Tumgik
#me so rotta
apropositodime · 19 days
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Mi avete eliminata è colpa dell'algoritmo o proprio non mi cagate di striscio?
Devo saperlo così smetto di seguirvi, le cose non reciproche non mi piacciono nemmeno con gli sconosciuti.😘😘😘😘😘😘😘😘🙋🏻‍♀️🙋🏻‍♀️🙋🏻‍♀️🙋🏻‍♀️🙋🏻‍♀️
Sono serissima 😃
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loving-jack-kelly · 8 months
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when i saw newsies in london i missed the first show I was supposed to go to because the underground was on strike and the busses got overwhelmed so I was an hour away from wembley and it was fine bc I had tickets for the next day too so I was okay but to calm down I listened to a piece of medieval music i'd discovered in the V&A the day before and it fixed me
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thegretchenimages · 3 months
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Io vi giuro che se becco l'ennesimo medico che si crede sto cazzo, che pensa di sapere tutto lui e fa supposizioni basandosi su cose BASIC scritte su manuali di scuola e mi consiglia altri medici amici suoi che comunque si credono sto cazzo e pensano di sapere le cose meglio di te (che teoricamente saresti la diretta interessata che le subisce sulla sua stessa persona) io vi giuro che mi ritiro spontaneamente da sto mondo, vado a vivere in campagna, mi nutro dei frutti del mio orto e mi curo con infusi, foglie e raggi di sole.
Ma vaffanculo.
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io-pentesilea · 2 years
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Breve parentesi 'politica'.
Senza voler difendere Gualtieri che è indifendibile, perché il centrodestra non presenta personaggi più credibili e di spessore alle elezioni?
Ah aspetta... forse come rispondesti tu, di centrodestra, che fai politica, a questa mia domanda...
'Perché Roma non la vuole nessuno, è ingovernabile'.
'Appunto! Esattamente quello che penso io!'
Chiusa parentesi.
Cia'!
Barbara
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neonrainbowpup · 10 months
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why is it that every time i have someone in my life i feel comfortable talking about my trauma to, they end up traumatizing me too!!
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abcdefuckuall · 1 year
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just saying 🔪🦋
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twistedtangledfate · 2 years
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Thinking about the clone wars movie and Rotta the Hutt and how ill he was getting. If Rudaba was there, she’d have been very conflicted on healing him because he is a Hutt and because his father is her enemy. Ultimately, she would have healed him though because he is a baby and she couldn’t stand by and allow him to suffer or die when she could make a difference. No matter who they are spawned by, Rudaba believes that children should never be held responsible for the sins of their parents, that they are innocent and that innocence must be both acknowledged and preserved. 
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a-pathica · 2 months
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Mi ritrovo a 25 anni e l’idea dell’amore come quella dei bambini.
Mi sono ritrovata a parlare con una bambina di amore.
È fidanzata, da un anno, con Francesco.
Prima di lui c’è stato un altro che però è stato rubato dalla sua migliore amica.
Penso che se questo le fosse successo alla mia età si sarebbero strappate i capelli a vicenda e lui ne sarebbe uscito illeso, come succede il 99,9% dei casi. Anche se la colpa non è mai da una sola parte.
Non so perché ora senta la necessità di scrivere quello che mi sta passando per la testa, forse perché ora scrivere a mano non mi basta di più, ho tanto da dire e poca voce per farlo.
Ho sempre preferito scrivere che parlare.
Continuo a scegliere le parole con la stessa accuratezza con cui le mie coetanee scelgono l’outfit (ora ci siamo tutti inglecizzati) che indosseranno per una serata in discoteca.
Io in discoteca non ci sono mai stata, non ho mai fumato una canna, fumo sporadicamente le sigarette, giusto per infliggermi un po’ di dolore.
Dicono che ogni sigaretta fumata accorci la vita di 7 minuti, sto sperimentando la veridicità di questa affermazione.
Non voglio morire.
Sia chiaro.
Quando ci penso ho onestamente paura.
Chiudi gli occhi e tutto finisce.
Non si pensa più.
Le connessioni tra neuroni si fermano.
Niente stimoli.
Niente input.
Niente output.
Tutto tace.
Eppure quante volte aspiriamo nella vita ad un po’ di silenzio?
Sono consapevole che per quanto voglia ciò è impossibile. Almeno da vivi.
Motivo per il quale mi sto quasi abituando all’idea che troverò la pace a cui aspiro una volta morta.
Il discorso sta prendendo decisamente una piega tetra.
Sono una persona abbastanza noiosa.
Non amo il casino.
Mi piacciono le pantofole calde, le coperte, le tisane e i libri.
Non mi piace andare a mangiare fuori, mi piace l’intimità delle mura di casa.
Ma sono consapevole che sono in rotta di collisione con il resto del mondo.
Questo mondo di oggi che deve ostentare tutto.
Ieri sono uscita e c’era un tramonto stupendo a Roma, il volerlo immortalare mi stava quasi distraendo che stavo dimenticando di vivermelo.
E invece l’ho vissuto.
Ho notato ogni piccola sfumatura presente. Nei minimi dettagli.
Io sono così, guardo i dettagli e cerco di leggerli tra le righe.
Sono sempre stata una che ha visto nel piccolo prima di vedere nel grande.
Questa società ci ha abituati ad avere tutto e subito. Pretendiamo di conoscere le persone con lo schiocco delle dita.
PRETENDIAMO.
Non penso ci sia niente di più brutto che pretendere un qualcosa da qualcuno.
È come se lo obbligassimo a fare qualcosa che non vuole per un tornaconto solo nostro.
Ne lede ogni libertà di scelta e di pensiero.
Lo stesso errore si commette quando parlando si dice “io al posto suo…”.
Al posto suo non ci sei.
Al posto suo c’è solo la persona.
