e su vari social. L’evento sarà messo in risalto da vari giornali e riviste di moda italiana e internazionale. Ogni stilista potrà esibire 10-15 capi scelti della propria collezione ed evidenziare il proprio talento non solo davanti alle telecamere, agli ospiti e fotoreporter ma anche davanti una giuria,la quale assegnerà il premio:
“VENTO FASHION ‘’
LOCATION
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Piazza Chiesa di Ventotene
Piazza Chiesa di Ventotene, alcuni locali privati dell’isola e Piazza Castello di Ventotene sono disponibile per questi eventi culturali attraverso alla moda, l’arte e bellezza.
Programma dell’evento:
Piazza Chiesa di Ventotene
18 Agosto 2023 ore 19,30-21,30
L’apertura dell’evento Ventotene Fashion Week by E&R
presenterà Aura Ruggeri
Serata dedicata allo stile di mare, spiaggia, barca, eleganza isolana Made in Italy.
Fashion show by Boutique di Ventotene
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“Emporio by Giovanna Assenso “Model by Leonardo
19,40 Sfilata boutique “Emporio”di Giovanna Assenso (moda mare e barca)
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“La Perla by Rafaelle Taliercio
Model by Ruse Ionut
20,10 Sfilata boutique “La Perla” di Raffaele Taliercio
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“LEVANTE by Fiorentina Taliercio
20,25 Sfilata boutique “Levante” di Fiorentina Taliercio
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“Le Rampe -WhiteWhale by Luca Cupini.
Model by Leonardo
20,35 Sfilata boutique “Le Rampe - WhiteWhale “ di Luca Cupini
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“Evaso by Agnese Matrone
20,45 sfilata boutique “Evaso” di Agnese Matrone
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21,10 sfilata di boutique “Le Meraviglie del Mare è Semplicemente Gió di Andreina Matrone e Giovanna Silvestri
21,20 Sfilata boutique by “L’sola la che non c’è di Valentina Feo
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19 Agosto 2023 ore 19,30
Via Olivi, 72, 04020 Ventotene LT
Fashion show & cocktail by E&R
Presenta Aura Ruggeri
Serata privata organizzata da Elena Rodica Rotaru , Hotel Lo Smeraldo e ristorante Marisqueria di Ventotene.
Si informa che l’evento sarà disponibile solo sul invito o prenotazione al numero : 3276303494 -Elena
0771 85135 -Hotel Lo Smeraldo
20 Agosto 2023
Ore 21,30 - 00,00
Presenta la serata conduttrice del evento
Letizia Trento
& l’attore/cantante
Jano di Gennaro
“Gran Gala -Fashion Show by E&R .
“Vento Fashion”
Piazza Castello, 1, Ventotene ,LT.
21,30 -L’apertura della serata.
Balletto Coco 5 Ventotene con Candida Silvestri .
Monologo teatrale con Jano di Gennaro, Candida Silvestri e Giulia Ruggeri ( arrivata ritardo sull’isola)
21,40 - canta Jano di Gennaro
22,00 -Premiazione tutti gli boutique di Ventotene.
22,00- Sfilata by E&R
Elena Rodica Rotaru
“Fashion show by Coco 5”
Bianco & Nero
23,25 - Balletto by Michela Mangiocotti
Ora 22,30
“ Gran Gala - Vento Fashion”
Concorso per gli stilisti emergenti , alta moda ,design e brand internazionale.
22,35 balletto by Elisa Franzini
22,40 Presentazione della giuria :
Il presidente della giuria
1. Cataldo Matrone - consigliere comunale di Ventotene
2- Marinsaldi Samuela - Stlylist & designer. Presente in moltissimi eventi della moda e della TV: dal Festival del Cinema di Cannes alla Faschion Week di Milano, dal Festival di Sanremo a Shooting per Vogue e Haper’s Bazaar.
3- Emanuel Vecchioli- Classe ‘71, dopo la laurea in Economia e Commercio si specializza in Naturopatia e Tricologia, ereditando dalla sua famiglia di parrucchieri la vocazione per l’Hair Care. È consulente per importanti case cosmetiche, tiene corsi di formazione e collabora con alcune riviste.
4-Rosa Maria - presidente Pro Loco di Ventotene
5- Pietro Fizzoti ex corteggiatore Uomini e Donne
Ore 22,45
Presentazione gli stilisti in gara.
