Tumgik
#Andrea Fracchia
itcars · 2 years
Photo
Tumblr media
Ferrari F40
Image by Andrea Fracchia || IG
418 notes · View notes
itracing · 2 years
Photo
Tumblr media
Porsche 956
Image by Andrea Fracchia || IG
63 notes · View notes
mcwsmith73 · 2 years
Text
Tumblr media
GTO
📸Andrea Fracchia
6 notes · View notes
uriello-bello · 3 years
Text
Tumblr media
This is Gonta Gokuhara from the visual novel “Danganronpa V3″. Given the informations easily found in the internet the kanji of his name and surname can be read as “healthy swarm of bugs” and “Prison meadow”. So....”A healthy swarm of bugs captured in a meadow”? Sound right? Any error or fallacies? Apparently Gonta is a real name.
Let’s move toward something less name-centric.
Tumblr media
This is Naruto Uzumaki. The name is apparently a long pun around the figure of spiral and whirlpool across semiotic, geography, natural events and despicable fishcake for ramen. Whirpool spiral? Naruto can be a proper given name?
All this to say I felt the desire to translate etymologically names from the italian popular culture. 
Ugo Fantozzi: Good-heart child Leonardo Zuliani: Julius' fierce lion Salvo Montalbano: God's salvation on a nice mountain Mercurio Loi: Merchant's salvation Francesco Ingravallo: French carve Enzo Ceccotti: Giant frenchman Giandomenico Fracchia: Sacred torch gifted by the Lord Zeno Cosini: Zeus' stuff Cosimo Piovasco: Cosmic rain Gesualdo Motta: Jesus' salvation in a clot of earth Camillo Tarocci: Disputed God's messanger Marco Buratti: Mars' sieve Paolo Laurano: Little laurel Emilio Largo: Great rival Guido Anselmi: Large holy helm Marco Pagot: Mars' page
1)Popular character from a series of comedy movies created and interpreted by actor and comedian Paolo Villagio. Sort of eternal cult status in the entire Italy to represent the littleness of the "Italiano medio" (Average italian?) 2)Main character of the mockumentary "Pecore in Erba" (Burning Love) 3)Famous sicilian inspector created by Andrea Camilleri from a fortunate mystery book series 4)Main character of the homonymous short-lived comic book series published by Sergio Bonelli Editore. Despite the short life (16 issues) he was awarded with ALL the various italian comic awards. A  flâneur who discover and solves the mysteries of the 19th century Rome. A mix between Poe's Auguste Dupin and Taniguchi's The Walking Man 5)Detective from Gadda's Masterwork "Quer Pasticciaccio brutto de Via Merulana" (That Awful Mess on Via Merulana) 6)The true identity behind the knitted mask of "Jeeg Robot", the redeemed henchman, from the original superhero movie "Lo chiamavano Jeeg Robot" (They Call Me Jeeg) 7)Ugo Fantozzi 1.0 8)Main character from Svevo's psychological novel "La coscienza di Zeno" (Zeno's Coscience) 9)Main character from Calvino's novel "Il barone rampante" (The Baron in the Trees) 10)Main character from Verga's novel "Mastro Don Gesualdo" 11)The violent, controversial, fistfighter priest co-protagonist of various short story collection written by Giovannino Guareschi. Owns various post-bellic arsenal stolen from the fascist and the german, fight people with bench and table. 12)Antihero detective known as "The alligator" from the noir series written by Massimo Carlotto 13)Main character and amateur sleuth from Sciascia's detective novel "A ciascuno il suo" (To each his own). A teacher of italian and latin of a little sicilian town who will discover the meaning of the work "omertà" 14)James Bond villain of the week in "Thunderball" and SPECTRE second in command. 15)Federico Fellini's alter ego in his most famous movie: "8½" 16)I need to explain to tumblr who Porco Rosso is?