Non tu.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai casi, ognuno ha una propria testa e ragiona come meglio crede.
Io ho sempre pensato di ragionare con la testa di una ragazza di 60 anni fa.
Non mi sono mai sentita a mio agio in questa società.
Come un pesce fuori dall’acqua che cerca di tornare al mare.
Non mi sono voluta adeguare alla massa.
Non mi sono mai voluta adeguare a qualcuno.
Per qualcuno.
Rimarrò sola? Non so.
Ho paura? Non so.
Perché le persone cercano di cambiarsi per andare bene a qualcuno?
Capisco lo smussare gli spigoli, ma perché cambiare rinnegando quello che si è?
Io non voglio rinnegare niente di quello che sono.
Qualcuno una volta mi ha detto che siamo la somma delle esperienze che ci sono capitate. Beh, non per vittimismo, ma potrei scrivere un libro per tutte le volte che sono caduta in tutte le maniere in cui una persona può cadere e con la sola forza delle mie braccia mi sia rialzata.
Non penso di avere una vita tragica, ma penso di avere una vita in cui il coraggio le ha fatto da padrona.
Sì, sono coraggiosa.
Questo me lo devo.
In fondo credo che un po’ io mi voglia un po’ di bene, per quanto a volte litighi con me stessa sul perché non riesca a cambiare alcune cose di me che davvero non mi piacciono.
Sono abituata a fare l’elenco dei miei difetti, e non riesco a trovare mai un pregio.
Ecco, coraggiosa è il primo pregio.
Ma tornando al discorso di prima…
Vanno a scuola insieme.
Non si sono visti e neanche sentiti per tutto il periodo dell’estate.
Le ho chiesto allora perché non gli avesse scritto per tutto il periodo e la sua risposta è stata: “Avevo da fare con le amichette.”
Di risposta le ho chiesto se dopo tutto questo tempo lontani era sicura che anche da parte sua ci fosse lo stesso sentimento.
Penso di aver impiantato in lei il seme del dubbio.
Se magari prima ne era convinta, adesso non più.
Eppure 60 anni fa partivano per la guerra, passavano mesi senza vedersi e, se Dio voleva, riuscivano a mandarsi una cartolina ogni tot di tempo.
Ora il dubbio sorge non appena si ha un messaggio non visualizzato.
Maledette spunte blu.
Sorge il dubbio se non si risponde entro un tempo predefinito.
Ed ecco che la vipera del tradimento si insinua nelle nostre menti.
E distrugge tutto.
Con questo non voglio dire che prima non si tradiva, anzi forse era anche più facile tradire prima.
Senza Instagram, senza storie, senza localizzazione, senza messaggistica istantanea, senza chat segrete di Telegram (che ancora non so come funzionino).
Forse c’era una cosa che oggi è difficile trovare: il rispetto.
Ecco, forse ho trovato un altro mio pregio.
La mia famiglia mi ha insegnato a rispettare tutto e tutti.
Non so ammazzare neanche una mosca senza sentirmi in colpa.
Ho imparato il rispetto per ogni forma vivente: animali, piante, persone.
Ho imparato il rispetto per ogni forma non vivente.
Grazie mamma, grazie papà, grazie nonna e grazie zia.
Forse non gliel’ho mai detto.
Prima o poi lo farò.
Loro sono le colonne portanti della casa che sono.
E gliene sarò per sempre grata.
Mi hanno insegnato il senso di sacrificio. E rispettare chi ne fa.
Cerco di mantenere ogni promessa, di renderla reale.
Ma in un mondo che ti fa lo sgambetto più e più volte è difficile, ma continuo ad apprezzare la buona volontà di chi ci prova.
È un mondo malato che sta facendo ammalare anche le persone che ci vivono. Forse gli animali sono gli unici che ne restano illesi.
Quanto può essere cattivo l’essere umano?
Einstein diceva che l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai una trappola per topi.
Siamo davvero così stupidi?
Perché soffriamo di queste manie di grandezza?
Perché questa necessità di prevalere sull’altro e di doverlo sventolare ai quattro venti?
Comunque, continuando il nostro viaggio nella mente di una bambina di 7 anni, dopo aver impiantato in lei il seme del dubbio ho cercato di sistemare la situazione, ormai già distrutta, affermando che in caso contrario avrebbe comunque potuto trovarne un altro. O anche due. Così da avere la riserva.
Lei ha fatto spallucce.
Non penso abbia apprezzato la mia affermazione.
In realtà non l’apprezzo neanche io.
Non nutro grande simpatia per coloro che decidono di intraprendere relazioni parallele. Anzi, direi che (sì, lo so che è brutto da dire), le schifo. E non poco.
Se una persona non ti fa stare bene, bisogna avere il coraggio di lasciarla andare.
Può essere doloroso, ma anche le ferite più dolorose guariscono.
E questo lo so bene, forse daranno un leggero fastidio ogni qualvolta il tempo cambierà.
Ogni qualvolta ti ci soffermerai a pensare.
Mamma dice sempre: “Le cose che non si fanno sono le migliori.”
Ma con quanti punti di domanda ci lasciano?
Quanti finali alternativi si alternano nella mente di una persona?
Sono una persona curiosa.
Ma non nel senso che sia impicciona, mi sono sempre fatta i fatti miei e continuerò a farlo visto che aspiro a campare 100 anni.
Sono spinta da curiosità costruttiva, non mi limito a sapere il fatto in sé, ma mi piace capire, scavare nel profondo. Forse la parola più corretta da usare sarebbe comprendere il perché di una scelta piuttosto che un’altra.
Mi astengo dal dare qualsiasi giudizio.
Mi limito a dare un consiglio, senza aspettarmi che la persona lo segua, anche perché chi è che segue i consigli?
Io sono la prima a non farlo.
