Tumgik
#Polizia Arcobaleno
noth94 · 2 years
Text
Diritti? Non è la marca dei cioccolatini?
Diritti? Non è la marca dei cioccolatini?
Ahhh… che bello vivere in questo millennio, sono passati solo 22 anni dall’inizio è già si sente in lontananza l’eco del 1400, dove guerre, pestilenze, miseria, negazione dei diritti fondamentali dell’uomo e tanto altro, vengono meno per dare spazio al credo degli stessi che davano la caccia alle streghe… quale miglior tempo in cui vivere? Ancora nel 2022 dobbiamo constatare che nessun diritto è…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
giuseppe-carta · 1 year
Text
Circufolla* torna a Gaziantep e irradia l'arcobaleno
Tutto l’articolo su CIRCUFOLLA https://circufolla.wordpress.com/2023/01/21/circufolla-torna-a-gaziantep-e-irradia-larcobaleno/
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
riflussi · 1 year
Text
So che come sempre arrivo tardi. Quindi scriverò qui su tumblr piuttosto che su altri social.
Torino sfibra. Torino ti fa invecchiare di colpo nell'arco di pochi mesi. Torino ti toglie la voce, non ti permette di essere come vuoi. Una mia amica ha detto che "se sei arcobaleno, ti fa diventare grigia". E lo fa urlandoti contro che sbagli. Lo fa inventandosi regole che non esistono. Lo fa usando la polizia come mezzo per rimetterti in riga.
Perché non è possibile che il 24 aprile, vigilia della liberazione, la polizia usi violenza sui manifestanti. Ancora una volta, come in ogni manifestazione qua a Torino, scorre sangue per le strade. E io sono stanca. E vorrei fare qualcosa, per sentirmi utile, per poter cambiare questa mentalità di merda.
Ma Torino ti toglie la voce. E non la toglie solo a me, la toglie ad ogni realtà che esprime dissenso. Ma io sono stanca e voglio esprimermi come cazzo mi pare e urlare al mondo che i nazi-fascisti presero potere sotto gli occhi di tutti, con l'approvazione generale di chi credeva che le ronde fossero cosa giusta.
Quando pensate che la polizia abbia ragione a picchiare, domandatevi sempre se è normale che succeda sistematicamente. Domandatevi da che parte state. Domandatevi se lo Stato dovrebbe permettersi di picchiare i suoi cittadini senza (o quasi) alcun motivo.
Perché occhio per occhio dente per dente non funziona più, siamo un po' oltre quella fase della nostra civilità.
Ps: se avete associazioni e/o centri sociali da suggerire su Torino mi dareste una grande mano, non so da che parte cominciare e mi sembrano un po' tutti identici.
12 notes · View notes
lamilanomagazine · 14 days
Text
Verona. Cade albero in un'area della Scuola dell'infanzia Arcobaleno a causa del forte vento. 
Tumblr media
Verona. Cade albero in un'area della Scuola dell'infanzia Arcobaleno a causa del forte vento.  Intorno alle 14.30 di martedì 16 aprile, alla scuola dell'infanzia Arcobaleno, in via Duse a Ponte Crencano, a causa del forte vento una pianta è caduta contro la struttura scolastica, causando il danneggiamento di parte del tetto. Nessun ferito. L'area interessata dall'incidente era già interdetta ai bambini. La scuola attualmente è soggetta a lavori di manutenzione e gli operai nell'area di cantiere al momento dell'incidente erano all'opera per il montaggio delle impalcature e non nel punto di caduta. Sul posto sono immediatamente intervenuti i Vigili del Fuoco, che stanno procedendo con il taglio dell'albero, un grande cedro, e la sistemazione provvisoria della parte di tetto lesionata, per impedire il possibile ingresso di acqua a causa delle precipitazioni previste già per questa sera. Presenti, oltre all'assessora alle Politiche scolastiche, anche gli agenti della Polizia locale e i responsabili Amia. Monitoraggio piante e verde da parte di Amia. Dallo scorso settembre è in corso uno screening di tutte le alberature presenti nei parchi e nei giardini delle scuole comunali. Per quanto riguarda il verde dell'istituto Arcobaleno è già stata eseguita da parte dei tecnici Amia l'analisi delle circa trenta piante presenti. Tre sono state abbattute e sostituite nelle scorse settimane. Il cedro in questione è stato catalogato a rischio moderato e nei prossimi giorni sarebbe stato sottoposto alle prove di trazione e ad ulteriori indagini strumentali volte a certificare il grado di staticità. L'evento atmosferico intenso del pomeriggio ha però causato il cedimento di parte del fusto. Gli interventi da parte di Amia proseguono anche durante la settimane. In programma una serie di potature, abbattimenti e sostituzioni in una quindicina di scuole, nell'ottica di un sempre maggiore e costante monitoraggio per prevenire eventi accidentali.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
giancarlonicoli · 9 months
Text
3 ago 2023 11:18
L'IPOCRISIA DEI POTENTI IN IRAN: CENSURANO I GAY MA AMANO IL CAZZO – IN UN VIDEO DIFFUSO SU TELEGRAM SI VEDE UN RESPONSABILE PER I “VALORI ISLAMICI” DEL MINISTERO DELLA CULTURA IRANIANA AVERE UN RAPPORTO SESSUALE CON UN ALTRO UOMO – IL FILMATO È DIVENTATO UN CASO POLITICO IN UN PAESE NEL QUALE L’OMOSESSUALITÀ È VIETATA E PUNITA – E POCHI GIORNI PRIMA, UN ALTRO MULLAH ERA STATO RIMOSSO DALL'INCARICO SEMPRE PERCHÉ RIPRESO A FARE SESSO CON UN RAGAZZO… -
Estratto dell'articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
Una serie di leak sulla vita sessuale di funzionari e mullah sta mettendo in imbarazzo le autorità iraniane. Cresce il numero di chi denuncia l’ipocrisia del sistema – in un Paese in cui l’omosessualità è vietata e punita […]
La storia inizia nella provincia di Gilan, nel Nord dell’Iran, dove Reza Tsaghati si occupava di far rispettare i “valori islamici” per conto del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico e organizzava workshop su “hijab e castità”. Cinque giorni fa è stato sospeso dall’incarico dopo la diffusione online di un video che lo mostrerebbe mentre ha rapporti sessuali con un altro uomo.
