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#lutto lento
maquina-semiotica · 2 years
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Lutto Lento, "140 x 200"
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maidabazaar · 2 months
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belladecasa · 3 months
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Qual è la tua idea di amore?
Io sto cercando di dormire ti rendi conto? Che prendo due sonniferi diversi per dormire? E tu vuoi rovinarmi? Vuoi frantumare ulteriormente queste macerie? E allora ok per me va benissimo solo che non esiste UNA idea di amore o almeno non per me che ho solo tante idee contemporaneamente e che cambiano, si evolvo, si cancellano, si cristallizzano, si contraddicono, nel tempo ma anche nell’immediato: ho pensato che l’amore fosse fulmineo o non fosse, fosse il primo sguardo; poi ho pensato che fosse il lento conoscere qualcuno di cui ti potevi fidare veramente, dire ogni cosa di te anche la più sordida, anche se magari non ti faceva subito ribollire il ventre di stelle. Non sento le stelle? Non sono sulle stelle, quindi non amo? Non è detto. Io all’inizio Giorgio non lo amavo mica, amavo un altro, ma Giorgio era speciale quindi perché no? E sono finita dopo qualche mese a sentire dolore alle braccia quando non lo vedevo. Proprio il mio corpo non poteva sopportare la sua assenza. Non potevo stare sola e degiorgizzata (come direbbe Wallace). E mi ricordo che io e Giorgio ci amavamo tanto che certe volte ci fermavamo nelle piazzole di sosta per baciarci, quando ci fermavamo al semaforo ne approfittavamo per baciarci. O scopavamo così in giro perché ci amavamo troppo. E prima t’avrei detto che l’amore è questo, che tu solo per baciare qualcuno faresti di tutto, la più grande pazzia di cui sei capace oppure proprio piccoli gesti ridicoli, appunto fermarti in tutte le piazzole di sosta per limonare. È la voglia di morire se l’altro non ti ama più o non ti vuole, l’amore e la morte sono vicini, soffrire per l’amore è il sentimento più simile al soffrire il lutto, con l’aggravante di non poter avere quella persona per sua scelta. È un lutto e un suicidio. Ma è pure accomodante. Conosci il detto ogni scarrafone è bello a mamma sua? È accomodante perché puoi permetterti di essere debole, patetico, brutto, mediocre, ma hai vicino qualcuno che sempre ti vedrà bellissimo, divino, come una madre con il figlio, perché l’amore è idealizzazione. Lo avevo idealizzato, si sente dire spesso da chi parla per luoghi comuni, che sono sempre veri (anche qui mi aiuta Wallace) e infatti è vero ma non nell’accezione che si dà per scontata: non amavi davvero perché idealizzavi, no! Idealizzavi in quanto amavi. È semplice. E finisce nel momento in cui riporti a terra la persona che col tuo amore viveva tra gli dei.
Avrei forse fatto meglio a parlare direttamente con la letteratura quindi ti lascio lampo l’incipit di una delle mie poesie preferite che mi guida ad avere sempre voglia di amare di nuovo:
Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
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nusta · 3 months
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Oggi sono stata al cinema con una mia amica, abbiamo visto il nuovo film di Miyazaki, "Il ragazzo e l'airone", che nella versione originale si chiama "How do you live?" e forse il titolo così è più appropriato al film. È stato strano, perché è stato lento più di quanto siano già solitamente lenti alcuni film dello studio ghibli, ma è stato anche uno dei primi film che non mi hanno commosso come invece spesso mi succede, e nonostante la trama sia una di quelle che si presterebbero molto alla commozione, dato che parla di lutto e sofferenza e rinascita. Forse è anche perché non sono più abituata a vedere film al cinema e l'atmosfera è diversa, o forse era l'abbiocco post pranzo o forse semplicemente il ritmo di questo film è tale che una seconda visione è più godibile di una prima, quando ancora non sai cosa aspettarti e pensi che sta passando un sacco di tempo e ancora non è successo niente di particolarmente strano. Mi ha ricordato in molti momenti degli altri film di Miyazaki, il viaggio onirico de La città incantata, le porte su altri mondi de Il castello errante di Owl, la malattia e la fuga/smarrimento della famiglia de Il mio vicino Totoro, la distruzione della guerra di Si alza il vento. Ci sono anche  le vecchine e le creaturine e la natura che ci sono in tantissimi altri film di Miyazaki, sembrava proprio una citazione continua, ma forse è semplicemente il suo universo che è popolato di questi elementi e, una volta che li conosci, li riconosci inevitabilmente in ogni film.