Mi piace sbatterci di testa, di faccia, rompermi le ossa, il cuore e l’anima.
Si dice si impari meglio sbagliando e io voglio sbagliare nel modo giusto.
Voglio passare la vita imparando, crescendo, diventando sempre più saggia.
Avrei voluto dire a quella bambina che poi tanto male non è stare soli, conoscersi.
Capire quello che realmente vogliamo.
Quello di cui abbiamo realmente bisogno.
Avrei voluto dirle di non piangere alle ginocchia sbucciate perché il cuore sbucciato quando crescerà farà ancora più male.
Avrei voluto dirle di godersi ogni attimo della sua età.
Avrei voluto dirle di avvicinarsi al mondo dell’amore il più tardi possibile.
Avrei voluto dirle che ha fatto bene a godersi l’estate con le amichette piuttosto che pensare al fidanzato.
Avrei voluto dirle che l’amore se è vero supera ogni ostacolo, ogni distanza, ogni tempo.
Avrei voluto dirle che non deve mai dare nulla per scontato, perché nel momento in cui lo fai tutto perde di valore e non è più come prima.
Non aspettatevi che una persona vi stia accanto per sempre, che vi ami per sempre.
L’amore è un fuoco di paglia, di solito la passione brucia velocemente.
La vera scommessa è alimentarlo.
Vorrei essere brava in questo.
Invece credo che tra le mie mille mila cose da fare non riesca mai ad alimentarlo come si deve, e niente.
Fa la famosa vampa e si spegne.
Azzarderei a dire che quasi a volte l’acqua per spegnerlo sopra l’abbia messa io.
Perché l’amore si identifica con il cuore?
Un muscolo involontario.
Probabilmente perché così come non abbiamo la possibilità di controllare il suo battito non possiamo decidere di chi innamorarci.
Ed ecco lì che capita di innamorarsi di chi probabilmente non avremmo mai detto.
Nel mio caso penso che avrei messo la mano sul fuoco che non sarebbe mai successo, ed invece è successo.
Ho imparato il mai dire mai proprio in questo caso.
E chi l’avrebbe detto che avrei messo le armi per distruggermi in mano a qualcuno.
Mi meraviglio con quanta facilità l’essere umano sia capace di buttare giù tutto quello che costruisce senza nessuna pietà e rimpianto.
Mentre io mi sono ritrovata a dire addio ad una macchina e a dare il benvenuto ad un’altra.
Ho provato il senso di colpa nell’averla quasi tradita per qualcosa di nuovo.
Perché è questo quello che succede nella vita, buttiamo il vecchio per fare spazio al nuovo.
Io sono così legata al vecchio che provo dolore quando lo butto.
Ecco, forse questo invidio a quella bambina, la facilità con cui nel momento in cui il piccolo Francesco deciderà di lasciarla lei troverà qualcun altro e riuscirà a chiudere Francesco in un cassettino della sua memoria che probabilmente non riaprirà mai più.
Io i miei cassetti della memoria li apro e anche spesso.
Maledette domande che attanagliano la mia mente e non la lasciano riposare.
Forse se riuscissi a lasciarmi scivolare tutto addosso sarebbe più facile.
E invece il Padre Eterno ha deciso di farmi cocciuta, testarda e con la necessità di sapere come, quando, dove e perché.
Vorrei poter chiudere tutto a chiave, buttare la chiave in un qualsiasi posto e perderla così da non poter riaprire niente, anche volendo.
Sono masochista.
Non mi taglio, non mi infliggo dolore fisico perché mi basta il dolore dell’anima.
E se per i tagli questi cicatrizzano, non so come possa guarire un’anima mal concia.
Lana Del Rey canta: “Mi amerai lo stesso quando non avrò nient’altro che la mia anima dolorante?”
Mi chiedo se davvero esista qualcuno capace di amare una persona nonostante l’anima che non si regge in piedi.
Ci vuole tanto amore ad amare chi non ci ama.
E ci vuole grande forza di volontà a lasciare andare le persone.
Lasciare andare qualcuno è la più grande forma di generosità.
Come può un rapporto cambiare per “colpa” di una frase sbagliata?
Dicono che la lingua riesca a ferire più di un coltello.
E perché le permettiamo di ferirci?
Sento ancora quel formicolio al cuore quando ripenso ad alcune frasi, che siano belle o brutte.
Nella maggior parte dei casi sono tutte le parole che più mi hanno ferita.
Quelle che più mi hanno fatta sentire inadatta.
Ma non penso di essere inadatta per davvero.
Penso sinceramente che alcune situazioni non vadano con altre.
Ecco di nuovo quella sensazione.
La me di dentro urla, si sta spolmonando. E la me di fuori non riesce a tirare fuori niente.
A volte penso se possa essere liberatorio salire sulla prima montagna e urlare, fino a non avere più aria nei polmoni. Fino ad essere stremati per l’urlo e non per altro.
A volte vorrei farlo.
Poi penso che le persone mi prenderebbero per pazza.
Anche se è mio uso e costume credere che i pazzi stiano fuori e le persone mentalmente stabili siano chiuse nel primo reparto di psichiatria disponibile.
Forse in mezzo a loro troverei la mia pace, chissà.
Vorrei fare un appello a me stessa: smettila di provare a fidarti delle persone.
Sono destinate tutte ad andare via. E tu speri ancora nelle cose irreali.
Chiudi gli occhi e immagini cose che sai anche tu non succederanno mai. E ti addormenti con il cuore un po’ più leggero, perché quello ti da pace.
Perché sono così?
Cos’è che realmente voglio?
O sono solo lo specchio di quello che gli altri vogliono da me?
Vorrei bastare a me stessa.
Essere sicura di me, delle mie capacità, senza il bisogno che qualcuno mi ricordi quanto valga.
