Tumgik
#è veramente uno dei pochi con dei diritti
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"In questi giorni ci pensavo a chiudere qui. E' la chiusura perfetta di un cerchio, di un pezzo di vita, di carriera, di questo sono felice, orgoglioso. Oggi ho parlato coi ragazzi, ho ringraziato la società, il mister, i ragazzi che sono stati la mia famiglia, il mondo Juventus che mi ha fatto sentire a casa. Quando si prendono decisioni in comune accordo, in eleganza, perché si hanno visioni differenti, è una soddisfazione per me e per la Juventus. Quando si chiude un matrimonio, non si deve per forza litigare. Sono orgoglioso di questo. Mi porterò dentro quello che la Juventus e ogni ragazzo mi hanno trasmesso, sono cresciuto come uomo e come persona. Al netto dell'aspetto lavorativo, nella vita è la cosa più importante"
Federico Bernardeschi ♥️
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corallorosso · 2 years
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Signorini contro l’aborto, alla destra fa comodo avere un volto gay della tv dalla loro parte Lo chiamano “scivolone”, come se avesse sbagliato un congiuntivo. Quanto abbiamo sentito nell’ultima puntata del Grande Fratello Vip, invece, non è stata una leggerezza: “Noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma, anche quello dei cani non ci piace. Ma anche quello naturale non ci piace, non è una benedizione del cielo un aborto naturale, anche se è quello di un cane”. Innanzitutto, a chi verrebbe in mente di accostare un tema enorme come quello dell’aborto ai racconti divertiti su una cagnolina incinta? E quando dico “enorme”, bastano veramente due secondi per capire il peso sociale che porta con sé: dalle battaglie storiche delle femministe italiane che condussero alla legge 194/78, passando per la lotta all’obiezione di coscienza, fino alle denunce della corsa a ostacoli che è l’ivg oggi in alcune regioni. Cosa vuol dire “essere contrari”? Non esiste un mondo in cui l’aborto non c’è o non c’è stato. O si rinchiude ogni persona incinta fino al termine della gravidanza, oppure l’unico modo che abbiamo di controllarlo è garantirvi un accesso sicuro. “Siamo contro l’aborto”, perciò, significa che siamo a favore delle pratiche clandestine e pericolose, dei cocktail di medicinali cui si ricorre persə nel web. Pro-morte, perché è della vita delle donne che non vi interessa niente. Signorini si difende cinguettando sulla libertà di pensiero, sembra un copione già scritto. Ma il contesto non è né quello di una manifestazione di piazza, né quello di un salotto politico, in cui ognunə sta dicendo la sua. A quelli siamo abituatə e di uscite infelici sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza ne sentiamo a bizzeffe. Qui Signorini ha uno spazio da conduttore tutto suo, senza contraddittorio e, ignorando il grado di complessità richiesto, tira fuori un plurale concesso solo da un abuso del suo ruolo: “noi siamo contro l’aborto”. Giustamente, la bufera social parte proprio da qui: noi chi? A nome di chi sta sproloquiando? Se il contrattacco mediatico è stato così forte e immediato, un primo merito va a chi stava seguendo il programma in diretta e ha notato l’assurdità, alla faccia di chi categorizza il pubblico dei reality come un branco di lobotomizzatə. Quindi Signorini non può certo farsi portavoce dell’opinione del suo pubblico e, a giudicare dal comunicato rilasciato da Endemol, nemmeno di quella della società produttrice del GF Vip, che ha preso le distanze da quanto affermato. Chi invece le distanze le accorcia è Giorgia Meloni, che corre a dispensare la sua solidarietà… Che comodità dev’essere per le destre avere uno dei pochi volti gay dichiarati della tv italiana dalla propria parte! Fa comodo perché si possono dire cose bigotte e poi aggiungere “ma ho tanti amici gay!” per fare lə progressistə dell’ultima ora. D’altra parte, non è la prima volta che Signorini va a braccetto con chi ostacola i diritti delle donne e della comunità lgbtiq+: è passato meno di un anno da quando, sempre al GF, in una sola puntata affermò più e più volte che l’omosessualità è una scelta. Resta, dunque, l’elefante nella stanza: dopo anni di bodyshaming, molestie tra partecipanti nella casa, razzismo e abilismo: cosa sta facendo Mediaset – nel concreto – per fare in modo che al pubblico non arrivino questi messaggi? Rispondo io, visto che ci piace la libertà di opinione senza contraddittorio: nulla. Fa audience sui nostri corpi. Attenzione, però, al modo in cui scegliamo di partecipare alla polemica; molte persone in queste ore stanno scrivendo in vari modi che non si può parlare di aborto in tv, perché è un tema doloroso e una scelta difficilissima che non va banalizzata. Anche questo è generalizzare, corrisponde al coprire l’aborto di vergogna e peso morale. Ma non è così, non per tuttə. Come emerge dal prezioso lavoro di reti di supporto come “Ivg, ho abortito e sto benissimo” l’accesso all’aborto è spesso una scelta immediata, una liberazione, un sollievo. Ciò che a volte lo rende un calvario sono le difficoltà pratiche sui territori, lo scontro con obiettorə, la sufficienza con cui dagli ospedali si viene mandatə a casa senza aiuto. Diciamo che l’aborto è un tema complesso, ampio, sfaccettato, ma non usiamo la parola “doloroso” se non ne stiamo parlando in prima persona. Signorini è contrario all’aborto? E allora non abortisca, di grazia. Invece noi – noi chi? – continuiamo a decidere come vogliamo, perché l’aborto è tante cose per chi lo vive, ma prima di tutto è un diritto! Eliana Cocca
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ninocom5786 · 3 years
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Io mi rendo quanto sia tossico il mondo dei social network. Molti scambiano la vita da social con la vita reale e sociale in base a ciò che posti e ciò che dici, altri lo fanno "per gioco" mettere alla gogna una persona fragile e che soffre di problemi vari, altri ancora ti rimproverano per ciò che pensi e ciò che pubblichi sul profilo dal punto di vista politico, etico e sociale, e via dicendo.
È veramente nauseante e perlopiù inaccettabile farti sentire dire di persona di avere un profilo troppo politico, troppo sentimentale, bla bla bla. Adesso con la pandemia da COVID-19 non puoi nemmeno obiettare o dissentire sull'efficacia dei vaccini, sull'operato del Comitato tecnico scientifico, sulle misure di contenimento messe in atto dal governo, sulla comunità europea, sulla comunità internazionale, ecc.
No cari miei, le vostre etichettature contro chi dissente e chi obietta su queste determinate cose non fa di voi dei progressisti, fa di voi degli esseri reazionari e autoritari, utilizzate gli stessi metodi dei fascisti, dei populisti e dei qualunquisti.
Ad esempio, se io dico che i vaccini fatti dalle multinazionali sono poco efficaci e causano non pochi problemi di salute e che le varianti del Covid sono meno potenti, vengo preso per complottista. E questo non è accettabile, non la ritengo una critica ma una stupidità.
La morbosità sui diritti umani e civili, sui vaccini e sulla scienza rende le persone poco coscienti, senza uno spirito critico. Questa morbosità e questa ossessione creano un vero e proprio pericolo per chi è realmente cosciente, creano un clima di repressione e di autoritarismo.
Questo vi mette alla pari degli haters razzisti, omofobi e sessisti.
E pensate che la Tv, i quotidiani e certi canali di informazione alternativa e indipendente vi dicano la realtà e smentiscano i novax, i nomask, gli antiabortisti e i complottisti? Assolutamente No!
Quel che vi fanno dire nelle Tv, nei quotidiani e persino nei social, è il contrario di tutto. Da quando è scoppiata la pandemia, hanno messo in moto un incredibile lavaggio del cervello di massa per farvi mostrare ciò che di scientifico non è, come i lockdown e il coprifuoco. Hanno creato un clima di discriminazione contro chi non segue le regole per motivi sociali, chi non può permettersi di avere delle cure a casa, di accedere alle strutture sanitarie, di avere una casa, di avere da mangiare.
Hanno fatto tutta l'erba in un fascio, hanno fatto lo scaricabarile a chiunque.
Io di questa morbosità per il pseudo progressismo ne ho abbastanza. Tutti a dire di essere acculturati, intelligenti e coscienti senza nemmeno fare delle giuste distinzioni e delle giuste critiche. Tutti a colorarsi di arcobaleno e di essere solidali, ma veramente che per essere intelligenti, acculturati e coscienti bisogna avere al massimo uno o più titoli di studio? E dite che chi non la pensa come voi è un ignorante o un analfabeta funzionale? No, miei cari. State sbagliando tutto!
Il politicamente corretto vi ha totalmente corrotto. Ci sono personaggi che possono essere discutibili per ciò che dicono ma che in parte hanno ragione. Ci sono persone che, pur non avendo qualche titolo di studio, possono sviluppare un senso critico molto apprezzabile. Ci sono "analfabeti" che sanno più cose più di voi.
Essere delle persone intelligenti e coscienti non si misura con un semplice pezzo di carta, si misura in base a ciò che si pensa e ciò che si dice. E io non mi faccio a gara chi la dura la vince. Io non sono sempre imparziale su certe cose perché in certi casi una posizione si deve prendere. Non do lezioni a nessuno, non voglio fare la morale né tanto meno l'etica.
Quel che conta è essere consapevoli e coscienti non solo sui social, anche al di fuori.
I social sono diventati una piazza pubblica per gli estremisti del progressismo e dei diritti umani e civili da un lato, del moralismo e del bigottismo dall'altro lato.
I social li uso per dire una mia, non per allinearmi a un pensiero politico, economico e sociale a senso unico o seguire qualche catena.
I social - per l'ennesima volta - non rappresentano sempre la vita reale e sociale delle persone.
Questa tossicità, questa morbosità e questa ossessione deve assolutamente FINIRE!
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gloriabourne · 3 years
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Non hai capito il nocciolo della questione. Certo che può allearsi, ma quello di fedez è lo stesso comportamento dei cosiddetti White Saviours, che con la scusa di appoggiare il movimento Black Lives Matter finiscono per scavalcare le stesse persone nere e a far sì che siano i bianchi, ancora una volta, sempre un passo avanti a loro, a far parlare di sé. 'Alleato' vuol dire un passo indietro, o al massimo, 'accanto' alle persone direttamente coinvolte. Non vuol dire diventare idolo delle folle.
Ovvio che abbia il diritto di dire quello che vuole, nei giusti contesti, ma dall'esprimere le sue - giustissime - opinioni, a diventare improvvisamente martire e paladino di una causa che non lo tocca neanche direttamente, non è rispettoso nei confronti di chi queste battaglie le porta avanti da anni, e che ha subito davvero censura, e ha rischiato, e ha sofferto. Lui non è nessuna di queste cose. E non mi sento affatto rappresentata da lui, io come tantissimi altri, capisci che voglio dire?
Maturazione, dici? Tutte frasi fatte, le sue, dette palesemente per convenienza, o per moda. Sai chi sono le persone veramente coraggiose? Quelle che oggi come in tempi non sospetti prima di potersi baciare o stringere la mano con il proprio partner dello stesso sesso devono guardarsi intorno dieci volte, perché corrono il rischio reale di essere aggrediti. Non uno che si sente un illuminato per il semplice fatto d'aver ribadito delle assolute ovvietà (tipo far giocare un bimbo con una bambola).
E che concezione hai tu dei leoni da tastiera? Credevo che fossero quelli che insultassero chiunque a vanvera indistintamente, non chi osa sbattere in faccia l'altro lato dei fatti, che la massa non riesce a distinguere perché ha i prosciutti sugli occhi. Risultato? ecco, proprio quello a cui ambiva fedez: lui al centro dell'attenzione, martire poverello, e io - persona gay, invisibile - liquidata così e definita una semplice leone da tastiera. Bravissimi tutti, complimenti!