1 note · View note
tmnotizie · 4 years
Link
di Tonino Armata
SAN BENEDETTO –  Egregio direttore,
Quella notte pioveva sulla maledizione di Milano. La mattina dopo sono andato alla biblioteca Sormani a Milano per una ricerca proprio sul terrorismo rosso. Tornato in redazione, dopo aver tirato fuori i libri dalla borsa ho appreso dell’uccisione di Walter Tobagi. Nelle redazioni dei periodi e in quelle del settore editoriale lo sgomento era altissimo.
Uccidere un uomo in democrazia, nel cuore dell’Europa civile, con un’azione di guerra in tempo di pace, è una cosa semplice se si supera l’orrore di stroncare una vita, a 33 anni. Bisogna nascondersi dietro la siepe spelacchiata della “Trattoria dei Gemelli”, mimetizzarsi tra i passanti con un berretto di lana blu da calare sul volto quando si punta la calibro 9 corto, tenere con l’altra mano un sacchetto di plastica per raccogliere i bossoli dei sei colpi, garantirsi la via di fuga con una Peugeot 204 grigia che aspetta quasi all’angolo con via Valparaiso, col motore acceso.
Però prima ci sono quei pochi minuti in cui l’assassino deve camminare dietro un uomo libero ma già condannato, deve correre quando lui cambia all’improvviso marciapiede e attraversa la strada, e infine deve sparare, cinque volte, mirando alla schiena, alla spalla destra, a un piede, al fianco sinistro, al torace, prima dell’ultimo colpo alla testa, per la sicurezza di ammazzare. Quei sei proiettili corazzati forano la giacca blu, sbalzano la penna stilografica fuori dal taschino: come per ricordare a tutti che Walter è un giornalista, un grande inviato del Corriere
Lo sapevano bene i suoi killer, borghesi giovanissimi cresciuti in famiglie legate ad ambienti editoriali, contigui ai giornali. Addirittura i genitori della fidanzata di Marco Barbone, il Capo del commando che sparò il colpo di grazia, erano amici di Tobagi. Quei ragazzi volevano promuoversi con azioni sul campo per scalare le Brigate Rosse, e avevano fondato la Brigata XXVIII Marzo per ricordare con quella data i quattro brigatisti uccisi due mesi prima dagli uomini del generale Dalla Chiesa nel covo di via Fracchia, a Genova.
Proprio l’improvvisazione e il dilettantismo avevano reso il gruppo permeabile (anche se capace di uccidere), tanto che un’informativa dei carabinieri su un possibile attentato a Tobagi era stata scritta inutilmente e incredibilmente sei mesi prima dell’agguato. E proprio l’evidente conoscenza del mondo dei giornali consentirà di individuare i killer e di arrestarli.
Venti giorni prima di uccidere Tobagi, infatti, avevano colpito un altro reporter milanese, Guido Passalacqua di Repubblica, un giornalista giovane ma esperto, che indagava con rigore il mondo dell’eversione armata. Questa volta avevano suonato il campanello di casa, dicendo che erano poliziotti. Quando Guido ha aperto la porta sono entrati in tre con le pistole spianate, lo hanno legato a terra, e gli hanno scaricato due colpi col silenziatore in una gamba. Poi lo spray sul muro, «Onore ai compagni di Genova», e la fuga giù per le scale, dopo aver staccato i fili del telefono. Tobagi aveva capito: «Nel mirino ora entrano i riformisti, quelli che cercano di comprendere».
In realtà eravamo nel pieno dell’offensiva armata contro i giornalisti. Nata all’inizio di giugno del terribile ’77, quando in due giorni vengono “gambizzati” tre direttori, Indro Montanelli del Giornale, Emilio Rossi del TG1, Vittorio Bruno del Secolo XIX. Bruno lo aspettano di sera a Genova, quando esce dalla redazione per tornare a casa, e un ragazzo gli spara senza dire una parola.
Rossi lo vanno a prendere in via Teulada, il centro di produzione Rai di Roma, dove si sta avvicinando a piedi mentre legge un libro, appena sceso dall’autobus. Sono un uomo e una donna. Rossi cade colpito al femore, al ginocchio e alla tibia, a due passi dal suo giornale. «Vigliacchi» è invece l’urlo di Montanelli mentre prova a rialzarsi da terra aggrappandosi a un’inferriata nel muro in via Manin a Milano, con quattro proiettili nelle gambe, sparati contro il più noto tra i giornalisti italiani.