Amo stare da sola, e non capisco perché continuo a far entrare persone nella mia vita che la mettono sottosopra.
Inizio ad essere quasi certa di essere masochista.
Sto per prendere il treno.
L’ennesimo.
Quanti treni ho preso, e non ne ho mai perso uno.
Anche quando ero in ritardo.
Sono stata sempre brava a prenderli.
A farli coincidere con altri.
Ad aspettare il meno possibile alle coincidenze.
Non mi è mai piaciuto aspettare.
Non sono una che sta con le mani in mano aspettando che arrivi la manna dal cielo.
Mi sono sempre data da fare, ho organizzato la mia vita in ogni minimo dettaglio e la vita ci ha provato ripetutamente a far saltare ogni mio piano.
A volte ci è riuscita.
A volte no.
Mi chiedo dunque, perché se non riesco ad aspettare un treno che dovrebbe portarmi altrove dovrei riuscire ad aspettare una persona?
Beh, il treno prima o poi arriva e anche se in ritardo a destinazione ci porta.
Ma le persone?
Arrivano?
Tornano?
Riescono a portarti realmente dove vuoi che ti portino?
Non si può decidere dove queste ti porteranno. Bisogna lasciarsi guidare.
E io non sono brava in questo.
Sono stata abituata a guidare, e non riesco a far sì che le persone guidino me.
Eppure io vorrei qualcuno che mi portasse al mare.
Scorrendo la ricerca di Instagram in una di quelle pagine di frasi fatte e depresse ho letto trova qualcuno che ti faccia dimenticare di avere un telefono.
Chissà com’è prendere il treno della vita.
Quello che dicono passi solo una volta.
Quello del hic et nunc, del carpe diem.
Non penso di aver mai colto un’occasione, troppo presa ad organizzarmi la vita che probabilmente mi sono dimenticata di viverla.
Ho messo da parte tutti i sentimenti, cercando di reprimerli.
Li ho messi così schiacciati bene in un cassetto che pensavo di averli sistemati lì a vita.
E invece il cassetto è esploso, lasciando venire fuori tutto quello che credevo di non poter provare.
La depressione.
Se mi avessero detto che un giorno ne avrei sofferto sinceramente gli avrei riso in faccia.
E invece sono qui, a distanza di due anni, con questo mostro dietro le spalle che mi attacca all’improvviso, quando sono più vulnerabile.
E so da me che la spinta per “guarirne” devo darmela da sola, ma le persone che, intorno a me, si limitano a dire: “Dai, su. Muoviti. Se ti fermi è perché sei tu che vuoi stare male” mi istigano sempre di più ad isolarmi.
Mi piace stare sola.
Mi piace l’equilibrio che raggiungo.
Se sto male non devo dar conto a nessuno.
Se sto bene non devo dar conto a nessuno.
Solo a me stessa.
Chissà quale organo ne risente di più.
Il cuore?
Il cervello?
Penso che i miei siano andati entrambi in sovraccarico e il mio esplodere ne è stata semplicemente una conseguenza.
Come se nel cassetto avessi messo più di quanto avrei dovuto e ora non si riesce più a chiudere e tutti i sentimenti repressi siano usciti uno dietro l’altro, sovrapponendosi anche a volte.
Tocco un po’ anche di bipolarismo probabilmente.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che ho riso quando avrei voluto piangere.
Meriterei un oscar come migliore attrice per aver mentito sul mio stato di salute mentale a tutti, compresa la famiglia.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che mentre ridevo pensavo a come sarebbe stato buttarsi dal Canale di Mezzanotte.
Ci sono andata.
Mi sono seduta sul bordo del ponte.
Penso che più di una volta sia stata sul punto di farlo.
Perché non l’ho fatto?
Probabilmente perché io sono ancora qui e posso scegliere di vivere, lei non ha avuto scelta.
E se l’avesse avuta sicuramente avrebbe voluto vivere.
Per cui, mossa da un minimo di lucidità, sono scesa giù e sono tornata a casa, mettendo la maschera perfetta.
Ma non a tutti si può mentire.
E gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Non vedo i miei occhi brillare da un po’.
Chissà se ricapiterà.
E se la nostra vita fosse un libro scritto a penna?
Un cosiddetto manoscritto.
Senza bozza.
Senza margine di correzione, perché si sa, non si può cancellare con la gomma e riscrivere tutto.
Si può solo mettere una linea e andare avanti, fino alla fine del racconto. Fino alla fine del libro.
E lì, dove la penna inizia a incantarsi, arrivano le decisioni prese d’istinto.
Quegli scarabocchi che nessuno riuscirà mai a decifrare, neanche noi.
Perché quelle decisioni prese di pancia sembrano così sensate nel momento in cui le prendiamo mentre con il senno di poi si rivelano dei veri flop?
Perché, a volte, l’istinto prevale sulla ragione, perché autoinfliggersi dolore sperando in qualcosa che sicuramente non capiterà.
La legge di Murphy parla chiaro: se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo; Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto; lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
E allora mi chiedo, perché si molla la presa in alcune situazioni?
Perché non siamo più così bravi da lottare per quello in cui crediamo?
Perché non mi fido più delle mie sensazioni?
Ho sempre viaggiato con il mio sesto senso.
A volte bene, altre male.
Penso faccia parte del gioco.
Non credo nemmeno si possa pretendere che la vita giri sempre bene, penso sia impossibile vivere una vita senza cadere.
Dovrebbero essere le imperfezioni a rendere le cose perfette.
Il sudore dei sacrifici rende tutto più bello.
Ma ai sacrifici bisogna essere abituati.
E come ci si abitua?
Come può una persona abituarsi alla sofferenza per avere cose belle.
Ma perché si deve soffrire per arrivare al bello?
Per apprezzarlo di più?
E perché non godere delle piccole cose, ma aspettarsi sempre cose plateali?
