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#sanscrita
romaniasweetromania · 3 months
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https://romaniasweetromania.com/2023/10/amita-bhose-mi-se-intampla-sa-visez-in-limba-romana/
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lunamagicablu · 1 month
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Un monaco chiese a Nan-chuan: "C'è qualche grande insegnamento spirituale che non è stato rivelato agli uomini?". Nan-chuan rispose: "C'è". "Qual è la verità non ancora insegnata?" Insisté il monaco. " Nulla! " replicò Nan-chuan. Non esiste una persona che sia il Buddha. Buddha è semplicemente una parola sanscrita che significa "risvegliato". L'assoluto è immanente nel cuore di ognuno. Questo tesoro del cuore è il solo Buddha che esista. Non serve cercare il Buddha fuori della propria vera natura. Contemplate l'Assoluto che è alla radice della vostra vera natura. Bodhidharma ********************* A monk asked Nan-chuan: "There is some great spiritual teaching that has not been revealed to the men?". Nan-chuan replied, “There is.” “What is the truth not yet taught?” The monk insisted. "Nothing!" replied Nan-chuan. There is no person who is the Buddha. Buddha is simply a Sanskrit word meaning "awakened." The absolute is immanent in everyone's heart. This treasure of the heart is the only Buddha that exists. There is no point in looking for the Buddha outside of one's true nature. Contemplate the Absolute which is at the root of your true nature. Bodhidharma 
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IL POTERE DI UN MANTRA È CONOSCIUTO COME “SIDDHI” #shorts
#mantra #siddhideunmantra #potenzedeimantra #praticadeimantra
Siddhi è una parola sanscrita che significa “potere”. Quindi chiaroveggenza, telepatia, psicometria, telepsicismo, viaggi astrali sono siddhi o poteri che sviluppiamo attraverso la pratica assidua di alcuni mantra. Il siddhi di un mantra non è facilmente raggiungibile e richiede molta autodisciplina, perseveranza, determinazione e, soprattutto, una VOLONTÀ INFRANGIBILE per raggiungere la sua massima potenza. Scopri di più su:
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Ben poco di tangibile rimane dell’epoca vedica. Non sussistono edifici, né monconi di edifici, né simulacri. Al più, qualche frusto reperto nelle teche di alcuni musei. Edificarono un Partenone di parole: la lingua sanscrita, poiché samskrta significa «perfetto». Così disse Daumal. Qual era il motivo profondo per cui non vollero lasciare tracce? Il solito supponente evemerismo occidentale subito si appellerebbe alla deperibilità dei materiali in clima tropicale. Ma la ragione era un’altra - e i ritualisti vi accennarono. Se l’unico evento imprescindibile è il sacrificio, che fare di Agni, dell’altare del fuoco, una volta concluso il sacrificio? Risposero: «Dopo il completamento del sacrificio, esso ascende ed entra in quello splendente [sole]. Perciò non ci si deve preoccupare se Agni viene distrutto, perché allora egli è in quel disco laggiù». Ogni costruzione è provvisoria, incluso l’altare del fuoco. Non è qualcosa di fermo, ma un veicolo. Una volta compiuto il viaggio, il veicolo può anche essere fatto a pezzi. Perciò i ritualisti vedici non elaborarono l’idea del tempio. Se tanta cura veniva dedicata a costruire un uccello, era perché potesse volare. Ciò che a quel punto rimaneva sulla terra era un involucro di polvere, fango secco e mattoni, inerte. Lo si poteva abbandonare, come una carcassa. Presto la vegetazione lo avrebbe ricoperto. Intanto, Agni era nel sole.
Roberto Calasso, L’ardore, Adelphi, 2010
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mrfanweb · 6 months
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Mudra: Antiche Posizioni per l'Equilibrio e la Salute
mudra, derivanti dalla parola sanscrita “mud,” che significa “gioia” o “dare”, sono antiche posizioni delle mani utilizzate nella pratica dello yoga e dell’ayurveda per stimolare l’equilibrio e la salute. Questi gesti, che coinvolgono la piegatura o la posizione delle dita, sono ritenuti potenti strumenti di connessione tra il corpo, la mente e lo spirito. Mudra: Le tecniche più comuni Nella…
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Modi sostituisce "India" con l'antico nome "Bharat" nell'invito a cena rivolto agli ospiti del G20
NEW DELHI –  Il governo del primo ministro Narendra Modi ha sostituito il nome India con una parola sanscrita negli inviti a cena inviati agli ospiti che partecipano al vertice del Gruppo dei 20 di questa settimana, in una mossa che riflette gli sforzi del suo partito nazionalista indù di eliminare ciò che vede come nomi dell’era coloniale. Nell’invito inviato ai partecipanti al G20 il presidente…
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lemandro-vive-qui · 8 months
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Il Barong rimane ancora oggi tra le più popolari forme di spettacolo a Bali: questo dramma rituale rappresenta tradizionalmente la lotta tra la figura bestiale benigna del Barong contro Rangda, una strega dall’aspetto terrifico, temuta per i suoi poteri di distruzione. Il Barong è una delle forme di teatro/danza balinese più rinomate e apprezzate e la sua importanza si è costituita nel tempo grazie alla sua valenza esoterica e per l’efficacia scenografica. Sebbene la danza del Barong sia descritta come uno scontro tra le forze del bene e del male, identificate rispettivamente nei due personaggi principali, Barong e Rangda, sarebbe superficiale descrivere questa rappresentazione identificando le due figure come un eroe e una antagonista. L’intera vicenda è la celebrazione attraverso la danza, la musica e il teatro dell’intero universo mitologico e religioso di Bali.