Quando dici 'volete rompere i coglioni e basta', sappi che stai offendendo i tuoi compagni della community LGBT, di cui tu stessa hai ammesso di far parte. Sarà che sei una newcomer ma, boh, dalle mie parti le persone LGBT si sostengono a vicenda, non vengono definiti rompicoglioni, sai? Cosa credi, che io sia veramente l'unica scema a vedere il marcio nel caso Fedez, o forse che c'è un motivo più che valido se siamo in tantissimi (e per fortuna direi)? 😂
Ma poi vorrei capire: la mia faccia non la vedrai mica mai, quindi se negli ask che ti arrivano c'è scritto che il mittente è Anonimo anziché pincopallino93, ti cambia veramente qualcosa? O ne fai una mezza scusa per rendere meno valide le mie ragioni? Il tuo blog è impostato per ricevere domande in anonimo, quindi perché non dovrei usufruirne? Ti sto parlando sì animatamente, ma pur sempre civilmente, a differenza dei leoni da tastiera senza cervello a cui ti riferisci.
Concludo ponendomi una legittima domanda che rivolgo anche a te se vorrai darci la tua opinione: quindi la morale della favola è che, siccome io sono e sarò per sempre povera e invisibile, in futuro dovrò persino ringraziare Fedez per essersi esposto per far approvare il DDL Zan? ... Oddio che cieca sono stata, ma grazie fedez, paladino della giustizia sociale, che hai dato voce a me a cui non verrà mai dato diritto di parlare perché non sono una influencer. Ti sono debitore a vita 😂😂😂
----------------------------------------------------------Hai scritto un sacco di cose quindi andrò per punti per evitare di dimenticare qualcosa.
1) Nessuno dice che bisogna fare diventare Fedez l'idolo delle folle. Idolatrare una persona è sbagliato in qualsiasi caso, per quanto mi riguarda. Ma questo non è un problema di Fedez, è un problema di chi lo pone su un piedistallo. A me non risulta di averlo farlo.
Ho semplicemente detto di essere d'accordo con lui e di aver apprezzato molto il suo intervento, cosa di cui secondo me l'Italia aveva bisogno perché lui, in quanto influencer, ha sicuramente più probabilità di farsi ascoltare. Questo non significa farlo diventare un idolo, ma anche se fosse sicuramente il problema non sarebbe di Fedez ma di chi lo idolatra, quindi esattamente perché te la prendi con lui quando invece dovresti prendertela con chi lo tratta come un dio sceso in terra?
Poi che non ti senti rappresentata da lui va benissimo, ma da qua a dire che non ha il diritto di dire certe cose (perché questo hai detto negli ask precedenti) c'è un po' di differenza.
2) Maturazione, sì. Non si tratta di frasi fatte. Poi se tu vuoi credere che siano cose dette per moda, problemi tuoi. Capisci che però c'è un problema di fondo nel tuo modo di ragionare?
Se tu pensi che Fedez - in questo caso - abbia detto determinate cose per moda e non perché le pensa davvero stai in un certo senso sminuendo dei diritti che in teoria per te dovrebbero essere importanti, se addirittura arrivi a pensare che la gente ne parli per moda e non perché ci crede sul serio.
E, tra le altre cose, perché mi fai la morale sull'essere coraggiosi? Non ho mai detto che Fedez è stato coraggioso a fare quell'intervento. Ho semplicemente detto che lui, a differenza di una persona comune, poteva permettersi di farlo perché prima di tutto sarebbe stato ascoltato molto di più e soprattutto perché se qualcuno lo trascina in tribunale può permettersi di pagare le spese legali. Non ho mai parlato di coraggio, ho parlato semplicemente del potersi permettere di fare un discorso del genere in diretta nazionale.
3) La mia concezione dei leoni da tastiera è più o meno quella che hai detto tu: persone che, attraverso uno schermo, insultano gli altri sentendosi grandi e potenti solo perché hanno uno schermo che li protegge. E tu esattamente cosa hai fatto prima? Hai definito Fedez rivoltante, Chiara Ferragni un'ochetta (se non erro)... Questo non è insultare? Senza motivo poi, perché bastava dire che non ti era piaciuto il suo intervento e spiegare perché senza cadere nella banalità di insultare le persone solo perché non ti piacciono.
E non giocarti la carta del vittimismo con la frase: "lui al centro dell'attenzione e io liquidata e definita leone da tastiera", perché obiettivamente è la verità. Ovvio che lui sta al centro dell'attenzione, stiamo parlando di un influencer! E tu non è che sei invisibile perché sei gay, ma lo sei perché sei una persona comune! E sì, ti ho definita leone da tastiera perché è ciò che penso delle persone che insultano senza motivo gli altri.
Anche perché hai ammesso che il problema non era tanto il discorso di Fedez quanto il fatto che fosse stato idolatrato dalla massa... E hai ragione su questo, ma allora prenditela con la massa!
4) Non ti azzardare a dire che non posso dire alla gente di non rompere i coglioni perché devo sostenere la comunità. Io le persone della comunità LGBT+ le sostengo, lo facevo anche prima di rendermi conto di farne parte, ma sostenere non significa lasciar passare tutto.
Se un determinato atteggiamento mi rompe le palle e mi fa perdere le staffe, a me non frega nulla che si tratti di una persona gay, bi, pan, etero, o qualsiasi altro orientamento, non frega nulla che faccia parte della comunità o meno. Sostenere le persone della comunità non vuole giustificare ogni cosa perché si tratta comunque di esseri umani e come tali sbagliano e come tali possono dire e fare cose con cui non mi trovo d'accordo, come quelle dette da te. E se non sono d'accordo lo dico, anche con modi bruschi perché è il mio carattere. Non è che solo perché siamo parte della stessa comunità allora devo stare zitta e farmi andare bene tutto perché devo sostenerti.
E il fatto che io sia una newcomer non cambia le cose. Però grazie per aver rimarcato il fatto che io in questa situazione ci sia dentro da meno tempo di te, da sola non ci sarei mai arrivata!
5) Premetto che il mio blog non è impostato per ricevere domande in anonimo. È impostato per ricevere domande, punto. Purtroppo se tolgo l'opzione impedisco l'arrivo di qualsiasi domanda, non solo le anonime.
Detto ciò, non sono le domande in anonimo in sé a turbarmi. Sono le domande in anonimo fatte in un certo modo. E ti spiego subito il perché.
Se una persona mi parla scattando come un cane a cui hanno pestato la coda, io scatto a mia volta. Sono fatta così, non dico di essere fatta bene, ma è il mio carattere. Il punto è che io, rispondendo con il mio nickname (e non solo, perché chi mi segue qui tende a seguirmi anche su altri social in cui ci metto la faccia quindi tutti sanno chi sono) mi espongo, mentre l'altra persona - in questo caso tu - resta nascosta dietro l'anonimo, che funge da scudo.
In pratica in una discussione, tu ne esci pulita perché ti sei nascosta dietro l'anonimo, mentre io sono quella brutta e cattiva che risponde male. Non che mi freghi qualcosa del passare per brutta e cattiva, ma non vedo perché sta figura me la devo fare solo io quando siamo in due.
6) Non ho mai detto che dovremo ringraziare Fedez nel caso in cui il ddl Zan venga approvato. Ho semplicemente detto che Fedez si esposto in merito a questa questione e che, per quel che ne so, è stato l'unico personaggio famoso a esporsi così tanto. O meglio, in tanti a modo loro si sono esposti, ma lui lo ha fatto più di altri per quello che ho potuto vedere.
Questo non significa doverlo ringraziare, significa semplicemente riconoscere che ha portato sotto i riflettori una questione che altrimenti forse in pochi conoscerebbero.
Molti ddl o proposte di legge arrivano agli occhi delle persone comuni tramite i social o tramite "propaganda" da parte di influencer o personaggi famosi. Può essere vista come una cosa giusta o sbagliata, non mi interessa e non sono qua per parlare di questo, ma è quello che succede. Ed è un dato di fatto che molte persone si siano informate sul ddl Zan perché Fedez ne ha parlato. E qua si torna al punto di partenza: Fedez ha una voce più "grossa" di quella che posso avere io o di quella che puoi avere tu, per il semplice fatto che è un personaggio pubblico seguito da tantissime persone.
Quindi nessuno dice che in futuro bisognerà ringraziarlo, ma riconosciamo che almeno in parte è stato lui a portare l'attenzione - soprattutto delle persone che non sono toccate direttamente dal ddl Zan - su questo argomento.
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garkissimo · 4 years
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So chi sei e perché l’hai fatto
Finalmente un fine settimana ricchissimo, quello appena trascorso sui migliori canali della tivvù: alla tanto attesa seconda puntata del coming out dell’ormai eroe nazionale dei diritti LGBT ospite a Verissimo segue a sorpresa su La7 un approfondimento da inchiesta graffiante sull’AresGate con Giletti che intervista addirittura Tarallo in persona, altrimenti noto come Lucifero, praticamente estraneo a ogni apparizione tv. Un polittico che contrappone da una parte un nuovo Garko, loquace, prolisso e spesso tendente alle lacrime e dall’altro l’affermato produttore, pacato, dai toni misurati, che però sul finale ricordano quelli della malavita organizzata. 
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Ma andiamo con ordine.
L’intervista a Garko è una discreta palla che un po’ ho pure dormito un quasi monologo ricco di sfumature. A differenza delle precedenti ospitate che ci offrivano un divo misterioso e sfuggente dai mille segreti, qui sviscera con riflessioni e digressioni ogni punto, facendo riferimento anche al suo percorso psicanalitico, di fronte a una Toffanin (distante sei metri come da normativa) che per gran parte dell’intervista se ne resta in silenzio, con una espressione permanente sul volto da “esticazzi” ma che sembra direi anche “fossero tutti questi i problemi Gabriè”. Mentre lui, pur ricordando a ogni piè sospinto che non intende fare la vittima, narra delle sue sofferenze e dei suoi dolori di un percorso che alla fine regala pochi scoop. La storia di mamma e papà che hanno sempre saputo, la negazione per poter lavorare nel settore, i paparazzi ovunque, il rapporto con Eva Grimaldi, Adua con la quale a malapena si incontravano, la sua riservatezza intrinseca e, severo ma giusto, una battuta di profondo sdegno e di buonsenso contro chi nei giorni scorsi lo ha accusato di aver ricevuto cachet stellari per il suo coming out, che alla fine a ogni ospitata televisiva sossoldi e non si capisce perchè queste ultime due debbano fare eccezione (Selvaggia Lucarelli, per caso vai a fare ballando con le stelle a gratis? Eh??). 
A un certo punto la Toffanin (che per lo più pare davvero disinteressarsi dell’andamento dell’intervista) interviene con toni sobri: “Sì va bene ma tu hai mai avuto degli amori tuoi? O hai del tutto ucciso te stesso?”. Segue emozione di Garko, un sorso d’acqua dal bicchiere, silenzio, turbamento, lacrime, Garko invoca la pubblicità, lo sa che ora può parlare ma non ce la fa, è più forte di lui. Mentre lei hai ripreso la sua posizione da sfinge e se ne sbatte. Qualcosa di più esce, un fidanzato di 11 anni che finge di essere solo un amico e di abitare in un altro luogo anche agli occhi della governante di casa Garko (giuro, dice veramente governante), la storia con Gabriele Rossi che ora è finita e una storia che sta muovendo i suoi primi passi ma insomma anche qui sbadiglioni interrotti solo dal momento comico in cui lei poi citando il libro di Garko uscito qualche tempo fa ricorda tra le altre cose “alcuni pregiudizi in merito alle tue capacità di recitazione da parte della critica”. Alcuni.   
