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#libri di poesie d amore
francesco-nigri · 6 months
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👉 HEFRA Amarsi Amarse
Libro de poesías de amor de
Hebe Munoz e Francesco Nigri
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il-ragazzocenere · 4 years
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Si sono strano, lo so. Un attimo prima provo tutte le emozioni che esistono e un attimo dopo più nessuna.
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dpierce-memories · 3 years
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Nei miei sogni⁠ frammenti di vita non vissuta.⁠ Nel limbo delle cose sospese ci sei te.⁠ E tu ora cosa sogni?⁠ ⁠ - Quel che resta di quel tempo -⁠ D. Pierce⁠ ⁠ #scrittoriemergenti #riflessioni #emozioni #ricordi #dpierce #quelcherestadiqueltempo #frasi #frasedelgiorno #versi #libri #romantici #firstposts #amore #booklover #instafollowers #paroledamore #quotes #citazionilibri #citazioni #scrittori #poesie #poesiedamore #frasitumblr #pensieri #citazionitumblr #aforismi #aforismiecitazioni #frasiamore #frasibelle #aforismadelgiorno https://www.instagram.com/p/CSPlWwrM5QE/?utm_medium=tumblr
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Uno sguardo alle prime scriptae salentine
di Giammarco Simone
Introduzione
Per introdurre il tema del presente articolo, vorrei partire dalla definizione di ‘linguaggio’ del vocabolario Treccani, secondo cui esso è “la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un sistema di segni vocali o grafici”.
Tra i segni grafici utilizzati dall’essere umano, la scrittura alfabetica diventa espressione culturale di un popolo che utilizza un sistema di lettere per comporre, comunicare e conservare per iscritto pensieri, racconti, leggende, canzoni e poesie.
La scrittura diventa testimonianza linguistica di una civiltà ed è affascinante conoscerne e studiarne le origini, in quanto custodisce le chiavi di accesso per comprendere l’attuale panorama linguistico. Il fine di questo viaggio attraverso i secoli è quello di riscoprire alcuni testi antichi che hanno fatto la storia del salentino e che si conservano nelle prestigiose biblioteche d’Italia (Padova, Milano, Firenze, Perugia e Roma, per citarne alcune) ma anche in quelle inglesi, francesi e austriache. Ho deciso di attingere le notizie dalle ricerche fatte negli anni dagli studiosi interessati all’argomento e, consapevole della quantità degli studi effettuati e dei ritrovamenti, per motivi di spazio ne ripropongo solo alcuni sotto forma di breve raccolta.
edizione degli Epigrammi del 1490 custodita nell’Archivio del governo di Aragona, in Spagna (immagine tratta da http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Marcial._Epigrammata._1490.jpg?uselang=it)
  Le prime scriptae salentine
Ancora prima dell’inizio del Medioevo, l’odierno Salento era abitato dapprima da tribù autoctone, come gli Iapigi, ed in seguito da popolazioni straniere provenienti dalla Grecia, ovvero i Messapi[1]. Posteriormente al dominio messapico, i Romani arrivarono da conquistatori nel I a.C. e vi rimasero fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., anno convenzionale per l’inizio del Medioevo.
  Dopo i Romani, la Terra d’Otranto fu desiderio di conquista da parte dell’Impero Romano d’Oriente, con i Bizantini che imposero la loro egemonia per molti secoli, soprattutto per l’importanza che ricopriva il Salento nelle rotte commerciali con l’Oriente. Di lì a poco, si susseguirono varie popolazioni e domini stranieri (Saraceni, Longobardi, Angioini, Aragonesi, Francesi) lasciando notevoli tracce del loro passaggio. In questo via vai di popoli, tradizioni, culture e lingue, il nostro idioma è andato formandosi assorbendo tratti e caratteristiche che nel corso dei secoli si sono modellate, fino a consolidarsi e a dar vita al salentino attuale.
Tuttavia, per conoscere le prime testimonianze scritte dobbiamo percorrere un viaggio a ritroso nei secoli quando ancora in Salento si parlava il volgare salentino, un parente non troppo lontano dell’attuale dialetto salentino, ma che con parole più tecniche si potrebbe definire un discendente strettissimo del latino volgare[2].
La documentazione dei testi in latino volgare è abbastanza esigua. Negli studi di storia della lingua italiana, l’esempio più conosciuto di testo dove compaiono forme in latino volgare è l’Appendix Probi (L’appendice di Probo) risalente al VI-V secolo a.C., contenente una lista di ben 227 parole scritte dal grammatico Probo, il quale riporta il corretto nome in latino classico affiancato dalla sua corrispettiva voce in volgare ritenuta ‘scorretta’. Una storia completamente diversa si ha per quanto riguarda le prime attestazioni in volgare italiano, con la maggior parte degli studiosi che concordano sul fatto che le sentenze giuridiche dei Placiti Campani, databili X secolo d.C., sono tra prime testimonianze sul territorio nazionale. Scritte in latino classico, contengono però stralci di italiano antico, in quanto le deposizioni dei testimoni (di madrelingua volgare) venivano riportate nella loro lingua parlata:
Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti.[3]
Sao cco kelle terre per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro que ki contene et trenta anni le possette[4].
Kella terra per kelle fini que bobe mostrai Sancte Marie e et trenta anni la posset parte sancte Marie[5].
Sao cco kelle terre per kelle fini que tebe monstrai trenta anni le possette parte Sancte Marie[6].
Se già a partire dal X secolo d.C. nel territorio nazionale si attestano in testi scritti espressioni e vocaboli in volgare italiano, si può dire lo stesso per il volgare salentino? La risposta è sì, seppur meritevole di qualche precisazione.
In passato, l’elaborazione e la stesura di libri e testi era compito solo di alcune persone erudite (gli amanuensi) che grazie alle loro conoscenze grafiche e linguistiche potevano scrivere e persino tradurre testi antichi di altri idiomi e volgarizzarli nella nuova lingua. Dalle attestazioni in volgare italiano si evince che la grafia utilizzata dagli eruditi fu quella latina, mentre per quanto riguarda le parlate regionali e locali (nel nostro caso il volgare salentino) assistiamo ad una lunga tradizione di testi redatti in alfabeti diversi dal latino, e cioè in ebraico e greco. La spiegazione di tale comportamento è da ricondurre alla situazione socio-linguistica del nostro territorio in quei secoli. Come affermato da Maggiore (2015)[7]:
Il primo elemento di specificità è legato alla presenza, in un arco di tempo che supera i confini cronologici del Medio Evo, di scritture redatte in alfabeti diversi da quello latino, segnatamente i caratteri israelitici e greci. La presenza dei primi è legata alle vicende storiche della comunità ebraica salentina, mentre la ricchezza dei secondi chiama direttamente in causa la durevole vitalità dell’esperienza culturale italo-greca di Terra d’Otranto, che pervenne anche a esprimere personalità letterarie di primissimo piano come quella di Nettario di Casole, poeta bizantino vissuto a Otranto tra il XII e il XIII secolo.
Casole presos Otranto
  La comunità ebraica si stabilì nel Salento già dai primissimi secoli successivi alla Diaspora Ebraica iniziata con la conquista dei Romani della Terra d’Israele intorno al VIII-VI secolo a.C. E’ proprio uno scritto in alfabeto ebraico, datato intorno al X secolo d.C., ad essere stato redatto in Terra d’Otranto. Si tratta di un importante trattato di farmacologia risalente al 965 d.C. scritto dall’astronomo, filosofo e medico ebreo (nato ad Oria nel 913 d.C.) Shabbetai Donnolo.
L’importanza di questo testo risiede nel fatto che, secondo Cuscito[8](2018), è “ritenuto il più antico testo farmacologico ebraico, se non il più antico testo medico scritto in questa lingua dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente”. Il Sèfer ha­–yaqar (Libro prezioso), così si intitola l’opera, nonostante sia un testo innovatore nel panorama medico e scientifico di quell’epoca, dal punto di vista linguistico fornisce esempi di salentino, in quanto ricco di toponimi meridionali e termini botanici greci, latini e volgari che sono arrivati fino ai giorni nostri. Un esempio è il cocomero asinino (scritto QWQWMRYNA secondo la traslitterazione di Treves)[9], che ritroviamo a Lecce con il nome di cucummaru sputacchiaru o riestu[10].
Sempre in alfabeto ebraico e con rilevanza linguistica ancora più notevole sono le 154 glosse ritrovate all’interno di un antico codice ebraico, il Mišnah, datato 1072 e studiato attentamente da Cuomo[11](1977), dove compaiono parole salentine pervenuteci fino ad oggi: lentikla nigra, meluni rutundi, iskarole salβateke, kukuzza longa, sciroccu, kornula, làuru e voci verbali come pulìgane, sepàrane, assuptìgliane.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C, e con l’arrivo dei Bizantini provenienti da Oriente, la tradizione scritta salentina si sviluppa anche in alfabeto greco. Infatti, si registra una attività greca molto forte tra il XIII e il XVI, che porta la lingua greca ad essere parlata e scritta nelle scuole e nelle case. Tale fu l’impatto greco-bizantino sul nostro territorio che ne conserviamo l’eredità linguistica (mi riferisco alla Grecia Salentina e al griko, un dialetto della lingua greca parlato nel Salento). Esempi in alfabeto greco sono due brevi liriche amorose databili tra un arco temporale che va dal 1200 al 1300. Di seguito, ripropongo la traslitterazione in grafia latina fatta da De Angelis[12](2010), a cui si deve anche l’importante studio linguistico che ne conferma la salentinità, nonostante a prima impressione il testo possa essere definito di tipo siciliano:
Amuri amuri
1. Αμουρι αμουρι δ’αμουρι λα μια [μ]ουρτί σε αλτρου ομου τε κουλ-
2. κόου λα ρουφιάνα κουτραρα β[4]σζαϊ λου βανου κόρε:-
3. πρέγαρὲ βόλλου λί μεϊ ουργανατούρι κούιστέ παρόλε δεϊσζα-
4. νου <μ>βεζαρε σζ’αννου<ν>ζου ε δαδρι όττα περ μιου αμόρε· ρουσζίερ
5. κου[35]β…
6. τα δέισζαλα καντάρε δε[ισ]ζα μανδάρε περ τόττα λα κου[ν]-
7. τράτα κούεϊστα βαλλάτὰ σζι ε φάττα νυβέλλα δα σζοι
8. σε αππέλλα νικολα δεττορε:-
9. λου δεττορε
1. amuri amuri d’amuri la mia murti se altru omu te
cul-
  2. cóu la rufiana quatrara b[vacat] ci hai lu vanu còre
3. pregare vogliu li mei urganaturi quiste parole diggia-
4. nu mbezzàre c’annunciu e dadri otta per miu amore;
  5. [†]
6. cierta (?) diggiala cantare diggia mandare per totta la cun-
7. trata quista ballata ci è fatta nuvella da ci
8. se appella Nicola Dettore
9. lu dettore
  In questo breve componimento, l’autore, un tale Nicola Dettore dice che, nel caso in cui la sua amata (v.2 la rufiana quatrara) lo tradisca (v.1 se altru omu te culcòu), egli morirà a causa del mal d’amuri. Per questo, si augura che i cantori (v.3 urganaturi) possano imparare queste sue parole (vv.3-4 quiste parole diggia-nu <m>bezzàre c’annu<n>ciu ) e che si diffondano per tutta la contrada (v.6 diggiala cantare diggiala mandare totta la cuntrata), affermando che la ballata è una novella (v.7 quista ballata ci è fatta nuvella) scritta proprio da colui che si chiama Nicola Dettore (vv.8-9 se appella Nicole Dettore).
