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#Viaggio intorno al tè
lamilanomagazine · 11 months
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L’Emilia-Romagna verso la ripresa. Nonostante le difficoltà che hanno colpito la regione il "Cirque Bidon" torna a far sognare: la storica compagnia francese che si sposta su carrozze.
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L’Emilia-Romagna verso la ripresa. Nonostante le difficoltà che hanno colpito la regione il "Cirque Bidon" torna a far sognare: la storica compagnia francese che si sposta su carrozze. Nonostante le gravi difficoltà dovute all’alluvione che ha colpito parte dell’Emilia-Romagna e grazie all’impegno delle amministrazioni e della popolazione locale che lavorano per ripristinare la normalità, la carovana di giocolieri, acrobati, cantastorie, galline e altri animali da cortile che viaggia al ritmo lento delle carrozze trainate da cavalli sta per arrivare in Emilia-Romagna. Dopo il successo dei tour estivi che nel 2016 e nel 2018 lo hanno riportato in Italia dopo lunghi anni di assenza, Ater Fondazione e il centro di produzione di circo contemporaneo Teatro Necessario Circo di Parma riportano in Emilia-Romagna il Cirque Bidon, una delle compagnie che hanno maggiormente contribuito alla nascita del circo contemporaneo italiano ed europeo. Guidata dal fondatore François Rauline detto Bidon, il circo torna a valicare le Alpi per un tour di oltre 3 mesi, che fino al 3 settembre 2023 farà tappa in ben 17 di comuni dell’Emilia-Romagna, superando le 80 repliche, tra provincia di Bologna, Ravenna, Modena, Reggio Emilia e Parma, grazie al prezioso sostegno delle amministrazioni locali, della Regione Emilia-Romagna, del Ministero della Cultura, di Fondazione Nuovi Mecenati e di numerosi sponsor locali. In questo tour la compagnia porterà in scena, o meglio "in pista", il nuovo spettacolo Chacun ses rêves - A ognuno i suoi sogni: un viaggio poetico in cui il teatro si mescola alla danza e al circo, la comicità alla liricità, per condividere con il pubblico la necessità del seguire i propri sogni. Prima dello spettacolo, mentre il pubblico si accomoda sulle gradinate, la troupe si prepara: si stirano i costumi, si beve un tè, si accolgono gli spettatori. Intorno alla pista tutte le roulotte prendono vita, in scena poche cose, un tavolo, qualche sedia: saranno gli acrobati, gli attori, i musicisti a portare in pista l’azione, tra scene comiche, gag e momenti poetici. “Tutti gli spettatori capiscono subito, i bambini in particolare, che lo scopo della compagnia è divertirsi e far divertire, con uno spettacolo in cui il teatro si fonde con la danza e il circo e la comicità con la poesia- ha detto l’assessore Felicori-. Il Cirque Bidon è un pioniere del circo contemporaneo europeo, che con spettacoli più artigianali rispetto a quelli del circo tradizionale riesce a farci sognare, e che noi accogliamo con vero piacere in Emilia-Romagna”. “E’ dal 2020 che Il Cirque Bidon aspetta di tornare in Italia, il Paese dove ci sentiamo a casa e dove l’accoglienza è sempre straordinaria- ha detto François Rauline-. Finalmente, dopo anni di lavoro siamo riusciti a costruire un tour che ci vedrà davvero attraversare la vostra Regione in lungo e in largo: non vediamo l’ora di incontrare tutti i pubblici, non solo la sera allo spettacolo ma anche di giorno all’accampamento o durante i nostri viaggi in carrozza. Vi aspettiamo per percorrere insieme questo viaggio che è un po’ sogno e un po’ realtà!”   Il Cirque Bidon e la sua storia Testimone di una scelta di vita controcorrente, esempio unico di un circo d’arte, che incrocia teatro e poesia, il Cirque Bidon è nato in Francia negli anni ’70, in netta controtendenza rispetto al circo tradizionale, quello degli animali esotici e delle grandi famiglie circensi. Niente chapiteau e numeri mozzafiato, solo la pista e l’idea di raccontare storie grazie all'abilità degli interpreti. François Rauline detto “Bidon” è il mitico creatore e il cuore pulsante del Cirque Bidon. Dopo essere stato uno dei “padri” del movimento parigino che animò il maggio francese nel ‘68, François ha dato vita all’idea di questo circo, un progetto artistico poetico, onirico e rivoluzionario, che ha iniziato il suo girovagare per l’Europa nel 1976, proponendo in scena un mix di teatro, acrobazie, musica dal vivo e clownerie. Tre anni dopo è approdato in Italia, dove è rimasto per circa vent’anni, partecipando ai più importanti festival teatrali e circensi, e dando origine, più o meno direttamente, a molte delle compagnie nate nel Nord Italia negli anni ‘80 e ‘90 che portavano la propria arte in strada nello spazio pubblico. Al giorno d’oggi, il circo di François Bidon è l’unico in attività che continua, come scelta di vita, a spostarsi con carrozze trainate da cavalli, “consumando erba e non benzina”. Un circo felliniano, che si è trasformato in leggenda e ha aperto la strada al nouveau cirque, che ha conquistato oggi anche i teatri. Dopo 15 anni di assenza, nell’estate 2016 Teatro Necessario ha ideato e realizzato il ritorno in Italia del Cirque Bidon, per una tournée di oltre trenta date che ha attraversato tutto il Nord Italia. Nel 2018 il successo si è ripetuto e ora nel 2023 il Cirque Bidon torna a mettersi in marcia.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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klimt7 · 3 years
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@ioscrivopermestessa mi ha menzionato assieme ad altri blogger e m'ha coinvolto in una specie di gioco: raccontare alcune delle cose che mi emozionano.
Provo allora a fare un piccolo elenco:
•) Mi piace disegnare. Disegnare partendo da un segno. Magari un tratto a matita iniziale, da cui costruire un reticolo, un intreccio, un gomitolo di linee o un insieme di cerchi e poligoni. Poi, man mano che il disegno prende forma, intuirne una possibile evoluzione figurativa. Dal caos e dall’astratto, cercare di tendere a un oggetto, a un viso o a un paesaggio. A scuola, fin dalle Medie, ho preso l’abitudine ogni volta che potevo, di ascoltare le lezioni, mentre la mano andava a ruota libera sul foglio e costruiva in modo inconsapevole questi intrecci di linee e di segni.
Oggi quando mi capita sotto gli occhi un quaderno o un foglio di allora, che trabocca di questi scarabocchi a penna o a matita mi prende alla gola, il ricordo di quelle spiegazioni di Storia, di Scienze, di Epica, Ulisse, Ettore, Enea, le glaciazioni, i numeri negativi, Leopardi, i vasi comunicanti ed Euclide.
•) Mi piace camminare e correre sulle strade in campagna: jogging, trekking, escursioni,  passeggiate lungo gli argini, sulla spiaggia, dentro la pineta, sull’Appennino, oppure sui viottoli delle colline vicine a casa quindi attorno a Cesena. E ogni volta pensare che é un viaggio, come fossi per la prima volta in un paese straniero, anche quando cammino nelle strade che conosco fin da bambino. Dopo, una volta rientrato a casa, mi piace l’indolenzimento alle gambe, il sentire il calore diffuso e uniforme.  Accorgermi di avere piedi, caviglie e polpacci, ginocchia e addominali  che di solito, nel resto del tempo, restano “muti”,come non ci fossero. E infine la doccia bollente che va a terminare questa mia "pratica" che non è soltanto fisica ma anzi è quasi una specie di "meditazione".
E nell'andare per sentieri e boschi e strade sconosciute, esercitare la massima capacità di attenzione diventa un pò come bere con gli occhi il paesaggio che mi sta intorno assieme a quello che mi sorprende. Ogni più piccola sfumatura.
•) Andare a caccia  di brani musicali strani e particolari. Quelli poco noti, quelli sconosciuti oppure di altre epoche o paesi. Scoprire le musiche di posti lontani: etniche, tradizionali, ritmiche, percussioni, canti tribali. O  quelle legate alla tradizione orientale con le loro atmosfere più rarefatte.
•) sperimentare tipi di bevande particolari, non solo gli infiniti tipi di tè ma pure le cioccolate calde aromatizzate. Insomma questo immergermi nei sapori e profumi, mi rilassa e mi emoziona perchè è un perdersi in mille sensazioni.
•) Amo i tramonti e vivere il tramonto come un rito.
Mi emozionano anche ora i ricordi delle giornate passate a Sabaudia, a Ponza, e sull'isola di Ventotene. In questi posti davanti al Tirreno, sapevo che il sole sarebbe tramontato immergendosi in mare con colori sempre diversi. E allora mi piace proprio durante il giorno pensare d'avere come un appuntamento fisso per la sera, per andare a godere quello spettacolo dalla spiaggia o da un promontorio di fronte al mare. Minuti interminabili e pieni di una strana commozione. Perchè in ogni tramonto c'è come una inspiegabile solennità.
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•) Amo restare davanti al mare. Ascoltare la sua voce. Sentire sulla faccia il suo "respiro" sotto forma di vento dal largo. Il Mare è fin da bambino un luogo che mi fa star bene. Mi porta nuove idee e sensazioni. E mi porta pensieri che potrei fare solo in totale solitudine in riva al mare. Perchè per me stare davanti al mare è in fondo, anche un dialogo.
Mi fermo qui. Chi vuole, può liberamente prendere spunto da questo Post e descrivere quello che gli provoca emozioni.
Buon proseguimento!
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susieporta · 3 years
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Morte attesa ~ Quando qualcuno muore, la prima cosa da fare è niente. Non scappare e chiama l'infermiera. Non rispondere al telefono. Fai un bel respiro e sii presente alla grandezza del momento.
C ' è una grazia di essere al capezzale di una persona che ami mentre fa la sua transizione fuori da questo mondo. Al momento in cui esalano l'ultimo respiro, c'è un'incredibile sacralità nello spazio. Si apre il velo tra i mondi.
Siamo così impreparati e non allenati a come affrontare la morte che a volte fa effetto una sorta di risposta al panico. ′′ Sono morti!"
Sapevamo che sarebbero morti, quindi il loro essere morti non è una sorpresa. Non è un problema da risolvere. È molto triste, ma non è causa del panico.
Semmai, la loro morte è causa di fare un respiro profondo, di fermarsi ed essere davvero presente a ciò che sta accadendo. Se sei a casa, magari mettiti il bollitore e fai una tazza di tè.
Siediti al capezzale e sii presente all'esperienza nella stanza. Cosa sta succedendo per te? Cosa potrebbe accadere per loro? Quali altre presenze ci sono qui che potrebbero sostenerle sulla loro strada? Sintonizzati su tutta la bellezza e la magia.
Mettere in pausa dà alla propria anima la possibilità di adattarsi, perché non importa quanto siamo preparati, una morte è ancora uno shock. Se facciamo subito un calcio in modalità ′′ fare e chiamiamo il 911 o chiamiamo l'ospizio, non abbiamo mai la possibilità di assorbire l'enormità dell'evento.
Concediti cinque minuti o 10 minuti, o 15 minuti solo per essere. Non riavrai mai più quel tempo se non lo prendi ora.
Dopo di che, fai la cosa più piccola che puoi. Chiama la persona che deve essere chiamata. Coinvolgi qualsiasi sistema debba essere impegnato, ma coinvolgilo al livello più minimo. Muoviti davvero, davvero, davvero, molto lentamente, perché questo è un periodo in cui è facile per corpo e anima separarsi.
I nostri corpi possono galoppare avanti, ma a volte le nostre anime non si sono alzate. Se hai l'opportunità di stare tranquillo ed essere presente, coglila. Accetta e acclimatizza e adattati a ciò che sta accadendo. Poi, mentre il treno inizia a rotolare, e tutte le cose che succedono dopo una morte fanno effetto, sarete preparati al meglio.
Non avrai la possibilità di riprendere fiato più tardi. Devi farlo ora.
Essere presenti nei momenti successivi alla morte è un dono incredibile a te stesso, è un dono alle persone con cui stai, ed è un dono alla persona che è appena morta. Sono solo a un fiato di capelli. Stanno appena iniziando il loro nuovo viaggio nel mondo senza un corpo. Se mantieni uno spazio di calma intorno al loro corpo, e nella stanza, vengono lanciati in modo più bello. È un servizio ad entrambi i lati del velo.
Merito delle bellissime parole ~ Sarah Kerr, Ritual Healing Practitioner and Death Doula, Death doula
Bellissima arte di Columbus Community Deathcare
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lateralbreathing · 4 years
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Blu Mistero
Lui è proprio la persona che avrei voluto incontrare, quelle che fantastichi di voler incontrare e di volerci essere amica. Quando pensi di non avere nulla di speciale e invece.
Mi si innesca il meccanismo della fascinazione e dell’osservazione di particolari.
E ieri è stato l’ ulltimo giorno insieme, dopo il quale chissà quando ci rivedremo.
Ora sono un pò emotiva e mi viene pure da piangere e ho una faccia strana perché non sono da sola in questa stanza, ma sto scrivendo perché voglio ricordare questa immagine nella mia mente, di Neel seduto sulla lunga panca di tessuto perpendicolare al divano giallo oro su cui eravamo sedute noi, ad ascoltarlo parlare con il suo bell’accento inglese ma con un che di americano, di come avesse cercato di empatizzare con le donne e immaginare come sarebbe stato portare quell’essere vivo dentro di sé e farlo uscire vivo, di quanto tutto questo fosse così grande.
L’ho amato per questo. 
Lo abbiamo ascoltato parlare di tante cose, e con lui ho sempre avuto l’impressione di parlare di cose vere, di non sprecare mai il mio tempo: ci ha raccontato della sua amica russa che ha avuto un bambino da un deficiente che l’ha mollata, e di averla incontrata alla Tate Britain con il suo passeggino e le mille attrezzature di una mamma e di averne ammirato la forza e la bellezza.
Ci ha raccontato di voler partire per l’Italia, noleggiare una macchina, andare ai ristoranti stellati prenotati mesi prima, tra cui quello famoso di Modena che non ricordo, con quello chef di cui ci ha raccontato tutta la storia.
Io mi sentivo come una bambina che ascoltava storie, mentre mangiavamo pesche alla griglia con aceto balsamico aromatizzato ai fichi e gelato alla vaniglia, nel suo salotto bianco pieno di finestre con un poster giallo che diceva: Qui il sole splende ogni giorno. 
Poi ci ha raccontato un’altra storia, di quel Navy Seal che ha trasformato la sua vita e la sua mente, provando piacere nel dolore, testare se stessi all’estremo. Si umettava le labbra ogni tanto e diceva di quanto fosse pazzo, e incredibile…poi siamo passati ai modi di dire italiani e cockney, e abbiamo riso, dopo aver provato angoscia, ed era bello…e a volte mi sentivo un po’ in imbarazzo perché pensavo…ma coma fa a piacergli una come me? 
Dietro di me c’era una grande foto in bianco e nero con tutta la sua famiglia: altre storie, dei suoi genitori e del loro matrimonio combinato, delle sorelle ribelli, e po’ dei suoi magici viaggi per l’India, piena di contrasti, di ricchezza e povertà, di uomini che fissano i bianchi per la strada quasi come fossero alieni, di treni senza sedili e senza porte, dove puoi sederti con le gambe a penzoloni e guardare il paesaggio e cercare di non farti stordire dagli odori di fogne a cielo aperto, tè chai bollito per un giorno e incensi, mercati della frutta, palazzi umidi ricoperti da muschi ed organismi…una giungla in tutti i sensi. 
Ascoltarlo è stato davvero come fare un viaggio, lui ti fa viaggiare, può portarti fuori di te. Come quella volta che seduti al brasiliano-vegano in una traversa di Shoreditch High Street, uno di fronte all’altro, mi ha raccontato di un sogno ricorrente, vivido, in cui sentiva di essere trasportato fuori dal corpo, lontano, lontanissimo, fino alla fine dell’universo e poi di botto, dentro di lui e ancora lontano, lontanissimo, fino all’estremo più piccolo dell’esistenza…e faceva questo gesto con le mani, chiudeva le dita e le portava lontano poi le avvicinava e le apriva e le faceva esplodere, ma con delicatezza, e questo gesto lo ha fatto anche ieri. 
Lui è una persona che sa trasmetterti ciò che lo emoziona, te lo racconta e in quel momento ti insegna.
