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#Booker Ervin
musicollage · 1 year
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Charles Mingus - Mingus Ah Um. 1959 : Columbia CL 1370.
! acquire the album ★ attach a coffee !
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newjazzthings · 2 months
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Booker Ervin - Blues For You(Vinyl)
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jazzdailyblog · 5 months
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Booker Ervin's Sonic Odyssey: "The Freedom Book" Unveiled
Introduction: In jazz, certain albums stand as timeless artifacts, encapsulating the essence of an era while pushing the boundaries of musical expression. “The Freedom Book,” an exquisite creation by American jazz saxophonist Booker Ervin, is a testament to the transformative power of post-bop and hard bop in the early 1960s. Released in March 1964 under the Prestige label, this album remains a…
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arterrorist · 6 months
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It should be more widely recognised as a jazz classic. Groovy, avant, gentle and fabulous!
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sgurumiyaji · 2 years
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「Sounds of Inner City」Booker Little & Booker Ervin
ジャケットに何のデータも無いので、メンバーなど謎だったのですが、YouTubeにデータが載ってたのでコピペしておきます。但し録音日が62年とありますが、リトルが亡くなったのが61年なので、そこは間違ってるかと思われます。
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僕のお気に入りの2人のBookerが共演してるアルバムが有ったなんて驚きです。そしてブート盤かと思いきや、音質もかなり良い!とても良い買い物が出来ました。
二人とも絶好調で、特にリトルはマックス・ローチの影響で音楽が難解になって行くのですが、ここではとても明解です。張りのある音色で歌い上げる様は心地良いの一言。アーヴィンも豪放磊落なプレイが素晴らしい。マル・ウォルドロンが居るので、サウンドから5 Spotのドルフィーが思い出されますが、あれよりはかなり統制も取れていて、また、リトルの個性が死んでないのが良いです。
良いアルバムだと思います。
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craigfernandez · 1 year
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diyeipetea · 2 years
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Candid Records #2: reeditando joyas. Por Pachi Tapiz. HDO 551 [Podcast]
Candid Records #2: reeditando joyas. Por Pachi Tapiz. HDO 551 [Podcast]
El sello Candid Records continúa reeditando las joyas de su catálogo histórico, una colección de gemas que entre 1960 y 1961 lanzó bajo la dirección artística de Nat Hentoff. En HDO 551 escuchamos diez temas, a dos por cada una de las grabaciones del segundo lote de reediciones del catálogo histórico de Candid Records.   La segunda entrega de estas reediciones incluyen obras de Cecil Taylor (The…
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nofoodjustwax · 2 years
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Charles Mingus - Mingus Mingus Mingus Mingus Mingus
Charles Mingus – Mingus Mingus Mingus Mingus Mingus
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aitan · 2 months
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CHARLES MINGUS E ORSON WELLES
CAPODANNO AL FIVE SPOT
Capodanno 1959, seduto in prima fila, proprio sotto il contrabbasso di Mingus c’era Orson Welles, quasi un alter ego del jazzista, per genialità, esuberanza, fierezza, complessità. E anche per le tante disavventure artistiche. Per Mingus era un idolo, lo seguiva dai tempi radiofonici di The war of worlds, adorava Quarto potere (dove in una scena c'era il suo amico d'infanzia Buddy Collette che suonava il sax in una festa sulla spiaggia), ammirava il suo modo di vestire, il suo impegno politico (sempre in prima linea per la difesa dei diritti civili, il suo Macbeth tutto nero è del 1936), la sua voce (“mi ricorda Coleman Hawkins. Potevi sentirla a un miglio di distanza”). E non era il solo jazzista a essere stato sedotto dalla voce radiofonica di Orson Welles, anche Miles Davis lo citava come un’influenza sul suo modo di suonare: “Fraseggio, tono, intonazione: tutte queste cose possono avere come modello un maestro della parola”.
