Tumgik
#internet verità
deeonisia · 2 years
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POV: sta notte non hai dormito un cazzo a causa del caldo e ti sei svegliat* in un bagno di sudore.
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loveint-diario · 1 year
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“…non c’era più bisogno di pensare per scegliere, un magnifico sistema di notifiche informava tutti i giocatori delle prossime mosse da effettuare per guadagnare una reputazione.
Le rare voci dissidenti sostenevano che i giocatori agivano come macchine programmate in maniera automatica, ma come confessò un cittadino inizialmente scettico, finalmente si sentiva davvero libero, per la prima volta nella sua vita. Nessuno voleva tornare in preda al dubbio, all’incertezza e alla fatica di scegliere.
E tutti vissero addestrati e contenti.” 
Agnese Trocchi, INTERNET MON AMOUR  https://ima.circex.org
La citazione che avete appena letto è la conclusione di una storia che Agnese Trocchi racconta per spiegare la gamificazione, che permette di analizzarne bene gli elementi principali, ma è troppo lunga per citarla tutta, ne scrivo quindi brevemente il riassunto.
È ambientata in una città situata sulle sponde di un lago adagiato tra le montagne. La città era molto sporca, ricoperta di rifiuti e il lago, nel quale fluivano le acque di scolo, era diventato maleodorante e tossico. Non erano serviti richiami, multe e nemmeno la prigione, la situazione continuava a peggiorare e molti abbandonarono la città.
Un giorno però arriva un impresario che propone di risolvere definitivamente e gratuitamente il problema ma chiede delega completa all’amministrazione comunale cittadina. La ottiene e decide di indire un gioco a premi a cui chiunque poteva partecipare, bastava seguire le regole della raccolta differenziata e si potevano vincere straordinari premi. La strategia funzionò così bene, che l’amministrazione decise di delegare ogni altro problema cittadino all’impresario: i trasporti pubblici, i parcheggi selvaggi, le strade insicure, le casse vuote. L’impresario ripropose la medesima strategia del gioco a premi, ma questa volta inserì due varianti importanti, la prima era che ogni cittadino doveva scaricare la piattaforma social predisposta dall’impresario, registrarsi con nome, cognome, data di nascita e indirizzo di residenza; la seconda variante era che tutti i cittadini registrati guadagnavano punti raccontando quello che facevano loro stessi, i loro amici e più raccontavano più guadagnavano punti e crediti. Più erano attenti e particolareggiati i loro racconti sugli altri e su loro stessi, più guadagnavano crediti, benefici in buoni spesa o moneta digitale, fino a guadagnare avanzamenti di livello e quindi di reputazione. L’elenco delle azioni corrette veniva continuamente aggiornato e chi beccava qualcuno mai beccato prima, raggiungeva alti livelli. Nascevano gruppi di discussione su come avanzare di livello, chi era arrivato a livelli altissimi dava suggerimenti a chi aspirava ad avere una reputazione e ogni interazione faceva guadagnare altri punti. I punti erano convertiti in moneta digitale e la banca dell’impresario tratteneva solo una piccola percentuale su ogni transazione eseguita sulla sua piattaforma. Alle fine il governo cittadino si dimise e fu sostituito dalla governace tecnica dell’impresario.
Tradotto in ludicizzazione, il termine inglese gamification indica la pratica di ludicizzare contesti che ludici non sono. Gamificazione significa inserire elementi di gioco competitivo come accumulo punti, superamento di livelli, acquisizione di status, ricompense e premi, in contesti non di gioco. Si tratta di trasformare i contesti in gioco.
Nella storia raccontata, Trocchi vuole mettere in evidenza come attraverso la gamificazione si attua il sistema della governance digitale; si pone un problema come gioco, anzi come uno schema di gioco, si incentiva innanzitutto la competizione e si garantiscono dei premi a chi rispetta le regole. Che male c’è? Vince chi rispetta le regole, e la regola di differenziare i rifiuti è una regola per il bene comune, giusto? Si premia quindi il rispetto delle regole. All’apparenza è una normatività positiva. All’apparenza, perché non educa. Non educa alla responsabilità, anzi educa alla delega e alla dipendenza dal sistema, il comportamento non emerge dalla riflessione personale e collettiva sull’azione, è un apprendimento condizionato dal ricevimento di un premio, e sappiamo bene, chiunque abbia vissuto con un animale domestico, chiunque abbia figli, chiunque si occupi di educazione lo sa, che il metodo dei premi non funziona, perché qualunque sia il premio, col tempo giunge l’assuefazione e si vuole sempre di più e se non si passa al metodo della punizione, la situazione sfugge dal nostro controllo. È un cane che si morde la coda, il metodo dei premi finisce sempre per capitolare in quello delle punizioni.
L’educazione non c’entra niente con l’obbedienza alle regole, questa è l’educazione automatica che individua Trocchi, niente di più che un addestramento che non favorisce l’autonomia, la capacità di regolarsi da sé nella collettività, annichilisce la solidarietà, induce all’infantilizzazione della società e impedisce la possibilità di un’etica e anche di un futuro, come discuteremo più avanti.
L’autrice di Internet mon amour ci ricorda Platone che dice di come Socrate, per educare i cittadini ateniesi, dava esempio di disobbedienza e incitava tutti a seguire il proprio daimon. A me viene in mente Gesù quando con il suo esempio evita condotte care ai dotti e ai farisei come mettersi in mostra e disprezzare prostitute e peccatori. O come quando rovescia i banchi dei mercanti venuti a fare commercio nel tempio di Dio.
La gamificazione non contribuisce all’educazione civica, sociale, morale ed etica della società, non contribuisce al consolidamento di una società democratica, contribuisce a concretizzare la Società della prestazione.
“I meccanismi di fidelizzazione dei consumatori, degli elettori, dei sudditi, sono noti da secoli. Tuttavia la pervasività dei sistemi di connessione digitale interattivi apre scenari inediti alle tecniche di addestramento di massa. Si tratta di una delega cognitiva che diventa delega dell’organizzazione sociale. Le procedure di interazione automatizzate, gestite da società private, si raffinano attraverso l’uso che gli utenti che fanno dei loro strumenti. La partecipazione alla costruzione di mondi condivisi si trasforma in addestramento comportamentale.”
Qualcuno avrà di certo pensato, dopo aver letto l’ultima frase della citazione, a Meta e al Metaverso, e non a torto, ma a mio modo di vedere il Metaverso è l’evoluzione più distopica e inquietante di un processo di educazione automatica iniziato nel secolo scorso.  Riflettendo sugli elementi specifici della gamificazione e su come agiscono su di noi, ci accorgeremo che ogni uso che facciamo dei nostri dispositivi connessi alla rete è una gamificazione alla quale partecipiamo perché siamo stati addestrati.
La prima caratteristica di una procedura digitale gamificata è l’annullamento delle dimensioni spazio-temporali, la possibilità di entrare in uno stato di flusso, uno stato in cui la persona è completamente assorbita nell’eseguire una procedura automatizzata e quindi senza nessuna consapevolezza. Ogni lavoro con strumenti meccanici o digitalizzati è concepito per ridurre al minimo il bisogno di pensare, lo strumento deve agire con semplici comandi, sempre gli stessi per esempio come quando guidiamo un auto o utilizziamo lo smartphone. Lo stesso se pensiamo all’attività fisica o sportiva in cui il corpo esegue uno schema di comportamento complesso come per esempio un salto in alto a una competizione olimpica, se l’atleta dovesse riflettere e pensare, ora curvati, ora salta, qui inarca la schiena di sicuro farebbe cadere l’asta. Se ci pensate, anche quando giocate, nel momento in cui prendete una pallina con la vostra racchetta da ping pong, quando lanciate la palla da bowling per spaccare tutti i birilli, se pensate questa la prendo così o devo fermami in quel punto prima di lanciare, toppate. Il pensiero rallenta l’azione e la modifica, e se pensiamo a quello che Bernini (nel Capitolo 7 La volontà del male in questo blog) ci diceva riguardo l’esercizio della volontà, ovvero che a livello neurobiologico la volontà slemberebbe essere la consapevolezza a posteriori di aver agito, mentre eseguiamo queste procedure automatizzate non stiamo esercitando il pensiero e nemmeno la nostra volontà. La procedura gamificata non necessita nemmeno il coinvolgimento del nostro intero corpo, basta la vista e di solito una o entrambe le mani, inoltre non servono apprendistati lunghi e noiosi, si apprende subito come funziona e si è presto gratificati. Questo stato di flusso gamificato, come lo definisce Trocchi, è molto gratificante per l’essere umano a causa del piacere chimico generato dalle scariche di dopamina che l’attività ludica induce e che agisce sul nostro cervello; come i cani di Pavlov che ricevevano il cibo o come i topolini dei labirinti.