Allo stesso tempo mi piaceva anche quell’aria talvolta impassibile quando io lo guardavo e lui mi guardava e so che adorava i miei occhi ma non lo dava a vedere. 
Lui è indipendente, ma tiene davvero alle persone.
Aveva su un cappellino beige con su scritto Patagonia e una maglietta nera e dei pantaloni da trekking verdi militare, le gambe e il sedere inquadrate da zone di tessuto più scure; c’era una piccola volpe arrotolata su stessa come logo. 
L’istante prima di entrare nel suo appartamento abbiamo incontrato una volpe tutta allungata e malmessa, per me il simbolo di Londra. 
Lui parlava e io lo trovavo attraente. Stanotte ho sognato di baciarlo, ed era vestito esattamente così, ed io sentivo esattamente la forma della sua bocca. 
Io mi sentivo un po’ come una bambina in confronto a lui, una ragazzina, che non sa argomentare, con un inglese un pò stentato, eppure a lui sembrava andare bene così. Una volta eravamo fuori al Victoria Park, lui con il suo cappello della obey e le scarpe da ginnastica rosse cercava di sembrare più giovane e io con le mie inseparabili new balance verdi acqua, camminavamo e a me piaceva farmi guidare da lui.
Forse si sarebbe stancato anche di me, così come ha già voglia di cambiare lavoro. E avrebbe scoperto che io mi devo sforzare per comunicare le mie passioni, e perfino per farmi trascinare da esse…mentre lui è così chiaro, così adulto, così integro…ma mobile, incline al cambiamento.
Poi ci eravamo fermati e io lo avevo guardato, avevo su la mia fascia rosso mattone intorno alle orecchie, e lui mi poggiò delicatamente le mani intorno al viso. 
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couragescout · 5 years
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Ero sul treno delle 23:06 stanca morta con le cuffiette, in riproduzione su Spotify avevo il nuovo album dei Pinguini e stavo leggendo un libro preso per caso a Milano mentre bevevo il tè. Ero ancora in post-concerto quindi molto distratta da tutto ciò che mi era intorno.
Dopo le prime fermate, sull'altra fila, nel sedile opposto al mio, si siede un signore. Io non ho dato peso alla cosa, anche perché chissenefrega di chi si siede dove, perciò ho continuato a leggere. Passato qualche minuto ho provato quella sottile sensazione di avere degli sguardi puntati addosso così ho spostato piano piano lo sguardo intorno a me e ho capito da dove nascesse quella sensazione. Quel signore - con indosso un paio di occhiali da sole- mi stava fissando.
Il mio cervello ha iniziato a correre a mille così come il mio cuore e quando ho spostato nuovamente lo sguardo mi sono irrigidita di colpo perché quel signore non mi stava solamente fissando ma si stava anche toccando la patta dei jeans. Non sapevo cosa fare. Urlare? Guardarlo? Insultarlo? Scappare? Chiedere aiuto? Come accidenti si parla? Come si cammina? Il mio cervello è andato in palla.
Ho atteso un attimo sperando di sbagliarmi ma quando ho spostato nuovamente gli occhi, ho avuto la conferma che era proprio ciò che avevo visto. Ho iniziato a chiudere lentamente il libro e a posarlo nello zaino, ho preso il telefono e ho fatto finta di rispondere ad una chiamata. Ho atteso due secondi poi mi sono alzata, ho superato la porta e sono praticamente corsa nei vagoni più avanti fermandomi dove ho visto vi erano ragazzi con la divisa da militare. Loro mi hanno fissata perché, giustamente, una che corre in un treno senza apparente motivo attira l'attenzione così mi sono seduta vicino a loro e ho provato a calmarmi. Non ho avuto il coraggio di dire nulla. Non sapevo nemmeno come si articolasse una frase! Ho avuto l'ansia per tutto il tempo, anche una volta scesa alla mia fermata mi continuavo a guardare intorno.
Ora non riesco a dormire. È la seconda volta che mi accade un episodio di questo tipo in questi mesi e io non voglio avere paura ad uscire la sera sapendo di fare tardi. Non voglio dovermi fare mille casini mentali per il prossimo viaggio.
Sono situazioni che mi danno il voltastomaco, sono situazioni che mi fanno incazzare, sono situazioni che si potrebbero evitare se solamente le persone avessero rispetto, buon senso e intelligenza. Sono situazioni che nessuno dovrebbe mai trovarsi a vivere perché fanno schifo, perché nessuna bambina, ragazza o donna o anche uomo che sia dovrebbe mai sentirsi come la preda di qualche testa di cazzo. Quando tutto ciò avrà una fine?
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cirifletto · 4 years
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12 Fatti Che Ti Incuriosiranno Su Citizen Kane
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Citizen Kane di Orson Welles è considerato forse il miglior film di sempre. Ma, forse, qualcuno ancora non ne conosce alcuni aspetti. Citizen Kane, Quarto Potere nella versione italiana, è un film di Orson Welles del 1941, considerato da numerose classifiche, il miglior film di sempre. Ma, forse, qualcuno ancora non ne conosce alcuni aspetti. Citizen Kane è un mix di anarchia tecnica ed originalità visionaria, che rendono il film d'esordio di Orson Welles, una perla della storia del cinema. Ho cominciato dalla cima e mi sono fatto strada verso il fondo.Orson Welles >>
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Tutti i film di Orson Welles    Definirlo 'il più grande film di tutti i tempi' sembra essere diventato un clichè. Pericolosamente, direi. Perchè dietro questo alone di grandezza, si corre il rischio di non coglierne il preziosissimo valore tecnico e contenutistico. Citizen Kane è rimasta, ancora oggi, una delle espressioni più chiare della libertà creativa e dell'innovazione artistica mai introdotta nel cinema. La star, che lo anima, Orson Welles, con il suo genio sregolato, ha stabilito nuovi standard per la cinematografia, per gli effetti trucco e per la narrazione sul grande schermo. E, per questo, il suo lavoro è destinato a rimanere eterno.
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Se, quando lo guardiamo, tante cose che vediamo ci sembrano un cliché, è perché Welles ci è arrivato per primo... è perchè questo film ha segnato il precedente, in tanti aspetti del cinema. Quindi, per celebrare il film più grande di tutti i tempi, ecco 12 fatti su Citizen Kane.
1 - ORSON WELLES HA OTTENUTO UN CONTROLLO CREATIVO SENZA PRECEDENTI
Quando arrivò a Hollywood, Orson Welles era considerato uno dei grandi giovani geni del suo tempo. Il suo lavoro teatrale gli valse la copertina della rivista TIME all'età di 23 anni. E la trasmissione radiofonica del 1938 'La guerra dei mondi' - probabilmente il primo "mockumentary" mai fatto - causò un tale panico nazionale, da proiettarlo nell'immaginario collettivo. Perciò, non fu una sorpresa quando Hollywood iniziò a cercare i suoi talenti. Fu, invece, sorprendente quanta libertà gli venisse concessa per lavorare.
2 - IL FILM FU UN FALLIMENTO COMMERCIALE
Fu la prima incursione di Orson Welles nel cinema degli incassi al botteghino, e si rivelò un fallimento commerciale. Da questo punto di vista, il film non fu un successo, e questo si deve anche al boicottaggio della stampa del tempo. Questo continuò ad essere un modello che Welles avrebbe seguito per il resto della carriera. Nessuno dei suoi film avrebbe mai realizzato un profitto.
3 - WELLES SI ISPIRO' GUARDANDO IL CLASSICO WESTERN STAGECOACH.
Simon Callow scrive, nella sua biografia di Orson Welles, che il regista, prima di creare Citizen Kane, avrebbe visto Stagecoach 40 volte. Stagecoach, film diretto da John Ford e interpretato da John Wayne, parla di un gruppo di persone, mentre il loro viaggio in diligenza è minacciato dagli attacchi degli Apache, guidati dal famoso guerriero Geronimo. Welles ha, più volte detto: "Dopo cena ogni sera per circa un mese, analizzavo Stagecoach, spesso con un tecnico o un capo dipartimento diverso dallo studio, e facevo domande:" Come è stato fatto?""Perché è stato fatto?". Era come andare a scuola". Da qui si capisce il continuo suo nominare John Ford come principale sua influenza cinematografica.
4 - UNO DEGLI UOMINI PIU' POTENTI D'AMERICA CERCO' DI DISTRUGGERE IL FILM
La perdita finanziaria, legata al film, non è stata sorprendente considerando l'enorme pressione esercitata da uno dei più ricchi e influenti proprietari di giornali americani. William Randolph Hearst fu portato a credere che il film fosse basato su di lui. Così si rifiutò di pubblicare pubblicità per Citizen Kane e le sue pubblicazioni attaccarono personalmente Welles, accusandolo di essere un simpatizzante comunista non patriottico. Anche se le analogie tra Charles Foster Kane, protagonista del film, e William Randolph Hearst, magnate dell'editoria, sono lampanti, Orson Welles ha sempre negato questo parallelismo. In effetti dichiarò: "È il ritratto di un fantomatico magnate dei giornali, e non ho mai detto o sottinteso a nessuno che sia altro". Però, scrivendo molti anni dopo, Welles ammise che c'erano delle somiglianze tra i due, ma confermò che il Citizen Kane non era un ritratto di Hearst.
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5 - L'AUTORE DELLO SCRIPT È ANCORA CONTROVERSO
Welles ha collaborato con Herman Mankiewicz alla sceneggiatura di Citizen Kane. Ma il contributo di Mankiewicz non è mai stato riconosciuto.
6 - WELLES HA SPINTO ALL'ESTREMO SIA CAST CHE TROUPE
"Welles era sempre pronto a continuare a girare fino a quando non otteneva la scena giusta", secondo Paul Stewart, che interpretava il maggiordomo di Kane. Stewart ha, più volte, dichiarato: "Un giorno ha girato più di tremila metri di pellicola e si è alzato solo alla centesima ripresa". Poi dei metri girati, Welles non ne usò nessuno. Il giorno dopo, ottenne la scena giusta in due riprese. Altro esempio sono le 24 ore in cui Welles lavorò ininterrottamente alla scena in cui il miglior amico di Kane, si addormenta sulla sua macchina da scrivere.
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          7 - IL SIGNIFICATO DI 'ROSEBUD' NON E' ANCORA CHIARO
Rosebud, Rosabella in italiano, è l'ultima parola pronunciata da Charles Foster Kane morente. Intorno a questa parola si sviluppa l'intera trama del film e, ancora oggi, ci sono varie teorie sul suo effettivo significato. Gore Vidal affermò che Rosebud era il soprannome che Hearst aveva dato al clitoride della sua amante, l'attrice Marion Davies. Ma Welles ha sempre sostenuto che era semplicemente un nome, a lungo dimenticato dalla mente cosciente del protagonista, che rimandava ad un momento decisivo della sua vita. Welles dichiarò:"Rosebud è il nome commerciale di una piccola slitta economica, su cui Kane stava giocando il giorno in cui fu portato via dalla sua casa e da sua madre. Nel suo subconscio rappresentava la semplicità, il conforto, soprattutto la mancanza di responsabilità nella sua casa, e inoltre rappresentava l'amore di sua madre, che Kane non ha mai perso". https://youtu.be/8Ck0QUeE6EI
8 - STEVEN SPIELBERG HA FATTO PROPRIA "ROSEBUD"
Questa famosissima slitta è tra i più iconici oggetti di scena della storia del cinema. E, per questo, è stato omaggiato e parodiato in tutti i modi. Nel 1982, una delle slitte "Rosebud" del film è stata messa all'asta da Sotheby's a New York. L'acquirente fu il regista Steven Spielberg. Sebbene alcune delle slitte "Rosebud" siano state bruciate, durante la produzione di Citizen Kane, come parte della scena finale, non è ancora chiaro se la copia di Spielberg sia l'unica rimasta.
9 - LE ABITUDINI ALIMENTARI DI ORSON WELLES ERANO PARTICOLARI
Welles aveva abitudini alimentari particolari ed estreme. Durante la produzione di Citizen Kane, la sua abitudine di consumare più di 30 tazze di caffè ogni giorno lo portò a soffrire per avvelenamento da caffeina. Allora passò al tè, ma ne beveva così tanto che la sua pelle cambiava colore. Inoltre, a volte, Welles semplicemente non mangiava per lunghi periodi. Poi si sedeva a un pasto e si mangiava "tre grandi bistecche e tutto il resto".
10 - WELLES SI FERI' DUE VOLTE DURANTE LE RIPRESE DEL FILM
L'impegno che Welles profuse nella sua interpretazione di Charles Foster Kane fu gigantesco. Welles riversò un'enorme energia nel ruolo, a volte a rischio del proprio benessere. Durante la scena in cui Kane irrompe nella stanza di Susan, distruggendo mobili e strappando le cose dalle pareti, Welles si tagliò gravemente la mano sinistra. Poi, durante la scena in cui Kane affronta il boss Jim Gettys su una scala, Welles cadde e si ferì la caviglia così tanto, che fu costretto a riprogrammare alcune scene e a dirigere il film da una sedia a rotelle per diversi giorni.
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11 - WELLES ERA SOLITO DISTRARRE I DIRIGENTI DI STUDIO CON TRUCCHI MAGICI
Sebbene gli fosse stata concessa un'incredibile libertà creativa per realizzare il film, Welles doveva ancora rispondere ai dirigenti dello studio, che volevano che il film producesse un profitto. E lo preoccupava che non approvassero la natura spesso innovativa della sua produzione. Perciò, durante le visite della dirigenza metteva in atto il suo talento naturale per la spettacolarità per distrarli. La troupe era istruita su non fare assolutamente niente in quelle occasioni, così Welles eseguiva trucchi con le carte per i dirigenti finché questi non se ne andavano.