Perché non compiacersi dei gesti ripetuti, seppur piccoli, ogni giorno, ma riempirsi gli occhi e soprattutto la bocca per un qualcosa che accade una sola volta e per un tempo breve.
Ho rivisto la piccola Giada.
Le ho chiesto di aggiornarmi sulle sue vicende amorose.
Mi sono così appassionata a questa storia d’amore che mi sembra quasi di viverla in prima persona.
Ci siamo sedute a terra.
Ha trovato dietro la tenda del salotto i regoli.
È stato come tornare indietro di quasi 20 anni.
Ricordo l’emozione, quando arrivava il momento dei regoli alle elementari.
La felicità nell’aprire quella scatola che sembrava magica perché quei piccoli rettangoli avrebbero dovuto insegnarmi a contare.
Anche se, diciamocelo sinceramente, tutti li abbiamo usati per costruire la famosa torre.
Apprezzo dei bambini in genere lo stupore davanti alle piccole cose; il trovare il buono e il bello anche nelle piccole cose.
Quelle più insignificanti.
Poi com’è che si diventa così materialisti?
Qual è il preciso istante in cui le piccole cose, anche le più stupide, smettono di bastarci e iniziamo a volere e a pretendere sempre di più?
Ho sempre avuto paura di crescere, di perdere il mio contatto con l’innocenza della tenera età, non essere più considerata la bocca della verità, diventare agli occhi del resto degli adulti una persona che sputa veleno perché dice quello che pensa.
Io non credo di sputare veleno, non penso nemmeno di essere così vipera come mi dipingono. Credo che la verità tendenzialmente faccia paura, fa paura a tutti, anche a me che sembro così dura e tosta.
La verità quando ci viene detta, nuda e cruda, ci spoglia di ogni maschera e ci costringe a guardarci allo specchio, come se fossimo tanti vermi privati di un guscio protettivo.
L’adulto è viscido, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ha sempre secondi fini, non sa bastarsi a sé stesso, cerca perennemente il confronto con altri per sentirsi superiore, non sa competere in modo sano, è cattivo e diventa egoista, egocentrico, cercando di creare una storia in cui risulta essere il protagonista assoluto.
Per non parlare degli adulti nelle relazioni: è un continuo prevalere sull’altro nel 90% dei casi, non si sa più viaggiare l’uno accanto all’altra.
Ho quasi 25 anni e la voglia di provare gli stessi sentimenti di Giada, la voglia che qualcuno provi per me gli stessi sentimenti che prova Giada.
La purezza.
Non perché servo a qualcuno, non mi piace essere sfruttata.
Ho sempre fatto mio il detto: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, ma puntualmente ricevo altro. Ricevo quello che probabilmente se fossi realmente stronza farei alle persone.
Non so sfogarmi, non so buttare giù quello che provo se non scrivendo.
Mi sento così bene quando scrivo.
Non saprei come fermarmi.
Ho tanto da dire, continuo ad avere sempre tanto.
E continuo ancora a meravigliarmi delle mie capacità paragonate a quelle di persone più grandi.
Perché continuo a sottovalutarmi?
Apriamo i regoli, con l’intenzione (ovviamente) di fare la Tour Eiffel.
Iniziamo a mettere da parte tutti i pezzi che ci servono e intanto penso che vorrei essere circondata una vita intera da bambini e animali, dalle anime pure, da chi non fa male a qualcun altro per il puro scopo di goderne; voglio essere circondata da chi se fa male a qualcuno sa chiedere scusa.
Arriva il momento della fatidica domanda, chiederle come fosse andato il ritrovo con Francesco.
Ne ho quasi timore, soprattutto dopo l’ultima chiacchierata, ma i bambini hanno quell’innocenza disarmante contro cui nulla vince.
Il sospiro di sollievo tirato dopo aver saputo che ancora ad oggi stanno insieme è stato rumoroso, tanto da scambiare uno sguardo complice con la mamma.
A distanza di circa un anno io e Giada ci siamo riviste.
Qualcosa è cambiato, io sono cambiata e anche lei.
Se lei è cresciuta in altezza, in bellezza e anche in intelligenza, io sono diventata più vecchia, scorbutica e meno paziente verso ogni genere umano.
Non vedo Giada da un anno e quanto vorrei poter parlarle ancora. Interfacciarmi con lei e con l’ingenuità con cui vede il mondo: senza malizia, senza cattiveria, senza alcun melodramma irrisolvibile.
Mi chiedono spesso perché sia così attirata dai bambini e dagli animali, probabilmente la risposta si trova in questo: non fanno melodrammi e se dovesse accadere la situazione si placa in un tempo così breve da non destare nessuna preoccupazione.
Quanto sarebbe bello tornare piccoli, dove le uniche preoccupazioni sono soltanto i giochi non comprati da mamma e papà, le merende e il pisolino pomeridiano fatto controvoglia.
A ventisette anni il pisolino pomeridiano è quasi diventato un default per me, senza il quale non saprei neanche sopravvivere alle persone che mi sono intorno.
Vorrei tanto sapere di Giada, dei suoi amori, se è riuscita a continuare la sua storia con Francesco, mi piacerebbe dirle che ho trovato probabilmente l’equilibrio a cui aspiravo, ma so che mi guarderebbe interrogativa perché: come lo spieghi l’equilibrio ad una bambina?
Ho paura a dirlo forte, non tutte le persone sono felici se lo sei anche tu, ma ho trovato quella sorta di pace interiore che sembrava non potesse arrivare per me.
Sto per iniziare a fare una cosa che mi piace. Non mi interessa della fatica. Ho scoperto che con le persone giuste accanto sono ancora più forte di quello che credevo. Ho capito chi sì e chi no. Chi mi fa fiorire e chi cerca di estirparmi come un’erbaccia.
