Rimozione o trascendenza?
‘La pratica del ‘chi sono io’ e di allontanare i pensieri psicologici non li spinge nell’inconscio, non potrebbe risultare in una rimozione?’
‘E c’eri Tu che mi mettevi nuovamente di fronte a me stesso e costringevi i miei occhi a guardare dentro me stesso affinché scoprissi e odiassi la mia malvagità’ (Sant’Agostino)
La risposta breve è no, perché la domanda ‘chi sono?’ (o ‘chi percepisce?’ o ‘chi sente?’) ha l’effetto di spingere l’attenzione indietro, cioè dentro, e non in avanti, o fuori, o su altri oggetti mentali. Torno ad usare lo stesso disegno usato più volte, scusandomi per la monotonia, ma se abbiamo bene in mente la direzione che deve prendere l’attenzione, è tutto più facile. Anche altri lettori mi avevano segnalato questo dubbio sul fatto che allontanare i pensieri psicologici potesse mandarli nell’inconscio a prescindere ma, in realtà, dipende da che parte siamo con l’attenzione.
Il concetto è che se ci spingiamo fuori o altrove con l’attenzione, i pensieri diventano subconsci (vedi C). Il che non vuol dire che ci sia davvero una rimozione, ma che rimangono a far rumore in sottofondo perché non sono ascoltati da noi. Rimangono ignorati (il termine psicologico ‘rimozione’ indica un tentativo maldestro di rimozione e non un’effettiva rimozione). Se, al contrario, siamo talmente dentro di noi con l’attenzione (vedi A), da superare i pensieri del tutto e vederli svanire, vuol dire che siamo divenuti pienamente consci. Quest’ultima è trascendenza e la prima è ‘rimozione’. Sono i due estremi opposti.
Ora, tra i due estremi c’è una via di mezzo, ed è quella che capita quando non riusciamo a fare un passo indietro tanto forte da trascendere i contenuti. Se siamo in questa posizione (vedi B), siamo a confronto con la nostra interiorità e dobbiamo imparare cosa vuol dire davvero ‘meditare’. Dobbiamo sviluppare la capacità di stare abbastanza indietro da poterla osservare senza rimanerci impigliati: se partecipiamo attivamente non stiamo meditando, se riusciamo ad essere distaccati ed osservarla, per quanto non sarà piacevole o pacifico come vorremmo, stiamo già meditando.
L’osservazione distaccata rende consci i contenuti e matura discernimento sulle loro dinamiche, favorendo un maggiore distacco, un ulteriore passo indietro, che ci aiuterà in futuro. Un meditante molto esperto, grazie ad un distacco già ben nutrito, può avere allora più successo e posizionarsi così bene dentro di sé da veder svanire tutto. Questo è lo scopo dell’atma vichara, del ‘chi sono io?’
Il chiedersi ‘chi pensa?’ ‘chi sta percependo?’ o ‘chi sono’ è un antichissimo ‘trucco’ per mettersi dalla parte giusta, dalla parte della consapevolezza. È un modo per fare l’essenziale passo indietro, che ci permette di conoscere noi stessi. Non è stato consigliato solo dal nostro Bhagavan Ramana Maharshi, ma anche da Socrate, era già presente nelle Upanishad, così com’è consigliato nel Buddhismo. A tal riguardo, citerei che nei commentari del Satipatthana Sutta (il sermone del Buddha sulla presenza mentale) “si fa notare che porsi la domanda “chi sente?” segna il passaggio dal semplice provare una sensazione al contemplarla”, e che “lo scopo di questa forma di investigazione è superare l’idea di un io che sente” (Bhikku Analayo)*.
È un’indagine attiva che scioglie l’ego perché lo smaschera. Per chi avesse il dubbio che questa pratica sia in via positiva e non in via negativa, rasserenatevi, è sicura ed è in via negativa. Non aggiunge niente, non è posta per trovare una risposta concettuale ma per posizionarsi nella consapevolezza e ‘per dissolvere colui che pone la domanda’ (Bhagavan Ramana). Ovviamente, c’è anche chi impara a fare questo passo indietro senza chiedersi nulla, gli basta solo il ricordo di praticare o di porre dentro l’attenzione. Se capite in cosa consiste la pratica, non c’è bisogno di chiedervi nulla. È utile invece per chi, ad oggi, non ha ancora capito come praticare, come andare dentro e conoscersi.
