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#metafore poeta
francesco-nigri · 1 year
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Lega Consumatori e Sindacato AssoCasa condividono la poesia di Francesco Nigri: decine di copie acquistate del libro IL SEGRETO DI EBE
Lega Consumatori e Sindacato AssoCasa condividono la poesia di Francesco Nigri: decine di copie acquistate del libro IL SEGRETO DI EBE Anni ed anni di stima ed amicizia con l’Avv. Massimiliano Uccelli, Presidente Onorario della Lega Consumatori Parma, che ha portato alla condivisone, anche con il Sindacato AssoCasa, del mio recente libro IL SEGRETO DI EBE. Decine di copie acquistate e donate ai…
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➡️➡️➡️ Quando gli aforismi ferroviari diventano troppo seri, è tempo di deragliare dalla tratta convenzionale. Appuntamento ogni martedì e giovedì per le migliori frasi sui treni integrate direttamente dal Supremo Macchinista. #frasi #poesie #saggezza #aforismi #citazioni #treni #treno #ferrovia #ferrovie #macchinista #poesia #poeta #viaggiare #leggere #pensieri #pensiero #metafore #vita #treno #treni #stazioni #passeggeri #viaggi #trasporto #locomotive #capostazione #frase #parole #citazioniitaliane #aforismadelgiorno #meme https://www.instagram.com/p/Cn2U9CroiUD/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lunamarish · 7 months
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Chi apre il periodo, lo chiuda. È pericoloso sporgersi dal capitolo. Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi. Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo. Chi tocca l’apostrofo muore. Abolito l’articolo, non si accettano reclami. La persona educata non sputa sul componimento. Non usare l’esclamativo dopo le 22. Non si risponde degli aggettivi incustoditi. Per gli anacoluti, servirsi del cestino. Tenere i soggetti al guinzaglio. Non calpestare le metafore. I punti di sospensione si pagano a parte. Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata. Per le rime rivolgersi al portiere. L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni. È vietato servirsi del sonetto durante le fermate. È vietato aprire le parentesi durante la corsa. Nulla è dovuto al poeta per il recapito.
Ennio Flaiano, L’uovo di Marx
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lapolani · 11 months
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“L’Infinito” di Giacomo Leopardi Idillio introdotto, letto e commentato da Lapo Lani
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Museo Casa Rurale di Carcente
Comune di San Siro (CO)
Sabato 1 luglio, ore 21:00
(In caso di maltempo la lettura verrà rinviata a sabato 8 luglio, ore 21:00)
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«Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso» [1]. Il linguaggio della poesia si muove attraverso l’immaginazione [2], esprimendosi con un linguaggio vago, incerto, indeterminato, servendosi di metafore, metonimie, paragoni, catacresi, figure di dizione. Il poeta fa fatica a esprimere la bellezza e la forza della natura, e non può farlo se non con parole quasi accidentali. Il 18 luglio del 1821, Leopardi scrive nei “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura” [3]: «Il principio delle cose, e Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo» [4]. Solo l’immaginazione, portando il pensiero dell’uomo verso l’indeterminato e l’infinito, dà conforto e sollievo. «Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggiamento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E così quello che veduto nella realtà delle cose, accora e uccide l’anima, veduto nell’imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio, apre il cuore e ravviva» [5]. Credere che le cose siano nulla, significa credere che il divenire, ovvero ciò che appare esistente, sia niente. Questo pensiero – fondamento del nichilismo, l’essenza della modernità – segna il confine più estremo mai raggiunto dalla filosofia dell’Occidente. Leopardi apre la strada che verrà percorsa dalla cultura contemporanea nell’ultimo suo atto. La scienza e la tecnica sono i due maggiori interpreti di questo orizzonte, in cui il divenire è un processo che esclude la relazione tra le cause e gli effetti degli accadimenti: ogni cosa nasce dal nulla e ritorna nel nulla. La tecnica ha come scopo l’incremento indefinito degli scopi, senza poterli prevedere né conoscere; la scienza procede con metodi statistici, probabilistici, considerando presunto e ipotetico l’evento che accadrà. In ambedue i casi si opera all’interno del