12 - NEL FILM SI VEDONO GLI PTERODATTILI
Sebbene avesse una grande libertà creativa nel film, Welles aveva anche un budget. E, per questa ragione, furono adottate alcune scorciatoie creative, per ridurre i costi di Citizen Kane. Una scena tra Kane e Susan, per esempio, che, originariamente, doveva essere ambientata in un salotto prestigioso, fu, invece, dirottata in un piccolo corridoio. Oppure in un'altra, la produzione diventò ancora più creativa: per la scena in cui Kane e il suo entourage visitano la spiaggia, i grandi uccelli che volano sullo sfondo sono in realtà un frame di pterodattili, precedentemente creato per King Kong (1933) o Son of Kong (1933). LEGGI ANCHE... Il Cinema Di Woody Allen In 10 Scene Indimenticabili Affascinante vero? Qualcuno di voi l'ha visto? Quali sono state le vostre impressioni? Scrivetemele nei commenti qui sotto. Ciao da Tommaso! Vieni a visitarci sulla nostra pagina Facebook e Metti il tuo MiPiace! Condividi il nostro articolo sui tuoi social >> Read the full article
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freedomtripitaly · 4 years
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Tornati da un viaggio, in fondo al bagaglio, rimangono sempre saponi e salviette, acquistati lungo il tragitto, ottimi per essere utilizzati anche in casa. Ma che fare degli adattatori o dei cuscini comprati d’impulso in aeroporto? E dove porre la valigia, una volta che non serve più? Prima di buttare istintivamente tutto nell’armadio, si può trovare un modo per riporre ogni cosa al meglio, ottimizzando gli spazi in vista di un prossimo viaggio e utilizzando alcuni oggetti in modo alternativo. Ad esempio, i cuscini ergonomici: se sono stati un ottimo antistress in volo perché non utilizzarli anche all’interno delle mura domestiche? Magari si possono tenere sul divano e farne uso mentre si guarda la tv o si legge un buon libro. Questi cuscini possono essere utili anche per chi lavora ore davanti al computer: basta metterli intorno al collo per tenere il capo dritto ed evitare una fastidiosa cervicale. A proposito di pc ed elettronica, chi ha acquistato degli adattatori potrebbe averne bisogno anche in casa, per qualche elettrodomestico particolare, o in ufficio. Per questo è opportuno verificare se può esserci una reale utilità, magari sostituendo anche quelli logori. In caso contrario, meglio riporre ogni adattatore o prolunga in un posto unico, con un’etichetta che ne identifichi il contenuto, per ritrovarli in caso di bisogno senza fili attorcigliati. Anche i tappi per le orecchie o le cuffie possono essere utili in casa. I primi sono certamente indicati a chi vuole concedersi qualche ora di relax, senza interruzioni, mentre le cuffie sono d’ottima compagnia per chi vuole godersi un bel sottofondo musicale in casa, ma anche in giro, se wireless, magari mentre si fa jogging. Saponette, shampoo e altri detergenti acquistati in viaggio, invece, possono tornare utili nella quotidianità. Se uno di questi ha una fragranza particolare perché non travasarlo in un contenitore da tirare fuori in caso visite di amici inaspettate? Per quanto riguarda creme, shampoo o altri detergenti di bellezza, a lunga scadenza o non utilizzati, meglio conservarli. In questo caso, si può preparare una piccola trousse con tutto il necessario, aggiungendo anche dentifricio e spazzolino, in modo da essere preparatissimi, con tutto l’occorrente per la bellezza e l’igiene, in vista di una prossima partenza. Il tutto evitando lo stress della preparazione dell’ultimo momento. Anche le piccole confezioni dell’acqua e delle bibite, consentite per il trasporto in aereo, non vanno buttate. Si possono riutilizzare in ufficio o durante una passeggiata, ad esempio sostituendo l’acqua con del tè verde o qualche infuso antiossidante. Stessa cosa per chi ha acquistato le borracce riutilizzabili, utilissime nel quotidiano. Un occhio di riguardo per le valigie: chi ne ha acquistate di diverse dimensioni può inserirle l’una dentro all’altra, per ottimizzare per gli spazi. Puoi riporle all’interno del guardaroba o sotto il letto, se c’è abbastanza spazio, avvolte da un panno antipolvere. Avete anche dei cubi di compressione? In attesa di ripartire, meglio sfruttarli all’interno dell’armadio per tenere separati i piccoli indumenti ed averli sempre a portata di mano. Infine, bisogna pensare ai documenti. Inserirli in una busta per proteggerli è certamente un’ottima idea, come lo è scegliere un posto sicuro (meglio se è sempre lo stesso) in cui custodirli, che sia un cassetto poco utilizzato o dentro la valigia. In questo modo si avrà sempre la certezza di non partire senza. Fonte: 123rf https://ift.tt/2wJTLuN Come conservare al meglio gli oggetti da viaggio, quando non si viaggia Tornati da un viaggio, in fondo al bagaglio, rimangono sempre saponi e salviette, acquistati lungo il tragitto, ottimi per essere utilizzati anche in casa. Ma che fare degli adattatori o dei cuscini comprati d’impulso in aeroporto? E dove porre la valigia, una volta che non serve più? Prima di buttare istintivamente tutto nell’armadio, si può trovare un modo per riporre ogni cosa al meglio, ottimizzando gli spazi in vista di un prossimo viaggio e utilizzando alcuni oggetti in modo alternativo. Ad esempio, i cuscini ergonomici: se sono stati un ottimo antistress in volo perché non utilizzarli anche all’interno delle mura domestiche? Magari si possono tenere sul divano e farne uso mentre si guarda la tv o si legge un buon libro. Questi cuscini possono essere utili anche per chi lavora ore davanti al computer: basta metterli intorno al collo per tenere il capo dritto ed evitare una fastidiosa cervicale. A proposito di pc ed elettronica, chi ha acquistato degli adattatori potrebbe averne bisogno anche in casa, per qualche elettrodomestico particolare, o in ufficio. Per questo è opportuno verificare se può esserci una reale utilità, magari sostituendo anche quelli logori. In caso contrario, meglio riporre ogni adattatore o prolunga in un posto unico, con un’etichetta che ne identifichi il contenuto, per ritrovarli in caso di bisogno senza fili attorcigliati. Anche i tappi per le orecchie o le cuffie possono essere utili in casa. I primi sono certamente indicati a chi vuole concedersi qualche ora di relax, senza interruzioni, mentre le cuffie sono d’ottima compagnia per chi vuole godersi un bel sottofondo musicale in casa, ma anche in giro, se wireless, magari mentre si fa jogging. Saponette, shampoo e altri detergenti acquistati in viaggio, invece, possono tornare utili nella quotidianità. Se uno di questi ha una fragranza particolare perché non travasarlo in un contenitore da tirare fuori in caso visite di amici inaspettate? Per quanto riguarda creme, shampoo o altri detergenti di bellezza, a lunga scadenza o non utilizzati, meglio conservarli. In questo caso, si può preparare una piccola trousse con tutto il necessario, aggiungendo anche dentifricio e spazzolino, in modo da essere preparatissimi, con tutto l’occorrente per la bellezza e l’igiene, in vista di una prossima partenza. Il tutto evitando lo stress della preparazione dell’ultimo momento. Anche le piccole confezioni dell’acqua e delle bibite, consentite per il trasporto in aereo, non vanno buttate. Si possono riutilizzare in ufficio o durante una passeggiata, ad esempio sostituendo l’acqua con del tè verde o qualche infuso antiossidante. Stessa cosa per chi ha acquistato le borracce riutilizzabili, utilissime nel quotidiano. Un occhio di riguardo per le valigie: chi ne ha acquistate di diverse dimensioni può inserirle l’una dentro all’altra, per ottimizzare per gli spazi. Puoi riporle all’interno del guardaroba o sotto il letto, se c’è abbastanza spazio, avvolte da un panno antipolvere. Avete anche dei cubi di compressione? In attesa di ripartire, meglio sfruttarli all’interno dell’armadio per tenere separati i piccoli indumenti ed averli sempre a portata di mano. Infine, bisogna pensare ai documenti. Inserirli in una busta per proteggerli è certamente un’ottima idea, come lo è scegliere un posto sicuro (meglio se è sempre lo stesso) in cui custodirli, che sia un cassetto poco utilizzato o dentro la valigia. In questo modo si avrà sempre la certezza di non partire senza. Fonte: 123rf Le valigie, i documenti e tutti gli oggetti che ci seguono in un viaggio vanno sempre conservati al meglio una volta che si torna a casa. Ecco qualche consiglio utile su come fare.
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giulianaleone91 · 6 years
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Diario di bordo - 6° giorno di Route 66 (New Mexico)
La colazione non è inclusa, perciò siamo costretti ad accontentarci di ciambelle confezionate e succo di frutta comprati al supermercato ieri sera.
Facciamo un giro per le strade di Santa Rosa e chiediamo a un uomo cosa ci sia da vedere nelle vicinanze. La nostra domanda lo stupisce, risponde che lì non c’è niente da vedere. Ancora una volta le persone del posto non si rendono conto della prospettiva da cui guardiamo. Non sono i monumenti maestosi i tesori di questo viaggio, sono le piccole cose, proprio quelle che agli abitanti sembrano le più insignificanti. Siamo qui per vedere le strade, la gente, la vegetazione e i suoi colori, le insegne dei locali. C’è un signore con lui e prima che andiamo via ci indica il Blue Hole, quella è l’unica cosa che c’è a Santa Rosa, ci fa sapere.
Il Blue Hole è un laghetto tondo, molto piccolo, in cui è possibile fare delle immersioni. Abbiamo il costume con noi, ma non è ancora tempo di fare il bagno. Il sole è caldo, ma si sta ancora bene con maniche lunghe e maglioncino. 
Torniamo sulla Route 66 ma solo per un breve tratto, poi ci toccherà fare una deviazione per raggiungere Santa Fe. 
Questo pezzo è bellissimo, i colori dal giallo sono passati al rosso. Decidiamo di goderci un poco la Route e scendiamo per una passeggiata. Ammiriamo l’azzurro, l’aria fresca che ci riempe i polmoni, il silenzio, la terra rossa che abbiamo tanto agognato. 
Lo so già: il New Mexico mi piacerà da morire!
Parliamo di quanto si sta bene qui, e poi di Breaking Bad. L’ambientazione è quella e ci sembra di essere finiti dentro la serietv.
Mentre facciamo delle foto sulla terra rossa al margine della strada, a ridosso della montagna, una macchina di passaggio rallenta e una donna ci dice di stare attenti ai serpenti. Fanno le tane proprio dove sono seduta io. Balziamo in piedi e corriamo al sicuro sull’asfalto. Prima di rimetterci in marcia prendo un po’ di sabbia rossa da portare a casa come ricordo.
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Perdo la testa per la meravigliosa Santa Fe non appena varchiamo la soglia della città. L’architettura, gli edifici, i colori: non ho mai visitato una città come questa e i miei occhi desiderano catturare ogni dettaglio. Avevamo deciso di fare un veloce giro in macchina, visto che abbiamo tantissime mete da raggiungere oggi, ma una volta lì non ci sto. Ho bisogno di scendere e di camminare per quelle strade. Nasce una lunga discussione, non tutti sono disposti a perdere la mattinata in questa città, ma io sono irremovibile. Meditiamo pure se vale la pena separarci, però poi gli altri dovrebbero tornare indietro a prendermi e sarebbe scomodo, perciò riesco a convincerli per un’ora. 
La città è movimentata e vivace. Colori, musica e turisti riempono le strade. Il Texas deserto è solo un ricordo lontano. Visitiamo un supermercato fornitissimo e io acquisto il tè al gelsomino che desideravo da tanto, poi un negozio che vende gioielli fatti a mano molto belli e pietre (turchesi, coralli ecc...)
Nella piazza c’è un vero e proprio mercato sulla strada. Il marciapiede è tappezzato di stoffe colorate con su i prodotti in vendita. Al centro della piazza preparano Fajitas e visto che è ora di pranzo e che la giornata è bellissima, ne approfittiamo e pranziamo su una panchina. 
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I negozi intorno alla piazza vendono souvenir di tutti i tipi, coperte di lana colorate, tappetini intrecciati, cappelli messicani, calamite e altre cose tipiche. Compriamo qualcosa, poi Luca e Gloria si fermano per un gelato (carissimo) e torniamo alla macchina.
Mi dispiace, perché questa città mi piace moltissimo e vorrei restare ancora, ma siamo stati qui ben più dell’ora che era prevista. 
Prima di raggiungere il motel prenotato ad Albuquerque, siamo tutti d’accordo nel voler passare dalla casa di Walter White, personaggio protagonista della notoria serietv Breaking Bad.
Davanti al famoso garage troviamo i proprietari. Chiacchierano seduti su delle sedie di plastica e ci cacciano subito non appena ci vedono. Immagino saranno stati importunati da valanghe di turisti. Andiamo via purtroppo senza nemmeno una foto, ma ci rifacciamo da Twister, il fast food utilizzato come set di Los Pollos Hermanos nella stessa serietv.
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Raggiungiamo il motel di Albuquerque che il sole sta per tramontare. Facciamo il check in, posiamo le nostre cose e ci prepariamo per un giretto della città prima di cena. Il proprietario del motel (che tutte le volte che lo vedremo sarà nel piccolo parcheggio a sorvegliare le macchine dei suoi clienti) cerca di convincerci ad andare a cenare in un fast food qualche metro più avanti, nonostante gli ribadiamo che preferiremmo provare qualcosa di tipico. Alla fine capiamo che la sua insistenza è forse dovuta al fatto che a quest’ora la città non è troppo sicura per quattro giovani turisti. Decidiamo comunque di avventurarci, dopotutto non siamo venuti qui per niente, dobbiamo conoscere anche questa città e anche lei deve entrare a far parte del bagaglio di esperienze che porteremo a casa. 
Albuquerque è completamente diversa da Santa Fe. Non sembra ci siano turisti e anche dal punto di vista dell’architettura è molto meno caratteristica. È la città più povera incontrata fino adesso, ci accorgiamo. 
Veniamo subito avvistati dagli abitanti del posto, diversi ci indicano e due addirittura ci fermano per chiederci da dove veniamo. 
Il proprietario aveva ragione, a quest’ora la città non sembra poi tanto sicura e così il nostro giretto finisce presto. Sta facendo buio e non ci sembra il caso di inoltrarci ancora, perciò facciamo marcia indietro e decidiamo di andare a cercare un ristorante dopo aver recuperato la macchina. 
La strada principale è piena di locali e discoteche (movimento notturno? Wow. Per noi è una novità!). La piazza è architettonicamente simile a Santa Fe e i negozietti sono aperti anche se ormai è sera. Facciamo tappa in uno di questi, che vende salse piccanti, peperoncini, erbe per tenere lontani i lupi mannari e le coperte intrecciate che guardo da questa mattina. Alla fine non resisto e ne compro una. 
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Ceniamo in un ristorante messicano. Ci vengono offerti dei nachos con diverse salse, poi ordiniamo. Io provo un menù che comprende: un tacos, un jalapeno ripieno di mozzarella e poi fritto, una crepes salata, riso speziato e fagioli neri. È tutto sublime. 
Finita la cena deliziosa, valutiamo l’idea di andare in un pub. Rimandiamo dalla prima sera e questa volta ne abbiamo proprio voglia. Ci pensiamo un attimo, siamo distrutti come tutte le altre sere. Ancora una volta la stanchezza ha la meglio su di noi. 
“Magari domani” ci diciamo, un po’ sollevati e un po’ delusi dal fatto che anche gli altri la pensino allo stesso modo. 
Alla fine decidiamo di tornare in motel, che già riusciamo a tenere gli occhi aperti a stento e spogliarci e buttarci in doccia sarà, se è possibile, più difficile delle altre sere.
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fashioncurrentnews · 4 years
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Relax Last Minute
Istruzioni per un weekend rilassante step by step
Care Pinelle, le vacanze di Natale stanno per finire… ma quante di voi sono riuscite davvero a rilassarsi inquesto periodo? Spesso, infatti, siamo travolte dalle attività che dobbiamo organizzare durante le feste, che accrescono lo stress accumulato durante l’anno! Queste tensioni possono influire negativamente sul fisico e sulla mente, e ci impediscono di godere a pieno del nostro tempo libero. Se non avete in progetto nessun viaggio, ecco i miei consigli per provare a vivere l’ultimo weekend lungo in pieno relax, anche a casa! Ho stilato una mini guida delle cose da fare, e quelle da non fare, per arrivare al 7 Gennaio finalmente riposate!
1. Stop Ai Pensieri Negativi
Metti un freno a tutti i pensieri che ti danno preoccupazione! Che si tratti di lavoro o di università, ora sei in pausa e hai il diritto di concederti dei momenti solo per te!
Prenditi questi giorni per ricaricare le tue energie mentali, sarà essenziale per tornare alla routine con nuovo entusiasmo!
2. Stop Al Telefono
Come puoi rilassarti davvero se, ogni ora, ti arrivano decine di input dal tuo telefono? Lo smartphone può essere una fonte di stress perchè, automaticamente, ti rende disponibile! Prova a spegnere il tuo cellulare quando ti stai dedicando ad un’attività tutta per te, nessuno ti farà sentire in colpa per essere sparita qualche ora!
3. Stop Al Caffè
Il caffè è il nostro asso nella manica per essere attive e concentrate fin dal mattino. Quando sei in vacanza, però, eliminalo completamente! Non hai bisogno del suo superpotere e potrai evitare quello stato nervoso che spesso provoca. Altro vantaggio? Dormirai più facilmente!
Sfrutta queste giornate per bere bevande calde rigeneranti come le tisane o il tè.
4. Stop Alle Cose Che Non Vuoi Fare
Hai pochi giorni per rilassarti e, sicuramente, ti sarai organizzata per fare quelle commissioni che di solito non hai tempo di fare. Quindi, non riempire la tua agenda con altrettante attività che non ti mettono di buon umore! Rifiuta gli inviti a cui non sei davvero interessata, altrimenti le tue giornate voleranno via senza che te le sia godute!
5. Sì A Camminare
E’ mattina e non devi correre in ufficio, sfrutta questo tempo per concederti una bella passeggiata! Vai in un parco nelle prime ore del giorno, potrai distrarti con i suoni della natura senza i rumori del traffico intenso. Concentrati sulle cose belle che hai intorno e sulla luce, per immergerti in uno stato completamente positivo. In questo modo, farai un po’ di movimento, scaricherai la tensione e sarai piena di energie ( e rilassata )  per il resto della giornata!
6. Sì Al Buon Cibo
Spesso, durante la settimana, siamo costrette ad accontentarci di un pasto veloce per non rubare istanti preziosi al nostro lavoro. Adesso, hai l’opportunità di mangiare meglio! Puoi fare il pieno di prodotti freschi e cucinare a casa senza fretta. Mangiare in maniera sana ed equilibrata ti riempirà di forza e vitalità. Vedrai che ti sentirai decisamente più in forma e più felice.
7. Sì Ai Riti Beauty
Quale momento migliore che le vacanze, per dedicarci finalmente alla nostra beauty care? Coccolati con maschere, scrub e creme nutrienti, riservando a questi momenti il massimo della pace sensoriale! Acqua calda, luci soffuse, candele profumate e via!!!
