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#gatto macchiato
laragazzafortesworld2 · 3 months
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astra-zioni · 7 months
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Comunque Instagram è un posto sempre più alienante da cui ci si aspetta di tutto e quindi ormai parti prevenuto: ho visto la storia di una tipa che seguo la quale aveva fotografato un divano macchiato di un liquido trasparente ed ho pensato subito ECCALLÀ, invece era il piscio del gatto. Per essere arrivata a formulare codeste associazioni rivedrei un attimo le politiche social. A me va bene che i sex worker si facciano pubblicità ma non voglio scorrere e incappare in pratiche che son sempre più esplicite e allusive. Voglio dovermi aspettare le cose e scegliere. Farti pubblicità rientra nella tua libertà ma intacca la mia, perché mi espone a quest’iper sessualità delirante senza che io dia il mio consenso. Ovviamente mi riferisco anche alle testate giornalistiche che pubblicano foto oscene di disastri per attirare visualizzazioni. Mi riferisco al fatto che se scorro Tumblr non voglio vedere il tuo culo in primo piano. In nome della libertà di espressione mi fate rimettere il cibo che ingerisco. La differenziazione delle piattaforme aiuta proprio in questo: su un blog scrivo, su Onlyfans mi spoglio, su Pornhub scopo, su Instagram metto la foto con la corona d’alloro etc etc…le basi. IL CONSENSO, quello vero, non quello glitterato di Instagram.
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mermaidemilystuff · 2 years
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🍦✨ Mermaid Emily IceCreams ✨🍦
#11 Coppa del Nonno, Macchiato al caramello
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Ormai siamo verso la fine di questa stagione, sarà l'ultima recensione di questa estate? È arrivato il momento di prendere uno stagista e sarà il mio gatto? Intanto, scopriamo il gelato di oggi: una Coppa del Nonno edizione speciale. Scopriamo per davvero perché, non so voi, ma io di questa novità non ho visto nulla se non un giorno a casissimo la scatola nel banco gelati.
Il gelato è presentato come: gelato alla panna e crema gelato al caffè, con variegatura al caramello decorato con pezzi di caramello salato ricoperti di cioccolato fondente. In più, questa coppa del nonno si rinnova e sta al passo con i tempi: il bicchierino diventa trasparente ed è realizzata con il 50% di plastica da fonti rinnovabili.
I primi cucchiaini sono per forza di cose accompagnati dai pezzetti al caramello salato che, devo dire, oltre ad essere molto buoni e golosi ci stanno piuttosto bene. Avevo timore che il caramello salato non si sposasse molto col sapore al caffè, ma con questa quantità e l'accostamento al cioccolato è un buon risultato. I due gelati sono uno il cuore di un altro: il gelato al caffè racchiude con un sottile strato quello alla panna. I due gelati assieme hanno un buon sapore, abbastanza delicato, che viene spinto dai pezzetti di caramello. Sono molto morbidi e cremosi e, anche questo aspetto contrasta molto bene con la croccantezza del caramello. Il tutto è affogato nel caramello, abbastanza presente ma anche abbastanza delicato che si accosta, però, bene a tutto il resto.
Credo che la caratteristica migliore di questa coppetta sia esattamente la coppetta: trasparente che fa vedere bene il gelato affogato. Il gelato, invece, per quanto possa essere cremoso e buono non ha nulla di eccezionale. Un gelato senza infamia e senza lode: un buon gelato da fine pasto per cui non rischierete di finire la scatola in due giorni.
Voto:🍦🍦🍦/5
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enkeynetwork · 7 months
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abrukstuff · 1 year
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Café del Gatto
Sinopse: Ajude no Café Del Gatto com a preparação de um cappuccino particularmente espumoso, café expresso quente ou um latte macchiato com gelo. Escolha cuidadosamente o seu café e as pedras de leite da máquina de café expresso e prepare suas deliciosas bebidas camada a camada. Sirva as iguarias no momento certo e acumule mais pontos de barista que a concorrência! Como se joga: ⇒…
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#27Novembre2022🗓 "4 passi", come avevo scritto nell'altro post, un ☕ macchiato e con cacao da https://www.facebook.com/ilrivodicassis
e passata di pomodoro ed una cola al 🍋 da https://www.prixquality.com/punti-vendita/seregno-982/
Il 🍅 è per il riso di stasera. Ahm, ieri sera, due coppie, lui e lei, mi han fatto stranamente complimenti per il mio outfit: felpa sportiva, pantacollant e calzini di gatto Silvestro di #Calzedonia, scarpe che avevi preso da #Pittarosso: mi hanno detto "personale e particolare" ... Va,beh, accetto con piacere. #buonaserata❤️
Ps : tra poco #CroaziaCanada⚽️🏆 #RAISport📺
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Clip 4.2 - Bastardata
M: Sì! Due a due.
E: No!
G: Stai così, stai.
E: Vabbè, coffee point.
M: Vai.
G: Oh, comunque non hai finito, zì. La parte peggiore? La parte peggiore?
M: Eh, fratè, il duetto Federicona-Silvia.
G: Pesante.
M: Sì, proprio con Gioca Jouer e balletti annessi.
E: Mamma mia.
G: Sì, però posso dire che sei un coglione?
M: Perché?
G: Perché t'ho scritto tutta la sera, t'ho detto di passare. Zí, non m'hai manco risposto.
M: Lo so, fratè, è che...
E: Zí, ma che gliene frega a questo, che stava con la Rana.
G: Ah, è vero, oh. Ma infatti...ma con Emma?
M: E con Emma che?
E: Come "e con Emma che?" A zozzone! Che avete fatto le porcate, che ce l'ha detto Eva.
M: Ma che porcate? Che ci siamo dati mezzo bacio.
E: Mezzo bacio? Due ore.
M: Eh, due ore!
G: Vabbè, comunque...hai presente che giovedì è il compleanno di Luchino, no?
M: Sì.
G: Okay. Allora stavamo pensando di fargli una bastardata.
M: Eh, chiaro. Ovvio.
G: Esponga, prego.
E: L'idea è questa: lui ha dato a tutti puntello a San Cosimato, no? Anche ai suoi compagni. Okay. Non si deve presentare nessuno. Così quando lui ci chiama, perché tanto ci chiamerà, noi non rispondiamo e dopo un po' gli mandiamo un messaggio con scritto "Zí, è successo un casino. M'è morto il gatto, non posso passare." Così rimane da solo, la sera del suo compleanno, come uno stronzo.
M: Fratè, è una vera infamata questa.
E: Eh. Però, aspetta.
G: Non è finita. Perché poi arrivo io e gli faccio: "Dai, Luchino. Andiamo almeno io e te a farci una birretta al San Calisto". Soltanto che al San Calisto ci state tutti voi...
M: Ah, okay.
G: E appena arriviamo, lo annaffiamo, lo ingolfiamo di birra, lo facciamo ubriacare come una merda.
M: No, così è geniale. Così ci sta. Ci sta. Così ci sta proprio.
E: Per me macchiato, due tacche, grazie.
G: No, a me lungo, senza zucchero.
M: Ao, ma sei uno stronzo. Ma stavamo parlando.
E: Dai, muoviti che tra un po' suona. Mancano...due minuti.
N: Da che ti travesti?
M: Per cosa?
N: Halloween Party Night.
M: Ah, boh. Io non credo di andarci in realtà.
N: Perché no? Possiamo andarci insieme se vuoi.
M: Okay.
N: Okay?
M: Okay.
N: Okay.
Io vado che ho un compito di inglese. Ciao!
M: Ciao.
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dariandav-blog · 6 years
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hdr
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Alcuni scatti fatti per cogliere al meglio la bellezza e l’eleganza dei gatti. Nella prima foto è possibile vedere come il gatto sia in fase di attacco(da me chiamato little demon). Nelle successive due foto è possibile osservarlo mentre guarda l’obbiettivo mentre è in fase relax,  nella seconda invece riposa, ricordando quasi per la postura, un’antica divinità egizia. Nella terza ,più estesa , guarda come se fosse stato colto di sorpresa ,o per un caso, l’obbiettivo. Le ultime sono quelle dove meglio si esprime l’eleganza di questa creatura. Il pelo macchiato consente un effetto che si combina perfettamente con il bianco e nero della foto, rendendolo migliore la qualità dello scatto. In fine l’ultimo scatto coglie una particolarità di questo animale, i suo occhi tigrati, capaci di scrutare qualsiasi cosa nell’ignoto più totale, occhi che indicano potere e controllo ma soprattutto libertà.