concetto di soggettività, profondamente radicato nel pensiero moderno: il “sistema” [6] delle cose che noi conosciamo è la loro relazione, il loro co-esistere. Questa convinzione ha sostituito quella per cui il sistema delle cose che noi conosciamo è epistème [7], ovvero lo scenario in cui è possibile giudicare e conoscere le cose al di là del puro fatto reale. L’epistème è la conoscenza “vera” di ciò che sta sopra l’accadimento dei fatti. Per un lungo periodo l’oggetto dell’epistème si è chiamato Dio: quell’Essere immutabile ed eterno che comprende e giustifica il divenire, ed è “sempre salvo” dal nulla. Come scrive Leopardi, la modernità è l’era del disincanto, in cui la ragione, nella sua forma più radicale, mostra l’impossibilità di sperare: «Il tempo delle grandi illusioni è finito» [8]; «Questa vita è una carneficina senza immaginazione» [9]. Se l’indeterminatezza e l’incertezza sono, per natura, le maggiori fonti della felicità, la scienza, avendo definito i confini delle cose, avendo quindi oltrepassato l’indefinito, limita la speranza, le illusioni, la vita. La scienza distrugge l’indeterminatezza, quindi porta all’infelicità e alla noia. Questa è la vita nell’èra moderna, nell’èra della matematica: «Che piacere o felicità o conforto ci può somministrare il vero, cioè il nulla?». Poi Leopardi prosegue, con un tono tanto inquietante quanto profetico: «Le quali cose [la ragione e il pensiero matematico, che rendono evidente la nullità di tutte le cose] se ridurranno finalmente gli uomini a perder tutte le illusioni, e le dimenticanze, a perderle per sempre, ed avere davanti agli occhi continuamente e senza intervallo la pura e nuda verità, di questa razza umana non resteranno altro che le ossa, come di altri animali di cui si parlò nel secolo addietro. Tanto è possibile che l’uomo viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e fruttifichi. Sogni e visioni. A riparlarci di qui a cent’anni. Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento senza limiti. Ma se non torneremo indietro, i nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri» [10]. E ancora: «Si dice con ragione che al mondo si rappresenta una Commedia dove tutti gli uomini fanno la loro parte. Ma non era così nell’uomo in natura, perché le sue operazioni non avevano in vista gli spettatori e i circostanti, ma erano reali e vere» [11]. «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare» [12]; ovvero: «Sunt lacrimae rerum: et mentem mortalia tangunt» [13]. («Sono le lacrime delle cose, e le cose mortali toccano i cuori».) Lapo Lani Milano, febbraio 2023
Note: [1] Giacomo Leopardi, “Dialogo di Timandro e di Eleandro", scritto nel 1824. Il dialogo fu pubblicato come epilogo della 1ª edizione di "Operette morali"; editore Antonio Fortunato Stella, 1827. [2] Dal latino imaginatio -onis, forma di pensiero che, senza seguire regole predeterminate o nessi logici, si esprime attraverso l’elaborazione di immagini in grado di rappresentare una realtà affettiva. [3] “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, altrimenti conosciuto come “Zibaldone” o “Zibaldone di pensieri”, scritto da Giacomo Leopardi tra il 1817 e il 1832. La numerazione relativa ai pensieri citati, riportata tra parentesi a termine delle note di seguito elencate, fa riferimento all’edizione Feltrinelli del 2019: “Zibaldone di pensieri. Nuova edizione tematica condotta sugli indici leopardiani”. [4] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 18 luglio 1821 (1341,1). [5] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 4 ottobre 1820 (259,1). [6] La parola deriva dal greco ed è composta dalla preposizione sýn- (“con”, “insieme”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare insieme”. [7] La parola epistème deriva dal greco (ἐπιστήμη) ed è composta dalla preposizione epì- (“su”) e dal verbo histemi (“stare”); quindi “stare sopra”. L'epistème designa la conoscenza certa e incontrovertibile delle cause e degli effetti del divenire, ovvero quel sapere che intende porsi “al di sopra” di ogni possibilità di dubbio attorno alle ragioni degli accadimenti. [8] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, (83,3). [9] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 26 giugno 2020 (137,1). [10] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto tra il 18 e il 20 agosto del 1820. [11] Giacomo Leopardi, “Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura”, pensiero scritto il 21 agosto del 1820. [12] Giacomo Leopardi, epilogo dell’idillio “L’Infinito”, 1818-1819. [13] Virgilio, “Eneide”, Libro I, verso 465.