 Bellu missere
01. ββέλλου μισσέρε ασσάι δουρμιστι
02. κουμμίκου νον γγαυδίστι ζζο
03. μι [ν]κρίσζι κα λ’αλβουρι αππα-
04. ρεισζε πάρτ<ε>τε αμουρι πρε[σ]του
05. α κουρτεσία ελλάλβουρι αππα-
06. ρεισζε ε κουι νο [σ]τάρε οννει
07. ββρίγα ε δουλενζια τι κου<μ>βένε
08. νον σίτι αμαντε δε δοννα ακουι-
09. σταρε νι ννα [δ]’αζζιρε ε νι δ’άβιρ[ε]
10. [δ]εποι κα νσζι βουλι[σ]τι α[δ]ουρμενταρε
11. σζε μι σζε[ρ]κάστι α μ[ε]ντ[ι]ρε π[ε]ρ
12. ομου σζι τενε ουνα ταλε σζο-
13. για σζε λλι αννογια.
01. bbellu missere assai durmisti
02. cummicu non gaudisti ciò
03. m’incrisci ca l’alburi appa-
04. risce partete amuri prestu
05. a curtesia e ll’alburi appa-
06. risce e qui no stare onni
07. bbriga e dulenzìa ti cunvene
08. non siti amante de donna acqui-
09. stare ni nn’a d’aggire e ni d’avire
10. depoi ca nci vulisti adurmentare
11. ce mi cercasti a mentire per
12. omu ci tene una tale gio-
13. ia ce gli annoia
  Il testo è considerato da Distilo (2007)[13] appartenente al genere di canzone di malamata, ovvero quei componimenti nei quali le donne raccontavano la loro insoddisfazione coniugale. Nel testo, la donna dice al suo uomo (v.1 bellu missere) che a causa del suo troppo dormire (v.1 assai durmisti) non si dilettò con lei (v.2 cummicu no gaudisti). Per questo, la donna si dispiace che sia già giorno (v.4 m’ncrisci ca l’alburi apparisce) e lo esorta ad andarsene (vv.4-5 partete amuri prestu, a curtesia) e a non rimandare le fatiche e le preoccupazioni del nuovo giorno che gli spetta (vv.6-7 e qui no stare onni bbriga e dulenzia ti cunvene). Poi accusa l’uomo di non saperla conquistare, né di saper agire né tantomeno tenerla a sé (vv.8-9 non siti amante de donna acquistare, ni nn’a d’aggire e ni d’avire) visto che preferisce addormentarsi (v.10 depoi ca nci vulisti adurmentare). La donna chiude il suo componimento quasi con una domanda dal sapore amaro, in quanto non capisce il comportamento dell’uomo che preferisce addormentarsi invece di godere dei piaceri da lei offerti (vv-12-13 per omu ci tene una tale gioia ce gli annoia).
Un altro importante ritrovamento, sempre in alfabeto greco, ma questa volta di lunghezza più estesa e di carattere religioso, è la Predica salentina risalente alla seconda metà del 1300. Si tratta di un commento alla Divina Liturgia di S.Giovanni Crisostomo, il testo liturgico utilizzato in quel tempo dai Cristiani d’Oriente. Il testo fu studiato da Parlangeli (1958)[14], il quale lo trascrisse in alfabeto latino. Ne presento uno stralcio[15]:
“Veniti addunca cun pagura de ddeu e cun fide e cun pace a rrecìpere lu corpiu de ristu secundu ammonisce e séumanda a Santu bbasiliu e sse alcun omu non ave cun se quiste tre cause chi avimu ditte, zzoè pagura de Ddeu, fede e ppitate, non dive venire sé ancostare a rrecìpere quistu prezziosu corpu, ca dice Santu Paulu: quillu chi mangia e bbive lu corpu e sangue de Gesu Cristu indignamente, si llu mangia e bbive a ggiudizziu ed a ccondannazione soa. Venimi addunca cun pagura, fede e ppitate e ppuramente recipimu da li spirduali patri nostri lu dittu corpu e ssangue de lu nostru signore Ggesu Cristu, azzò séchi sse fazza e ssia a nostra salvazione spirduale….”
Da quanto visto finora, le prime scriptae medievali in lingua salentina furono redatte in alfabeti diversi da quello latino, ed infatti, secondo Bernardini (2010) “dalle fine del IX secolo fino alla fine del XVI secolo, troviamo 400 codici greci contro i 30 latini risalenti allo stesso periodo”[16]. Lo studio dei documenti in caratteri ebraici e greci costituisce una fonte importante per studiare l’oralità di quell’antico salentino, in quanto, come afferma Maggiore (2013) “offrono spesso testimonianze linguisticamente più aderenti alla realtà del parlato rispetto a quanto avviene normalmente nella scripta in caratteri latini, maggiormente soggetta a fenomeni di conguaglio dei tratti diatopicamente marcati”[17].
Tuttavia, dobbiamo sottolineare che anche l’alfabeto latino veniva utilizzato nella scrittura ma ciò in epoca più tardiva, ovvero a partire dal XV secolo, quando, secondo gli studiosi, il volgare salentino aumentò il suo status di lingua locale diventando una vera e propria koinè (κοινὴ διάλεκτος “lingua comune”), cioè una lingua a carattere regionale (da non confondersi con l’intera Puglia, ma solo riferito alla regione Salento) che riuniva i tratti tipici dialettali, quelli della lingua letteraria toscana ed altri comuni a tutto il Meridione. La lingua comune salentina nel suo nuovo status di lingua regionale si utilizzava non solo per redigere lettere mercantili e trattati notarili ma divenne lingua di corte ed impiegata in campo letterario nelle illustrissime corti di Maria D’Enghien a Lecce, di Giovanni Antonio del Balzo Orsini a Taranto e di Angilberto del Balzo Orsini a Nardò.
  Esempi di koinè sono le cinque lettere commerciali, studiate da Stussi[18](1982), scritte tra il 1392 ed il XV secolo tra un mercante ebreo tale Sabatino Russo e suo socio d’affari il veneziano Biagio Dolfin, con il quale fondò una società per il commercio in Oriente. In una di queste lettere, Sabatino avverte il suo socio che una nave fu depredata dai pirati “intru lu portu de Nyrdò”. Tale evento, però, fu smentito da una sesta lettera scritta da un altro commerciante ebreo, tale Mosè de Meli, il quale informò Biagio Doffin di essere stato truffato da Sabatino che finse il furto per appropriarsi egli stesso del bottino:
Sery Byasi Dalfyn hio Mosè de Meli vi fazo assavery chy my sa mullto mali de la gabba che ve à ffatto Sabatyno judeo de Cobertyno chy sta mò in Leze de li besanti C”‘ de oro che pellao delu vostro et addusseli in Leze et guadannò dela ditta moneta vostra ducaty CL chy contao in vostra party de lu guadanno…
Nella corte di Lecce, il cappellano della contessa Maria D’Enghien, tale frate Nicolao de Aymo scrisse la grammatica latina Interrogatorium constructionum gramaticalium (1444) dove si avvalse proprio del volgare salentino come lingua di traduzione per fornire esempi delle regole grammaticali. Di quest’opera ci rimangono due manoscritti che son utili dal punto di vista linguistico, in quanto sono presenti parole tipicamente dialettali come suggerisce Maggiore (2015): nusterça (nusterza), groffolare (cruffulare), insetare (nsitare), scardare pissi (squamare pesci)
 Nel Principato di Taranto di Giovanni Antonio del Balzo Orsini troviamo il Librecto de pestilencia (1448) scritto dal “cavaliero et medico” galatinese Nicolò di Ingegne, il quale conversa con altri due medici di corte, tali Aloysi Tafuro de Licio e Symone de Musinellis de Butonto, e con lo stesso Giovanni Antonio riguardo la peste e sui possibili rimedi e cure. Inoltre, nell’opera si menzionano alcuni nomi di vini, tra cui uno tipico tarantino, il Gaglioppo, come si legge in Maggiore[19] (2013): “ma più in lo tempo de la peste, sincome sonno malvasie, greco, guarnaze, [..] et da nuy tarentini ‘galioppo’ chyamato, lo quale in questa città più che in parte del mundo perfecto se fa”.
La corte di Angilberto del Balzo Orsini, conte di Ugento e duca di Nardò, annoverava nella sua una ricca libreria copie di libri in latino e volgarizzamenti delle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio. Ad essa appartiene lo Scripto sopra Theseu re, un ricco commento al Teseida di Boccaccio redatto da un anonimo salentino, probabilmente nella seconda metà del Quattrocento nella scuola di Nardò, una scuola di amanuensi domenicani molto attiva in quel periodo.
Il commento al Teseida, oltre che fornire prove sulla circolazione delle opere toscane nel Salento, dimostra la varietà linguistica della koinè salentina che abbraccia sia i toscanismi letterari, sia i termini più vernacolari e i meridionalismi generalizzati, come riporta Maggiore (2015): amochare ‘coprire’, annicchare ‘nitrire’, ganghe ‘guance’, lucculare ‘urlare’, magiara ‘strega’, nachiro ‘nocchiero’, sghectata ‘spettinata’, rugiare ‘borbottare’, ursolo ‘piccolo recipiente per liquidi’.
Inoltre, appartenente alla libreria di Angilberto, il Libro de Sidrac che merita una considerazione speciale. Si tratta di un trattato filosofico in stile “domanda e risposta” tra il re Buctus e il filosofo Sidrac. Quest’opera, scritta originariamente in lingua francese d’oil tra il 1270 e il 1300, potrebbe essere considerata un best seller di quell’epoca, in quanto nei secoli successivi fu tradotta in ben sessanta versioni romanze tra cui anche in volgare salentino. Si tratta, indubbiamente, di un testo che ci fornisce esempi di koiné salentina, come nell’incipit del testo “Ore Sidrac incomenza a respondere a lo re Botus ad tucte le sue addimande, et a chascaduna responde di per sé. La prima ademanda si è si deu pòy essere veduto. Deu si è visibile et non visibile, cà illu vede tuctu et non pote essere veduto”[4r 32-35]. Secondo gli studi linguistici fatti da Sgrilli[20](1983), il Sidrac salentino fu scritto per mano di un autore brindisino, mentre quelli fatti in precedenza da Parlangeli (1958)[21] dicono che “il nostro testo sia scritto in un dialetto del tipo salentino settentrionale, quale, a un dipresso, doveva essere parlato nella zona di Nardò”.
Le attestazioni del salentino volgare non provengono solo da testi e manoscritti ma anche nelle epigrafi come quella nella Cattedrale di Nardò all’interno di un affresco risalente alla metà del XV secolo e raffigurante San Nicola, la Madonna col Bambino e Santa Maria Maddalena orante (nella navata sinistra). La riscoperta dell’attestazione è da attribuire al dott. Gaballo e al prof. Polito e recita:
O tu chi ligi, fa’ el partisani:
chi ley fey fare, Cola è ’l sua nome,
filliolu de Luisi de Pephani.
