Tumgik
#terriccio
twistedwhitesnow · 1 year
Text
Tumblr media
0 notes
libriaco · 1 month
Text
Le Fosse Ardeatine
Dieci metri piú in là del Quo Vadis la strada si biforca: a sinistra prosegue l’Appia Antica; a destra inizia la via Ardeatina. Prendemmo a destra. Man mano che proseguivamo nel cammino, m’accorsi che s’era formata una fila indiana di persone che, da sole o a piccoli gruppi, sembravano andare nella stessa direzione. Dopo cinquecento metri la strada smette di salire: segue una brusca discesa, che piega sulla destra. Proprio lí, poco dopo la svolta, nel compatto muro di fogliame che ci aveva fin allora accompagnati, s’apriva un varco. Vi entrammo: c’era uno spiazzo, a ridosso di una di quelle creste rossastre di tufo, che cosí frequentemente segnalavano allora nei dintorni di Roma la presenza di cave di pozzolana. Sullo sfondo, lungo la parete, s’aprivano due-tre grandi cavità oscure: si vedeva che erano state aperte, o riaperte, di recente, perché cumuli di terriccio fresco le fronteggiavano. Da quelle cavità un fitto via vai di persone, in gran parte militari, – poliziotti, carabinieri, pompieri, – ma tutti con delle povere tutacce blu o marroni, e fazzoletti colorati qualsiasi stretti intorno al volto. Mio padre trovò un masso da una parte e mi ci fece sedere. «Aspettami qui, – mi disse, – non muoverti». Capii che non era il caso d’insistere. M’accoccolai lí e cominciai a guardarmi intorno, mentre mio padre s’avviava verso uno di quegli ingressi. Mescolati a quelli che erano o parevano militari c’erano anche molti civili: uomini e donne aggrondati, generalmente vestiti di nero, che entravano e uscivano guardando fisso di fronte a sé. A un certo punto passarono due uomini, sorreggendo una donna: era riversa in avanti, con il volto cereo e le gambe rigide; le punte delle scarpe, tenacemente congiunte, come per un’inconscia resistenza nervosa dovuta a qualche dolore, rigavano la polvere. Ma la cosa piú impressionante per me era che da quelle bocche d’inferno veniva un fetore di fronte al quale quello dei poveri morti accatastati nelle bare qualche mese prima nel cimitero del Campo Verano mi sarebbe sembrato insignificante: forse a causa di un forte sbalzo di temperatura tra quelle fredde viscere della terra e il calore esterno, partiva dalla parete, e percuoteva tutti coloro che si trovavano lí davanti, una corrente, un vento intenso, un flusso mortifero compatto e come oleoso, che ci avvolgeva e ci sovrastava, permeando ogni molecola dei nostri apparati sensori, non solo il naso e l’olfatto, ma la bocca e il gusto, e impastandosi con tutta la nostra percezione. Il puzzo della morte, quando è particolarmente forte, si materializza, si fa corposo, si può toccare, diventa esso stesso una creatura vivente, una forza della terra. Cominciavo ad avvertire un ormai noto fremito di disgusto nello stomaco, quando mio padre riemerse dall’oscurità, con gli occhi rossi e il fazzoletto piantato anche lui davanti alla bocca e al naso. Disse: «Andiamo», e non ci fu verso di farlo parlare, fin quando, nel bar di piazza Tuscolo, non sorbimmo insieme un bicchiere di limonata. Sobriamente mi raccontò che proprio lí erano stati trucidati quei prigionieri italiani, politici e militari, di cui aveva parlato il giornale il giorno prima della morte di mio nonno Carlo, e che perciò da quel momento, poiché non aveva avuto ancora un nome, la strage poté chiamarsi, – e da allora s’è chiamata, – delle Fosse Ardeatine. Solo nelle settimane successive, e solo a brandelli, interrotti da lunghi silenzi, mia madre e io sapemmo il resto. Mio padre raccontò di aver visto le file dei prigionieri in ginocchio, non ancora decomposti, addossati l’uno all’altro, qualcuno caduto in avanti, con le mani legate dietro la schiena e un foro immenso nel cranio; disse che, a eccezione forse del primo, tutti gli altri avevano dovuto sapere, con un anticipo da pochi a molti minuti, quello che stava per accadergli. Raccontò anche che frotte di topi grassi fuggivano in giro quando uno degli addetti alla riesumazione spostava in uno di quegli angoli bui la luce della sua lampada.