Certo, con un’ingenuità che va ben oltre l’ingenuità standard Mediaset e che la Toffanin tenta di arginare, ma con un modo anche tutto sommato decente che ci dice “nessuno mi ha costretto”, Garko accenna i contorni di una tassonomia dei mestieri dello shobiz sui quali sia stata sdoganata l’omosessualità e quali no: il cantante sì, il calciatore no, e via discorrendo. Del resto, aggiungo io, così a bruciapelo vi viene in mente il nome di un altro attore italiano dal successo nazional popolare che sia omosessuale dichiarato?  Perfino la Toffanin cede e si trova a citare il triste destino di Rupert Everett. 
Si conclude chiedendo a Garko, che è poi la questione che ci sta più a cuore di tutte, se questo suo coming out inciderà sui ruoli che interpreterà in futuro (su questo vorrei anche rimandare i lettori ad approfondire la posizione del manzissimo Darren Chriss in merito), e se si orienteranno più su personaggi etero o gay: non so se mi ri offriranno parti come quella di Tonio Fortebracci dice lui (e questo ci getta nella disperazione, ndr) ma del resto ho già interpretato ruoli di omosessuali come ad esempio - interpretazione fantastica ci tiene a sottolineare la Toffanin - nelle Fate Ignoranti. E qui chiuderei, rimembrando l’unica interpretazione del nostro beniamino veramente degna di questo nome, che però, ricordiamolo, credo sia racchiusa tutta in 3 battute da malato terminale che per gran parte del film giace su un letto o atterrito sotto la pioggia.
Ma per svegliarci un poco spostiamoci nello scoppiettante studio di Giletti dove lui ci attende con l’espressione delle inchieste più serie e delicate! I più attenti ricorderanno che dopo le dichiarazioni di Adua del Vesco - alias Rosalinda - e quell’altro del grande fratello vip, gravissime come ricorda Giletti stesso, che lanciavano come petali dalla finestra accuse di sequestro di persona, plagio e istigazione al suicidio, si erano susseguiti in settimana pareri autorevoli divisi a squadre: Manuelona nostra e nientepopodimeno che Ursula Andress si erano levate sdegnatissime in favore della generosità e integrità di Tarallo, Giuliana de Sio e Nancy Brilli avevano solo lievemente preso le distanze dal modus operandi della Ares sottolineando come non avessero poi granchè piacere a lavorarci e il buon Francesco Testi, meglio noto come Renè Rolla dei nostri cuori, ha fatto una sintesi brillante tipo l’amico un po’ regaz dichiarando che finché la regola della casa di  produzione era di scopare in giro senza fidanzarsi a lui era andata poi bene, ma che lui poi è una persona quadrata e quindi non teme condizionamenti. 
E a questo punto arriva in tivvù Tarallo, insignito da Giletti del titolo di Re delle Fiction. Tarallo che viene da una famiglia devota a Padre Pio, Tarallo che ha fatto il coming out a 14 anni, Tarallo che è in studio solo per onorare la memoria del suo compagno Teodosio Losito. Losito che, ricordiamolo, prima di questo momento era stato seppellito con una certa furia nei campi dell’oblio, e solo noi  e pochi altri ne sentivamo una struggente mancanza.
Tarallo che accompagnato passo passo da Giletti costruisce una narrazione di sé di vero e proprio, generosissimo, benefattore di tutti gli attori, nel ridente contesto di Zagarolo che, tra ville di attori famosissimi, dependance di Vip e Vippissimi, santo cielo vi prego qualcuno mi ci porti. Lui ha sempre fatto il bene di tutti, aiutando, formando, lanciando, offrendo lavoro, seguendo e consigliando, facendo anche da supporto psicologico, senza mai obbligare nessuno. Lui insieme a Teo, si capisce, che era l’animo più sensibile. Quasi mai contrasti con nessuno, solo una volta “Quando diedi ad Adua e Morra da leggere Il Giovane Holden e  Il piccolo principe” (faceva parte della formazione a quanto pare, che bellissimo) e mi prendevano in giro fingendo di averli letti” (capre!!). Una immagine questa poi confermata da 3 attori che interverranno dopo in studio per raccontare la loro esperienza con la Ares e osannare Tarallo. Si difende con sdegno dalle accuse ricevute e infila su Adua una serie di affermazioni che la fanno uscire, così cos,ì come una psicolabile diciamo. 
E poi. Poi si prepara per il gran finale. Cioè dopo aver tenuto per tutta l’intervista un tono mediamente sobrio, un modo affabile e pacato da professionista della TV, mette la freccia e supera a destra Garko e il picco trash della lettura della lettera ad Aduarosalinda.
Sempre spalleggiato da Giletti, si alza e tra le lacrime, con alle spalle una foto di Teo, legge la lettera che Losito gli ha scritto poco prima di suicidarsi. Così, senza motivo, se non per difendersi dall’accusa gravissima lanciata da Auda. Ma no, non è Adua, Adua è solo uno strumento: è stata plagiata poverina che è mezza instabile, dietro a lei e a Morra c’è una macchinazione di una persona che si muove contro di lui. 
E quindi infine, con uno sguardo degno del migliore fetuso, sibila "A questa persona voglio dire: “So chi sei e so perchè l’hai fatto. Chi ha distrutto Teo non distruggerà me, perchè io sono più forte”. 
Cala il sipario. E forse questo climax è il miglior omaggio a Losito in cui potessimo sperare. 
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paoloxl · 4 years
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Avevamo annunciato in ottobre la ripresa dell’iter delle proposte di legge di riforma sulla cittadinanza in commissione Affari costituzionali della Camera. Ma il percorso appare ancora in salita e pieno di mille insidie ed ostacoli, non solo per la ferma opposizione del centrodestra (anche se dentro Forza Italia non tutti sono contrari), ma anche per le divisioni interne alla maggioranza di governo (noi ne avevamo parlato qui, e per un ulteriore approfondimento, si veda qui sul sito di Lunaria e qui).
Ricordiamo che al momento in commissione sono stati presentati tre testi. La prima proposta è a firma dell’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, la seconda proposta è a firma del deputato del Pd Matteo Orfini  e la terza proposta reca la firma di Renata Polverini, ex deputata di Forza Italia.
Nei prossimi giorni riparte la mobilitazione della società civile proprio per chiedere che la riforma della legge sulla cittadinanza venga attuata una volta per tutte e in tempi brevi. Il primo appuntamento importante è fissato per il prossimo 18 dicembre, con un flash mob a piazza Montecitorio (noi abbiamo pubblicato il comunicato qui). Insegnanti, studenti, genitori e attivisti tornano insieme in piazza per chiedere di cambiare la legge, in occasione della Giornata internazionale dei diritti di immigrati e familiari e del Trentennale della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia. Ma il movimento degli “Italiani senza cittadinanza” sarà in piazza, con le stesse rivendicazioni, anche questo sabato 14 dicembre, a fianco delle sardine nella manifestazione di Roma.
Soltanto pochi giorni fa, Save the Children, in occasione dell’iniziativa di presentazione presso la sala conferenze della Camera dei deputati del documentario “Waiting” di Stefano Di Polito, sottolineava alcuni dati importanti: al 1° gennaio 2018, in Italia i minori con background migratorio, con cittadinanza italiana per acquisizione o ancora stranieri, sono 1 milione e 316mila. Di questi il 75% è nato in Italia, 991.000 in tutto. Secondo il Miur, nelle scuole italiane, nell’anno scolastico 2017/2018, gli studenti e le studentesse con cittadinanza non italiana (Cni) sono 841.719, 1 studente su 10, e il 63,3% è nato in Italia. Dati di una certa rilevanza che non possono essere più ignorati dal Governo e dal Parlamento e che palesano l’urgenza di questa riforma.
Anche il Comitato per i diritti umani, una coalizione di organizzazioni e gruppi laici e religiosi, ha esortato, nei giorni scorsi, l’Italia a considerare la difficile condizione giuridica dei minori migranti e dei bambini, figli di immigrati regolarmente residenti sul territorio (si legga qui la nota), invitando caldamente ad approvare la riforma in tempi brevi.
Questa riforma della cittadinanza italiana, da lungo attesa e più volte rinviata, si rende oggi ancor più necessaria per rispondere alle legittime richieste di riconoscimento e piena partecipazione alla vita civica di tanti minori e ragazzi figli di migranti, nati e/o cresciuti in Italia e, quindi, già parte integrante della società.
Il riconoscimento della cittadinanza italiana permetterebbe a questi bambini e adolescenti, che abitano le nostre città e frequentano le scuole, le associazioni e i luoghi di aggregazione insieme ai bambini e agli adolescenti cittadini italiani, di uscire da uno stato giuridico che continua a considerarli degli “ospiti”, di non essere percepiti come “diversi”, con il costante pericolo di subire per questo ulteriori discriminazioni.
Oltre ad approvare la riforma della cittadinanza se volessimo spingere più in là lo sguardo, sarebbe auspicabile, cancellare i cosiddetti “decreti sicurezza”, così come tutti quei provvedimenti governativi che, contrastando con i principi della Costituzione italiana, hanno ulteriormente peggiorato la legislazione sull’immigrazione (come richiesto a gran voce dalla campagna nazionale Io Accolgo, che pure scenderà in piazza il 18 dicembre).
In questo preciso momento storico e politico, c’è un impellente bisogno di andare alla sostanza della realtà quotidiana, di guardare veramente alle vite di bambini e adolescenti che sono discriminati ingiustamente.
Giuseppe Brescia, presidente M5S della Commissione Affari istituzionali, ha assicurato ancora una volta, proprio in questi giorni, che si andrà avanti per ottenere un testo condiviso entro febbraio. Speriamo caldamente che alle parole seguano i fatti.
Come dicono dal Tavolo Saltamuri, i diritti o sono universali, o altrimenti si chiamano privilegi! Sarà importante ricordarlo insieme sia il 14 che il 18 dicembre.
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weirdesplinder · 4 years
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V- Visitors
Dopo aver visto Cranival row mi è venuta voglia (non chiedetemi il perché, forse perché mi ero aspettata qualcosa di più?) di rivedere una serie tv anni 80’ che ho visto da piccola e che mi ricordavo come molto coinvolgente: I Visitors.
La ricordate? L’avete vista anche voi la serie originale (non il remake pessimo del 2009)? Ero molto giovane all’epoca e non ho colto appieno tutti i temi che toccava, ma mi aveva colpito al punto che ancora oggi ne ricordavo piuttosto bene alcune scene (e io ho una pessima memoria). E quel poco che ricordavo mi faceva credere che fosse molto meglio di alcune serie scifi (e non scifi) che ho visto quest’anno, Carnival row compresa. Così ho cercato di reperirla in qualche modo, e per fortuna essendo uscita anche in dvd, almeno i primi episodi li ho trovati. Sto ancora cercando i successivi. Infatti ho scoperto che andò in onda prima una miniserie di 2 episodi nel 1983, che da noi in Italia furono divisi in 4, poi visto il grande successo ne furono aggiunti altri tre che da noi divennero 6 credo, e questi 10 episodi in tutto in Italia vennero trasmessi insieme come una sola serie. A questa fece seguito un’altra serie di 19 episodi trasmessi nel 1986, e ne sarebbe dovuta seguire un’altra che avrebbe portato l’azione del telefilm anche nello spazio, ma purtroppo a causa del calo di ascolti la serie venne interrotta.