Spareranno ancora ad Antonio Garzotto, per 15 anni cronista giudiziario del Gazzettino, mentre ad Abano sta andando a prendere la macchina in garage alle 8 del mattino, il 7 luglio ’77. Mezzo chilometro a piedi, leggendo il giornale, finché si spalanca la porta di un furgone, scende un giovane e spara cinque colpi calibro 7,65 mirando alle gambe.
Due mesi dopo altre cinque pallottole contro Nino Ferrero, un ex carabiniere comunista, che si occupa di spettacoli sulle pagine torinesi dell’Unità. Prima degli spari Ferrero alza una mano cercando di fermarli, denuncia il suo stupore: «Che fate, sono un compagno». Nel volantino lo definiranno «servo del Pci». L’ultimo giornalista colpito, il 24 aprile del ’79, è Franco Piccinelli, direttore della redazione Rai di Torino, ferito da sei colpi di pistola in via Santa Giulia, dov’era arrivato subito dopo la fine del Giornale Radio di mezzogiorno.
E a Torino, il 16 novembre del ’77, va in scena il primo delitto organizzato contro un giornalista. È Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa, partigiano e uomo del Partito d’Azione come molti intellettuali piemontesi che scriveranno sul giornale torinese, da Galante Garrone a Mila, a Jemolo, a Bobbio, a Gorresio. Uomo d’ordine liberale, chiede che lo Stato tuteli la democrazia e la libera convivenza contro l’eversione, ma senza ricorrere a leggi speciali.
Sa di essere in pericolo, va e viene dal giornale insieme con il direttore Arrigo Levi, che è scortato. Ma quel giorno ha dovuto cambiare programma, e l’autista del giornale lo lascia solo davanti a casa in corso Re Umberto 54, appena finita la riunione di redazione, all’ora di pranzo. Ha una cartella coi suoi libri nella mano sinistra, le chiavi nella destra, ma quando la porta sta per rinchiudersi la spalanca Raffaele Fiore, con la stessa mano che sparerà nel massacro di via Fani uccidendo la scorta di Aldo Moro: adesso entra nel palazzo insieme con un altro brigatista, Piero Panciarelli, mentre Patrizio Peci è di copertura all’esterno.
Lo chiamano, non lo conoscono nemmeno anche se hanno deciso di ucciderlo, Casalegno si volta e gli sparano quattro colpi con le Nagant alla testa, centrandolo al volto e sul collo. Morirà dopo 13 giorni di agonia alle Molinette, con il figlio Andrea, di Lotta Continua, che innesca una discussione in tutto il movimento, dicendo che «non si spara a un uomo per le sue idee».
Perché sono le idee e le opinioni espresse negli editoriali e nelle cronache che scatenano l’offensiva terroristica contro i giornali. Tobagi aveva appena scritto che i brigatisti «non sono samurai invincibili», Casalegno aveva chiesto la chiusura dei covi e la fine dell’immunità dei guerriglieri urbani fiancheggiatori, per controllare il fanatismo che è «il peggior male italiano», ma senza ricorrere alla violenza «che distrugge la democrazia senza eliminare il terrorismo, anzi gli regala militanti e giustificazioni».
Il narcisismo nichilista dei brigatisti li rende ossessionati dai giornali. Le “norme di sicurezza” dettate da Moretti spiegano che così come si deve portare sempre l’arma addosso, l’acquisto dei quotidiani non va mai fatto nel quartiere dove si abita; il primo comunicato del sequestro del magistrato Mario Sossi è lasciato in una cabina del telefono avvolto nella pagina 23 della Stampa; nel covo torinese di via Foligno la polizia trova un archivio interamente composto da ritagli di quotidiani. Poi gli attacchi.