Secondo Castrignanò[22] (2016), la parafrasi reciterebbe: Oh tu che leggi, prendi la mia parte/ chi la fece fare [la pittura], Nicola è il suo nome/ figlio di Luigi di Epifanio. Se a prima impressione l’epigrafe sembrerebbe una captatio benevolentiae, in quanto l’autore chiede ai chiunque guardi il suo affresco di parlarne bene (fa’ el partisani) in realtà sembra rievocare il verso dantesco If IX 61-63: O voi ch’avete li ’ntelletti sani, / mirate la dottrina che s’asconde / sotto ’l velame de li versi strani.
Per concludere con uno sguardo sulla società medievale e sulle relazioni interpersonali tra i cittadini di quell’epoca, mi piacerebbe menzionare le deposizioni presenti ne Il registro dei reati e delle pene, una raccolta giudiziaria di 607 denunce appartenente al resoconto fiscale de la Corte del Capitanio di Nardò[23] (1491) e redatte da Giampaolo de Nestore di Nardò, nelle quali si apprezza la lingua dei protagonisti che si lasciano andare a forme ingiuriose e minacciose come:
Marco de Sidero, denunciato per Gabrielj Caballone, che li dixe: «Levatinte davanti et portame li forfichi, ca le mecto le mano alli capillj»
Charella Malicore, denunciata per Hieronimo serviente, che li dixe: «Si marituma era cqua, te haveria dato cinquanta bastonate»
Uxor Giorgii Taurini, denunciata per la molliere de Francesco de Cupertino perché li dixe: «puctana, frustata, tu teni cento innamorati»
Francesco de Follica, denunciato per Gabrieli de Montefusco, perché li dixe: «yo trovai le terre allo culo de mammata»
 Conclusioni
Questo viaggio intrapreso lungo i più remoti secoli della storia ha portato alla luce alcune delle primissime forme di scrittura nella nostra lingua in epoca medioevale. Grazie agli studi di alcuni ricercatori in merito alla tradizione scritta salentina, in questo iter abbiamo messo in risalto non solo aspetti relazionati al lessico ma anche alle antiche vicende sociali e culturali che la nostra terra ha vissuto: mi riferisco alla forte presenza della comunità ebraica alla quale si deve una importantissima produzione sia in alfabeto ebraico ma anche in quelli greco e latino, all’evoluzione linguistica del volgare salentino che da lingua locale si trasformò in lingua comune grazie soprattutto alle figure dei primi mecenati in Terra d’Otranto che ne permisero la diffusione. In altre parole, un piccolo viaggio tra lingua, storia, cultura e società alla riscoperta del nostro passato.
  [1] Per maggiori dettagli: https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/11/messapia-era-davvero-una-terra-tra-due-mari/ e https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/17/messapia-chi-conio-questo-termine-e-perche/
[2] Per le definizioni di latino volgare e latino classico, vedi “Vocalismo e consonantismo del dialetto salentino”, https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/13/vocalismo-e-consonantismo-nel-dialetto-salentino/
[3] Trad. ita: “Io so che quelle terre, che qui si dice, le ha possedute trent’anni la parte di San Benedetto”.
[4] Trad. ita: “So che quelle terre secondo quei confini che ti mostrai furono di Pergoaldo come qui si dice e le ha possedute per trent’anni
[5] Trad. ita: “Quella terra secondo quei confini che vi mostrai, è di Santa Maria e l’ha posseduta trent’anni.
[6] Trad. ita: “So che quelle terre secondo quei confini qui descritti le ha possedute per trent’anni la parte di santa Maria.
[7] Maggiore, Marco (2015), Manoscritti medievali salentini, in L’Idomeneo, n.19, pp. 99-122.
[8] Cuscito, Giuseppe M (2018), Il Sefer ha-yaqar di Šabbeṯay Donnolo: traduzione italiana commentata. Sefer Yuḥasin ספר יוחסין | Review for the History of the Jews in South Italy<Br>Rivista Per La Storia Degli Ebrei Nell’Italia Meridionale, 2, 93-106. https://doi.org/10.6092/2281-6062/5568.
[9] In Maggiore (2015:102).
[10] Garrisi, Antonio (1990), Il dizionario leccese-italiano, Congedo Editore. Sotto la voce cucummaru sputacchiaru o riestu: pianta ruderale, strisciante, con steli e foglie scabri, i cui turgidi frutti peponidi maturi, se toccati, lanciano (sputano) il succo e i semi all’intorno.
[11] Cuomo, Luisa (1977), Antichissime glosse salentine nel codice ebraico di Parma, De Rossi, 138, in «Medioevo Romanzo», 4, pp. 185-271.
[12] De Angelis, Alessandro (2010), Due canti d’amore in grafia greca del Salento medievale e alcune glosse greco-romanze, in Cultura neolatina, Anno 70, Fasc 3-4, pp.371-413.
[13] Rocco Distilo, Parole al computer. Dal genere al motivo d’‘alba’ (per un’ignota ‘alba di malamata’), in Atti del V convegno internazionale e interdisciplinare su testo, metodo, elaborazione elettronica (Messina-Catania-Brolo, 16-18 novembre 2006), a cura di Antonio Cusato, Domenica Iaria e Rosa Maria Palermo, Messina, Lippolis, 2007, pp. 101-115.
[14] Oronzo, Parlangèli (1958), La «Predica salentina» in caratteri greci, in Lausberg-Weinrich, pp. 336-360 [ristampa in Parlangèli (1960), pp. 143-173].
[15] La traslitterazione è presa da: Greco, V.,C., “Rimario letterario” (e non solo) Leccese e… Salentino.
[16] Bernardini, Isabella (2010), Greek Language and Culture in South Apulia. Proposals for teaching Greek, in The teaching of modern Greek in Europe: current situation and new perspectives (p. 132), Editum, Universidad de Murcia.
Ho riportato una traduzione dell’originale: “From the end of the ninth century through to the end of the sixsteenth century we find 400 Greek codices, compared to 30 Latin ones for the same period.”
[17] Maggiore, Marco (2013), Evidenze del quarto genere grammaticale in Salento antico, in Medioevo letterario d’Italia, Fabrizio Serra Editore, Pisa-Roma .
[18]Stussi, Alfredo (1982), Antichi testi salentini in volgare, « Studi di filologia italiana », xxiii, 1965, pp. 191-224, ristampato in Id., Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani, Bologna, il Mulino, 1982, pp. 155-181.
[19] Maggiore, Marco (2013), Italiano letterario e lessico meridionale nel Quattrocento, in Studi Linguistici Italiani, vol. XXXIX, Salerno Editrice, Roma.
[20] Sgrilli, Paola (a cura di), Il libro di Sidrac Salentino, Pisa (1983).
[21] Oronzo, Parlangèli (1958), Postille e giunte al Vocabolario dei dialetti salentini di G. Rohlfs, in RIL, XCII, pp. 737-798.
[22] Vito, L.,Castrignanò (2016), A proposito di un’epigrafe salentina in volgare (Nardò, entro il 1456), in Revue de Linguistique Romane, n°317-318, Vol.80, pp, 195-205, Strasbourg.
[23] Perrore, Beatrice (2018), Il discorso riportato ne La Corte del Capitanio di Nardò (1491): alcuni tratti sintattico-testuali, in Linguaggi settoriali e specialistici, Atti del XV Congresso SILFI Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana, (Genova, 28-30 maggio 2018). Vedi anche: Holtus, Günter; Metzeltin, Michael; Schmitt, Christian, (a cura di), Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete vom Mittelalter bis zur Renaissance, De Gruyter, Berlino (1995).
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napoliglamour · 3 years
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Arturo Schwarz, viene voglia di cominciare il racconto della sua vita con l'incipit di Cent' anni di solitudine di Gabriel García Márquez: «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato...». Cosa pensava lei, in quella primavera del 1949, prima di salire sul patibolo in Egitto?
«Patibolo, esatto. Non mi aspettava un plotone, ma il nodo scorsoio: mi avevano condannato all' impiccagione lasciandomi tutto il tempo per riflettere sugli anni vissuti fino ad allora, 25, pochi ma intensi. Da tempo sapevo in cosa credevo e cosa volevo dalla vita. Come disse lo scultore Constantin Brancusi: "Tutte le mie opere sono databili dall'età di quindici anni". Per me, forse, da prima ancora».
Riavvolgiamo il nastro: com'era finito un italiano, quasi settant' anni fa, in una galera egiziana con la pena capitale pendente sulla testa? E com' è che oggi, a 94 anni, è qui, di fronte a noi, nella sua casa di Milano, zeppa di capolavori e libri, con una moglie giovane e bella, Linda, a raccontarcelo?
«Sono nato ad Alessandria d'Egitto da padre tedesco di Düsseldorf e da madre milanese, Margherita Vitta, figlia di un colonnello dell' esercito italiano. Entrambi ebrei. Si conobbero lì e si sposarono. Avevo la doppia cittadinanza ma nel 1933, con l'ascesa di Hitler al potere, rinunciammo a quella tedesca e mio padre, separatosi da mia madre e trasferitosi al Cairo, mi vietò di rivolgermi a lui nella sua lingua madre.
Non feci fatica: mi sentivo italiano, studiavo in scuole prima inglesi e poi francesi, e avevo una naturale repulsione per la Germania. Mio padre era influente in Egitto: aveva inventato la formula per disidratare le uova e le cipolle, dando un grande impulso alle esportazioni di un Paese esclusivamente agricolo.
Nel '38, a 14 anni, ero già trotskista. Con un paio di amici copti e uno musulmano, io, ateo, fondai la sezione egiziana della Quarta internazionale, voluta da Lev Trotskij da poco riparato in Messico. Aspetti, le mostro una reliquia che ha segnato tutta la mia lunga esistenza...».
(Si alza, stacca dalla parete un quadretto e me lo mostra) Ma questo è il biglietto da visita di Trotskij. Lo ha incontrato?
«Me lo fece avere dal poeta Benjamin Péret. Doveva essere il lasciapassare per il mio viaggio in Messico. Due mesi prima della partenza, però, i sicari di Stalin lo assassinarono e io decisi di dedicare la mia esistenza ad affermare le sue idee. Nel frattempo era scoppiata la Seconda guerra mondiale ed entrai, come volontario, nella Croce Rossa. Ero ad El Alamein a caricare i feriti sulle ambulanze, italiani o inglesi che fossero, e mi presi qualche scheggia nel polpaccio.
Di notte scrivevo poesie, come ho fatto per tutta la vita. Mandai le prime ad André Breton. Avevo letto il Manifesto del surrealismo ed avevo chiesto all' ambasciata di Francia al Cairo chi fosse questo Breton. Dissero che faceva lo speaker di Radio France Libre a New York. La risposta mi giunse sei mesi dopo, sfidando l'Atlantico infestato dagli U-Boot nazisti. Cominciò allora a trattarmi come fosse un padre. Mi incoraggiava, mi coccolava quasi. Finita la guerra mi iscrissi a medicina ma non dimenticai Trotskij».
Fu per causa sua che venne arrestato?