Io al momento ho potuto rivedere solo i primi 4 episodi, cioè la prima miniserie, ma mi basta per dirvi che i miei ricordi non mi hanno ingannato, è a bella ancora oggi da vedere ed è veramente valida, sia dal punto di vista della trama, della sceneggiatura e dell’azione (effetti speciali a parte). Il parallelismo tra gli alieni e i nazisti funziona benissimo e anche come ci vengono presentati, come la situazione si evolve…nonostante i salti temporali per farla proseguire in tempi ristretti e in pochi episodi…funzionano perfettamente. Lo spettatore non si sente preso in giro da troppe semplificazioni o cose non spiegate o cose assurde. Anzi i personaggi sono molto ben costruiti (e sono diversi perché è un telefilm molto corale) e i temi molto importanti ma spiegati bene seppure con l’uso di poche scene. Il tema dei diritti dell’uomo, della lotta per la libertà, della politica corrotta, dell’assurdità del nazismo che sembra non ci abbia insegnato nulla…tutto questo viene veramente presentato allo spettatore in modo egregio e con molto coinvolgimento emotivo. Non c’è un solo eroe che lotta contro i cattivi, ma molti, persone comuni, magari anche paurose, ma che davanti a ciò che sta succedendo riescono a reperire un coraggio che neppure credevano di avere. Gli umani poi non sono dipinti tutti come buoni, anche tra loro ci sono gli egoisti o i manipolatori. Lo stesso vale per gli alieni. A parte Diana che è proprio cattiva e ci sta un personaggio così, anche gli alieni non vengono presentati come totalmente cattivi, anche tra di loro c’è che aborre la violenza e cercherà addirittura di aiutare gli umani a spese della propria vita, e poi c’è chi invece è cattivo per semplice opportunismo o per colpa del loro capo supremo che li guida a questi comportamenti e che loro non osano contrastare per paura. Cioè è veramente un telefilm umanamente complesso con tante nuance, pur nella sua semplicità e nelle sue poche puntate riesce a dire così tanto… e mi chiedo perché invece tanti telefilm di oggi invece non lo facciano. Sembra che non esistano più gli sceneggiatori di una volta o che chi produce i telefilm sia convinto che gli spettatori si siano rincretiniti, e non riuscirebbero più a capire o a reggere temi così importanti o scene così toccanti, meglio limitarsi ad intrattenerli con scene di sesso gratuite buttate lì, o scene d’azione che si susseguono senza fine o senso.
Bene, ho una notizia per voi, siamo in grado di reggere telefilm del genere, anzi vogliamo telefilm del genere, per questo ci riduciamo a riguardare i vecchi telefilm, perché tante volte erano migliori! Non dico sempre ma quasi. Su internet continuo a leggere che i produttori di Hollywood si chiedono perché il nuovo telefilm Streghe, il nuovo film di Charlie’s angels, il nuovo film di Terminator e tanti altri stanno facendo flop colossali e si rispondono accusando gli spettatori di non essere più quelli di una volta, di essere incostanti o stufi delle cose già viste o troppo attaccati alle cose passate e non aperti alle cose nuove, insomma di accusano di tutto e del contrario di tutto, ma la risposta vera è un latra state semplicemente facendo telefilm e film brutti. Punto. Forse se vi impegnaste di più e tornaste a vedere il cinema e la tv non più come solo un mezzo per fare soldi ma anche come mezzo per veicolare una forma d’arte forse le cose migliorerebbero. No, dico? Ma avete visto i film Ghostbusters originali, e avete visto l’ultimo film fatto al femminile? Cioè come si può anche solo paragonarli? La realtà è davanti agli occhi di tutti, e al momento non è bella.
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La serie  VISITORS nasce da un’idea semplice, ma al tempo stesso innovativa. Si parla di invasione aliena, ma di alieni estremamente intelligenti decisi da gire per furbizia più che per forza. Gli sceneggiatori quando pensarono a una razza serpentoide di alieni presero spunto probabilmente dalla leggenda, molto diffusa tra i complottisti americani (gli amanti di ufo, xfiles, teorie della fine del mondo) che parla proprio di una razza di rettiliani che si celano tra gli umani sotto mentite spoglie da secoli e si trovano in posizioni di potere in modo da guidare la politica globale per i loro nefandi scopi… e fecero bene, poiché degli alieni in grado di ingannare e mimetizzarsi come umani risultarono ancora più spaventosi al pubblico. Ci colpirono in una paura atavica e funzionò, anche perché la serie era fatta bene, con una trama per strutturata.
Trama Visitors: Decine e decine di dischi volanti giungono sulla Terra e si fermano sopra le principali città del nostro pianeta. Gli alieni prendono contatto con i terrestri e forniscono la spiegazione circa il loro arrivo: vengono dal quarto pianeta della stella Sirio e sono venuti sulla Terra in pace, bisognosi di alcune risorse che sul loro pianeta di origine stanno esaurendosi. Non tutti però sono disposti ad accettare la storia raccontata dai Visitatori al mondo intero. Fra questi, il reporter Mike Donovan, il quale sale di nascosto a bordo dell'astronave madre e si ritrova di fronte ad una realtà agghiacciante e pericolosa: gli alieni sono in realtà dei rettili, celati da un aspetto umano, che si cibano di animali ancora vivi…
Ma oggi visto che questo è un blog dedicato ai libri, non voglio parlarvi approfonditamente della serie televisiva, quanto dei libri che da essa furono tratti. Esatto non è un telefilm ispirato da dei libri, ma bensì uno da cui furono tratti dei libri.
Per l’esattezza 6 libri editi da SIAD edizioni negli anni ‘80:
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1. La crisi della costa orientale, di Howard Weinstein, A. C. Crispin
2. La Terra è salva, di Howard Weinstein, A. C. Crispin
3.  Caccia a Diana, di Allen Wold
4. Assedio a Chicago, di Geo W. Proctor
5. Progetto Florida, di Tim Sullivan
6. Prigionieri e ostaggi, di Howard Weinstein
Questi libri non sono le sceneggiature degli episodi della serie, ma dei veri e propri racconti inediti che narrano accadimenti che si svolgono in contemporanea alla serie, ma in altri luoghi e con altri protagonisti.
Se la serie tv si concentrava nel mostrarci l’invasione concentrando l’attenzione su una città specifica, qui ci viene mostrato come gli alieni agirono altrove e come gli umani reagirono a loro volta. Quindi questi romanzi sono un arricchimento della storia principale ed è un peccato che siano ormai quasi introvabili (tranne qualche volume ancora reperibile nei siti di libri usati tipo comprovendolibri.it) e che siano stati tradotti in italiano maluccio.
Sapendo tutto questo, vale comunque la pena di cercarli e leggerli? Non lo so francamente, ma volevo comunque farvi sapere che esistono.
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love-nessuno · 5 years
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Tratto dall.archivio
IMMIGRATI UNA RISORSA? O SIETE RAZZISTI O SIETE IGNORANTI.
Cari Boldrini, Morcone, Tommasi, Saviano, radical chic, e tutti gli altri finti italiani che si spacciano per persone di sinistra buoniste e aperte al mondo e ai popoli e poi fanno le peggio porcate, come appoggiare il Progetto Europeo, chiedere l'eliminazione delle frontiere, votare 5 Stelle (salvando il buon Zanni e pochi altri!), o inneggiare al populismo di Salvini, LePen, Meloni e di tutti i personaggi scomodi che parlano male di questa immigrazione di massa incontrollata, come da titolo: siete dei razzisti.
O siete profondamente ignoranti.
Premessa: lungi da me difendere Salvini, LePen, Meloni, nulla mi interessa di loro, anche perché nessuno di questi personaggi fa veramente qualcosa di utile riguardo alla questione immigrazione. Vi ricordo, in ogni caso, che “populismo” è “un atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo”, ispirato al SOCIALISMO, e che è un termine nato da un Movimento Russo, che auspicava un miglioramento delle condizioni di vita dei servi della gleba del Novecento, dunque un SOCIALISMO vicino al popolo e, dato che i politici sono là per il POPOLO, BEN VENGA il populismo (ma d’altro canto, voi auspicate gli Stati Uniti d’Europa, che ci porteranno a tornare veri e propri servi della gleba, naturale che vi diano fastidio i “populisti”). Fine premessa, arriviamo al succo.
Dunque gli immigrati sarebbero una risorsa. Intanto rendetevi conto del razzismo intrinseco di questa frase: una risorsa. No.
Sono persone: di cui la maggior parte scappa dalla guerra, altri cercano una vita migliore, altri saranno cellule terroristiche, a noi questo non è dato saperlo. Ma di certo non sono una risorsa: il ferro è una risorsa, il Sole è una risorsa, una persona è una persona.
E attenzione, perché non è un discorso filosofico: Morcone, capo dell’Immigrazione, spiega molto bene cosa intendono i personaggi di “sinistra” per risorsa; i migranti possono essere usati, “senza obbligo per carità”, in lavori socialmente utili, grazie a cui verranno premiati.
Eh? Premiati? Ma aspettate un secondo: premiati?
Dunque questi poveretti, se vogliono, fanno lavori utili alla comunità e in cambio cosa hanno? Uno stipendio degno di una persona che lavora? No: un premio, tipo buono spesa o simili.
Un po’ come il famoso baratto amministrativo alla 5 Stelle insomma. Uno scempio. E gli italiani diranno “Sì ma a noi italiani chi ci pensa? Questi fanno i lavori socialmente utili, gli danno casa, gli danno i premi, e noi a casa a morire!”. Sbagliato.
Voi vedere male: qui non è una lotta tra noi e gli immigrati. Qui è una lotta tra noi, cittadini, e le istituzioni, per lo più europee, che gestiscono appositamente male la questione immigrazione.
Ormai anche un cieco vedrebbe dove il Vero Potere vuole andare a parare: sostituire la popolazione autoctona nei lavori, con nuova forza lavoro a basso reddito, senza diritti. E che potrà fare il cittadino italiano, una volta che migliaia e migliaia (se non milioni) di immigrati saranno stati assunti a paghe ridicole pur di sopravvivere?
Dovrà fare lo stesso, o morire lui di fame.
Ed ecco che si innesca la guerra tra poveri: ma attenzione! Non è colpa dell’immigrato: la colpa è di chi dice “poverini, scappano dalla guerra, aiutiamoli” (vero Tommasi?) ma poi dà la colpa a Salvini di razzismo, invece di avvertire i cittadini italiani di quello che sta accadendo, e non è più una teoria, sta succedendo ora, ogni giorno, ogni ora.
Poi è OVVIO che i soldi non vadano agli immigrati: quindi basta col dire che questi poveracci si arricchiscono alle nostre spalle. Sono uscite fuori Mafia Capitale, le mail di Soros, in cui viene esplicitamente detto tutto questo, quali altre prove volete? Ci lucrano sui migranti, le cooperative ci fanno i soldi veri, e a Bruxelles la Merkel e compagni si sfregano le mani pensando a quando l’Italia, nel giro di pochi anni, sarà la Cina d’Europa per quanto riguarda diritti e condizioni dei lavoratori.
La soluzione sistemica ce l'ha data Barnard mesi e mesi fa: gli immigrati non possono venire tutti qua, sia per questioni fisiche di mancanza di spazio, sia per questioni economiche, in quanto l'Italia è la catapecchia d'Europa grazie all'Euro, dunque non potrà offrire a queste persone una vita dignitosa, dato che non può offrirla nemmeno ai suoi cittadini, e può promettere loro, al massimo, dei premi appunto.
Dunque perché non aiutarli direttamente nel loro Paese, applicando la Memmt e tutta un'altra serie di accortezze (non spiego qui la soluzione nel dettaglio o non finiamo più)?
Semplice: VOGLIONO la guerra tra poveri; VOGLIONO ridurre i nostri diritti; VOGLIONO schiavizzarci al lavoro del libero mercato e della flessibilità-mobilità delle Multinazionali ("eh ppperò risparrrrmmio kome konsummatore"); NON VOGLIONO aiutare questi popoli in difficoltà, nè aiutare noi.
E ora arriviamo a lei, cara Boldrini, a lei, che dice che i migranti ci pagano la pensione, perché anche questo mito gira da troppo tempo: studi economia, presidentA, noi qui lo diciamo da veramente troppo tempo, anche se in modi diversi; SCOOP: le pensioni NON le pagano i migranti e NON le pagano nemmeno i contribuenti con le tasse.
Le pensioni le paga la Banca Centrale, digitando tasti su un computer e accreditando i conti correnti dei beneficiari.
Nessun soldo che uno straniero paga in tasse viene messo in un cassetto e poi usato per pagare la mia pensione, nessun soldo che un italiano paga in tasse viene messo in un cassetto e poi usato per pagare la mia pensione.
Non ci abbindolate più con questi discorsi, il sistema monetario non funziona come lei vuole farci credere, si studi almeno due slides di Memmt.
Fabrizio Virga
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samdelpapa · 3 years
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 Mi dissocio
Intervista rilasciata da Erich Priebke a fine luglio 2013
 