Un comunicato dell’aprile ’72 spiega che «i giornali confondono la classe operaia contrabbandando la crescente fascistizzazione dello Stato come esigenza dell’ordine pubblico, e preparano il terreno per un attacco finale». Un altro comunicato dell’aprile 1975 denuncia la «guerra psicologica di certo giornalismo, che organizza il discredito delle organizzazioni rivoluzionarie con l’obiettivo di condizionare l’opinione del semiproletariato e delle aristocrazie operaie», e lancia la prima minaccia: «a questi seminatori di odio e sospetti diamo un ultimo consiglio: riflettano prima di stendere l’ultimo pezzo. Perché alla loro guerra risponderemo con la rappresaglia».
Il Capo delle BR, Mario Moretti, esplicita la strategia: «La simbologia delle nostre azioni armate è affilata e precisa come un intervento chirurgico. Sì, colpiamo i simboli della stampa di regime. È criticabile come ogni altra azione armata, ma non più ingiustificata di altre. Ogni nostra azione è simbolica, agisce sul piano dell’immaginario e della rappresentazione politica». Sparano a un simbolo, dunque.
Ma la morte non è una metafora, e le P38 dietro quel feticcio emblematico lasciano a terra uomini in carne e ossa, con una storia e una famiglia, colpiti per il loro lavoro vissuto come una passione e un dovere, per lo sforzo di capire e far capire, per le loro idee: come Walter Tobagi quarant’anni fa.
Ne ha scritto molto, e così bene da diventare un bersaglio, ma il terrorismo rosso che l’avrebbe ucciso non era al centro dei pensieri di Walter Tobagi, in quella primavera dell’80. Sulla scrivania di casa c’era la bozza della copertina del suo ultimo saggio, uscito postumo, “Che cosa contano i sindacati”.
Dopo anni di studi e inchieste, traccia un bilancio del ruolo fondamentale svolto dalle confederazioni negli anni Settanta che non manca però di denunciare gli errori, dalle rigidità e gli eccessi del “pansindacalismo” al «ritardo nel capire le trasformazioni sociali», gli incipienti mutamenti di sistema, «la scelta corporativa che privilegia chi lavora rispetto a chi non trova occupazione» e dimentica la massa dei non garantiti.
Sindacalista egli stesso, da quando è presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti (settembre 1978) si è molto occupato delle minacce poste alla libertà di stampa da quello che Pansa aveva definito «il processo di normalizzazione [dei quotidiani] attraverso il deficit» e dalle grandi concentrazioni editoriali, a cui proponeva di opporsi in concreto rinforzando gli strumenti a tutela dell’autonomia delle redazioni. La sera prima di essere ucciso, al Circolo della stampa, richiamò, tra i vari problemi, la «gestione gelatinosa dei rapporti editoriali».
Anni dopo, l’allora ministro dell’interno Rognoni rivela come Tobagi, che gli aveva fatto la prima intervista dopo l’insediamento al Viminale, fosse tornato a trovarlo. «Era preoccupato della gestione del giornale», racconta: gli spiegava come alcuni argomenti fossero «insindacabili, sembrava seguissero una logica inafferrabile». Walter Tobagi non lo sapeva, ma la P2 era allora al suo acme, anche dentro il Corriere della sera. Il grumo di potere che verrà alla luce l’anno successivo resta un caso da manuale dei meccanismi di svuotamento della democrazia dall’interno.
Quarant’anni dopo, mentre il brigatismo è materia da storici, i temi che attanagliavano il trentatreenne mite ma appassionato che era Walter Tobagi come giornalista, studioso e sindacalista, sono ferocemente attuali.