«Sì, aprii una libreria e cominciai a pubblicare i suoi libri in Egitto. All'alba di una mattina del gennaio 1947, la polizia irruppe in casa mia. Ero accusato di sovversione. Regnava Re Farouk. Da giovane sembrava potesse diventare un governante illuminato ma si rivelò un despota crudele.
Aveva abbandonato persino le buone maniere, a tavola mangiava come un animale, per dimostrare che a lui tutto era concesso. Mi trascinarono nella prigione di Hadra e mi rinchiusero nei sotterranei, in una cella piccola, senz' aria, solo con topi e scarafaggi. Dopo qualche settimana cominciarono le torture, mi strapparono le unghie dei piedi, causandomi la cancrena e la perdita di un dito, ma non parlai. Non era comunque necessario, perché l' amico musulmano spifferò tutto, raccontò della cellula trotskista, della nostra visione del mondo, dei contatti internazionali.
Mi trasferirono al campo di internamento di Abukir, dove venni a sapere della condanna a morte. Non la eseguirono subito perché servivo loro come ostaggio. Era scoppiata la guerra arabo-israeliana, e io ero ebreo. Dopo due anni di prigionia, l' impiccagione venne fissata per il 15 maggio, ma poche settimane prima Egitto e Israele firmarono l'armistizio. Negli accordi era prevista la liberazione dei prigionieri ebrei detenuti in Egitto.
Una mattina mi rasarono, lasciandomi credere che di lì a poco sarei salito sul patibolo. Invece mi accompagnarono al porto e mi imbarcarono su una nave diretta a Genova con il foglio di via e stampato, su tutte le pagine del passaporto, "Pericoloso sovversivo - espulso dall' Egitto". Così com' ero, senza poter rivedere i miei genitori, né procurarmi un ricambio d' abito».
Come le apparve l'Italia, quando sbarcò a Genova?
«Il paradiso terrestre. Raggiunsi Milano e trovai lavoro da un ebreo, Marcus, che aveva un ufficio d' import-export dietro al Duomo. Allora nessuno conosceva bene l'inglese e il francese. Appena possibile, una notte presi il treno per Parigi. Alle sei del mattino salii su un taxi, lasciai la valigia in un albergo di quart' ordine, e bussai alla porta di 42 rue Fontaine, a Montmartre. Aprì Breton, lo vedevo per la prima volta, ma mi abbracciò come fossi un vecchio amico.
L'appartamento era piccolo, il letto in un angolo e ogni spazio occupato da oggetti e opere d' arte. Sul muro, in fondo, occhieggiava una raccolta di bambole Hopi. Nello studio, straordinarie sculture africane e, sotto la finestra, La boule suspendue di Alberto Giacometti. Alle pareti, Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp, Yves Tanguy, Max Ernst, Man Ray, Dalí... Salvador Dalí non mi è mai piaciuto, non era dei nostri, era Dalí e basta. Come, da trotskista, non ho mai accettato l' approccio commerciale di Pablo Picasso».
Quando decise di tornare a fare il libraio, l'editore e poi il gallerista?
«Un fratello di mia mamma, direttore di una filiale della Comit, mi fece avere un piccolo fido. Pubblicavo libri difficilmente commerciabili, giovani poeti e saggistica: Breton, Einstein e, soprattutto, Trotskij. Mandai in stampa La Rivoluzione tradita con una fascetta gialla: "Stalin passerà alla storia come il boia della classe operaia". Sa cosa accadde? Me lo confidò, tempo dopo, Raffaele Mattioli, amministratore della Comit e uomo di grande cultura.
Lo chiamò personalmente Palmiro Togliatti, chiedendogli di togliere il fido "alla iena trotsko-fascista di Schwarz". Così finì la mia prima esperienza di editore: per rientrare dovetti vendere tutto il magazzino a meno del 10% del prezzo di copertina e anche la libreria rischiò di chiudere. Per sopravvivere, cominciai a organizzare mostre di incisioni, acqueforti e libri illustrati dagli artisti.
Mi aiutarono molto Carlo Bo, Raffaele Carrieri, Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo e molti altri amici. Non potendomi permettere l' arte contemporanea che andava per la maggiore (e nemmeno m' interessava), decisi di sfidare la legge capitalistica della domanda e dell' offerta: recuperai il Dadaismo e il Surrealismo che nessuno voleva. Feci uscire dalle soffitte le opere di Marcel Duchamp, che da tempo si era ritirato e non era più interessato ad esprimersi artisticamente. Con lui il rapporto fu meraviglioso: presi lezioni di scacchi dal maestro Guido Capello per un anno intero per poter giocare contro di lui. Rimase imbattibile, ma qualche soddisfazione riuscii a togliermela».
Poi, una mattina del 1974, senza avvisare nessuno, chiuse la sua galleria, ormai divenuta mitica, per dedicarsi agli studi di arte, di alchimia, di kabbalah. Cominciò a collocare (spesso donandole), in giro per il mondo, le sue collezioni. Sentiva il bisogno di prendere le distanze dal passato?
«No. E poi non le chiami collezioni, è una parola che non mi piace. Sentivo il bisogno di trasmettere un patrimonio senza smembrarlo. Resto trotskista e surrealista, ho venduto opere d' arte, ma ne ho anche donate moltissime, chiedendo in cambio che fossero trattate in maniera scientifica: catalogate, documentate, fatte sopravvivere, insomma. Del denaro non ho mai fatto una necessità, ho sempre cercato di sfuggire alla logica del suo dominio. Tutto questo ha a che fare anche con gli studi alchemici e cabalistici. Mica andavo cercando l' oro materiale, cercavo quello spirituale».
L' Italia, come ha detto lei, è stata il suo «paradiso terrestre», però molte delle sue opere sono finite in musei all' estero. Come mai?
«Un migliaio sono in quattro grandi musei internazionali, però un consistente nucleo di opere surrealiste e dada sono alla Galleria d' Arte Moderna di Roma. Non ha idea di quanto sia stato difficile. La burocrazia italiana è un nemico spietato: devi giustificarti per il tuo atto di liberalità, vissuto quasi con sospetto, mentre lo Stato non fornisce garanzie di corretta gestione. Mi sono anche visto rifiutare la donazione dei testi dada e surrealisti. Qualcuno pare li abbia definiti "robaccia pornografica". Li ho così regalati a Israele»
Per cosa combatte ora il trotskista Arturo Schwarz?
«Per l' amore di Linda. Così come ho amato la mia prima moglie, Vera, strappatami vent' anni fa da un tumore. E per un soffio d' aria fresca e pulita, un bisogno lasciatomi da quei mesi passati nei sotterranei di una prigione egiziana»
[Pier Luigi Vercesi]
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carmelagabriele · 3 years
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Premio di Poesia, Narrativa e Teatro “Memorial Giovanni Leone” –
I valori della famiglia - 2^ Edizione. Scadenza 15/04/2021
L’Associazione culturale e teatrale “Luce dell’Arte” di Roma indice il Premio di Poesia, Narrativa e Teatro “Memorial Giovanni Leone” – I valori della famiglia 2^ Edizione, in onore del rag. Giovanni Leone, scomparso da alcuni anni (Manfredonia (FG) 20/05/1931 – Manfredonia (FG) 19/07/2011). Un premio voluto fortemente dall’Associazione per non lasciare nel dimenticatoio un “uomo di grande spessore culturale”, ricco di  una rara nobiltà d’animo, distintosi per l’impegno e l’ardore messi nel suo lavoro di impiegato postale, ma soprattutto per la forte sete di conoscenza che l’ha portato a studiare sempre libri di svariate discipline, costruendosi in casa un’enorme biblioteca, ed il senso di sacrificio, amore per la famiglia che l’ha accompagnato fin da giovanissimo, dandogli la forza di vincere ogni battaglia esistenziale. Giovanni Leone, un piccolo “eroe della quotidianità” amato da tutti nella sua città per il suo altruismo e spirito di solidarietà, l’attaccamento appassionato ad ideali e principi morali ed al suo nucleo famigliare, di cui andava fiero. Ecco perché abbiamo voluto sottolineare il tema “I valori della famiglia”, ritenendolo il motore principale di questo uomo che ha lasciato tanto interiormente a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo o averlo vicino.
Il premio è suddiviso in Due sezioni ed è aperto ad autori italiani e stranieri. Età minima autori per partecipare 18 anni; età massima nessun limite. Per ciascuna sezione si può aderire con opere già premiate o non ancora in altri premi letterari.
Sezione A) Poesia e Videopoesia a tema “I valori della famiglia”: si può partecipare con poesie edite o inedite in lingua italiana o in vernacolo con traduzione a tema “I valori della famiglia”. In più si possono inviare Videopoesie sempre sulla stessa tematica. Il numero massimo di opere da inviare è di tre. Sono ammessi anche libri editi di poesia o e-book e raccolte poetiche inedite. Nessun limite di lunghezza per gli elaborati. N.B. È possibile inviare illustrazione o dipinto di propria creazione con annessa breve poesia o piccola raccolta poetica, in questo caso allegare copia opera artistica in formato jpeg 13 x18.
Sezione B) Narrativa e Teatro a tema “I valori della famiglia”: si può partecipare con racconti, romanzi, fiabe, saggi e testi teatrali editi o inediti con tema “I valori della famiglia”, in larga misura opere che trattino qualsiasi situazione e sentimento legato alla famiglia. Nel genere testi teatrali, precisiamo che oltre a commedie e tragedie, sono ammessi per la partecipazione monologhi, corti teatrali e brevi sceneggiature. Il numero massimo di opere da inviare è di tre. Si possono inviare anche e-book. Nessun limite di lunghezza per gli elaborati. N.B. È possibile inviare illustrazione o dipinto di propria creazione con annesso racconto breve o monologo, in questo caso allegare copia opera artistica in formato jpeg 13 x18.
Art. 1: Per tutte le sezioni gli elaborati devono essere spediti obbligatoriamente ed esclusivamente per e- mail in formato Doc, Rtf o Pdf in due copie, di cui una anonima e l’altra firmata in calce con annessi la scheda di iscrizione completa di dichiarazione sulla privacy, breve curriculum vitae o biografia e fotocopia versamento della quota di adesione su Postepay. Il tutto va spedito a: [email protected] per il vaglio della Giuria esterna.
Nell’oggetto dell’e-mail inviata con elaborati scrivere sempre: “Partecipazione Premio letterario “Memorial Giovanni Leone” I valori della famiglia 2^ Ed.”
N.B. Solo per chi fosse poco pratico di internet o non in possesso di indirizzo personale di posta elettronica, potrà chiedere alla segreteria dell’Associazione la cortesia di scannerizzare le opere, inviando materiale al concorso soltanto in forma cartacea nelle copie richieste.
Art. 2: Si può partecipare ad Una o a Tutte e Due le sezioni.
La quota di partecipazione a copertura di spese di segreteria è di:
-          10 euro per Una sola sezione, inviando massimo 3 elaborati;  
-          15 euro se si partecipa a Due sezioni, inviando un massimo di 3 elaborati a sezione (ossia 6 opere totali).
Modalità di versamento quota di partecipazione tramite carta Postepay indicando le seguenti coordinate:
numero carta: 5333 1710 4875 7252
beneficiario: Carmela Gabriele
codice fiscale GBRCML77E71H926K
Il contributo richiesto per spese di segreteria tramite ricarica Postepay può essere effettuato in modo semplice presso sportelli di uffici postali e tabaccherie, e richiede a parte una minima spesa di commissione esclusa dalla quota di partecipazione, ossia 1 euro o 2 euro.