 
D - Sig. Priebke, anni addietro lei ha dichiarato che non rinnegava il suo passato. Con i suoi cento anni di età Io pensa ancora?
R - Sì.
 
D - Cosa intende esattamente con questo?
R - Che ho scelto di essere me stesso.
 
D - Quindi ancora oggi lei si sente nazista.
R - La fedeltà al proprio passato è qualche cosa che ha a che fare con le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la Weltanschauung ed ancora ha a che fare con il senso dell'amor proprio e dell'onore. La politica è un'altra questione. ll Nazionalsocialismo è scomparso con la sconfitta e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare.
 
D - Della visione del mondo di cui lei parla fa parte anche I'antisemitismo
R - Se le sue domande sono mirate a conoscere la verità è necessario abbandonare i luoghi comuni: criticare non vuol dire che si vuole distruggere qualcuno. In Germania sin dai primi del novecento si criticava apertamente il comportamento degli ebrei. Il fatto che gli ebrei avessero accumulato nelle loro mani un immenso potere economico e di conseguenza politico, pur rappresentando una parte in proporzione assolutamente esigua della popolazione mondiale era considerato ingiusto. È un fatto che ancora oggi, se prendiamo le mille persone più ricche e potenti del mondo, dobbiamo constatare che una notevole parte di loro sono ebrei, banchieri o azionisti di maggioranza di imprese multinazionali. In Germania poi, specialmente dopo la sconfitta della prima guerra mondiale e l'ingiustizia dei trattati di Versailles, immigrazioni ebraiche dall'est europeo avevano provocato dei veri disastri, con l'accumulo di immensi capitali da parte di questi immigrati in pochi anni, mentre con la repubblica di Weimar la grande maggioranza del popolo tedesco viveva in forte povertà. In quel clima gli usurai si arricchivano e il senso di frustrazione nei confronti degli ebrei cresceva.
 