Condiviso migliaia di volte, è stato pubblicato da un canale Telegram legato dell’opposizione in Germania, Radio Gilan.  Non è possibile verificare in modo certo e indipendente se la persona nel video sia Tsaghati, ma è stato lo stesso ministero della Cultura, indirettamente, a chiamarlo in causa sostenendo che non c’erano stati “rapporti negativi” sul suo conto prima di questo episodio.
L’ufficio di cui Gilan era responsabile ha rilasciato una dichiarazione parlando del «sospetto passo falso del direttore dell’orientamento islamico». […]
Pochi giorni prima un altro mullah dello stesso dipartimento “anti-vizio”, Mehdi Haghshenas, era stato messo da parte con discrezione per lo stesso motivo: immagini di un suo rapporto intimo con un altro uomo diffuse online.
[…]
I leak hanno suscitato un’ondata di indignazione. Sotto accusa non c’è, ovviamente, l’omosessualità. Tutt’altro. «Questi casi devono servire a denunciare l’ipocrisia del sistema, che reprime ogni libertà e impone con la forza la sua presunta morale, e a far fare un passo avanti sui diritti Lgbt+ in Iran», spiega Arash, attivista iraniano che vive in Europa.
L’Iran è uno dei Paesi al mondo con le leggi più severe contro l’omosessualità, punita nei casi più espliciti anche con la pena di morte. La comunità Lgbt+ deve affrontare discriminazioni quotidiane, pure esporre una bandiera arcobaleno può comportare un alto rischio.
[…]
L’affaire Tsaghati arriva a quasi un mese dall’anniversario della morte di Mahsa Amini, la 22enne arrestata un anno fa dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo e deceduta due giorni dopo in ospedale. Il movimento pro-democrazia nato dal quel lutto si è battuto per mesi chiedendo l’abolizione del velo obbligatorio e più diritti politici e civili. La disobbedienza civile ha contagiato diversi settori, e in molte parti del Paese le donne si rifiutano di indossare l’hijab. […]
0 notes
Photo
Tumblr media
Perché alla fine spunta sempre il sole. E l'arcobaleno. Anzi, gli arcobaleni! Meraviglia...❤️ malo #malowriter #mauriziolorenzi #photooftheday #bellezza #mondo #world #window #fly #sunset #sardegna #abbasanta #caip #poliziadistato #polizia #arcobaleno #rainbow (presso Abbasanta) https://www.instagram.com/p/CWBfpk6Msgy/?utm_medium=tumblr
0 notes
corallorosso · 3 years
Photo
Tumblr media
L’Italia è una giungla di violenza omofoba, ma a dare scandalo è un Gesù arcobaleno Cercate di immaginare questa scena: Una famiglia riunita intorno a un tavolo per il pranzo. Il telegiornale apre con notizie inerenti al DDL Zan e all’ondata di violenza che sta attraversando l’Italia e che si è concretizzata, nel giorno del Pride di Roma e Milano, in due aggressioni (certificate, nella realtà sono state molte di più) e un suicidio, di un ragazzo di soli 18 anni. Immaginate di essere madri o padri di un figlio o una figlia Lgbtqi+. Un padre e una madre civili e decenti, non le bestie che minacciano di morte i loro figli. Ecco, da genitori, come potete non temere per la vita e l’incolumità dei vostri figli? La violenza cui stiamo assistendo, un culmine raramente toccato negli ultimi anni, ha dei mandanti. I nomi e i cognomi sono quelli, li conosciamo tutti. Affollano ogni angolo dei palinsesti televisivi blaterando di Dio, Patria e Famiglia, lamentando di inesistenti dittature gender e del fatto che non si possa più dire nulla. Addirittura il signor Mario Adinolfi arriva a ‘invidiare’ i musulmani per essere riusciti a ‘instillare la paura’ in quei cialtroni. I cialtroni, ovviamente, saremmo noi. È questo che ci si è arrivati ad auspicare, questo è l’obiettivo dichiarato: farci avere paura. E la paura c’è. C’è nei messaggi che la comunità si scambia sui vari social, in cui si confida di non sentirsi sicuri ad andare ai Pride, magari sfoggiando outfit che potrebbero attirare attenzioni, pugni, violenza. Michele Albiani, il responsabile diritti per il Pd di Milano, sulla sua pagina Instagram sta raccogliendo testimonianze di aggressioni avvenute nel giorno del Pride e non assurte all’onore delle cronache. Persone che hanno dovuto rimuovere i simboli arcobaleno per non avere problemi, insulti detti in piena faccia, spintoni, violenze. La paura c’è, lo sconforto pure, la rabbia sta esondando. Perché è chiaro che di fronte a uno Stato che non ha il minimo interesse a proteggerci, cominci a domandarti cosa puoi fare per proteggerti da solo. Nelle chat sempre più spesso si parla di corsi di autodifesa, di spray al peperoncino. Con il rischio, per come funziona questo assurdo paese, di finire noi dalla parte del torto. Noi, che non ci sentiamo più sicuri di camminare per le strade di Milano o di Roma, capitali e metropoli europee. Noi, cui ci è stato detto che agli insulti dobbiamo rispondere con un sorriso. Nel giorno in cui un 18enne si è tolto la vita per gli