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Il teatro/danza balinese non rappresenta solo un puro intrattenimento, è un mezzo per mantenere viva la narrazione del patrimonio mitologico del passato, un momento di aggregazione sociale e di condivisione che avvicina le generazioni e i diversi strati sociali all’interno della comunità. L’attore/danzatore esprime la volontà degli dei e controlla la potenza dei demoni, indirizza attraverso l’estrema consapevolezza data dal training la volontà di una narrazione, che si attua nella gestualità codificata. Le maschere di Rangda e Barong sono il simbolo della trasformazione totale dell’individualità, che si fa tramite delle forze animalesche, naturali e persino divine. Il soprannaturale si manifesta sempre nel mondo della natura, permea ogni aspetto della vita quotidiana, e nella celebrazione diviene visibile: le componenti materiali della performance, gli strumenti musicali, i costumi, le maschere e le armi vengono consacrati dal sacerdote hindu, il pemangku, come simbolo e manifestazione del potere divino.
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Rangda incarna nella sua funzione mitologica la potenza distruttiva delle forze demoniache, è collegata alla dimensione ctonia, e tutti i suoi attributi aggressivi e terrifici richiamano le sue grandi capacità magiche e la sua volontà divoratrice, che può essere canalizzata e controllata attraverso lo scontro rituale. Il suo legame con Durga, la dea hindu, è una chiave di lettura fondamentale per comprendere quanto l’aspetto del divino sia inevitabilmente soggetto ad esercitare in maniera ciclica il proprio influsso distruttivo sul mondo, oscillando alternativamente tra creazione e caos.
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Le maschere e i costumi del Barong possono essere molteplici nella scelta della forma animale. Può somigliare al leone (barong ket), ad una tigre (barong macan), ad un cinghiale, ad un cervo o assumere una forma antropomorfa. Il termine barong sembra derivare dalla terminologia barwang, di provenienza sanscrita che letteralmente significa «orso», secondo l’origine in un antico poema giavanese. La sacralità della maschera del Barong non deriva dalla scena, è venerata come portatrice di una spiritualità propria. Il Barong è la forza divina che può contrastare con il suo potere la terrificante presenza di Rangda dagli occhi fiammeggianti, divoratrice di uomini e sacerdotessa di magia nera.
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Secondo la visione balinese, non è possibile eliminare definitivamente il male dall’esistenza, confinandolo nella sua originaria sede lontano dagli uomini: le forze demoniache, portatrici di calamità, malattie e distruzione necessitano di essere debitamente considerate, riconoscendo la loro esistenza e potenza, in casi più estremi controllando attivamente il loro influsso. �� fondamentale provvedere costantemente ad un bilanciamento tra le forze divine e quelle demoniache: esse esistono entrambe all’interno della dimensione umana ed esercitano il proprio potere sull’interiorità di ciascun individuo. Anche gli dei stessi, secondo la mitologia del retaggio induista, sono costantemente in bilico tra impulsi creativi e distruttivi, mostrano un volto benigno e uno terrifico e sono soggetti ad un equilibrio dinamico. Grazie alla danza, al teatro e alla musica è possibile esercitare un influsso per bilanciare il divino e il demoniaco.
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"Le maschere di Barong e Rangda nel teatro balinese"
Articolo scritto da Giulia Sala e pubblicato sulla rivista online di antropologia culturale, etnografia e sociologia La Rivista Culturale, il 21 novembre 2021
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Saiyuki: origini parte 3
Abbiamo detto che l'opera di Bianji descrive il viaggio del monaco Xuanzang dalla Cina verso l'India per recuperare sutra non ancora tradotti quali il Yogacara-bhumi-sastra, figura che poi ispirerà Wu Cheng'en nella creazione dell'omonimo personaggio di Viaggio in Occidente. Chi è però questo Xuanzang? Come mai si spinse in India?
Biografia
-primi anni:
Xuanzang (602–664 d.C.) fu un monaco buddhista,un viaggiatore e un traduttore dell'inizio della Dinastia Tang nato a Chen He nel villaggio di Henan nel 602. La sua famiglia era nota per la sua erudizione da generazioni, egli era il più giovane di quattro figli e il suo nome era Chen Hui. La famiglia Chen consisteva in una lunga generazione di funzionari statali e studiosi confuciani, di conseguenza si sperava che anche il piccolo Chen Yi (altro modo con cui è conosciuto) seguisse le orme di famiglia. Fortunatamente per lui, il padre era molto interessato al Buddhismo e permise che il figlio imparasse e studiasse la filosofia buddhista oltre a quella confuciana di tradizione familiare: come c'era da aspettarsi la filosofia buddhista influenzò molto il piccolo Chen Yi tant'è che, dopo che il suo secondo fratello maggiore divenne monaco al monastero di Jing Tu, andò a studiare lì. La regola monastica prevedeva che solo raggiunto il settimo anno d'età si potesse diventare novizi,ma il giovane Chen Yi venne ordinato monaco novizio a soli 6 anni e superando un rigoroso test venne introdotto nell'ordine buddhista col nome di Xuanzang. Iniziò a studiare tanto i testi Theravada quanto quelli Mahayana,preferendo questi ultimi ai primi. Presto il suo genio venne a galla: col l'ascolto di una singola lezione sulle scritture in una singola volta era in grado di memorizzare un intero Sutra. Quando suo padre morì nel 611, lui e suo fratello continuarono a studiare al monastero fino a che i disordini politici non lo costrinsero a fuggire nella città di Chang'an (618 d.C.). Dopo questo andò a studiare a Chengdu in cui crebbe la sua conoscenza e fama, a 20 anni venne pienamente ordinato monaco buddhista. Alla fine la miriade di contraddizioni e incongruenze nei testi, sia per quanto concerne le traduzioni sia per l'insegnamento indussero Xuanzang a partire per la volta dell'India, ma prima dovette tornare a Chang'an per studiare lingue straniere e nel 626 ebbe padronanza della lingua Sanscrita. Una volta appresa decise di iniziare il viaggio per ottenere il vero Insegnamento e recuperare i Sutra originari poiché le barriere linguistiche,le incongruenze e le varie branche di Buddhismo rendevano difficile la comprensione degli Insegnamenti del Buddha.