Il 1959 sarà un anno d’oro del jazz per quantità, qualità, creatività. Al Five spot, piccolo, fumoso, maleodorante locale di Bowery, scelto come luogo di riferimento da artisti e intellettuali, l'anno comincia con un formidabile double bill: sono di scena, uno dopo l’altro, Sonny Rollins, alla testa di un trio con il bassista Henry Grimes e con il batterista Pete La Rocca, e Charles Mingus con il pianista Horace Parlan, il batterista Roy Haynes (che sostituisce il fedelissimo Dannie Richmond arrestato) e i sassofonisti Booker Ervin e John Handy. È la prima sera dell’anno, ma nel club di Bowery dei fratelli Joe e Iggy Termini è anche l’ultimo impegno di quel prestigioso, favoloso cartellone con Mingus molto irrequieto per tutta la scrittura. Aveva appena registrato la musica per il film di John Cassavetes Shadows, una colonna sonora bocciata nel rimontaggio finale (la stessa cosa sarebbe successa anni dopo con Todo modo di Petri), aveva ripreso i suoi musicisti brutalmente e una volta aveva minacciato violentemente i clienti di un tavolo che, durante il suo set, non smettevano di parlare. Oltretutto ogni sera tendeva ad allargare il suo set e Sonny si inferociva, talvolta rifiutandosi di suonare. Ma era un gran clima, entusiasmante e effervescente. Rollins era in un momento di transizione, alla vigilia di un ritiro clamoroso per rinnovare il linguaggio del suo sax tenore con il leggendario e solitario corso di aggiornamento stilistico sul ponte di Williamsburg: «In un posto tranquillissimo, un angolo morto che oggi sarebbe impossibile ritrovare con il traffico che c’è» il suo racconto, dove poteva esercitarsi liberamente.
Anche Welles, come Mingus, era reduce da una delusione cinematografica: la Universal gli aveva tolto di mano la post-produzione del nuovo film, L’infernale Quinlan, ne aveva tagliato una ventina di minuti e aveva fatto girare nuove scene, modificando il primo montaggio. Più o meno nello stesso periodo era finito in soffitta un documentario intitolato Viva Italia (Portrait of Gina) perché Gina Lollobrigida aveva messo un veto, non gradendo il suo ritratto di giovane attrice ambiziosa e la Abc tv lo aveva bocciato ritenendolo cosi poco ortodosso da non poter essere trasmesso. Era un film di mezz’ora scarsa sull’Italia, paese che Orson ha frequentato per 20 anni (la terza moglie è stata l’attrice italiana, Paola Mori). Dopo un lungo oblio (Orson aveva perduto l'unica copia esistente all'Hotel Ritz di Parigi) è stato riscoperto nel 1986, proiettato al festival di Venezia ma poi di nuovo bandito su intervento della Lollobrigida.
La presenza del regista di Quarto potere al Five spot non era casuale
Nel club di Bowery si poteva incontrare chiunque, da Jack Kerouac che leggeva le sue poesie, alla mitica baronessa Pannonica de Koenigswater scesa dalla sua Rolls Royce, a William de Kooning che voleva respirare la libertà del jazz, a Leonard Bernstein che si divertiva a curiosare nella notte, allo scrittore Norman Mailer con la sua passione per quella musica. Ma la musica da sempre è stata una grande passione di Welles. La mamma pianista gli aveva fatto prendere lezioni di piano e violino e Orson aveva anche mostrato un certo talento, tanto da essere considerato un ragazzo prodigio. In gioventù era stato un grande sostenitore del jazz di New Orleans, ma sicuramente ammirava Charles Mingus per la sua musica e la sua personalità, il suo impegno, il suo agire tellurico.
(Marco Molendini)
Non potevo non condividerlo.
Due miei ingombranti miti nella stessa foto, nello stesso locale, nello stesso articolo.
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projazznet · 4 months
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Booker Ervin – The Song Book
The Song Book is an album by American jazz saxophonist Booker Ervin featuring performances recorded in 1964 for the Prestige label. Ervin and his quartet (with pianist Tommy Flanagan, bassist Richard Davis and drummer Alan Dawson) come up with fresh interpretations of the warhorses. Booker Ervin never sounded like anyone else. (Scott Yanow/AllMusic).