La predominanza della stimolazione visiva sugli altri sensi, la dispercezione spazio-temporale, l’astrazione ambientale, la tendenza all’aumento quantitativo delle sessioni di gioco, partecipare compiendo le azioni semplici di una procedura facilmente memorizzata, la presenza di numeri come quelli dei follower o dei like, la presenza di premi, classifiche, status, ricompense, e importantissimo soprattutto l’assenza di marche esplicite che delimitino lo spazio-tempo del gioco, l’accordo previo tra i giocatori di voler giocare e l’impossibilità di cambiare le regole, negoziandole con gli altri giocatori sono tutte le caratteristiche che vi permettono di riconoscere la vostra partecipazione ad un pseudo-ambiente gamificato (anche questa è una definizione di Trocchi).
Pseudo-ambienti gamificati sono Facebook, Instagram, EyeEm, Twitter, TikTok, WhatsApp, YouTube, eccetera eccetera, abitati dagli smombies (smartphone+zombies) quei nostri simili, talvolta noi –scagli la prima pietra chi è puro!, che camminano completamente assorbiti da uno schermo luminoso come dentro un’eterna nebbia. Da questi ambienti non si entra e non si esce, non è più necessario fare un login o un logout, le applicazioni sono già installate sul nostro nuovo smartphone e alcune di esse sono disinstallabili. Il richiamo è il suono di una notifica e se proviene da un social, Apriti sesamo! si entra nel magico mondo della socialità virtuale nella quale le regole del gioco le detta la volontà sovrana della piattaforma.
Continua…
Roma 11 dicembre 2022 h: 04:04 am
Capitolo 13 Love Gaming – II Parte
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tiaspettoaltrove · 10 days
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L’amore vero è un lusso raro.
I social network hanno rappresentato la rovina di molte donne. Sono stati la miccia, il guizzo finale che ha potuto permettere loro di sfoderare i peggiori istinti, le più gravi carenze. Quel costante bisogno di approvazione che permea la loro personalità, viene così incanalato in una sorta di spirale distruttiva basata sull’apparenza, sull’ostentazione, sul nudo o ancor peggio sulla volgarità. Vedo corpi in vetrina, vedo provocazione, vedo quel sottile filo che un tempo era la trasgressione, ed oggi è divenuta la normalità. A differenza di quanto, superficialmente, alcuni anonimi possano credere, io non sono qui per condannare. Vengo in pace, di fondo, giacché oramai ho già superato tutto. Nel senso che osservo il mondo da troppo tempo, ho già tratto le mie conclusioni, ed ho accettato tutto quel che mi si è palesato davanti. Ciò che chiedo è solo la verità, sempre, in ogni frangente. Ma la verità è molto spesso assai difficile da digerire, da mostrare, da predicare. Rifugiarsi in una bugia è estremamente più semplice, meno responsabile, più comodo. Vedete, a me di quello che fanno o non fanno le donne poco importa. Penso però a quanto sia bello avere la coscienza pulita, e a quanto troppe donne e uomini non l’abbiano. Bisogna parlare schiettamente ed onestamente: se sei fidanzata, non puoi fare storie su Instagram, quasi completamente nuda, e magari anche in pose ammiccanti. Semplicemente non puoi. Non puoi. Punto. Fidanzarsi (o addirittura sposarsi) è un impegno, un impegno serissimo, una responsabilità. Se vuoi essere libera di mostrarti in qualunque modo tu voglia, fallo. Ma non legarti esclusivamente a una singola persona. Fai come quelle che preferiscono avere amici “di letto”, semmai. Puoi fare quello che vuoi. Ma dal momento in cui ti prendi un impegno, sei tenuta a rispettarlo. Sarebbe troppo facile dire che quasi tutte le donne sono facili. Sarebbe una conclusione semplicistica che taglierebbe fuori delle variabili. Non posso affermare con certezza che sia sbagliata, ma sarebbe al contempo fuorviante. Quel che con questo testo voglio evidenziare, in realtà, è meramente il ruolo di certe reti sociali nell’esibizionismo di massa. Posso dire che è un peccato? Lo è. Certamente, quando non c’era Internet, v’erano altri modi per ottenere un consenso. Magari anche più subdoli, per carità. Ma oggi è tutto sbattuto in faccia, tutto mostrato davanti agli occhi. E a volte fa male constatare la realtà in modo così immediato, senza giri di parole, con la potenza delle immagini. Non penso a me, penso a tanti ragazzi in buona fede (logicamente non tutti lo sono, anzi) che si ritrovano accanto persone ambigue. E lo stesso vale a parti inverse. Internet rappresenta quell’inferno in cui da una parte ci nascondiamo, e dall’altra mostriamo ciò che dovremmo tenere per noi. O comunque per la persona che abbiamo accanto. Il risultato, care mie, è sempre lo stesso: tante coppie inutili, finte, sorrette dalla menzogna. Che spreco. L’amore vero è un lusso raro.
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tuttalamiavitarb · 4 months
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A quanto pare, grazie a feisbuk non abbiamo più bisogno della Cassazione.
Siiiiii , perché oggi basta chiedere alla Lucarelli se una cosa è vera o falsa.
Per amore della verità una donna, per altro brillante, ormonale ma brillante si può mettere alla guida un Esercito di decelebrati da tastiera al linciaggio acciocché facciano giustizia.
Il post della pizzaiola (riposi in pace povera anima), è falso?
Ma sticazzi.
Il post è vero ?
Ma sticazzi.
Da altra parte questa (cito zero calcare), è l epoca del grazie al cazzo
Ami la verità? Grazie al cazzo.
E quindi chiunque si può elevate a giudice di quelli che scriviamo e pensiamo, controllare l ortografia , e la punteggiatura e se qualcosa non torna , giù una valanga di merda, sparata da gente triste e arrabbiata, perché la loro vita è una merda e in qualche modo si devono sfogare.
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Pareva distopico il giudice dreed, ma invece ci siamo arrivati, solo che invece della motorella, viaggia su internet.
Meditate gente meditate.
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kneedeepincynade · 9 months
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Sometimes, I'm impressed with the absurdity of the Western propaganda and how it's even necessary to debunk it
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😂 Uno dei picchi raggiunti dalla propaganda anti-Cinese riguarda le falsità Occidentali su Winnie the Pooh. Essenzialmente, secondo l'Occidente collettivo, il Governo Cinese avrebbe bandito Winnie the Pooh ovunque. Secondo la mente bacata di questi 笨蛋, non sarebbe possibile trovare nulla su WTP sull'Internet Cinese ♨️
🤔 Ma è la verità? Per prima cosa, Winnie the Pooh, in Cinese, si scrive 维尼熊. Ho registrato lo schermo del mio computer, mentre cerco su Baidu 维尼熊 e c'è!
😂 Effettivamente, per gli "esperti di Cina", che sputano sentenze sulla Cina, ma che non sanno neanche contare da uno a cinque in Cinese, è troppo complicato andare su Baidu a verificare 😂
🎬 In Cinese, film è 电影 | In questo articolo, di cui pubblico due screenshot, viene persino consigliato un film di 维尼熊 😂
🤔 Ma l'Occidente collettivo è in grado di scrivere qualcosa di vero sulla Cina? Evidentemente no! 😡
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😂 One of the peaks reached by anti-Chinese propaganda concerns Western falsehoods about Winnie the Pooh. Essentially, according to the collective West, the Chinese government would have banned Winnie the Pooh everywhere. According to the crazy mind of these 笨蛋, it would not be possible to find anything about WTP on the Chinese Internet ♨️
🤔 But is it the truth? First, Winnie the Pooh is written 维尼熊 in Chinese. I recorded my computer screen while searching Baidu 维尼熊 and there it is!