Il prossimo post sarà dedicato al viaggio in Occidente del Xuanzang storico.
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roma-sera-giornale · 9 months
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Gli Eco-comunisti e le loro menzogne
I comunisti del terzo millennio hanno sostituito il loro credo politico comunista con il dogma dell'ambientalismo, esiste la volontà , espressa tra l'altro nelle normative europee, di mettere in discussione tutte le credenze, le usanze , le tradizioni e i
De Ficchy Giovanni Derivante dal latino “mentiri”, che sta anche per “indicare”, condivide la radice sanscrita men, cioè “ricordare”. Mentire quindi non significa tanto celare la verità, quanto indicarne un’altra, alternativa a quella vera.   Il falso si maschera da vero o si confonde con esso e anzi, come scrive Sant’Agostino nel “De Mendacio”, il falso è tanto più dannoso quanto più si…
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personal-reporter · 1 year
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Aurora Ramazzotti è diventata mamma: benvenuto Cesare
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Aurora Ramazzotti, figlia di Michelle Hunziker ed Eros Ramazzotti, è diventata mamma per la prima volta. Il suo compagno, Goffredo Cerza, e lei hanno dato il benvenuto al piccolo Cesare, come annunciato su Instagram con due dolci foto delle manine del neonato. La gravidanza di Aurora è stata molto seguita sui social, dove ha condiviso tanti momenti di questi nove mesi di attesa, inclusi un divertente Baby Shower e la rivelazione del sesso del nascituro. Dopo l'annuncio dato dal settimanale Chi, Aurora aveva confermato la lieta novella con un divertente e ironico video sul suo profilo Instagram. Cesare è un nome di origine sanscrita o ebraica che significa "chioma, criniera, capelli folti". Ma anche "grande, dio, capo". Questo nome non era nella lista dei toto-nomi dei fan di Aurora, che si erano scatenati sui social, ma il papà di Aurora, Eros Ramazzotti, aveva lasciato intendere che il bambino potesse essere chiamato Nicolò. Il compagno di Aurora, Goffredo Cerza, è un famoso coach online e si occupa di marketing. Dopo il diploma alla Marymount International School di Roma, si è laureato in Ingegneria Elettrica alla University of London e poi ha frequentato un master in International Business presso Hult International Business School. Goffredo e Aurora si sono conosciuti a Londra grazie ad un'amica comune, Sara Daniele, figlia del compianto Pino Daniele, amica del cuore di Aurora sin da quando erano bambine. La mamma Michelle Hunziker ha espresso la sua gioia per il nipotino su Instagram, scrivendo "finalmente nonna! Vi amo". La nascita di Cesare ha portato tanta felicità nella famiglia Ramazzotti-Hunziker, e siamo certi che sarà accolto con tanto amore. Congratulazioni ad Aurora e Goffredo per l'arrivo del loro primo figlio! Read the full article
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worpho · 1 year
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Kama Sutra per Coppie Sposate (10 Foto) Il Kama Sutra Per Coppie Sposate fa il ... - Guarda tutte le foto di questa galleria su worpho.com #Divertenti #India
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lunamagicablu · 2 years
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"Tara, è una delle principali divinità tantriche tibetane il cui nome significa “Stella” e a cui si dà il significato di “Salvatrice”, “Liberatrice”, “Colei che fa giungere all’altra riva” (la radice sanscrita tr significa ‘fare’ – ‘attraversare’) .
Tara rappresenta l’Energia Femminile della Mente Illuminata del Buddha ed a volte è rappresentata come la consorte di Avalokitesvara, il Bodhisattva della Compassione.
Ci sono molte leggende su Tara. Una di queste narra che Tara fosse figlia di un re molto devoto il quale in punto di morte lasciò il suo regno alla figlia. A lei fu predetto che facendo molte preghiere si sarebbe realizzata in quella vita trasmutando la sua essenza in una forma maschile. Poiché molti Buddha si erano già realizzati in corpo maschile e pochi in corpo di donna, ella pregò per elevarsi come Buddha in aspetto femminile e rimanervi anche dopo la suprema illuminazione, e così avvenne. Secondo un’altra leggenda Avalokitesvara, mosso a compassione dalla infinita sofferenza degli esseri, pianse fino a formare un lago dal quale uscì uno splendido loto in boccio: nel momento in cui i suoi petali si aprirono al centro del fiore si manifestò Tara.
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"Tara, is one of the main Tibetan tantric deities whose name means" Star "and who is given the meaning of" Savior "," Liberator "," She who brings to the other shore "(the Sanskrit root tr means' to do ' - 'go through') .
Tara represents the Feminine Energy of the Buddha's Enlightened Mind and is sometimes represented as the consort of Avalokitesvara, the Bodhisattva of Compassion.