Tu che osservi 
il mondo con  quegli occhi 
capaci di tutto.
Procedi senza sosta 
il tuo cammino. 
Libero di provare,
di osare,di carpire 
i più ignoti segreti 
di questo mondo…..
      Altre foto sulla pagina instagram Darianobserve.
Picture: Cat Alcuni scatti fatti per cogliere al meglio la bellezza e l'eleganza dei gatti. Nella prima foto è possibile vedere come il gatto sia in fase di attacco(da me chiamato little demon).
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bozzesdfghjk · 3 years
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Con il termine Accabadora si indicano una particolare categoria di donne esistente esclusivamente in Sardegna. Queste donne si possono facilmente riconoscere poiché durante le loro pratiche sono sia completamente ricoperte da capo a piede da lunghi e sobri abiti esclusivamente neri sia con il volto cinto da un velo, anch'esso nero, che ne occulta il viso e la sua identità accrescendo ancor di più l’alone di mistero che già le circonda. Le Accabadore infatti dato il loro relativo isolamento e la loro segretezza e riservatezza generale sono tutt’ora figure profondamente misteriose ma ciò che si sa per certo è che sono un gruppo esclusivamente femminile e che ognuna di esse è specializzate o comunque ha una profonda affinità con la fine della vita, il passaggio delle anime e degli spetti, il lutto e il donare conforto e sollievo a coloro che ne sono prossimi, queste donne infatti venivano spesso chiamate per facilitare la dipartita di una persona in punto di morte che soffriva terribilmente, per questo motivo venivano estremamente rispettate e venerate a tal punto da meritarsi il nominativo di Sacerdotesse di Morte. Le Accabadore ovviamente vengono istruite nell’utilizzo della magia comune, anche se preferiscono i loro incantesimi intessuti attraverso i loro riti e le loro usanze, generalmente attraverso l’utilizzo di antiche e sconosciute litanie simili a preghiere o canti, che essendo completamente ignote alle persone comuni le rende estremamente difficili da prevedere. 
purtroppo sono completamente sconosciuti al pubblico, anche se nei rari casi di testimonianza viene descritto come esse ripetano antiche litanie 
Nonostante quindi questi loro legami con la morte esse sono rispettate e venerate per gli antichi compiti e riti che svolgono 
Per queste loro mansioni  le ha rese per secoli rispettate e venerate tanto da meritarsi l’appellativo di sacerdotesse della morte 
 ricoprono una carica ancestrale e sacra tanto rispettata e venerata da meritarsi l’appellativo di sacerdotesse della morte.
infatti data la loro segretezza si conosce molto poco su queste figure.
Data la loro segretezza e discrezione poco è noto sul loro conto, si c
 sono ancora avvolte nel mistero, poiché 
Sardegna
Le Accabadora durante le loro pratiche vestono lunghi e sobri abiti neri e i loro volti sono occultati da un velo altrettanto scuro 
entrare nella stanza del morente vestita di nero, con il volto coperto
fosse costretto a subire una lenta e dolorosa agonia in punto di morte: se lo spirito non voleva staccarsi dal corpo era palese la colpa del moribondo, il quale si era macchiato di un crimine vergognoso, aveva bruciato un giogo, o aveva spostato i termini limitari della proprietà altrui, oppure aveva ammazzato un gatto.
si siede accanto al capezzale, carezza la testa del tardo a morire, gli cantilena il rosario, poi una delle tante nenie come quelle utilizzate per fare addormentare i bambini.
porte aperte
non è ben chiaro quale sia il ruolo preciso dell’Accabadora 
riti antichi e gelosamente custoditi
Le Accabadora 
le loro antichissime pratiche sono perlopiù avvolte nel mistero ma è noto che sono specialiste per ciò che riguarda la fine della vita e ciò che vi è oltre
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rockmeniallxh · 4 years
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Does anyone like coffee here?! Mom was chosen to try out these delicious Starbucks chilled drinks ☕😻 It's still hot here, so they're perfect to take on the go or at home, very cold. Mom's favorite one is the caramel machiatto! These are all the avaialble varieties: Cappuccino Skinny Latte Lactose Free Caramel Macchiato Caffè Latte Signature Chocolate We also let our friends try them and they loved it too! I wish i could drink it 😹 Try them out! Special thanks to @starbucks_es and @trnd_es for these awesome drinks! 😻 #StarbucksRTD #ChilledCoffee . . . . . . . #cat #chat #catoftheday #ねこ #고양이 #meow #Kittens #catsofinstagram #kawaii #子猫 #Catstagram #Cutecat #katze #siamese #siamesekitten #kittycat #pets #siamois #gatto #귀엽다 #siamesecat #neko #kitty #petsofinstagram #catlover #instacats #coffeetime #ambassador (en Granada, España) https://www.instagram.com/p/CFPo60ZqY88/?igshid=1g54pcm3a5slx
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laragazzafortesworld2 · 3 months
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annalellina · 5 years
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78/365 Già l'anno scorso vi avevo detto quanto non mi piace sistemare il giardino, tagliare il prato, estirpare le erbacce ed infine pulire tutto. Quest'anno però sono molto soddisfatta del nostro prato che non è all'inglese ma è un suo cugino di terzo grado. Insomma, per me bellissimo.  Bellissimo se non fosse per uno "stronzetto" (lasciatemelo dire) di un gatto a cui piace usare il mio tappeto erboso come toilette. Quindi prato verde con due macchie gialle da "se ti acchiappo hai finito di miagolare nel mio giardino".  Domenica, per farmi passare la delusione da prato macchiato, mi sono messa a preparare le lasagne con la pasta fatta fresca in casa e le abbiamo gustate in giardino. . *LINK DELLA RICETTA PER 24 ORE NELLE STORIE* . Cerca la ricetta delle * LASAGNE DI PASTA FRESCA CON ZUCCHINE E MOZZARELLA ANNAINCASA * sul mio blog, link in bio o chiedimela in direct. . . . . . #annaincasa #annaincasablog#trovaricetta  #fuudly #cookingrecipesrepost #cucinatedavoi #fartogruno #foodrecipas #unitiperlacucina #lasagne #zucchine #lasagnevegetariane https://www.instagram.com/p/By1vODYIM70/?igshid=mroiijvm6swo
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eleanordahlia · 5 years
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     👑     —    𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄      𝐞𝐥𝐞𝐚𝐧𝐨𝐫 𝐝𝐚𝐡𝐥𝐢𝐚   &    𝐰𝐢𝐥𝐥      ❪    ↷↷     mini role ❫      l      a      g      o      31.03.2019  —  #ravenfirerpg
Ricordi confusi sembravano assalire l'esperimento che trovava sempre più difficoltoso tornare alla vita di tutti i giorni. Sembrava che la sua vita fosse rimasta in pausa per qualche settimana, tuttavia sentiva che qualcosa non andava ancora per il verso giusto. Eleanor si era isolata, infatti, lasciando che fossero i suoi pensieri, i suoi ricordi a guidarla, ma nonostante ciò era sempre più difficile mettere insieme i pezzi mancanti. Saltava le lezioni al college, ignorava eventuali messaggi, e soprattutto evitava qualsiasi cosa fosse social, se non qualche apparizione sporadica, in poche parole si era data alla macchia. Solo un luogo sembrava farle trovare quell'apparente pace che tanto ricercava, il lago. Nel cuore della foresta, quello specchio d'acqua sembrava aver su di lei effetti benefici sulla sua mente, soprattutto quando sentiva il bisogno di ricaricarsi. Seduta su sasso grande almeno sei volte lei, quella domenica pomeriggio, osservava le fronde degli alberi muoversi sotto il vento che ultimamente non dava tregua. Che diavolo aveva fatto alla sagra cittadina? E perché si sentiva come se qualcosa non andasse? Le sue mani così curate solitamente, avevano unghie spezzate, graffi sul dorso eppure nulla per lei aveva senso. Abbassò la fronte sulle sue ginocchia piegate quando un rumore la mise in allerta facendole subito alzare lo sguardo. Osservò ciò che la circondava e quando vide un movimento tra i rami che la circondavano, un'espressione confusa, e allo stesso tempo accigliata, si dipinse su di lei.