L’altra istruzione geniale di Bhagavan è quella di rimanere nel senso di ‘io’, in ciò che crediamo essere noi stessi, nel ‘pensiero io’. Un modo eccellente per stabilizzarci nel silenzio, sempre allo scopo di rimuovere, una volta per tutte, la radicata convinzione che ci sia un io individuale in noi. Se riusciamo a rimanere in noi così profondamente, stiamo praticando l’atma nishta, il ‘dimorare in sé’ per i non duali, il ‘samadhi’ degli yogi, il ‘dimorare indipendente’ dei Buddhisti, lo stato contemplativo dei mistici ecc.
Non vorrei però delineare tanto una differenza nella pratica, quanto nei risultati della pratica. Deve essere chiaro che è solo a seconda dell’esperienza e del discernimento del praticante che ci sarà differenza tra i risultati. A volte dipende anche dal momento che si sta vivendo, dalla sfida che stiamo affrontando. Se gli input sono troppo travolgenti possono destabilizzarci temporaneamente, anche se siamo già esperti praticanti. Non ci sconfortiamo mai! Nel caso che ci troviamo in mezzo alla mente, al corpo, alle sensazioni e ai pensieri, applicheremo la meditazione, se siamo così dentro da trascenderli sarà silenzio.
Il silenzio può esserci anche sin da subito, con dei picchi d’attenzione intensa, per brevi momenti, e poi, nel corso della pratica costante, si stabilizza sempre più; rendendo necessario un impegno sempre meno arduo per restarci. Ritornare nel pensiero sarà gradualmente meno penoso perché il distacco si stabilizzerà e non aggrappandoci a nulla non nascerà l’ego né il pensiero psicologico. Ci saranno pensieri ‘puliti’, semplici. Qualora vi ricapitasse di formare quelli psicologici, però, non vi abbattete e ricominciate! Capita a tutti noi!
Il punto essenziale è che bisogna aver pazienza e stare dentro di noi il più possibile, a prescindere dai risultati. Se ragioniamo così: ‘che caos dentro di me, non riesco a meditare’ e smettiamo, è un grave errore. Se ci offriamo al caos e lo studiamo, ce ne distacchiamo sempre più e sviluppiamo saggezza. Ed è lei la nostra salvezza. ‘È la verità che rende liberi, non il nostro sforzo di essere liberi’ (J.Krishnamurti). Restiamo dentro e impariamo!
D’altro canto, non dobbiamo fare neanche l’errore opposto: ‘c’è silenzio, sto mandando tutto nell’inconscio’. No, no, se stiamo dentro non c’è alcun errore. Restiamo il più possibile in quel silenzio, che è il nostro stato naturale. Non stiamo rimuovendo nulla ma trascendendo tutto. Se devo essere proprio sincera, questo è un dubbio teorico, non si pone se praticate davvero, perché la differenza tra la rimozione e la trascendenza è immensa e palpabile.
Chiarito questo, vorrei cogliere l’occasione per specificare che ciò di cui parliamo è ben diverso dal tentativo di manipolare l’inconscio volutamente, di sostituire i contenuti, di cui si sente parlare spesso oggi. Nonostante la sostituzione possa avere dei risultati psicologici, è un escamotage temporaneo, che non ha molto a che fare con la meditazione. Nella conoscenza di sé, si riconosce appieno la perfetta funzione naturale che il subconscio svolge, la si rispetta, la si onora e la si sfrutta.
In mancanza di comprensione delle dinamiche, l’inconscio si presenta come un meccanismo ripetitivo, questo a primo acchito può far sembrare l’inconscio stupido e manipolabile, mentre stupido è l’atteggiamento dei detentori dell’inconscio, di per sé perfetto.
Siamo noi ad essere più o meno consci e consapevoli, non l’inconscio. L’inconscio non è una ‘cosa’, è la nostra ignoranza su di noi. L’ignoranza presenta ciclicamente i suoi effetti, esterni ed interni, a causa della nostra ostinata noncuranza nel conoscere noi stessi. La cosa essenziale per superare una dinamica è capirla, conoscendola, e non sostituirla con un altro ‘contenuto’ o ‘messaggio’, più piacevole. La dinamica che si ripresenta non è casuale, è quella che ci serve! Spesso è proprio quella che ha mostrato, in passato, di avere il maggior potenziale di riportarci indietro e puntare l’attenzione dentro.