D - Quella che gli ebrei abbiano praticato I'usura ammessa dalla loro religione, mentre veniva proibita ai cristiani, è una vecchi storia. Cosa c'è di vero secondo lei.
R - Infatti non è certo una mia idea. Basta leggere Shakespeare o Dostoevskij per capire che simili problemi con gli ebrei sono storicamente effettivamente esistiti, da Venezia a San Pietroburgo. Questo non vuole assolutamente dire che gli unici usurai all'epoca fossero gli ebrei. Ho fatto mia una frase del poeta Ezra Pound: «Tra uno strozzino ebreo e uno strozzino orfano non vedo nessuna differenza».
 
D - Per tutto questo lei giustifica I'antisemitismo?
R - No, guardi, questo non significa che tra gli ebrei non ci siano persone perbene. Ripeto, antisemitismo vuol dire odio, odio indiscriminato. lo anche in questi ultimi anni della mia persecuzione, da vecchio, privato della libertà ho sempre rifiutato l'odio. Non ho mai voluto odiare nemmeno chi mi ha odiato. Parlo solo di diritto di critica e ne sto spiegando i motivi. Ele dirò di più: deve considerare che, per loro particolari motivi religiosi, una grossa parte di ebrei si considerava superiore a tutti gli altri esseri umani. Si immedesimava nel "Popolo Eletto da Dio" della Bibbia.
 
D - Anche Hitler parlava della razza ariana come superiore
R - Sì, Hitler è caduto anche lui nell'equivoco di rincorrere questa idea di superiorità. Questa è stata una delle cause di errori senza ritorno. Tenga conto comunque che un certo razzismo era la normalità in quegli anni, Non solo a livello di mentalità popolare ma anche a livello di governi e addirittura di ordinamenti giuridici. Gli Americani, dopo aver deportato le popolazioni africane ed essere stati schiavisti, continuavano ad essere razzisti, e di fatto discriminavano i neri. Le prime leggi, definite razziali di Hitler, non limitavano i diritti degli ebrei più di quanto fossero limitati quelli dei neri in diversi stati USA. Stessa cosa per le popolazioni dell'india da parte degli inglesi e i francesi, che non si sono comportati molto diversamente con i cosiddetti sudditi delle loro colonie. Non parliamo poi del trattamento subito all'epoca dalle minoranze etniche nell'ex URSS.
 
D - E quindi come sono andate peggiorando in Germania le cose secondo lei?
R - Il conflitto si è radicalizzato, è andato crescendo. Gli ebrei tedeschi, americani, inglesi e l'ebraismo mondiale da un lato, contro la Germania che stava dall'altro. Naturalmente gli ebrei tedeschi sì sono venuti a trovare in una posizione sempre più difficile. la successiva decisione di promulgare leggi molto dure resero in Germania la vita veramente difficile agli ebrei. Poi nel novembre del 1938 un ebreo, un certo Grynszpan, per protesta contro la Germania uccise in Francia un consigliere della nostra ambasciata, Ernest von Rath. Ne segui la famosa "Notte dei cristalli′". Gruppi di dimostranti ruppero in tutto il Reich le vetrine dei negozi di proprietà degli ebrei. Da allora gli ebrei furono considerati solo e soltanto come nemici. Hitler dopo aver vinto le elezioni, Ii aveva in un primo tempo incoraggiati in tutti i modi a lasciare la Germania. Successivamente, nel clima di forte sospetto nei confronti degli ebrei tedeschi, causato dalla guerra e di boicottaggio e di aperto conflitto con le più importanti organizzazioni ebraiche mondiali, li rinchiuse nei lager, proprio come nemici. Certo per molte famiglie, spesso senza alcuna colpa, questo fu rovinoso.
 
D - La colpa quindi di ciò che gli ebrei hanno subito secondo lei sarebbe degli ebrei stessi?
R - La colpa è un po' di tutte le parti. Anche degli alleati che scatenarono la seconda guerra mondiale contro la Germania, a seguito della invasione della Polonia, per rivendicare territori dove la forte presenza tedesca era sottoposta a continue vessazioni. Territori posti dal trattato di Versailles sotto il controllo del neonato stato polacco. Contro la Russia dì Stalin e la sua invasione della restante parte della Polonia nessuno mosse un dito. Anzi a fine conflitto, ufficialmente nato per difendere proprio la indipendenza della Polonia dai tedeschi, fu regalato senza tanti complimenti tutto l'est europeo, Polonia compresa, a Stalin
 
D - Quindi Politica a parte lei sposa le teorie !storiche revisioniste.
R - Non capisco perfettamente cosa si intenda per revisionismo. Se parliamo del processo di Norimberga del 1945 allora posso dirle che fu una cosa incredibile, un grande palcoscenico creato a posta per disumanizzare di fronte all'opinione pubblica mondiale il popolo tedesco e i suoi capi. Per infierire sullo sconfitto oramai impossibilitato a difendersi.
 
D - Su quali basi afferma questo?
R - Cosa si può dire di un autonominatosi tribunale che giudica solo i crimini degli sconfitti e non quelli dei vincitori; dove il vincitore è al tempo stesso pubblica accusa, giudice e parte lesa e dove gli articoli di reato erano stati appositamente creati successivamente ai fatti contestati, proprio per condannare ín modo retroattivo? Lo stesso presidente americano Kennedy ha condannato quel processo definendolo una cosa "disgustosa" in quanto "si erano violati i princìpi del/a costituzione americana per punire un avversario sconfitto"
 
D - Se intende dire che II reato di crimini contro l'umanità con cui si è condannato a Norimberga non esisteva prima che fosse contestato proprio da quel tribunale internazionale, c'è da dire in ogni caso che Ie accuse riguardavano fatti comunque terribili
R - A Norimberga i tedeschi furono accusati della strage di Katyn, poi nel 1990 Gorbaciov ammise che erano stati proprio loro stessi russi accusatori, ad uccidere i ventimila ufficiali polacchi con un colpo alla nuca nella foresta di Katyn. Nel 1992 ll presidente russo Eltsin produsse anche il documento originale contenente I'ordine firmato da Stalin. l tedeschi furono anche accusati di aver fatto sapone con gli ebrei. Campioni di quel sapone finirono nei musei USA, in Israele e in altri paesi. Solo nel 1990 un professore della università di Gerusalemme studiò i campioni dovendo infine ammettere che si trattava di un imbroglio.
 
D - Si, ma i campi di concentramento non sono una invenzione dei giudici di Norimberga
R - In quegli anni terribili di guerra, rinchiudere nei lager (in italiano sono i campi di concentramento) popolazioni civili che rappresentavano un pericolo perla sicurezza nazionale era una cosa normale. Nell'ultimo conflitto mondiale lo hanno fatto sia i russi che gli USA. Questi ultimi in particolare con i cittadini americani di origine orientale.
 
D - In America però, nei campi di concentramento per le popolazioni di etnia giapponese non c'erano Ie camere a gas?
R - Come le ho detto, a Norimberga sono state inventate una infinità di accuse, Per quanto riguarda quella che nei campi di concentramento vi fossero camere a gas aspettiamo ancora le prove. Nei campi i detenuti lavoravano. Molti uscivano dal lager peril lavoro e vi facevano ritorno la sera. II bisogno di forza lavoro durante la guerra è incompatibile con la possibilità che allo stesso tempo, in qualche punto del campo, vi fossero file di persone che andavano alla gasazione. L'attività di una camera a gas è invasiva nell'ambiente, terribilmente pericolosa anche al suo esterno, mortale. L'ide di mandare a morte milioni di persone in questo modo, nello stesso luogo dove altri vivono e lavorano senza che si accorgano di nulla è pazzesca, difficilmente realizzabile anche sul piano pratico.
 