« Non ho voglia di giocare al gatto e al topo, per cui, chiunque tu sia, vieni fuori... »
Will Singh
La solitudine alimentava gli innumerevoli dilemmi del fantasma ed egli, masochista, nonostante cercasse quel qualcosa che mancava per giungere alla venuta della morte, simultaneamente necessitava di rimanere ancorato a sé stesso, alla vita perché l'ignoto di quello che sarebbe giunto dopo lo spaventava. E proprio spinto da animo turbato ed irato che si diresse in quella parte della città che, da umano, aveva frequentato con assiduità ma che, a causa del destino sventurato, aveva scelto di abbandonare come fosse un giocattolo di gioventù divenuto vecchio, un vestito passato di moda. Giunse quindi al lago ma inaspettatamente intravede una seconda presenza e mentirebbe dicendo di non esserne infastidito, la sua vena giocosa difatti pareva essersi sfumata nel nulla, amalgamandosi quasi omogeneamente al suo lato malinconico. Chissà cosa sarebbe potuto succede se avesse trascinato il suo corpo nel fondo dell'acqua con un peso alla caviglia, proprio come nell'inquisizione cercavano di identificare una strega, lui sarebbe morto o semplicemente sarebbe rimasto vivo ma senza respiro? Ho perduto il fiato, avrebbe annunciato al nulla, ho perduto il fiato, avrebbe mugugnato con voce grutturale, perché codesta non necessitava la venuta del repsiro. Lo studio di sé stesso lo affascinata quasi quanto lo studio della morte, ma infondo quale differenza vi era dai due? Anche lui, come la morte, era immortale. 《Chiedere al gatto di mostrarsi, che mi trovi dinanzi un topolino fin troppo stolto? O magari solo ignaro?》 Seppure essa fosse nata come sarcasmo, la voce del fantasma fuoriuscì fredda, vuota, metallica.
Eleanor Dahlia H. Janssen
I dilemmi che assalivano l'esperimento erano tra i più disparati, eppure sentiva che qualcosa dentro di lei era cambiato. Qualcosa di più profondo di una semplice esperienza negativa, qualcosa che non sapeva raccontare nemmeno a se stessa eppure quel qualcosa le dava più forza di quanta mai ne avesse posseduta in passato. Nonostante ciò, Eleanor ricordava la sua marcia cittadina, i corpi che aveva lasciato alle sue spalle, ma il motivo delle sue gesta era ancora assolutamente ignoto. Trovare le risposte a quel quesito sembrava essere diventato la ragione dell'esistenza della newyorchese che, persa nei suoi pensieri, aveva abbandonato, per pochi momenti, la guardia. Tesa per essersi fatta trovare impreparata, Eleanor attese che chiunque fosse si manifestasse dinanzi ai suoi occhi e quando udì quella voce metallica, fredda, di certo non si spaventò. « O più semplicemente un topolino troppo stanco per fare giochi inutili, giochi in cui quest'ultimo avrebbe di certo la meglio. » Un sorriso affabile si dipinse sulle di lei labbra mentre osservò le fronde degli alberi muoversi ancora ma senza aver possibilità di vedere chi vi si nascondesse. Sbatté un paio di volte gli occhi cercando di mettere a fuoco il suo interlocutore, prima di inclinare il capo, mentre tutta l'adrenalina cominciò a scorrerle nelle vene.
Will Singh
《Il povero topolino nei cartoni fugge sempre ma codesto mondo è troppo moralista, teme nel disegnare il reale svolgimento di qualsivoglia circostanza. Non vi si può sfuggire alla catena trofica, una suddivisione che impone all'animale più grande di divorare quello più piccolo.》elegante nel suo passo felino s'avvicinò il fantasma, sguardo ingannatore e labbra colpevoli di aver pronunciato in vita ed in morte soltanto menzogne, le poche veritiere nella loro malsanità più pura. Lì dove l'essenza di Will poneva le sue radici, con molta probabilità, vi si trovava una fonte di petrolio, fluido dovuto a resti di organismi morti ed a circostanze ovviamente agevoli. La morte richiama la morte. Cosa può fare tale fluido? Può dare un aiuto o può distruggere qualsivoglia cosa, inquinando sino la più piccola parte di quella terra. Ed anche Will dal suo corpo esanime e per merito delle circostanze era divenuto petrolio e lui, di suo spontanea volontà, aveva scelto di causare morte altrui incondizionatamente. Cosa vi era di sbagliato nelle sue gesta? L'abile predominava su qualsivoglia cosa. 《Ma forse il topolino si sente cacciatore. È difficile ma delle volte succede, il piccolo animale si sente potente ma poi quando viene annullato dall'altro sfidato, scalpita dinanzi la sua morte.》Si avvicinò ad ella lentamente, studiandone ogni più piccolo particolare. 《Sono così teneri, mi vien voglia di stringerli in mano ed accarezzarli, aumentando la presa in modo graduale fin quando i loro organi interni non vengano, letteralmente, schizzati fuori.》
Eleanor Dahlia H. Janssen
Tutti i sensi erano in all'erta, in attesa di un minimo movimento, un qualsiasi cenno che mostrasse chi si celasse dietro a quegli arbusti. Un brivido dovuto principalmente all'adrenalina di quel momento corse lungo la schiena della giovane che assottigliò lo sguardo su un determinato punto, facendosi sempre più indagatore. Solo quando la voce metallica si manifestò il sorriso sulle di lei labbra divenne maggiore, come se nei suoi occhi avesse intravisto una scintilla misteriosa. « E' semplicemente la legge della vita, o il mantra che mi piace seguire, mangia per non essere mangiato. » Le labbra di Eleanor questa volta si aprirono maggiormente in un sorriso più simile ad un ghigno mentre le parole dello sconosciuto sembravano colpire punti della personalità della newyorchese. Solo quando lo sconosciuto terminò quelle semplici affermazioni, che non sottintendevano nulla di buono, il brivido che provò la Janssen divenne più intenso. Non si trattava affatto di un brivido di paura, ma piuttosto di eccitazione, un'attrazione per quella mente decisamente malevola. Lo sguardo della Janssen si posò successivamente sulla sua figura, inclinando di poco il capo studiando quel volto che in tutta probabilità non aveva mai incontrato a Ravenfire. « I topolini, così dolci e cari, così teneri all'apparenza... Che non aspettano altro che dar loro per scontati. Il topolino in questione brama questa eventualità, ama vedere gli occhi del gattino quando si rende conto che non ha alcuna speranza. » Quelle parole furono venate da una tranquillità quasi irreale, mentre gli occhi di Eleanor brillarono, senza però mostrare la sua reale natura. Era così che si sentiva, adorava quando la dessero per scontata, per poter ridere della loro espressione sorpresa quando coglieva i suoi nemici in fallo. Ma sarebbe successo anche con lo sconosciuto?
Will Singh
<Suvvia non sia così scontata. Vi è assegnato un posto preciso per ognuna di queste bestie e nulla può distruggere tale catena ma ammetto che se mai un mio topolino vi si ribellasse, mi godrei ogni singolo secondo del supplizio per poi riprendermi il posto e goderne del suo timore.> Egli lo notò limpido quel luccichio nello sguardo di ella e ne rimase estasiato, scovare qualcuno bramante come lui del pericolo, dell’adrenalina che esso comportava non era di certo solito ed ora, quando vi si ritrovò dinanzi alla donna, decise che avrebbe goduto, ebbene si, della circostanza. Non era una novità per il fantasma la sua malsana vena masochista resa ancora più stramba dal suo essere sadico, amava far male ed amava subire lo stesso trattamento ma se vi era una cosa, una sola cosa che egli non avrebbe mai accettato, era quello di essere macchiato nel suo orgoglio. Oh dannato narcisismo, l’avrebbe indotto alla pazzia più assoluta. <In realtà però debbo confessarle che sono stato sempre incline a voler studiare il comportamento anomalo di un singolo di una determinata specie, è sempre così dannatamente intrigante vedere come un animale patetico si senta, in realtà, più degno di quanto sia. Spinge un terzo a volergli fare del male, non trova mia cara?> Cosa le stava cercando di dire in realtà Will? Di fare attenzione? Di schernire il suo essere o semplicemente le stava chiedendo di mettersi alla prova, di palesare la sua reale essenza? Lui voleva solo ed unicamente divertirsi.