Disconnettiti dal mondo esterno e rendi il tuo bagno il tempio del tuo relax.
6. Sì All'Arte
L’arte ci riempie di stimoli positivi e spesso, per il poco tempo a disposizione, ce ne dimentichiamo. In questo periodo, torna alla lettura di un buon romanzo, goditi dei film al cinema e ascolta più musica. Ogni forma d’arte ha il dono di arricchirci interiormente e di regalarci un vero e proprio viaggio culturale. Condividerla, poi, è ancora più bello! Regalati del tempo con la tua famiglia o con gli amici, visitando delle mostre o assistendo a spettacoli e concerti!
Care Pinelle, per lo stile di vita che facciamo a volte il relax sembra una meta impossibile da raggiungere! Cercate di organizzare il vostro tempo con criterio e  di stabilire le vostre priorità, sarete piene di energia e di buon umore! Spero che questi consigli possano rivelarsi utili, vi auguro una buona giornata e vi mando tanti baciii!
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traceofaftersound · 7 years
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Cose con cui cambiare aria quando arriva l’autunno
"Il sole a settembre mi lascia vestire ancora leggera", canta Cristina Donà in qualche angolo della mia testa mentre mi godo il bel tempo che Tokyo ancora regala anche se ci avviciniamo sempre di più all'autunno, e mentre in un altro angolo L'Orso canta "ottobre come settembre", purtroppo appena giro il calendario perché si è fatto il primo di ottobre pioggia, freddo, sintomi influenzali e stanchezza di vivere mi fanno capire che invece il nuovo mese sarà tutt'altra cosa, con buona pace del povero orso. La solita Cristina Donà cantava pure "sembra che non finisca mai settembre" proprio ne "I calendari" di DiMartino tra l'altro, ma sfortunatamente a me sembra sia proprio finito e anche in modo tremendamente brusco. Signora mia, non esiste più la mezza stagione.
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Sono nato in inverno ma è la stagione che più detesto, e anche dell'autunno non è che sia proprio un fan sfegatato. Certo, ci sono le foglie rosse degli aceri e il maple coffee al conbini e più nessuno stigma sociale sul bere tè caldo, ma da sole queste cose non sono sufficienti a farmi superare il trauma della fine della bella stagione. Soprattutto a Tokyo dove probabilmente le uniche foglie rosse che vedrò saranno quelle di plastica esposte dagli esercizi commerciali per ricordare ai potenziali acquirenti l'arrivo di entusiasmanti seasonal goods, limited edition. Insomma, per dirla con la Littizzetto, arriva l'autunno, cadono le foglie e pure i maroni.
Per fortuna in questo momento di insofferenza e spleen, un evento della Camera mi ha provvidenzialmente portato nel Kansai, dove a pensarci bene potrei dire che tutto è iniziato, storicamente per il Giappone ma pure per me lol. Avevo proprio bisogno di andarmene affan***o (affannato, affannato is the word. O anche bird, bird is the word, always) lontano da Tokyo, lontano da tutto, lontano da me per qualche giorno. Approfittando del fatto che i tre giorni precedenti all'evento sarebbero stati festivi, ho ben pensato di approfittarne per fare un giro nel buon vecchio Kansai, a Ōsaka e a Ise, due città che sentivo avessero ancora qualche sorpresa da riservarmi. È stata la prima volta che pur essendoci così vicino non sono andato a Kyōto, che pure era in lista quando ho valutato le zone limitrofe dove avrei potuto sostare, ma essendo l'evento proprio a Ōsaka non avevo troppa voglia di spostarmi due volte in tre giorni e alla fine ho optato per rimanere il più vicino possibile alla città. Non posso dire però che operare questa scelta non mi abbia fatto uno strano effetto, come se stessi rinunciando a ricongiungermi con una parte di me, del mio passato, ma a volte serve anche cambiare proprio aria, senza rifugiarsi nei bei tempi andati.
Viaggiare da solo non è l'opzione che preferisco di solito, ma in questo caso specifico avevo davvero bisogno di riprendermi i miei spazi e rispettare i miei tempi, anche per dimostrarmi che anche senza un'oculata organizzazione e solo una vaga idea di cosa fare sono perfettamente in grado di gestirmi lol. Il sabato del mio arrivo, in cui tutto fila liscio e procedo con sicurezza persino oltre la portineria dell'AirBnB affittato illegalmente da una tizia che già mi aveva avvisato che avrei forse dovuto mentire al custode annunciandomi come un suo amico, provvedo già a smentire questa mia tesi fiondandomi al Sumiyoshi Taisha, un vasto santuario famoso per il suo ponte rosso, i cui principali luoghi di interesse, a causa dell'orario e di un'imprevista cerimonia nuziale, sono, purtroppo, inaccessibili.
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Ponte Sorihashi, anche noto come Taikobashi (太鼓橋, "Ponte del Tamburo") per la forma circolare che si crea grazie al riflesso nell'acqua.
Arrivo tra l'altro quasi a litigare con un sacerdote incaricato di officiare il matrimonio perché evidentemente giudica che il fatto che io mi sia accorto sulla soglia del padiglione dove avviene la cerimonia e mi sia girato per tornare sui miei passi non siano sufficienti garanzie del fatto che me ne sto per andare, e con incedere solenne fa per venirmi incontro. "Non si può entrare oggi immagino, vero?" chiedo timidamente, convinto che la conversazione si chiuderà con una sua veloce conferma. "Questo è invero un edificio molto speciale", risponde lui (???), e comincia un imbarazzantissimo ping-pong verbale in cui io cerco di ribadire che me ne sto andando tentando di dimostrargli che ho capito che oggi non potrò visitare il padiglione, ma lui continua a replicare con informazioni che non gli ho richiesto ("guardi non c'è problema, torno anche domani..." "chissà se è aperto domani. Ha controllato?" MA SENTI MA LA PIANTI È UN MODO DI DIRE), e solo un'estenuante e pressoché inutile contrattazione riesco a farmi confermare che si, oggi visite non se ne fanno, OH, WE GOT THERE, adesso mi lasci andarmene affan***o che ci volevo andare da solo da sei ore e l'unica cosa che me lo ha impedito è la pezza che mi hai attaccato? 
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Il Sumiyoshi Taisha è stato fondato nel 211 ed è a capo di quasi altri 2300 santuari omonimi sparsi per tutto il Giappone. Anche se gli edifici attuali sono stati ricostruiti dopo essere stati danneggiati dai bombardamenti nella seconda guerra mondiale, è stato preservato lo stile architettonico originale che è uno dei più autentici e antichi esempi di architettura scintoista di periodo Yayoi che si possa ancora apprezzare. È dedicato alle divinità del mare, della navigazione, della poesia e della guerra e commemora la traversata dell'imperatrice Jingū che aveva guidato l'esercito alla conquista della penisola coreana ed era tornata vincitrice.
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Come accennavo causa orario, matrimonio e litigio col prete non sono riuscito a vedere la zona del Godairiki, nel cui suolo sassoso si celano dei ciottoli con inscritti i caratteri cinesi di "cinque" (五), "grande" (大) e "forza" (力), che se reperiti garantirebbero uno dei cinque grandi poteri (forza fisica, intelligenza, buonasorte, ricchezza e longevità), ma a parte il fatto che quasi sicuramente non li avrei trovati va bene anche lasciarsi qualche zona inesplorata per un eventuale ritorno. Il santuario di Sumiyoshi non è proprio centralissimo e mentre aspettavo il treno per rincasare mi sono ritrovato a stupirmi del fatto che ci fosse solo una corsa ogni venti minuti, che per gli standard di Tokyo è impensabile. Ma veramente quando abitavo in Kansai ero abituato a questi tempi d'attesa? Sarà che venendo da un paesino dove c'è un treno all'ora (sempre che non lo cancellino) l'offerta mi sembrava già quintuplicata, per cui probabilmente all'epoca mi pareva comunque un enorme miglioramento lol
L'indomani, approfittando del bel tempo, decido di svegliarmi di buon mattino per affrontare il viaggio di due ore e mezza che mi separa da Ise, una città il cui rinomato santuario ho già visitato nel mio primo soggiorno in Giappone ma che lungo la costa ha ancora un'attrazione in serbo per me: i Meotoiwa, gli scogli marito e moglie. Fallisco nel mio tentativo di alzarmi alle sette per prendere il treno delle otto e sono un'ora in ritardo sulla mia ideale (o meglio, idealistica) tabella di marcia, ma nonostante questo alle undici e mezza riesco a raggiungere la stazione di Futaminoura, la più vicina al lungomare. Non capisco esattamente dove ho sbagliato ma non trovo alcun tornello per passare la carta della metro e pagare la tratta né nella stazione di cambio a Ise, dove salgo direttamente su un macinino sgarrupato che barcollando mi porta fino a Futaminoura, né in quest'ultima stazione una volta sceso, per cui confuso ma felice decido di non approfondire e lasciare in sospeso i miei conti con le ferrovie del Kansai per il momento lol.
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I Meotoiwa sono scogli sacri che nella tradizione scintoista rappresentano le due divinità progenitrici del Giappone, Izanami e Izanagi, unite da una fune sacra detta shimenawa lunga 35 metri, 16 dei quali sono avviluppati intorno allo scoglio maschile e 10 intorno a quello femminile, lasciando tra i due 9 metri di corda in paglia di riso. Lo scoglio marito è alto 9 metri e porta in cima un piccolo torii, mentre la moglie è alta 4 metri. Fenomenale sembra essere lo spettacolo del sole che sorge tra i due scogli, ma se non sono riuscito a svegliarmi alle sette figuriamoci se potevo mai essere lì all'alba. Tutt'intorno vi sono statue di rane, emissarie di Sarutahiko Ōmikami, divinità nel cui nome è presente il carattere di “scimmia” e che quindi avrebbe più senso che come emissari avesse delle scimmie ma fa niente, a cui è dedicato il vicino santuario di Futami Okitama, diviso in due edifici principali, il più importante proprio di fronte agli scogli, e uno più piccolo detto Ryūgūsha (龍宮社, “santuario del palazzo del drago”) dedicato a Watatsumi, divinità marina dalle sembianze di drago figlia di Izanami e Izanagi.
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Avrei voluto fare una foto anche al padiglione più grande, ma non riuscivo più a rimanere in quel luogo impregnato di maschilismo ed eteronormatività, quel povero scoglio femmina non ha bisogno di un marito per essere completa!
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Tra moglie e marito non mettere il dito, dicevano, e invece io sfrontatissimo.
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Tornato sui miei passi, salgo di nuovo sul trenino scassato che dovrebbe portarmi alla stazione di Ise, da cui si prende il treno che porta poi fino a Ōsaka. Questa volta mi accorgo che a bordo c’è un distributore automatico che dispensa il biglietto che poi andrà pagato direttamente in contanti alla stazione di cambio, e la cosa in effetti mi pare pure avere un senso - ma c’era anche nel treno che ho preso all’andata? Non che sia una garanzia, ma io non mi ero mica accorto. Scendo a Ise, pago la tratta allo sportello della linea locale e tecnicamente dovrei usare la carta per rientrare dai tornelli, ma siccome ufficialmente da quei tornelli non sono mai uscito e ancora il conto del viaggio dell’andata non risulta saldato, ovviamente appena ci provo il lettore magnetico mi dà errore e parte a sirene spiegate l’allarme che urla al ladro. Mostro la carta all’addetto della linea locale che mi dice di andare a parlare con il suo collega della linea che devo prendere per raggiungere Ōsaka, che molto convenientemente lavora in uno sportello che è da tutt’altra parte e dove devo rifare la fila da capo. Spiego la situazione giustificandomi col fatto che all’andata non mi sono imbattuto in alcun tornello e in alcun biglietto sul trenino malconcio diretto a Futaminoura, ma far capire la dinamica al tizio richiede una cosa come un quarto d’ora perché non si capacita che io possa essere riuscito a scappare ai miei debiti con le ferrovie dello stato e alla giustizia, per cui mi chiede conferma dei miei movimenti sette volte prima di prendere atto e accettare che ci sia effettivamente una falla in Matrix. La conclusione è che devo usare la carta per uscire intanto dai tornelli così la tratta principale dell’andata risulterà saldata e poi chiedere al suo collega della linea locale, quello con cui ho parlato prima, di farmi pagare il pezzettino che manca fino a Futaminoura e che non ho potuto pagare perché non ho preso il biglietto. Chiedo se non posso pagare direttamente a lui perché non vorrei fare di nuovo la fila, ma a quanto pare non è un’opzione.
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Siccome nel frattempo con sta storia mi hanno pure fatto perdere la coincidenza e davvero non ho intenzione di rispiegare tutto daccapo al collega del tizio, decido che anche senza i miei 210 yen le ferrovie giapponesi non falliranno e che invece sfrutterò l’ora che mi resta da aspettare per tornare a visitare dopo 4 anni l’Ise Jingū.
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Questo santuario, uno dei più importanti per lo scintoismo, è dedicato ad Amaterasu, la dea del Sole, nata dall’occhio sinistro di Izanagi (il cui scoglio sono appena andato a visitare, daddy says hi!) quando questi si purificò nelle acque di un fiume dopo essere disceso negli Inferi per cercare di riportare indietro la sposa defunta, secondo una dinamica molto simile a quella del mito di Orfeo ed Euridice. Purtroppo per questioni di tempo (non vorrei perdere pure il treno successivo per Ōsaka) riesco solo a rivisitare velocemente parte del Santuario Esterno (外宮, Gekū), dedicato a Toyouke-no-Ōmikami, divinità del cibo, delle vesti e della casa, ancella di Amaterasu a cui porta il riso che i sacerdoti le offrono. Per il Santuario Interno (内宮, Naikū), dove la divinità del Sole è venerata ed è custodito il sacro specchio che fa parte delle tre insegne imperiali del Giappone, dovrò aspettare il prossimo viaggio a Ise temo. Potervi tornare anche solo brevemente, però, è stato bellissimo, soprattutto dopo la visione del documentario “Umi Yama Aida - Ise Jingu no Mori kara Hibiku Message” (うみやまあひだ ~伊勢神宮の森から響くメッセージ~, “Tra mare e montagna - Un messaggio che risuona dalla foresta del Santuario di Ise”), ambientato proprio qui e riguardante la pratica del tokowaka 常若, l’“eterna giovinezza” che contraddistingue questo luogo che ogni vent’anni viene ricostruito esattamente come prima, com’era successo nel 2013 quando per la prima volta vi ho messo piede. Ritrovarlo quattro anni più invecchiato e pensare a quante cose siano profondamente cambiate in questo breve arco di tempo è stato, devo ammettere, emozionante.
L’indomani ho in progetto di rivedere il basco dopo credo quasi un anno, non prima di un fallimentare tentativo di pranzare al café Pennennenemu, che mi interessa per un puro riferimento letterario visto che è citato in una canzone di una delle mie band preferite ma che, nonostante abbia casualmente scoperto essere ragionevolmente vicino, essendo piccolino ha un sistema abbastanza fastidioso per regolare il flusso della clientela: occorre accaparrarsi un biglietto la mattina entro le nove e mezza in modo da venire assegnati a una fascia oraria, per cui nel senso ciao ciao Pennennenemu, machittesencula tra l’altro, non posso credere che davvero ci siano talmente tanti avventori da permetterti di tirartela in questo modo.
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『「死者に口なし生者に耳なし」ペンネンネネムは言った』 “Il Pennennenemu lo diceva che i morti non parlano e i vivi non sentono” Ecco Pennennenemu, senti amme, va’ a mori’ ammazzato va’.
Ritrovare il basco è stato come andare a una pizza dei vecchi compagni di classe: avevo proprio bisogno di farci una chiacchierata come si deve e aggiornarci su quello che è successo alle nostre vite mentre lui era a Ōsaka e io a Tokyo. Tra l’altro le nostre situazioni post periodo di studi a Kyōto neanche a farlo apposta hanno finito per avere svariati punti in comune, e poterne discutere con qualcuno che sa cosa signfichi perché ci è passato è stato impagabile. Il tutto mentre ci dedicavamo a uno dei nostri passatempi preferiti già ai tempi di Kyōto: scoprire improbabili posti nascosti nella città, in questo caso il tempio degli inferi, il Senkōji (全興寺).