Tornata a casa, dopo averne parlato un po' con la mia amica per condividere impressione e frustrazione, perché anche per lei a livello emotivo non ha avuto l'impatto che ci aspettavamo, ho cercato un po' di opinioni online e ho salvato qualche post di tumblr. A quanto pare, oltre alla lettura più immediata dell'elaborazione del lutto e della condizione di malattia, c'è una metafora generazionale e anche una estremamente personale di Miyazaki rispetto al suo mestiere e alla sua storia con il suo mentore. Alcuni la leggono anche verso l'altra direzione, con suo figlio. In ogni caso sono ancora più convinta che a una seconda visione piacerà di più anche a me. Commuovermi però non lo so, vedremo quando sarà il caso, credo sia proprio una questione di ritmi e di investimento emotivo nei personaggi, non so se questi sono riusciti ad entrarmi nel cuore con la stessa immediatezza degli altri che di solito sono raccontati nei suoi film e in generale nei film dello studio ghibli.
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ma-pi-ma · 1 year
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Rosa di macchia, che dall’irta rama ridi non vista a quella montanina, che stornellando passa e che ti chiama rosa canina;
se sottil mano i fiori tuoi non coglie, non ti dolere della tua fortuna: le invidïate rose centofoglie colgano a una a una:
al freddo sibilar del vento che l’arse foglie a una a una stacca, irto il rosaio dondolerà lento senza una bacca;
ma tu di bacche brillerai nel lutto del grigio inverno; al rifiorir dell’anno i fiori nuovi a qualche vizzo frutto sorrideranno:
e te, col tempo, stupirà cresciuta quella che all’alba svolta già leggiera col suo stornello, e risalirà muta, forse, una sera.
Giovanni Pascoli, Rosa di macchia
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Tutto ciò che non ho mai avuto
Ciao mi chiamo Sarah e sono tossicodipendente, sono nata 3 giorni dopo l'undici settembre, i miei hanno passato 2 giorni in ospedale, coccolandomi sotto la luce soffusa della tv, mentre guardavano le torri che cadevano più e più volte, finché il lutto non ha lasciato il posto al dolore. Non ho subito abusi fisici, non mi mancava l'acqua pulita, nessuna molestia da parenti, ma sono affetta da il disturbo ossessivo compulsivo e bipolarità, mi era stata diagnosticata all'età di 4 anni. Mia madre mi diceva "Sai tesoro, è il modo in cui il tuo cervello è programmato, e molte persone fantastiche hanno avuto la tua stessa patologia, per esempio, la sua preferita, Britney spears". Ricordo poco da i 8 e i 12 anni, solo che il mondo era troppo veloce per me, e il mio cervello era troppo lento, e ogni tanto se mi concentravo troppo nel mio modo in cui respiravo, morivo, finché ogni secondo di ogni giorno provavo a fuggire dalla mia ansia, e sinceramente sono piuttosto esausta cazzo. Ed ad un certo punto fai una scelta, se chi sei e cosa vuoi, mi drogavo di nascosto, a me piace quel istante in cui il mio cuore rallenta, e ogni volta che respiri, respiri tutto l'ossigeno che hai, tutto si ferma, il tuo cuore, i tuoi polmoni e alla fine il tuo cervello, tutto quello che senti è quello che desideri e vuoi dimenticare sprofonda, e all'improvviso gli dai di nuovo aria, gli dai di nuovo vita. Ricordo che la prima volta che mi è successo ero talmente spaventata che volevo andare in ospedale ed essre tenuta in vita dalle macchine e succo di mela, ma non volevo sembrare un idiota o rovinare la serata agli altri. E con il tempo era tutto quello che volevo, quei due secondi di nulla.
Ho passato gran parte dell'estate, prima del terzo anno a disintossicarmi, poco dopo tornai a casa da mia sorella Tabità e da mia madre Malika.
Era la fine dell'estate, una settimana all'inizio della scuola, non avevo intenzione di restare pulita e Jules si era trasferita in città.
Io andai da Mason, detto anche il mio spacciatore di fiducia, mi presi della 2ct2.
Jules si era trasferita poco dopo che sua madre e suo padre divorziarono, non le piace parlarne, ma per dare l'affidamento esclusivo al padre di casino c'era stato. Aveva passato 3 settimane ai corsi estivi con Brecia, che era stata bocciata in introduzioni alle arti visive, quindi le due fecero molta amicizia.