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bamboomusiclist · 2 months
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3/12 おはようございます。 Ashford & Simpson / Love Don't Make It Right - Finally Got To Me WBS49269 等更新しました。
Margaret Whiting / sings Jerome Kern Song Book vol2 mgvs6158 Georgia Gibbs / Swinging with Her Nibs Mg20170 Clifford Brown / featuring Zoot Sims lde158/pjlp-19 Art Farmer Quintet / featuring Gigi Gryce volume2 Prlp209 Elliot Lawrence / Big Band Sound 8031 Booker Ervin / Setting the Pace Prst7455 Wes Montgomery / Willow Weep for Me v6-8765 Duke Jordan / Tivoli Two scs1193 Ray Brown / Something For Lester s7641 Bill Evans / Re Person I Knew F9608 Grover Washington Jr / Reed Seed M7-910r1 Grover Washington jr / All the Kings Horses KU-07 Louis Hayes / Variety Is The Spice G787 Teca & Ricardo / Povo Daqui 064422865 Sergio Mendes / Sergio Mendes 7e-1027 Sergio Mendes / Brasil '88 6E-134 Lol Coxhill / Diverse OG510 Benny Johnson / Baby I Love You - Give It Up ts1527 Ashford & Simpson / Love Don't Make It Right - Finally Got To Me WBS49269 Chuck Roberson / I Don't Think You Heard Me Yet T-0001
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~bamboo music~
530-0028 大阪市北区万歳町3-41 シロノビル104号
06-6363-2700
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newjazzthings · 2 months
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BOOKER ERVIN / LAMENT FOR BOOKER ERVIN
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jazzdailyblog · 1 year
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Mingus Ah Um: The Timeless Brilliance of Charles Mingus
Introduction: In the vast realm of jazz, few albums have achieved the iconic status and lasting influence of “Mingus Ah Um.” Released in 1959, this groundbreaking work by bassist and composer Charles Mingus remains a cornerstone of jazz history, showcasing Mingus’ artistic brilliance, compositional genius, and distinctive musical vision. In this blog post, we embark on a journey to explore the…
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arterrorist · 6 months
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That’s what I call an entertaining session 🤗 Booker Ervin (in an excellent company) is cookin’ indeed.
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mistermaxxx08 · 3 months
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Booker Ervin - You Don't Know What Love Is
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jpbjazz · 3 months
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LÉGENDES DU JAZZ
APPELEZ-MOI NHOP
“Niels Pedersen is the type of player whose talents on his instrument are such that he is almost unaware of what he does. His virtuosity on the bass surpasses anyone else that I have known. His melodic sense is impeccable, his choice of harmonic sequences is a pure delight to play with, and his time is flawless.... He is now arguably the most inventive bassist in jazz.”
- Oscar Peterson
Niels Henning Orsted-Pedersen est né le 27 mai 1946 à Osted, près de Roskilde, sur l’île de Zélande, au Danemark. Pedersen a grandi dans une famille musicale: sa mère jouait de l’orgue à l’église. Pedersen a appris a jouer du piano durant son enfance avant de passer à la contrebasse à l’âge de treize ans. L’année suivante, Pederson avait amorcé sa carrière de musicien de jazz professionnel avec son premier groupe, le Jazzkvintet 60.
DÉBUTS DE CARRIÈRE
Pedersen était si talentueux qu’à l’âge de quinze ans, il avait commencé à accompagner les plus grands musiciens de jazz dans les clubs, notamment au Jazzhus Montmartre de Copenhague, où il avait fait ses débuts la veille du Jour de l’an de 1961. Véritable surdoué, à l’âge de seulement dix-sept ans, Pedersen avait reçu une offre pour se joindre à l’orchestre de Count Basie, mais il avait dû décliner la proposition, car il n’avait pu obtenir un contrat de travail aux États-Unis en raison de son jeune âge.