Eleanor Dahlia H. Janssen
Era difficile per Eleanor trattenere la sua natura in quel preciso istante, ma l'adrenalina che le stava scorrendo nelle vene, faceva sì che ogni suo senso fosse teso, in attesa di un qualsiasi movimento. V'era qualcosa nello sconosciuto davanti a lei che la faceva essere sull'attenti, ma non si trattava solamente di energia, v'era qualcosa di misterioso e alquanto sinistro che aleggiava tutto attorno a lui. Solo quando il giovane accennò al comportamento umano, il ghigno sulle di lei labbra si ampliò maggiormente. Era impossibile che conoscesse la sua facoltà di college, ma trovò alquanto divertente quell'allusione. Senza nemmeno accorgersene, ella inclinò di lato il capo per poi umettare appena le labbra. « Freud ha appena trovato un nuovo discepolo, allora. » Stuzzicò così il ragazzo ma senza mai lasciare andare quello sguardo che stava diventando sempre più insistente. V'era una luce sinistra e l'esperimento ne era attratta come una falena di fronte ad una fiamma. Ma cosa le stava cercando di dire con quelle parole? « Esattamente come è affascinante osservare tutti quegli animali che peccano di superbia, credendosi superiori, dimostrandosi di essere ancora una volta, loro i patetici... » Gli occhi dell'esperimento ancora volta brillarono, ma ancora non era riuscita a capire dove volesse andare a parare il giovane. Stavano realmente giocando al gatto al topo, ma nessuno dei due sembrava voler cedere, ed in quella sfida, sarebbero potuti uscire entrambi vincitori, o entrambi perdenti, ne era certa.
Will Singh
<Oh no, non mi dipinga come un seguace. Tendo ad usufruire di metodi personali per dar validità alle mie teorie. E debbo dire che ora un qualcosa sollecita la mia curiosità ma ahimè non trovo altro modo se non violenza e pressione. Magari lei potrebbe indicarmi come placare tale istinto?> Il pericolo rendeva sacro quel momento, l'adrenalina a farne da contorno. Due anime che pregustavano il sapore acre e ferroso del sangue, due anime orgogliose della propria malsanità. Ed ancora una volta il fantasma si ritrovò a parlare in codice, mediante parallelismi che stavano a significare ben poco ad udito incauto, ella però non pareva essere così insulsa, aveva difatti percepito il pericolo e se ne stava beando. <Ma cosa più preziosa che oramai mi ha catturato... chi tu sia non è facile da dedurre. Umana? Oh così banale... Ma non mi viene da raffigurarla ad alcunché. Dovrei forse sperimentare per scovare la realtà?> Scrutò ogni movenza della donna, cercò di leggerle l'anima ma nulla fuoriuscì da ciò. Vuota. Morta.
Eleanor Dahlia H. Janssen
Le parole che si scambiavano erano scelte con minuzia come se attraverso quelle potessero entrambi captare qualcosa in più sull'altro. Gli occhi saettavano seguendo ogni movimento, volontario e non, che potesse spiegare la presenza dell'uomo all'altro e viceversa. La Janssen sentiva l'adrenalina scorrere dentro le sue vene, e attraverso quel semplice scambio aveva allontanato dalla sua mente tutti i suoi dubbi riguardanti i suoi nefandezze. « Una curiosità che rimarrà inevasa... » Rispose l'esperimento che ancora una volta si ritrovò ad alzare ala guardia con quella figura sinistra. Entrambi si prendevano gioco dell'altro deliziandosi di quelle metafore, quel loro lato psicologico e malsano solleticava la mente dell'altro, ma come due anime assetate, entrambi non ne avevano abbastanza. Ella puntò gli occhi sulla figura corporea, ne assaporò i tratti decisi, il comportamento che non faceva tradire nulla su di lui ma quegli occhi che nascondevano mostruosità. « Sperimentare, eh? Come? Umana, dooddrear, ha quale valenza? »
Will Singh
<Mi creda se le dico che tutto ha valenza. Un respiro mancato ha valenza, una presenza ha valenza, una morte forse un po' meno.> Scherzosa fuoriuscì l'ultima affermazione da parte del fantasma non manchevole di aver percepito lo sguardo di ella osservarlo fino a scavare didentro le sue ossa. Sapeva di aver incuriosito, di essere entrato già in animo suo. Eppure seppur lì vi era il gioco nella quale poter dilettarsi, decise che fosse cosa buona e saggia lasciar prolungare quella sfida inattesa e renderla quindi frutto di un possibile avvenire. Will decise dunque che avrebbe atteso, che ella sarebbe stata un suo prossimo passatempo, un pericoloso e maniacale gioco. <E sei lei mi crede, io crederò nella vostra possibilità di ritrovarmi. Sarà fugace o forse meno, le offrirò allora un Whiskey.> Concluse dunque fiero, voltandole le spalle per andarsene con la promessa che un giorno si sarebbero rivisti.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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johnthanatoswick · 7 years
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John Wick La Dodge Charger nera aveva parcheggiato in modo fluido nel parcheggio della via non molto affollata. John scese dall’auto con una mano appena appoggiata ai bottoni della giacca, slacciandoseli con discrezione. Il movimento rapido permise di tenere le fondine delle pistole ben nascoste al di sotto della giacca scura, stirata e pulita. In un punto la camicia bianca lasciava trasparire una piccola infiltrazione di sangue, causata da una ferita all’addome fresca e ancora sanguinante nonostante i punti. Un paio di senzatetto seduti poco lontano da lui, nel vederlo sopraggiungere, si spostarono divenendo subito silenziosi. John sapeva molto bene che la figura del senzatetto era soltanto una montatura, quelli erano occhi e orecchie attentissimi, immersi in una fitta rete di informazioni e testimonianze oculari. Il sicario richiuse lo sportello alle proprie spalle e chiuse l’auto con il tasto situato sulle chiavi, dopo di che si incamminò verso la portineria di un palazzo. Salì i primi gradini per poi fermarsi davanti alla portineria. «Cerco Mr Jameson, sono un cliente.» La signora gli indicò il numero del piano e la collocazione dell’appartamento, squadrandolo con uno sguardo annoiato. Il sicario la ringraziò con un cenno e si diresse verso l’ascensore che si trovava già al piano terra. L’assassino attese paziente che l’ascensore raggiungesse il piano, nel mentre rifletté sulle sue prossime mosse, per i suoi seguenti giorni lavorativi.  Abbassò lo sguardo nero sui propri abiti, sui proprio gemelli e li sistemò, i polsini della camicia erano quasi sempre in perfetto ordine. Quando l’ascensore si arrestò e le porte furono sul punto di dischiudersi, John si aggiustò la cravatta avanzando lentamente sul pianerottolo. Una volta di fronte alla porta chiusa dell’appartamento John premette il campanello con il proprio dito medio, per poi tornare in una posa professionale, sicura ed elegante di fronte all’ingresso. Attese non molto a lungo prima che la porta si aprisse, lasciandogli percepire l’odore di un ambiente casalingo, sicuramente meno neutro di quello del pianerottolo. «Buonasera, sono il signor Wick. Cercavo Mr Jameson, dovrei affidargli un paio di lavori, se è possibile.» John teneva le braccia lungo ai fianchi e lo sguardo fisso su di lui, era uno sguardo severo e attento, macchiato di una leggera malinconia. «Spero di non disturbarla, ma ho avuto qualche impegno che si è prolungato.» John appariva come un uomo estremamente formale ed elegante, dalla tonalità di voce neutra, un vero gentiluomo in giacca e cravatta.
Chris Jameson Succedeva troppo spesso, che Chris si addormentasse sul divano, in un sonno quieto e profondo. A qualsiasi ora, soprattutto quando si rendeva conto delle ore insonne arretrate in settimana. Era un pezzo di antiquariato – o meglio, qualcosa che in realtà doveva essere buttato da almeno vent’anni, visto quanto fosse sfondato – ma era diventato suo amico, compagno di fatiche e notti in bianco. Roger, il gatto rosso, saltò con agilità sopra il bracciolo del sofà e camminò, con la tipica eleganza e maestosità felina, sul corpo rilassato di Chris. Per fargli compagnia, dimostrare affetto, o semplicemente per essere presente al suo risveglio e reclamare i suoi croccantini. L'uomo, semi cosciente della sua presenza, lo lasciò sistemarsi al centro della propria schiena, nonostante la temperatura estiva. Faceva delle fusa rumorose e quello gli diede il coraggio di sopportare – oltre al calore corporeo del suo animale domestico - anche l'aria calda che usciva dalla finestra. Inspirò profondamente, valutando l'idea di arrendersi e cedere di nuovo al dolce abbraccio di Morfeo o alzarsi per farsi una doccia rinfrescante…Ma Roger si era appena raggomitolato in una posizione comoda e a Chris dispiaceva da matti dover interrompere quelle effusioni. Mantenne le palpebre chiuse, tornando a sonnecchiare per ancora una buona mezz’ora, quando il campanello lo portò a sobbalzare e destarsi con aria confusa. Sentiva il proprio corpo protestare quell’improvviso risveglio, a partire dalle fauci arse ed impastate fino alle gambe nude diventate macigni prima di risentire la circolazione. «Arrivo!» Brontolò strofinandosi gli occhi con il pollice e l'indice, per poi sollevarsi definitivamente dal proprio giaciglio e dirigersi – in mutande e t-shirt, dal momento che non aveva la minima voglia di risultare decoroso a casa propria – all'ingresso. Dovette stringere le palpebre per mettere a fuoco quella figura davanti a sé: un uomo, tutto distinto e in abiti formali, che chiedeva di lui. Infilò le dita della mano sinistra fra i capelli, per rendersi quantomeno presentabile o un metodo d'emergenza sul nascondere la forma del bracciolo su cui era crollato. «Sono…sono io.» Disse in tono asciutto, rendendosi conto di quanto la propria voce fosse uguale a quella di uno zombie che desiderava un cervello. Diede un paio di colpi di tosse nel tentativo di schiarirla ed aprì l'uscio, lasciando entrare l'uomo prima di scrutare il corridoio assicurandosi che nessuno fosse nel pianerottolo. «Dammi pure del tu. Accomodati, io…vado a recuperare un paio di pantaloni, così possiamo parlare. Torno subito.» 