Io ero pena tornata a casa, e mia madre mi chiese subito dove ero finita, io le dissi che ero a cena ma lei non mi credette, quindi io me ne andai in camera mia e lei voleva farmi un cazzo di test anti droga, ovviamente non potevo fare io pipì, perché se no mia madre lo vede che mi sono drogata. Quindi prima di entrare a casa andai a casa della mia migliore amica pulita Luna e le chiesi "puoi pisciare dentro questo barattolino" lei chiede " perché?" Io le avevo spiegato che se mia madre mi scopre sono fottuta e quindi lei era andata a farla nel barattolino. Nel mentre ho parlato con la madre di Luna, lei era molto ubriaca, e vidi Abby che era sul divano con la madre. Io e Luna ci conosciamo da quando eravamo piccole, ma con il tempo ci siamo allontanate. Ehm rieccoci alla parte del test antidroga, nel mentre mia madre mi disse: " il tuo overdose era stato il momento più spaventoso che una madre potesse vivere, e Tabita che ti adora come nessun altro, ti ha trovato priva di sensi" So che molti di loro ora mi odiano per questo, e lo capisco, se potessi essere una persona diversa giuro che lo sarei, non perché lo voglio io, ma perché lo vogliono loro, è questa la fregatura. Il test risultò negativo e io chiesi a mia madre se potevo andare a casa di Luna quella notte, ovviamente non ero andata a casa di Luna, ma ero andata al party night di Jacob. Jules andò nel hotel di un tipo che aveva conosciuto su Tinder, per fare...avete capito, e con il senno di poi, era meglio che andava alla festa di Jacob.
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heartsbreath · 6 months
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“Il lutto è un dolore che macina lento; divora tutto il tempo che gli serve.
Il lutto ha un decorso irregolare, che procede a scatti, in direzioni imprevedibili.”
Long Litt Woon - La via del bosco
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foodwouldbenicetoo · 1 year
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Se non elaboro ancora il tuo lutto è perché ho il metabolismo lento Ma cosa somatizzo a fare se voglio ancora piangere Se nella notte mi sveglio con la mano al collo di un demone Che mi toglie il fiato, faccio resistenza, con il mio autocontrollo Con la mia pazienza, spero sia soltanto un altro sogno Con la forza che mi hai dato mi alzo e vado in bagno Prendo un bel respiro, per un po' l'accetto Poi riascolto del tuo cuore in petto Stringo negli occhi il ricordo in un mare di lacrime
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some-velvet-morning · 10 months
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incivilizadx · 1 year
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marcogagnoni · 12 days
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“Rosa di macchia, che dall’irta rama ridi non vista a quella montanina, che stornellando passa e che ti chiama rosa canina; se sottil mano i fiori tuoi non coglie, non ti dolere della tua fortuna: le invidïate rose centofoglie colgano a una a una: al freddo sibilar del vento che l’arse foglie a una a una stacca, irto il rosaio dondolerà lento senza una bacca; ma tu di bacche brillerai nel lutto del grigio inverno; al rifiorir dell’anno i fiori nuovi a qualche vizzo frutto sorrideranno: e te, col tempo, stupirà cresciuta quella che all’alba svolta già leggiera col suo stornello, e risalirà muta, forse, una sera.” Giovanni Pascoli
Photo by ©️ Marco Gagnoni
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sebastiandrogo · 5 months
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Agente patogeno
La vita si allunga
stende i piedi allarga le braccia
rotea la testa tira fuori la lingua
nel 2050 perché bisogna pensare
al 2050 non al 2024
saremo 5 milioni in meno
forse avremo più spazio per respirare
gli agenti patogeni che madre natura
ci avrà regalato o forse mangeremo la
solita mela col verme dentro
blocchi di carne avvolti in plastica per alimenti
un lento scivolare verso la notte dei tempi
un annichilire il bagaglio genetico
un ululare alla luna che si fa beffe di noi
che uriniamo su questa zolla di terra
come cani al guinzaglio alziamo la gamba
spruzziamo il nostro liquido giallo
ci grattiamo e abbaiamo ma senza costrutto
poi andiamo a dormire col nostro orsetto di pezza
prima però affiliamo la lama del coltello
poi andiamo a cozzare contro un'auto e ne
uccidiamo il conducente e non finiamo neppure
in prigione perché compriamo l'assenso dell'ufficiale
giudicante dei parenti in lutto di tutto il mondo
poi magari invadiamo un paese a caso
droni che bombardano case piene di civili
o inseguiamo tre ladri con la pistola in pugno
e li abbattiamo per legittima difesa
poi li prendiamo a calci e giustizia è fatta
poi devastiamo la barriera corallina per fare
un'olimpiade di surf o uccidiamo un gattino
per mero divertimento tanto bisogna pure
passare la giornata senza annoiarsi troppo
quindi andiamo a dormire e il nostro orsetto
di pezza ci guarda allibito e ci fa le smorfie
ci culla attraverso il buio nella terra incantata
dei sogni dove gli agenti patogeni trovano riposo
prima di ricominciare la mattina dopo.