Art. 3: Le opere devono pervenire tramite indirizzo di posta elettronica entro e non oltre il 15 Aprile 2021, data di scadenza Premio.
Per chi eventualmente non fosse capace di usare internet o sfornito di indirizzo di posta elettronica, invece, il materiale, dopo aver parlato con la segreteria, va spedito tramite posta raccomandata a:
Dr.ssa Carmela Gabriele, Presidente Ass. Luce dell'Arte,
via dei gelsi, n. 5 – 00171, Roma, (Rm).
Tutte le opere che giungeranno non attenendosi al regolamento, verranno scartate e non saranno più restituite.
Art. 4: A giudicare le opere sarà una Giuria di Qualità, composta da membri del mondo culturale, che conferirà premi ai primi Tre per sezione ed un Premio Assoluto della Critica. Inoltre ci saranno un Premio Miglior Giovane Autore, Menzioni Speciali, consistenti in Medaglie, ed eventuali Diplomi d’Onore, consistenti in pergamene. Non sono previsti ex – equo. Tutti i partecipanti al Premio che ne faranno richiesta, riceveranno come riconoscimento via e-mail un Diploma di Merito personalizzato.
Art. 5: Saranno assegnati i seguenti premi per sezione:
Primo classificato: Grande Targa + Diploma di Merito
Secondo classificato: Targa + Diploma di Merito
Terzo classificato: Trofeo + Diploma di Merito
Premio Assoluto della Critica: Grande Medaglia o Targa + Diploma di Merito
Premio Miglior Giovane Autore: Grande Medaglia o Targa + Diploma di Merito
Menzione speciale: Medaglia + Diploma di Merito
Altri riconoscimenti: Diploma d’Onore
Art.6: I vincitori saranno contattati tempestivamente per e-mail e telefono. La cerimonia di premiazione avverrà nel mese di Maggio 2021 dal vivo a Roma, in prestigiosa Sala eventi, di Sabato o Domenica, nel caso non ci siano problemi con la situazione particolare che stiamo vivendo col Coronavirus, altrimenti sarà fatta esclusivamente via web con video conferenza del Presidente Associazione e dei Giurati, che leggeranno opere dei vincitori e parleranno del Premio.
In quest’ultimo caso, i premi saranno spediti a casa dei vincitori con un loro minimo contributo spese. Ed inoltre ci sarà successivamente da parte dell’Associazione invito ad accoglierli tutti di persona in tempi tranquilli ed in una prossima manifestazione culturale, dando l’opportunità di presentare una loro opera al pubblico.
Invece, in caso di cerimonia di premiazione attuabile in Sala eventi a Roma, i premi vanno ritirati personalmente il giorno della premiazione, tramite delegato solamente in casi di grave impedimento fisico (malattia, invalidità) o motivi di lavoro. Se assenti i premiati, a casa saranno spediti a loro spese solo i diplomi.
Art. 7: Chi partecipa al Premio, accetta tutte le condizioni del presente Bando e le normative sulla privacy per il trattamento dati personali. Per richiesta di qualsiasi altra informazione, contattare il Presidente dell'associazione, la dott.ssa Carmela Gabriele, al seguente indirizzo e-mail: [email protected]. Recapito telefonico Ass. Luce dell'Arte: 3481184968.
Il sito da visitare è:
www.lucedellarte.altervista.org
Pagina Facebook Ass: Associazione culturale e     teatrale Luce dell’Arte
Pagina Facebook Premio:     Premio di Poesia, Narrativa e Teatro “Memorial Giovanni Leone”
In fede,
Il Presidente dell'Ass.Luce dell'Arte,  
dr.ssa Carmela Gabriele
A tutti consiglio di fotocopiare e diffondere il seguente Bando per incrementare la partecipazione all'iniziativa culturale.
 Scheda di iscrizione da allegare:
Il/La sottoscritt _   _________________________________________                                                                        
Nato/a a _________________________________               il ________________
Residente a _________________________               Prov. ( _____ ) CAP. _______
Indirizzo __________________________________   n.___________
Nazionalità_________________________
e-mail ________________________________________
telefono fisso ___________________     cell.____________________
eventuale sito internet_________________________________________
Chiede di partecipare al Premio di Poesia, Narrativa e Teatro “Memorial Giovanni Leone” – I valori della famiglia 2^ Edizione  sezione/sezioni _________________________________
Titolo dell’opera/delle opere con cui partecipa ________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ che dichiaro essere frutto del mio ingegno.
Autorizzo all'uso dei dati personali al solo fine del Premio.
SI (barrare sul consenso)
Luogo e data ________________________________________
Firma ___________________________
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Presa diretta
Alcuni uomini bisogna parodiarli, altri sono già la parodia di se stessi. Io sono la puttana di Dio e contemporaneamente la parodia di me stesso. Ma la cosa non mi sorprende: gli schizofrenici hanno uno sdoppiamento di personalità? Noi siamo in dieci qui dentro, da un gruppo così numeroso che qualcuno faccia qualche cazzata c'è da aspettarselo. Io sono il caprone, l'agnello senza Dio da sacrificare ancora vivo, sono l'Untore, eterno foriero di disgrazie. È giunto il momento, mio caro amico, di condividere il viaggio, affinché i fatti non muoiano, ma restino sulla carta. Io sarò per te l'acqua dimenticata in un sottovaso, i paesaggi che visitasti nell' infanzia. Io sono come il mare per i marinai, placido e calmo, conduco i loro affari e le loro vite senza che loro abbiano timore di sorta, obbedisco alla legge di mutare due volte al giorno, e mi gonfio e mi placo, ma quando decido di stravolgere la mia vita chi conduce la sua nave sulle mie acque viene inghiottito dalla tempesta, e molti sono i morti di mille naufragi. Quei corpi che cadono sul fondo del mare sono i miei amici, che si decompongono e perdono i pezzi nel corso del tempo, e io li guardo mutare, come una madre che giochi ancora col suo bambino morto. Nessuno conosce tutta la mia storia, e me ne vanto perché sono uno stronzo raro, io. Alla gente provoco pietà, ma io non ho pietà per la gente che non sa cosa si prova a vivere una vita di emozioni autentiche. Ma molto tempo l'ho perso, altro me l'ha rubato gente come lui: questo ragazzo che sta studiando come me in biblioteca, è psicologicamente inconsapevole del fatto che è proprio deficiente, ma dal punto di vista di scrivente è apprezzabile. Ha in mano un volume di poesie seicentesche suo, perché non ci sono fascette da biblioteca, avrà circa trentacinque anni e oggi è venerdì, forse è giorno di pausa. Sta lì e studia, con impegno, traduce e copia i versi. Lo fa in mezzo a gente che studia quello che vuole, leggermente pressata dal peso dei parziali a cadenza settimanale. Un odio di classe di concentra come una cappa su di lui. Gli altri non sanno che scrivo, almeno per ora non lo sanno. Non ho paura di scrivere versi, di prendere in prestito per far parlare la mia anima. Non mi spaventa la giovane età, voglio scrivere da uomo libero.Quando sei così povero da avere solo un'idea, farai di tutto per non perderla. Poi l'ho persa per colpa della figa. Con il foglio di prima mi ci sono pulito le ascelle, puzzavano dopo che mi sono lavato con il detersivo per i piatti mixato a detersivo per i panni delicati. Non mi bastano i soldi per tornare a casa e nemmeno per comprare un bagnoschiuma. Sono rassegnato ad una vita di stenti. In un modo di forma, la mia è pura realtà, un animo scarno. Un piatto di patate bollite e bucce di patata fritte nell'olio. Buonissime. Mi sono lavato con lo sgrassatore, dopo i capelli erano come bruciati, (non puzzavo più ma la pelle si era privata di qualsiasi grasso, guarda un po' direte voi, se si chiama sgrassatore un motivo ci sarà, no?). Era strano vedere i miei capelli come se avessero la messa in piega. Quella sera ho venduto due libri su cui avevo dato due esami l'anno prima, così ho avuto i soldi per tornare a casa. Quando sono tornato a casa mi sono chiuso in camera, ho aperto il contenitore del bagnoschiuma, ho infilato la lingua dentro e ho iniziato a limonarci per la felicità. Poi l'ho richiuso e sono andato a lavarmi.
-7 dicembre 2014 – da 22 ore in piedi.9 Dicembre 2014 – da 24 ore in piedi.
Non dormo da un mese baby, come sta il tuo uccellino? ( tratto da un film ispirato alla vita di Bob Dylan)
Facebook non mi obbliga a mostrare la pipa rotta, i mozziconi di sigaro, il computer sporco d' olio che schizza dalla pasta, il portafoglio di pelle vuoto, quello di plastica con la muffa, i vestiti strappati. Su facebook sono una lucina verde come tutte le altre lucine di merda e posso dire la mia e farmi valere senza che qualcuno mi giudichi dal mio aspetto. Facebook è il punto da cui voglio ripartire da quando lei non c'è più nella mia vita ed ha lasciato un vuoto enorme, fatto di due anni in cui ho ammesso e fatto cose che mai e poi mai avrei voluto fare. Quando sei così povero da avere solo un'idea, farai di tutto per non perderla. Poi l'ho persa per colpa della figa. Una ragazza è la mia follia! Aveva detto di aver scritto con me, durante una cena liquida, ossia ad esclusiva base di alcool, dei versi che poi sono finiti su Proemio, l'unica cosa buona che credo di aver scritto. L'altra sera l'ho invitata ad uscire dicendo “ Vieni a cena. Portandola”. Era uno scherzo, perché questo un verso di Proemio che reinterpreta Catullo. Si è presentata con un pacchetto di sigarette vuoto e l'ho riempito, aveva fame e si è sfamata e finita la cena e gli argomenti di conversazione, ha allontanato la sedia dal tavolo, ha preso su il cappotto, mi ha fatto un cenno con la mano ed è andata via. E io non son da meno. Lucille, io odio il mercante che m'invita alla sua tavola, ancora agitato per gli scambi della mattina, che pasteggia camminando avanti e indietro, citando Orazio, e pensa sempre e solo al foro e agli scambi del pomeriggio. Se vive per quelli, può anche andare nel foro ora e crepare nella piazza assolata aspettando le ore più fresche del pomeriggio sotto il portico di Traiano, lasciandomi mangiare alla sua mensa, servito dai suoi servi, in pace. E da questa continua mancanza di virtù che faccio e vedo fa nascere in me, a volte, la necessità di un amore per far sopravvivere l'anima. Quando i polmoni sono gonfi di dolore e respiri tra i muscoli tesi della tensione, l'unico modo per sopravvivere è amare. Ma in quei momenti non ho bisogno di un corpo, di una persona, di uno spirito, un'immagine, qualcosa di alto che possa elevarmi con lei. Da piccolo mi ero innamorato della protagonista elfa di Eragon, di Cristopher Paolini, l'amavo di un amore puro e semplice, inventando storie ogni giorno per compensare la mancanza di quelle reali. A volte quel bisogno ritorna, quel bisogno di un'amore perfetto, senza sbavature, senza corpi ormoni o altro, è l'invocazione di uno spirito così alto e potente da tirarti fuori da qualsiasi situazione, nel corpo e nello spirito. Scriverlo? E chi capirebbe. Già qui mi si potrebbe additare di amore platonico, che implica un amore basato sulla distanza. E chi la vuole la distanza? Io voglio provare l'amore dentro di me, verso qualcosa che percepisco di spirituale che è me quando io mi elevo, per cui di distanza ce n'è poca. Questo per me è una specie di rito che sento il bisogno di fare dalla nascita.