John Wick Il sicario si accomodò all’interno. A passi lenti e misurati percorse la strada che lo separava dal salotto e lì stette fermo. Non era per nulla impressionato dalla vista di un uomo in tenuta da notte, nonostante non fosse educazione accogliere così gli ospiti, John si rendeva conto dell’ora e del fatto che fosse andato direttamente a casa sua: non avrebbe potuto aspettarsi altrimenti. Il gatto saltò sullo schienale del divano e iniziò a fissarlo intensamente, senza quasi respirare. John cercò di ignorare l’animale, dandogli le spalle, ma era come se quegli occhi lo penetrassero da dietro, facendogli pizzicare la pelle e i muscoli.  Il sicario si guardò intorno, accarezzando con lo sguardo i particolari di quel luogo, senza perdere il contatto con i rumori provenienti da dove si trovasse l’uomo, una sorta di cautela nei confronti di uno sconosciuto. John infine tornò a guardare il gatto, dritto negli occhi. Prese un lungo respiro e si schiarì la voce. «Lo so che forse ti ho disturbato in un momento delicato, però ti assicuro che me ne andrò in fretta, lasciandoti presto libero.» parlò a voce alta, per farsi sentire, mentre il gatto continuava a fissarlo con veemenza. «Non credo tu abbia già avuto modo di lavorare con l’Ordine, ma credo che potrebbe fare al caso tuo. Abbiamo una valuta personale che apre le porte a molti servizi collaterali di cui potresti far uso nel corso della tua carriera. Ma forse conosci già le monete dell’Ordine, forse hai già avuto modo di riceverne. In tal caso non dovrò spiegare molto.» La sua voce era neutra, parlava molto piano, inserendo parecchie pause tra un pensiero e l’altro.  Attese fino a quando fosse tornato, prima di porgergli la mano destra con decisione e sicurezza. «Mi chiamo John Wick e lavoro per il Continental di New York.» proferì infine, senza cambiare tono, così da non sembrare né colmo di sé, né pretenzioso. La sua stretta era decisa, ma non troppo, era la giusta dose di forza che due uomini adulti solitamente scambiavano quando si conoscevano per la prima volta. John aveva mantenuto la sua aria elegante e professionale, sebbene ora il suo viso sembrasse molto meno altero e distaccato. «Solitamente il compenso per un favore generico è di una o due monete. Per altri tipi di missioni il compenso è molto più alto. Se sei d’accordo possiamo discuterne apertamente.»
Chris Jameson Una vera figuraccia. Erano solo le sei del pomeriggio, ma aveva l'aspetto di chi fosse stato sbattuto fuori dal letto nel cuore della notte. Una volta sparito dietro la parete della camera, cercò frettolosamente un paio di pantaloni da tuta e ascoltò la voce più alta dello sconosciuto. «No, non c’è problema! Stavo solo…mi stavo rilassando!» Seguì il suo discorso. Non aveva idea di quello che stava dicendo, per cui – quando tornò in salotto – lo squadrò da capo a piedi. Un po’ confuso e sospettoso - esattamente come Roger, che non smetteva di fissare le spalle di Wick - ma allungò comunque la mano per afferrare la sua e presentarsi anch’egli. «Chris Jameson. Non ho idea di cosa sia l'Ordine di cui parli, ma sembra una cosa alla Assassin’s Creed.» Ironizzò incorniciando il tutto con un sorriso divertito. Chris era un appassionato di fumetti e videogiochi, nel suo tempo libero…che aveva davvero poco, ultimamente. John, però, gli suscitò dell’interesse: il suo fare misterioso e il suo fascino, incuriosì il ragazzo. Inclinò il capo da un lato, assottigliò le palpebre e mordicchiò la pelle screpolata delle labbra per seguire il discorso su ciò che gli stava dicendo. Qualcosa su monete e compensi. Sollevò il braccio, con il palmo verso l'alto, per indicargli di sedersi su uno degli sgabelli della cucina ad isola. Il suo appartamento non era nient’altro che un loft con mattoni a vista, dove l'unica parete divisoria era presente solo nella camera da letto. Pochi mobili, giusto l'essenziale; si era trasferito a New York da poche settimane e non sapeva con esattezza se sarebbe rimasto o meno. Ma il necessario per fare del tè o del caffè, quello, se lo portava sempre dietro. Stava appunto preparando la caffettiera, inserendola nella macchinetta e impostando la temperatura desiderata. «Ho tre domande da farti.» Si girò in sua direzione, poggiando i glutei sul bordo del piano cottura e incrociando le braccia al petto. L'espressione sul viso non lascia trapelare nessuna emozione in particolare. Non era intimidito, o spaventato…anche se forse avrebbe dovuto, dato che aveva accolto uno sconosciuto in casa. «Come mi hai trovato, cos’è questo Ordine e perché hai una pistola con te. Oh!…» Si interruppe solo per afferrare uno straccio appeso alla maniglia del forno e lanciarlo nella direzione di John. «E…Stai sanguinando.» Chris era un uomo molto intelligente e sveglio, attitudini necessarie per il lavoro che svolgeva: due anni fa era un investigatore privato e aguzzare la vista o l'intuizione erano parte del mestiere. Deformazione personale.
John Wick Il sicario a passi lenti e misurati si andò ad accomodare sullo sgabello di fronte alla cucina a isola e lì cercò di mettersi in una posizione sia comoda che poco dolorosa. Alle domande dell’uomo, John semplicemente reagì con un un breve cenno sicuro, un gesto che doveva precedere le sue parole. «Non è poi così difficile trovare le persone, solo che ci vuole parecchio tempo. Tempo che spesso ultimamente mi manca.» John afferrò lo straccio quasi come assecondando un istinto naturale, senza praticamente accorgersene. Il sicario osservò poi il proprio addome, con una macchia di sangue che ormai faceva capolino da sotto la giacca. «Non è necessario, ti ringrazio Mr Jameson.», appoggiò il panno sul tavolo lentamente e cercò di coprirsi l’addome allacciando la giacca. «Comunque per rispondere alle tue domande.» John si risistemò la cravatta e si raddrizzò al meglio sullo sgabello, apparendo comunque molto formale e professionale, nonostante il probabile fastidio all’addome. «L’Ordine è un’associazione di professionisti, individui altamente formati ed allenati che operano come una sorta di mano invisibile dove spesso la legge non riesce arrivare. L’Ordine ha amici un po’ ovunque, anche nella polizia, proprio perché il nostro lavoro è spesso di aiuto. Non siamo un organo governativo, abbiamo le nostre regole e una nostra piccola società interna, molto stabile. Abbiamo contatti anche in altri Stati e continenti.» Se Chris avesse conosciuto John da tempo avrebbe sicuramente notato quanto a lungo aveva parlato, doveva comunque sembrare un grande sforzo, per qualcuno che passava gran parte della sua giornata a liberarsi di problemi di vario genere. Il sicario poi affondò una mano in tasca, prese una delle monete e la appoggiò sul bancone, spingendola con un dito verso di lui. «Sono alla ricerca di un buon collaboratore in grado di rintracciare persone al posto mio e darmi la loro esatta posizione. Come ho detto, in questo momento, non ho molto tempo per stanare i miei contratti e un collaboratore mi farebbe molto comodo.» John ritirò la mano lasciando la moneta in bella vista. Essa da un lato aveva la scritta in latino “Ex Unitae Vires” (dall’unione proviene la forza) con al di sotto raffigurato un guerriero in armatura, non di certo un cavaliere, ma di più un assassino armato di scudo, per la difesa di qualche ideale. Dall’altro lato la scritta “Ens Causa Sui“ sovrastava un leone con alcuni raggi di luce provenienti da dietro di esso. La scritta in latino chiaramente lasciava intendere che quella moneta poteva essere usata praticamente solo all’interno di questa società, non di certo come moneta comune di scambio. Da una parte vi era il simbolo di pace e violenza, dall’altra coraggio e protezione. «Potrei pagarti con qualsiasi valuta tu voglia, ma vorrei farti capire l’importanza di avere qualcuna di queste nella tua cassaforte. Possono aprirti numerose porte.» E John non stava di certo parlando per allegorie, quelle monete aprivano le porte stesse del Continental.