Grazie delle delusioni, dei momenti no, dei momenti in piena sbronza, delle scelte sbagliate, dei viaggi in macchina, del mare che calma in inverno e abbronza l’estate. Grazie dell’amore, delle amicizie nate dal nulla, del cuore rotto, dello scudo contro le parole che fanno male. Grazie per le serate a guardare le stelle in balcone con la sigaretta accesa, i lividi addosso per l’equitazione che libera la mente, i lividi dello stress mentale. Grazie per gli addii e le riscoperte di alcune persone. Grazie per il mio essere leggera, saper capire quando essere pesante e quando no, quando farne melodramma e quando no. Grazie perché ho capito quanto valgo, ho capito che non mi accontento di tutti e che chi mi sta accanto lo fa per scelta, per amore e ha rubato un pezzetto del mio cuore e lo custodisce preziosamente. Grazie anche a chi il pezzetto del mio cuore lo ha preso a pugni, a cazzotti e ci ha ballato sopra con la speranza di vedermi a terra strisciare come magari fanno loro. Mari splende anche grazie a voi. Soprattutto grazie a voi.
L’ultima foto non poteva non essere il mio panorama sul mio golfo preferito.
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31 notes · View notes
tiaspettoaltrove · 16 days
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La rotta la traccio io.
“Sarò, sempre, un po’ distante”. L’ho scritto nel testo introduttivo di questo blog, e lo ribadisco. Lo sono, e lo sarò sempre più. Perché? Perché quando sono troppo presente, vengo punito. O meglio: quando mi spoglio completamente, quando mostro completamente me stesso per ciò che sono. Mi è capitato anche di recente, con una ragazza che certamente mi starà leggendo. Non sono arrabbiato con lei, davvero, ormai quello della rabbia è un moto che riservo a cose più grandi di me, e non alle persone. Sono semplicemente riflessivo, analizzo la realtà, traggo le mie considerazioni. È evidente ch’io non sia per tutti, che sia difficile gestirmi. È per quello che me ne sto sempre qui da solo, non scrivo a nessuna, mi faccio gli affari miei. Cerco di essere presente il meno possibile, quel tanto che mi basta per sfogarmi quando ne ho bisogno, senza manie insensate di protagonismo. Ovvio, parlo e parlerò sempre di me, nei miei post, ma il tutto finisce entro questo spazio. Chi mi contatta privatamente (e ogni tanto, qualcuna, a quanto pare lo fa) deve sapere che fa male. Tutto qui. Perché poi, se mi si dà corda, si finisce per essere travolti, abbagliati da una luce accecante. È risaputo che voglio dominare, che voglio persuadere, sedurre, condizionare. Che voglio far impazzire colei che incautamente decide di avvicinarsi a me. È così, e non potrebbe che essere così, perché la mia natura è questa. Il mio affetto, il mio amore, la mia attenzione si esprimono attraverso “il polso”, attraverso quella voglia intrigante di piegare a mio volere e piacimento. Non cerco né ho mai cercato la massa, ma solamente quell’unicità da poter imprimere a fuoco a mio piacimento. Posso dare tutto, ma alle mie condizioni. Posso portarti sino al punto più alto del sogno più bello, ma solo se sei con me. Se vuoi fare di testa tua, se vuoi ribellarti, se vuoi fingere di essere migliore di me, sbagli in partenza. In quasi ogni rapporto interpersonale degno di questo nome c’è quella fase in cui la ragazza si rende conto che quello che prova per me è divenuto, in fretta, troppo grande. Insostenibile, perché comporta il rischio della felicità. Subentra la paura, la paura di perdermi, di non essere alla mia altezza, di diventare dipendente. Non posso farci niente, è così e basta. Per quello non mi arrabbio. So quanto valgo, so chi sono e conosco pertanto sia i miei punti di forza che quelli deboli. L’auto-isolamento me lo sono imposto per preservarmi, per difendermi da chi vuole affacciarsi dal balcone, ma subito dopo andare via. Da chi ha paura di cadere di sotto. Con me non puoi tornare indietro, per quello è meglio evitare proprio di affacciarsi. Io, in qualche modo almeno, resto per sempre. E chi mi ha conosciuto lo sa. Ci rimetto sempre io? Sì ok, pazienza. Ormai sono abituato. Ma non crediate che io non capisca, perché capisco benissimo. E vi comprendo anche. Ma non per questo cambio rotta. La strada la decido io, sta a voi poi seguirla o meno. Questa è la libertà che vi lascio.
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thegretchenimages · 9 months
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Io comunque non capisco perché dobbiamo avere questi obblighi morali assurdi inculcati fin da piccoli che per ogni cosa che devi fare non la devi fare per puro piacere tuo, per un tuo tornaconto personale NO lo devi fare perché deve servire o ai tuoi genitori in futuro o ai tuoi nonni o alla famiglia in generale. Perché se lo fai sei una brava persona, perché "a quest'ora ci potevi pensare te invece di tizio" , perché "la patente la devi prendere perché così ci scorrazzi in giro i tuoi parenti quando dovranno andà tra ospedali e cazzi vari" , "devi venirci a trovare eh perché non ci si vede mai e sei l'unico parente più vicino" . Ma v'ho forse chiesto qualcosa ? Ma so stata io a pretendere attenzioni da parte vostra ? Ma se sta società è sempre andata così di merda non bisogna perpetuare sto disagio. Ma se le vostre decisioni vi hanno portato e continuano a portarvi dove non volete esse perché ci dobbiamo andare di mezzo con tempo e sanità mentale noi nuove generazioni?! Ma perché tutti devono vedere dei pargoli una loro nuova versione, un'altra loro opportunità, l'idea che questi devono per forza seguire il vostro filone logico e concludere quello che voi non avete mai concluso. Ma allora fanno bene quelli che se ne vanno in Tibet a cercare loro stessi per secoli e si presentano a casa solo quando orami non se li ricorda più nessuno.