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Questo bizzarro tempio, sperduto a sud di Ōsaka e soprannominato “Disneyland dei templi”, sorge dove lo volle più di 1300 anni fa Shōtoku Taishi, mitico principe ereditario che in periodo Asuka fu uno dei più fervidi promotori del buddhismo. Originariamente dedicato a Yakushi Nyorai, il buddha della medicina, oggi chi lo visita è probabilmente più interessato al Jigokudō (地獄堂, ‘Sala Infernale’) e allo Hotoke no Kuni (ほとけのくに, ‘Terra di Buddha’).
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Scendendo dei gradini in pietra si accede a una cava sotterranea, lo Hotoke no Kuni appunto, dove, circondati da 151 statue di Buddha, è possibile meditare al centro della stanza sopra un mandala in vetro colorato uscito direttamente dall’intro de “La Bella e la Bestia”, abbastanza kitsch devo dire.
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Nel frattempo, tutt’intorno si ode il suono di un suikinkutsu (水琴窟) strumento/ornamento della cui esistenza avevo sentito per la prima volta curiosamente proprio dal basco. Vedi come tutto torna, mica come l’acqua del suikinkutsu che scorre incessante ma non è mai la stessa.
Poco distante, in un altro padiglione, ci imbattiamo in un Buddha recumbente (涅槃仏, nehanbutsu) che galleggia in una specie di piscina e che ci turba per il suo astrattismo che lo fa somigliare più che altro al bozzolo di una crisalide.
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A Buddharfly!
A pochi passi, infine, il Jigokudō custodisce un altare dedicato a Enma, il giudice infernale, affiancato da figure di orchi e demoni, con tanto di filmato illustrativo delle torture inflitte ai dannati nell’oltretomba proiettato sul Jōhari no Kagami (浄玻璃の鏡), lo specchio che mostra le buone e le cattive azioni dei defunti quando Enma deve decidere della loro sorte nell’aldilà. Se non volete aspettare così tanto per sapere che fine farete, comunque, non c’è problema: fuori dal padiglione una praticissima macchinetta automatica a pulsanti vi indirizzerà con una serie di domande mirate verso il responso che più si confà alla vostra condotta, e i test del Cioè muti proprio.
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Vabbè che le autocertificazioni vanno sempre prese con le pinze, ma il mio risultato è stato “極楽行き資格あり”, cioè “idoneo per il Paradiso”. Ma, come recita la saggia macchinetta, non mi devo adagiare sugli allori perché è un attimo perdere tutte le credenziali.
Lasciatici alle spalle il Senkōji, il basco mi guida per le strade di Ōsaka, e si vede da come si muove che ci abita ormai da un po’. Se alcune zone mi risvegliano nostalgici ricordi del mio primissimo soggiorno in Giappone, quando studiavo nella periferia osakese e ogni tanto mi concedevo il lusso di esplorare la città, altre sono una meravigliosa scoperta, come i loschi bar e café di Umeda così infrattati da chiedersi se la gente che ci lavora faccia affari a sufficienza per poterne effettivamente campare. In uno di questi, assolutamente a caso, incontreremo due vinicoltori italiani con la passione per il surf venuti in Giappone a promuovere il loro vino, che rivedrò poi a Tokyo alla serata di presentazione a cui mi invitano calorosamente a partecipare. E boh, se da un lato è vero che questi incontri fortuiti erano all’ordine del giorno quando andavo in giro con il basco, che secondo me c’ha la calamita per queste situazioni, dall’altro comunque mi viene da pensare che certe cose (e con questo includo anche il gestore del locale giapponese ma con la passione per l’opera italiana che si esibisce per noi proponendo i pezzi forti del suo repertorio) succedono solo in Kansai, dove la gente sembra essere un po’ più accogliente e caciarona.
Ultima menzione di questo breve ma denso viaggio in Kansai va a Sasayama, quieta località di campagna a un’ora e mezza da Ōsaka, teatro dell’evento che mi ha portato in questa parte dello Honshū in quest’occasione, di cui quasi sicuramente non avrei mai sospettato l’esistenza e di cui invece ora so che è famosa per i suoi fagioli neri e per il castello che Tokugawa Ieyasu, il terzo dei grandi unificatori del Giappone, vi fece edificare nel 1609 e che i bombardamenti statunitensi distrussero durante la Seconda Guerra Mondiale. Menzione d’onore alla guida turistica che ci ha accompagnati soprattutto, un vecchietto giapponese che si era preparato un discorso in un inglese decoroso ma che ad ogni domanda rispondeva “Yes” così, proprio per partito preso, uno “yes” aperto alla vita, come quello di Molly nell’Ulisse di Joyce direi.
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L’edificio principale, chiamato Ōshoin (大書院), venne ricostruito nel 2000 sulla base di testimonianze fotografiche, mentre di altre zone non restano che vestigia, come gli ambienti dove dovevano risiedere i samurai qui di stanza e di cui rimane solo la pianta tracciata in bianco sullo spiazzo antistante l’Ōshoin. Beh, in tutta Sasayama credo ci sia solo questo da visitare e noi siamo riusciti ad andarci nell’unico giorno di chiusura di tutta la settimana. Seems legit.
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Nel vicino santuario di Aoyama (青山神社), eretto nel 1882, sono venerati nella loro forma deificata Tadatoshi e Tadayasu Aoyama, due signori feudali.
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Anche se per pochi giorni, credo che prendere una pausa da Tokyo e godermi un po’ di Kansai non mi abbia fatto altro che bene. Mi rendo conto di ribadirlo ogni volta, ma è veramente una dimensione diversa da quella della capitale, come raccontavo a una delle partecipanti al nostro evento sul minivan che ci ha scarrozzati da Ōsaka a Sasayama e viceversa, che essendo lei stessa della zona si trovava assolutamente d’accordo e anzi non ha potuto che rafforzarmi in questa convinzione corroborandola di esempi provenienti dalle sue personali esperienze. Mi ha fatto anche molto piacere scoprire nuove facce di Ōsaka, una città che mi sono reso conto di conoscere in maniera estremamente superficiale, e che invece celava sorprese insospettabili (e di sicuro molte altre ne nasconde ancora).
Mentre finisco di scrivere questo post, a Tokyo infuria il tifone che da qualche giorno ci regala pioggia ininterrotta e vento, durante i quali poche altre opzioni oltre a piumone e riscaldamento a manetta mi sembrano poter rientrare tra i piani per il weekend. Ma, come dice Murakami in “La fine del mondo e il paese delle meraviglie”, “‘Quando verrà la primavera tutto sarà più facile. Se il mio cuore sopravviverà all'inverno, e se la mia ombra sarà fisicamente sopravvissuta, i miei sentimenti ritroveranno una certa chiarezza.’ Come aveva detto la mia ombra, dovevo essere più forte dell'inverno.”
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sangha-scaramuccia · 5 years
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Sesshin – maggio 2019
Riporto i brani estratti dal notiziario n. 89 Anno 22 Gennaio 1997/2528, utilizzato dal maestro Taino per il teisho.
Nel pomeriggio di sabato, dopo il tè, c'è stata la riunione dell'associazione di Scaramuccia per l'approvazione del bilancio e la discussione della proposta fatta dal maestro Taino di uscire dal UBI. Cosa centriamo con una associazione che sembra trovare uno dei principali motivi di essere nel gestire i soldi dell'8 per mille? Non era con questi scopi che era nata, così diventa sempre più una chiesa che non si differenzia dalle altre. Del tema si parlerà ancora, per adesso Keiko, Shido e Myozen sentiranno chi all'interno dell'UBI è favorevole a un cambio dell'associazione e vedranno che spazi ci sono.
Nel commento del teisho il maestro Taino è tornato sul tema dei buddisti come costruttori di chiese e apparati che non hanno al centro il discorso del risveglio, dell'illuminazione, unico motivo di essere di questa pratica.
Paolo Shōju
Teisho della sesshin di aprile (sabato 4/5/2019). Testo tratto dal:
Notiziario di SCARAMUCCIA  n. 89 Anno 22 Gennaio 1997/2528
E poi, in settembre, c'è stata la riunione dei maestri buddisti occidentali, in Germania al Kamalashila Institute che è vicino a Bonn. Sarei andato già nel 1994 in Francia, più vicino e con intorno dei bei posti per arrampicare (!) ma si teneva in luglio e i miei impegni me lo hanno impedito. Questa volta voglio proprio andare a vedere chi sono gli insegnanti di buddismo d'Europa e così, dopo aver sentito che andare in treno e in aereo costa troppo e si è costretti agli orari stabiliti, si va in automobile con Kiyoka, navigatore e secondo pilota.
Martedì 17, verso le 19:00 l'arrivo a Trento malgrado le allarmanti notizie sul traffico autostradale sentite alla radio prima di partire. Non sono solo accattoni, come ho sempre pensato, ma anche incompetenti al limite della disonestà.
...
A Trento dopo una deliziosa cena con Bruna e Andrea, si fa zazen al Centro Sattva con tutti gli allievi di quella città. Dormiamo nel centro stesso. Mercoledì 18, partenza prima delle 7 e via verso Bolzano, Innsbruck, Munchen e su su verso Bonn che è appena 1500 chilometri da Scaramuccia. Sono le 18,00 quando, con qualche giro di troppo, dalla campagna umbra arriviamo direttamente in Tibet. L'Istituto Kamalashila è una costruzione di quattro piani, circondato da bandiere tibetane e addobbato, all'interno di fotografie di lama, di deità e quanto altro di tibetano ci può essere.
È un bel posto con uno stupa imponente, di fronte al quale faremo la foto di gruppo il terzo giorno di riunione. Dopo la cena c'è una riunione informale fra i presenti, che non sono ancora tutti quelli previsti. Gli italiani soltanto Maria Angela Falà, rappresentante dell'UBI e Paljin Tulku, del Centro Mandala di Milano.
Giovedì 19 è una giornata intera passata a discutere (in inglese). Vi chiederete: di che? Si potrebbe dire che ci arrampichiamo sugli specchi e io non dovrei trovarmici male. In effetti, dopo che ci siamo presentati dicendo ognuno da dove proviene: paese, tradizione, maestro, ecc., e avere sentito una relazione delle due precedenti riunioni, Dharamsala e Francia, si stenta ad andare avanti perché una ragione specifica per riunirsi non c'è. O c'è, in quanto è anche interessante vedere tutti coloro che si dedicano alla diffusione (?) del buddismo e sapere chi sono e come lo fanno. Anche per imparare, se possibile, a farlo meglio. Il punto è proprio questo, che io faccio rilevare, constatando, come ormai avviene in qualunque ambiente, la differenza fondamentale fra il maestro di Scaramuccia, ma anche la guida di Scaramuccia, il coltivatore di Scaramuccia, il comunista di Scaramuccia... e tutti gli altri. Insomma quelli che sono presenti al Kamalashila sono tutti preti, alcuni laici altri ordinati, ma tutti di mentalità pretesca e missionaria.
Lo dico con simpatia, senza alcuna venatura critica o malevola, solo una constatazione. E come i preti di qualunque religione, solo io a dire che il buddismo è solo illuminazionismo e non religione, tendono a vivere del proprio mestiere. Potevano capire quello che io gli dicevo? No! È stato però molto importante andarci per capirlo io! Per fare un intervento nel quale ho detto che da parte di alcuni cercatori della via o seguaci del Dharma ho constatato lo stesso atteggiamento che è ormai molto diffuso fra gli allievi, non in particolare quelli di Scaramuccia, che partecipano ai corsi di taici, shiatsu, reiki, arrampicata, macrobiotica, erboristeria, ecc. ecc. . Ovvero, imparare una tecnica per poi diventare a loro volta insegnanti. Sarà che mancano i lavori tradizionali, oppure che non si vogliono più fare o, ancora, che si vuole arrotondare lo stipendio con qualche altra entrata? È tutto giustissimo! Però, e per me questo però è fondamentale, c'è una incolmabile differenza fra chi è cercatore della via e chi è cercatore di un titolo.
Se ripenso a quando sono partito per il Giappone, e come posso non pensarci? la mia unica aspirazione era di capire, sgamare o satorare?, e solo successivamente, anche per quanto avevo imparato nel monastero: i Quattro Voti, l'esempio del maestro, l'ordinazione, ecc. ho deciso di tornare in Italia e mettere a disposizione quanto avevo appreso. Dopo però, solamente dopo!
Il viaggio in Germania ha anche reso possibile di estrinsecare quanto avevo sentito subito, tornando in Italia dal Giappone nel 1973, ma che non riuscivo a esprimere bene. Non capivo perché tante persone, alcune che venivano a Scaramuccia, ma tante negli altri centri zen o tibetani, volevano diventare monaci. Ci sono dei luoghi dove sono state fatte ordinazioni a migliaia e io non capivo il senso di questa ricerca di titoli per poi andare a fare i missionari del buddismo. Infatti a Scaramuccia, dopo una prima esperienza, le ordinazioni non ci sono state e qualcuno è andato di soppiatto in Giappone, per farsi ordinare da qualche prodigo osho-san, e così ritornare in Italia a fare il maestro.
Per concludere su questo argomento, non facile, ritengo che un cercatore della via, a differenza di chi cerca il titolo di reiki, di taici, di ingegnere o un altro qualunque, da usare com'è giusto per lavorare, debba avvicinarsi alla pratica di liberazione con un atteggiamento che definisco puro, ovvero senza alcun altro scopo che la ricerca dell'illuminazione. Niente altro, poi tutto quello che verrà in seguito farà sì che si possa decidere, alla luce dell'illuminazione che è stata realizzata.
La riunione tedesca l'abbiamo lasciata un poco in anticipo. A parte quanto detto all'inizio ho fatto altre poche considerazioni che vi elenco brevemente e poi, se interesserà ne potrò parlare a Scaramuccia durante una sesshin.
Prima di tutto i buddisti occidentali sono poveri. Si consolano aspettando che i praticanti, che sono per la maggior parte ancora giovani, fra un poco di anni invecchiando e morendo potranno donare, come avviene nella chiesa cristiana, i loro averi alla chiesa buddista. Inoltre i presenti erano, a quanto mi risulta, tutti discepoli di maestri vissuti in occidente.
Queste riunioni hanno una loro importanza e aiutano a capire quanto non ci era riuscito rimanendo nel nostro ambito. È anche vero che la maggior parte delle riunioni, conferenze, interviste, ecc., le faccio perché fanno piacere agli allievi, i quali hanno talvolta bisogno di vedere che il proprio maestro è importante. Va bene anche così, figuriamoci se proprio io mi tiro indietro dopo avere ripetuto diecimila volte, da Linci, di entrare  e uscire in maniera libera dalle situazioni.
Per finire vi faccio leggere con piacere quanto Benedetto Croce dice a un comunista in un suo libro di memorie: "Voi credete di essere i primi, ma non è così: e poi cosa c'è di ragionevole a trattare il mondo come un ammalato che deve guarire, quando il mondo è sempre stato ammalato e affollato di persone che volevano guarirlo? Non sempre questi medici si servivano di una medicina come l'economia, c'erano le religioni, le ideologie, ma la realtà è questa: la malattia è lo stato naturale del mondo ".