La funzione dell’inconscio è di tentare senza tregua di rendersi conscio, in un modo o nell’altro. Direi, letteralmente, a tutti i costi. Possiede un enorme potere proiettivo, sostituire o manipolare non è la scelta più saggia.
Anche se la dinamica che ripresenta non è piacevole, va conosciuta e, così, adempiendo al dovere che aveva di riportarci indietro, si scioglie. L’inconscio non è né un mostro stupido, né un mostro cattivo. La spiacevolezza dei contenuti è dovuta alla nostra negligenza a dar attenzione alle dinamiche penose, che vogliamo ‘ignorare’ e ‘sostituire’. Questo crea il destino sfavorevole dell’uomo, fa sì che la ‘via del dolore’, non obbligatoria di per sé, diventi la via prediletta dalla nostra specie e le conseguenze esterne di questo atteggiamento le vediamo sempre meglio. Per evitare la ‘via del dolore’, almeno in termini individuali, una volta sciolta una problematica, invece di ricominciare ad ignorare la nostra interiorità, dobbiamo continuare a conoscerla con sempre maggiore intensità, così da renderla pienamente conscia. E questo vuol dire diventare praticanti spirituali.
Solo così porteremo a compimento l’evoluzione interiore dell’uomo e il suo fine più alto. È più impegnativo ma porta alla sublimazione della psiche e alla scoperta di una pace profonda. Nel silenzio e nella vacuità, sede non del nulla ma dell’infinito potenziale, dissiperemo l’ignoranza definitivamente e porteremo in essere il meglio dell’uomo.
Vista in quest’ottica, l’unica ‘sostituzione’ veramente efficace è da cercarsi nella lettura degli insegnamenti dei veri saggi, che hanno un impatto profondo in noi e ci indicano la via da seguire.
Più ci conosciamo, più conosciamo la via, lo scopo e i funzionamenti della vita interiore ed esterna. Più progrediamo, meno saremo inclini a sostituire o a manipolare questo impeccabile dono di natura, che vuole portarci a fare il nostro dovere, per sbarazzarci una volta per tutte della violenza, della divisione e delle risposte più arretrate e malvagie della nostra specie.
Rileggete la citazione di Sant’Agostino adesso e gustate la sacralità e la perfezione di questo impeccabile dono. Comprendetene l’enorme potenziale creativo o distruttivo ed ‘usatelo’ con cautela, rispetto e gratitudine, per il bene vostro e dell’intera umanità.
Citazioni da ‘Satipatthana - Il cammino diretto’ (pag 190) di Bhikku Analayo, puoi scaricarlo gratuitamente qui
Leggi anche ‘La comprensione della mente’, puoi scaricarlo gratuitamente qui
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Melanoma e Rimozione Nei.
Post di @offflower
ciao a tutti, so che negli ultimi anni è aumentata l’attenzione e la prevenzione nei confronti del melanoma, ma è anche vero che tante persone si vergognano di farsi vedere nudi, questa è la mia storia e spero serva a farvi vincere un po’ dell’imbarazzo che coinvolge chiunque. A chi dovesse aver passato una storia simile: ti abbraccio con tutto il cuore. Se avete domande, vi risponderò sotto al post. Scusatemi per eventuali errori, per il linguaggio e i termini sbagliati e non inclusivi; se tra i commenti c’è qualche medico, studente di medicina mi corregga e dia info più precise e puntuali.
come è iniziato?