A. Asor Rosa, L'alba di un mondo nuovo [2002], Torino, Einaudi, 2005
21 notes · View notes
3nding · 23 days
Text
Tumblr media
Per la rubrica LE ORCHIDEE FANNO COME CAZZO PARE A LORO.
Mai fatto così tanti fiori.
È caduta con tutto il vaso e si è spezzata una delle foglie prima della fioritura? Sì.
Nella caduta è andata persa la quasi totalità del "terriccio per orchidee"? Sì.
La quantità di concime/nutriente dedicato(sic.) fornita alla pianta in questi anni è stata zero? Sì.
Acqua una volta a settimana giusto a bagnare le radici? Sì.
HA SENSO TUTTO QUESTO? NO!
Unica costante: la posizione su un davanzale rivolto a sud in una stanza con costanti 19+ gradi.
7 notes · View notes
poesiablog60 · 1 year
Text
Sto parlando di cose che non hanno nome,
cose che nel corso della vita
si accumulano sul fondo dell’anima,
sentimenti e strati di terriccio.
Se mi chiedessi di descriverteli,
non saprei da che parte cominciare,
non avrei le parole adatte.
Solo una stretta al cuore,
un’ombra passeggera,
un sospiro.”
David Grossman
Tumblr media
28 notes · View notes
pizzettauniversale · 1 year
Text
Mio padre mi chiama e mi fa: ti ho comprato una cosa
E io penso subito: un libro? un vestito? le airpodsmax che cito sempre? le scarpe? un profumo?
Mio padre: ti ho comprato un tagliaerba, poi prendo anche il terriccio così sistemi il giardino.
OK.
29 notes · View notes
fatalquiiete · 2 months
Text
Qualcuno mi spiega come mai l'olio per il motore si vende a chili mentre il terriccio per i vasi si vende a litri ??
5 notes · View notes
apropositodime · 11 months
Text
Tumblr media
Da questa mattina che: giardinaggio compulsivo.
Qualcuno o dall'alto o dal basso o da destra o da sinistra insomma qualcuno mi ha mandato (per testare la mia pazienza) qui sopra di me sta vicina cazzara che oltre a non fare una mazza crea disordine e schifo.
Ho messo anche in atto l'operazione da me chiamata, Save the cactus.
Era lì buttato, appoggiato al muro, disidratato e tutto storto.
Spero si riprenda
L'ho travasato, con tutte quelle spine ho rischiato di pungermi e cadere addormentata.
Poi gli ho messo il terriccio per cactacee, l'argilla e anche del ricostituente anti stress per piante grasse (quasi quasi ne bevo un goccio)
E niente, vediamo che succede.
Ovviamente adesso È MIO!
15 notes · View notes
stocatzo · 10 months
Text
dopo 10 estati passate nella casa dove abito, sono finalmente arrivato a capire che basta piante, basta strage degli innocenti, basta innaffiare, terriccio e altre amenità tanto le uccido, TUTTE!
Quest'anno ho deciso che dovrò arredare con le lucine, come se non ci fossero abbastanza zanzare, ma che ci vuoi fare, dopo aver scavallato abbondantemente gli -anta ho deciso di prendere portacandele, luci a led (senza pile ma ricaricabili!) e citronella come se non ci fosse un domani.
Ora il vero quesito è: perchè non una settimana enigmistica come tutti?