😂 Indeed, for "China experts," who spit judgments about China, but who can't even count from one to five in Chinese, it's too complicated to go to Baidu to check 😂
🎬 In Chinese, movie is 电影 | In this article, of which I publish two screenshots, a film by 维尼熊 is even recommended 😂
🤔 But is the collective West able to write something true about China? Obviously not! 😡
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jose-rossetti · 4 months
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▶️ Guarda questo reel
Ma è possibile che non vi sentite presi per il culo nel pagare il canone Rai senza che ci siano dei personaggi che coprono i notiziari di finti problemi mentre dei bambini che muoiono in Palestina della rivoluzione che il popolo in Germania esercita contro il suo governo obbligato a legiferare tutto quanto arriva dagli imperatori dell'occidente da più giorni in tutta la nazione si fa finta di nulla?? Ma vi rendete conto che tra un po' tutto questo rivelare la verità sarà proibito? Perché è così che fanno gli step con la scusa che internet crea fakes news bloccheranno tutto quello che non è ufficiale. Cercate di rendervi conto che siete la generazione che può ancora fare qualcosa solo tra dieci anni tutte le rivolte che stanno accadendo ( giustamente visto che chi è al potere è stato votato democraticamente ma poi invece di mantenere la parola data firmano tutta l'agenda imposta da Schawb e Company) cercate di essere solidali con i ribelli forse un giorno potrete ringraziarli.
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myleszply195 · 2 months
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altrovemanonqui · 10 months
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Domenica.
Interno giorno.
Farmacia.
Uomo 35 anni circa. Si avvicina al banco con il telefono e mostrandomi una foto mi dice “Le avete queste pillole?”
Io guardo la foto.
Assorbenti interni di una marca mai sentita.
Gli faccio:”Forse ha sbagliato foto perche non sono pillole, sono degli assorbenti interni…”
“Eh si vabeh…sono di quelle cose per poter fare il bagno giusto?”
“Per poter fare il bagno?”
“Eh si…al mare per poter fare il bagno…”
Io arresa ormai al peggio:”Si, si può fare il bagno.”
“Ma li avete…?”
“Si sì venga che le faccio vedere così sceglie…”
“Io? E mica sono per me…? Gliel ha detto sua sorella…”
(Ovvio idiota di una Elena cosa ti metti lì a chiedere…)
Gliene prendo un tipo. E lo sento borbottare…:”Comunque speriamo che tolgano internet…lo sai che in questo momento ci stanno guardando dall America…”
Torniamo al banco. Mentre spero sia finita ricomincia:”Ma se i miei due figli sono nati un anno fa…mica può essere di nuovo incinta mia moglie…? Vero?”
Ma io taccio. Gli faccio pagare gli assorbenti e lo saluto
E, onestamente, ancora adesso non lo so se sia peggio l’America che ci guarda o tu che a 35 anni non sai ancora bene come funziona la riproduzione umana, non so se sia peggio pensare a te come padre, o a tua moglie che userà per la prima volta un assorbente interno con l’aiuto di sua sorella, o ancora se sia peggio esser qua la domenica a lavorare per te o pensare che tu uscirai dalla mia farmacia ed io ti avrò lasciato tutta la tua ignoranza e convinzione senza muovere un dito per provare a spiegarti… E forse la verità è che io sono peggio di te…perché tu nel tuo piccolo mondo vivi sereno e felice, ed io no.
Non lo so cosa sia peggio. Ma come lo guardo guardo questo mondo, che è mio quanto tuo, mi spaventa…
Sipario.
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t-annhauser · 2 years
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La cospirazione contro il free-speech
venti righe di pregnante denuncia
Che uno pensi e dica quel che gli pare sembra essere sempre meno contemplata come ipotesi, soprattutto su internet che ha preso corso di agorà ufficiale. Contro gli usi deleteri del free speech e della libertà di espressione si sono mobilitate addirittura le grandi corporation e il risultato è che oggi non si possono più postare, per esempio, capezzoli su Tumblr (nemmeno quelli della Maja Desnuda, che sono così belli e divergenti), e che se parli di Trump su Twitter devi stare attento a quel che dici perché altrimenti interviene l'autorità a farti presente che si tratta di argomenti controversi, questo almeno prima che l'orco cattivo comprasse la piattaforma e minacciasse di ristabilire la "libertà di parola", che oggi come oggi equivale a dire "incitamento all'odio". Per contrastare la perniciosa diffusione di notizie false, lo schieramento dei buoni non risponde tanto con la chiarezza, ma si impegna piuttosto a diffondere le sue proprie versioni, quelle rivedute e corrette, sottoforma di menzogne dette a fin di bene. Tra questo accompagnamento all'interpretazione corretta della realtà e la diffusione dolosa di notizie false, la verità giace abbandonata, accompagnata alla porta come i cani in chiesa. Il contrasto alle fake news è come il contrasto all'immigrazione, una guerra persa in partenza, soprattutto quando per contrastarle si cede all'argomentazione speciosa e prepotente, che della fake news è l'anticamera. Le persone vogliono solo dire quel che pensano e trovano sempre il modo di farlo, impedirglielo non fa che peggiorare la situazione.
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16 aprile 1927: nasce Joseph Alois Ratzinger a Marktl am Inn, Germania, ultimo dei tre figli di Joseph e Maria Ratzinger.
1943-1945: Assistente nella difesa antiaerea della Germania e soldato di fanteria;  imprigionato nel 1945 nel campo di prigionia americano a Neu-Ulm.
29 giugno 1951: ordinato sacerdote insieme al fratello Georg Ratzinger a Frisinga.
1969-1977: Professore all'Università di Ratisbona.
25 marzo 1977: nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga.
27 giugno 1977: creato cardinale da papa Paolo VI.
25 novembre 1981: Nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede da Papa Giovanni Paolo II;  assume l'incarico nel marzo 1982.
2 aprile 2005: muore Papa Giovanni Paolo II.
8 aprile 2005: da decano del collegio cardinalizio, Ratzinger presiede i funerali di Giovanni Paolo II.
19 aprile 2005: eletto 265esimo papa in uno dei conclavi più veloci della storia.  Scegliendo il nome Benedetto XVI, dice di essere solo un “semplice, umile lavoratore nella vigna del Signore”.
24 aprile 2005: insediatosi come papa con la messa.
18-21 agosto 2005: Primo viaggio all'estero, alla Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, Germania.
24 settembre 2005: incontro con il teologo dissidente Hans Kung nella residenza estiva papale.
25 dicembre 2005: Firma della prima enciclica “Dio è amore”.  Rilasciato il 25 gennaio 2006
28 maggio 2006: durante un viaggio in Polonia visita il campo di concentramento di Auschwitz.
12 settembre 2006: durante una visita in Germania, tiene un discorso all'Università di Ratisbona che fa infuriare i musulmani;  citando un imperatore bizantino che caratterizzò alcuni degli insegnamenti del profeta Maometto come "malvagi e disumani", in particolare "il suo comando di diffondere la fede con la spada".
16 aprile 2007: Primo volume di “Gesù di Nazaret” completato nel giorno del suo 80° compleanno.  Rilasciato il 13 aprile.
27 maggio 2007: firma una lettera ai cattolici cinesi, esortandoli a unirsi sotto la sua autorità.  Pubblicato il 30 giugno.
7 luglio 2007: Rimosse le restrizioni sulla celebrazione della vecchia Messa in latino come gesto importante per i cattolici tradizionali.
20 aprile 2008: durante una visita negli Stati Uniti, prega per le vittime degli attacchi dell'11 settembre 2001 a ground zero.
19 luglio 2008: durante la visita in Australia per la Giornata Mondiale della Gioventù, incontra le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti e durante una messa si scusa per le loro sofferenze.