0 notes
retegenova · 5 years
Text
;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px”>Tra i Giovani/Seniores a segno Federica Tatini (Pratonevoso Gam Genova) e Andrea Cervetto (Pratonevoso Gam Genova). Angelica Goich (Imperia Sci 2004) e Federico Bergamasco (Grizzly Snow Team) sono i migliori interpreti della categoria Ragazzi, Marina Filippi (Snow Team Sanremo) e Alberto Badino (Imperia Sci 2004) sono i leader tra gli Allievi. Le più importanti prestazioni nella categoria Cuccioli sono firmate da Laila Petrini (Grizzly Snow Team) e Alessio Fracchia (Sci Club Valbormida). Grizzly ancora sugli scudi nel Baby con Cecilia Balbo e Matteo Giovanni Copello. Capitolo Super Baby: Francesca Pera (Ceva) e Pier Giacomo Barabino (Imperia Sci 2004) sono i più veloci a completare il percorso. Tra i Master maggiormente in evidenza, ci sono Cesare Librici (Savona), Simone Tarigo (Sassello) ed Enrico Soracco.
Marco Callai
LoSprint.com
  #gallery-0-5 { margin: auto; } #gallery-0-5 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-0-5 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-0-5 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */
Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
NetParade.it
Quezzi.it
AlfaRecovery.com
Comuni-italiani.it
Il Secolo XIX
CentroRicambiCucine.it
Contatti
Stefano Brizzante
Impianti Elettrici
Informatica Servizi
Edilizia
Il Secolo XIX
MusicforPeace Che Festival
MusicforPeace Programma 29 maggio
Programma eventi Genova Celebra Colombo
Genova Celebra Colombo
Imperia Sci 2004 vince il Trofeo Squeri a Limone ;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px">Tra i Giovani/Seniores a segno Federica Tatini (Pratonevoso Gam Genova) e Andrea Cervetto (Pratonevoso Gam Genova).
0 notes
itcars · 2 years
Photo
Tumblr media
Porsche 911 Turbo (930)
Image by Andrea Fracchia || IG
419 notes · View notes
itcars · 2 years
Photo
Tumblr media
Porsche 911 GT1 Straßenversion
Image by Andrea Fracchia || IG
300 notes · View notes
itcars · 2 years
Photo
Tumblr media
Jaguar XJ220
Image by Andrea Fracchia || IG
204 notes · View notes
itcars · 2 years
Photo
Tumblr media
Bugatti EB110
Image by Andrea Fracchia || IG
183 notes · View notes
retegenova · 5 years
Text
;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px”>Domenica, tra le Ragazze ma questa volta nel Gigante, c’è la riconferma di Angelica Goich (Imperia Sci Duemila4) mentre tra i Ragazzi si impone il compagno di squadra Matteo Russi. Elisa Pagani e Pietro Salsotto concedono il bis tra gli Allievi, spicca invece il successo di Andrea Cervetto (Pratonevoso Gam Genova) tra i Giovani dove la miglior ligure, in campo femminile, è Giulia Russo (Pratonevoso Gam Genova.
Capitolo Superbaby: festa per Sofia Brizzi (Imperia Sci 2004) e Leonardo Tanzillo (Grizzly Snow Team). Tra i Baby oro per Cecilia Balbo  (Grizzly Snow Team) e Natinael Cioffi (Sci Club 3G), i migliori Cuccioli sono Laila Petrini (Grizzly Snow Team) e Alessio Fracchia (Sci Club Valbormida)
Per le classifiche complete: http://www.fisiliguria.com/
Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
NetParade.it
Quezzi.it
AlfaRecovery.com
Comuni-italiani.it
Il Secolo XIX
CentroRicambiCucine.it
Contatti
Stefano Brizzante
Impianti Elettrici
Informatica Servizi
Edilizia
Il Secolo XIX
MusicforPeace Che Festival
MusicforPeace Programma 29 maggio
Programma eventi Genova Celebra Colombo
Genova Celebra Colombo
Limone Piemonte: doppietta Imperia Sci 2004 nelle classifiche speciale e gigante ;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px">Domenica, tra le Ragazze ma questa volta nel Gigante, c’è la riconferma di Angelica Goich (Imperia Sci Duemila4) mentre tra i Ragazzi si impone il compagno di squadra Matteo Russi.