insulti omofobi ricevuti, in cui un dodicenne è stato malmenato da un gruppo di ventenni mentre si recava al Pride, in cui la polizia in assetto antisommossa ha caricato un gruppo di ragazzi neri a Milano per ovvie motivazioni razziali (con tanto di manganellata in testa a una ragazza 18enne), siamo costretti a vedere da un lato la nazionale che rifiuta di inginocchiarsi contro il razzismo (salvo poi farlo per ‘solidarietà con gli avversari’. Chi li capisce è bravo, ma bravo davvero), dall’altro il morigerato mondo cattolico e politico scandalizzati da un Gesù avvolto nei colori arcobaleno e in tacchi a spillo che apriva la parata del Pride di Roma. Salvini addirittura l’ha definito una ‘schifezza’. Ma come, Matteo? Non potresti farti una risata, come dicono i tuoi amici Pio e Amedeo? A noi potete chiamarci ‘froci’ ma guai a toccare Gesù? La stampa non aiuta: il Corriere della Sera, in un articolo intriso di pietismo sulla morte di Orlando Merenda, scriveva che la Procura di Torino sta indagando per ‘reato di omofobia’. Un avviso ai colleghi giornalisti: il reato di omofobia in Italia non esiste. Secondo voi di cosa stiamo discutendo in Parlamento con il DDL Zan? Vi sfiora mai il dubbio che questa vostra informazione frammentaria, sbagliata, scorretta, umiliante, vi rende complici dei nostri carnefici? Che se poi qualcuno si convince che in Italia le tutele nei nostri confronti esistono già non possiamo nemmeno dargli torto, visto cosa scrivete? Lo sapete di avere una responsabilità, che se non capite il peso delle parole allora forse dovreste cambiare mestiere? Sapete che ‘la trans’ non dovete scriverlo, quando parlate dell’omicidio avvenuto a Roma una settimana fa perché ‘trans’ è un aggettivo, non un sostantivo? Che non si dice ‘Gay Pride’ ma solo Pride? Vi interessa, per un secondo, ciò di cui state scrivendo? Ovvio che no. E come potrebbero? Mentre veniamo letteralmente massacrati per strada, l’attenzione mediatica è concentrata sulla nazionale di calcio, sul ‘in ginocchio sì, in ginocchio no’. L’ennesimo modo che ha questo paese di prendere le occasioni per crescere collettivamente, culturalmente e socialmente e ridurle in poltiglie informi, condannandoci ad essere il fanalino di coda d’Europa. L’unico paese al mondo in cui è considerata normale un’intromissione plateale di uno stato straniero come il Vaticano negli affari interni del Parlamento. E torniamo quindi a quella famiglia, riunita intorno a un tavolo. A quei consigli a ‘non dare troppo nell’occhio’, a ‘non provocare’, a ‘evitare certe situazioni’. Parole che vengono da parenti o amici che ci vogliono bene, che ci hanno sempre sostenuto e che ora hanno, giustamente paura. La paura che porta a reprimere, a nascondere, a scoraggiare. Ciò che serve adesso è coraggio. Coraggio che molti di noi hanno avuto per tutta la vita, facendo coming out in famiglie bigotte e omofobe, vivendo la loro identità senza mai scendere a compromessi perché è inammissibile negare chi siamo per far stare tranquilla la società eteropatriarcale. È inammissibile che venga considerato normale questo soffocamento delle minoranze per amore dello status quo. Ed è inammissibile che questo terrorismo istituzionale venga perpetrato senza conseguenze dai soliti, di cui sappiamo nomi e cognomi, che siedono in quel Parlamento dove ogni giorno che passa senza l’approvazione del DDL Zan è uno sputo in faccia a chi di noi ci rimette la salute, la serenità e, nei casi più tragici, persino la vita. Giuseppe Cassarà
21 notes · View notes
goodbearblind · 3 years
Photo
Tumblr media
"L'estate del nostro scontento-quello che rimane Genova 20 luglio 2001. Chissà chi è questo ragazzo che colsi con la coda dell'occhio mentre nel caos provocato dalla mattanza poliziesca alzava una bandiera arcobaleno in un gesto ostinato contrario e pacifico, persino ingenuo visto l'odio e la violenza di Stato. Cosa farà adesso? Si ricorderà di quel giorno? Sarà uno dei tanti ragazzi che hanno preso la via dell'estero per guadagnare il pane amaro dalle sette croste? O si arrabatta ancora in qualche periferia urbana con lavoretti precari, senza un vero futuro, quello che gli cominciarono a rubare in quei giorni a Genova? In quello sguardo per me c'è lo spirito del tempo, e un sogno brutalmente infranto. Del resto rimane la dichiarazione dell'attuale capo della polizia Gabbrielli: " a Genova fu tortura, io mi sarei dimesso". Sì, come vederti, come no. Infatti i funzionari condannati in via definitiva per quella" macelleria messicana" rientrano in servizio proprio in questi giorni. Nessun oblio, nessun perdono. Mai." (Stefano Erasmo Pacini, 20.7.2017) https://www.instagram.com/p/CRiaEatLDNS/?utm_medium=tumblr
4 notes · View notes
sydmorrisonblog · 3 years
Text
LETTERA DAL CARCERE “Pasqua senza Messa: anche Dio ci ha abbandonati?”