There are many legends about Tara. One of these tells that Tara was the daughter of a very devoted king who on his deathbed left her kingdom to her daughter. She was foretold that by doing many prayers she would fulfill herself in that life by transmuting her essence of her into a masculine form. Since many Buddhas had already realized themselves in the male body and few in the female body, she prayed to rise as Buddha in the female aspect and remain there even after the supreme enlightenment, and so it was. According to another legend, Avalokitesvara, moved with compassion by the infinite suffering of beings, wept to form a lake from which a splendid lotus in bloom emerged: when the petals of her opened in the center of the flower, Tara appeared.
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visionairemagazine · 1 year
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LA BELLEZZA SALVERA’ IL MONDO.
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artwork Donatella Lavizzari
Mi piace pensare che si possa passare un testimone alle generazioni future.  Passare l’amore per l’Arte. Passare l’amore per la Bellezza. Passare l’amore per la Vita.  Passare il segreto per creare un rifugio, seppur piccolo, per la propria anima.  Un passaggio di valori e ideali. Così come un mentore usa tramandare la propria arte, il suo inestimabile saper fare all’allievo migliore.  ‘L’arte celebra, ricorda, esalta, anticipa, spiega, idealizza.’ Dischiude nuovi mondi. L’Arte ha da sempre un grande potere. Smuove le coscienze, parla un linguaggio universale, travalica i limiti di spazio e di tempo. È salvifica.  ‘La bellezza salverà il mondo’ scriveva Fëdor Dostoevskij ne ‘L’idiota’. E ripeteva che non possiamo vivere senza pane e nemmeno esistere senza bellezza.  Peppino Impastato ha combattuto affinché la gente fosse educata alla Bellezza: perché uomini e donne non si abbandonassero più alla rassegnazione ma coltivassero la curiosità e lo stupore che genera conoscenza.  Sono in molti ad aver coltivato il sogno della Bellezza come via di salvezza per un mondo che sembra dirigersi inesorabilmente verso la deriva. Un mondo alla rovescia dove si è spezzato il filo che unisce verità e bellezza. Lo stesso Cardinale Martini pubblicò la Lettera Pastorale ‘Quale Bellezza salverà il mondo?’.  Nella premessa, citando Solgenitsin, scrisse: ‘Il mondo moderno, essendosela presa contro il grande albero dell’essere, ha spezzato il ramo del vero e il ramo della bontà. Solo rimane il ramo della Bellezza, ed è questo ramo che ora dovrà assumere tutta la forza della linfa e del tronco.’ Ma cos’è la Bellezza? Estrapolarne dei parametri universali e definirla in maniera univoca risulta impossibile. Ogni periodo storico e ogni cultura ha la sua interpretazione.  Oltre alla dimensione meramente estetica ne esistono altre che attengono alla sfera emozionale, all’etica, alla sacralità, L’origine della parola è sanscrita. Bet-El-Za vuol dire: “luogo dove Dio brilla.’ È luce, dono, armonia, amore, che permea tutte le cose. E questo mi fa riaffiorare alla mente le parole della grande poetessa Alda Merini: la bellezza è il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne viene fuori. 
Cos’è la bellezza per me? Difficile dirlo a parole. È come l’attrazione che nasce tra due persone. Non può essere spiegata. Esiste e basta. È come un brano che entra dentro, ti sfiora, ti accarezza, ti avvolge in un abbraccio morbido e vellutato. E tu stai lì, immobile. Ascolti, respiri, chiudi gli occhi e ti lasci andare in quell’incanto chiamato Musica.  È quel mix di gentilezza, dolcezza, onestà, determinazione e coraggio che coinvolge ogni atteggiamento, gesto ed espressione del nostro vivere quotidiano. È questo e tanto altro ancora. 
Ho posto la stessa domanda ad alcuni amici, artisti dell’immagine, delle note e della parola. Ecco le loro risposte: 
‘Ciao Donatella. Mi chiedi di parlare di cose troppo grandi per me. Non so cosa sia l’arte. Non l’ho mai saputo. Credo appartenga, come la bellezza, ad un’altra dimensione, parallela alla nostra, e che di tanto in tanto, attraverso qualche forellino, riesca a fuoruscire ed abbagliarci. Ne restiamo enormemente colpiti ma non riusciamo a spiegarla o descriverla a parole. Di più non saprei che dirti.’ Bruno Bozzetto – Autore, animatore, disegnatore e regista. 
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“Per me la Bellezza è questo Donatella. Un gesto totale, puro, pulito e soprattutto bambino. La bellezza sono i bambini e la nostra capacità di meritarceli!!! Sì, meritarci ciò che sono, che poi non è altro che ciò che eravamo tutti noi prima di dimenticarcelo. La bellezza è il mondo visto con gli occhi dei bambini, che vedono meglio dei nostri corrotti da ciò che abbiamo, dimentichi di ciò che siamo!”. Andrea Santonastaso – autore, attore, direttore artistico e disegnatore. ‘Bellezza è ciò che apre il tuo sguardo a un sorriso.’  Nini Maria Giacomelli – Paroliere, scrittrice e autrice musicale e teatrale. 