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Copertina: "L’infinito”.
Disegno di Lapo Lani, realizzato con colori acrilici su carta bianca, e successivamente elaborato con processi digitali. Dimensioni: cm 26x34. Anno: febbraio 2023. Collezione privata.
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thebeautycove · 7 months
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ETAT LIBRE D'ORANGE - SOUS LE PONT MIRABEAU - Eau de Parfum - Novità 2023 -
P+P what a terrific alchemy. Poems + Perfumes. Is there anything better than that to shake your S+S? Senses and Soul reply right away.
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Che stupefacente alchimia quando le fragranze scuotono la curiosità e sono ganci di riflessione su quanto si è appreso nella vita, soprattutto sui testi scolastici, sulle buone letture fatte nel tempo, su quanto certe esperienze si siano poi trasformate in una trama fitta di passione e condivisione.
Ritrovare Guillame Apollinaire in questa nuova fragranza di Etat Libre d'Orange - Sous le Pont Mirabeau - è stato come aprire un varco di luce nella memoria.
Apollinaire è uno dei grandi della poesia moderna, coniò il termine 'esprit nouveau' dando significato alle avanguardie artistiche francesi d'inizio 900.
La sua poesia multisensoriale vive nella sostanza del ricordo, affrancata dai confini del tempo, ne contrasta la forza dissipatrice per divenire incorruttibile.
Nei versi della sua celeberrima ‘Le Pont Mirabeau’, cui la fragranza si ispira, scorre la malinconia per un amore perduto, la nostalgia di un tempo che non conosce futuro e quella speranza violenta e timida che fu cara a Baudelaire.
E questa sensazione di fluire, del moto perpetuo e sincopato delle acque della Senna traspare da rigorosi accordi acquatici e minerali.
La sensazione in apertura è di freschezza acidula brumosa rubata alle luci dell'imbrunire, di sentori terrosi e metallici sostenuti dalla forza calma dei legni, sandalo e cedro.
Sono aromi sospesi e lenti, meditativi nel solenne evaporare dell'incenso, nel prolungato riverbero ozonato, rischiarati dagli accenti erbacei delle foglie di violetta, dalla poetica rima dell'ambra grigia.
E ancora, come a voler trattenere in circolo le sensazioni di attesa e speranza, riemergono i legni, più confortanti e magnetici nel loro levarsi dal fraseggio distensivo di vaniglia e muschi.
É indossare una poesia.
Creata da Mathieu Nardin.
Eau de Parfum 100 ml. In selezionati p.v.
©thebeautycove   @igbeautycove
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IL PONTE MIRABEAU Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna E i nostri amor Che io me ne sovvenga La gioia mai mancò dopo il dolor Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Le mani nelle mani restando faccia a faccia Lasciam che giù Sotto l’arcata delle nostre braccia D’eterni sguardi passi l’onda lassa Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora L’amore se ne va come va la corrente L’amore va Come la vita è lenta E come la Speranza è violenta Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Giornate e settimane il tempo corre Né più il passato Né più l’amore torna Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora
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Il ponte Mirabeau deve parte della sua fama a questa celeberrima poesia di Apollinaire. Costruito nel biennio1895/97 ha una struttura a tre arcate in acciaio e collega la riva sinistra del 15°arrondissement alla destra del 16°. Quattro imponenti sculture in bronzo, poste alla base dei pilastri di sostegno, rappresentano l'abbondanza, la navigazione, il commercio e la città di Parigi. E' uno dei ponti più romantici della Ville Lumière, da sempre cantato e celebrato da artisti e letterati.
Elogio in fragranza al poeta Guillaume Apollinaire, che coniò il termine “esprit nouveau” per rappresentare l’avanguardia dei tempi moderni. Apollinaire aveva in se la genialità dell'innovatore, fu un visionario nell'approcciare le nuove correnti artistiche e il primo a riconoscere la valenza della pittura metafisica.