1- GB by Giorgia Beniamino Salib
2- MutaMenti by Francesca Zappia
3- Daniela Otea
4-Carmen Clemente Couture
5- HF by Hilda Falati
Ora 23,30
Canta Jano di Gennaro
Premiazione del vincitore premio “Vento Fashion “
Ventotene Fashion Week 2023 quinta edizione.
Chiusura dell’evento: musica e la torta.
Ringraziamenti agli organizzatori,sponsor, media, collaboratori e agli tutti participanti.
Sponsor ufficiale dell’evento:
Pandataria Film SRL di Salvatore Braca
Hotel Lo Smeraldo
Ristorante Marisqueria
Altri sponsor:
Sisa di Vincenzo Assenso
C 4 Premiazione e Gioielleria Costantini di Roberto Costantini-Guidonia
Marilena Bãcanu -hairstyle
Irina Rusisvili - hairstyle
Ristorante Afrodite
Ristorante Mast’Aniello
Antico Forno Aiello
Bar “Il Gabbiano”
“Idea Casa” Ventotene di Roberto Matrone
Candidaterra
Candida Silvestri-Acquagym
Diving World Ventotene di Valentina Lombardi.
Partner Media
Fashionluxury.info
PaeseRoma Quatidiano
Pandataria Film SRL
Blogger Miruna Cajvaneanu
Likarotarublogger
Manolo Ruggeri fotografo ufficiale dell’evento.
MTM di Massimo Meschino
Silvana Gavosto - reporter fashionblogger Modella opinionista Tv
Max International.
Articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
Informazione per l’evento Ventotene fashion week
Telefono: +393276303494
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fashionbooksmilano · 4 months
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Robert Capa in Italia
a cura di Beatrix Lengyel
Fond.Fratelli Alinari, Firenze 2013, 192 pagine, 80 fotografie, 23x25cm,  Italiano e inglese, ISBN 9788895849256
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra San Gimignano dal 04/03/2016 al 01/09/2016
Considerato da alcuni il padre del fotogiornalismo, da altri colui che al fotogiornalismo ha dato una nuova veste e una nuova direzione, Robert Capa, pur non essendo un soldato, visse la maggior parte della sua vita nei campi di battaglia, seguendo i cinque maggiori conflitti mondiali: la guerra civile spagnola, la guerra cino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo israeliana del 1948 e la prima guerra d’Indocina. Settantamila foto scattate in quasi quarant’anni di vita. E in questo volume una selezione che documenta la guerra in Italia negli anni 1943-44: la resa di Palermo, la posta centrale di Napoli distrutta da una bomba ad orologeria o il funerale delle giovanissime vittime delle famose Quattro Giornate di Napoli. E ancora, vicino a Montecassino, la gente che fugge dalle montagne dove impazzano i combattimenti. E i soldati alleati, accolti a Monreale dalla gente, o in perlustrazione in campi opachi di fumo, fermo immagine di una guerra dove cercano – nelle brevi pause – anche il recupero di brandelli di umanità. Settantotto fotografie per mostrare una guerra fatta di gente comune, di piccoli paesi uguali in tutto il mondo ridotti in macerie, di soldati e civili, vittime di una stessa strage. L’obiettivo di Robert Capa tratta tutti con la stessa solidarietà, fermando la paura, l’attesa, l’attimo prima dello sparo, il riposo, la speranza. In coedizione con il Museo Nazionale di Budapest.
21/12/23
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fucktheglorydays · 5 months
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PHOTOGRAPHY - MICHAEL WOLF: TOKYO COMPRESSION
Michael Wolf nato in Germania, cresciuto negli Stati Uniti, ha vissuto e fotografato a lungo in Cina, concentrando il proprio lavoro sull'identità culturale dei popoli. In 'Tokyo Compression' mostra l'insopportabile realtà della società contemporanea, catturando brevi attimi nella metropolitana di Tokyo. Il fotografo tedesco ha dichiarato: “le fotografie rappresentano soprattutto la tragedia della condizione umana. Quello che vedete non è il risultato di una catastrofe naturale. E’ l'uomo stesso responsabile di tutto questo –  un sistema spaventoso che stritola la gente”.