21 gennaio 2009: revoca la scomunica del vescovo che nega l'Olocausto Richard Williamson e di altri tre vescovi ultra tradizionalisti della Fraternità San Pio X, suscitando indignazione.  Decreto rilasciato il 24 gennaio.
10 marzo 2009: riconosce gli errori del Vaticano nell'affare Williamson, afferma che il Vaticano deve fare un uso migliore di Internet per prevenire future controversie.  Lettera pubblicata il 12 marzo.
17 marzo 2009: in viaggio verso il Camerun, racconta ai giornalisti a bordo dell'aereo papale che i preservativi non sono la soluzione all'Aids e possono peggiorare il problema, suscitando critiche diffuse.
11 maggio 2009: durante una visita in Terra Santa, depone una corona al memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme, afferma che le vittime dell'Olocausto "hanno perso la vita ma non perderanno mai il loro nome".
29 giugno 2009: firmata la terza enciclica “La carità nella verità”.  Rilasciato il 7 luglio 2009.
17 luglio 2009: si rompe il polso destro in autunno a tarda notte nella casa delle vacanze estive.
20 ottobre 2009: il Vaticano annuncia che il papa sta facilitando la conversione in massa degli anglicani al cattolicesimo.
19 marzo 2010: rimprovera i vescovi irlandesi per “gravi errori di giudizio” nella gestione degli abusi sessuali da parte del clero, ma non fa menzione della responsabilità del Vaticano nella lettera ai fedeli irlandesi.  Rilasciato il 20 marzo.
28 febbraio 2013: partenza dalla Città del Vaticano in elicottero diretto a Castel Gandolfo, dove inizia il suo ultimo viaggio da “semplice pellegrino”.
23 marzo 2013: Riceve a pranzo Papa Francesco a Castel Gandolfo;  i due uomini pregano fianco a fianco e Francesco insiste: “Siamo fratelli”.
28 aprile 2014: si unisce a Francesco sull'altare per canonizzare San Giovanni Paolo II e San Giovanni XXIII, la prima volta che un papa regnante e uno in pensione celebrano insieme la Messa.
11 aprile 2019: in un saggio, incolpa lo scandalo degli abusi sessuali del clero sulla rivoluzione sessuale degli anni '60 e sull'assenza di Dio.
Gennaio 2020: Contribuisce a un libro che riafferma il celibato per i sacerdoti in un momento in cui Francesco stava considerando un'eccezione, suscitando richieste di regole che governino i futuri "papi emeriti"
8 febbraio 2022: chiede perdono per eventuali "colpe gravi" nel trattamento dei sacerdoti di Monaco, ma nega illeciti personali o specifici.
28 dicembre 2022: Papa Francesco annuncia che Benedetto è “molto malato”, chiede preghiere speciali e lo visita a casa sua.
31 dicembre 2022: Benedetto muore alle 9:34 nella sua casa nei Giardini Vaticani all'età di 95 anni.
Curiosità:
-Sa come far volare un elicottero ma non sa guidare una macchina
-Conosce 7 lingue
-Parla fluentemente il tedesco, l’inglese, l’italiano, il francese, lo spagnolo, il latino
-Gli piace prendersi cura dei gatti randagi
-Per molto tempo è stato un amante di cani e gatti
-E’ il sesto Papa nella storia della Chiesa a rinunciare
-L’ultima rinuncia di un Papa fu quella di Gregorio VII, agli inizi del XIV secolo
-Possiede due peluche che sua madre gli regalò quando era bambino
-Il cibo preferito di Benedetto XVI sono i ravioli di patate bavaresi. Inoltre, nel libro del 2016 "The Vatican Cookbook" scritto da tre guardie svizzere, è stato rivelato che anche a Benedetto XVI piace il Kirschenmichel (NELLA FOTO), un dessert tedesco a base di pane, cannella, chiodi di garofano, vaniglia, mandorle e ciliegie; Maiale al forno con i dumolings (un panino cinese) e insalata di salsiccia di Regensburg. Il fratello Georg ha rivelato che ama lo strudel di mele.
-Predilige te, limonata, la radler (una spuma locale) e da buon tedesco non disdegna la birra "bionda" tedesca.
-Una Birra in suo onore
-Weideneder Brau Vertriebs GmbH, un birrificio a conduzione familiare nella città di Tann, in Germania, ha creato una birra speciale chiamata Pabstbier (Birra del Papa). L’etichetta dice: “Dedicato al Grande Figlio della nostra Patria, Papa Benedetto XVI”
-E' stato ordinato sacerdote nello stesso giorno del fratello
Nel 1947 entro in seminario a Monaco di Baviera, insieme al fratello: entrambi ne uscirono ordinati come sacerdoti il 29 giugno 1951. Il Papa emerito lo ha sempre definito "Il giorno più importante della mia vita".
-Voleva fare l'imbianchino
Ha raccontato suo fratello Georg, che da piccolo, «a Tittmoning Joseph aveva ricevuto la cresima dal cardinale Michael Faulhaber, il grande arcivescovo di Monaco. Ne era rimasto impressionato e aveva detto che sarebbe voluto diventare anche lui cardinale. Ma, solo qualche giorno dopo quell’incontro, osservando il pittore che tinteggiava i muri di casa nostra, disse anche che da grande avrebbe voluto fare l’imbianchino…»
-Fece parte della Gioventù Hitleriana
Dopo i 14 anni, nel 1941, Ratzinger fu iscritto nella Gioventù hitleriana, come previsto dalla legge Gesetz über die Hitlerjugend (Legge sulla gioventù hitleriana), emendata il 6 marzo 1939 e in vigore dal 25 marzo 1939 fino al 1945, che obbligava tutti i giovani di età compresa fra i 14 e i 18 anni ad arruolarvisi. Dopo la chiusura del seminario continuò le sue presenze obbligatorie alla Gioventù hitleriana contro la sua volontà, per non ricevere sanzioni pecuniarie sulle tasse scolastiche del Gymnasium.
-E' stato il primo Papa su twitter
Nel dicembre del 2012 il Vaticano ha annunciato che anche il pontefice era sbarcato sui social network e precisamente su Twitter con l'account @Pontifex. Il suo primo tweet è stato fatto il 12 dicembre col testo: "Cari amici, sono contento di stare in contatto con voi tramite Twitter. Grazie alla vostra generosa risposta. Vi benedico tutti con tutto il mio cuore".
-E' un grande "fan" di Mozart
Benedetto XVI è noto per essere profondamente interessato ed attratto dalla musica classica, oltre ad essere un noto pianista. Il suo compositore preferito è Wolfgang Amadeus Mozart.
Personalità:
la sua personalità è meglio descritta come tranquilla, studiosa e umile.
È un uomo introverso, libresco e gentile.
Religione:
Cristiano cattolico
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iosonochiarapagnini · 7 months
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La grande epoca di Internet ha un difetto genetico di base: la piccolezza delle opinioni esposte sul più grande palcoscenico, spesso espresse con un'aggressività e un totalitarismo tali che ormai sembra far parte del pacchetto espressivo delle persone.
L'opinione è libera? Insomma, direi. Non oggi.
Ma di sicuro, anche quando è in contrasto col proprio credo, un'opinione andrebbe almeno formulata solo dopo un'attività intellettuale preventiva, averci pensato un po'. Andrebbe almeno ben argomentata e non sputata senza nemmeno saper motivarla o ancora più comunemente riprodotta seguendo l'opinione della massa.
L'argomento del giorno è lo spot Esselunga e i filosofi da tastiera si sono già lanciati in spinose, crudeli, efferate e spesso sgrammaticate critiche (avevate dubbi?).
Passiamo a un esame veloce ma ben dettagliato del perchè, secondo me, non solo queste critiche sono sterili, ma lo spot Esselunga è un tipo di pubblicità assolutamente riuscito.
La realtà è online. Esselunga ha avuto un coraggio da leoni, che è innegabile. Personalmente, adoro chi osa.