Il ponte Mirabeau è una delle sue poesie più belle, tratta dalla raccolta Alcools del 1913, in cui l'autore applica ai versi i principi della pittura cubista, le liriche non servono uno schema, non presentano un soggetto ricorrente ma, soprattutto, sono libere e non costrette in spazi limitati dalla punteggiatura.
Il ponte ha per Apollinaire una profonda valenza simbolica, è metafora del sentimento amoroso, luogo che induce a riflettere su sentimenti e tempo. Malinconia e visione onirica si fondono palesando il tratto distintivo dello stile del poeta, la sua poesia non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, qui sta la sua straordinarietà.
C'è il riferimento alla Senna, all’acqua che scorre veloce come il tempo, alle cose smarrite in esso, all'amore perduto per la pittrice Marie Laurencin, il ricordo e la nostalgia, la consapevolezza di ciò che non potrà tornare, l' abisso di solitudine e malinconia. Tutto passa, la giovinezza e la felicità spazzate via per sempre e la citazione alla 'speranza violenta' di Baudelaire è più che appropriata, poichè la tristezza ha per lui lo stesso significato, di violenza e timidezza congiunte.
E se il tema del tempo è cruciale in quest'opera, la protagonista assoluta è la poesia stessa. Tutto ciò che resiste all’azione distruttrice e implacabile del tempo è il dono di queste parole. Il dolore della separazione viene lenito dalla bellezza, dallo splendore del verbo poetico, che possiede la stessa funzione salvifica della memoria.
©thebeautycove
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massimiliano-1926 · 1 year
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Crisalidi inverse, dipinte in bianco e nero.
Falena di luce che richiama nella sua rete a maglie larghe il dissoluto poeta.
Metafore auliche di una ricerca incontaminata di emozioni proibite.
Fantasie disturbanti di un animo puro che cerca redenzione ma si nutre di lussuria.
Florilegio di pensieri che rapiscono la mente e rendono la carne passione e tormento.
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susieporta · 2 years
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CANCRO
COME SEI, COME TI VEDONO (di Elena Cartotto)
L’esistenza per voi è sentimento; che sia amore, paura, gioia, dolore o rabbia l’importante è, come scrisse #LuigiPirandello, che ci sia “tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l’anima e il cuore”. Romantici, esegeti della lirica d’amore, cangianti come la Luna vostra Signora, piccoli quando fate i bimbi viziati e capricciosi, terribilmente grandi quando vi mettete in sintonia con l’anima del mondo, le emozioni vi sovrastano e le intuizioni vi guidano trasformando i vostri pensieri in romanzi avvincenti che catturano e affascinano i vostri interlocutori. Sensibili oltremisura, fuori misura, siete i custodi indefessi della vita che nasce, della storia in cui la stessa vita si manifesta; siete il Tempio del tempo che fu.Coriacei per necessaria difesa, a volte potete apparire duri, ma solo per tutelare il vostro intimo senso delle cose. Il vostro cervello come quello di #OrianaFallaci è nella pancia: perfino le vostre analisi più lucide e crude vibrano di suggestioni segrete che vi coinvolgono sempre in prima persona. Sentire viene prima di capire. Sentire le zone d’ombra, i silenzi, le sfumature dei colori, l’odore della pioggia. Sentire l’amore, il corpo, ma anche il dolore intenso di una delusione, di un abbandono, di un azzardo di felicità che dura un momento. Il poeta, diceva #FranzKafka, è sempre più piccolo e più debole della media degli uomini, ma proprio per questo sente più intensamente, con più forza degli altri, la pesantezza della sua presenza nel mondo. Poeti per nascita, per vocazione, per scelta, per destino, per mistica utopia, per incanto o sopravvivenza, poeti comunque, sempre, voi che sfuggite a tutte le definizioni