0 notes
tmnotizie · 7 years
Link
Con un doveroso omaggio a Totò a 50 anni dalla scomparsa (al quale la rassegna ha dedicato – negli anni Novanta – due mostre a scopo benefico, un libro ed una “santificazione” laica, nonché consegnato alla figlia Liliana il premio alla memoria nel 1992 e fatto dedicare una via cittadina) e Paolo Villaggio (“Arancia d’Oro” nel 2011, scomparso il 3 luglio scorso, mitico creatore del professor Kranz, Giandomenico Fracchia e, soprattutto, del ragionier Ugo Fantozzi), al Parco delle Rimembranze di Grottammare si è alzato il sipario sulla XXXIII edizione di Cabaret amoremio!, la prima firmata dal neo direttore artistico Savino Cesario dopo l’abbandono di Enzo Iacchetti. Alla fine saranno più di tre le ore di spettacolo – forse un po’ troppe – ambientate in un cantiere aperto (quello reale per la sistemazione della Scuola elementare “G. Speranza”), scenograficamente preparato dalla giovane Valentina Branella a simboleggiare la ricostruzione di un territorio devastato dal sisma.
Ad aprire le danze è stato Mauro Casciari (ex “iena”), un po’ emozionato e si è notato nel suo completo classico ma sportivo e da spiaggia, accompagnato dalla nota imitatrice Gabriella Germani che molti seguono nella trasmissione Edicola Fiore con Fiorello e “disturbato” da un improbabile Don Giorgione, “parroco della chiesetta a conduzione familiare di Cupra Marina”, impersonato da Andrea Di Marco, ex Cavalli Marci con Luca & Paolo, tra gli altri. Dopo la consueta presentazione e i dovuti ringraziamenti, è iniziata la gara: sul palco si sono succeduti sei dei sette concorrenti (la coppia catanese Hermes & Titina ha dato forfait all’ultimo momento), a cominciare dall’unica marchigiana in gara, Laura Marcolini di Macerata (forse la migliore vista ieri sera), che ha interpretato una simpaticissima nonna Palmina al telefono; a seguire Marco Ferrari di Roma (il vincitore delle selezioni di primavera al Teatro delle Energie), Stefano Santomauro di Livorno (che ci ha fornito interessanti informazioni sulle nuove tecnologie), Davide Spatolà di Limbiate (ossia il portatore sano di verticalità dall’alto dei suoi 194 cm), Ruben Spezzati di Odolo (professore di latino con la sua “In vetustae domus acquaria”) e Yuri Primavera di Milano con il suo personaggio del sicinese (padre siciliano, madre cinese, di professione massaggiatrice). Chiusa la gara in poco più di mezz’ora, l’intermezzo musicale del maestro Silvano Belfiore (da Il paese delle meraviglie con Maurizio Crozza) e della cantante marchigiana – bella e brava –  Sally Moriconi (di Gualdo, no Tadino) ha fatto da spartiacque al filotto dei tre ospiti d’onore. Prima di procedere, vogliamo ricordare le due canzoni che ci ha regalato la coppia musicale, in omaggio al grande Totò: “Geppina ragazza di fumo”, tratta dalla colonna sonora del film Risate di gioia del 1960 di Mario Monicelli con, tra gli altri, Anna Magnani, e “La mazurca dei vent’anni” cantata dal principe del sorriso nel film San Giovanni decollato del 1940 per la regia di Amleto Palermi.