La società è cambiata e la famiglia è stravolta, chiunque si lamenta che "si stava meglio quando si stava peggio" ma quando siamo messi di fronte alla realtà delle cose, la rifiutiamo.
La famiglia della Mulino Bianco è morta da un pezzo e se la vogliamo dire tutta non è mai esistita. Semmai fa parte di quelle utopie impossibili che rendono la realtà delle famiglie ancora più frustrante e insopportabile perché propongono canoni talmente estremizzati da essere irrealizzabili.
Esselunga ha avuto coraggio. Ha proposto una famiglia attuale, imperfetta, disordinata, incasinata, vera. Che prova a fare il meglio che può anche quando le cose non vanno. Ha proposto un modello diverso dagli spot di massa ma molto, molto comune e possibile. Perchè in questo paese abbiamo ancora così tanta paura della realtà?
2. Il peccato della separazione. Il brand ha provato a sdemonizzare la separazione di una coppia come colpa mortale di cui vergognarsi. Le coppie scoppiano e si sa. Ma noi siamo sempre così pronti a battere il martelletto sulla vita degli altri. Abbiamo sempre la presunzione di sapere perchè le coppie scoppiano. Ma per esperienza diretta avendo genitori separati, io vi dico: la separazione spesso è una vera e propria benedizione. Non ci credete? Provate a stare insieme per forza quando le cose non vanno e vedere i risultati sui figli.
3. Attenzione ai bambini. Lo spot non è affatto incentrato sugli adulti, ma sulla bambina. Se siete onesti, saprete che nelle famiglie con problemi i bambini sono spesso dimenticati. Troppo presi a giudicare le scelte degli adulti, a farsi guerre legali, a portare dalla propria parte alleati con il racconto di come sono andate le cose, i bambini di coppie in crisi o separate sono le prime vittime innocenti la cui sofferenza è ignorata.
4. Il cuore è in prima linea. Esselunga propone un marketing di tipo emozionale molto efficace, che ha l'obiettivo di colpire dentro un pubblico molto vasto attraverso una storia semplice, comune e facilmente assimilabile emotivamente. Che sia per esperienza diretta o per umana immedesimazione, lo spot è in grado di suscitare emozioni, sia di tenerezza, che di tristezza, che di dolcezza o di altro, creando un legame con lo spettatore.
5. Enorme reazione mediatica. Se si chiama pubblicità, un motivo ci sarà. L'obiettivo finale è arrivare: al cuore del consumatore, nella memoria della maggior parte, nelle bocche e nelle tastiere. Quello che non si può pretendere è che il maledetto politicamente corretto non venga ferito. Siamo un paese di code di paglia. Ma la verità è che lo spot non ha offeso nessuno. Chi si sente offeso ha una carenza di sensibilità per il valore del progetto e dei messaggi che manda e poca aderenza alla realtà sociale.
Ma come sempre più è piccolo il cervello e più sono lunghe le lingue.
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loveint-diario · 1 year
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“Dubbi? Spingete gentilmente, con un nudge come andava tanto di moda, suggerite a voi stessi e ai vostri amici, influenzateli e fatevi influenzare! Le pratiche di paternalismo libertario di destra avevano già conquistato le sfere superiori delle tecno-burocrazie, liberali o dispotiche che fossero. Il successo di pratiche derivate dalla teoria della <<spinta gentile>> (nudge)ne era la riprova, la gamificazione del mondo avanzava rapida. Un gioco senza fine, senza vincitori, solo di vinti, conformi, ridicoli automi umani, servi volontari delle loro più meschine pulsioni. I governi aspiravano a non governare, sognavano di limitarsi ad amministrare, farsi governaces tecnocratiche.”
Agnese Trocchi, INTERNET MON AMOUR  https://ima.circex.org
INTERNET, MON AMOUR Cronache prima del crollo di ieri è un libro di Agnese Trocchi pubblicato nel 2018. Insieme ad amici ed amiche, accomunati dal comune interesse per la tecnologia informatica e internet, l’autrice si isola “in un luogo stranamente dimenticato dalle mappe digitali, da Google Maps, ignoto ad droni di Amazon, non pervenuto a nessuna copertura Wi-Fi, WTMAX, 3-4-5-g…”, al sicuro da ogni intercettazione, un luogo libero dal web, dove sentirsi davvero liberi. Durante questo soggiorno, la compagnia condivide storie vere di esperienze negative vissute sui social o comunque utilizzando le opportunità date dalla connessione al web, che l’autrice raccoglie in questo testo, con l’augurio che servano ad evitare agli analfabeti informatici, alcuni dei rischi presentati in queste storie.
Non ho trovato in queste storie niente di simile a ciò che accade a me, di conseguenza nemmeno come evitarlo, ho trovato però nella chiarezza espositiva utilizzata dall’autrice per spiegare la funzionalità degli algoritmi e della gamificazione, qualcosa che mi ha permesso di comprendere meglio la pratica di stalking online e di mostrare quanto questo abuso sia non solo possibile, ma soprattuto sostenuto e favorito da chiunque abbia da guadagnarvi: governi, colossi digitali e singoli individui, tra i quali al momento spiccano solo uomini, nessuna donna.
La parola Algoritmo deriva dalla latinizzazione del nome del matematico persiano Muhammad ibn Musa al-Kharizmi (780-850 a.C.) la cui opera fu tradotta e divulgata col titolo Algoritmi de numero indorum, inizia ad assumere un significato con la nascita dell’informatica e raggiunge la cultura popolare dei giorni nostri proprio in seguito ai problemi connessi con la privacy, con i diritti di civili e di consumatori e fruitori della rete informatica.
Come tutti sappiamo affinché un computer funzioni è necessario che segua le indicazioni scritte in un programma (software o applicazione) ed è necessario che qualcuno scriva queste indicazioni, che è quello che fanno i programmatori. Loro dicono al computer cosa deve fare e dicono soprattutto come deve raggiungere quel risultato, questo “dire” sono gli algoritmi, ovvero una serie di regole volte a risolvere un determinato problema o a raggiungere un determinato obiettivo, in un numero finito di azioni. E fin qui, niente di strano fino a che si parla di device e di istruzioni prettamente tecniche e quello che ci auguriamo che facciano gli algoritmi, ma come troviamo in un’altra definizione, questa volta nel testo di Informatica di base, “un algoritmo aiuta a prendere le giuste decisioni in relazione ad un obiettivo”, un algoritmo è un percorso di scelta precedentemente definito che deve condurre a un risultato stabilito, è la tecnica base utilizzata per definire i passi che conducono a una determinata meta.
Non so a voi ma a me fa pensare ai labirinti per i topi, quelli utilizzati negli esperimenti scientifici, fatti di vicoli ciechi e disseminati di leve o di scorciatoie da prendere utilizzando l’intelligenza o peggio un rinforzo, come del formaggio. L’ultima definizione di algoritmo che abbiamo dato, mi fa pensare alla procedura di quei labirinti in cui i topi vengono inseriti e attraverso rinforzi e punizioni, apprendono a forza o per istinto di sopravvivenza un percorso, apprendono come eseguirlo e come arrivare alla meta nel minor tempo possibile, con l’unico scopo di permettere ai ricercatori di raccogliere dati sulla loro intelligenza o sul loro comportamento, a quanto pare molto simili al nostro, e sulla maniera di influenzare le loro azioni e le loro performance. Questo paragone non è di certo nuovo, la storia ci ha già insegnato che, per quanto riguarda la funzionalità degli algoritmi utilizzati dai motori di ricerca come Google, o da applicazioni social come Facebook, è il caso di chiedersi chi ha programmato il percorso di scelte “giuste” e per raggiungere quale “obiettivo” o il risultato di chi.
Come giustamente scrive A. Trocchi  “…le tecnologie sono strumenti, non dati.  Sono modalità di relazione, realizzazione di visioni del mondo, processi in divenire. Dipendono fortemente dalle interazioni, ovvero tutte le tecnologie incarnano, incorporano e tendono ad evolvere ed estremizzare le ideologie delle persone che le hanno create”.
