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#punkettoni
lanavetro · 2 months
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Tu dici che le cose accadono sempre per un motivo e che esiste un tempo per cui le persone debbano incontrarsi che trafigge ed intreccia i nostri percorsi umani. Seppur declinate nelle più vaste maniere, le nostre versioni di come ci vediamo e come ci pensiamo coincidono alla perfezione. Quasi quasi, che a tratti mi spaventa perché se poi mi sbagliassi di nuovo chi lo sopporterebbe? Sappilo, Daria, che quei fiorellini malandati sono stati il regalo che ho preferito.
Via i blue jeans: abiti disparati, punkettoni o punkettini, amori di ragazzini e ragazzine che ritornano da festa alle 14. Pupille dilatate, qualche ora. Poi pupille a spillo. Un bunker, del fumo, un palazzone sovietico che porta dentro un labirinto da cui si esce solo quando arriva il giorno. Berlino adesso mi ricorda il sapore del tè con lo zucchero e la cannella, che io ed Annamaria bevemmo ieri sera per riscaldarci un po' le nostre anime che viaggiano sempre parallele e solitarie.
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sidmjkgc · 3 months
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NON SONO ARRIVATI ULTIMI NON CI POSSO CREDERE GRANDI BUNKERINI E PUNKETTONI!!!!
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gianlucacrugnola · 7 months
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Dead Boys - Young, Loud And Snotty
Oltraggiosi, violenti e rozzi i Dead Boys da Cleveland conquistano la Grande Mela con esibizioni autolesioniste, depravate sul palco del CBGB’s. La reputazione di depressi, deviati punkettoni alimenta la notorietà nei bassifondi di Stiv Bators e compagni e questo procura non pochi guai alla band ma anche una discreta fama tra gli addetti che cercano di stanare talenti pescando da questa nuova…
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ofeliadorme · 5 years
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Agosto 2009, Londra. Prima data inglese, all’epoca dell’EP “Sometimes it’s better to wait”, primo ostello scalcinato 2 metri per due, prima volta che suonavamo fuori dallo stivale. La polaroid l’ha scattata la nostra preziosa amica @petretti_the_park ed è un ricordo dolcissimo. È vero che la prima volta non si scorda mai. #ofeliadorme #londra #tour #ricordi #memories #primavolta #band #sometimesitsbettertowait #polaroid #vivereognimomento #tourlife #ipeggioriostellidinghilterra #worsthostelever #fortheloveofmusic #goldenmoments #punkettoni #musica #musicatriste #malinconiaportamivia #bandlife (at London, United Kingdom) https://www.instagram.com/p/Bu509v9nZMz/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=iji4kwa0fz8l
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quando facevo sega andavo dai darkettoni / punkettoni sulla scalinata de piazza de spagna a famme le canne in posti incredibili. tutto ciò ė svanito perché “hanno ripulito” e perché i darkettoni / punkettoni non esistono più. poi c’era il giro da messaggerie musicali, da bacillario, da energie e dal negozio zozzone che faceva gli hot dogs opposite mac donald’s all’altezza di via frattina. e poi c’era il manifesto, cuore, videomusic, magic tv, i libri e gli album da scoprire, capire e vivere. tutto era bello, tutto era sporco, tutto aveva senso e tutto sembrava possibile. in realtà era già tutto vecchio e lontano, quello che vedevamo e ci illudevamo di vivere erano solo le ombre decadenti di un tempo andato.
https://youtu.be/7gMYW8M4Ye4
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danzameccanica · 3 years
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Con The Nightmare of Being gli At the Gates si spingono dove non erano mai riusciti ad andare. E chissà perché… il loro death metal, con tutta la componente melodica che li ha sempre caratterizzati, è sempre stato diretto, una fucilata, una martellata; pur nelle anomale composizioni, quasi progressive del primo album. E oggi, a 28 anni di distanza da The Red in the Sky is Ours, è davvero strato tirare fuori la parola “progressive” ed affibbiarla a Tompa & co. Eppure è quello che emerge nell’album, il quale parte in sordina, se proprio possiamo dire così. Le prime tre tracce sono classiche, veloci, con il tipico At the Gates-sound; i soliti stupendi tupa-tupa-tupa; le urla disumane di Thomas, qualche piccolo effetto synth che va ad alimentare l’atmosfera. Ogni tanto emerge qualche chitarra acustica, ma fin qui niente di nuovo. C’è tutto un perfetto concentrato swedish che, grazie alla produzione, può anche ricordare band meno citate, come ad esempio gli Arch Enemy degli esordi (il loro fantasma esce in “Paradox”). E poi preparatevi allo sconvolgimento con “Garden of Cyrus” perché fin dalle prime note sembra di sentire gli Opeth di Deliverance o gli Edge of Sanity di Crimson. Riff cadenzati, atmosfere prog death, riff corposi nel miglior stile di Åkerfeldt, assoli semi-acustici e addirittura un sassofono e sintetizzatori. Scelta ardita e pazzesca che però non suona assolutamente male. Fra spoken-words, momenti riflessivi e altri più apocalittici, gli At the Gates sfoggiano un volto davvero sorprendente. E con “Touched by the white Hand of Death” le cose si complicano ancora: flauti e synth creano un intro ancora più strano, quasi cavalleresco, che si sposerebbe meglio in un album dei Cradle of Filth. Eppure quando entra il resto degli strumenti, il suono è At the Gates 100%, con ricordi che vanno da Slaughter of the Souls, ma che citano anche gli altri grandi di Goteborg (leggasi In Flames e Dark Tranquillity). Le accordature sono gravi ma le sonorità non riflettono disperazione da tutti i pori, piuttosto uno storytelling ben organizzato su diversi piani emozionali. Stessa replica, ma con diversa atmosfera, la successiva “The Fall Into Time”, dove l’intro prende una direzione più sacra, quasi gregoriana, per poi proseguire sui lidi consolidati ben più aggressivi. Anche “Cosmic Pessimism” tira fuori i lati più progressive, quasi giocosi, con chitarre più rock, alla Opeth. E se non ci fosse scritto At the Gates sulla copertina, un ascoltatore disattento potrebbe davvero esultare per trovarsi di fronte al miglior erede di Blackwater Park.