Le Jazzhus Montmartre de Copenhague étant très fréquenté par les plus grands musiciens de jazz américains, Pedersen était devenu le contrebassiste de prédilection de saxophonistes comme Booker Ervin, Sonny Rollins, Dexter Gordon, Rahsaan Roland Kirk et Stan Getz, ainsi que du pianiste Bill Evans, avec qui il avait fait une tournée en Europe en 1965. Durant les années 1960, Pederson avait aussi joué avec plusieurs autres musiciens de jazz américains qui étaient en tournée ou vivaient en exil au Danemark, dont Ben Webster, Brew Moore, Bud Powell (avec qui il avait enregistré), Count Basie, Roy Eldridge, Quincy Jones, Johnny Griffin, Dizzy Gillespie, Milt Jackson, Jackie McLean et Ella Fitzgerald. Par la suite, Pederson s’était également produit avec Chet Baker, Miles Davis et Dizzy Gillespie. Musicien polyvalent, Pedersen, qui serait bientôt connu sous l’acronyme de NHOP, jouait même de la basse électrique à l'Underground Railroad.
Au cours de cette période, Pedersen avait aussi formé des groupes pariculièrement innovateurs avec deux trompettistes de Copenhague, Palle Mikkelborg et Allan Botschinsky. Pedersen avait également travaillé avec la chanteuse portugaise Maria Joao. De la fin des années 1960 jusqu’au milieu des années 1970, Pederson avait retrouvé le saxophoniste Dexter Gordon, avec qui il avait développé une longue collaboration au cours des années suivantes.
C’est après avoir travaillé avec Gordon que NHOP avait été contacté par le pianiste Oscar Peterson, avec qui il était demeuré de 1973 à 1987. Lors d’une tournée en Europe, le contrebassiste de Peterson, George Mraz, un tchèque qui avait fui le Bloc de l’Est au milieu de la Guerre froide, avait soudainement réalisé qu’il ne pourrait se rendre de l’autre côté du Rideau de fer sans devoir rendre des comptes aux autorités communistes. Forcé de se trouver un contrebassiste de toute urgence, Peterson avait consulté son ancien partenaire Ray Brown, qui lui avait proposé la candidature de NHOP. Faisant référence à la rapidité d’exécution de son ancien patron, Brown avait déclaré: “He’s the only one that I know who might keep up with you.”
Dans le cadre d’un article publié dans le magazine Jazz Times, Oscar Peterson avait décrit ainsi sa collaboration avec le contrebassiste danois:
‘’After hearing this phenomenal talent on bass, I realized that somehow, someday we should meet, thereby giving me the opportunity to also play with him. This vision and thought took place in the early 1970s, when I was fortunate enough to be able to invite him to join my then trio. {...} He had the most phenomenal technique, coupled with impeccable time. {...} Almost from that evening on, we became very close friends, not just musically but most certainly personally, for I developed a great admiration for the depth of Niels’ political, geographical and personal understandings. He was a man who had an almost unbelievable wealth of historic cognizance pertaining to European history. He also had a very kindred spirit as a human being, always able to easily make good friends, should he care to do so.’’
Lorsque Peterson avait repris sa carrière à la fin des années 1990 après avoir été victime d’une grave attaque cardiaque, NHOP s’était assuré que le retour du pianiste connaisse un grand succès. Comme Peterson l’avait reconnu dans son autobiographie intitulée “A Jazz Odyssey: The Life of Oscar Peterson” publiée en 2002, “Niels Pedersen is the type of player whose talents on his instrument are such that he is almost unaware of what he does. His virtuosity on the bass surpasses anyone else that I have known. His melodic sense is impeccable, his choice of harmonic sequences is a pure delight to play with, and his time is flawless.... He is now arguably the most inventive bassist in jazz.”