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cerentari · 10 months
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Silenzio di Tahar Ben Jelloun
Tahar Ben Jelloun (1944) è uno scrittore, poeta e saggista marocchino, principalmente noto per i suoi scritti sull’immigrazione e il razzismo. In realtà c’erano diversi tipi di silenzi: quello della notte. Ci era necessario; . quello del compagno che ci lasciava piano; quello che osservavamo in segno di lutto; quello del sangue che circola lento; quello che ci ragguagliava sugli spostamenti…
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tananangel · 1 year
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.        ♡  ᴛʜɪꜱ ɪꜱ ʙʀᴀɴᴅᴏɴ'ꜱ ᴘᴇɴꜱɪᴇᴠᴇ           ㅤ06.01.2026       ⌵ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀           ㅤ⚠️: accenni a conseguenze di disturbi alimentari, morte ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀   Ci sono sere destinate a essere felici. Non in reazione a particolari eventi, no: questa, ad esempio, è soltanto una sera 𝘰𝘳𝘥𝘪𝘯𝘢𝘳𝘪𝘢. Non va mai sottovalutata l’ordinarietà delle cose, e Brandon lo ha capito fin troppo presto: aveva soltanto sette anni, dopotutto, quando ha imparato ad apprezzare i momenti placidi dopo la tempesta, la noia dopo il frastuono. Prima della morte di suo padre, del drammatico trambusto del funerale, del lutto, la staticità lo avrebbe infastidito al punto da fargli venire un prurito che si sarebbe esaurito soltanto creando 𝘤𝘢𝘴𝘪𝘯𝘰, divertente o disastroso che fosse. Non gli importava mica: bastava ci fosse 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘤𝘰𝘴𝘢 a riempirgli la testa, a causare fuori e dentro lui quei turbini d’aria che tanto lo facevano ridere. È ancora un po’ frastornato dal dolore di dicembre, mese bello tosto sia fisicamente che mentalmente, ma da un paio di settimane tutto sembra gradualmente tornato al rassicurante tedio – e questo basta a rendere stasera una di quelle sere di cui si parlava in precedenza, con un paio di calze della Befana colme di dolciumi da consumare e…   « Che film guardiamo, madre? » la sorpresa di un abbraccio alle spalle, la guancia sfregata contro la sua per poi sostituirla con un dolce bacetto, ché si sente addirittura più affettuoso del solito. La libera dalla stretta di un braccio solo, che allunga per recuperare due bicchieri dalla credenza sopra la sua testa. Per fortuna senza colpirla, 𝘧𝘪𝘶̀, anche se per qualche breve istante il rischio è stato davvero molto alto.   « Ah, » uno strano incipit, a detta del tassorosso. Magari l’ha sognato, magari non è mai esistito ed è stato miraggio causato da qualche strano suono dell’acqua che scorre, della spugnetta che sfrega via i residui di sporco dai piatti della cena. « Non ti devo accompagnare 𝘥𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘰 da Harriet? »   « Nope, stanotte è con Ire », spiega. Un altro bacio anticipa l’allontanamento in direzione del frigo, da dove prende una bottiglia di vino rosso già aperta. « Perché? Ti avevo detto che avresti dovuto portarmici? Scusa, spero non ti abbia rovinato altri piani. »   Zeta scuote la testa, sospira. Perché sospira? Che suo figlio - come la maggior parte dei ragazzini della sua età - beva alcolici è risaputo: lo ha sentito nelle sue canzoni, lo ha visto coi propri occhi. A che cosa è dovuto il suo turbamento, allora? Non riesce a capirlo, Brandon.   « Niente, è che mi sembra che tu stia passando 𝘵𝘳𝘰𝘱𝘱𝘰 tempo con lei: a scuola, fuori scuola. Sei stato tutte le vacanze con lei, praticamente. »   Ecco che cos’era! Una risatina divertita fa da sfondo al 𝘨𝘭𝘶𝘨𝘭𝘶 del liquido versato a riempire i calici, al tappo di nuovo avvitato.   « Non sapevo fossi gelosa di lei. Stai ammettendo che sono il tuo figlio preferito, quindi? »   « Una mamma non può avere preferenze, non ci provare » un indice puntatogli contro, un sorriso sereno che si spegne non appena torna a concentrarsi sul lavello, ultimo grande attrezzo da ripulire. « È che sono un po’ preoccupata per te, tutto qui. »   « Per me? In che senso? »   « Nel senso che » la risposta aleggia incompleta nella stanza, ché Zeta ha deciso di dover terminare di lucidare tutto l’acciaio prima d’approfondire. Di voltarsi a guardarlo, addirittura, e d’asciugarsi le mani sul grembiule colorato di blu egiziano. « Stai dando il cento per cento di te stesso in questa relazione e non so se va bene, Brandon. Dovresti prendere un po’ le distanze, andarci più lento. Non dico di lasciarla, non fraintendermi: Harriet mi piace molto, è una cara ragazza e ti vuole bene, ma… »  la fronte gli s’increspa tutta: ecco che di nuovo non la capisce. E se n’accorge pure lei, probabilmente, perché con una mano lo invita a sedersi. S’accomoda a sua volta, beve un sorso del vino riservatole. « Ascolta, non so come dirtelo in modo più delicato, quindi sarò piuttosto diretta: viste le sue condizioni gravi, potrebbero succedere cose al di fuori della vostra - della tua - portata che ti dilanierebbero il cuore al punto che correresti il rischio di non riprenderti più. Non voglio che ti accada questo. Capisco che tu abbia il desiderio di starle accanto, e 𝘥𝘦𝘷𝘪 farlo, ma devi anche trovare dei momenti da dedicare ad altre persone, altri interessi, te stesso. Se dovesse… »   « Se dovesse che cosa, 𝘮𝘢𝘮𝘮𝘢? » difficile nascondere il nervosismo, specialmente ora che i capelli cominciano a scompigliarsi per il vento che non riesce a gestire oltre. Nemmeno vuole nasconderlo, forse, ché l’impeto con cui posa il piedino di cristallo sul tavolo non lascia scampo a fraintendimenti: gli risulta impossibile mettersi suoi panni, per quanto ci stia provando con tutte le forze. « 𝘔𝘰𝘳𝘪𝘳𝘦? Intendi questo? »   « Non arrabbiarti. Mi dispiace essere così dura, non è un bel discorso neppure per me, ma sai che purtroppo è possibile che succeda e – io voglio solo proteggerti, Brandon, chiederti di tutelare anche te stesso mi sembra il minimo. »   La donna prova ad allungare una mano sulla sua, ma riceve soltanto un rapido rifiuto. La sedia che striscia con fastidioso rumore sul pavimento, suo figlio che s’alza e s’allontana di qualche passo da lei.   « 𝘗𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘰 𝘵𝘶. Proprio tu, tra tutti, dovresti essere quella che mi capisce di più: 𝙩𝙞 𝙚̀ 𝙢𝙤𝙧𝙩𝙤 𝙪𝙣 𝙘𝙖𝙯𝙯𝙤 𝙙𝙞 𝙢𝙖𝙧𝙞𝙩𝙤 » il tono di voce con cui le si rivolge è più alto e irrispettoso di quanto Zeta gli abbia mai concesso in passato, eppure non segue alcuna ramanzina, alcuna punizione. Soltanto silenzio. Il lunghissimo silenzio di due belve che si guardano negli occhi, che calcolano le possibilità di sopravvivenza per decidere se attaccare ancora, se preservarsi. Il ciabattare di Brandon lo riempie per pochi secondi, quelli necessari a spostarsi per poggiare il piede destro sul primo scalino da percorrere per tornarsene in camera. « Non mi interessa 𝘵𝘶𝘵𝘦𝘭𝘢𝘳𝘮𝘪, mi interessa poter stare con lei il più possibile » sussurra quasi, adesso: incredibile quanto pochi passi possano ribaltare una situazione, le condizioni di un animo che accantona la rabbia e lascia emergere le proprie ferite. « Se tu potessi tornare indietro nel tempo, non faresti di tutto per vivere anche un singolo momento in più con papà? Riflettici » e via, proprio come le lacrime che lo scortano lungo la risalita.
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roobertmuller · 1 year
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ca0s-lud1c0 · 1 year
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