Le tecnologie sono modalità di relazione, gli algoritmi si basano e sono scritti in base alle nostre interazioni con esse, specialmente per quanto riguarda i nostri comportamenti sociali, morali e di consumo. Gli algoritmi ci aiutano a prendere le decisioni che ci condurranno a seguire determinati percorsi piuttosto che altri e lo fanno utilizzando i dati, ovvero le informazioni, che raccolgono su di noi ogni volta che siamo in rete e sfruttando i noti meccanismi del condizionamento operante e della gratificazione.
Nei primissimi anni del XX secolo, il fisiologo Ivan Pavlov scoprì quello che fu definito il condizionamento operante, ovvero scoprì che se si sottopone un cane attraverso la ripetizione di esperienze in cui la presentazione di uno stimolo positivo (il pasto) o di uno stimolo negativo (una scossa elettrica) viene preceduta da uno stimolo visivo o sonoro neutro, il cane alla sola comparsa dello stimolo neutro presenterà la stessa risposta fisiologica che presenta al pasto (salivazione) o alla scossa elettrica (tremore). Pavlov aveva scoperto come condizionare non soltanto il comportamento esteriore ma la fisiologia stessa dell’animale.
Ogni comportamento umano e animale è il risultato di complessi processi neurofisiologici e la possibilità di condizionare questi processi significa la possibilità di condizionare abitudini e scelte fondamentali per la vita di questi esseri viventi. Per condizionare il comportamento degli esseri umani serve far leva sui loro principali bisogni con la promessa di soddisfarli, serve evidenziare una mancanza, generare un bisogno e dopo indicare un perfetto sostituto di quel bisogno, immediatamente raggiungibile.
Il primo sistema di relazione, a livello di massa, tra umani e macchine fu quello con il televisore e la prima forma di condizionamento operante furono gli spot pubblicitari, così come mi sembra di poter vedere la culla storica degli influencer nei programmi di gossip. Questa prima relazione con la tecnologia, fruita del tutto passivamente, fu creata già con l’intenzione di generare una reazione automatizzata, non del sistema tecnologico ma dei fruitori, degli spettatori, degli esseri umani, di noi tutti.
Ritornando al testo di Trocchi, l’autrice rintraccia la progressiva estensione del principio di reazione automatizzata e la sua relativa analisi, ai sistemi sociali a partire dagli anni Cinquanta del secolo XX, quando i sistemi informatici che dovevano interagire con gli esseri umani vennero via via costruiti sempre di più basandosi sul principio cibernetico della retroazione, o feedback, considerato anche il meccanismo fondamentale dell’apprendimento.
“Lo schema generale di base si può così riassumere: all’azione X corrispondeva la reazione Y se si verificava una condizione Z predeterminata; tale reazione poteva essere effettuata in maniera automatica” e ci fa un esempio, ricevuto il messaggio di testo con scritto ‘Tanti auguri’, il mio smartphone risponde in maniera automatica ‘Grazie mille’, se la persona che lo ha inviato è inserita in una determinata lista tra i miei contatti. In principio chi costruiva e progettava sistemi tecnologici e informatici era più interessato a garantire un controllo della macchina da parte dell’utente e a facilitargli alcune attività. Adesso chi progetta questi sistemi sembra essere più interessato ad avere un controllo sull’utente e a trattare l'utente come se la macchina scrivesse gli algoritmi che gli utenti poi svolgeranno diligentemente, basti pensare alle differenze tra software open source e software proprietario.
Siamo passati da una relazione in cui le macchine rispondevano ai nostri comandi a una relazione in cui le macchine ci danno comandi ai quali rispondiamo senza nemmeno esserne consapevoli, del tutto convinti di aver scelto in assoluta libertà.
Continua
Roma 10/12/2022 h 12:07 am
Capitolo 12 Love Gaming - I Parte
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dottssapatrizia · 1 year
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Da donna, da Dott, cosa pensa degli amori di Tumblr? Come si intersecano con la vita reale, in un vissuto fatto di famiglia che spesso ignorano cosa sia questo social.
che sono un casino… :-) Come lo sono tutte le storie d'amore o di piacere. Come si intersecano dipende da tante cose, non per ultima quanto e quando diventano reali.
I tempi sono cambiati. Purtroppo, le relazioni spesso passano attraverso Internet e non più attraverso la conoscenza diretta in un bar o in palestra, quindi è più facile mentire.
Trovo stupido fare finta di essere qualcun altro, "rubare" fotografie o fare i leoni da tastiera perché quando la verità viene a galla( perché prima o poi viene alla luce) si mette tutto in discussione, anche le cose vere.
La virtualità, comunque, non deve mai danneggiare la realtà!!
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l’opera prescelta è “A babbo morto. Una storia di Natale” di Zerocalcare.
Natale… i regali, il cenone, i parenti… ma ci avete mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e vi racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro!
Siamo di fronte ad appena 80 pagine in cui il fumettista Zerocalcare si destreggia tra una fiaba dalle tinte oscure, la politica e la critica sociale. La narrazione in bianco e nero è più volte spezzata da tavole a colori coronate da una breve spiegazione, dettaglio che punta il riflettore sull’evento appena raccontato, in modo allegorico. Come per tutte le storie di Zerocalcare le risate concesse hanno sempre un retrogusto amaro e non risultano mai fini a se stesse, ma sempre concentrate verso una più profonda riflessione proprio sul lato più grottesco della nostra società, abilmente messo in mostra. Con “A Babbo Morto” siamo di fronte ad una grande allegoria che comprende lotte sociali che passano per i lavoratori della fabbrica di Babbo Natale e che non hanno paura di citare anche i fatti del G8 di Genova. Non manca nemmeno una riflessione su quanto sia cambiata la società, sempre più pretenziosa e poco incline a gioire delle piccole cose; insomma, critiche di ogni tipo che provocano una risata, seguita da un inevitabile “oh no” quando ci si rende conto che in realtà Zerocalcare ci pone davanti ad una storia che di grottesco ha poco: è tutto già stato ampiamente superato dalla realtà.
La struttura della storia è particolare, anche per un autore come Zerocalcare che ha spesso abituato i suoi lettori a tipi di narrazione originali e diversi: “A Babbo Morto” è fatto di “quadretti” con descrizione, che di solito immortalano e ricordano un momento felice che si è vissuto, qui invece fissano nella memoria una serie di momenti critici del mondo che l’autore sta raccontando. Il tutto contornato sempre da decorazioni natalizie che contribuiscono ad una sensazione disturbante che Zerocalcare sicuramente, con l’andare avanti delle pagine, vuole instillare nel lettore. Gli episodi che poi meritano, o meglio, necessitano di un ulteriore approfondimento, presentano delle note a piè di pagina. Questa tipologia di struttura, che vuol raccontare solo i punti salienti di una storia ben più ampia ed estremamente tragica, mette in risalto le contraddizioni di un mondo fiabesco e, a livello puramente teorico, magico che altro non è che un focus su tutte quelle situazioni che hanno afflitto l’Italia negli ultimi anni...
In conclusione, “A Babbo Morto” è una storia di Natale che di natalizio, in realtà, ha ben poco. Zerocalcare racconta di paure, violenze e discriminazioni, e per assurdo sceglie il periodo più magico dell’anno per farlo, per basare tutta la narrazione su un gioco di contrasti disturbanti che mette in luce i retroscena di una società, fiabesca ma non troppo, che aspetta solo il giusto casus belli per esplodere.
Piccola nota a margine: Zerocalcare ha realizzato anche un audiolibro per “A Babbo Morto”: la storia è narrata dallo stesso Michele Rech e le voci secondarie sono affidate a Neri Marcorè e Caterina Guzzanti.
Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech (1983), è un fumettista italiano. Il nome d'arte "Zerocalcare" nacque quando, dovendo scegliersi un nickname per partecipare ad una discussione su Internet, s’ispirò al ritornello dello spot televisivo di un prodotto anti-calcare che stava andando in onda in quel momento. Alla fine del 2019 ha raggiunto il traguardo del milione di copie vendute dei suoi libri. Aderisce allo stile di vita straight edge (particolare filosofia di vita generatasi nell’ambiente hardcore punk), che prevede l’astinenza dal consumo di tabacco, alcool e droghe.