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Kawah Ijen 23 - 25 luglio
Arriviamo a Sempol alle 23.30 e alloggiamo al lodge Arabika che offre stanze poco confortevoli e piuttosto sporche (non date per scontata nemmeno l'acqua calda, nonostante le temperature che si possono raggiungere la sera!), la colazione consiste in tè, caffè , due fette di pan carrè, burro, cazzilli di cioccolato e un uovo sodo. Il tutto per la cifra di 200mila IDR a stanza doppia e 265mila IDR per la tripla. Da notare che nonostante Arabika sia in primo luogo un'azienda produttrice di caffè che si vanta di esportare in tutto il mondo, avendo tra i propri clienti aziende quali Nespresso, non vi verrà offerto niente di meglio che uno pseudo Nescafè. In questa località, situata all'interno dell'enorme caldera Ijen oramai inattiva, si possono fare una serie di escursioni tra cui visitare la fabbrica del caffè, la piantagione di fragole, il vulcano, diverse cascate e molto altro. La gita più gettonata in zona è quella notturna al lago sulfureo di Ijen, il più grande lago acido del mondo. Per fare questa passeggiata è necessario un passaggio in van che avvicini alla zona, per il quale Arabika ci ha proposto cifre folli. Tutta la zona attorno alle homestay vale una visita: sia il villaggio che si trova esattamente sotto Arabika, sia il villaggio di Sempol. Ed è qui che arriva la botta di culo perché mentre eravamo in giro per il villaggio alla disperata ricerca di un buon caffè locale, non solo siamo stati intercettati dal nostro futuro passaggio in van, ma costui era anche un operaio della fabbrica che ci ha invitati a casa sua e ci ha offerto dei caffè veramente buoni. Tra una tazza di caffè e un biscottino fatto in casa riusciamo ad accordarci per: trasporto andata e ritorno dal lodge all'inizio della camminata, più trasporto fino a Situbondo, dove ci serviva arrivare per proseguire il viaggio verso la prossima destinazione. Siccome la passeggiata è impegnativa ma soprattutto gelida, non ci siamo fatti mancare una tappa alle terme di Blawan (5.000 IDR d'ingresso). Tutto per 130mila IDR ciascuno. Durante la gita notturna si ammirano da vicino le fiamme blu (visibili solo col buio) che bruciano perpetuamente sul fondo del cratere. A pochi metri dal lago i minatori locali si caricano sulla schiena in delle rudimentali ceste di legno mezzo quintale abbondante di pietre ricche di zolfo, che poi trasportano lungo un sentiero sconnesso fino al ciglio del cratere, è un lavoro terribilmente pesante e tra i gas tossici e la fatica questi uomini hanno un'aspettativa di vita di circa 50 anni. Viste le condizioni di lavoro molti di loro arrotondano vendendo souvenir e offrendo passaggi in portantina. Noi abbiamo raggiunto le fiamme intorno alle 03:30 del mattino camminando un'ora e mezza e siamo rimasti sul fondo del cratere circa un'ora e mezza prima di risalire per goderci l'alba 30 minuti di sentiero più avanti. Questo significa che si possono trascorrere diverse ore senza muoversi molto in luoghi nei quali le temperature possono avvicinarsi agli zero gradi, copritevi!
Consigli per la passeggiata: - L'ingresso al parco costa 100mila IDR - Non lasciatevi ingannare dal primo pacchetto tutto compreso che vi viene offerto e non comprate le mascherine che cercheranno di vendervi in tutti i modi. Lungo il sentiero un sacco di venditori vi diranno che l'aria carica di zolfo è tossica ed è necessaria la mascherina, in realtà non si raggiunge mai una distanza veramente pericolosa, al massimo può dare un po’ di fastidio a gola e occhi. Noi siamo saliti solo con una sciarpa sulla faccia e non abbiamo avuto problemi. - Noi siamo riusciti a passare qui solo due notti, ma per chi avesse più tempo a disposizione vale la pena stare un po’ e visitare villaggi e piantagioni. La gita al lago Ijen è meravigliosa, ma non è l'unica cosa che questa zona può offrirvi (ad esempio la sicuramente imperdibile gita al Taman Teletubies).
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Autore: @elisanellastanzadisopra 
Illustrazione: @oltrevioletto (instagram) 
Il bosco di Eirin - La coccinella
«Cosa succede se ti guardi allo specchio e non ti vedi più?»
«Cosa succede se ti guardi intorno e ti circonda il nulla?»
«Succede che devi guardarti dentro» pensò Eirin ad alta voce.
Si svegliò pronunciando queste parole, ancora nel letto, al buio. Non era riuscita a dormire a causa delle domande che aveva in testa dalla notte precedente. Era già mattino, molto presto. Così decise di alzarsi e aprire la finestra. Era nuvoloso, lì fuori. E forse anche nel suo cuore c'erano più nuvole del solito. Eirin respirò nel vento che le servì un cocktail di emozioni contrastanti eppure così chiare. Si sentì estremamente libera e una sensazione di gioia pura le attraversò il corpo. Contemporaneamente sentì come un macigno che le si arrampicava pian piano al petto, sentendosi oppressa da un fantasma invisibile. Continuò a stare alla finestra per dare sfogo alle sue emozioni, per dare loro più spazio possibile e cercare di individuarne la prevalente e darle voce. Andò a fare colazione e, con la sua tazza di tè in mano, si avvicinò di nuovo alla finestra. Per la prima volta vide il bosco sovrastato dalle nuvole e un alone di tristezza annebbiò il suo volto. Doveva necessariamente guardarsi dentro, e non era affatto semplice. Contemplò il bosco e sentì il bisogno di vagare per i suoi sentieri. Decise che ci sarebbe andata al calar della sera. Passò la giornata a pensare e leggere un libro. Ogni tanto guardava fuori dalla finestra e, quando un raggio di sole faceva capolino illuminando le pagine del suo libro, Eirin sapeva che era la luce che le serviva per rischiarare il buio dentro.
Il buio arrivò nel bosco ed Eirin era pronta. Uscì e guardò subito il cielo: c'era ancora qualche nuvola che il vento non era riuscito a mandare via. Subito si accorse che la luna era nella sua fase calante: l'ultimo quarto. L'ultima quadratura tra sole e luna era in atto, e questo coincideva davvero con la fine del ciclo. O forse la fine di esso ne apriva uno nuovo. Eirin passeggiò nel bosco, per sentieri che le ricordarono gli strani incontri passati, imboccandone uno a ritroso. Si ritrovò a pensare a quello che era stato il suo viaggio nel bosco, a cosa aveva provato e imparato e immediatamente collegò la fase lunare alle sensazioni di quella giornata. Capì di avere a disposizione il necessario per andare avanti. Colse gli insegnamenti del bosco e cercò di custodirli come un prezioso amuleto.
Eirin camminò a lungo quella notte e ad un certo punto si ritrovò davanti alla betulla. Sorrise e si guardò intorno, ma c'era solo lei e sentiva il rumore del vento farle compagnia. Si voltò e vide un arbusto di rose senza fiori, si scorgevano appena le foglie nuove verde chiaro. Si chinò e ai piedi dell'arbusto scavò una piccola fossa, ma profonda abbastanza da poter contenere i suoi sogni. Chiuse gli occhi e si concentrò sui desideri che aveva espresso con la luna nuova e li sotterrò nella buca. Era la fine ma anche un nuovo inizio. Eirin ricoprì di terra scura i suoi sogni e su di essi si posò una coccinella.
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pangeanews · 4 years
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“Dimmi, c’è ancora Bellezza da trovare? E Certezza? E qualcosa di Quieto?”. Breve storia di Rupert Brooke, il poeta amato da Churchill e da Nabokov
Il 26 aprile 1915 il Times segnala la morte per setticemia di un ventisettenne: “Morte di Rupert Brooke nell’isola di Lemno. Era poeta e sottotenente della Royal Naval Division”. Il ‘coccodrillo’ continua dando la parola a Churchill: “W.S.C. ci scrive la sua vita si è chiusa nel momento in cui sembrava esser giunta a primavera. Una voce era diventata udibile, una nota era stata lanciata: più vera, più mossa, maggiormente in grado di far giustizia alla nobiltà della nostra gioventù nella guerra di oggi, una voce meglio disposta di altre le quali invece esprimevano, chiuse in se stesse, pensieri di arresa; e la voce che abbiamo perso aveva il potere di recare conforto a chi guardava da lontano questi giovani con tanta attenzione da lontano. La voce è stata pian piano uccisa. Restano solo gli echi e la memoria: rimarranno con noi senza morire”. Fu seppellito in un campo di ulivi a Skyros. Churchill gli doveva un tributo perché aveva lanciato lui quella campagna sciagurata nei Dardanelli.
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Ma insomma chi era questa voce?
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Rupert Brooke è ricordato nelle antologie liceali italiane della Black Cat, che fa scuola, come un poeta di maggior fama tra i suoi contemporanei che non tra i posteri perché esaltava, in forma classica, i valori della guerra diversamente dai vari Sassoon e Owen, più disfattisti. Oggi la sua gloria è limitata al Regno Unito, dove si spettegola in continuazione sulla sua natura bisessuale, come una riedizione di Byron. Di lui rimane soprattutto la poesia The soldier o in alternativa Granchester the old vicarage dove c’è in effetti un’eco byroniana.
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Il punto è che Brooke fu molto di più di questo. A partire dall’edizione canonica con tutte le poesie, con questo volto giovane, da tipo interessante. A partire, poi, dal saggio che Nabokov gli dedicò da giovane quando andava in canoa a Cambridge (ora in Think Write Speak). Testo del 1921, puntuale nei riferimenti alle poesie di Brooke. Nabokov aveva 22 anni…
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“Non credo che Brooke sia stato davvero felice in amore. Possiamo immaginarcelo così, nel suo regno senza nubi con una donna, un regno in cui si è trasportato di là dai limiti terreni. Siccome amava infinitamente la bellezza del mondo, ne sentiva spesso le passioni piccine e disordinate che disturbano e lasciano la loro impronta sul chiaroscuro terreno che lui adorava, coprendone i suoni attutiti. Brooke è il poeta di questi suoni attutiti. Sentite l’incursione della prosa ochesca nel giardino della poesia:
Al sicuro nella magia dei miei boschi Giacevo guardando la luce che moriva. Leggeri in questo deserto pallido e remoto, Dilavati dalla pioggia e velati dalla notte, Argento e blu e verde fecero la loro comparsa. I boschi neri si fecero ancor più neri; Uccellini se ne sentivano, ovattati, E la pace incombeva come la quiete Che si disponeva sopra la collina. Nessun vento… E seppi che questa era l’ora della comprensione e Che una sola cosa eravate tu la notte il bosco, Così che in silenzio avrei trovato la chiave nascosta Per disfare quel che sino allora mi aveva ferito e messo nel dubbio – E capire perché tu eri veramente così come eri, Capire perché la notte era così gentile con noi, Capire perché la foresta era una parte del mio cuore. E aspettai col fiato sospeso, da solo, e lentamente voi tre, Tu la notte la foresta cresceste in una sola cosa nell’ora della comprensione. E improvvisamente si smosse qualcosa nella mia foresta… Arrivasti dietro di me e dicevi La vista da qui è molto carina! Dicevi �� così bello starsene un po’ da soli! E dicevi Come si stanno allungando le giornate! Dicevi Non è adorabile il tramonto?
*
Egoismo poetico di Brooke. Forza giovanile non raccolta, non tesa verso il suo obiettivo concreto. O meglio, se un obiettivo c’era era però troppo alto da raggiungere. Come scrive magnificamente Nabokov in chiusura saggio, lasciando stare la storia della letteratura e altre frivolezze da sordi: “Non visse lunga vita e la natura incongrua dei suoi modi è dovuta al fatto che non ebbe tempo di setacciare le sue ricchezze, davvero non fece a tempo a fondere tutti i colori del mondo in un colore singolo, di radiante bianchezza. Pure, non è difficile rintracciare la caratteristica principale della sua arte – servizio appassionato alla bellezza pura…”
*
Lasciando stare per forza The soldier che ora è la quintessenza del politicamente scorretto (mentre all’epoca gli dava lustro) vediamo un’altra poesia famosa di Rupert Brooke, Granchester composta nel 1912 dopo la prima raccolta poetica. (Non aveva paura di far brutte figure con una secondo libro)
*
Due parole sul contesto: Brooke si trova nel Café des Westens nel maggio del ’12, la Germania guglielmina non piace a un Inglese neanche a pagarlo e quindi il nostro si lancia a descrivere le sospese atmosfere teutoniche:
Ebrei tedeschi di buon temperamento Bevono birra tutt’intorno – e le soffici gocce di rugiada Stanno nascoste dietro un mattino dorato. Qui i tulipani spuntano in buon ordine Ma nei labirinti dei giardini fiorisce scarmigliata E senza titoli una rosa inglese finché non prova una fitta di nostalgia ironica per la sua ‘gentaglia’: Oddio! Solo vedere i rami che si agitano Verso la luna a Granchester!… E una volta che è nata la notte, arrivano ancora le lepri? L’acqua è ancora dolce e fredda, gentile e marrone, lì sopra la nostra piscina? Ride ancora il fiume immortale Sotto il mulino, sotto il mulino? Dimmi, c’è ancora Bellezza da trovare? E Certezza? E qualcosa di Quieto? Campi profondi e fioriti, ché ho bisogno di dimenticare Le bugie, e le verità e il dolore?
*
In chiusura Brooke si chiede poi: “L’orologio della chiesa rintocca ancora alle dieci meno tre? / C’è ancora del miele per il tè?”. Miscela di Wilde e Byron con un sentore di viaggio e di guerriglia alla Patrick Leigh Fermor. L’estetica era certamente una cosa pericolosa per chi come Brooke fosse nato nel 1887, ma lui dimostra di tenersi in equilibrio.
*
Passiamo alle cianfrusaglie eccitanti prima di finire con la lettura di un’altra straordinaria poesia.
*
Quando nel 2015 ci fu il centenario della scomparsa uscirono due biografie ripiene di aneddoti a sfondo sessuale nell’una e nell’altra direzione. In effetti, Brooke guardava da una parte e dall’altra.
Furono riesumati memoriali della sua fidanzata storica (90 pagine!) e Guardian banchettò sui resti carnali di Brooke titolando Lettere d’amore espongono il poeta patriota. Ecco uno scambio significativo.
*
Rupert a Phyllis Gardner: “Bene, stramba Phyllis, quel che volevo dirti è questo; sei incredibilmente carina quando sei nuda e i tuoi capelli meravigliosi ti si muovono intorno come per il vento. Mi passa del fuoco in corpo a pensarci, sei un diavolo. Ricordo ogni centimetro del tuo corpo in quella luce bizzarra. Ora sono al riparo a Berlino, un posto orrendo per tutti tranne che per me. Tranquillo, solo due persone mi conoscono. Voglio lavorare come mai prima per due mesi. Quando ti vedrò di nuovo? Ti lascio a capo della Poetry Review e ti accludo Beauty and Beauty. Te ne avevo parlato. La scrivo a memoria quindi potrebbe essere diversa rispetto alla versione a stampa. Ma volevo dartela. Potresti mandarmi altri dei tuoi versi. A Berlino tutti hanno i capelli del genere marrone fango. Sei una creatura gentile. Divertente pensare a come ti scompiglia il vento. Scrivimi e dimmi come stai e che succede a Londra. Ti scriverò presto. Con amore Rupert”.
*
Risposta di prammatica: “Grazie caro, volevo scriverti per prima e sono contenta che tu l’abbia fatto. Grazie per la poesia. Si dice che ‘ogni donna ha un cuore selvaggio’ e a questo punto immagino che per gli uomini sia lo stesso. Amo la tua poesia Beauty, è come se squillasse dentro la testa. Sei un bravo cantante. Scrivi presto. Phyllis”.
*
A questo punto, per scioccare gli sciocchi, i fatti nudi e crudissimi: la liason tra i due durò un anno e mezzo e Brooke fece a tempo ad avere un bambino da una tahitiana in un tour ante-guerra. A detta della giornalista Guardian le lettere a Phyllis emanano “luce postcoitale senza fiamma” (post-coital glow). Le lettere sono state parzialmente messe a disposizione ma serviranno altri 45 anni perché si sappia ‘tutto’ (posto che le parole qui abbiano senso…) e vengano aperti gli ultimi cassettini alla British Library.
*
L’altra biografia da centenario raccontava che nella piscina di Granchester il nostro Rupert sguazzava nudo con la Woolf uscendone con un’erezione istantanea: il suo scherzetto unico al mondo, unique party trick come lo chiama la sua ganza di allora Phyliss, la quale sostiene che “non si poteva evitare di esserne impressionati”. Di qui alle chiacchiere sulla sessualità ambivalente del nostro, con la pelle di ragazza, il passo è brevissimo.
*
Il circolo di Bloomsbury si riunì dopo la guerra intorno a Woolf, il biografo Strachey, i fratelli Keynes e altri ancora, tutti amanti della piscina di Brooke. Solo che Brooke era stato un neopagano, loro erano chic e basta. La cricca Bloomsbury “viveva nella terra sessuale di nessuno e cercava di ingombrare la memoria di Brooke con un’aura equivoca” (così Geoffrey Keynes). Forse aveva più classe Larkin quando recensiva le lettere di Brooke mezzo secolo fa, o anche l’anonimo articolista del New York Times che parlando di una biografia uscita nel 1964 ricordava semplicemente il testamento artistico di Brooke: “non è l’arte a renderci felici o miserabili: è la vita. L’arte è solo un’ombra, un sostituto di secondo livello e meglio di tutto è vivere la poesia. Per giunta ti mantiene giovane”.
*
Aneddoto spiccio: l’introduzione di Henry James alle Lettere dall’America di Brooke è il suo ultimo scritto. E poi: immaginare Fitzgerald giovane studente a Princeton che adorava Brooke.