Dopo l’intermezzo (un po’ come il sorbetto tra una portata e l’altra in un menu di pesce), è stato David Anzalone a dare il via allo spazio dedicato agli ospiti d’onore: marchigiano di Senigallia, detto Zanza, cresciuto con maestri del calibro di Naira Gonzales, Yvès Lebreton e Leo Bassi, portatore sano di comicità nonostante una tetraparesi spastica dalla nascita, ha delirato il pubblico facendolo ridere parlando del suo essere “diversamente abile”, riportando alla fine l’handicap per ciò che è, senza giri di parole e pregiudizi. “Ci chiamano diversamente abili! Che tu stai tutta la vita a guardarti e a chiederti: ma a che cosa sarò abile io?” la sua chiusa ad un intervento che, oltre a far ridere, ha fatto riflettere in molti sui veri problemi della vita. A seguire è salito Paolo Cevoli (o meglio, all’anagrafe Pietro Paolo), imprenditore nel campo turistico prestato al cabaret, divenuto famoso a Zelig (la trasmissione “cult” del nuovo Millennio) con il suo Assessore alle Attività varie ed eventuali del Comune di Roncofritto Palmiro Cangini, quello che dice tutto senza dire niente, un po’ come molti politici di mestiere di oggi. Prima di chiudere il suo intervento con un accenno al personaggio che lo ha reso famoso nel 2002 (con tanto di fascia tricolore), ha deliziato il pubblico con scene di vita vera vissute alla scuola della Pensione Cinzia di Riccione, zero stelle, ma tanta umanità. Il “patacca figlio di un patacca che nella sua vita non ha mai finito un discorso”, come si è autodefinito, ha anche lui sangue marchigiano essendo la madre di Porto Potenza Picena, con cugini a Loreto. E vedere ridere di cuore Gino Troli, presidente dell’Amat e giurato del concorso, di solito sempre serio e compìto, è la dimostrazione migliore di quanto abbia colpito nel segno l’intervento a colpi di “ignorantezza” dell’ex assessore promulgatore di “fatti, non pugnette”. Si arriva così alla fine con la consegna da parte del sindaco, Enrico Piergallini, della prima “Arancia d’Oro” della stagione al comico romano Maurizio Battista che, giusto una ventina di anni fa, venne scartato dal concorso per comici emergenti ai provini effettuati al Ghibli durante l’inverno ma che ieri si è preso una bella rivincita ritirando il massimo riconoscimento della rassegna: “o hanno sbagliato allora, o hanno sbagliato oggi: è da verificare”, ha così sentenziato scherzosamente il cabarettista divenuto famoso per la sua satira che prende di mira i comportamenti delle donne negli aspetti della quotidianità, portati ovviamente all’eccesso. Dopo la consegna del premio (realizzato per la prima volta nel 1988 su disegno di Mario Lupo), ha iniziato la sua performance mettendo subito in chiaro un concetto: “La mia forza è che racconto la mia vita, senza trucchi né inganni”. E giù a “sparlare” delle sue tre mogli, l’ultima delle quali gli ha “regalato” una bella bambina che ha da poco compiuto un anno (auguri!). Peccato che non ha fatto riferimento alla marchigianità della sua prima moglie, avrebbe chiuso alla grande il trittico degli ospiti con un qualcosa di “nostro” nelle vene. Questa, comunque, la motivazione che ha accompagnato la sua premiazione: “Per aver saputo imporre – in quarant’anni di carriera vissuta sui principali palchi teatrali e televisivi nazionali – la sua comicità genuina, ispirata dalla realtà quotidiana, a presa diretta sul vero, capace attraverso l’eccesso e la deformazione di rivelare gli aspetti grotteschi, divertenti e terribili della vita, proponendo al di là della risata un’interpretazione critica dell’Italia in cui viviamo”.
In attesa della serata finale di stasera che decreterà il vincitore del concorso per comici emergenti (quest’anno i sei finalisti hanno finalmente qualcosa da dire, rispetto alle ultime, deludenti, edizioni; pertanto va ringraziata l’Associazione Lido degli Aranci che ne cura – tra mille difficoltà – la selezione) e ricordando il fotografo Antonio Biocca che è mancato prematuramente il 3 agosto scorso, presenza fissa al festival e in tutte le manifestazioni organizzate dal Comune di Grottammare (sentite condoglianze alla famiglia), chiudiamo con una massima di Paolo Villaggio: “Il comico non diventa mai adulto, resta sempre un bambino”.
  Felice Sorridente
  Testo © dell’Autore e dell’Editore
Nella foto (© di Antonio Biocca), Paolo Villaggio con il giurato Michele Rossi nel 2011
The post Grottammare, un pieno di comicità appeared first on TM notizie - ultime notizie di OGGI, cronaca, sport.
0 notes