‘Il concetto di Bellezza può essere interpretato in moltissimi modi. Se penso alla Bellezza come valore oggettivo, penso all’armonia, al l’equilibrio, alla perfezione delle proporzioni. Poi esiste la Bellezza di uno sguardo, di un luogo, di una poesia, di una melodia, di un’opera d’arte. Volendo darne una definizione sostanziale, potrei dire che è qualcosa che esiste in ognuno di noi ed invade azione e pensiero. È una condizione dello spirito e viene percepita in modo differente, secondo il proprio ‘sentire’ e la propria ‘natura’. La vera Bellezza resiste al passare del tempo ed eleva verso il sublime. Tutti noi ne siamo custodi.’  Gigi Cifarelli – Chitarrista, cantante e compositore.  ‘Arte e bellezza…difficile… ti potrei dire che l’arte e la bellezza sono concetti inspiegabili, legati alla sensibilità ed esperienza personali nell’atto creativo. Che la Bellezza è più simile alla sensazione eterea di un sogno e quindi senza una vera logica ne riconducibilità alla realtà.’  Fabio Bozzetto – Video maker & digital artist. 
‘La bellezza è qualcosa che innalza e fa stare bene, come un canto che diviene preghiera. La musica è bellezza. Secondo la cultura africana, la musica eleva e purifica lo spirito, celebra la vita, è un ringraziamento per tutto ciò che abbiamo e ci permette di raccontare la nostra storia alle generazioni future.’   Ranzie Mensah – Performing artist/cantante. 
‘La bellezza. Onda di meraviglia che infrange lo sguardo. Cielo, mare e terra insinuandosi sin dentro i pori dell’anima. L’abbraccio tra realtà e sogno, tra ciò che è etereo e ciò che è concreto. L’amore che ti rende muto e profondo, piccolo dinanzi al sublime. La preghiera all’onnipotenza che non ha mai fine. A te mi inchino bellezza.’  Sergio Pennavaria – Poeta cantautore.  ‘Ciao Donatella, la bellezza è una forza ricca di tanti fattori che riesce a scuotere i sensi e a spogliarmi della corazza che, seppur non volendo, ho eretto nell’arco della mia vita. Crescendo ho avuto consapevolezza che la bellezza ai miei occhi subisce mutamenti. Quella sfacciatamente evidente, in alcuni casi disanimata, ha ancora il potere di scuotermi ma si tratta di attimi e alla mia età perdo facilmente l’interesse. Ciò che invece non mi stanca e mi anima è quel tipo di bellezza che a volte si nasconde nelle cose semplici, che a un primo sguardo appare scontata o estremamente complessa, che richiede attenzione per essere recepita. Una bellezza in grado di aprirmi gli occhi e stapparmi le orecchie. A volte si fa respirare, toccare, è esaltazione di sensi ed emozioni. La bellezza che preferisco si manifesta attraverso certe espressioni che la natura ci regala, o sotto forma pittorica, musicale, scultorea e molto altro ancora. Quanto più io sono propensa ad accoglierla, tanto più lei si manifesta.’  Paola Atzeni – Compositrice, autrice, cantante e flautista.  ‘Posto che non sarei in grado di dare una definizione univoca della bellezza, così come forse non lo sono nemmeno secoli di studi di estetica, probabilmente quella che ora mi attrae di più è una sua concezione “trasformativa”. Una idea che si manifesta ed illumina la realtà dandone una percezione differente e più consapevole dalla quale non sia possibile tornare indietro. Certamente, anche, in questa epoca storica è una necessità assoluta, al netto dell’adagio degli sciocchi per cui l’arte (chissà, non l’unica generatrice di bellezza) sarebbe un ozio, quasi un vizio e non l’unico mezzo che l’uomo ha per provare di tanto in tanto a trascendere la propria misera bestialità. Non saprei dire se la bellezza (preferirei dire l’arte) possa salvare il mondo, ma di sicuro un mondo che ne sia privo è condannato al disastro.’  Matteo Nahum – Compositore, chitarrista, arrangiatore. 
‘La bellezza è respiro circolare che si fa vortice. A mano a mano che il suo incanto divora ogni attenzione, mutiamo a spettatori assoluti. La bellezza non necessita di traduzioni, parla in contemporanea tutte le lingue dell’universo, si spiega da sé. Non si priverà degli occhi, delle mani, dei passi e del pensiero che sorregge ogni bellezza, l’inconsapevole coscienza, che avvolge, sospinge, muta nell’alternanza di sé. Mi piace sentirla la bellezza, il suo odore, il suo sapore, il suo rumore, nel mio sangue. Io, che sono fatto della stessa sostanza della bellezza. Ho provato a inoltrarmi in un campo difficile. La bellezza è una di quelle entità di una semplicità disarmante, come la sua complessità. È oggettiva e tanto quanto soggettiva. In pratica va solo lasciata scorrere, senza opporre resistenza.  Giuseppe Campagna – Imprenditore e designer di gioielli. 
‘La Bellezza. È una voce, un gesto, un alito di vento, un miracolo, un miraggio, un sogno, una melodia. Un’unità di misura. Un mezzo di trasporto. Una stretta di mano … sincera. É una stazione. É un porto. Un messaggio ai naviganti. È un mare in cui i terrestri dovrebbero immergersi. É un luogo in cui vorresti arrivare sempre ma da cui dovrai necessariamente ripartire. La vera bellezza è insita nell’universo. É l’esistenza dell’universo. È il nostro pianeta. Siamo noi. È la vita. È lo spazio / tempo che ci separa dai momenti insignificanti, meno belli o decisamente brutti. È ovunque, basta cercarla ma non sempre si trova in superficie. Non esiste? É una domanda. É una risposta, un punto esclamativo, un punto di vista, un termine, una virgola. È una terra promessa. É un’isola, un iceberg, un mondo, un cerchio, una costruzione, una invenzione ma anche qualcosa che non c’è più, che c’è non c’è mai stata o che non ci sarà mai. È la pelle, la polpa, il nocciolo. È un mito, un obiettivo, un traguardo. È un insieme di fattori armonici e/o sinergici. È una necessità quotidiana. Non dura? È divina, assoluta, eccitante. Può dare dipendenza. È un fragile equilibrio. È una vibrazione. È un’emozione riconoscibile. È il massimo indispensabile. È… un gioco, una capriola, uno scherzo, 3 barattoli… una molletta… Angelo Jelmini – Architetto/designer. 