Commentant les débuts de sa collaboration avec NHOP, Peterson avait ajouté:
“From the first night that my dear friend Audrey Genovese of Chicago played a Dexter Gordon record that featured Niels Pedersen on bass, I realized that this musical giant and I might someday have the pleasure and occasion of not just meeting but also playing together. This vision and thought took place in the early 1970s when I was fortunate enough to be able to invite him to join my then trio. I vividly remember Niels stepping in without any fanfare (or rehearsal) for the first concert. This turned out to be a totally impromptu performance. I selected tunes that I had obtained an OK from Niels about, and believe it or not, we managed to have a wonderful performance that evening, filled with exciting spontaneity and musical searching into each other’s jazz thinking.’
After the concert, I immediately thanked Niels and told him how much I enjoyed playing with him, even considering the unexpected spontaneity that we had to work through. The audience seemed to have really enjoyed the evening. The following day I called Norman Granz and apparently was overly excited about the immediate cohesion that took place between Niels and myself the evening before. With his usual ad lib and spontaneous reaction, Norman said, “If it was that good to play with him, why don’t you use him as your regular bassist?” Needless to say, I am happy that this took place, and Niels has remained in my group until his recent unfortunate passing.’’
Parallèlement à son travail avec le trio d’Oscar Peterson, NHOP a aussi enregistré en 1978 avec le guitariste Joe Pass l’album ‘’Chops’’. Pedersen a également travaillé avec le pianiste catalan Tete Montoliu et le batteur Albert ‘’Tootie’’ Heath, avec qui il avait enregistré quatre albums au milieu des années 1970, dont ‘’Catalonian Fire’’ en 1974. Au cours de cette période, Pedersen est aussi devenu le contrebassiste attitré des disques Pablo de Norman Granz.
En 1980, Pedersen avait également enregistré avec le saxophoniste Archie Shepp un album-hommage à Charlie Parker intitulé ‘’Lookin' At Bird.’’ De 1964 à 1982, Pedersen avait également été membre du Danish Radio Big Band, un groupe de réputation internationale avec qui il avait enregistré l’album ‘’Ambiance’’ en 1993.
DERNIÈRES ANNÉES
Outre sa collaboration avec Peterson, NHOP a aussi longtemps travaillé en duo et en trio avec le pianiste Kenny Drew, avec qui il a enregistré plus de cinquante albums. Pedersen a également collaboré avec Stéphane Grappelli et Joe Pass. Il a aussi enregistré comme leader de ses propres formations à quelques reprises. Parmi les compositions les plus connues de Pedersen, on remarquait "My Little Anna", "Jaywalkin'", "The Puzzle". Pedersen a également écrit des arrangements jazz de chansons traditionnelles danoises. Une performance en duo de Pedersen avec Rune Gustafsson dans le cadre du Vossajazz 1980 avait conduit à l’enregistrement six mois plus tard de l’album ‘’Just The Way You Are’’. L’album s’était mérité le Nordic Council Music Prize en 1991.
Particulièrement habile dans l’interprétation de chansons folkloriques danoises, Pedersen s’est souvent produit dans le cadre de trios mettant en vedette le trompettiste Palle Mikkelborg et le claviériste Kenneth Knudsen. Pedersen s’est aussi produit comme leader de ses propres groupes, habituellement avec des guitaristes comme Philip Catherine et Ulf Wakenius. En 1999, Pedersen a aussi co-dirigé un duo avec le pianiste Mulgrew Miller, avec qui il a fait une tournée en Europe, au Japon, en Australie et en Corée. Le duo s’était éventuellement transformé en trio avec l’ajout du batteur Alvin Queen. Le trio avait poursuivi ses activités jusqu’à la mort de Pedersen.
Niels Henning Ørsted Pedersen est mort d’une crise cardiaque le 19 avril 2005 à sa résidence d’Ishoj, au sud de Copenhague. Il était âgé de cinquante-huit ans. Les causes exactes de sa mort n’ont pas été précisées. Pedersen laissait dans le deuil son épouse Solveig et ses trois enfants.