Caro direttore, mi chiamo Jacopo Merani e sono detenuto nella casa di reclusione di Padova.
Per il suo portale in passato ho scritto diverse volte, l’ultima a settembre dell’anno scorso. Quest’anno le scrivo in quanto la situazione a causa del Covid-19 è ancor più critica dell’anno passato. È vero, fuori dal carcere non si sta meglio e da quel che posso vedere dal telegiornale la situazione è critica e questo mi rattrista moltissimo. Ma se anche può sembrare da egoisti, quello che più mi rattrista è vedere collassare il mio mondo, quello del carcere di Padova. Mi giro attorno e sa cosa vedo? La più totale disperazione. Persone detenute che da più di un anno non vedono i propri cari, genitori che non possono abbracciare i propri figli e figli reclusi che non possono abbracciare i loro genitori. Sembrava assurda e disumana già l’idea di vedere i loro occhi attraverso un vetro di plexiglas, ma non poter fare neanche quello è ancor più disumano.
Qualsiasi attività interna è bloccata, realtà indispensabili per noi come la Cooperativa Giotto che dà lavoro a quasi duecento detenuti, Ristretti Orizzonti che permette di fare sentire la nostra voce al di fuori di queste mura e la Chiesa. Tutto tace e niente si muove, l’amministrazione penitenziaria fa quello che può, ma anche loro sono al collasso: agenti di polizia positivi al Covid, norme interne e esterne che cambiano in continuazione e colori che mutano di sfumature neanche fossero un arcobaleno dopo la pioggia. Purtroppo al momento qui non c’è nessun arcobaleno, soltanto pioggia, ma non quella che rinfresca, che permette al terreno di dare frutti migliori, ma bensì di quelle acide che bruciano la terra. Al momento non c’è nessun piano, i vaccini sembrano essere l’ennesima utopia irrealizzabile e le responsabilità sono solo tantissimi barili che si scaricano da sinistra a destra e da destra a sinistra. Nella mia testa c’è una domanda che continua a scavare come un tarlo e vorrei porla a lei: se una realtà già poco nota e chiacchierata come quella del carcere, che tra mille difficoltà e sacrifici da parte di detenuti, direzione, agenti, volontari e cooperative esterne, si bloccasse, o meglio se implodesse in se stessa, che contributo porterebbe a una società già alquanto dilaniata da una tale emergenza come in questo periodo?