‘La Bellezza appartiene al mostruoso, quanto la sua orrida controparte. Al loro manifestarsi, nella funzione suprema di segno e ammonimento, divina armonia e abissale deformità erano entrambe insostenibili alla vista dei comuni mortali. Così dice il Mito. Come ci ricorda Martina Mazzotta, la Bellezza include la Bruttezza: se il greco Kàllos è totalizzante nell’esprimere il buono e il bello, il Pulchrum dei latini si sdoppia nell’ambiguità paretimologica del Bellum (a fronte di bellus-a-um – da cui catullianamente deriva il nostro ‘bello’ – e marciando verso un fronte bellicoso). Attenti a chiamare «Bellona» una procace passante: potreste attirare lo sdegno di una Dea della Guerra! Nella “Storia della bruttezza”, in linea con Karl Rosenkranz verso una categorizzazione estetica del Brutto, Umberto Eco sostiene provocatoriamente che l’uomo sia più attratto dall’orrido che dal Bello, chiamando in causa l’Inferno dantesco, il cui «repertorio di molteplici deformità» da sempre affascina artisti e lettori (con buona pace di Purgatorio e Paradiso). Oggi, questa brillante provocazione ha forse perso il mordente: la cosiddetta società dell’immagine ha anestetizzato la sensibilità estetica in un surplus iconico indigitabile, gettando nel bidone dell’indifferenziato Bello e Brutto, nel sintetico appiattimento di ogni codice e senso critico, miscelando con disinvoltura buono e cattivo gusto in un grigio e ignavo relativismo. Chiudono le librerie e aprono i beauty center: ma se abbiamo rinunciato alla lettura, sarà difficile leggere la Bellezza in un volto standardizzato, plastificato, da cui sono state strappate le pagine del tempo. E se il Bello appartenesse all’anima? E se l’anima fosse la forma del corpo? E se la lettura fosse nutrimento dell’anima? Allora il mondo sarebbe invaso da ‘ultracorpi zombificati’, vuoti, carenti di vitamine estetiche… Sono dubbi che ci assalgono, quando osserviamo i volti giovani e freschi di modelle e modelli (nell’intercambiabilità ‘elettroaddomesticata’ di professionisti e fai-da-te) che occhieggiano dai nostri cellulari con la stessa espressione vacua, stereotipata, senza attrattiva: come direbbe Filoteo Faros, essi hanno spostato «la foglia di fico dagli organi genitali al volto». Ma la cosa più terribile, è che questo appiattimento ha nuociuto in toto al mostruoso, mutilato d’ogni segno d’ammonimento: nel tentativo di estirpare il Brutto, la liquida società dell’immagine ha liquidato l’immagine del Bello. Alla luce di quanto detto, e parafrasando Dostoevskij, è forse azzardato affermare che, nel recupero dell’accezione sublime, «la Bruttezza salverà la Bellezza»?’
Luigi Maio – “il Musicattore” - Attore, musicista, drammaturgo, disegnatore e scenografo
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rosewood71 · 2 years
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ANNO DELLA TIGRE - 2022
La Thailandia, ha il loro complesso sistema che si allinea con il calendario buddista lunisolare di 354 giorni, che ha date che indicano le fasi lunari e l'ora dell'anno solare. Ed Il 13 aprile segna l'inizio del capodanno thailandese.
Il festival celebra la fine della stagione secca per accogliere la pioggia necessaria per un raccolto di riso di successo.
La festa comunitaria si svolge per un periodo di tre giorni o più, ed è quando l'anno assume l'animale successivo nello zodiaco rotante di 12 animali.
L'etimologia di Songkran deriva dalla parola sanscrita 'sankranti', ovvero il passaggio del sole da una parte all'altra dello zodiaco, ed è simbolica di trasformazione e cambiamento.
La tradizione potrebbe aver avuto origine dalla festa del raccolto indù Makar Sankranti, che accoglie l'inizio della primavera con coloratissimi aquiloni svettanti.
l'usanza thailandese, serve solo una piccola ciotola di acqua profumata, questo e sufficiente per lavare via i problemi dell'anno precedente e ricominciare da capo.
Questa festa è anche il momento di, onorare i loro anziani, fare offerte di cibo ai monaci, accendere petardi per spaventare gli spiriti maligni e fare il bagno ritualmente alle immagini del Buddha domestico.
(The Tiger)
Avatar: Yakkhini (un demone femminile)
Elemento: legno
Habitat dello spirito custode: albero di neem
Caratteristiche: Marte è la bocca (loquace), Giove è il cuore (scarse capacità di apprendimento), il sole è il lombo (ama i piaceri sensuali), Mercurio e Venere sono le mani (abili e scaltre), Saturno e la luna sono i piedi (volontà viaggia molto e sii fortunato).
Le pagine sono riccamente illustrate con quattro immagini di ciascuno dei 12 animali dello zodiaco, combinate con avatar maschili e femminili alternati, l'aspetto materiale o incarnazione di una divinità sulla terra e una pianta simbolica in cui il khwan, anime multiple o vita forze, risiede.