Chris Jameson La tranquillità e l'indifferenza sulle sue domande – ma soprattutto per la sua affermazione sulla ferita – lo impressionarono. Sì, insomma, chi diavolo era? Rambo o una sottospecie di Terminator? Nascose il labbro inferiore arricciandolo all'interno della bocca, le sopracciglia si sollevarono con sorpresa e per un istante rimase incantato dal modo in cui si sistemò la giacca e la cravatta. La caffettiera emise un suono debole, indicando che il caffè era pronto per essere servito. «Puoi chiamarmi Chris, se io posso chiamarti John.» disse riempiendo una tazza di ceramica – con l'immagine di Garfield, vagamente somigliante al suo gatto Roger – e servendola all'uomo. Lui prese la restante, una tazza con sopra un eroe di un fumetto, e gustò la sua bevanda prestando molta attenzione alla descrizione di questo Ordine. «Quindi come in Assassin’s Creed. E tu sei…un assassino, scommetto.» la mano stretta attorno alla ceramica, si strinse ancora di più, nascondendo un velo di nervosismo fra le iridi scure. «…Uno dei peggiori.» concluse con tono decrescente, realizzando solo ora con che tipo di uomo avesse a che fare. Anche se John non era lì per abbatterlo o farlo sparire dalla circolazione, l'idea del non accettare la sua proposta, sembrava davvero pessima. Lui posò una moneta sul tavolo, trascinandola in sua direzione e Chris non poté fare a meno di raccoglierla e studiarla più da vicino. Lesse le incisioni in latino e rigirò quel cimelio con fare minuzioso, studiando la manifattura della stessa. Nello stesso istante in cui John arrivò all’argomento compensi – Chris era un mercenario, d’altro canto – le pupille guizzarono e agganciarono quelle di Wick. Ora sì che aveva la sua totale attenzione. «Sono un cacciatore di taglie indipendente, non lavoro per nessuno se non per me stesso, ma…» riportò la moneta sul tavolo e imitò il gesto appena fatto dell'altro, tirandola con la punta dell'indice in sua direzione «Immagino che il non accettare la tua proposta, abbia una conseguenza.» compì un sospiro, accompagnato da una piccola smorfia amareggiata. «Per cui, accetterò l'incarico.» Tese la mano, quella libera, verso di lui in segno di stretta e accordo, trasformando la smorfia precedente in un sorriso lieve.
John Wick Quando l’uomo di fronte a lui nominò quelle parole famigliari, John pensò subito a Margot e a quel suo fare esasperato quando lui non conosceva molto a proposito dei giovani d’oggi. Glielo avrebbe sicuramente chiesto o ci avrebbe guardato più tardi, su internet. Nel mentre John ascoltò e studiò l’uomo e annuì quando Chris elaborò il sospetto che avesse di fronte un assassino. «In realtà non c’è nessun obbligo. Abbiamo un certo codice e non siamo macellai. Chiedevo il tuo aiuto e una tua eventuale affiliazione nel caso servissero i tuoi servizi.» John lasciò la moneta luccicante sul bancone e solo allora prese in mano la tazza, respirando brevemente il profumo che proveniva da essa. Aveva un vago bisogno di caffè, ma solo in quel momento il suo corpo sembrava chiederlo. Si sentiva via via il fianco sempre più umido, probabilmente avrebbe dovuto chiedere alla lavanderia del Continental un giro in lavatrice extra per quella camicia. Si portò la tazza alla bocca e bevve un lungo sorso. Il suo sguardo scuro passò poi sul gatto e di nuovo su Chris. «Per un cacciatore di taglie indipendente qualcuna di quelle monete potrebbe far comodo: sarti dalle doti e dai materiali moderni e speciali, armi di ultima generazione, protezione, rete immensa di contatti e persino pub privati frequentati solo da persone del nostro genere.» John fece una breve pausa mentre beveva un altro sorso, prima di appoggiare di nuovo la tazza sul bancone. «Mi pare di aver capito che ti occupi solo dello stanare, giusto? Tutto il resto lo affidi ad altri?» Il sicario aveva dei modi veramente calmi e pacati, nelle sue parole posate c’erano evidenti lunghe riflessioni alle spalle, soppesava ogni parola, ogni pausa, appariva un calcolatore persino nel gesto che compiva per portarsi la tazza alla bocca. «Non hai nessun obbligo di accettare, ma mi sembra quasi d’obbligo chiederti di riflettere a lungo sulla mia proposta. Posso lasciarti qualche giorno per pensarci su, magari fare le tue ricerche se non sei propriamente convinto, dopo di che tornerò e mi darai il tuo responso.» Il signor Wick sembrò gustarsi in modo discreto l’ultimo sorso di caffè prima di prendere la moneta e intascarsela di nuovo, con un gesto fluido. «In ogni caso ti affiderò solo lavori di ricerca, credo fermamente nelle scelte etiche di ognuno di noi.» Il sicario studiò a lungo l’uomo, prima di sospingere la tazza verso di lui. «Comunque grazie per il caffè, era ottimo ed è stato molto gradito.», ammise con tono sempre neutro, ma con una pallidissima tonalità più morbida e tiepida.
Chris Jameson Era dubbioso. Aveva parecchie cose da chiedergli e John sembrava un uomo paziente, dato il suo fare molto calmo e pacato. Probabilmente si comportava così solo con i suoi collaboratori o alleati, immaginava già cosa potesse riserbare ai suoi nemici. E se era venuto lì, a chiedergli una mano, voleva dire che il “giro” in cui si era messo, stava diventando troppo largo per riuscire a gestirlo da solo. Wick lasciò il suo sguardo per osservare Roger, seduto sul pavimento e che fissava di rimando con estrema curiosità. «Perdonalo, è attratto dagli sconosciuti. Gli basta una carezza per farlo contento.» Sorrise benevolo, finendo il proprio caffè e abbandonando la tazza all'interno del lavandino in granito bianco. Si riallacciò al discorso: si sporse in avanti, puntellando i palmi sul piano isola di fronte a John, si passò la lingua fra i denti e si strinse nelle proprie spalle in un ultimo sospiro, come se avesse già elaborato ogni risposta. «Segnalo la posizione del bersaglio alle autorità competenti o direttamente a privati. Che siano vivi o siano morti. Non interessa ciò che fanno dopo: prendo solo il mio compenso e me ne torno a casa.» Non gli faceva onore e, ancor peggio, non c’era nessuna gloria per lui, nonostante la massa di lavoro che aveva in carico. Il suo nome era sempre oscurato e nessuno sapeva della sua esistenza, se non tramite passaparola…e forse era meglio così. D'improvviso l'umore di Chris ebbe come un balzo nel vuoto. Le labbra si serrarono, digrignando i denti e stringendo le mascelle. Sì acquietò - anche troppo per i suoi standard – mantenendo lo sguardo basso e preso in ostaggio da oscuri pensieri. «Ci ho già pensato.» ruppe quel silenzio con voce timida, mantenendo il tono molto basso e ricolmo di un sentimento che stava ignorando da parecchio tempo «Ho passato parte degli ultimi anni a cercare persone, perché in verità ero io ad aver bisogno di prenderne una. Una sola. Che non ho mai trovato.» i pugni si strinsero al di sopra del tavolo, la pelle diventò quasi bluastra talmente furono stretti, ma continuò il suo discorso mantenendo un alto autocontrollo, nonostante sentisse il proprio cuore stringersi di rabbia e dolore. «Collaborerò, ti aiuterò, ma devi promettermi che aiuterai anche me, quando sarà il momento.»