dei grammatici, voi che avete un senso delle cose che straborda, inesorabile, dalla forma che lo vorrebbe contenere. Più facilmente incastrati nelle rime, nelle metafore, nelle allegorie, nel sentimento di quell’origine primordiale che sta prima di tutte le idee. Angosciati, problematizzati, talvolta alienati dalla realtà, ma calati in voi stessi, nell’introspezione di quell’universo interiore che vive di fine psicologia ed emozioni indicibili. Temete gli strappi, la lacerazione di quel velo di nebbia e zucchero che sembra ruotarvi sempre intorno, quasi fosse lì a proteggere i vostri segreti, il vostro animo tenace e immensamente delicato. Proteggere è una delle vostre parole chiave; che siate madri o figli, single o uomini d’affari, voi dovete proteggere gli altri dal mondo, e voi stessi dagli altri. Conoscete la forma dell’acqua, il suo fluire nel libero scorrere delle cose e la sua capacità di adattarsi al senso promiscuo della vita. Tutto sta nel capire che acqua siete voi, è qui che vi giocate il vostro destino. Siete come Santiago, il vecchio che lotta nel mare ruggente di #ErnestHemingway, o come #GiacomoLeopardi nel suo dolce naufragio all’infinito? In voi si riflette la storia millenaria del mondo, nei riverberi acuti della vostra sensibilità si intravvede il sentire più fragile e profondo che spacca, goccia dopo goccia, la logica dominante del più forte. Narratori di profonde inquietudini, vi aggrappate con forza alle sublimi note dell’esistenza alternando rabbia e tenerezza, convinti come #PabloNeruda che “Se niente ci salva dalla morte, che almeno l’amore ci salvi dalla vita”.
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patriziacavalleri · 2 years
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Scrivono metafore ardite, metri su metri e rime sopraffine, parabole di squillanti endecasillabi divinamente inutili. Scrivono di te, ma vorrebbero parlare di loro. Egocentrici, irreali, banali e immortali, innalzati o caduti, di terra, di cielo, di fuoco, puri o sporchi. Trasformano il fango in oro, l'anima in sangue. Sono Alceo, Menandro, Apollonio, Omero, Saffo, Catullo, Orazio, Ovidio, Ciullo, Guittone, Dante, Alessandro, Giacomo, Umberto, Alda, Eugenio, Pablo, Giovanni, Jacques, Salvatore, Giuseppe, Umberto, Paul, Walt, Emily, Vincenzo, Ugo, Sylvia, Pier Paolo, Wislawa, Ada, Federico… e quanti ancora da chiamare per nome come si fa con un padre, un fratello, un amico. Adotta un poeta. Tu non lo sai, ma non puoi fare a meno di lui.
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sguardimora · 4 months
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Nel dispositivo scenico di Tilia Auser per Tre Voci #GenerazioneScenario
Alcuni giorni fa, ospiti del Teatro Lavatoio di Santarcangelo, abbiamo assistito alla prova aperta di uno dei lavori menzionati dal Premio Scenario di quest’anno: si tratta di Tre Voci di Tilia Auser, studio scenico per un radiodramma in versi di Silvia Plath.
La poetessa scriveva Three Women quando aveva da poco dato alla luce il secondo figlio e si era appena separata dalla relazione con il poeta inglese Ted Hughs. Siamo nel 1962 e solo un anno dopo, a trent’anni si toglierà la vita. Questo testo rappresenta forse l'unico caso di cosciente ingresso nel filone della letteratura al femminile. Sganciandosi da una cultura letteraria di tradizione maschile, Plath sperimenta la letteratura delle madri e riesce così ad affrontare un tema tradizionale come quello della maternità in modo personale, liberandolo dal simbolismo positivo della fecondità femminile che fa emergere la cultura maschile, per sottolineare invece la trama di angosce e dolori che si mescolano con la gioia del dare la vita. È un “dramma per ciechi” quello che immagina la Plath, scrivendo questo radiodramma dentro al quale lei stessa si riconosce nelle sfaccettature di quelle tre voci.