Con la recensione di oggi si conclude la rubrica dedicata ai tesori nascosti della biblioteca, uno spazio letterario inaugurato nel maggio 2020 che ci ha accompagnato, incuriosito e ispirato in questi due anni... Ricordiamo che ogni tesoretto è disponibile sulle pagine social (Facebook & Instagram), nonché sul sito web della biblioteca, https://www.bibliotecasanvalentino.it/tesori-nascosti/ (apposita sezione dedicata), per chiunque desideri consultarli e recuperarli!
Dal nuovo anno continueremo comunque a pubblicare e condividere pensieri, riflessioni e recensioni per rimanere sempre aggiornati sui temi della cultura, delle novità librarie o su varie curiosità del panorama letterario.
Stay tuned!
Grazie a chi in questo periodo ha collaborato alla realizzazione dei tesoretti.
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t-annhauser · 1 year
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Differenze tra credere e sapere
Si comincia a filosofare per cercare delle risposte, ma delle risposte un po' più consistenti di quelle che ci sono date dalla fede, perché avere fede può essere di gran consolazione ma comunque non fuga ogni dubbio. Anzi, è proprio l'atto del credere, per sua stessa natura, che implica il dubbio, un affidarsi fiduciosamente a qualcuno o a qualcosa nell'impossibilità di sapere con chiarezza, la fede ci chiede di credere nel mistero quando noi vorremmo piuttosto fare luce su quel mistero.
Secondo una suggestiva, anche se fantasiosa, etimologia medievale, credere deriverebbe dal latino cor-dare, cioè, dare il cuore, rimetterlo incondizionatamente nelle mani di un Altro. Credere, dunque, significa donare il cuore ad un «Tu», cioè Dio; affidarsi fiduciosamente a questo «Tu». (trovata su internet cercando "etimo di credere")
Lungi da me fare il discorso modernista che bisogna credere nella scienza piuttosto che in Dio, qui stiamo discutendo il concetto: si crede proprio perché l'oggetto di fede rappresenta per noi un mistero, se non fosse un mistero, se si mostrasse chiaramente per ciò che è, non ci sarebbe più bisogno di crederci e non ci porremmo nemmeno più il problema della fede.
Sapere, filosoficamente parlando, significa invece conoscere con chiarezza, cercando la verità in modo che non si possa non convenirne. Vasto programma? Può essere, ma questo è quel che facciamo quando ci mettiamo nella disposizione di conoscere.
Detto questo, il mistero della vita, e soprattutto della morte, è così grande che non c'è niente di male a dire qualche preghierina e a credere nella Salvezza, sempre ricordandosi però del Discorso della Montagna (Matteo 7, vv. 1-5):
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.»
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dilebe06 · 1 year
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Bokura No Yuuki + Special
Governo Ladro! In tutti i sensi
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Perché vedere questo drama?
Beh... prima di tutto perché è del 1997.
Ripeto: millenoventonovantasette. Un'era fa. Quale occasione migliore per rivedere capelli lunghi, bandane, televisori grossi come frigoriferi, pantaloni a zampa e cellulari dalle dimensioni di mattonelle?!
Il secondo motivo è perché c'è Matsumoto Jun. Il Domyoji di Hana Yori Dango ma in versione minorenne. Ma minorenne nel senso che è un bambino! Un cucciolo di Domyoji Posso dire che è cresciuto bene si?!
Questa serie infatti vanta il titolo di primo drama girato dal nostro Matsumoto Jun... e devo ammettere che è stato bravo. Uno degli attori migliori del gruppo.
guarda che cucciolino:
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poi crescendo tutti i traumi di ciò che ha vissuto in Bokura sono cicciati fuori e ciao:
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Il terzo motivo per vedere questa serie potrebbe essere la trama quanto meno innovativa:
Nel 1997 il Giappone si sveglia con una notizia sconvolgente: un terremoto ha colpito la città di Makuhara portando morte e distruzione. Yamato, un liceale dal capello lungo e da una ancor più lunga sindrome dell'eroe, parte - in bici - per raggiungere il luogo del disastro. Uno dei sue amici vive proprio lì e lui, preoccupato per l'amico, vuole avere sue notizie e vedere se sta bene.
Qui per ricordare che Internet a quell'epoca era un utopia.
Lungo la strada incrocia un altro liceale, Takeru - anche lui in bici - che si dirige anche lui verso la zona terremotata come volontario. I due quindi decidono di fare il viaggio insieme ( e meno male perché Yamato pensava di farsi 500 Km in bici senza NULLA appresso: niente tenda, acqua, viveri, generi di prima necessità...nulla).
E qui c'è il mio primo commento: stronza io che pensavo che, poiché Yamato si fa il viaggio in bici, Makuhara distanziasse due/tre ore. E invece no! Tutta la prima puntata è uno spot alla campagna giapponese, con questi due che pedalano per più di metà puntata. Ed infatti sul finale si viene a scoprire la vera distanza e quanto hanno pedalato questi due: 500 km. Pazzi! Ma un treno? farsi accompagnare in macchina?
Ma che ne potevo sapere?! vedo Yamato che esce da scuola, prende la bici e senza salutare manco i suoi genitori, dice all'amica che va a Makuhara. Cioè pareva che dovesse andare a due isolati di distanza non a fare tutti quei chilometri!
Comunque sia, i due arrivano finalmente alla meta che però è sorvegliata a vista dall'esercito: un muro di metallo nasconde la vista della città e torrette con soldati in assetto da guerra sono posizionate lungo tutto il perimetro.
Strano.
Moltro strano.
I due eroi riescono ad entrare di straforo (perché l'esercito in questa serie fa numero ma non cervello) e scoprono una verità sconcertante. Anzi più di una: prima di tutto vedono che non c'è stato nessun terremoto. I palazzi sono in piedi, le strade sono integre e nemmeno un sassolino è crollato per terra.
La seconda cosa che genera ancor più sconcerto è che ci sono esseri umani nella città... ma sono SOLO BAMBINI. Dagli 0 ai 19 anni. Orde di bambini laceri e sporchi, con lo sguardo vuoto e che fanno capannello ai falò nei bidoni per scaldarsi.
E gli adulti?
E' la terza cosa sconvolgente che si scopre: tutti gli adulti sono morti.
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Come ci viene detto dall'amico di Yamato - che ha preso possesso della palestra della scuola e che vive lì accampato come i barboni, ma che almeno ha un tetto sopra la testa visto che gli altri bambini dormono all'agghiaccio per terra - un meteorite si è schiantato sulla città, rilasciando un virus che ha portato alla morte immediata di tutti i maggiorenni.
I minorenni ne sono immuni ma se non si trova una soluzione, una volta raggiunti i vent'anni - più o meno - anche loro moriranno come i loro genitori.
Questo spiega l'esercito in assetto di guerra: la città è stata messa in quarantena e nessuno più entrare o uscire e la notizia falsa del terremoto è stata data dal Governo per evitare il panico.
Con questa bella notizia, Yamato e Takeru si rendono conto di quanto sia disperata la situazione e cosa ancor più grave è che anche loro sono intrappolati lì. RIP
Qui inizia la serie.
Bokura è un drama dal taglio quasi sociologico: immaginate 300 e passa bambini dagli 0 ai 18 anni intrappolati in città senza nulla da fare e senza la supervisione di un adulto. e su quest'ultima cosa ci torneremo Oltre alle implicazioni psicologiche di bambini che hanno perso i genitori e si trovano a tu per tu con la morte, la serie esplora la lotta per la sopravvivenza ed il combattimento per le risorse ed il territorio mentre i ragazzi più grandi tentano di stabilire un certo ordine e allo stesso tempo contrattano con un Governo che li ha sostanzialmente abbandonati.
C'è il tema della fiducia e dell'ingenuità infantile, il tema del sacrificio per gli altri e della collaborazione in nome della sopravvivenza di tutti. Si presenta poi la tematica della crescita, dei sogni infranti, dell'amicizia vera nata quasi per caso, dalle circostanze, ma che proprio per questo, diventa solida come una roccia.