Avatar: Yakkhini (un demone femminile)
Yakkha: Una classe di esseri non umani generalmente descritti come non umani. Sono menzionati con Deva, Rakkhasa, Dānava, Gandhabba, Kinnara e Mahoraga (Naga). A volte gli Yakkha sono stati degradati allo stato di orchi cannibali dagli occhi rossi.
Le femmine Yakkha (Yakkhinī) sono, in questi casi, più paurose e di mente più malvagia del maschio. Mangiano carne e sangue e divorano anche gli uomini.
Normalmente l'atteggiamento degli Yakkha verso l'uomo è di benevolenza. Sono interessati al benessere spirituale degli esseri umani con i quali entrano in contatto e assomigliano in qualche modo ai geni tutelari. Tuttavia, il re Yakkha, Vessavaṇa, è rappresentato mentre dice al Buddha che, per la maggior parte, gli Yakkha non credono né nel Buddha né nei suoi insegnamenti, che impongono ai suoi seguaci di astenersi da vari mali e sono quindi sgradevoli ad alcuni dei Yakkha. Tali Yakkha sono disposti a molestare i seguaci del Buddha nei loro ritrovi nei boschi.
Albero di neem - Albero del paradiso
Sarbaroganibarini ovvero che cura tutti i mali. Cosi viene descritto l'albero di Neem, dall'Ayurveda, la medicina tradizionale indiana risalente ad alcuni millenni fa.
(Storia) Neem è una parola Hindi che deriva dal Sanscrito Nimba. È solo una delle tante parole con cui viene indicato quest'albero. Ad esempio, nella tradizione araba veniva chiamato con il nome di Shajar-e-Mubarak cioè l'albero benedetto. Nella mitologia indiana esistono diverse versioni sull'origine sacra del neem; un antico testo appartenente ai Veda descrive come Garuda, un Dio-uccello, lasciò cadere dal cielo alcune gocce di ambrosia, elisir dell'immortalità, sull'albero di neem. Un'altra antica tradizione ritiene che sia stato Indra, Dio dei fulmini, della pioggia e delle tempeste, a bagnare la Terra con Amrita dando origine al neem. Altri miti mettono in relazione Dhanvantari, conosciuto come il Dio della medicina e l'albero di neem. Le prime testimonianze sull'utilizzo terapeutico del neem risalgono al 4500 a.C., in una grotta in Pakistan sono state rinvenute delle foglie di neem insieme ad altri manufatti appartenenti alla medicina ayurvedica. La farmacopea tradizionale indiana sin dalle sue origini inserisce il neem in numerose soluzioni, infatti era considerato come un rimedio universale. L'Ayurveda è l'antica medicina tradizionale e ad oggi è ben integrata nel sistema sanitario indiano e si trovano facilmente in commercio un consistente numero di preparati ayurvedici contenenti neem, come il jatyadi taila un olio contro l'ulcera, dhattur tailam un olio per dermatiti e dolori muscolari oppure il palit nasya un rimedio contro la calvizie....
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dianapopescu · 3 years
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Top 9 povești cu tâlc din Panciatantra
Poveștile morale, cu tâlc din Panciatantra sunt printre cele mai populare din lume. Scrise, originar, în sanscrită, aceste povești sunt pline de culoare și învățăminte, furnizând valoroase lecții de viață. https://www.diane.ro/2021/10/top-9-povesti-cu-talc-din-panciatantra.html
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klimt7 · 3 years
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MINDFULNESS
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PAZIENZA&GENTILEZZA
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LE QUALITÀ DELL'OPERATORE OLISTICO E CRANIOSACRALE
di Chiara Zanchetta
Secondo la classica definizione di Jon Kabat-Zinn[1] (1990), la Mindfulness è “la consapevolezza che emerge dal fare attenzione intenzionalmente, nel momento presente in modo non giudicante ”.
In italiano traduciamo il termine inglese Mindfulness anche con "consapevolezza" o con presenza mentale.
Il termine Mindfulness è la traduzione di "Sati" dell’antica lingua Pali indiana e della parola sanscrita "Smirti".
Come spiega Corrado Pensa, oltre a indicare consapevolezza e attenzione, significano anche memoria, ricordarsi, presenza nel presente, e dalla stessa radice smr deriva anche la parola amore. Nelle lingue asiatiche mente e cuore sono solitamente indicate con lo stesso termine – per cui il termine tradotto con Mindfulness implica anche una qualità affettiva, di amorevolezza e compassione, una sorta di presenza amichevole (Kabat-Zinn, 2003).
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Sati indica un’attenzione specifica: essere attenti a cosa accade nel momento presente, indipendentemente dal fatto che ciò che stiamo osservando sia piacevole o spiacevole, interessante o non interessante.
Un’attenzione che si rivolge a se stessa, “all’interesse per l’essere attenti” (Pensa, 2002, p. 36).
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Per praticare questo tipo di attenzione, nella pratica meditativa scegliamo oggetti ordinari, sempre disponibili: corpo, respiro, suoni, pensieri…
Tutte cose che, mentre le osserviamo, stanno accadendo nel momento presente. E grazie al fatto di essere ordinarie e ripetitive fanno ben risaltare i vari aspetti del processo stesso dell’attenzione, del funzionamento della nostra mente.