7 notes · View notes
xerotere · 2 years
Text
Tumblr media
Vorrei trasformarmi in uno di questi alberi alti - le radici salde nel terriccio umido, le foglie carezzate dal sole, baciate dalla pioggia, cullate dal vento, e ondeggiare, innalzarmi, fare la fotosintesi clorofilliana, vivere in simbiosi col bosco - un po’ come una ninfa di qualche antico mito greco, tormentata da una divinità capricciosa e che nella natura trova l’agognata pace.
E invece ho la testa piena zeppa di pensieri frastagliati: pensieri che pensano il lavoro la salute le bollette l’affitto la crisi energetica quella dei microchip il precariato i crimini di guerra in Armenia la formazione continua l’inflazione la lordosi e la cifosi le proteste in Iran la vita sociale e la sua ostentazione i cocktail a 15 euro Fratelli d’Italia al governo la plastica in mare il costo dei biglietti aerei l’OPEC+ la TARI la PEC perché sono tutti più felici di me / perché sono tutti più realizzati di me? (domande, queste ultime, che nascono dall’osservazione delle storie di Instagram e che, pur sapendo essere per lo più infondate, continuano ad assillarmi e tediarmi - l’ho già detto che non meritavo di nascere in quest’epoca di narcisi?).
È questa in sostanza la divinità che mi tormenta: pensare, o meglio, pensare male, pensare sofferente, pensare sempre con l’acqua al collo, pensare da smettere di respirare finché i polmoni non scoppiano. E, per sfuggire al tormento, vorrei scappare o, al limite, diventare altro - pensare con una testa diversa, fare il grande salto, andare incontro alla famosa metamorfosi o, perché no, raggiungere il nirvana.
Intanto, per lo più, rimugino e piagnucolo dentro e mostro i pugni duri fuori mentre tento di risolvere questo grattacapo che è la vita adulta cercando, al contempo, di mantenere insieme i pezzi. Intanto, a volte, fingo di perdermi nel bosco e d’ignorare la finzione - alla ricerca di chissà quale verità o ispirazione da posare, infine, nello stanzino delle cose da dimenticare. Nel mentre, raccolgo funghi.
24 notes · View notes
riflussi · 6 months
Text
Ho la testa che è una nuvola e ogni passo è sbilanciato, sto cadendo e quasi non me ne rendo conto, ma è la mia testa ad essere nuvola non l'erba, il terriccio, le pietre.
Starò sotto un cumulo, non un cumolonembo, perché il mio corpo è di sangue e di ossa, non di spirito, non di anima.
4 notes · View notes
il-pipistrelloh · 8 months
Text
Unreal Unearth di Hozier
Forse è la maledizione di Hozier quella di non poter risultare credibile lontano da un immaginario di romanticismo ottocentesco, terriccio umido e cattedrali gotiche. E forse è proprio per questa ragione che il suo terzo album, a discapito del secondo passato abbastanza inosservato, attira già dalla copertina i suoi fedeli ascoltatori a digiuno da quasi 10 anni del distillato di decandentismo irripetibile che fu il suo album di esordio.
Tumblr media
Unreal Unearth è un ritorno alle origini ben bilanciato, messo su senza la nostalgia che costringe ad essere la copia della copia di sé stessi e il giusto coraggio di spingersi in un territorio nuovo. Le ben 16 tracce – che musicalmente si presentano come un misto tra il più classico folk-rock, una sottile linea jazz e il ritmo dei canti tradizionali irlandesi, in perfetto stile Hozier – prima di venire alla luce hanno dovuto sfidare il mostro della densità di contenuto che le aveva bloccate nell’hard disk del cantante per qualche anno: troppo macchinose per una canzone, al massimo un’opera teatrale ha dichiarato ad Entertainment Weekly. Poi è arrivato il coraggio di metterci al mondo un album, l’idea di disporle secondo i cerchi dell’inferno dantesco, nonostante il Liffey irlandese venga citato più spesso dell’Acheronte e il gaelico più del volgare, sovrapponendo il giusto e lo sbagliato, il rigore e la mancanza di senso, come in un sogno artistico in cui tutto è concesso.