D - Ma lei quando ha sentito parlare perla prima volta del piano di sterminio degli ebrei e delle camere a gas
R - La prima volta che ho sentito di cose simili la guerra era finita ed io mi trovavo in un campo dì concentramento inglese, ero insieme a Walter Rauff. Rimanemmo entrambi allibiti. Non potevamo assolutamente credere a fatti così orribili: camere a gas per sterminare uomini, donne e bambini. Se ne parlò con il colonnello Rauffe con gli altri colleghi per giorni. Nonostante fossimo tutti SS, ognuno al nostro livello con una particolare posizione nell'apparato nazionalsocialista, maia nessuno di noi erano giunte alle orecchie cose simili. Pensi che anni e anni dopo venni ha sapere che il mio amico e superiore Walter Rauff, che aveva diviso con me anche qualche pezzo di pane duro nel campo di concentramento, veniva accusato dì essere I'ìnventore di un fantomatico autocarro di gasazione. Cose di questo genere Ie può pensare solo chi non ha conosciuto Walter Rauff
 
D - E tutte le testimonianze della esistenza delle camere a gas?
R - Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli Americani a Dachau. Testimonianze che si possono definire affidabili sul piano giudiziario o storico a proposito delle camere a gas non ce ne sono; a cominciare da quelle di alcuni degli ultimi comandanti e responsabili dei campi, come ad esempio quella del più noto dei comandanti di Auschwitz , Rudolf Höss. A parte le grandi contraddizioni della sua testimonianza, Prima di deporre a Norimberga fu torturato e dopo la testimonianza per ordine dei russi gli tapparono la bocca impiccandolo. Per questi testimoni, ritenuti preziosi dai vincitori, le violenze fisiche e morali in caso di mancanza di condiscendenza erano insopportabili; le minacce erano anche di rivalsa sui familiari. So per l'esperienza personale della mia prigionia e quella dei miei colleghi, come, dai parte dei vincitori, venivano estorte nei campi di concentramento le confessioni ai prigionieri, i quali spesso non conoscevano nemmeno la lingua inglese. Poi il trattamento riservato ai prigionieri nei campi russi della Siberia oramai è cosa nota, si doveva firmare qualunque tipo di confessione richiesta; e basta.
 
D - Quindi per lei quei milioni di morti sono una invenzione
R - lo ho conosciuto personalmente i lager. L'ultima volta sono stato a Mauthausen nel maggio del 1944 ad interrogare il figlio di Badoglio, Mario, per ordine di Himmler. Ho girato quel campo in lungo e in largo per due giorni. Cerano immense cucine in funzione per gli internati e all'interno anche un bordello per le loro esigenze. Niente camere a gas. Purtroppo tanta gente è morta nei campi ma non per una volontà assassina. La guerra, le condizioni di vita dure, la fame, la mancanza di cure adeguate si sono risolti spesso in un disastro. Però queste tragedie dei civili, erano all'ordine del giorno non solo nei campi ma in tutta la Germania, soprattutto a causa dei bombardamenti indiscriminati delle città.
 
D - Quindi lei minimizza la tragedia degli ebrei: I'Olocausto?
R - C'è poco da minimizzare una tragedia è una tragedia. Si pone semmai un problema di verità storica. I vincitori del secondo conflitto mondiale avevano interesse a che non si dovesse chiedere conto dei loro crimini. Avevano raso al suolo intere città tedesche, dove non vi era un solo soldato, solo per uccidere donne bambini e vecchi e così fiaccare Ia volontà di combattere dei loro nemico. Questa sorte è toccata ad Amburgo, Lubecca, Berlino, Dresda e tante altre città. Approfittavano della superiorità dei loro bombardieri per uccidere i civili impunemente e con folle spietatezza. Poi è toccato alla popolazione di Tokyo ed infine con le atomiche ai civili di Nagasaki e Hiroshima. Per questo era necessario inventare dei particolari crimini commessi dalla Germania e reclamizzarli tanto da presentare i tedeschi come creature del male e tutte le altre sciocchezze: soggetti da romanzo dell'orrore su cui Hollywood ha girato centinaia di film. Del resto da allora il metodo dei vincitori della seconda guerra mondiale non è molto cambiato: a sentire loro esportano la democrazia con cosi dette missioni di pace contro le canaglie, descrivono terroristi che si sono macchiati dì atti sempre mostruosi, inenarrabili. lVla in pratica attaccano sopri chi non si sottomette. Massacrano militari e civili che non hanno i mezzi per difende intervento umanitario e l'altro vari paesi, mettono sulle poltrone dei governi dei assecondano i loro interessi economici e politici.
 
D - Ma allora certe prove inoppugnabili come filmati e fotografie dei lager come le spiega?
R - Quei filmati sono una ulteriore prova della falsificazione: Provengono quasi tutti Belsen. Era un campo dove le autorità tedesche inviavano da altri campi gli internati all'interno anche un reparto per convalescenti. Già questo la dice lunga sulla volontà. Sembra strano che in tempo di guerra si sia messo in piedi una struttura per accogliere coloro che invece si volevano gasare. l bombardamenti alleati nel 1945 hanno lasciato quel campo senza medicinali. Si è diffusa una epidemia di tifo petecchiale che ha causato migliaia di morti e i filmati risalgono proprio a quei fatti, quando il campo di accoglienza di Bergen Belse, 1945, era oramai nelle mani degli alleati. Le riprese furono fatte per motivi propagandistici dal regista inglese Hitchcock, il maestro dell'horror. E spaventoso il cinismo, la mancanza di senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini. Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata astuzia, quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece nulla a che fare. Un falso!
 
D - II motivo di tutte queste mistificazioni secondo lei sarebbe coprire i propri crimini, quelli dei vincitori?
R - In un primo tempo fu così. Un copione uguale a Norimberga fu inventato anche dal Generale Mc Arthur in Giappone con il processo di Tokyo. In quel caso per impiccare si escogitarono altre storie e altri crimini. Per criminalizzare i giapponesi che avevano subìto la bomba atomica si inventarono all’epoca persino accuse di cannibalismo.
 
D - Perché in un primo tempo?
R - Perché successivamente la letteratura sull’Olocausto è servita soprattutto allo stato di Israele per due motivi. Il primo è chiarito bene da uno scrittore ebreo figlio di deportati: Norman Finkelstein. Nel suo libro "L’industria dell’Olocausto" spiega come questa industria abbia portato, attraverso una campagna di rivendicazioni, risarcimenti miliardari nelle casse di istituzioni ebraiche e in quelle dello stato di Israele. Finkelstein parla di «un vero e proprio racket di estorsioni». Per quanto riguarda il secondo punto, lo scrittore Sergio Romano, che non è certo un revisionista, spiega che dopo la "guerra del Libano" lo stato di Israele ha capito che incrementare ed enfatizzare la drammaticità della "letteratura sull’Olocausto" gli avrebbe portato vantaggi nel suo contenzioso territoriale con gli arabi e «una sorta di semi immunità diplomatica».
 
D - In tutto il mondo si parla dell’Olocausto come sterminio, lei ha dei dubbi o lo nega recisamente?
R - I mezzi di propaganda di chi oggi detiene il potere globale sono inarginabili. Attraverso una sottocultura storica appositamente creata e divulgata da televisione e cinematografia, si sono manipolate le coscienze, lavorando sulle emozioni. In particolare le nuove generazioni, a cominciare dalla scuola, sono state sottoposte al lavaggio del cervello, ossessionate con storie macabre per assoggettarne la libertà di giudizio.
Come le ho detto, siamo da quasi 70 anni in attesa delle prove dei misfatti contestati al popolo tedesco. Gli storici non hanno trovato un solo documento che riguardasse le camere a gas. Non un ordine scritto, una relazione o un parere di una istituzione tedesca, un rapporto degli addetti. Nulla di nulla.
Nell’assenza di documenti i giudici di Norimberga hanno dato per scontato che il progetto che si intitolava "Soluzione finale del problema ebraico" allo studio nel Reich, che vagliava le possibilità territoriali di allontanamento degli ebrei dalla Germania e successivamente dai territori occupati, compreso possibile trasferimento in Madagascar, fosse un codice segreto di copertura che significava il loro sterminio. È assurdo! In piena guerra, quando eravamo ancora vincitori sia in Africa che in Russia, gli ebrei, che erano stati in un primo tempo semplicemente incoraggiati, vennero poi fino al 1941 spinti in tutti i modi a lasciare autonomamente la Germania. Solo dopo due anni dall’inizio della guerra cominciarono i provvedimenti restrittivi della loro libertà.
 
D - Ammettiamo allora che le prove di cui lei parla vengano fuori. Parlo di un documento firmato da Hitler o da un altro gerarca. Quale sarebbe la sua posizione?
R - La mia posizione è di condanna tassativa per fatti del genere. Tutti gli atti di violenza indiscriminata contro le comunità, senza che si tenga conto delle effettive responsabilità individuali, sono inaccettabili, assolutamente da condannare. Quello che è successo agli indiani d’America, ai kulaki in Russia, agli italiani infoibati in Istria, agli armeni in Turchia, ai prigionieri tedeschi nei campi di concentramento americani in Germania e in Francia, così come in quelli russi, i primi lasciati morire di stenti volutamente dal presidente americano Eisenhower, i secondi da Stalin. Entrambi i capi di Stato non rispettarono volutamente la convenzione di Ginevra per infierire fino alla tragedia. Tutti episodi ripeto da condannare senza mezzi termini, comprese le persecuzioni fatte dai tedeschi a danno degli ebrei; che indubbiamente ci sono state. Quelle reali però, non quelle inventate per propaganda.
 