Oh
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friabile · 1 month
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son tre giorni che faccio piantino quotidiano me so rotta il cazzo
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Tumblr media
Ciao babbo,lo so che oggi dovrei dedicarti parole belle e magari raccontarti qualcosa di bello,che nella mia vita finalmente non ci sono più periodi di lacrime,che le cose belle non avrebbero la data di scadenza.Invece no a quanto pare le cose belle,per me,finiscono o si esauriscono subito nemmeno il tempo di esistere,restando solo sogni e immaginazione.
Sai babbo in questi anni di cose ne sono successe e anche se per la maggioranza l'unica realtà erano le lacrime che per tanti motivi erano sempre presenti.
La mia mente ogni tanto gioca con i ricordi che porto dentro il cuore.Forse è lì che sono rimasta incastrata tra i ricordi belli prima che tu andassi via per sempre.Sono rimasta incastrata in quell'ultima estate piena di risate,in quell'ultimo Natale che odorava di casa,di famiglia.In quegli ultimi giorni con te.
Oggi è il tuo compleanno e questo giorno è sempre stato importante per noi,per noi come famiglia, famiglia che un po' si è rotta da quando non ci sei più.Mi mancano quelle estati dove l'unico pensiero era quello di viverci le giornate di mare,le uscite di sera sul lungomare.Il vedere come mi lasciavi scoprire il mondo pezzo dopo pezzo,vedere come in ogni tuo sguardo c'era la fiducia e la speranza che riponevi in ogni passo che facevo e quando qualcosa non andava tu eri pronto ad accogliermi in uno di quegli abbracci che comprendevano ogni mio dolore.Forse qualche volta ce ne siamo detti di ogni ma la rabbia spariva dopo un po' per far posto a un bellissimo sguardo di scuse.Mi manca sentire il suono dei tuoi passi,il rumore delle tue chiavi nella serratura quando tornavi a casa,mi manca la tua silenzosa presenza nelle mie giornate.
Mi manca poterti preparare di nascosto la torta e fartela trovare in frigo,nasconderti il regalo sul comodino e vedere il tuo sorriso felice e la tua faccia sorpresa.
Buon compleanno papà.
-la ragazza dal cuore nero♡
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flame-in-the-wind · 2 months
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Tumblr media
Quando ho visto Shameless, sono rimasta colpita da questa scena, mi è entrata dentro e mi sono sentita capita per forse la prima volta. Sono sempre stata sbagliata per gli altri: non riesco a tenermi un amicizia, un legame solido, non so dimostrare l'affetto o l'amore, mi chiudo sempre in me stessa, non esco mai e rifiuto qualsiasi contatto umano. Questo non va bene però, perché dovrei uscire, creare legami e vivere, cosa che sono sempre stata un po' incapace a fare. Preferisco un libro al divertimento, un anime ad andare in giro a bere nei locali e non parliamo del mio orientamento, quello è lo sbaglio più sbagliato di tutti, perché non esiste che io sia così, che non abbia quell'istinto che hanno tutti gli altri. E mi sono sempre sentita rotta, fuori posto, senza un posto nel mondo, perché non c'è al mondo un posto per quelli come me, ormai ne sono consapevole, e non posso cambiare, perché sono così, sono io e nessuno potrà mai accettarlo. Ho provato ad omologarmi, ma proprio non ci riesco, una vita fatta di apparenze e sorrisi falsi mi sta troppo stretta. Come dice Ian, non posso essere aggiustata o sistemata, e sarà così sempre.
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t-annhauser · 4 months
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solo una sana e consapevole libì
I remember: quando in gita portammo la cassettina di Zucchero e partì: so so so so solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall'azione cattolica uuuuuuuuu. Poi You can leave your hat on, e ancora il sole impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle: se la chiavò. Credo fosse la gita a Siena/San Giminiano. Non ci dicevano niente, a malapena sapevamo cos'era il sesso (Blue's di Zucchero uscì nel 1987, avevo 14 anni), tutto era piuttosto libero, tutto piuttosto postmoderno.
Alla gita in val Camonica invece quando un mio compagno mi tagliò senza volerlo il dito con un coltellino, ho ancora il segno dei punti sull'indice sinistro. Mi portarono a rotta di collo al pronto soccorso con il pullman, tutto per me, trattamento di riguardo. Arrivati lì mi diedero i punti: fui bravo, io che mi impressionavo per tutto, credevano che non ce l'avrei fatta, e invece poi me ne tornai fra i miei compagni con il mio ditone grosso tutto fasciato, il mio compagno mogio mogio coi sensi di colpa. A casa ricordo poi che lo pucciai dentro il piatto e la garza mi seppe di melanzane in umido per un po' di giorni. Il mio medico di famiglia veniva a casa per rifarmi la fasciatura (mica come adesso che non ti riconoscono manco in faccia). Mi ricordo che il mio amico capitò a casa proprio mentre c'era il dottore e mio papà, il mio amico sbiancò in volto, pensava che l'avremmo denunciato o non so che cosa. Ma figurarsi.
Boh, mi pare che una volta fosse tutto più facile, più rilassato, meno cretinamente corretto come adesso, pedantemente corretto, ma forse è solo un falso ricordo, forse non è vero.
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apropositodime · 9 months
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Dieci anni
Esattamente dieci anni fa..
quella mattina mi ha svegliata un sogno che non dimenticherò mai.
C'era mia madre fuori "da quel letto", in piedi, vestita davanti agli armadi che sistemava,come a volte la vedevo quando andavo da lei, e io li che la guardavo incredula ma serena, lei stava bene. Nel sogno non si è mai voltata, ma non importa io percepivo tranquillità e anche quando mi sono svegliata non ero né allarmata né spaventata.