Avevo 21, era inverno, novembre credo e mi accorgo che dietro la coscia (nella zona sottostante il gluteo, per intenderci) perdo del sangue. pensavo potesse essere un pelo incarnito che avevo avuto nei giorni precedenti, o di essermi depilata male e vado avanti con la mia vita. Qualche mese dopo mi accorgo che questa crosticina continua ad esserci, proprio in corrispondenza di un neo e vado dal medico di famiglia, che mi visita ma mi dice che non c’è nulla di cui preoccuparsi e mi da una pomata per far guarire la crosticina e liberarmi del problema. La crosticina non scompare mai, anzi peggiora e qualche mese dopo torno dal medico, che mi prescrive la rimozione per evitare il continuo sfregamento con i jeans e evitare il degenerare della situazione, ma continua a rassicurarmi dicendomi che non è nulla. Rimandiamo la visita a qualche mese dopo, perché doveva farne un’altra mio padre a cui poteva seguire un’eventuale operazione, e a Ottobre del 2018 mia madre inizia a chiamare dermatologi che visitano privatamente, i tempi d’attesa anche privatamente sono lunghi, ma fortunatamente troviamo un posto per qualche settimana dopo (quel giorno avevo un lab importante in università e mi sono scapicollata letteralmente). Faccio la visita con la dermatologa, che dopo i convenevoli inizia a visitarmi: vede il neo e incomincia ad urlare ‘questo devi toglierlo prima di subito!’ e io, che ero scesa dalla mia città da fuorisede convinta di tornare la mattina dopo perché i tempi di attesa sono di solito lunghi, mi preoccupo di non avere manco un paio di mutande in più, se non uno di ricambio lasciato apposta a casa, inizio anche a lamentarmi che avevo l’università, i laboratori e il resto, la dermatologa mi dice che comunque posso studiare anche da seduta ma devo togliermi il neo. Inizialmente vuole farmi operare dal marito chirurgo, ma due giorni dopo mi chiama e mi dice di andare in un altro ospedale della zona, di pagare l’impegnativa per l’asportazione e l’esame istologico e di andare nel reparto di dermatologia oncologica. Il giorno successivo vado (dopo 3 giorni dalla visita, nemmeno 72 h dopo) e loro prima mi fanno delle foto, poi mi asportano chirurgicamente il nevo, ovvero tagliano in direzione parallela alla chiappa e mi levano un bel pezzo di carne. Chiedo se devo preoccuparmi e loro mi dicono di riprendermi dall’operazione e di aspettare l’istologico, e poi si vedrà. Aspetto le tre settimane con i punti, senza bagnare la ferita e poi vado a rimuovere i punti e ritirare l’istologico: non è pronto e il medico mi dice che non sa cosa scriverci, quindi chiedono un consulto esterno (in caso di dubbio si fa così: si chiedono 3 consulti esterni e la diagnosi è quella che vince la maggioranza): manderanno i vetrini a tre medici o ospedali
Il 2 gennaio mi chiama la professoressa che mi ha operato, dicendo che ha appena ricevuto il primo referto: è un melanoma, e data la diagnosi nefasta non possono aspettare gli altri referti, si deve procedere subito; mi convoca per il giorno successivo in ospedale e mi prescrive analisi del sangue, Tac, Ecografie e non ricordo cosa, in previsione di un esame chiamato 'Linfonodo Sentinella’. Faccio la TAC, che è l’esame più importante e non trovano metastasi (per fortuna) e poi mi fanno una scintigrafia (esame in cui ti iniettano un liquido radioattivo che serve a localizzare la regione di origine del tumore e quanto si è espanso eventualmente) e mi operano, rimuovono e analizzano un paio di linfonodi nella zona inguinale (che corrispondeva a quella più in prossimità a dove era nato il melanoma) e riallargano i margini operatori, ovvero riaprono e ripuliscono la zona dove hanno tolto il neo; ho un drenaggio per 10 giorni circa e i punti, ho difficoltà a sedermi sul cesso per pisciare perché ho i punti per tutta la larghezza della coscia e il drenaggio e i punti sulla parte anteriore della coscia. Il linfonodo sentinella risulta negativo e tiriamo un sospiro di sollievo. Inizia poi la fase chiamata prevenzione: per i primi anni devo fare controllo linfonodi con ecografia e visita dermatologica ogni 4 mesi circa, e una Tac di controllo una volta l’anno. Ad Aprile faccio la prima visita con il team della Dermatologia oncologica, che vede un nuovo neo troppo in prossimità al melanoma: lo rimuovono sempre chirurgicamente un mese dopo, questo è negativo. Un anno dopo dall’operazione al linfonodo tolgo anche un altro neo sulla spalla, che era displastico (primi segni di cambiamento). Tutt’ora faccio ancora le mie visite di controllo, le ecografie ai linfonodi e all’addome, la mia tac con mezzo di contrasto una volta l’anno (tipo revisione della macchina) e non ho più rimosso nei; per familiarità ne fanno una ogni sei mesi mamma, papà e fratello (non ho figli, ma altrimenti sarebbe toccato anche a loro). I miei genitori hanno rimosso un neo ciascuno, ma nulla di problematico.