John Wick Il sicario notò il repentino cambio d’umore e sollevò leggermente il mento aggrottando la fronte. Lo osservò attentamente, professionale, nel suo completo nero e con i suoi capelli pettinati e fissati con un po’ di gel all’indietro. John fece infine un breve cenno di assenso, quasi come se avesse voluto dimostrare la sua attenzione dopo svariato tempo di riflessione. «Perfetto. Il nostro sarà un vero e proprio contratto di lavoro, Mr Jameson. Solitamente non amo fare strani accordi simili -poiché sanno di patto con il diavolo-, direi che io ti pagherò per ogni personaggio che mi aiuterai a stanare e tu sarai libero di riutilizzare le monete accumulate per mandarmi sulle tracce di chiunque tu senta la necessità.» John era molto attento alle parole, le snocciolava con professionalità ed eleganza, che era un marchio dell’Ordine e anche una sorta di biglietto da visita: assassini in giacca e cravatta. Il sicario infilò di nuovo la mano in tasca, ma stavolta recuperò un cellulare, lo sbloccò e cominciò a scorrere nella galleria. «Mi serve quest’uomo, il suo nome è Dima Tarasov. Sulla sessantina, riciclo d’auto e di molte altre cose. Smercia anche armi russe in suolo americano.» Porse all’uomo il telefono che ritraeva l’uomo in una foto rubata, nel mentre John spinse verso di lui la moneta d’oro. «Ti pagherò in anticipo. Se dovesse servirti altro, qualcosa di meno comune, presenta questa moneta ad armerie, sartorie e rimesse di lusso, o chiedi informazioni ai senzatetto. Di’ loro che stai lavorando per me.» Non sapeva ancora se l’essere così tanto conosciuto portasse benefici o meno, quello di cui era certo era che le persone tendevano a pensare a lungo prima di fargli un torto e solitamente alla fine evitavano ogni mossa sconsiderata nei suoi confronti. «Ho anche una collega, Miss Forrester -Margot Forrester-, in caso dovessi riferire qualcosa in mia assenza, potrebbe essere lei a rispondere al posto mio. Ti lascio il mio numero di telefono, è un fisso, una linea sicura.» John prese dalla tasca alcuni fogli mezzi stracciati, di varia provenienza e su uno di essi scrisse un numero di telefono usando una penna nera e lucida. «Se hai altre domande, non esitare a farmene.»
Chris Jameson John sembrò accomodante alla sua richiesta. Difatti era una richiesta ragionevole, facilmente esaudibile, per cui abbandonò quello stato di ansia per sforzarsi a mantenere un atteggiamento più contenuto. L'ennesimo respiro, a pieni polmoni, e John gli passò il cellulare, mostrando una foto di un uomo di mezza età dall'aria burbera: il tipico esemplare che cacciava normalmente e che puntualmente riusciva a trovare. John scrisse anche il numero del telefono, su un vecchio scontrino di bar. Chris lo raccolse, prima di ritrovarsi nuovamente con il viso abbassato verso il tavolo. Di nuovo quella moneta scintillante, che adesso – alla descrizione dettagliata dell’utilità di quel conio - assunse un fascino singolare. Era posata proprio lì, in segno di dovuta ricompensa, ed era una attrazione a toccarla e vederla con più attenzione. Poteva già immaginarsi un completo distinto come quello dell'uomo davanti a sé, fatto su misura e – magari – con le iniziali incise sulla targhetta. Delle vere scarpe di pelle di serpente, le migliori coccole da parte di artigiani d’armeria. Come se avesse accettato la pillola di Morpheus e fosse entrato in Matrix. Le iridi scure guizzarono dall'oro allo sguardo determinato di Wick, rendendosi conto di quanta importanza gli stava dando. E anche della fiducia…qualcosa lo insospettì. «È tutto molto chiaro, solo una cosa. Una curiosità.» il palmo destro si posizionò sul proprio mento, strofinando con attrito sulla barba sfatta, tipica di una rasatura trascurata da un paio di giorni. «Mi hai seguito o qualcuno ti ha parlato del mio operato? Perché sembri piuttosto…sicuro. Tranquillo. Non mi capita spesso.» Un sospetto, sì, ma innocuo. Gli piaceva da matti indovinare o supporre qualsiasi cosa legata alla quotidianità di una persona. Era un divertimento personale, per questo abbozzò quel sorriso da saputello. Aveva anche puntato la mano sinistra sul fianco, aspettandosi un esito positivo alla sua osservazione. 
John Wick Il sicario annuì lentamente prima di parlare, gli lasciò presumere che la situazione era sempre stata sotto controllo da parte sua. «Nonostante la vastità del territorio, certe cose viaggiano in fretta di bocca in bocca, persino nel nostro ambito. Quindi per rispondere alla tua domanda: sì, me ne hanno parlato.» John rimase pacato, educato e tranquillo, reagiva agli stimoli esterni con serietà, senza mai dare l’idea di perdere la pazienza. Forse era proprio la pazienza, l’arma numero uno di un assassino. «Quindi mi è bastato chiedere in giro e ti ho trovato. Sarebbe forse stato più difficile se tu non avessi voluto farti trovare, ma credo che sia negli interessi del tuo lavoro renderti disponibile.» John aveva poi aggrottato la fronte, increspando le rughe d’espressione tipiche della sua età e aveva reclinato di qualche millimetro la testa, assumendo un’aria interrogativa. «Hai molti nemici, Mr Jameson?» La domanda inizialmente non poteva avere molto senso, ma per il sicario sembrava avere molta rilevanza, soprattutto per via della sua cautela, perfino nell’uso delle parole. «Un uomo senza nemici è un uomo privo di valore nel suo campo lavorativo», spiegò «E credo che qualcuno in fondo tu ne abbia. La grossa differenza non sta nel numero dei nemici, ma in come essi si comportano nei tuoi confronti, se con rispetto e riverenza, o con strafottenza.» John spostò gli occhi sul gatto, che continuava a fissarlo, senza però avvicinarglisi. Il sicario sembrava abituato a quelle reazioni da parte degli animali, così si voltò di nuovo. «La parte più difficile è tenere sempre a bada i nemici, ma anche gli amici. Il nostro è un mondo che ha molte meno regole. Basta un secondo a trasformare gli uni negli altri. O a trasformare poi alcuni di loro in defunti, amici o non.» Il sicario osservava l’uomo fisso negli occhi. C’era una diceria, che volava veloce di bocca in bocca, ed era quella a proposito di due persone che si fissavano per più di qualche secondo. Si diceva che riuscissero a farlo gli innamorati, ma anche i killer. E John non provava alcun fastidio nel fissare le persone dritte negli occhi, ne aveva visti molti nella sua carriera, anche spegnersi lentamente mentre annegavano nell’oscurità della morte e lo fissavano terrorizzati. Chris Jameson La sua risposta gli fece emettere un divertito e veloce espiro nasale. Trovare Chris era difficile, ma non impossibile: doveva lavorare in qualche modo, giusto? Ma doveva farlo con massima discrezione, proprio per non avere riscontri negativi. «Sì, non voglio mentirti, ma ho qualche cane alle costole. In realtà non ho mai avuto problemi. Sono stato abbastanza furbo da far perdere ogni traccia.» Decise di sedersi, sullo sgabello posto davanti a quello di Wick. Li separavano solo il tavolo, però non temeva la sua presenza. Anzi, iniziava ad essere alquanto piacevole. Lo fissava attentamente e Chris non poté resistere dal mantenere il contatto con i suoi occhi magnetici e intriganti. Un uomo dal grande fascino, senza alcun dubbio. Compì un veloce sorriso, sollevò entrambi i polsi, poggiò gli avambracci sul piano e infine, unendo le mani, intrecciò le dita fra loro. «Non ho amici. Non ho parenti stretti. Ho imparato a mie spese che è un lavoro dove chiunque dovesse starmi vicino, potrebbe esservi coinvolto…per cui, preferisco controllare i miei nemici. Sono più prevedibili.» Spiegò con altrettanta neutralità, senza lasciarsi andare a specifiche emozioni o espressioni. Un tono basso, cauto, sincero. John aveva l'intenzione di essergli alleato, magari in un futuro anche coprigli le spalle, per questo sentiva l'esigenza di giocare a carte scoperte. «L’unico che mi è rimasto è Roger, ma lui sa mantenere i segreti.» Ed il gatto rosso, al sentire il proprio nome, avanzò in direzione del suo padrone, miagolando una volta sola e lasciando ondeggiare la lunga coda tesa verso l'alto. La sua frase, “Unico che mi è rimasto”, lasciò trapelare una vecchia storia. Un capitolo doloroso della sua vita. Doveva affrontarlo, con immediatezza, perché era quella la causa per cui accettò alla sua unica condizione. «Ho cominciato dieci anni fa, come investigatore privato, quand’ero sposato. Inesperto e giovane non avevo idea del giro in cui mi ero messo.» Raccolse Roger che chiedeva attenzioni, lo portò al petto e lo strinse a sé accarezzandogli il muso. Lo sguardo però era lontano, vitreo ed immerso nei suoi pensieri. Nei ricordi di quei giorni che l'avevano cambiato per sempre. «Due anni fa hanno ucciso mia moglie, per colpa mia. Ed è il principale motivo per cui adesso evito di avere partner di lavoro o semplicemente di vita.» scosse la testa in un gesto debole e ritornò nel presente, come se fosse tornato a galla da una profonda immersione nel più buio degli oblii. Voleva che John capisse e probabilmente era così. Chiunque sceglieva quel tipo di lavoro o quel tipo di strada, aveva una perdita alle spalle. Roger, affettuoso, chiuse gli occhi e si lasciò andare alle fusa contro il petto di Chris, che sorrise nuovamente ma con un taglio amareggiato negli occhi. «Era il suo. Non mi sono mai piaciuti i gatti: lo cacciavo fuori dal letto, lo rimproveravo quando si addormentava sulla mia giacca e lasciava manciate di peli…ma quando siamo rimasti soli, ci siamo presi cura uno dell'altro.» Un concetto che solo chi possedeva animali avrebbe potuto capire. «Okay, la ricreazione è finita.» Chris tirò su le spalle, tornando dritto e respirando profondamente: gli aveva dato un compito e doveva mettersi a lavoro. «Hai qualche informazione in più su questo tizio?»