Domenica è la Santissima Pasqua e la cosa che più di tutte toglie gioia al mio cuore è che sarà una domenica senza Messa, senza la Parola del Signore e nessun Corpo da far nostro. Non vorrei essere blasfemo, ma più che un giorno di Risurrezione, a me sembra un periodo di distruzione ed è proprio per questo che a nome di tutto il carcere di Padova e degli altri carceri d’Italia chiedo a lei e al suo giornale di fare in modo che la nostra voce non venga dimenticata. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Luca 5:27-32)
Con questa mia lettera, colgo l’occasione di fare tantissimi Auguri di una serena e felice Pasqua a lei e tutti i suoi lettori. Cordiali e distinti saluti
Jacopo Merani
2 notes · View notes
ilbelcanto · 5 years
Text
Pensiero 9: Profili, promesse, pioggia
C’è un’atmosfera fredda, fuori piove, è tutto buio. Sfreccia qualche macchina raramente, più che altro ambulanze. Le stelle che si vedono da qui sono così poche che si contano sulle dita dei piedi. Il campanile con l’orologio fuori casa mia segna la mezzanotte. Tutto vive nell’ombra e mi manchi. Mi manchi che la polizia ci divide. Mi manchi che con i manganelli, loro ora stanno prendendo a colpi non te rivoluzionaria, ma i nostri cuori lontani. Che con le lacrime inghiottite puoi solo annaffiare i tuoi organi e dare da bere alla tua anima. E passa quest’altro inverno e la tua mancanza mi logora dentro. Passa un’altra notte, passa un altro giorno e la vita continua a metà. Mi manchi che potrei prendere col manganello la polizia, rompere le anime e portarti via. Tenerti la mano e andare lontano. Mi hai chiesto di non dimenticare il tuo amore, il tuo nome, il tuo profilo. Posso giurarti che non lo farò. E infettate spie e telecamere con la polmonite che è bastato un solo colpo di tosse per farti andare via e farmi perdere nel nulla. La sera si era stesa su di noi praticamente da sempre e per ritrovarmi mi basterebbe vedere te così bella.E ancora milioni di ricordi invadono la mia mente, viziano la mia anima di una realtà a cui sono stati tolti dei pezzi. Prenderei a calci anche la vita che sotto questo cielo così bello non è per niente giusto non viverci insieme. E fottutissima distanza intestinale che separa i nostri corpi. C’eravamo promessi di rivederci un pomeriggio, ma tu purtroppo non c’eri. C’ero io, la pioggia ed i gradi sotto zero. C’erano quel martedì pomeriggio e le diciassette e tredici minuti. C’erano i passanti, le automobili dai vetri scuri ed il traffico della città. C’erano le nuvole grigie e le pozzanghere arcobaleno. C’eri tu costretta all’esilio del cuore e dell’anima. C’ero io con la mia mancanza. C’eri tu molti chilometri più in là. C’ero io che ancora ti cercavo tra la folla, tra gli sguardi dei passanti che non erano te. C’eri tu a giurarmi amore eterno, anche non potendomi guardare negli occhi. C’eri io, il mio ombrello ed il mio amore per te. C’eri tu oltre quel ponte. Ma non c’eravamo insieme. Io sono ancora lì, sotto la pioggia, con la stessa identica mancanza. Ti aspetto.
tratto dal libro "Ottobre 2014"
6 notes · View notes
paoloxl · 4 years
Link
Folle notte di violenza omofoba in un locale LGBT di Altopascio, in provincia di Lucca. Il resoconto di chi era presente. 11 Gennaio 2020 Ennesimo weekend segnato dall’omofobia, quello vissuto in Italia. Ad Altopascio, in provincia di Lucca, è scoppiato il delirio in un locale LGBT, il Refresh, attorno alle 3 di notte. Un gruppo di ragazzi ha aggredito fisicamente e verbalmente i presenti, soffermandosi in particolar modo su un ragazzo, “perché è finocchio e gli piace nel c*lo”. Testuali parole, come denunciato da diversi testimoni sui social. Simone Turini, questo il nome del ragazzo aggredito, ha spiegato quanto avvenuto su Instagram Stories.    A fine serata, mentre io stavo ballando normalmente in mezzo alle persone, due ragazzi hanno iniziato ad aggredirmi graffiandomi la schiena, strappandomi la camicia, così, per cercare rogna. Io non stavo facendo niente. Si capisce che se l’hanno fatto a tutti erano venuti lì proprio per dar noia. Chi era presente si è chieso perché tutto questo, e loro gli hanno risposto “perché gli piace il ca*zo e perché lo prende in culo”. Una ragazza gli ha risposto, “meglio prenderlo in culo ed essere finocchi che essere etero e avere le corna“. I ragazzi sono partiti, con intenzioni negative, picchiando ragazzi e ragazzi, chiunque avessero davanti. Questi ragazzi erano fuori dal locale con i manganelli in mano, che spaccavano macchine, mentre la gente chiamava i carabinieri. Noi aspettavamo che risolvessero la situazione. Delle bestie. Un vero e proprio caos, con diverse persone ferite, e continui insulti omofobi al grido “schifosi gay” e “schifose lesbiche”. Un altro ragazzo, Matteo Falloni, ha così denunciato quanto accaduto, su Facebook.    Chiunque quando va in un locale pensa a divertirsi, ballare, stare con gli amici, fare due chiacchiere e passare la sua serata nel modo più tranquillo possibile.    Ecco questo è ciò che accade o dovrebbe accadere a cose normali.    Ora prendete una serata di un freddo venerdì di gennaio duemilaventi, ripeto DUEMILAVENTI, prendete un locale con serata a tema LGBT, prendete che la serata sta per finire e la gente si sta preparando per andare a casa. Fatto? Bene.    In tutto ciò metteteci un gruppo di ragazzi che ballano e si divertono senza chiedere nulla a nessuno e senza dare noia a nessuno.    Vicino a questi metteteci un altro gruppo di ragazzi che, invece, di divertirsi non gliene frega nulla. Questi invece di passare una serata tranquilla in un posto dove possano essere a loro agio preferiscono tirare un pugno, così dal nulla, ad un ragazzo del primo gruppo perché: “Froc*o e gli piace il ca*zo.”, ripeto in una serata a tema LGBT.    Al momento in cui le amiche del ragazzo picchiato hanno provato a calmare la situazione si sono beccate le botte pure loro.    Capite? Questi geni prima fanno i maschioni grossi e bulli e poi picchiano una ragazza.    Ciò è quanto successo ad un ragazzo che conosco ieri sera.    Vi sembra normale tutto ciò? Vi sembra normale che uno debba aver paura ad andare a ballare perché c’è la possibilità che qualcuno ti tiri un pugno, o peggio, solo per sfogare qualcosa che ha dentro? Vi sembra normale che la gente si porta i manganelli dietro per far casino e poi spaccare le macchine parcheggiate, giusto per “divertimento”?    Ve la do io la risposta: non è normale. Ora è partita la caccia agli aggressori, con le immagini delle telecamere di videosorveglianza che potrebbero aiutare la polizia nel dare un nome ai responsabili. Giulia Deidda, prima cittadina di Santa Croce sull’Arno, paese di provenienza del povero Simone, ha così commentato quanto accaduto, dalle pagine di LuccaInDiretta.    L’aggressione avvenuta in una discoteca di Altopascio nei confronti di un ragazzo omosessuale è ignobile. Le forze dell’ordine assicurino alla giustizia i responsabili di questa violenza. Un abbraccio e la vicinanza di tutta Santa Croce sull’Arno alle vittime di questa aggressione. Il Comune esporrà la bandiera arcobaleno da domani, per sottolineare la nostra condanna e la nostra richiesta che questo episodio trovi giustizia al più presto.