Questo album è Hozier più di ogni altro lavoro abbia fatto uscire negli ultimi 10 anni. Una pecca? Nell’intensità e nella foga di essere se stesso il caro Hozier tende a mangiarsi le parole: glielo perdoniamo?
il-pipistrello
2 notes · View notes
kegantodini · 1 year
Text
Ho i piedi a terra. Comunque il cielo non è più il limite, vado più su tenendo i piedi a terra, forse ho solo il collo lungo, forse sono una giraffa. o un metafisico astronauta in possesso d'un secchio di terriccio e calda merda.
E se fossi un brontosauro?
8 notes · View notes
ypsilonzeta1 · 11 months
Text
Mi fanno male le vite degli altri. Cincischio anch’io a testa in giù, dentro a tutti i raccoglitori di abiti usati e nei cestini dei rifiuti tasto anch’io, mi affaccio sullo scarto, con perizia, riverisco l’immondizia di questo mondo e fanno male tutti i colori, i calzettoni dismessi, i cartoncini, i mozziconi, l’unto sulla carta dei grissini di noi umani; mi fa male la zampa zoppa dei cani e il ludibrio dei baffi tagliati ai gatti; mi fanno male le ali impigliate alle reti e ai fili spinati, che male i topi; mi fa male la bimba sgridata per strada alla mercé dell’umano consorzio, la viva e memoranda umiliazione mi fa male, mi fa male l’ospedale e un’ambulanza parcheggiata per il fortuito fato di un altro disgraziato; mi fa male ogni vecchiezza, vecchiume e che male che fa l’ignara giovinezza. È una ferita la folla e anche la mia sanguina in cima come un punto inutile di altri malanni: soffio via il luridume, il terriccio, lascio che sgorghi sopra acqua corrente a fiotti di convincimenti: tornare qui, nel piccolo, nel respiro, metterci il sole metterci che sono viva e per un po’ guarire il male del mondo, ma il mio no, finché non viene una e mi assomiglia e le fa male la mia vita e io sono l’altra, quella guarita.
Beatrice Zerbini
Beatrice Zerbini - In comode rate - Poesie ed Eventuali
3 notes · View notes
tettine · 1 year
Text
Cambiato il terriccio alla San Severia e mi sono resa conto di aver preso il terriccio per acidofile, moriranno le mie piante? Lo scopriremo presto
3 notes · View notes
la-scigghiu · 1 year
Text
Tumblr media
L’aria odorava di autunno,
anche se non saprei dire esattamente che odore fosse: foglie, terriccio bagnato, muffa e il ricordo dei falò che bruciavano nei giardini sul retro delle case.
.🦋.
Edna O’ Brien
5 notes · View notes
firewalker · 2 years
Note
Ciao, è vero che le insalate in busta sono più povere di nutrienti di quelle in cespo perché il lavaggio industriale toglie tutto, anche quei batteri buoni che aiuterebbero l’intestino? Ho sentito dire questa cosa ma non sono così convito che sia vero. Grazie.
il lavaggio indubbiamente toglie un po' di impurità, e se non riesce a sterilizzare quel che mangi, comunque lo rende più pulito di prima, batteriologicamente parlando.
Detto questo, i batteri non sono dei nutrienti, e sinceramente i batteri buoni preferisco prendermeli con degli yogurt, con dei crauti o con del tempeh, se non proprio con degli integratori specifici, che con il terriccio.
Infine, una busta di insalata tenuta per giorni, magari anche dopo la scadenza (cosa che peggiora più le proprietà organolettiche che quelle microbiologiche), ha sicuramente perso più nutrienti rispetto allo stesso tipo di verdura magari surgelato.
In finale, è la solita risposta: dipende.
Se ben conservata, la verdura di quarta gamma (che così si chiama quella già imbustata) non ha niente da invidiare a quella appena colta.
12 notes · View notes