Cos’è un melanoma?
Tumore maligno della pelle, ovvero che deve essere necessariamente rimosso perché potrebbe degenerare. Come si toglie un neo? So che ci sono due modi, il laser e l’escissione chirurgica. Il laser a me non lo hanno mai fatto, lo ha fatto mio zio ed è veloce e indolore; io ho sempre fatto l’escissione chirurgica, ovvero taglio e asportazione. Mi hanno sempre messo i punti (il primo taglio era lungo quasi tutta la coscia in larghezza), che non andavano medicati. Mi avevano raccomandato di non bagnare la ferita, quindi come facevo a lavarmi? Ovviamente mi lavavano perché sono una maniaca dell’igiene, ma la gamba non operata la lavavo nella vasca, mentre il resto del corpo lo bagnavo con un asciugamano da ospiti, mettevo la mousse detergente e la toglievo con un asciugamano imbevuto; non la cosa più semplice e veloce del mondo ma almeno mi lavavo ed ero pulita. Ovviamente no sport e sforzi per qualche settimana, ma per il resto potevo fare tutto. Fa male? No, vi operano in anestesia locale e non sentite nulla, al massimo un po' di dolore alla zona nei giorni successivi ma passa con un antidolorifico.
Come si riconosce un neo o nevo che potrebbe essere patologico? C’è la regola dell’ ABCDE, ovvero Asimmetria (se non è perfettamente tondo o ovale o la simmetria perfetta della forma che ha) Bordi (se sono frastagliati o irregolare o non uniformi), Colore (se non è uniforme o ci sono parti più chiare o scure) Dimensione (se cambia dimensione, cresce), Evoluzione (se cambia nel corso del tempo). Se ci sono tutte o alcune di queste caratteristiche, fatevi visitare. Come si svolge la visita dal dermatologo? Dopo i convenevoli, prima c’è l’anamnesi quindi se avete familiarità (ovvero parenti e casi mi famiglia di melanoma) e poi la visita vera e propria, dove vi dovete spogliare (si via il reggiseno e si rimane in mutande, che vengono scostate) e il dermatologo o la dermatologa valuterà i singoli nei, e li fotografa per valutare nel tempo la loro evoluzione. Non è doloroso, e nemmeno imbarazzante: il medico è li per visitarvi e siete dei pezzi di carne, vi guarda osserva e controlla i nei e il resto, la loro dimensione ma non quella del resto del corpo, al massimo vi dirà di mettere la crema idratante perché avete la pelle secca. Non imbarazzatevi, io sono molto pudica ma alla seconda visita avevo uno specializzando maschio che mi stava visitando le tette, ma è stato super professionale, tanto che mi sono sentita a mio agio perché sapevo che stava controllando quello che doveva controllare e non il resto. I dottori in genere vi spostano e vedono anche sotto le mutande: nessun imbarazzo, cercano solo nei e non vi stanno valutando i genitali. Anche se avete qualche pelo o ricrescita: non preoccupatevi, non ci fanno caso.
Perché è importante farsi visitare? Perché è sempre un tumore maligno, sebbene le metastasi non siano frequenti la possibilità c’è, quindi fatevi visitare anche se vedete un minimo cambiamento, magari non è nulla, ma se aspettate la situazione potrebbe peggiorare. E le cicatrici? Non so cosa dire a chi potrebbe farmi questa domanda, perché c’è a chi fanno schifo e disturbano in maniera tremenda (tipo una mia amica che mi diceva che si vedeva quella sulla spalla… zia, ce l’ho e amen) e chi se ne frega, nel mio caso impari a fregartene e dopo un po nemmeno ci fai caso. I medici prestano la massima attenzione possibile a ricucire in maniera più carina possibile esteticamente, poi dopo un po’ saranno meno evidenti perché schiariscono.
NOTA AGGIUNTIVA: io ho capelli rossi e pelle chiarissima, quindi la mia pelle è già di per se un fattore di rischio. ho sempre utilizzato quintali di protezione solare, per cui venivo anche presa in giro, eppure nonostante gli accorgimenti ci sono incappata lo stesso. voi per prevenzione mettete sempre spf alto e non scottatevi.
//Grazie @offflower per aver voluto condividere la tua preziosa esperienza. Con l'augurio che sia stato un solo caso isolato.//
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