2 notes · View notes
gayit · 5 years
Text
#Florida, arrivano le auto della #Polizia color arcobaleno https://t.co/0HumVzljpW https://t.co/sj5oOUrNsw
#Florida, arrivano le auto della #Polizia color arcobaleno https://t.co/0HumVzljpW pic.twitter.com/sj5oOUrNsw
— Gay.it (@gayit) February 8, 2019
via Twitter https://twitter.com/gayit February 08, 2019 at 02:10PM
1 note · View note
coalemo · 2 years
Text
un mese fa un raduno del genere sarebbe stato “represso” dalla polizia per mancanza di bandiere arcobaleno
0 notes
gaiaitaliacom · 2 years
Text
Polis Aperta. Incontro con Prefetto Milano sull'omogenitorialità e la Giornata contro la violenza sulle donne
Polis Aperta. Incontro con Prefetto Milano sull'omogenitorialità e la Giornata contro la violenza sulle donne. Il 24 novembre
di Redazione, #LGBTIQA+ Nella giornata del 24 novembre 2021, i rappresentanti di EDGE, AITGL – Ente Nazionale Turismo LGBTQ+ e Famiglie Arcobaleno hanno incontrato il Prefetto di Milano, dott. Renato Saccone, facendo seguito alla lettera delle associazioni e di Polis Aperta sui controlli di polizia a carico di una famiglia omogenitoriale presso l’Aeroporto di Linate, che sembrerebbero essersi…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
edsitalia · 3 years
Text
EDS6 VENTO D'ESTATE
RITMO NEL SANGUE
Ho conosciuto Ombretta a Sa Caleta, una delle spiagge più suggestive di Ibiza. Era il 1998. Lì la terra crea una specie di connubio porno con il mare e il rosso della pietra cola a picco nei verdi delle acque, che sfoggiano una quantità di sfumature illegale. L’ho incrociata in un angolo di spiaggia in cui tutte le tinte possibili si danno appuntamento per esplodere in un arcobaleno mediterraneo, saranno state le tre. Il bar smerciava bevande ghiacciate e ghiaccioli multiformi e lei ha comprato una granita che, in un colpo di coraggio, le ho offerto io.
“Grazieah.” Ha sussurrato con una voce inaspettatamente italiana e perfino un po’ zarra, tipo la Gerini in Viaggi di Nozze. Masticava una gomma che prima di baciarmi a fondo mi ha sputato in mano, un’altra sottile citazione da film. Che notevole accozzaglia di big bubble, ho pensato, mentre le prendevo la chiappa destra tra le dita, un raro connubio di tonicità e morbidezza.
Abbiamo passato due settimane a nasconderci dietro ogni caseggiato utile ai nostri reciproci scopi, per imprimere l’impronta del nostro mescolarci contro mura straniere, sperando di non essere visti. L’abbiamo fatto in un angolo cieco dietro al castello di Eivissa, circondati da una tifoseria di falene da fare invidia ai falò salentini. L’ho sbattuta a fondo contro le mura bianco latte della chiesa di Sant Charles, accanto ad un antico frantoio romano che in un altro contesto avrei magari pure visitato. Invece nel buio non si vedeva un cazzo, ma mi è comunque piaciuto molto. L’ho presa per i capelli in un anfratto oscuro di Cala Comte, mentre la luna gravida di mistero si specchiava in un mare liscio come seta e dio quanto le è garbato. “Romanticoah che seih.” Ha mormorato: mai che alzasse la voce una volta, che femmina.
Il letto invece l’abbiamo sempre skippato, io dividevo la stanza con un tizio di Genova che non ho mai più rivisto e lei con due sue amiche bresciane più interessate a fumarsi l’intero Marocco che altro. Stavano sempre a casa, ste disperate, con gli occhi fuori dalle orbite e una pentola di acqua lì lì per bollire, in caso di fame chimica. Lei le chiamava le ciavatte. “Vanno in coppia e non escono mai”, diceva, e porco cane se aveva ragione.
Poi una sera, dopo l’ennesimo hamburger + patatine a portar via in riva al mare, Ombretta si è alzata in piedi in piedi e mi ha intimato: “Andiamoah al Pacha.”