Reconnu comme un des instrumentistes danois les plus connus sur la planète, Pedersen a remporté de nombreux honneurs au cours de sa carrière, dont un prix Grammy pour son album en trio avec Oscar Peterson et Joe Pass en 1974. En 1981, Pedersen a également été élu contrebassiste de l’année dans le cadre d’un sondage des critiques du magazine Down Beat.
D’abord essentiellement utilisée comme instrument rythmique, la contrebasse avait vu son rôle être considérablement accru entre les années 1930 et 1960. Doté d’une technique impressionnante, Pedersen était si habile qu’il pouvait frapper les cordes de son instrument avec les quatre doigts de sa main droite, alors que la plupart des contrebassistes se servaient habituellement que d’un ou deux doigts. C’est d’ailleurs la rapidité de NHOP qui lui avait permis de prendre la relève de Ray Brown avec le trio d’Oscar Peterson. Reconnu pour ses talents d’innovateur, NHOP possédait d’ailleurs toutes les qualités qu’on exigeait d’un contrebassiste moderne: en plus d’avoir un son riche, Pedersen avait une grande imagination pour improviser ainsi que d’excellentes qualités d’écoute et un important sens du soul.
Même si Pedersen avait surtout été associé à un jazz plutôt traditionnel, il s’était également produit avec des légendes du free jazz comme Archie Shepp et Albert Ayler. Il avait également collaboré avec les pianistes Michel Petrucciani et Kenneth Knudsen. Pederson, qui a aussi entrepris une carrière d’enseignant, a été professeur au Rytmiske Musikkonservatorium (Conservatoire rythmique) de Copenhague.
Également musicien de studio prolifique, Pedersen a enregistré plus de 400 albums entre le milieu des années 1960 et le milieu des années 1980. Même s’il avait enregistré des centaines d’albums, Pedersen a très peu enregistré comme leader de ses propres formations. L’un de ses derniers albums sous son nom, intitulé “Friends Forever” (1997), lui a mérité les éloges du critique du New York Times, Don Heckman. Dans sa critique, Heckman avait commenté que l’album avait donné ‘’plenty of opportunities for Orsted Pedersen to stretch out with his solos. And he makes the most of them.” Heckman avait ajouté: “Less obvious than his soloing, but in some respects even more impressive, are his accompaniments. Over and over, his choice of notes enriches the harmonies of his songs, and the placement of his lines -- always done with meticulous precision -- brings an almost Baroque-like contrapuntal quality to the music. Subtle, understated but masterful, it is the work of a jazzman whose talent is unbounded.”
Très apprécié des autres musiciens, Pederson avait inspiré le commentaire suivant au batteur Aldo Romano: "C'était un monstre de l'harmonie. Il passait les harmonies comme un pianiste". Romano ne croyait sans doute pas si bien dire, puisque Pedersen excellait également au piano. Comme l’avait reconnu Oscar Peterson dans son autobiographie:
‘’One point that I must make here that perhaps is not known by many people, is that Niels could also play the piano (many times sitting in for me in the pre-concert sound checks). I know he had a great love for the piano, which we saw when, on a visit to the Bosendorfer piano showroom, he was lovingly impressed with the Bosendorfer grand that I eventually picked out as my own choice. Over time, I dubbed him (and announced him as) the Viking. He seemed to enjoy this title, and for some reason, it stuck to him. Niels-Henning was a player of unbelievable talent and dexterity, but selfishly speaking, personally, he became my closest friend and brother, and I shall never forget him or his talent. God bless you, Niels, and may you brighten up the musical world in Heaven as you have done on this earth.”
©-2024, tous droits réservés, Les Productions de l’Imaginaire historique
SOURCES:
FORDHAM, John. ‘’Niels-Henning Orsted Pederson.’’ The Guardian, 21 mai 2005.
‘’Niels Henning, Orsted-Pedersen.’’ Wikipedia, 2023.
‘’Niels Henning, Orsted-Pedersen.’’ All About Jazz, 2023.
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