*
Negli anni compresi tra la pubblicazione, svogliata e seguita male, delle prime poesie e la morte in guerra, Brooke fa un po’ di tutto: fondò col fratello una società intitolata a Marlowe dove erano ammesse anche le donne e avere figli prima del matrimonio era un titolo necessario per accedere al gruppo; cercò di concludere una tesi sul dramma elisabettiano e John Webster (autore di Una cura per le corna, strepitoso). In tutto ciò portava avanti la relazione con Noel Olivier flirtando con una sua sorella.
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Brooke sembra il classico tipo che una volta scrive una cosa e poi si contraddice. Segno di giovinezza? Immaturità? Non si vede bene.
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Da Berlino scriveva a Phyllis dicendole che il posto era meraviglioso mentre nella poesia Granchester ci lascia intendere che fa schifo. Allo stesso modo, in amore fa avanti e indietro con lei:  propone il matrimonio a Noel mentre a Phyllis che glielo chiede (e si conoscono da prima, dal 1911) lo rifiuta perché, le scrive per lettera: “sono un viandante che prende qui quel che vuole, dove lo trova: costruisce amicizie qui e amori laggiù, matrimoni lì in fondo, mentre da altre parti passa una sola giornata o una settimana – se possibile trascorre la vita con altri”.
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In quale caverna era sceso per trovare il quarzo della sua poesia Il grande amante? È il 1914, stesso anno di Granchester, anche qui rima baciata che proverò a sciogliere per rendere l’idea. È un’invocazione del paesaggio e degli oggetti graditi a Brooke e non si incontra una sola persona in carne e ossa. Ma non si tratta di retorica, è semmai un affronto che lui rivolge alla morte che osa portargli via anche queste cose basilari.
Sono stato un così grande amante: ho riempito i miei giorni Così orgogliosamente con lo splendore dell’elogio d’Amore, Con dolore, calma e stordimento, Con desiderio illimitabile eppure contento, E con tutti i cari nomi che gli uomini usano per evitare la disperazione, Ché le correnti perplesse e cieche che arrivano Per caso ai nostri cuori ci portano di sotto, al buio della vita. Ora un silenzio impensabile si arena lungo quella corrente E vorrei truffare la morte che ci addormenta Perché ci si ricordi della mia notte come di una stella Che risplendeva su tutti i soli e sulle giornate degli uomini… Amore è una fiamma – abbiamo mandato luce nella notte del mondo. È una città – e l’abbiamo costruita. È un imperatore – abbiamo insegnato al mondo come si muore. Quindi proseguo per le cose che amai, E per l’alta causa d’Amore magnifico, E per tener giovani le mie vecchie lealtà scriverò quei nomi, Per sempre dorati come aquile o fiamme piangenti, E li proteggerò perché gli uomini li conoscano, Per sfidare le generazioni, per bruciare e soffiare Sul vento del Tempo che brilla e scorre… Tutto sarà svuotato quando la morte vorrà respirare e tradirmi E spezzare l’alto vincolo che avevamo e vendere alla polvere La fiducia d’Amore e il legame di sacramento. Oh, su questo non ho dubbi eppure da qualche parte mi sveglierò E darò ancora quel che è rimasto d’amore e farò Nuove amicizie che ora mi sono sconosciute… Ma il meglio rimane con me e cambia, si spezza, invecchia, è spostato Dai venti del mondo e svanisce dalle menti degli uomini e muore. Nulla resta. O cari miei amori senza fede, ancora una volta Vi do quest’ultimo regalo: una volta che tutti abbiano saputo, E gli ultimi amanti si siano separati e vi abbiano elogiato, Era tutto un amore direte, Lui amò.
*
Tento una parola erudita per non piangere. Qui Brooke sta nella linea cinquecentesca prima che Eliot la spiegasse ai lettori dei giornali. Brooke adora i metafisici minori e in particolare Aurelian Townshed che inscena, come un Bergman insoddisfatto, il Dialogo tra il Tempo e il viandante (qui il testo).
Dove il viandante che parla con il Tempo scopre di trovarsi nel regno di Amore e che il Tempo può solo obbedire alle leggi del Fato, senza comandare. Esattamente come nella poesia di Brooke: ti puoi rivolgere a contemplare gli amati solo quando non ci sono più. Quando sono vivi non hai tempo. Per dirla con il viandante metafisico:
Se Lei è il Tempo, e questi fiori hanno vita, Allora ho paura che sotto qualche lillà Possa ora crescere colei che amo.
If thou art Time, these flower have lives, And then I fear Under some lily she I love May now be growing here.
Andrea Bianchi
*le traduzioni sono di Andrea Bianchi
  L'articolo “Dimmi, c’è ancora Bellezza da trovare? E Certezza? E qualcosa di Quieto?”. Breve storia di Rupert Brooke, il poeta amato da Churchill e da Nabokov proviene da Pangea.
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La Guida Completa Del Nord Vietnam
Mentre il Vietnam si estende a ventaglio sopra Hanoi verso i confini della Cina e del Laos, raggiunge la sua larghezza massima di 600 km, la maggior parte di esso è una zona cuscinetto montuosa avvolta attorno al Delta del fiume Rosso. Gran parte della regione è selvaggia e inaccessibile, eppure contiene alcuni dei paesaggi più impressionanti del Vietnam, scarsamente popolati da un affascinante mosaico di minoranze etniche. Il più popolare per i visitatori è la regione nord-occidentale dove la catena montuosa più alta del paese e la sua vetta più alta, Fan Si Pan, sorgono bruscamente dalla Red River Valley. All’ombra di Fan Si Pan si trova Sa Pa, un’antica stazione collinare francese facilmente accessibile, famosa per i suoi popoli di minoranza e per i suoi splendidi paesaggi con opportunità di trekking in borghi isolati. Molte province del Vietnam del Nord restano poco visitate dai viaggiatori. Ecco una guida approfondita per le nostre migliori destinazioni: Hanoi, Ha Long Bay, Sapa, Mai Chau, Ha Giang, Cao Bang e Ninh Binh, e i nostri migliori hotel e resort di lusso nel Vietnam del Nord. 
Foto: Luxury Travel Vietnam
1. Panoramica del Vietnam del Nord
Il Vietnam settentrionale confina con la Cina a nord, il Laos a ovest e il mare a est. Elenchiamo le cose per cui il Vietnam del Nord è noto: 
Il Vietnam del Nord ospita il secondo delta fluviale più grande del Vietnam, che è anche la regione più importante in termini di cultura – Red River Delta. 
Il Vietnam del Nord è anche il luogo in cui si trova la vetta più alta dell’Indocina – Fansipan. 
Un patrimonio naturale mondiale due volte protetto dall’UNESCO appartiene al Vietnam del Nord: la baia di Halong. 
Questa è l’unica regione del Vietnam che ha 4 stagioni distintive in un anno con un inverno freddo. 
Il Vietnam del Nord vede i più diversi in un numero di gruppi etnici che vivono qui con almeno più di 30 gruppi che risiedono solo nelle Highlands nord-occidentali. 
Il Vietnam del Nord è stato descritto da Tripadvisor tra le prime 10 destinazioni del mondo più volte. 
2. Breve storia del Vietnam del Nord 
Foto: Luxury Travel Vietnam
C’è poca storia registrata di questa regione del paese prima che i francesi stabilissero una stazione collinare a Sa Pa negli anni ’20, e anche allora il loro mandato fu breve. Altopiani remoti, fitta vegetazione e terreni accidentati adatti alle attività di guerriglia, oltre a un rifugio sicuro oltre il confine, hanno reso questa regione il luogo perfetto da cui orchestrare il movimento per l’indipendenza del Vietnam. Per un breve periodo nel 1941, Ho Chi Minh si nascose nella grotta Pac Bo sulla frontiera cinese, spostandosi poi a sud nella provincia di Tuyen Quang, da dove i Viet Minh lanciarono la loro rivoluzione d’agosto nel 1945. Queste province settentrionali furono le prime a essere liberate dal dominio francese, ma nel nord-ovest alcuni gruppi minoritari, in particolare tra thailandesi, Hmong e Muong, appoggiarono le autorità coloniali e ci vollero i Viet Minh fino al 1952 per ottenere il controllo della zona. Due anni dopo, hanno messo in scena la loro grande vittoria sui francesi a Dien Bien Phu, vicino al confine con il Laos. 
Alla fine degli anni ’70 le relazioni sino-vietnamite divennero sempre più aspre per vari motivi, non da ultimo l’invasione della Cambogia da parte del Vietnam. Le cose andarono a segno il 17 febbraio 1979 quando i cinesi mandarono duecentomila truppe nel Vietnam del Nord, distruggendo la maggior parte delle città di confine: diciassette giorni dopo, tuttavia, la forza di invasione stava tornando a casa, circa ventimila in meno. Sebbene gran parte dei danni infrastrutturali e politici causati dalla guerra siano stati riparati, i campi minati non segnalati lungo 1000 km di frontiera rappresentano un problema più irrisolvibile: la maggior parte delle aree – compresi tutti coloro che ricevono regolarmente turisti – sono state ripulite e dichiarate sicure, ma nelle aree più remote è ragionevole attenersi a percorsi ben consunti. 
3. Perché scegliere il tour del Vietnam del Nord? 
a. Natura 
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La natura nel Vietnam del Nord stupisce i visitatori, dalla bellezza verde dei parchi nazionali, delle riserve e di Ramsar, alle montagne, alle cascate, ai fiumi, ai laghi e alle grotte. La baia di Halong è tra le nuove sette meraviglie naturali del mondo. I visitatori scopriranno il fascino naturale del Vietnam indulgendo in una vasta gamma di alloggi, pacchetti turistici e attrazioni in luoghi come Mai Chau, Sapa, Ha Giang, Ba Be, Baia di Halong, Phong Nha Ke Bang e Ninh Binh. 
b. Eredità 
Con la sua lunga storia e il suo stile di vita unico, il Vietnam del Nord ha un ricco patrimonio. Ci sono molti siti interessanti e diversi che si trovano in tutto il paese. 
c. Festival 
Foto: Luxury Travel Vietnamf
Numerosi festival colorati possono essere celebrati tutto l’anno. Il tempo dopo Tet Nguyen Dan (Capodanno lunare vietnamita) è particolarmente emozionante. Altri festival includono la Pagoda dei profumi, Hung King, Kate e Lim e Giay, solo per citarne alcuni. 
d. Selvaggio 
Molte isole incontaminate e spiagge si trovano in questo paese tropicale. Il Vietnam del Nord è ampiamente noto per le sue bellissime spiagge di sabbia bianca e resort di classe mondiale tra cui Halong Bay, Cat Ba … 
4. Clima nel Vietnam del Nord 
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Il periodo migliore per viaggiare nel nord del Vietnam è da ottobre a dicembre, quando è generalmente caldo e soleggiato, dopodiché inizia il freddo inverno, accompagnato da nebbie persistenti che possono durare per diversi giorni. Anche la primavera, tra marzo e maggio, è un buon momento per visitare, quando le temperature iniziano a salire e i fiori primaverili sono in piena fioritura. Le temperature raggiungono i massimi estivi che occasionalmente raggiungono i 40 ° C tra maggio e agosto, anche se tendono ad aggirarsi intorno a 30°C più ragionevoli ad Hanoi. Tuttavia, l’estate è anche la stagione delle piogge, quando i forti acquazzoni rendono l’area del delta bassa quasi insopportabilmente calda e appiccicosa e le inondazioni sono un pericolo regolare. 
Le montagne settentrionali condividono lo stesso regime di base, anche se le temperature sono considerevolmente più fredde e le regioni più alte vedono gelate al suolo, o persino una rara nevicata, durante l’inverno (dicembre-febbraio). 
5. Dove andare e cosa fare nel Vietnam del Nord 
a. Ha Noi 
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Hanoi è la miscela di tutto. Le luci al neon si intrecciano con i colori profondi del passato. Hanoi è il gusto unico, le strade simili a labirinti, i clacson delle motociclette, tutto ciò con un tono più tranquillo alla base di una tradizione millenaria. 
La parte più turistica della capitale del Vietnam è il centro storico di Hanoi, con 36 strade commerciali che sono anche l’anima di questa città. 
Mentre camminate per queste strade, i luoghi incredibili si apriranno in modo così vivido davanti a vi: donne con tessuti colorati e cappelli ombreggiati vi sorrideranno mentre camminate vicino a bancarelle di cibo i venditori vestiti con i loro colorati tessuti quotidiani e cappelli conici che ti sorridono mentre camminate vicino alle loro bancarelle; bevitori di caffè seduti su piccoli sgabelli di plastica con il suo caffè sua e il tè per rinfrescarsi chiacchierando con veemenza; motociclette che percorrono le strade, a volte fino a quattro persone ammucchiate dietro l’autista, forse persino un cane con le zampe sul manubrio. È così irreale essere circondati da quel tipo di caos meraviglioso. 
Foto: Luxury Travel Vietnam
Una cosa da non perdere quando si visita Hanoi è provare il delizioso cibo di strada qui. Girovagando per le strade, troverai sempre qualcosa di incredibile da mangiare. 
Hanoi è un’ottima base per viaggiare in altre parti del Vietnam del Nord, una destinazione da non perdere. 
Fate riferimento sul nostro tour ad Hanoi:
PRENOTA OTA
b. La baia di Ha Long 
Situato nella parte est del nord e circa 2 ore in auto sulla nuova superstrada da Hanoi, la baia di Ha Long è un immenso giardino di isole calcaree e isolotti sul Golfo del Tonchino. Per due volte designato come patrimonio naturale del mondo, la baia di Ha Long non deluderà nessuno viaggiatore con la sua magica belezza. 
Una crociera nella baia per emergere nella bellezza stessa, godersi i momenti di tramonto e alba sulla baia e ammirare molti altri bellissimi pezzi della baia di Ha Long sarebbe una delle migliori esperienze di viaggio da vivere in Viet Nam 
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Se la baia di Ha Long non è abbastanza per voi, la baia di Bai Tu e La baia di Ha nelle vicinanze possono sempre soddisfarvi con la bellezza e molte attività da svolgere. 
Se non avete abbastanza tempo, una crociera di Ha Long sarebbe la scelta più andata. Tuttavia, una crociera durante la notte sulla baia sarà il modo migliore per godersi Ha Long. Altre attività da fare intorno alla baia includono kayak, visitare villaggi galleggianti, speleologia e altro ancora.  
Pronto per la vostra crociera ad Ha Long? Ci sono una opzione per voi: Le crociere dell’imperatore – le prime crociere all-inclusive del Vietnam alla baia di Ha Long.
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Se state cercando un vero rifugio in cui vi troverete in armonia con la natura, non dimenticare di imbarcarti nelle Crociere dell’imperatore per scoprire la baia barca vietnamita all-inclusive in assoluto, Emperor Cruise è decorata con gusto con oggetti fatti a mano d’artista realizzati in oro, argento, bronzo e giada. Ma non si tratta solo della nave; si tratta dell’esperienza. Questa crociera di lusso ha il suo carattere distintivo con una vasta gamma di servizi di prima classe, servizio di maggiordomo e reception aperta 24 ore su 24 per offrire un’esperienza superlativa, un ricordo che rimarrà con i tuoi clienti per tutta la vita. L’itinerario è ben progettato, che consente di scoprire grotte, andare in kayak e fare snorkeling, incontrare pescatori locali in un villaggio galleggiante. Nasconditi in caverne incontaminate, spiagge e isole e goditi la vostra avventura sull’acqua. Questa è la vostra occasione per fuggire, fare un po ‘di anima alla ricerca e tornare completamente rinfrescato. 
c. Oltre la Baia di Ha Long 
Salta la folla della baia di Ha long per queste fantastiche alternative. 
L’isola di Cat Ba 
Foto: Luxury Travel Vietnam
Sempre nella baia di Ha long, Cat Ba è un’isola bellissima, nonostante la sua città principale sottosviluppata che ha visto un imponente aumento del turismo e uno sviluppo sconsiderato. Tuttavia, l’interno rivestito di giungla di questo isolotto scosceso è grezzo, incontaminato e incontaminato. Non perderti Cannon Fort e la baia di Lan Ha, una versione altrettanto bella, ma meno affollata della baia di Ha Long Pronto per la vostra crociera a Cat Ba? Ci sono un’opzione per voi: Le crociere di Heritage – Il capolavoro dell’isola di Cat Ba 
Le crociere di heritage è la prima crociera boutique vietnamita sull’isola di Cat Bam su fiume Rosso e sul Golfo del Tonchino. La sua flotta di imbarcazioni unisce l’eleganza classica al comfort, mettendo in mostra la storia, l’arte, la cucina e la cultura del paese. Le crociere di Heritage vanta 20 suite la sistemazione sontuosa e le viste semplicemente stupende. Sia che si tratti di un asciugamano profumato fresco all’arrivo, di stendere le pantofole, di abbassare le luci e di abbassare il letto ogni sera o di creare magie dell’ultimo minuto per soddisfare una richiesta speciale, lo staff di Heritage Cruises sorprenderà, delizia e stupirti con la loro capacità di anticipare i tuoi bisogni, spesso prima di realizzarli da solo.. 