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Tilia Auser sceglie allora una scena che ospita una figura femmine a dar voce e corpo alle tre donne del dramma, accompagnata e sostenuta dai suoni distorti di una chitarra elettrica, suonata da un’ombra maschile che incombe, a volte minuscola più spesso gigantesca, dietro un velatino. Le tre figure senza nome, che Plath immagina come tre maschere che portano ognuna un’idea della maternità, incarnate da Sara Bertolucci, si muovono delineando tre livelli sulla scena e tre differenti grammature di voce: c’è la donna feconda, la moglie che aspetta un bambino, che si muove in piedi a centro scena e parla chiaramente al microfono; la segretaria sterile che non riesce ad avere figli che striscia a terra e la cui voce si distorce negli effetti elettronici; e la donna ribelle, la studentessa universitaria che decide di partorire e non riconoscere la figlia che sta più spesso seduta e la cui voce è emessa da un registratore a mangianastri.
Non c’è il reparto di maternità del radiodramma; c’è piuttosto una sorta di serra, riconoscibile dai materiali utilizzati per la scena, ad ospitare il dramma delle tre donne che Plath descrive attraverso metafore naturali. 
PRIMA VOCE: Sono lenta come il mondo. Sono molto paziente, compio il mio ciclo, soli e stelle mi guardano con attenzione.
Sono muta e bruna. Sono un seme prossimo a spaccarsi.
SECONDA VOCE: Sono accusata. Sogno massacri. Sono un giardino di supplizi neri e rossi. Li bevo, odiandomi, odio e ho paura.
TERZA VOCE: Sono una montagna adesso, in mezzo a donne-montagna.
A dominare nei versi e nelle parole intonate da Sara sono “paradigmi naturali, corredati da immagini di fiori, piante ed uccelli, che costituiscono una delle principali nervature della narrazione. Essi si ramificano nell'abbondanza rigogliosa della gioia feconda nella 1a voce, si riducono numericamente nella seconda voce, rattrappendosi nel gelo di un inverno sterile per sopravvivere solo in minima parte nel rifiuto della 3a voce, diversificandosi, a seconda della prospettiva dei personaggi, in elementi di natura 'solare' o 'lunare'” (Russo, 1998).
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Pur condividendo questa scena scura e notturna le figure non si incontrano mai e Sara scivola nei panni dell’una e dell’altra senza soluzione di continuità, portando il groviglio emotivo di ognuna e tenendosi addosso l’ombra a tratti un po’ ingombrante della Plath stessa. È un teatro musicale contemporaneo quello che mette in scena Tilia Auser innescando un meccanismo lirico d’effetto che tesse sapientemente le parole dette e cantate, quelle distorte o registrate ed emesse da un vecchio mangianastri con le melodie post rock suonate dal vivo da  Riccardo Ferri Succimarra.
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[ph. Chris Mazzoncini]
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Rif.
Russo, C. (1998). La maschera a tre voci. Studi Urbinati, B-Scienze umane e sociali, 68, 403-435.
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cerentari · 5 months
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Una poesia di Maddalena Bergamin
Maddalena Bergamin è un’autrice veneta contemporanea, sue le raccolte di poesia Comunque la Pioggia (2007) e L’ultima volta in Italia (2017) Se il poeta deve scegliere le sue metafore,tu sei il rumore della pioggiasulle colline incessantesulla strada stretta tra i fossisulla strada larga dei bussul piccolo lago, sul fiume, sul campo.Che non finisce mai,e non credo che canti per me.Allora non…
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francesco-nigri · 1 year
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Francesco Nigri alla Fiera del Libro di Roma PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI
Francesco Nigri alla Fiera del Libro di Roma PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI
Francesco Nigri alla Fiera del Libro di Roma PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI Il poeta Francesco Nigri ha partecipato a dicembre, nell’ambito dell’EBE’s BOOK TOUR – il ciclo di presentazioni del suo recente libro di poesie d’amore IL SEGRETO DI EBE, Edizioni Albatros Il Filo -, alla Fiera del Libro di Roma PIÙ LIBRI PIÙ LIBERI. Nigri si è recato in visita allo Stand dell’Editore Albatros Il Filo ed ha…
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Chi apre il periodo lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l'avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l'apostrofo muore.
Abolito l'articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l'esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L'uso del dialetto è vietato ai minori dei 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta durante il recapito.