Ok ecco la storia....ero sveglio da 22 ore e vagavo sul web in cerca di una consolazione esistenziale al mio essere insonne. Becco un post su Facebook e rispondo, controbattono e io rispondo. Solo dopo qualche minuto mi rendo conto che la cosa contro la quale sto parlando è una lei ed è anche molto graziosa. Lei è anche coordinatrice del dipartimento di Forlì, una specie di rappresentante d'istituto, per cui se ci provo ho chiuso con qualunque essere umano di sesso maschile o femminile, perché ovviamente la rappresentante d' Istituto è un essere inarrivabile per tutti, per cui se, come diciamo noi “cappello” , mi ritrovo che nessuno mi passa più una pagina d'appunto fino alla laurea. Le scrivo in privato per comunicarle che data l'ora non ero in pieno possesso delle mie facoltà. Lei inizia a fare meravigliosi discorsi fraseologici, di quelli che non t'invia riga per riga, ma scrive in blocco, in maniera compatta. Finisco la conversazione scusandomi per il mio comportamento. Guardo il profilo, lei è molto graziosa, ha la carnagione chiara, un leggero trucco, si vede che la Francia e gli ambienti intellettuali di sinistra le piacciono molto.
Scrivo qualche riga per lei, il pallido chiarore della sua pelle mi fa pensare ad una stella lontana :
“La radiazione cosmica di fondo (CMBR) è la radiazione residua prodotta dal Big Bang. Questa è la prova non solo che dietro agli abissi siderali pur qualcosa resta, ma che lo spazio, il mondo come fenomeno, rifiuta in se stesso l'annullamento, tant'è che nulla si distrugge, tutto si trasforma. Di fronte a tutto questo chi sono io per decidere di morire, di non assumermi fatica e problemi, gioie e felicità, chi sono io per cancellare i ricordi, ignorare la memoria. Tutto ciò che accade lascia traccia di se, se non la si trova più, vuol dire che abbiamo ignorato troppe cose, troppo a lungo.”
Ecco si, forse durante il rito questa è la parte più maschile che tra uomo ed anima, infatti poi è venuta fuori l'altra. “Perché continui a vagare, in questo spazio vuoto, candida luce della notte? Perché ti ostini a perseverare un rigore, una linea che possa condurti ad isole felici o lontano dai guai? Che fai, non capisci? In questa eterna ricerca morirai e nascerai di nuovo mille volte come l'araba fenice, e ad ogni vita sarai una luce meno viva e più lontana come quella di una stella. grande immensa, rossa, fino alla morte, poi una nana bianca. Infine di te non resterà nulla e il sole prenderà il vuoto che hai lasciato cadere nella notte.”Immaginavo che quel piccolo puntino verde dell'online sbiadisse negli occhi velati di sonno, diventasse di color bianco, come la luce di una stella alta nel cielo, che poi in realtà la stella è rosso fuoco, è come il sole, poi bruciare idrogeno, diventare più grande, ed infine una nana bianca, una nana nera, un punto nero che si confonde con l'universo. Era svanita, non ne era rimasto più niente, ma per tre, quattro giorni mi ero sentito bene, di nuovo amato, o almeno non dovevo pensare che ero un tipo ridotto a lavarsi con lo sgrassatore.
@lovehopedreambyeffe questo, quello che ti dicevo ieri...
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francesco-nigri · 8 months
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“Penserete avendo questo libro tra le mani cosa c’entra? Proprio in questo momento un libro, io credo che invece c’entri molto: nessuno più di un ventenne, perché questa è la vostra età ha il diritto meraviglioso di avere un libro tra le mani. Al libro in realtà ci si arriva da soli lo so, suona un po’ paternalistico il consiglio, l’indicazione “leggi”, sembra quasi come “ama veramente” “ascolta buona musica” ti senti un po’ invaso quando ricevi il consiglio ma mi sono preso questi minuti invece per invitare a guardare il libro non come una montagna inscalabile come spesso succede, si percepisce una raccolta di poesie, un romanzo, un saggio, come qualcosa di complicato da affrontare. Anzi invito a catapultarvi nelle librerie, saccheggiare libri, mettere Il naso tra le pagine, senza timore: la complessità è una delle cose più belle da affrontare nei libri. Ci sono libri terribili, orrendi, altri invece meravigliosi ma sta a voi la scelta e leggendoli si comprende la differenza.
Spesso mi è capitato di pensare, da quando ho il libro tra le mani, che non sono semplici parole, ma qui dentro c’è tempo, tempo per scriverlo, tempo per assaporarlo; avete tra le mani una cosa preziosa in questo momento, non è un titolo, non è un trailer, non è un flash, tempo, qualcosa che starà con voi per un po’, che è stato costruito attraverso tempo. Mi è sembrato sempre quando leggo di moltiplicare il tempo, come se la mia vita non mi fosse mai fino in fondo bastata e leggere mi aumentava la vita. Ma non è perché ti senti più bravo o hai più nozioni, hai più possibilità di percepire le strade dell’esistenza. Umberto Eco dice una cosa anche divertente “se un uomo di 70 anni non ha mai letto e ad un certo punto e muore, muore dopo aver vissuto 70 anni, se un uomo invece ha letto muore a 5000 anni” perché leggendo è stato lì nell’esatto momento in cu Caino ha ammazzato Abele, è stato lì quando Cesare è stato pugnalato, è stato lì quando Leopardi ha fissato l’infinito.
Leggere in qualche modo è avere un’immortalità al contrario, è come se ci permettesse di vedere l’intero percorso che ci ha portato qui, quindi vivi di più, sei qualcosa in più. In questi anni un po’ complicati io ho identificato la mia vita con i libri, cioè dove c’erano i libri lì sentivo casa, forse è proprio per questo che ho scelto oggi di portare questo libro che quando ero ragazzino mi piaceva tantissimo che è Dostoevskij con “Le notti bianche”, perché c’è il protagonista che ha 26 anni, e Dostoevskij non gli da un nome, si chiama il Sognatore, un ragazzo un po’ solitario che passa la vita attraversando libri e sognando un’esistenza che sente lontana ma che cerca di avvicinare attraverso le pagine. Sogna anche un amore romantico che sente irrealizzabile, però una notte succedere qualcosa, una notte bianca.
Le notti bianche sono quelle prime notti d’estate in Russia del nord dove il celo non diventa mai buio e anzi è chiaro. Dostoevskij inizia proprio così, dicendo “era una notte incantevole, una di quelle notti che succedono solo se si è giovani gentile lettore, il cielo era stellato, sfavillante tanto che dopo averlo contemplato ci si chiedeva involontariamente se sotto un cielo simile potessero vivere uomini irascibili ed irosi”…prosegue con il racconto e poi asserisce: “La potenza di Dostoevskij risiede nel raccontare il sentimento, l’emozione. Qui forse è bene ricordare che non dovete dare per scontate le emozioni o i sentimenti, in molte parti del mondo non è possibile esprimere emozioni etc etc ci sono molte parti dove baciarsi in pubblico è reato….[..] C’è il passaggio d una lettera che Gustave Flaubert scrive ad una donna e in queste righe lui fa il più bell’invito a leggere che ho mai sentito nella mia vita e recita così “non leggete per divertirvi, non leggete per istruirvi, no, leggete per vivere”
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edicolaelbana · 4 years
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L' INFINITO SENZA FARCI CASO
Ed eccoci tornati alla routine quotidiana,che anche se spesso noiosa e faticosa ,regala delle certezze  di orari,appuntamenti , pranzi fugaci e la nostra rubrica dedicata ai libri in collaborazione con gli amici dell' edicola.
Oggi da inguaribile romantica vorrei sottoporre alla votra lettura una raccolta di poesie d 'amore :"L'infinitio senza farci caso" di Franco Arminio edito da Bompiani.
Perchè se è vero che sono una libraia , e per lavoro leggo e consiglio libri accetto,sempre volentieri, dei suggerimenti che mi arrivano da altri lettori ,e questa volta devo ringraziare il mio figliolo più grande ,per arvermi fatto conoscere meglio questo poeta dei nostri tempi,che canta l'amore " un sentimento che forse non ci potrà salvare ma senza il quale saremmo soli in balia del tempo che scorre".
Non voglio entrare nella qualità tecnica della poesie,primo perchè non ne sono in grado,secondo perchè per arrivare al cuore della gente spesso gli orpelli tecnici non servono:Arminio scrive e parla d'amore,si ama con il corpo che trasfigurato a volte in vegetazione  emana una sensualità conturbante:
Il tuo corpo è l' unico posto
dove c'è spazio per noi due.
Di notte il tuo corpo si fa più grande,
è reso perfetto dalla tenebre.
E' come stare
nell' infinito senza farci caso
Questo amore di cui canta il poeta è inserito nel paesaggio :
La prima volta non fu quando ci spogliammo
ma qualche giorno prima,
mentre parlavi sotto un albero.
Sentivo zone lontane delmio corpo
che tornavano a casa.
E lasciarsi trasportare in un mondo di passione,bellezza,stupore e facile se si prosegue:
Gli amanti graffiano ciechi
nel buio dell' universo.
Così nascono le stelle.
Arminio è nato e vive a Bisaccia,in Irpinia, da anni viaggia e scrive in cerca di meraviglie,impegnato in molte azioni contro lo spopolamento dell' Italia interna,è  un autore da leggere e assaporare a piccoli sorsi,da invitare nella nostra isola !parola di Libraia.
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tempi-dispari · 5 years
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'I poeti devono reinventarsi, cercare di non sentirsi una nicchia di eletti', parola dello scrittore Peter Genito
Autore poliedrico, giallista, poeta, uomo di cultura, Peter Genito in questa intervista a Tempi Dispari offre il suo punto di vista sullo stato di salute della poesia in Italia e ci parla dei progetti imminenti e prossimi venturi. Da non perdere
Intervista raccolta da Carmine Rubicco
1 – Una veloce presentazione per chi non ti conosce come scrittore
Genitori campani, piemontese di nascita e formazione, toscano per passione, salentino per amore. Bibliotecario, poeta e giallista.
2 – Da quella che è la tua esperienza, come è mutato il ruolo del poeta nel nostro tempo?
Lo sapevo questa domanda non potevi non farmela… Il ruolo del poeta è cambiato molto, moltissimo. I poeti oggi purtroppo, rispetto ai tempi di Pasolini sono umiliati da un potere arrogante e ignorante. Ma non per ciò sono sconfitti, i poeti li puoi uccidere ma non li puoi sconfiggere. Anzi vedo molta ricerca in giro. Soprattutto tra le nuove generazioni. Vedo a giro molti autori, artisti, narratori, intellettuali, poeti, pieni di rabbia e voglia di fare, incazzati e propositivi. “La speranza è un essere piumato che si posa sull’anima e canta melodie senza parole e non si ferma mai” scriveva Emily Dickinson.