Punto focale della serie - e che verrà ripresa poi nello special - è il tema del diventare adulti. Bokura mette su due piani i bambini, disposti a lottare per ciò che è giusto a prescindere dalla convenienza e gli adulti che mettono i loro interessi sopra ad ogni cosa, giustizia compresa.
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Bakura ha poi un taglio cinematografico intenso: sguardi, parole, inquadrature, musiche... tutto è atto a sottolineare più che la trama, le emozioni dei personaggi, le loro reazioni ed i pensieri introspettivi.
Adorabile poi la bromance e l'affiatamento che i ragazzi realizzano lungo la storia: amicizia e quasi fratellanza di fronte ad uno scenario post- apocalittico. Il gruppetto partito in due - Yamato e Takeru - diventa a sei con Mori, Yuuki e Kiichi fino a raggiungere gli otto. Un cameratismo così grande che alla fine, mentre ognuno va per la sua strada, si promettono di rivedersi dopo 20 anni.
In particolar modo ho amato i personaggi di Takeru e Kiichi. Il primo è stato il mio animale guida: alla notizia di essere bloccato in città ha alzato le spalle, piantato la tenda ed iniziato una vita accampato lungo in fiume, senza farsi troppi problemi. La sua pace interiore di fronte a questa calamità l' ho trovata invidiabile.
Come ho trovato esilarante la sua relazione con Yamato. Mado' sembrano moglie e marito! Battibeccano di continuo, discutono di tutto. Takeru andava a comprare oggettistica ( comprare è una parola grossa, diciamo barattare ) e acquistava roba anche per Yamato mentre quest'ultimo se ne fregava e tornava alla loro "casa/tenda" solo per fare il bagno. Adorabili.
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Ho amato Kiichi invece per una sua abilità particolare: costruire roba. Era un piccolo ingegnere che fabbricava navi, zattere, boe a cui piazza sotto un motore... era un fenomeno! Siccome era fissato nel costruire roba che navigava, l'avevo soprannominato il Cristoforo Colombo asiatico. E certe volte mi faceva morire dalle risate: le sue reazioni ai due lead, le sue battute ed opere ingegneristiche me l'hanno fatto collocare nella mia lista dei personaggi preferiti di questa serie.
Ed ora, dopo aver sviscerato le cose positive della serie andiamo alla parte negativa. Oddio, c'è più di una in realtà ma vorrei concentrarmi solo su quella che mi ha infastidito di più.
La gestione dell'emergenza da parte del Governo e la spiegazione finale a tutto quello che è successo.
Durante tutta la serie io e @veronica-nardi ci siamo scandalizzate dalla totale inefficienza del Governo: esso infatti s'impegnava nella questione portando con l'elicottero un pasto al giorno ai bambini. E stop.
STOP.
Questo è tutto quello che il Governo ha fatto per i 300 e passa ragazzi intrappolati a Makuhara.
Un pasto al giorno - che poi vogliono pure diminuire - a bambini dagli 0 ai 18 anni.
Niente medicine, riserve d'acqua, dottori, sostegno psicologico, acqua calda, riscaldamento, posti per dormire, saponi o materiale igenico... niente di niente.
Solo cibo una volta al giorno e manco a tutti. Ma a chi arrivava primo.
Questa roba mi ha fatto impazzire. Non riuscivo a capire perché il Governo trattasse così questi bambini che in fin dei conti, erano innocenti e che avevano pure perso i genitori e tutte le loro persone di riferimento.
Ad una certa ho pure pensato che in realtà il Governo odiasse sti bambini e che magari sapesse che sarebbero diventati tutti dei serial Killer... insomma che ci fosse sotto qualcosa per trattarli in questo modo.
Alla fine la verità viene fuori ma sarà come è stata detta a me non ha convinto. Si scopre infatti che tutto sto macello è colpa del Governo e che il virus che ha ammazzato tutti non è nel meteorite ma nel satellite che si è schiantato contro il meteorite. Satellite che il Governo aveva mandato in orbita e che conteneva il virus letale che poi ha infettato tutti. Per coprire la sua colpa il Governo ha poi inscenato il finto terremoto e... il resto lo sappiamo.
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Ora, tutta questa verità purtroppo, ci viene detta tramite spiegone. E credo che sia questa modalità di messa in scena, raccontata piuttosto che fatta vedere e detta in due righe da un personaggio, ad avermi fatto storcere il naso.
Perché in fin dei conti questa risposta non corrisponde alla domanda del perché i bambini sono stati trattati così. Il Governo li lasciava alla fame perché aspettava che crepassero per i fatti loro una volta raggiunti i vent'anni? e perché non gli ha direttamente sparato ammazzandoli tutti e pace? Se tanto stava aspettando la loro morte a sto punto gli conveniva ucciderli tutti.
E qualcuno può giustamente ribattere che il Governo non l'ha fatto perché sperava di trovare la soluzione e salvare tutti prendendosi il merito ( cosa che poi è successo).
Ma è una soluzione rischiosa perché gli stessi bambini possono parlare una volta usciti dalla città di come siano stati trattati. Abbiamo visto come i giornalisti attendono come falchi di intervistare qualche sopravvissuto.
E come reagiresti se sapessi che tuo figlio/nipote/fratello ha vissuto per mesi mangiando zero, senza lavarsi, al freddo, senza medicine o dottori e non perché sperso in un isola deserta ma perché il tuo Governo si è rifiutato di aiutarlo? Lui è rimasto lì a guardare mentre il tuo parente rovistava nei bidoni dell'immondizia in cerca di cibo o rubava vestiti per coprirsi.
Insomma a me sto finale, queste ultime due puntate non hanno convinto. Ed è un peccato perché la serie per gran parte degli episodi è stata interessante da guardare: intrigante, misteriosa, intensa, emotiva e con molti spunti di riflessione.
Ma per fortuna è arrivato lo SPECIAL.
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Ambientato esattamente 20 anni dopo la prima serie e con gli stessi attori ormai adulti, questo film riesce a chiudere tutta la storia. E già l'ho amato per questo.
I nostri Takeru e Yamato ormai grandi sono diventati come gli adulti che vent'anni prima tanto odiavano. Sarà proprio il ritorno del temibile virus della prima stagione a costringere i due a fare i conti con il loro passato, con quello che volevano diventare e cosa invece sono finiti per rappresentare.
Ovviamente ritorna la bromance sia duplice tra i due lead ( io a sto punto prego in un BL con questi protagonisti ) sia di gruppo, con i protagonisti della serie che si ritrovano dopo vent'anni come avevano promesso.
E saranno proprio loro a dover decidere se diventare come gli adulti, fregandosene del virus e vivendo le loro vite o se tornare ad essere i bambini che per 10 episodi si sono opposti al Governo con tutte le loro forze.
Nota a margine per Matsumoto Jun che bello come il sole si ripresenta dopo vent'anni con una tutina che gli da dieci anni di meno: questa l'ha ripescata dalla valigia che aveva fatto nella prima stagione
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Andando alla trama e al finale, esso, esattamente come il finale della serie, è realistico e obbiettivo: sarebbe stato impossibile accusare il tuo Governo di tutti i crimini che ha effettivamente commesso. Roba da denuncia. Ma da adulti, i ragazzi riescono ad ottenere almeno qualcosa.
Ultima nota a margine è l'inserimento dei bambini anche in questo special. Se da una parte comprendo il perché della loro presenza sia ai fini della trama sia per accentuare il messaggio, d'altra parte credo che siano stati inseriti un po' alla cazzum. Frettolosamente e all'improvviso:
Takeru e Yamato si sono fatti mille piani e appostamenti per entrare nel luogo dove c'è il virus ed un branco di ragazzini li raggiunge dal nulla palesandosi come niente fosse.
Uno, come sapevano che erano lì.
Due, come li hanno raggiunti a Makahara.
E potrei continuare.... però dai, sono stati carini.
Detto questo,
voto al drama 7.5 che però grazie al suo special arriva al 7.9.
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