Ennio Flaiano, Grammatica essenziale (1959)
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ypsilonzeta1 · 1 year
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"La Grammatica Essenziale" - di Ennio Flaiano
(da Almanacco del Pesce d’Oro, 1960)
Chi apre il periodo, lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l’apostrofo muore.
Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l’esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta per il recapito.
Ennio Flaiano
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Poeti moderni italiani: il fascino della poesia del XXI secolo
La poesia italiana ha sempre avuto un ruolo importante nella cultura italiana, ma negli ultimi decenni i poeti moderni italiani hanno avuto un impatto significativo sulla scena letteraria italiana e internazionale. Questi poeti hanno sperimentato nuove forme poetiche e hanno affrontato temi contemporanei che riflettono la società moderna. Poeti moderni italiani: Sandro Penna Uno dei poeti più influenti degli ultimi anni è stato Sandro Penna. Nato a Perugia nel 1906, Penna ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, intitolata "Una strana gioia di vivere", nel 1939. La sua poesia è caratterizzata da un linguaggio semplice e diretto che esplora temi come l'amore, la morte e la solitudine. La sua poesia ha influenzato molti poeti italiani successivi. Quando è nato Franco Fortini? Un altro poeta moderno italiano importante è Franco Fortini. Nato a Firenze nel 1917, Fortini è stato uno scrittore prolifico che ha pubblicato numerose raccolte di poesie, libri di critica letteraria e saggi. La sua poesia è caratterizzata da una forte attenzione al linguaggio e alla forma, con una particolare attenzione alla precisione e alla costruzione della poesia. Fortini ha anche affrontato temi sociali e politici nelle sue poesie, riflettendo la sua posizione politica di sinistra. Eugenio Montale Un altro poeta moderno italiano che ha avuto un impatto significativo sulla scena letteraria italiana è stato Eugenio Montale. Nato a Genova nel 1896, Montale è stato uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo. La sua poesia è caratterizzata da un linguaggio ricco e complesso che esplora temi come l'amore, la natura e la morte. La sua poesia ha influenzato molti poeti italiani e internazionali successivi. Chi è Giuseppe Ungaretti? Un altro poeta moderno italiano importante è stato Giuseppe Ungaretti. Nato in Egitto nel 1888, Ungaretti si trasferì in Italia durante la prima guerra mondiale e iniziò a scrivere poesie. La sua poesia è caratterizzata da un uso innovativo del linguaggio e delle metafore, con una particolare attenzione alla sintassi e alla struttura della poesia. Ungaretti ha affrontato temi come la morte e la guerra nelle sue poesie. Pier Paolo Pasolini è uno dei più importanti poeti italiani moderni? Infine, un altro poeta moderno italiano che ha avuto un impatto significativo sulla scena letteraria italiana è stato Pier Paolo Pasolini. Nato a Bologna nel 1922, Pasolini è stato uno scrittore poliedrico che ha lavorato come poeta, scrittore, regista e attore. La sua poesia è caratterizzata da un uso innovativo della lingua italiana e da un forte impegno politico e sociale. La sua poesia ha influenzato molti poeti italiani e internazionali successivi. Foto di Mila del Monte da Pixabay Read the full article
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valeria-manzella · 1 year
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~Gesù il poeta di Nazaret usa qui il linguaggio bello delle metafore che sanno parlare all'esperienza di tutti~acqua, viva, sorgente~Lo sai, donna della brocca, la sorgente è più dell'acqua per la tua sete, è senza misura, senza calcolo, senza sforzo, senza fine, fiorisce nella gratuità e nell'eccedenza, dilaga oltre te e non fa distinzioni, scorre verso ogni bocca assetata~Ermes Ronchi~
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carmenvicinanza · 1 year
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Dolores Prato
https://www.unadonnalgiorno.it/dolores-prato/
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Nell’agone ho sempre vissuto, mai vincitrice, mai vinta, ma sempre resistente.
Dolores Prato è stata insegnante, scrittrice e poeta. Le circostanze della nascita, abbandonata dalla madre e con un padre sconosciuto, hanno sicuramente condizionato la sua vita, ha sempre avvertito la sua sorte tormentata come annunciata da un presagio di eccezionalità.