Io quei posti non li avevo mai frequentati, preferendo altre forme di distrazione. E poi suonavo la chitarra, avventurarmi in discoteca mi pareva una bestemmia. Invece, come un salame risposi di sì. Perché non sapevo dirle di no, mi ero trasformato in una specie di ameba rincoglionita incapace di un’opinione propria. Ombretta mi piaceva, cristo, fin troppo per essere una semplice storia estiva.
La coda per entrare aveva del fantascientifico. Passammo una delle due ore di attesa a limonare duro contro il muro, l’altra a fantasticare sulla prossima vacanza insieme, “Potremmoh adare a Barcellonah.” Diceva lei, e io annuivo impotente, c’aveva certi occhi blu che assomigliavano a due zirconi, brillavano di una vita antica, cangiante, un dedalo di possibilità. Le aveva tutte dentro lei le migliori alternative di futuro, e io gliele volevo scippare, per quello la possedevo in continuazione: per significare qualcosa. Stavo conciato male, a 27 anni non sapevo ancora che volevo fare della mia vita e sarei finito a vendere polizze assicurative come un imbecille inutile della Milano Bene se non fosse stato per quella sera.
Una volta dentro Massi, il mio compagno di stanza, ci offrì da bere, poi ballammo Restless di Neja al rallentatore e dopo non ricordo nulla fino a quando andai al cesso.
Mi ci portò Ombretta, diceva che vedermi così senza freni la arrapava. “Forzah, vienih. Prendimi al bagnoh.”
Ok, prendiamola, mi dissi, mentre ci chiudevo la porta dietro le spalle. Le afferrai i capelli con forza e mi misi in posizione, aveva un culo del tutto identico all’idea di pesca che si può fare un uomo adulto di città. Lo violai, con suo sommo piacere. Le sue carni erano velluto e il suo sangue mi pulsava in fondo al cervello ogni volta che la sfioravo, volevo appartenerle quindi premevo ma non bastava, non sapevo come fare per tatuarmela sul corpo, bermela viva, nutrirmene a morsi.
In pista suonavano King of My Castle e il beat ci solleticava i vestiti arrotolati alle ginocchia perfino lì, dietro due porte di cui una chiusa a chiave. Le strattonai i capelli più forte, mentre lei spalancava le gambe al massimo per accogliermi tutto: assomigliava ad un ragno violino. Dio quanto mi piaceva. Presi a scuoterle la coda di cavallo a ritmo di musica. Lì per lì mi venne naturale. Chissà che ci avevano messo nel drink, quei coglioni dei miei compagni di appartamento. Mi sentivo da dio, mannaggia a loro, e non era normale.
Il mio prof delle medie diceva che avevo il beat nel sangue. Come abbia fatto a desumerlo da due noticine in croce soffiate in un flauto dolce poi non me lo sono mai spiegato. Mentre mi sfrecciava in mente questo pensiero Ombretta allungò un braccio all’indietro e parve quasi confermare. Che ritmo. Bum Bum Bum, sbattevo la sua testa accanto alla tazza e lei stringeva forte le gambe, il paradiso. Bum. Bum. Bum.
Ricordo che ad un certo punto le sollevai il mento per chiederle se andava tutto bene ma aveva gli occhi chiusi, quindi la rimisi in posizione e ripresi. Evidentemente le piaceva parecchio perché pareva essersi rilassata di brutto. Bum, bum. Bum. Avrei dovuto studiare percussioni, mi dissi a quel punto, e proprio allora la testa di Ombretta mi scivolò dalle dita e piovve - letteralmente piovve – contro la tazza. Stunf, un colpo sordo da film horror.
Il sangue iniziò a spandersi attorno al suo orecchio come una macchia di caffè da una moka rotta, lentamente ma secondo uno schema spaventosamente razionale, che in quel momento mi sfuggiva.
Quando arrivarono le forze dell’ordine le aspettavo con le braccia conserte. Le manette, vi prego, mettetemi in manette continuavo a ripetermi in silenzio, sperando che in qualche modo mi capissero.
Credevo di averla uccisa io.
“Che le avete dato?” Chiese il capitano della polizia, con un forte accento spagnolo. “Que puta mierda le avete dato?” Ripetè, afferrandomi le guance con la mano piena.
“Io non, io. Io non so.” Volevo morire. Ombretta non c’era più, mi era morta addosso. Ombretta, con i capelli castani profumati di cocco e il rossetto sempre impiastricciato, Ombretta, la mia Ombretta. Con i piedi piccoli e lo smalto rovinato sull’alluce. Non esisteva più.
“Lei cosa?”
“Io l’ho uccisa.” Dissi meccanicamente, come se a pronunciarlo fosse qualcun altro. La mia voce non mi apparteneva più, che cazzo mi avevano messo nel drink?
Inaspettatamente però, il gendarme sorrise bonario e in quel momento mi chiesi se non si trattasse di una stupida candid camera di TeleBerlusconi. Non c’era nulla da ridere. “Io l’ho uccisa, io, capisce? Sono stato io, cristo, io. Con queste mani. Scopavamo e poi…”
“E poi ha avuto un’overdose, coglione.” Rispose il capitano, alzando le spalle. “Solo che siccome sei fatto anche tu non lo hai capito da solo.”