John Wick Nell’ascoltare la storia il sicario si dimostrò attento e partecipativo, non distante e seccato come avrebbe fatto qualsiasi altro assassino di periferia.  John osservò l’uomo, il modo in cui parlava, i suoi movimenti e studiò il tono con il quale passava da una frase all’altra, durante il suo racconto. Non si aspettava una storiella rose e fiori, ma quando arrivò al capitolo moglie, il sicario si raddrizzò sulla schiena, divenendo rigido e quasi a disagio. «Mi dispiace per tua moglie.», la voce gli uscì come in un sospiro cupo, ma dal modo in cui lo fece Chris avrebbe quasi potuto sospettare che ne sapesse qualcosa. John rimase in silenzio, si ricordò Helen, la sua malattia e infine la sua dipartita. Per lo meno nessuno gliela aveva portata via, se non la malattia.  Il sicario poi annuì quando Chris parlò del gatto, sapeva molto bene cosa significasse, aveva un coinquilino anche lui ormai, solo che non aveva ancora deciso il nome. Per ora non voleva aggiungere altro, già fin troppi avevano messo la sua vita sotto i riflettori del loro secondo mondo e non aveva intenzione di mettere altra benzina sul fuoco. «Dunque», esordì dopo l’invito del signor Jameson a continuare «La famiglia Tarasov ha molte proprietà. Il fratello dell’obiettivo, Viggo, abitava in un palazzo praticamente al centro di New York, palazzo di sua proprietà ovviamente. Mentre il nostro obiettivo si occupa attivamente di ripulire le auto rubate e rimetterle in vendita con il numero di telaio cancellato. Vorrei solo fare due parole con lui, questa volta.» John sembrò sincero sul voler scambiare un paio di parole con quel certo Dima Tarasov, nonostante la sua aria professionale e fredda. «Non si fa trovare perché teme che io possa fargli raggiungere il fratello e il nipote, in realtà vorrei solo chiedergli di non farmi più seguire dai suoi. È snervante, non abbiamo nulla in sospeso lui e io.» John lasciò intendere di avere numerosi trascorsi con la famiglia Tarasov, di svariata natura. «L’ultima volta l’ho trovato nell’ufficio di quel deposito, quando sono andato a riprendermi un’auto che stava conservando nel suo deposito, ma da allora credo preferisca nascondersi altrove. E non penso nemmeno sia una residenza fissa, la famiglia Tarasov aveva molti immobili, di alcuni non conosco nemmeno io l’esatta ubicazione.» John manteneva il suo tono neutro, professionale, senza mai cedere in qualcosa che potesse far trasparire qualche emozione. «E ripeto, se qualcuno dovesse darti fastidio, digli pure che stai lavorando per me.»
Chris Jameson Un volta che Roger scese dal suo petto, si lasciò con le braccia conserte, rendendo la stoffa della t-shirt più aderente dietro la schiena. Scovare tizi era il suo mestiere e riconsegnarli ai clienti, ne faceva una garanzia. Ascoltò le indicazioni, senza nemmeno prendere appunti: Chris aveva una memoria ottimale, - soprattutto per i dettagli – quasi come se fosse provvisto di una RAM computerizzata, ed in più era convinto che tenere qualcosa di scritto dava indizi o tracce riconducibili al suo operato e del suo coinvolgimento. Si trovò ad annuire, sia per mostrarsi attento al suo discorso e sia per assimilare tutte le informazioni. «Non sarà un problema: è un tizio qualunque con abitudini comuni. Inizierò a scalare dalla base al vertice; dai suoi familiari ai suoi galoppini, fino a trovarlo definitivamente. Dammi quattro giorni, massimo una settimana.» Strinse le spalle e arricciò le labbra, mostrando la sua massima nonchalance. Un lavoro molto semplice, si sarebbe messo all'opera già dalla sera stessa e sapeva come muoversi correttamente e con discrezione. All'ultimo consiglio, sul consultarlo in caso avesse avuto qualche problema, espirò uno sbuffetto dal naso, divertito dalle sue parole. Un sorriso poi incorniciò quella ilarità improvvisa; un sorriso sollevato dall'angolo sinistro delle labbra e dove le palpebre si assottigliarono in uno sguardo determinato e sicuro di sé. «Non avrò problemi, so cavarmela egregiamente da solo, ma ne terrò conto.» Poi finalmente le braccia si sciolsero dalla stretta ed una mano andò a ripararsi dietro la propria nuca, grattandone l'attaccatura dei capelli situata alla base della stessa. «Devi dirmi qualcos'altro di importante?»
John Wick  Il sicario scosse la testa suggerendo che non aveva molto altro da dire a proposito della missione. Come avrebbe agito e cosa avrebbe fatto non era di grande importanza, a lui serviva raggiungere il proprio obiettivo e poter scambiare due parole, nient’altro. Inoltre non doveva essere una missione così difficile, era una sorta di test, dimostrazioni che a John piacevano molto quando si trattava di dover collaborare, non si era mai fin troppo cauti in un ambiente simile. John si prese ancora qualche istante per studiare il nuovo contatto e dopo di che si alzò lentamente, dimostrando di poter sopportare il dolore in modo piuttosto stoico. «Siamo a posto così, ora se non ti dispiace ho un appuntamento. Ti ricontatterò tra qualche giorno, non ho estrema fretta e preferisco sapere che il mio obiettivo mi creda poco interessato a lui.» John sembrò compiere i primi passi con una certa fatica, ma dopo i primi secondi di assestamento l’assassino riprese a camminare in modo quasi normale. Si avviò verso la porta e controllò il palmo della propria mano sinistra per assicurarsi che fosse pulita prima di toccare la maniglia e aprire. «Se dovessi sparire per diversi giorni non preoccuparti, è sicuramente per lavoro, sono quasi sempre piuttosto occupato.» Il sicario attraversò la soglia e si fermò appena fuori voltandosi di trequarti verso di lui, facendogli un breve cenno silenzioso, un saluto degno di un sicario molto riservato come lui. John non doveva essere di molte parole e questo poteva essere ben compreso da come si comportava in presenza altrui, d’altra parte un sicario non era poi così attento alla conversazione e all’intrattenimento delle persone, per lui erano azioni insolite. L’assassino attraversò il pianerottolo e chiamò l’ascensore, scostando appena la giacca per osservare come si stesse evolvendo la piccola situazione al di sotto di essa.
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iamrodrigoov · 5 years
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claudiotatu · 6 years
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Dança Flamenca - Victoria Nuñez in Gatto Macchiato Cafe Bistro - Teresópolis/RJ - 25/11/2017
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