Come operatori CS non siamo tanto coinvolti nel “fare” quanto nell’essere. In questo stato dell’essere l’operatore CS si radica in uno stato di neutralità interiore e dell’attenzione che permette di interagire con il sistema del paziente senza invadere né manipolare, ma disponibile a sostenere il profondo processo di riequilibrio.
La neutralità dell’operatore CS riguarda un’attenzione particolare: intenzionalmente rivolta a particolari esperienze percettive, capace di stare con quello che c’è, nel momento presente, in modo non giudicante.
E’ la pratica meditativa che ci permette di sviluppare la Mindfulness, di affinare questo tipo particolare di attenzione. La pratica rappresenta “una specie di paziente artigianato, con il lento e progressivo affinamento di uno strumento”.
Le modalità con cui costruiamo la nostra pratica di operatori, il nostro laboratorio da artigiani, sono in larga parte basate su un percorso condiviso: l’orientamento ai fulcri dell’operatore, lo sviluppo di particolari abilità percettive, la ritualità dello scandirsi dei passi della sessione…
Tutti questi aspetti sono sostenuti dallo sviluppo di una presenza particolare, di una consapevolezza Mindfulness.
Lo sviluppo Mindfulness va di pari passo con lo sviluppo della pazienza e della gentilezza.
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La pazienza ci permette di ritornare all’infinito sullo stesso oggetto di attenzione. “L’esperienza diretta non è facile da praticare. L’esperienza diretta può accadere solo momento per momento. Lo sappiamo e insieme non lo sappiamo. Non appena abbandoniamo il momento presente, ci ritroviamo nel mondo del pensare, così spesso caotico e carico di giudizi e reattività. Non ci resta che ritornare più e più volte, con generosa pazienza, alla realtà del presente.” (Pensa, 2002, p. 46).
Seduti al lettino come operatori CS la pazienza ci permette di aspettare, di accogliere, di stare con il processo così com’è, senza forzare, senza spingere.
Dunque, sviluppare la pazienza. Dice Neva Papachristou[3] (2012, p. 6) “(…) che se la pazienza non fosse già una nostra naturale risorsa, non sarebbe possibile incontrarla e svilupparla”. Sviluppare pazienza vuol dire esercitarci a rivolgerci con gentilezza verso qualsiasi sia l’esperienza del momento.
Che cosa vuol dire rivolgerci con gentilezza verso l’esperienza del momento? Ad es., se durante la pratica (sia di meditazione sia di CS) emerge l’irrequietezza, proviamo a osservare l’esperienza con gentilezza. Questo non vuol dire cercare di far sparire l’irrequietezza, sostituendola con la gentilezza. Questo aspetto è sottile e cruciale, ed è il cuore della pratica stessa. Vogliamo sviluppare gentilezza nel modo in cui accogliamo e osserviamo l’esperienza di irrequietezza. Gentilezza è sostenerci a rimanere seduti mentre l’irrequietezza sale, gentilezza è fare spazio all’irrequietezza, accoglierla come parte dell’esperienza. Gentilezza è aprirci all’esperienza facendola diventare l’oggetto della nostra presenza: esplorando innanzitutto le sensazioni che produce nel corpo… i cambiamenti che produce nel respiro… le tonalità emotive… i pensieri. Portiamo il nostro interesse sul processo soggettivo dell’irrequietezza in questo momento. Un interesse gentile… che accoglie, meglio che può, tutto quello che è presente. Facciamo spazio all’esperienza, la invitiamo a esserci, le diamo il benvenuto – come nella poesia di Rumi “La locanda”.
Gentilezza è poi lasciar andare, non restare attaccati, invischiati, e tornare nuovamente al qui e ora: se stiamo meditando torniamo nuovamente all’oggetto originario di osservazione (ad es. il respiro), se siamo in sessione può essere il contatto con il nostro cliente, con il suo sistema, con il processo…
Gentilezza è notare e accogliere – sempre meglio che possiamo, di più non è possibile! – l’eventuale reazione che nasce nel provare a fare spazio, a dare il benvenuto a ciò che c’è, nel tornare al qui e ora…
Pazienza e gentilezza nel restare nello spazio di non sapere della sessione, pazienza e gentilezza nell’attesa, verso sé stessi, verso l’altro.
Gentilezza è ringraziarci per il tempo che abbiamo dedicato alla pratica – pratica di meditazione, pratica di sviluppo delle particolari abilità percettive necessarie nella disciplina CS – tanto o poco che sia stato. Pazienza nel continuare a praticare…
Gentilezza è la qualità che portiamo nello sforzo di fare, adesso, un pochino di più. “(…) il risultato interiore, duraturo, sarà per noi acquisito solamente grazie al piccolo sforzo supplementare, ossia a quello che la vita quotidiana non esige da noi, ma che facciamo liberamente.” (Daumal, 1998, p. 41). Uno sforzo gentile, per andare oltre i nostri limiti, per metterci in gioco, per imparare.
Gentilezza è trattarci come se fossimo il nostro migliore amico.
Gentilezza e pazienza sono qualità che si trasferiscono dalla relazione con noi stessi e con la nostra esperienza, alla relazione con l'Altro
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Queste qualità ci permettono di accompagnare l’Altro, nel processo di riconnessione con le forze del Cosmo e della Salute.
“La pratica è rieducazione, riallineamento, rivoluzione. Non è un termine eccessivo: è una rivoluzione interiore, deve esserlo.
Senza troppo rumore.
Dunque nella pazienza, nella presenza consapevole possiamo diventare un tutt'uno col nostro cuore e possiamo rendelo sereno.”
(Pensa, 2002, p. 47)
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