3 – Che posto ha la poesia nella vita di oggi, se ha ancora posto?
Ha ancora posto, ed è un posto privilegiato. Poco visibile ma di immenso potenziale. Sta dentro il cuore delle persone più semplici e oneste, la poesia. Non sta certo nei libri di poesia, la poesia. La poesia sta tornando all’oralità, e non è un ciclo o una tendenza, ma per non morire, le parole scritte dovranno tornare a essere dette, lette, anche gridate, volendo. I poeti sono oggi più vivi che mai, e i festival di poesia, i reading, gli happenings e i recital, che pullulano a ogni dove, testimoniano questa efferveescenza. Anche le biblioteche, per il lavoro che faccio, sono un ottimo posto per far vivere la poesia. Le biblioteche sono la casa dei poeti, e la poesia è di casa in biblioteca. Biblioteca non soltanto come archivio, o polverosi scaffali o palchetti con sopra libri morti di carta stanca, ma come luogo vivo, anche metaforico, del “fare” che è poi, etimologicamente, la poesia. Attraverso la mia partecipazione diretta, per esempio ai poetry slam, oppure in quelli che organizzo in biblioteca, la poesia pulsa nel cuore della società.
4 – Esistono secondo te formule espressive che possono affiancare, non dico sostituire, la poesia oggi?
Il cinema? Certi registi sono poeti più poeti dei poeti stessi, e penso a Pasolini, Olmi, a Antonioni, Fellini. Ma anche a Zeffirelli, R.I.P.
5 – Ha senso scrivere poesie e di poesia oggi o è troppo cambiata la sensibilità? O la poesia è immortale in quanto arte?
Ha senso; oggi più di ieri, ma i critici (se è a loro che allude la domanda) dovrebbero evitare l’ autoreferenzialità, la superfetazione retorica e lo sfoggio accademico. La poesia è immortale, ma è un flusso, quindi bisogna immergersi in essa, e tener presente che la modalità di comunicazione oggi è reticolare. Quindi non è più l’epoca dei salotti e delle conventicole, dei chiostri chiusi e asfittici. E pure delle presentazioni noiose (e magari a pagamento!) dove intervengono, se va bene, i parenti stretti dell’autore che sta lì a parlare del proprio ombelico bellissimo. Le poesie per me devono saper suscitare immagini e sogni, e la concorrenza di altri linguaggi è forte, soprattutto il cinema e la musica. I poeti, “laureati” o no devono reinventarsi, cercare di non sentirsi una nicchia di eletti, scendere dal loro secolare piedestallo.
6 – Scrittori contemporanei che segui
Magris, fin dai tempi del ginnasio, e poi De Giovanni, Carofiglio, Lucarelli; ma anche molto i saggisti alla Buttafuoco. Tra gli stranieri ho una vera adorazione per Murakami.
7 – Uno scrittore sottovalutato e uno troppo sopravvalutato
Peter Genito. Roberto Saviano.
8 – Le tue opere, scelta o necessità?
Istinto e cesello. Voglia di dire qualcosa anche senza aver qualcosa da dire, parafrasando il buon Cioran. Passione e volontà. Potenza e rappresentazione.
9 – I tuoi prossimi passi dove ti porteranno?
A New York o San Francisco, spero. Senza scherzi… Sto per pubblicare con l’editore Tracce una seconda raccolta di poesie. Spero anche di trovare un finale per il sequel di Lecce Homo. E poi insieme a un certo editore sto valutando di farne una trilogia, che possa tendenzialmente diventare una serie televisiva. Oronzo Mazzotta mi dicono sia un commissario parecchio fotogenico (anzi fotogenito). La nuova frontiera della narrativa è la serialità. Ma questa intervista è sulla poesia giusto?
10 – Quanto di Peter di oggi e quanto di Peter del passato c’è nelle tue opere
Moltissimo di quello del passato c’è nel giallo Lecce Homo. Il poeta, leopardianamente, parla sempre di sé… Anche quando non lo dice o non lo vorrebbe. Nelle poesie della mia prima raccolta Dal buio al cuore, moltissima della mia ispirazione viene dai luoghi, il dato geografico, dato il mio nomadismo, è centrale.Oggi la mia poetica sta trasformandosi, dal bagliore della neve, alla luce del mare del salento.
11 – un messaggio per chi legge.
Leggete di più e meglio. Leggere apre la mente e fa battere il cuore.
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dpierce-memories · 3 years
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A quel tempo facevo i conti ogni istante con la paura di perderti.⁠ Poi è successo ed ho capito che si sopravvive lo stesso.⁠ La solitudine oggi non mi spaventa più.⁠ ⁠ - Quel che resta di quel tempo -⁠ D. Pierce⁠ ⁠ #scrittoriemergenti #riflessioni #emozioni #ricordi #dpierce #quelcherestadiqueltempo #frasi #frasedelgiorno #versi #libri #romantici #firstposts #amore #booklover #instafollowers #paroledamore #quotes #citazionilibri #citazioni #scrittori #poesie #poesiedamore #frasitumblr #pensieri #citazionitumblr #aforismi #aforismiecitazioni #frasiamore #frasibelle #aforismadelgiorno https://www.instagram.com/p/CQtzWR2nJkp/?utm_medium=tumblr
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dylan78 · 5 years
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Dove sei felice...resta A. Di Lenola Senza fiato, senza respiro E poi senza te, Tu che ancora senti in casa L odore dell' ultimo caffē, Senti ancora il suono di ruote di ferro e binari Che ieri sentivi con me Respiri ancora il profumo dei piatti Tra vicoli e strade ..... e i racconti dei viandanti di strada E il casino che fa ogni persona In una stazione Portando dietro un po' ,o tutto di se. Senti ancora il profumo dell ironia E l odore dei fiori Sulle scalinate E ti accorgi che cinque sensi non bastano Per vivere di me....di te....di meeeeeee.... ... dove sei felice...resta!!!... ... dove dormi in pace...sogna!!!... dove gli abbracci sono più forti...rimani!!!.... E lascia sempre l anima in tempesta, Che vive e aspetta la felicitā E lascia spazio a chi ti lascia posto e spazio alla tua libertà, E regala vuoti a chi ti ha sempre lasciato vuoti E maree a chi ti regala maree.... Resta,sogna,rimani incantata Bacia,abbraccia e rimani stupita, E resta ancora un momento con gli occhi immersi nei miei, E mordi per lasciare ferite d amore E ricordi che non ci lasceranno mai. Senza fiato,poi senza respiro Amami fuoco, entusiasmo, vita, Tanti viaggi non resteranno poi solo fotografia, Tu dipingi quadri con i vecchi biglietti Io dipingo lettere e fantasia, Ogni bagaglio non ē mai l ultimo Siamo libri mai pieni, Mischiati bene e a caso Tra milioni di persone..... ... dove sei felice...resta!!!... ... dove dormi in pace...sogna!!!... dove gli abbracci sono più forti...rimani!!!.... E lascia sempre l anima in tempesta, Che vive e aspetta la felicitā E lascia spazio a chi ti lascia posto e spazio alla tua libertà, E regala vuoti a chi ti ha sempre lasciato vuoti E maree a chi ti regala maree... Resta,sogna,rimani incantata Bacia,abbraccia e rimani stupita, E resta ancora un momento con gli occhi immersi nei miei, E mordi per lasciare ferite d amore E ricordi che non ci lasceranno mai..... Ricordi che non ci lasceranno mai #canzoni #canzoniitaliane #canzoniinedite #poesie #poesiedamore #poesieinedite #vita #instagrammers #sogni #selfie #selfies https://www.instagram.com/p/BwtrrHrAthb/?igshid=1i28hqo9qgmfy
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gianluchino · 7 years
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Psico-analizzando Dio   [Di-io = Due io( io e Non-io)]
Se come sembra ci siamo risvegliati da un sogno, penso che prima o poi vorremo anche tornare a dormire per sognare. La storia non cammina senza sogni, e i sogni non camminano senza storia. Perciò “we are walking on a dream”: noi stiamo camminando sopra un sogno.     (G.F.)
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Magna Mater e Vecchio Saggio stavan copulando, era proprio agli inizi del mondo, l’energia del loro amor che pian piano andava dilagando; poi un’improvvisa esplosione e il fiume va strabordando: via!! Fu lì che prese vita ‘l mondo.
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inizialmente era massa magmatica; quindi ancora plasmabile, ancora non capite? Si parla di kymatica! E la nascita altro non è che il primo trauma palpabile!
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Inizia già ad irrigidirsi ed apprendere quando ancora è in placenta, e in effetti all’uscita solitamente la prima cosa che si fa è iniziare a piangere: e se non la si supera che si diventa?
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Se va avanti dopo l’unicellulare i primi tentativi di dominar la psiche provenivano da dinosauri imponenti, La pienissima espression della forma pura di volontà di potenza. Ma col tempo si dovevano estinguere poiché nell’ adattamento alle frustrazioni erano alquanto carenti; ed è qua che arriva l’uomo, in fondo non se ne poteva far senza.
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Da lì le prime comunità e le prime forme di socializzazione: i primissimi tentavi di far ingelosir la mamma e farle notar che stiamo imparando. Ma al complesso edipico dell’umanità arrivò la frustrazione; e in fondo si cresce sperando che in qualche strano futuro una mamma ci stia ancora aspettando..  
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Ciò ci fece sprofondar l’anima in un precipizio, di cui Cristo n’è ‘l culmine, e Sofocle l’inizio. Al cuor c’arrivò un fulmine e onde evitar che gli argini crollassero s’improvvisò ‘l brutto vizio.
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Era qualcosa di talmente disfunzionale, che Di-io s’accorse immediatamente di doverlo evitare, quel qualcosa diceva di lui che non era normale; e così arrivò a reprimer le sue voglie per potersi accettare.     
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Gli egizi costruirono le mura portanti della sua psiche, i greci costituirono le prime forme del suo sapere, i romani conquistando il mondo fecero immense fatiche, e al medioevo ci s’ accede a suon di calci nel sedere …    
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Il Super-Ego del mondo nasceva già nelle prime forme  legislative, Si vedan pure le tavole di Mosè, o anche più primitive,
la memoria lineare di solito inizia dopo l’Edipo e l’Electra in bambini e bambine, e in effetti i primi ricordi nitidi che l’uomo ha di sé son riscontrabili in armoniose forme creative, ma son sepolti nella Grecia di 3 o 4 mila anni fa, se proprio lo dobbiam dire..
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Nell’ideale del cristianesimo si nasconde la prima scissione della mente del divino, ed è proprio da qua che infatti nascono le errate idee di male, bene e destino, da qui nascon pazzi, streghe, e tutte le etichette d’ un grande e sterile libriccino, ma non è etichettando che si va avanti in questo sogno; rimettiamoci in cammino!
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Io dico che in fondo siam sempre stati noi a trascrivere e a pensar la storia: Noi esseri umani non siam forse qui a rappresentar le funzioni cognitive più alte d’un Dio? E nella tua mente chi credi ci sia che sta lì per trascrivere o censurar la memoria? Lo sai anche tu che nella repression si cela uno dei più primitivi meccanismi d’autodifesa dell’Io:
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Egli altro non è che l’iniziar di Di-io a scinder Non-Io da se stesso,                         nella misura in cui se io sono io, posso anche non dipendere da tutto il resto Lo si scova nell’invenzion del linguaggio tal meccanismo perverso; E soprattutto da me non dipende il mondo, che male c’è se lo sfrutto e lo calpesto?  