Io abitavo nella stessa palazzina dove vivevano i miei, al piano di sopra.
Mia madre si è ammalata alla fine del 2011 di Sla (quando pronuncio quella siglia, mi manca l'aria) degenerata alla velocità della luce.
Preparo me e i bambini.
Scendo da mio padre, mia madre è lì in quel letto, sembra abbia 200 anni.
Mio padre dice che non va bene, che
"oggi non ci siamo, è peggio degli altri giorni"
Mia madre è sempre stata in casa, con tutta l'attrezzatura,ha passato all'inizio dei periodi in una clinica per riabilitazione, quando ancora riusciva ad alimentarsi da sola, poi arrivata quella polmonite ab ingestis,e da lì il delirio. Che non sto manco a raccontare.
Ho portato i bambini dal padre, che allora aveva un bar a Milano. Così per distrarli un attimo, fanno colazione.
Intorno alle 11:30, mi chiama mia sorella, non capivo cosa dicesse, aveva la voce rotta dal pianto,confusa, diceva
"forse la mamma è morta", quel forse, perché lei sperava non fosse vero.
Ho preso i bambini e siamo tornati a casa.
Mia madre in quel sogno, mi aveva salutata.
L'unica volta che pianto per tutta la notte è stato quando gliel'hanno diagnosticata lei era ancora in piedi e autonoma al 100%,aveva avuto episodi di cadute strane e aveva cominciato a parlare un po' male ,si pensava ad ischemia...
ricordo la sua reazione, non reazione. Quel silenzio...
La sua vitalità, la sua energia di sempre, la sua leggerezza, i suoi sorrisi sempre e comunque ,non esistevano più.
Io lo so per certo, che si non avrebbe certo voluto morire, ma chi lo vuole. Ma so anche con certezza che la morte in quella situazione è stata la sua liberazione. Lo so davvero. La conoscevo bene mia madre.
Era intrappolata in un corpo inerme, la cosa più brutta che potesse accadere, data la sua famosa paura di rimanere senza respiro(anche la mia da sempre) , era quella appunto di rimanere attaccata ad un respiratore con ossigeno anche, questo non doveva accadere.
Io non ho sofferto la sua morte, e questa cosa ha stupito tanto davvero anche me. Forse perché vivere le malattie incurabili e le sofferenze così, è già una specie di morte.
(Questo non significa che io non abbia paura, io ho una fottuta paura di tutto ormai)
Quindi stamattina mi sono svegliata così, come dieci anni a questa parte.
È proprio vero che le persone che mancano a volte sono più presenti di qualsiasi presenza.
Ciao Ma,sono sicura che il mio saluto ti arriva anche oggi. ❤️
Mio padre, il migliore di sempre ❤️
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radiosummons · 1 year
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It's been so long since I’ve watched the Clone Wars movie that I completely forgot that a major plot point is that Anakin (also Ahsoka, but mostly Anakin) was tasked with keeping Jabba the Hutt's son, Rotta, safe/alive.
And like ... wow, that's actually super fucked up. Like S-tier levels of fucked up. Congratulations. The writers really did put Anakin in a situation where he had no choice but to actually protect the child of a being who was directly responsible for his family’s suffering (as well as that of everyone on Tattooine, but this is Anakin-we all know he only cares about his special circle of people more than he ever will the “greater whole”). 
And Anakin’s immediate disgust, while confusing and probably even downright unfathomable to Ahsoka in the moment, is so absolutely justified. He knows that Rotta is going to live and grow into an adult that basks in absolute luxury at the expense of slaves. 
You just have to know that it absolutely infuriates him that his duty as a Jedi and, by extension, citizen of the Republic has put him into this position. He can’t even object to his responsibility to carry out this mission (although he initially tries). 
Now, obviously, I’m not saying Anakin should have abandoned Rotta, refused to protect him, or force forbid actually tried to harm/kill him (though, I could totally believe Anakin had a brief moment where he might have even seriously considered or fantasized about doing any of those). Regardless of how unjust and fucked up it is that Rotta is going to continue to benefit from his father/the Hutt Clans’ brutal supremacy, he’s still, well ... a child.
And no Jedi would willingly ever bring harm to a child, right? *cough cough*
I can only wonder what was going through Anakin’s head as he watched this random ignorant padawan he only just met an hour ago pick up Rotta and then proceed to call him “cute.” Like ... can you even imagine the sheer amount of conflicted emotions he must have experienced in that moment? 
And the fact that Palpatine directly orchestrated all this whole other level of sick fucking shit just to force Anakin specifically into this kind of fucked up situation ... bruh. Mister Sidious just couldn’t resist an opportunity to bring even more pain and suffering into Anakin’s life, especially when it had the added benefit of sowing more discontentment/doubt into his already shaky relationship with his own personal morals as well as his relationship with the Jedi Code. 
Fuck, what an actual maniacle bullshit fucked up thing to do. Creating a situation where Anakin has no choice but to actively protect an innocent life (a noble and moral thing to do), but with the full knowledge that this innocent being will only later grow to contribute to the cycle of abuse and trauma that he himself has been scarred by (and has already committed great atrocities in direct response to) ... brilliant.
Sith Lord in fucking deed.
(Also, don’t let this post fool you into rewatching the movie. There’s small gem moments in it, sure. Meeting Ahsoka, Captain Rex and Ventress for the first time are some highlights, of course. And maybe a few other mini moments between Anakin and Ahsoka as they start to sorta bond. But like ... you can just find some Youtube compilations of those moments. Don’t force yourself to watch the movie. It’s not horrible, but it’s definitely not up to the quality of the show and uh, yeah. Not worth your time imo).
Update: Sorry for reposting this again. Grammar mistakes and typos were driving me insane.
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