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Io li ho sempre reputati dei borderline alla stregua dell’alcolismo, invece escono con una scelta ponderata, matura oltre la soglia della maturità. Un album profondo, lungo e che mantiene l’asticella dell’attenzione sempre altissima. Certo, non saranno più i cazzoni punkettoni di To Drink from the Night Itself ma questo The Nightmare of Being rappresenta un sorprendente cambio di rotta senza mai abbandonare la direzione madre.
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lh3s-blog · 7 years
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Una band è un'entità a sé stante che non è mai la somma dei suoi elementi. Un cantante non vale l'altro, un bassista non vale l'altro - e non sto parlando di migliori o peggiori, le classifiche le lasciamo agli spazi di competizione, agli sport (dei quali comunque, pur non da appassionato, sono certo si possa parlare anche in altri termini, di poetica o di bellezza, non solo di prestazioni e numeri). Ecco, nella musica per me non esiste un chitarrista migliore, ma quando una band cambia un elemento qualcosa si trasforma per sempre e trasforma tutto e tutti, chimicamente. Fra le incarnazioni della mia band non ne ho una preferita. Adoro le cupezze dark di Roberto, con cui abbiamo scritto bellissimi brani, e mi piaceva il percorso di ritorno all'essenzialità dritta e tesa che stavamo facendo con Filippo (e che non avrete modo di ascoltare, a meno che non facciate parte della Secret Tree House). Ma la capacità di lavoro della nostra seconda incarnazione, quella di Burn/Smother, con Salvo al basso, è impareggiabile. Salvo è arrivato il primo giorno e già sapeva suonare metà delle nostre canzoni. In un solo anno con lui abbiamo trovato la chimica giusta (cosa non facile per un bassista-quasi-chitarrista-metal con una band di punkettoni) e scritto una dozzina di canzoni che sono diventate il nostro secondo album. In questi mesi con molta calma cerchiamo il quarto bassista della nostra storia - non osiamo sperare più che sia l'ultimo, non lo consideriamo un problema o una maledizione; siamo solo incredibilmente curiosi di scoprire chi sarà e quali nuovi elementi aggiungerà alla nostra chimica... è una rinascita, ogni volta, un percorso di rigenerazione, come con Doctor Who, e ogni volta sorprende noi stessi per primi. (Di certo il prossimo sarà molto fortunato, perché troverà una sfilza di brani molto belli, fra i nostri migliori di sempre, per i quali scrivere da zero, in piena libertà, le sue parti e mettere la sua firma... e a questi potrà aggiungere le sue invenzioni. Arriveremo al terzo album con un surplus di idee e di canzoni fra cui scegliere.) Durante questa fase di bonaccia, mentre aspettiamo di trovare - anzi, scoprire - il nostro nuovo quarto elemento, abbiamo avuto l'occasione di riprendere momentaneamente a bordo Salvo, ed è stato molto bello. Ieri è stata la nostra ultima prova con lui, e durante le prove abbiamo continuato come sempre a buttar giù nuove idee e scrivere nuovi brani come se la settimana prossima dovessimo rivederci e fra un mese incidere, magari. Brani che non verranno mai portati a termine e che non sentirà mai nessuno, ma noi lì a scrivere e limare le parti. Se ho un rimpianto verso Salvo sta nel fatto che lui è arrivato nella band in un periodo veramente di merda per la musica in genere. Mi dispiace non per me ma per lui. Fino a sei o sette anni fa il pubblico era felicissimo ed entusiasta e gli organizzatori ogni tanto rispondevano al telefono e i live si potevano fare. Verranno tempi migliori magari. Resta di fatto che la nostra formazione live più potente di sempre ha suonato pochissimo dal vivo. Il mondo non ci merita, direbbe qualcuno più piagnucoloso; il mondo non conta un cazzo, dico io, e lo dico con un sorriso. Perché c'è qualcosa di profondamente poetico nell'essere come un fuoco in una caverna, che arde in uno spazio angusto illuminandolo e consumando lo stesso poco ossigeno che dovrebbe mantenerlo in vita. Burn, Smother. Dentro alla sala due di Ciccio Marano ieri abbiamo suonato per noi quattro un live meraviglioso, e il senso di avere una band è tutto lì, ed è bellissimo. Chissà chi sarà il prossimo disposto a tenere acceso con noi quel fuoco. (G) from Long Hair In Three Stages http://ift.tt/2xzNBe9 via IFTTT
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