-                                                                                                                           
Bè penso tu debba aspettarti a breve un bel dì di gloria ed euforia poiché i libri e le poesie scrivono delicatamente sulle pareti dell’inconscio collettivo; Sai, i poeti van spesso a braccetto con le citazioni e la schizofrenia Come graffi sul muro portante dell’anima, ammesso che io non ne sia del tutto privo..
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carmelagabriele · 6 years
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Concorso letterario e fotografico
“La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità” - 2^ Edizione. Scadenza bando il 31/03/2019!
L’Associazione culturale e teatrale “Luce dell’Arte” di Roma bandisce la 2^ Edizione del Concorso letterario e fotografico “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità” dedicato ad opere che abbiano come protagonista la bellezza straordinaria della Natura e le forti sensazioni, i mille sentimenti, piccoli o grandi miracoli di vita e cambiamenti repentini o lenti che essa è in grado di suscitare negli uomini. La tematica è vasta, e può comprendere la relazione speciale che si instaura spesso tra gli uomini e posti alquanto suggestivi, che si trasformano in veri e propri rifugi per l’anima, un modo per evolversi, progredire, rispettando l’ambiente e stando al servizio di esso.
Da tenere in conto pure il rapporto di grande complicità che può crearsi con gli animali, parte integrante di essa, molte volte mezzo per guarire da mali profondi e ritrovare un significato all’esistenza. Natura, in definitiva, intesa sia come “motore di una storia, poesia, fotografia con pensiero poetico” che come cammino verso l’armonia con il proprio io, benessere ed unione totale di corpo, anima e spirito, quest’ultimo discorso legato essenzialmente alle discipline naturali olistiche, e perciò non scordando la massima di “Vis medicatrix naturae”, ossia natura sempre come forza risanatrice. Così il concorso è un’occasione per tutti di dimostrare il proprio senso di gratitudine ed amore per l’Universo in generale, ascoltando la voce della natura che come Dio è insita in ciascuno di noi per muoverci in una direzione di luce, vibrazioni armoniche comuni e pace.
Regolamento
1) Il concorso, aperto a scrittori, sceneggiatori e fotografi professionisti o amatoriali italiani e stranieri, senza limite di età, è suddiviso in quattro sezioni. Per tutte le sezioni sono ammessi e-book.
A) Sezione Poesia e Filastrocche a tema “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità”: è possibile partecipare alla sezione inviando singole poesie, filastrocche o raccolte poetiche o di filastrocche inedite o edite in italiano, vernacolo o lingua straniera (in questi ultimi due casi con traduzione allegata).  
B) Sezione Narrativa, Saggistica e Teatro o Sceneggiatura a tema “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità”: è possibile partecipare alla sezione inviando racconti, favole, romanzi, saggi, opere teatrali o sceneggiature che siano inediti o editi in lingua italiana o straniera (in quest’ultimo caso, allegare traduzione in italiano). N.B. Per quanto riguarda la Saggistica, si precisa che sono da intendersi ai fini del concorso libri sulla Natura e sull’Ambiente, sulla Paesaggistica, sulla Filosofia quantistica, sull’Archittetura Feng Shui, e sulla Medicina Alternativa in generale.
C) Sezione Narrativa, Saggistica, Teatro o Sceneggiatura a tema libero: è possibile partecipare alla sezione inviando racconti, favole, romanzi, saggi, opere teatrali o sceneggiature su qualsiasi tema che siano inediti o editi in lingua italiana o straniera (in quest’ultimo caso, allegare traduzione in italiano).
D) Sezione Fotografia con annesso pensiero poetico a tema “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità”: è possibile partecipare alla sezione inviando foto con allegato un pensiero poetico sulla Natura. Possibilità di partecipazione anche per i libri di fotografie editi o inediti, purché contenenti all’interno almeno una poesia o espressione letteraria. Il formato ammesso per le foto singole è di 13 cm x 18 cm, mentre le riproduzioni per i libri possono avere qualsiasi formato. Sezione aperta sia a fotografi professionisti che amatoriali, nonché a poeti con l’amore per l’arte fotografica.  N.B. Il pensiero poetico deve avere titolo obbligatorio. Nella fotografia oltre alla Natura, possono essere presenti anche animali o esseri umani o oggetti, purché in secondo piano rispetto ad essa.
Novità: verranno attribuiti anche un Premio Speciale alla Carriera ed un Premio Speciale Miglior Giovane Autore.
2) Si può partecipare ad una o a tutte e quattro le sezioni. Non c’è alcun limite di lunghezza per gli elaborati letterari.  La quota di partecipazione a copertura di spese di segreteria è di:
- 10 euro per UNA sezione (massimo 3 opere);
- 15 euro per DUE e TRE sezioni (rispettivamente massimo 6 e 9 opere);
- 20 euro per QUATTRO sezioni (massimo 12 opere),
- quota aggiuntiva di 5 euro SOLO per chi invia curriculum dettagliato per concorrere anche al Premio Speciale alla Carriera o Premio Speciale Miglior Giovane Autore.  
Per gli Autori che desiderino candidarsi al Premio alla Carriera, devono avere alle spalle almeno 15 anni di impegno artistico-culturale certificato. Il minimo d’età per candidarsi è di 45 anni. Per chi vuole candidarsi al Premio Speciale Miglior Giovane Autore come requisito fondamentale è avere minimo 16 anni d’età e massimo 28 anni. Presentare sempre un curriculum vitae o biografia per testimoniare il proprio amore per l’arte o operato già conseguito culturalmente.
Per candidatura anche ai Premi Speciali, si deve scrivere su un foglio da inserire nella busta chiusa più piccola con tutti i dati autori per l’adesione al concorso la seguente dichiarazione: “Io sottoscritto/a __________________________ aderisco anche al Premio Speciale _________________________ ed allego Curriculum vitae dettagliato o biografia.” ed apporre sotto firma in calce.
3) SCONTO QUOTA SPESE DI SEGRETERIA.
Se si partecipa a Quattro Sezioni (quota 20 euro), riduzione di 5 euro per studenti che dimostrino con autocertificazione allegata la frequenza dell’anno in corso, per autori ultrasettantenni e per i tesserati dell’Associazione Luce dell’Arte.  
4) La quota di partecipazione può essere versata nelle seguenti modalità:
- in contanti all’interno della busta chiusa contenente tutta la documentazione anagrafica per il concorso;
- tramite versamento su carta Postepay indicando le seguenti coordinate: numero carta: 5333 1710 4875 7252 beneficiario: Carmela Gabriele codice fiscale GBRCML77E71H926K. Il contributo richiesto per partecipazione al Concorso tramite ricarica postepay può essere effettuato in modo semplice presso sportelli di uffici postali e tabaccherie, e richiede a parte una minima spesa di commissione esclusa dalla quota di partecipazione, ossia 1 o 2 euro.
5) Per tutte le sezioni i lavori devono essere spediti OBBLIGATORIAMENTE pure per e- mail senza nome e cognome nel file (escluso opere edite) in formato doc, rtf o pdf a: [email protected] per il vaglio della Giuria esterna.
6) Per aderire al Concorso vanno inviate per le sezioni A, B, C e D in un plico 2 copie dell'opera o delle opere, delle quali una in anonimo e l'altra completa di tutti i dati personali dell’autore (nome, cognome, sezione a cui si aderisce, data e luogo di nascita, professione, indirizzo e residenza, numero di telefono e cellulare, e- mail, eventuale sito internet, firma in calce e dichiarazione dell’autore sull’utilizzo dei dati personali al fine della premiazione) inserita in una busta chiusa più piccola contenente: curriculum vitae dettagliato o breve biografia e quota di partecipazione in contanti o fotocopia del versamento poste pay effettuato.  In caso di autori minorenni, serve anche la firma di uno dei due genitori sull’autorizzazione all’utilizzo dati personali. N.B. Per le OPERE EDITE, in caso si sia in possesso di pochissime opere cartacee, è ammesso anche l’invio di Una Sola Copia Cartacea firmata in calce, anziché Due.
7) Le opere devono essere spedite a mezzo raccomandata entro e non oltre la data di scadenza 31 Marzo 2019 (farà fede il timbro postale) al seguente indirizzo:
Dr.ssa Carmela Gabriele, Presidente Ass. Luce dell’Arte, via dei gelsi, n. 5 – 00171, Roma, (Rm).
L'Associazione si esime da ogni responsabilità per il mancato arrivo per mezzo di posta prioritaria di alcuni elaborati o per gli eventuali ritardi di poste italiane.
8) Le opere non saranno restituite.
9) La Giuria, composta da membri interni ed esterni, valuterà tutti i lavori giunti e premierà i primi tre classificati, riservandosi il diritto di assegnare anche menzioni speciali ai più meritevoli.
Inoltre, sarà assegnato con votazione in estemporanea alla fine della premiazione dai giurati un premio a quella che sarà ritenuta la migliore opera sulla Natura tra tutte quelle premiate.  
10) Premi che verranno attribuiti:
1° Classificato: Grande Targa + Attestato di Merito;
2° Classificato: Grande Coppa + Attestato di Merito;
3° Classificato: Coppa o Trofeo + Attestato di Merito;
Premio della Critica (in totale quattro, ossia uno per sezione): Targa + Attestato di Merito;
Premio Speciale alla Carriera: Grande Coppa + Attestato di Merito;
Premio Speciale Miglior Giovane Autore: Grande Coppa + Attestato di Merito;
Miglior opera in assoluto sulla Natura: Targa + Attestato di Merito;
Menzione Speciale: Grande Medaglia + Attestato di Merito;
Eventuali Diplomi d’Onore.
11) I vincitori saranno contattati il prima possibile per telefono o per e-mail, al fine di consentire la loro presenza alla premiazione, che avverrà a Roma o in provincia di Roma orientativamente un sabato o una domenica entro la fine di Aprile o i primi di Maggio 2019. Sarà possibile per tutti consultare l’elenco vincitori, disponibile almeno 10 giorni prima della premiazione, sul sito www.lucedellarte.altervista.org. Per gli Autori partecipanti non vincitori che facciano richiesta specifica alla Segreteria dell’Ass. via e-mail, sarà inviato, dopo la cerimonia di premiazione, un Attestato di partecipazione in PDF per via telematica.
12) I premi vanno ritirati personalmente il giorno della premiazione, tramite delegato solamente se per grave impedimento fisico o inderogabile impegno di lavoro. In caso di assenza di Premiati in successione di classifica, a casa saranno spediti a loro spese gli Attestati di Merito ed eventuali medaglie.
Il sito dell'associazione da visitare è: www.lucedellarte.altervista.org
Siamo anche su Facebook alle seguenti pagine:
- Associazione culturale e teatrale Luce dell’Arte;
- Concorso “La voce della Natura: Armonia, Benessere e Spiritualità”.
A tutti consiglio di diffondere il seguente Bando per incrementare la partecipazione all'iniziativa culturale.
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