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#marcia su roma
surfingkaliyuga · 2 years
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“Trittico della marcia su Roma / Triptych of the March on Rome” Duilio Cambellotti 1933 Central panel of a triptych mural in Palazzo del Governo in Ragusa, Sicily.
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mood-indigo95 · 5 months
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gregor-samsung · 2 years
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“ Il 28 ottobre 1922 era arrivato alla stazione di Firenze il celebre scrittore inglese Israel Zangwill, che, essendosi rifiutato di consegnare il passaporto alle camicie nere, che avevan occupato la stazione, veniva fermato ed accompagnato alla sede del Fascio. Ivi il console Tamburini, che non conosceva l'inglese, e, d'altronde, non era in grado di conversare con un grande scrittore, non trovò di meglio che consegnarlo a Curzio Suckert, il quale riferisce il colloquio nella penultima parte del suo libro Technique du coup d'Etat. La tesi di Zangwill era quella di tutti gli italiani non fascisti: la marcia su Roma era conseguenza di un compromesso tra il re e Mussolini; l'insurrezione non era che una messa in iscena per nascondere il gioco della monarchia. Naturalmente la tesi di Suckert era diametralmente opposta, poiché tutto il libro è diretto a teorizzare la nuova tecnica del colpo di Stato, di cui quello fascista sarebbe stato una delle piú brillanti applicazioni. Ora a distanza di tanto tempo e specialmente dopo il nuovo colpo di Stato del 25 Luglio 1943, appare chiaro quanto fondamento avesse l'opinione di Israel Zangwill, nella quale le dissertazioni letterarie di Suckert, invece di dissuaderlo, avranno finito per confermarlo. Una rivoluzione che non abbatte e non distrugge il vecchio regime e si limita soltanto alla violazione di « vieti formalismi », non è certamente una rivoluzione, anche se formalmente si mostra ossequiente ai canoni della nuova « tecnique du coup d'Etat ». Per lo meno è un avvenimento « sui generis » che la scienza politica non ha ancora classificato, e per il quale bisognerà certamente trovare una nuova definizione. Per lo meno è una rivoluzione mancata, poiché il compromesso, intervenuto tempestivamente, ha impedito ad una delle parti di prevalere e tutto si è limitato a minacce di adoperare la violenza da una parte e dall'altra, eliminate per effetto della reciproca vigliaccheria. Ora, tutto ciò è tipicamente italiano, e Mussolini, nell'inscenare l'avvenimento, ha certamente seguito il genio della stirpe. Tutto il suo battagliare e il suo manovrare non era diretto a schiantare e distruggere la vecchia classe dirigente, ad innovare il costume politico, a sostituire alle vecchie nuove idee, ma era diretto a farsi chiamare dal re per formare un ministero di coalizione. Egli, dunque, si offriva come domatore di bestie feroci, e, come tale fu assunto al potere, poiché si ritenne un poco da tutti che potesse essere — proprio lui — l'affossatore del fascismo, il castigatore degli istinti bestiali ed anarchici dei fascisti. Che poi il suo pessimo temperamento di uomo e le sue profonde tare politiche abbiano in seguito messo in luce l'illusorietà del calcolo, non modifica il fatto che coloro i quali favorirono la marcia su Roma, ed in seguito si offrirono di fiancheggiarla, andavano in cerca di un nuovo Giolitti, di un Giolitti piú moderno, cioè di un dittatore legale, che avesse conservato il regime, togliendo alle masse ogni velleità di innovazione. “
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Brano tratto dal libro di Guido Dorso Mussolini alla conquista del potere (Einaudi, 1949).
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noneun · 2 years
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Se vincono i fascisti sarebbe un ottimo modo per festeggiare il centenario della marcia su Roma.
Festeggiare il fatto che in cento anni non siamo stati in grado di liberarcene, in quel senso.
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b0ringasfuck · 2 years
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Escono dalle fogne.
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ninocom5786 · 1 year
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juanfiamma · 2 years
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ultimaedizione · 1 year
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Quando facebook si preoccupa di limitare il dibattito sul fascismo invece che dell'odio che gira sui social
Pubblicato su http://www.politicainsieme.com Con una certa sorpresa abbiamo ricevuto una comunicazione da Facebook che sarebbe stata limitata la diffusione di un articolo pubblicato su Politica Insieme, a firma Domenico Galbiati, dello scorso 24 gennaio dal titolo: “I fascisti che non sanno di esserlo” (CLICCA QUI). Si trattava di un ragionamento di natura culturale – politica a proposito del…
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andre83us · 1 year
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Lo squadrista Italo Balbo: una mostra per indagare le origini del Fascismo
Lo squadrista Italo Balbo: una mostra per indagare le origini del Fascismo
Nel centenario della Marcia suRoma, una mostra del Centro Studi del Museo del Risorgimento e della Resistenza raccoglie a Ferrara documenti e testimonianze della violenza nei primi anni ’20 nel nostro territorio. Il ruolo decisivo del gerarca Una mostra esposta nel Centro Studi del Museo del Risorgimento e della Resistenza (MRR), a Porta Paola, arricchisce ulteriormente il dibattito nel…
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tell me why i was fully expecting fascists to celebrate the 100th anniversary of the march on rome undisturbed, and why i wasn't surprised when i found out they really did? this fucking country, i swear...