La baia di Bai Tu Long 
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La topografia costiera altrettanto drammatica di Bai Tu Long potrebbe suonare il secondo violino di Ha long quando si tratta del numero di visitatori, ma ciò non significa che non sia bello come suo cugino sudoccidentale. Venite qui per un’esperienza Halong più rilassata. 
Il ritmo più lento dei tour qui significa che avrai più tempo per esplorare le grotte accessibili, nuotare nelle acque limpide tra le imponenti formazioni calcaree, possibilmente individuare dugonghi, godervi il kayak ed esplorare le riserve forestali trovate sulle isole più grandi della baia . 
Esplorate Vietnam con il nostro tour:
PRENOTA OTA
d. Sapa 
Se la baia di Halong è il sito turistico più famoso del nord-est, Sapa è l’hub dei viaggiatori sull’altopiano nord-occidentale. Situato sulla catena montuosa Hoang Lien Son, nella provincia di Lao Cai, a circa 350 chilometri da Hanoi, Sapa è conosciuta come la città nebbiosa dell’altopiano, benedetta da una delicata bellezza, un pizzico di romanticismo francese e autentica cultura locale. Per andare da Hanoi a Sapa, è possibile viaggiare in treno e autobus.
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Da Sapa, potete anche raggiungere la vetta più alta dell’Indocina sul Monte. Fansipan (3143 metri) tramite uno dei sistemi di funivie più impressionanti della terra.
Sapa è anche la sede delle persone etniche nel nord-ovest del Vietnam, con il predominio della cultura H’mong. Girando per Sapa anche nelle immediate vicinanze, non potete essere aiutato a sentirvi sopraffatto dalle magnifiche risaie a terrazze, specialmente nella stagione del raccolto, dai giardini fioriti della valle di Muong Hoa, dalle cascate argentate.
Una volta visitata Sapa, è necessario partecipare a una fiera del mercato delle persone etniche di cui il mercato dell’amore è il più speciale di loro. In uno di questi mercati, avrete la possibilità di vedere le persone entrare in commercio, comunicare e persino trovare l’amore. È un’esperienza da non perdere.
e. Ninh Binh
Foto: Luxury Travel Vietnam
Mentre la baia di Halong è sempre sovraffollata, Ninh Binh Vietnam offre una fuga molto più tranquilla e più vicina da Hanoi. Situato a circa 100 chilometri a sud, Ninh Binh può essere visitato in un giorno, rendendolo una meravigliosa gita di un giorno da Hanoi, in treno, in auto o in moto.
I migliori luoghi da visitare a Ninh Binh sono: Tam Coc, Trang An, La riserva naturale di Van Long e Il parco nazionale di Cuc Phuong. Tra questi, Tam Coc è il più visitato e famoso per le sue meravigliose gite in barca, specialmente nella stagione del raccolto con il campo di riso dorato che galleggia sul fiume.
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Trang An è il più degno della vostra visita. Il sito è stato designato come patrimonio mondiale culturale e naturale dall’UNESCO. A Trang An, il posto più alla moda in cui andare in questo momento è Hang Mua che ha un punto di vista spettacolare sull’acqua e sulle montagne, una statua di drago sdraiata sulla cima della montagna e graziosi chedi dove potete posare come volete per la vostra foto di Instagram.
Il Parco Nazionale di Cuc Phuong ha un fascino completamente diverso rispetto a qualsiasi altra destinazione a Ninh Binh. Vi offre un ambiente verde, aria fresca, fauna e flora incontaminate e molte cose da fare.
f. Mai Chau
Se Sapa è il capitano degli altopiani del sud-ovest, allora Mai Chau Vietnam è la porta d’ingresso. Situato a soli 130 km da Hanoi, Mai Chau è una destinazione facile per una fine settimana. Questo posto è noto per il suo bellissimo paesaggio, la vita frenetica, la cultura autentica e l’ottimo cibo.
Foto: Luxury Travel Vietnam
Mai Chau è una valle delimitata da dolci colline – un paradiso dove potete davvero rilassarvi e godervi la natura e la gente. Mai Chau è l’ideale per una vacanza in famiglia con attività leggere come andare in bicicletta, fare trekking in campagna.
Famiglia è la scelta migliore per l’alloggio a Mai Chau. Vivere in una palafitta tailandese locale vi darà una grande visione della vita della gente qui. Lac e Pom Coong offrono meravigliosi servizi in famiglia con pasti e spettacoli tradizionali su richiesta.
Mai Chau è anche il luogo per gli amanti del tessile per acquistare prodotti in broccato e persino imparare il processo, le tradizioni legate alla tessitura delle donne tailandesi.
g. Moc Chau
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Altopiano di Moc Chau è il paradiso nascosto di cui nessuno vi parlerà. Come capitale di Son La, Moc Chau si trova a 200 chilometri dall’affollata Hanoi, offrendo una meravigliosa vacanza con aria fresca, colline del tè verde, fiori primaverili e villaggi etnici.
La prima cosa che potreste voler fare a Moc Chau è una famiglia in un bellissimo villaggio come Hua Tat. Questo villaggio ha un ottimo percorso di trekking, un laboratorio artigianale tradizionale e una comunità etnica che ha riservato con successo il loro stile di vita alla gente di H’mong
Visitare le colline del tè sarebbe una meravigliosa opportunità per ammirare uno splendido paesaggio e gustare il famoso tè di Moc Chau allo stesso tempo.
Cascate, grotte, prugne e villaggi sono tutti degni di essere scoperti nel Moc Chau. E non dimenticare di assaggiare le prelibatezze locali prima di partire.
h. Ha Giang
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Con montagne a più livelli e una sfumatura di verde che sembra esistere solo in Vietnam, la provincia di Ha Giang è uno dei luoghi più belli che potete visitare nel paese. Si trova nella regione nord-orientale del Vietnam e condivide un confine lungo 270 km con la Cina. Le strade sembrano scorrere come fiumi intorno alle montagne che si muovono dentro e fuori dai miei mozziconi come sentinelle reali.
Il periodo migliore per visitare Ha Giang è da ottobre a novembre. Piove meno e il clima è molto più fresco. Poiché Ha Giang si trova a nord, segue modelli meteorologici simili. Aspettatevi nebbia e alta umidità durante il giorno, ma temperature più fresche poiché ha un’altitudine elevata. Da luglio a settembre è un momento più pericoloso per visitare Ha Giang poiché il tempo a volte può causare frane e inondazioni. È sempre una buona idea consultare il tempo prima di decidere di visitare Ha Giang.
Venite ad Ha Giang, non solo potete godervi lo splendido paesaggio, ma anche l’autentica cultura locale e il cibo delizioso. Quan Ba, Yen Minh, Dong Van e Meo Vac hanno tutti il loro fascino e le loro caratteristiche da scoprire. Hoang Su Phi ha alcune delle più belle risaie a terrazze del Vietnam, nientemeno. E c’è anche Khau Vai, il mercato dell’amore più speciale, che si tiene solo una volta all’anno.
i. Cao Bang
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Cao Bang è l’ennesima area montuosa del Vietnam, dove oltre alle viste surreali, si ha anche un facile accesso al Vietnam rurale e incontaminato. 350 chilometri da Hanoi e solo 30 chilometri dalla provincia del Guangxi, in Cina, Cao Bang è probabilmente la destinazione meno popolare in questa lista, ma è altrettanto bella del resto, se non di più. È un’ottima sosta per i viaggiatori che provengono o vanno in Cina attraverso il valico di confine di Pingxiang. Questa provincia ospita strade tortuose che conducono su e intorno alle infinite vette carsiche, fitte giungle, laghi con il colore smeraldo e, naturalmente, le magnifiche cascate di Ban Gioc – Detian. Per chi è stanco del circuito turistico del Vietnam costiero, Cao Bang è un’ottima alternativa.
La magnifica cascata Ban Gioc – Detian è la più grande del Vietnam.  È anche la quarta cascata più grande lungo un confine nazionale nel mondo. Sarete in grado di fare una zattera nella base della cascata e salutare i turisti cinesi che fanno lo stesso dall’altra parte! Potete raggiungere le cascate con l’autobus pubblico. Tuttavia, è molto meglio se lo fate da solo su una moto.
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La strada è paradisiaca e ci saranno molti posti dove fermarsi e godersi la campagna. La campagna di Cao Bang conserva ancora l’immagine del vecchio Vietnam con campi di riso, fiume che scorre e alberi di bambù. Se venite a Cao Bang, oltre a Ban Gioc, perché non esplorare la grotta di Nguom Ngao, venite ad ammirare il magico tramonto di Phong Nam, o salta su una barca per vedere il bellissimo lago di Thang Hen. L’incredibile lago e torrente blu di Pak Bo ruberebbe anche il vostro cuore con la sua bellezza.
Non è affatto una cattiva idea combinare il lago di Ba Be, il più grande lago d’acqua dolce del Vietnam.
6. Quanto tempo vi serve per il piano di viaggio nel Vietnam del Nord?
Con la più grande area, il Vietnam del Nord è una vasta regione con molte destinazioni degne del vostro viaggio. Quindi la durata del vostro viaggio dipende da quante destinazioni desiderate visitare.
Un viaggio che copre solo le destinazioni più conosciute e basilari del Vietnam del Nord come Hanoi, Sapa, Halong, Ninh Binh vi porterebbe da 4 giorni a una settimana. O se state facendo un viaggio nel Vietnam del Nord per uno scopo specifico come guardare campi di riso a terrazze, non ci vorrebbe nemmeno molto, 4 giorni sono sufficienti per un’escursione turistica.
Foto: Luxury Travel Vietnam
Tuttavia, desiderate viaggiare in profondità nelle destinazioni sopra, 10 giorni o più sono i più adatti per questo tipo di viaggio. Visitare tutti i siti famosi e scoprirli in profondità richiederebbe circa 2 settimane o più.
Se siete tentati di fare il Northern Loop da ovest a est o visitare luoghi fuori dai sentieri battuti, avete bisogno di non meno di 2 settimane. Se siete da soli, almeno 3 settimane.
Per un tour in famiglia nel Vietnam del Nord, 7 giorni sono perfetti e per le vacanze in luna di miele, meno di 7 giorni nel Vietnam del Nord rispetto a quelli del centro o del sud (a meno che non si desiderate trascorrere l’intera vacanza in luna di miele nel Vietnam del Nord, è necessario più tempo).
7. I migliori hotel e resort di lusso nel Vietnam del Nord
a. JW Marriott Hotel Hanoi
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Situato nel nuovo quartiere centrale degli affari, adiacente al National Convention Center di West Hanoi, il JW Marriott Hotel Hanoi è un hotel a 5 stelle in Vietnam mozzafiato che è il luogo perfetto per le conferenze regionali e globali, incentivi e qualsiasi tipo di incontro. L’hotel offre uno dei più grandi e innovativi luoghi di incontro della regione, tra cui 2 sale da ballo e ampie aree foyer, che copre 3.600 mq, distinguendosi dagli altri hotel di Hanoi, in Vietnam. L’ampio hotel a 5 stelle comprende numerosi ristoranti come il JW Café, che crea cucina internazionale e locale, il French Grill, dove è possibile cenare con sapori tradizionali internazionali, e un ristorante cinese che offre il meglio della cucina cantonese.
b. Sheraton Hotel Hanoi
Vicino al trambusto della città, lo Sheraton Hanoi Hotel è circondato da rigogliosi giardini, ampi prati e tranquilli cortili. Questa oasi di pace offre viste pittoresche sul lago di Ovest e dista meno di 10 minuti dal centro di Hanoi. Veramente “resort nella capitale del Vietnam”, l’hotel offre il perfetto equilibrio tra tranquillità e convenienza. Svuotate la vostra mente con una nuotata mattutina o una sauna al tramonto nel lussureggiante giardino. Concentratevi sul vostro corpo durante un allenamento intenso con uno dei allenatori personali certificati nel centro fitness o gioca a tennis sul campo all’aperto illuminato.
c. InterContinental Hanoi Westlake
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Un gradito rifugio dal vivace centro della città, l’hotel si trova in una posizione unica sulle acque serene del lago di Ovest, a pochi minuti dal famoso centro storico di Hanoi. Scoprite la tranquillità assoluta in questo lussuoso resort urbano con lezioni di Tai-Chi accanto alla piscina all’aperto; assaporare la migliore cucina nei ristoranti dell’hotel Café Du Lac & Milan; e rilassatevi nelle moderne camere e suite dal design vietnamita con viste spettacolari dal vostro balcone privato.La combinazione del tranquillo lago, delle ampie sistemazioni lussuose, delle strutture e dell’attenta ospitalità vietnamita si fondono per rendere questo il luogo perfetto dove soggiornare sia per chi viaggia per lavoro che per piacere.
d. Hotel U Sapa
U Sapa è situato nel cuore della città, vicino al City Center Park, adatto per i viaggiatori domestici e internazionali che desiderano sperimentare lo stile di vita e le bellezze naturali di Sapa.L’architettura e gli interni dell’hotel U Sapa sono stati progettati in uno splendido stile coloniale francese con un tocco indigeno combinato con servizi offerti con il concetto unico di U.
Questo hotel deluxe a 4 stelle a Sapa offre 57 alloggi composti da 39 camere superior, 9 camere deluxe, 3 junior suite e 6 suite e disponibili in entrambe le configurazioni king e twin, nonché camere comunicanti per famiglie. Altre 18 camere saranno disponibili a dicembre 2014.  Per rendere indimenticabile il vostro soggiorno a Sapa, questo hotel offre altri servizi come: Bellevue, ristorante aperto tutto il giorno, Dejavu, bar, caffetteria, palestra e biblioteca. Un centro benessere con cinque sale per trattamenti aprirà più tardi a metà 2015.
e. Victoria Sapa Resort & Spa, Sapa
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Una volta a Sapa, soggiornate al quattro stelle Victoria Sapa Resort & Spa. Il primissimo resort di montagna di lusso nel nord-ovest del Vietnam, è stato costruito come uno chalet di montagna tradizionale con decorazioni in legno accentate e un accogliente camino in pietra. La posizione e i servizi di lusso dell’hotel sono stati attentamente pianificati per consentire agli ospiti di sperimentare qualcosa di diverso e unico, in stretta armonia con la natura e con le popolazioni locali delle tribù delle colline. 
f. Topas Ecolodge, Sapa
Topas Ecolodge è situato in una posizione perfetta su due colline a forma di cono incastonate nella spettacolare valle di Sapa, nel nord del Vietnam. Le parole in codice per il nostro piccolo posto sono semplicità, qualità e carattere. L’ecolodge è composto da 25 casette singole disposte in cerchio attorno alle colline. Dal lodge, ci sono viste mozzafiato attraverso le scenografiche vallate sottostanti, che ospitano villaggi delle minoranze Tay e Dao Rosso.
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8. Introduzione generale sui viaggi di lusso
Se siete ancora interessato a viaggiare nel Vietnam del Nord, contattaci per progettare un’avventura per voi con consigli utili dalle nostre entusiaste guide turistiche locali o dai nostri esperti del turismo con anni di esperienza.
Siamo orgogliosi che scegliendo Luxury Travel LTD accompagnato dai vostri viaggi, non solo godrete i viaggi perfetti con la qualità del lusso, ma avrete anche l’opportunità di esplorare tutti i più straordinari paesi del sud-est asiatico come Vietnam, Cambogia, Laos, Thailandia e Myanmar – per il suo impressionante paesaggio naturale insieme alla diversità della cultura e della storia. È sicuro che vi divertirete con Luxury Travel LTD.
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Ufficio Centrale: Via Lac Long Quan, No.456, Distretto di Tay Ho, Hanoi, Vietnam Phone: (+84) 243 9274120 Email: [email protected] Hotline: (+84) 1234 68 69 96
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