Michael Wolf was born in Germany and grown in the United States. He lived and photographed a long time in Cina, focusing his work on peoples cultural identity. In 'Tokyo Compression' he shows the uncomfortable reality of modern society, capturing short instants of human life within the Tokyo subway. Wolf says: “the photographs represent chiefly the tragedy of the human condition. What you see is not the result of a natural catastrophe. Man is responsible for this himself – a dreadful system for people, and by people”.
michaelwolf.com
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filorunsultra · 1 year
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That's what it's all about
Dovremmo parlare di corsa e invece parliamo di regole di mercato, di influencer, di brand. Parliamo di regolamenti, di organizzazioni, di federazioni, di squadre, di gare, di risultati, di allenamento, di atleti, di fotografi, di prezzi e non parliamo mai delle persone. La comunità acquista un senso soltanto come bussola per leggere le tendenze di mercato, e per capire cosa funziona, cosa non funziona, cosa funzionerà domani. Parliamo di queste cose e non facciamo realmente niente di significativo e per cui valga la pena vivere. Misuriamo il valore di una persona per le ore che passa dietro a una scrivania e per gli assegni che stacca e non per il reale impatto emotivo che ha sugli altri. Quando parlo di aprire una cooperativa e di prendere uno stipendio di 1000 euro al mese o anche meno, la gente mi guarda come se vivessi tra le nuvole, perché con 900 euro al mese non si sopravvive: non ci sopravviveranno loro, dimenticandosi di tutti quelli che campano con molto meno facendo lavori massacranti e usuranti. Non è vita? Non è vita arrivare a fine mese con 3000 euro in tasca se il modo in cui lo fai è svilente, farlocco o semplicemente mediocre e privo di slancio vitale. Lavorano tutti tantissimo ma non combinano nulla, nulla che valga davvero la pena ricordare anche solo per un paio d'ore. Parlano, e parlano solo di parole cioè di cazzate. Gordon Ainsleigh non è diventato ricco per aver inventato Western States, Gary Cantrell non ha guadagnato qualcosa per avere inventato Barkley: tutti ne parlano e ci scrivono libri e ci girano film e ci guadagnano, ma non loro che le hanno create. E non le hanno create per business, ma perché avevano voglia di farlo e basta. Paco ha guadagnato qualcosa per aver creato una comunità in cui delle persone hanno creduto e per cui hanno vissuto? No, e ci è morto. Quelli là fuori non moriranno mai per qualcosa di significativo, moriranno e basta lasciandosi alle spalle qualche fattura in un cassetto fiscale. Guardo questa foto del Tarlo scattata dalla Eli: Andrea è una persona che non potrò mai capire del tutto perché dovrei aver vissuto le vite che ha vissuto lui, e sono vite molto lontane dal mio ideale e hanno avuto un impatto fortissimo sui suoi rapporti interpersonali e sulla sua capacità di comprendere il sistema che regola i rapporti sociali; ma lo rispetto, perché quello che fa è difficile. Pur non avendo apparenti responsabilità, pur non avendo apparenti impegni, pur non dovendo apparentemente affrontare le ansie e le preoccupazioni della quotidianità delle persone, vivere come fa lui è dannatamente duro. In questi giorni sentivo parlare di contratti da 60-70 mila euro l'anno come fossero noccioline: non lo sono, sono un sacco di soldi per non fare nulla, mettetevelo in testa. Guadagnare certe cifre è fin troppo facile, fin troppo mediocre, e con un minimo di impegno potrebbe farlo chiunque. È pieno di aziende che guadagnano milioni facendo cose mediocri, non è tanto difficile. Ma non è nemmeno importante, anzi non conta davvero niente. Andrea mi ricorda questo, mi ricorda che non è importante, che molto poco è davvero importante. Correre 100 miglia serve a ridimensionarsi, a capire che tutte queste cose non ti servono granché quando hai corso 100 chilometri e hai ancora un'intera notte davanti. Le uniche cose che contano sono un'aquila che vola, il cielo che brucia sopra alle montagne, l'azzurro di un lago, una canzone, una frase a metà, corta, smorzata. Questo genere di cose. Il resto è davvero poca cosa.
I climbed cathedral mountains, I saw silver clouds below, I saw everything as far as you can see. And they say that I got crazy once and I tried to touch the sun. And I lost a friend but kept the memory. John Denver, Rocky Mountain High
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