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surfingkaliyuga · 1 year
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A rare bronze letter opener in the form of a dagger with a fasces-shaped guard and the rest of the hilt sculpted as Benito Mussolini's bust. The inscription, taken from Dante Alighieri's Divine Comedy, reads: Tu duca, tu signore, tu maestro (you are my guide, my lord, my master). The fasces bindings in the front read: Eia, eia, eia, alala, and in the back: Ottobre MCMXXII. The item was created in commemoration of the March on Rome.
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pietroalviti · 2 years
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28 ottobre 1922, per capire meglio la Marcia su Roma
28 ottobre 1922, per capire meglio la Marcia su Roma
A 100 anni dalla Marcia su Roma, l’evento che determinò il cambiamento radicale nella storia italiana, alcuni suggerimenti per capire un po’ di più. Innanzitutto un podcast di Emilio Gentile, storico del fascismo, intitolato proprio 1922, 4 episodi per capire gli anni che precedettero quel fatidico momento. Potete trovarlo qui Un altro podcast dedicato proprio alla marcia su Roma, con 5 episodi…
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luigiviazzo · 2 years
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Marcia su Roma un evento che andò in scena, un secolo fa, dal 27 al 31 ottobre del 1922; si trattò di una manifestazione armata attraverso la quale Benito Mussolini e le sue camicie nere presero il potere instaurando il Ventennio fascista: vediamo che cosa accadde.
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gregor-samsung · 30 days
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“ Sono anni molto violenti a Firenze. La città è percorsa da bande di fascisti terribili, duri e fanatici, riuniti in squadracce dai nomi paurosi. Una su tutti, ‘La Disperata’, al cui soccorso arriva ogni tanto ‘La Disperatissima’, composta da squadristi di Perugia che si muovono anche fuori regione spingendosi a fare incursioni fin nelle Marche. Gentaccia pronta a usare bastone e olio di ricino senza alcuno scrupolo, teppisti, criminali come Amerigo Dumini, il capo degli squadristi che un paio di mesi dopo sequestrano e uccidono Matteotti (e che, ricorda Lussu ne La marcia su Roma, era solito presentarsi dicendo «Amerigo Dumini, nove omicidi»). Il professor Salvadori, per non mettere in pericolo la famiglia, obbedisce alla convocazione senza fare storie e va a piazza Mentana. Entra nel covo alle diciotto del primo aprile [1924] e ne esce a tarda sera, coperto di sangue e barcollante. Max, all’epoca sedicenne, che gli è andato appresso perché aveva delle lettere da impostare alla stazione e l’ha aspettato fuori, ha sentito tre brutti ceffi che ciondolano per la piazzetta dire alcune frasi inquietanti. «Occorre finirlo». «Già, ma chi l’ha comandato?» «L’ordine viene da Roma».
In quel momento Willy esce dal palazzo circondato da una dozzina di fascisti esagitati che brandiscono bastoni. Il padre, ammutolito, è coperto di sangue, e quando Max gli si fa incontro per sostenerlo e aiutarlo riceve la sua razione di botte: i picchiatori non hanno finito, la squadraccia li segue fin sul ponte Santa Trinita, vogliono buttare padre e figlio al fiume. I due si salvano solo grazie a una pattuglia di carabinieri che passa di lì per caso, e quando infine arrivano a casa a mezzanotte, malconci e umiliati, sebbene Cynthia mantenga calma e lucidità e Willy cerchi di minimizzare, lo shock è forte per tutti loro. Scrive Joyce in Portrait: “Tornarono tardi, e la scena è ancora nei miei occhi. Noi due donne (mia madre e io, mia sorella era in Svizzera), affacciate alla ringhiera del secondo piano, sulla scala a spirale da cui si vedeva l’atrio dell’entrata; e loro due che dall’atrio salivano i primi gradini, il viso rivolto in alto, verso di noi. Il viso di mio padre era irriconoscibile; sembrava allargato e appiattito, e in mezzo al sangue che gocciolava ancora sotto i capelli, si vedevano i tagli asimmetrici fatti con la punta dei pugnali: tre sulla fronte, due sulle guance, uno sul mento. Mio fratello aveva il viso tutto gonfio e un occhio che pareva una melanzana. «Non è niente, non è niente», diceva mio padre, cercando di sorridere con le labbra tumefatte. Capii in quel momento quanto ci volesse bene.” In quella sera drammatica che costituisce uno spartiacque nella storia della loro famiglia, Joyce fa tesoro dell’esempio dato dai genitori e dal fratello. Il padre che coraggiosamente cerca di sminuire la portata della violenza e il fratello che lo sostiene forniscono alla Joyce dodicenne «solidità, in quanto alle scelte da fare. Servì a pormi di fronte a ciò che è barbarie e a ciò che invece è civiltà». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 13-14.
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ortofosforico · 3 months
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La galleria ucciderebbe per Teresa.
Pare la madre dei draghi lassù
La madre dei fiori.
La sua armata
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acmeelan · 2 years
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Da oggi i treni arriveranno in orario.
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