Voce fuori dal coro letterario e della cultura del Novecento, ha saputo raccontare la provincia italiana con delicata ruvidezza e sconcertante sincerità.
Nacque a Roma il 12 aprile 1892 dalla relazione extraconiugale di Maria Prato, vedova con cinque figli, con un avvocato calabrese che aveva un’altra famiglia.
Da neonata venne affidata prima a una balia e poi a un cugino della madre, un canonico che viveva con la sorella a Treia, un borgo in provincia di Macerata. Nel 1905 venne rinchiusa in un’educandato di suore di clausura. Si è sentita sempre inadeguata, non ha conosciuto il calore familiare e l’affetto che avrebbe meritato.
Laureata in lettere a Roma, nel 1919, ha insegnato in varie città italiane.
Nemica del fascismo e decisa a non prendere la tessera del partito, ha vissuto prima a Milano e poi a Roma, dal 1930, dove è rimasta per tutta la vita. Nei primi tempi insegnava all’Istituto Marymount ma a causa del suo cognome, ritenuto a torto di origine ebraica, venne costretta a lasciare la scuola e vivere in maniera precaria, collaborava con vari quotidiani, impartiva lezioni private prima di diventare assistente di una giovane con disabilità. Il suo appartamento fu un punto di ritrovo per intellettuali antifascisti.
Finita la guerra, scriveva articoli di cultura per Paese Sera e per Il Globo.
Non ha mai trovato un editore disposto a pubblicarla nonostante fosse segnalata in vari premi. Ha pubblicato a sue spese i primi due libri, nel 1963, Sangiocondo che aveva ottenuto una segnalazione speciale al Premio Prato nel 1948 col titolo Nel paese delle campane, e, nel 1965, Scottature, racconto lungo, che aveva vinto il Premio Nazionale Stradanova.
Aveva ricevuto dei premi anche per i suoi articoli giornalistici, senza mai ottenere particolare fortuna.
Soltanto nel 1980, ormai ottantasettenne, Einaudi ha pubblicato Giù la piazza non c’è nessuno, lunga narrazione autobiografica dedicata all’infanzia trascorsa a Treia a cui aveva lavorato incessantemente dal 1973, attingendo dal suo archivio personale di ricordi, memorie e documenti.
La versione, fortemente ridotta da Natalia Ginzburg, divenne un caso letterario forse anche per l’età avanzata della scrittrice considerata ‘esordiente’.
Il romanzo autobiografico, è la ricostruzione di un mondo e di anni perduti, la cronaca minuziosissima della vita quotidiana d’un piccolo paese italiano alla fine del diciannovesimo secolo. Lucidamente e impietosamente introspettivo, pungente e fluido, in cui risaltano metafore, stilemi e vocaboli insoliti, durezze improvvise, dialettalismi di grande carica evocativa.
L’autrice, però, fu scontenta di quell’edizione parziale e ha continuato a rivedere il testo che venne pubblicato per intero soltanto dopo la sua morte, grazie a Giorgio Zampa, saggista e germanista, editor di Eugenio Montale che ha curato anche l’edizione di Le ore, il seguito incompiuto di Giù la piazza non c’è nessuno.
Dolores Prato ha vissuto una vita di grande solitudine e precarietà in cui non ha mai smesso di scrivere. È diventata nota a quasi novant’anni, tre anni prima di spegnersi, il 13 luglio 1983 in una casa di riposo di Anzio.
Una parte consistente delle sue carte sono conservate all’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux di Firenze.
Ogni anno, il comune di Treia promuove un convegno sulla scrittrice che vi ha vissuto dai cinque ai diciotto anni.
Aveva la perentorietà, che poteva diventare asprezza, di chi non accetta le leggi usuali della vita – raccontava Zampa – i compromessi, le piccole e grandi viltà, aborriva le espressioni pietose, le parole di compassione. A 90 anni, quando potei frequentarla, era irriducubile, temeraria, esigentissima, avversa a ogni forma di prevaricazione (…) ma dolcissima in certi abbandoni che la facevano apparire senza età.
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