Subito dopo si voltò verso gli altri poliziotti, ognuno preso da una faccenda diversa. “Llévense el cuerpo, nos vemos en la estación de policía.” Disse, poi mi passò una mano sulla spalla. “Vai a casa, hombre. Con la prossima andrà meglio.” Mormorò infine, cacciandomi via con un gesto secco.
“Hai il ritmo nel sangue.” Esclamava ogni giovedì il mio professore delle medie. Io soffiavo in un tubo e lui si complimentava puntualmente con me. “Hai il ritmo nel sangue.” Quando lo diceva sorrideva sempre. Magari scherzava. Eppure: non sapeva quanto aveva ragione.
0 notes
corallorosso · 4 years
Photo
Tumblr media
Infermiere e rider: il triste destino degli eroi del Coronavirus, presi a botte nella Fase 2 di Francesco Cancellato Sabato scorso, Emmanuel, un rider nigeriano di 28 anni stava tornando a casa dopo un turno di consegne di cibo a domicilio. La polizia l’ha fermato sulla banchina della stazione di Greco Pirelli mentre stava salendo su un convoglio di Trenord con la sua bicicletta, perché a quanto pare, nella civilissima, verdissima, metropolissima ed europeissima “Modello-Milano” è vietato salire sul treno in bicicletta. Non bastasse, Emmanuel “è stato trattenuto per più di sei ore, interrogato, intimidito e picchiato con calci e pugni lungo tutto il corpo. Calci nelle parti intime, botte sulla schiena, sulle gambe (un rider ci lavora con le gambe), sulle braccia”, così come da comunicato della rete Deliverance di Milano, sindacato autonomo di rider, precari e studenti. Il tutto, perché pare gli siano stati trovati addosso 0,49 grammi di hashish – 49 grammi da primo comunicato, giusto per marcare lo stereotipo dell’immigrato-spacciatore – e denunciato a piede libero per istigazione a delinquere, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e oltraggio a corpo politico. Tenetelo a mente: un rider. Ieri, martedì 16 giugno, Farida, un’infermiera 51enne, da quindici impiegata nell'Ospedale di Villejuif nella Val de Marne, era tra le migliaia di lavoratori sanitari francesi che protestavano per una migliore retribuzione e maggiori investimenti nella sanità pubblica, in un Paese che ha visto morire 30mila persone a causa del Coronavirus. Per tre mesi, Farida, ha lavorato dalle 12 alle 14 ore al giorno, si è presa il virus e, asmatica, ha pure rischiato di morirne. Nel bel mezzo della protesta, Farida è stata circondata dagli agenti in tenuta antisommossa, scaraventata a terra e trascinata per i capelli, per poi essere ammanettata sanguinante alla fronte, mentre implorava i poliziotti di darle il suo medicinale per l'asma. Tenetelo a mente: un’infermiera. Teneteli a mente, Emmanuel e Farida, perché il loro destino non sia quello di tutti quelli che fino a un mese fa chiamavamo eroi della pandemia, o angeli del Coronavirus. Medici, infermieri, rider, fattorini, addetti alle pulizie, commessi di supermercato che si sono immolati, a rischio della loro salute, lavorando su turni spesso massacranti per pochi euro all’ora col solo scopo di tenere in piedi la nostra società. Banalmente, perché essenziali alla nostra società. Emmanuel è quello che ci consegnava il cibo. Farida, quella che accudiva i nostri cari che non riuscivano più a respirare. Teneteli a mente. E tenete a mente le violenze che hanno subito e i fiumi di parole, inchiostro e ipocrisia che hanno circondato quelle violenze. L’ipocrisia di una pandemia che ci avrebbe reso migliori, che ci avrebbe fatto capire quali fossero i veri valori, che avrebbe dato dignità alle persone, che ci avrebbe fatto capire l’importanza dei beni pubblici, primo fra tutti la salute, e la necessità di avere città meno inquinate, e una mobilità sostenibile. Ops, quasi ce ne scordavamo: la pelle di Emmanuel e Farida non è bianca. Ma sarà sicuramente una coincidenza, perché in Europa le forze dell’ordine non sono razziste come negli Stati Uniti d’America, no? Teneteli a mente, perché questo evidentemente è il destino che tocca ad angeli ed eroi. Osannati fino a che ce n’è bisogno, e presi a calci prima e dopo. Tenetelo a mente, perché questo sarà l’effetto di tutti i buoni propositi degli ultimi tre mesi: parole volanti e carta straccia, buona per la retorica d’emergenza, per i convegni sul dopo, per i report delle task force governative, pessima per costruirci un futuro diverso. Andateglielo a dire, ora, ad Emmanuel e Farida, agli angeli e agli eroi, che andrà tutto bene, che il futuro è un arcobaleno colorato. Vi risponderanno che per quelli come loro le cose non vanno mai bene. E non andranno mai bene perché a noi di loro non frega nulla, finché non ne abbiamo bisogno. Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, diceva Bertold Brecht. Beate le persone che non si ritrovano costrette ad esserlo, pure.
27 notes · View notes