D - Lei ammette quindi la possibilità che queste prove, sfuggite a una eventuale distruzione fatta dai tedeschi alla fine del conflitto, potrebbero un giorno venir fuori?
R - Le ho già detto che certi fatti vanno condannati in assoluto. Quindi, se poniamo anche solo per assurdo che un domani si dovessero trovare prove su queste camere a gas, la condanna di cose cosi orribili, di chi le ha volute e di chi le ha usate per uccidere, dovrebbe essere indiscussa e totale. Vede, in questo senso ho imparato che nella vita le sorprese possono non finire mai. In questo caso però credo di poterle escludere con certezza perché per quasi sessanta anni i documenti tedeschi, sequestrati dai vincitori della guerra, sono stati esaminati e vagliati da centinaia e centinaia di studiosi, sicché, ciò che non è emerso finora difficilmente potrà emergere in futuro.
Per un altro motivo devo poi ritenerlo estremamente improbabile, e le spiego il perché: a guerra già avanzata i nostri avversari avevano cominciato ad insinuare sospetti su attività omicide nei Lager. Parlo della dichiarazione interalleata dei dicembre 1942, in cui si diceva genericamente di barbari crimini della Germania contro gli ebrei e si prevedeva la punizione dei colpevoli. Poi, alla fine del 1943, ho saputo che non si trattava di generica propaganda di guerra, ma addirittura i nostri nemici pensavano di fabbricare false prove su questi crimini. La prima notizia la ebbi dal mio compagno di corso, grande amico, Capitano Paul Reinicke, che passava le sue giornate a contatto con il numero due del governo tedesco, il Reichsmarschall Goering: era il suo capo scorta. L’ultima volta che lo vidi mi riferì del progetto di vere e proprie falsificazioni. Goering era furibondo per il fatto che riteneva queste mistificazioni infamanti agli occhi del mondo intero. Proprio Goering, prima di suicidarsi, contestò violentemente di fronte al tribunale di Norimberga la produzione di prove falsificate.
Un altro accenno lo ebbi successivamente dal capo della polizia Ernst Kaltenbrunner, l’uomo che aveva sostituito Heydrich dopo la sua morte e che fu poi mandato alla forca a seguito del verdetto di Norimberga. Lo vidi verso la fine della guerra per riferirgli le informazioni raccolte sul tradimento dei Re Vittorio Emanuele. Mi accennò che i futuri vincitori, erano già all’opera per costruire false prove di crimini di guerra ed altre efferatezze che avrebbero inventato sui lager a riprova della crudeltà tedesca. Stavano già mettendosi d’accordo sui particolari di come inscenare uno speciale giudizio per i vinti.
Soprattutto però ho incontrato nell’agosto 1944 il diretto collaboratore del generale Kaltenbrunner, il capo della Gestapo, generale Heinrich Müller. Grazie a lui ero riuscito a frequentare il corso allievi ufficiali. A lui dovevo molto e lui era affezionato a me. Era venuto a Roma per risolvere un problema personale del mio comandante, ten. colonnello Herbert Kappler. In quei giorni la quinta armata americana stava per sfondare a Cassino, i russi avanzavano verso la Germania. La guerra era già inesorabilmente persa. Quella sera mi chiese di accompagnarlo in albergo. Essendoci un minimo di confidenza mi permisi di chiedergli maggiori dettagli sulla questione. Mi disse che tramite l’attività di spionaggio si aveva avuto conferma che nemico, in attesa della vittoria finale, stava tentando di fabbricare le prove di nostri crimini per mettere in piedi un giudizio spettacolare di criminalizzazione della Germania una volta sconfitta. Aveva notizie precise ed era seriamente preoccupato. Sosteneva che di questa gente non c’era da fidarsi perché non avevano senso dell’onore né scrupoli. Allora ero giovane e non diedi il giusto peso alle sue parole ma le cose poi di fatto andarono proprio come il generale Müller mi aveva detto. Questi sono gli uomini, i gerarchi, che secondo quanto oggi si dice avrebbero dovuto pensare ed organizzare lo sterminio degli ebrei con le camere a gas! Lo considererei ridicolo, se non si trattasse di fatti tragici.
Per questo quando gli americani nel 2003 hanno aggredito con la scusa che possedeva "armi di distruzione di massa", con tanto di falso giuramento di fronte al consiglio di sicurezza dell’ONU del Segretario di stato Powel, proprio loro che quelle armi erano stati gli unici ad usarle in guerra, io mi sono detto: niente di nuovo!
 
D - Lei da cittadino tedesco sa che alcune leggi in Germania, Austria, Francia, Svizzera Puniscono con il carcere chi nega I’Olocausto?
R - Sì, i poteri forti mondiali le hanno imposte e tra poco le imporranno anche in Italia. L’inganno sta proprio nel far credere alla gente che chi, ad esempio, si oppone al colonialismo israeliano e al sionismo in Palestina sia antisemita; chi si permette di criticare gli ebrei sia sempre e comunque antisemita; chi osa chiedere le prove della esistenza di queste camere a gas nei campi di concentramento, è come se approvasse una idea di sterminio degli ebrei. Si tratta di una falsificazione vergognosa. Proprio queste leggi dimostrano la paura che la verità venga a galla. Ovviamente si teme che dopo la campagna propagandistica fatta di emozioni, gli storici si interroghino sulle prove, gli studiosi si rendano conto delle mistificazioni. Proprio queste leggi apriranno gli occhi a chi ancora crede nella libertà di pensiero e nella importanza della indipendenza nella ricerca storica.
Certo, per quello che ho detto posso essere incriminato, la mia situazione potrebbe addirittura ancora peggiorare ma dovevo raccontare le cose come sono realmente state, il coraggio della sincerità era un dovere nei confronti del mio Paese, un contributo nel compimento dei miei cento anni per il riscatto e la dignità del mio popolo.
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pangeanews · 3 years
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“Persi nel labirinto, siamo diventati il Minotauro”. Enzo Fontana parla del libro di Giuseppe Culicchia su Walter Alasia
C’era una volta in Egitto un certo Giuseppe detto il Sognatore che si ritrovò in prigione con la falsa accusa di tentato stupro della moglie del suo padrone. Con Giuseppe vennero a trovarsi imprigionati due cortigiani del faraone che gli si rivolsero affinché interpretasse i loro sogni. Giuseppe li ascoltò, lesse nei loro sogni e disse ad uno che sarebbe stato impiccato, mentre all’altro disse che sarebbe ritornato a porgere il calice al suo signore. Giuseppe pregò costui di non dimenticarlo, una volta ritornato libero e felice, e il coppiere del faraone, in qualche modo, lo promise. Le cose andarono proprio come Giuseppe aveva svelato, ma il coppiere del faraone dimenticò la promessa. Così sono fatti gli uomini: per la maggior parte dimenticano le promesse. Però non tutti gli uomini, grazie a Dio. Non Giuseppe lo Scrittore. Lo scrittore Giuseppe Culicchia infatti ha mantenuto la promessa che fece da bambino, quando il giovane brigatista Walter Alasia, suo amato cugino, di più, suo fratello maggiore, fu ucciso: la promessa di diventare uno scrittore per scrivere un libro su di lui, per ricostruirne i lineamenti umani che gli avvoltoi della stampa e della televisione avevano sfigurato più della morte. In genere i parenti scomodi si rimuovono, si occultano, si finge di dimenticarli. Altri, una volta diventati scrittori di successo, si sarebbero ben guardati dal rischio di compromettere la propria immagine. Altri avrebbero finto di dimenticare la promessa. Giuseppe lo Scrittore invece non ha l’animo dei cortigiani del faraone o dei salotti letterari e non si è dimenticato la promessa, non tanto per via del senso dell’onore, penso, ma per amore. E ne è venuto fuori un libro vero. Uno dei rari libri su quegli anni che valga la pena di leggere, e non solo perché Giuseppe Culicchia ha familiarità con la tragedia.
Aprire questo libro per me è stato doloroso. L’ho letto d’un fiato e mi ha tolto il sonno, anche questa notte in cui ho ritrovato la forza per scriverne. È stato come riaprire una ferita, come viaggiare sulla macchina del tempo e ritrovarmi nella Milano degli anni ’70, “nel fiore dei miei peccati”. Non farò il benché minimo tentativo di fingermi uno scrittore o un critico al di sopra delle parti, semplicemente perché da ragazzo stavo dalla stessa parte di Walter Alasia, dalla stessa parte della barricata, intendo dire, anche se non nello stesso gruppo. Noi si scelse, eccome, la parte per cui batterci. Era la parte dei “dannati della terra”, come scriveva il terzomondista Franz Fanon, o degli “ultimi”, come più saggiamente dice anche il più terzomondista dei successori del Pescatore del Mar di Galilea (papa Francesco, che propone però ben altri mezzi per curare i mali del mondo, e raccoglie comunque gli sputi e l’odio “urbi et orbi” di tutti i fascisti, razzisti, suprematisti, nonché le lodi di tanti ipocriti, anche sinistri, ai quali dei poveri non gliene frega niente, il che è peggio). Era la parte degli operai, degli sfruttati, a cominciare dalla parte più sfruttata dell’umanità, la parte femminile. Insomma, noi si fece una scelta di campo. Dico questo per fare subito chiarezza, non certo con un fine apologetico, affinché nessuno possa dire, se non in malafede: “Certo, di buone intenzioni sono piene le fosse…”
Allora, secondo molti santi storici degli anni successivi, secondo sociologi, psicologi, scrittori di successo e, peggio di tutto, secondo tanti piccoli inquisitori o giornalisti dell’eretica pravità, l’Italia era percorsa e posseduta dai demoni, in tutto e per tutto simili a quelli descritti da Dostoevskij. Questi demoni avevano smesso le insegne dei guelfi e dei ghibellini, e, per essere al passo con la moda del tempo, si erano travestiti da guelfi neri o da guelfi rossi. Questi ultimi avevano tracciato persino la stella a cinque punte, pensando di copiarla dai Tupamaros, mentre i diritti d’autore del Pentacolo andrebbero attribuiti a Salomone. Così, evocati, i demoni erano apparsi a legioni e si erano impossessati di migliaia e migliaia di giovani. La visione di Dostoevskij pareva essersi avverata anche in Italia, non solo un secolo prima nella Russia zarista. Solo che questi giovani – dei quali, ripeto, faceva parte anche chi va scrivendo queste righe – non erano angeli caduti, ma perlopiù semplicemente giovani che desideravano di tutto cuore un mondo nuovo, come lo desiderava Walter Alasia. Giovani tipo quelli di cui il grande scrittore de I demoni aveva fatto delle caricature destinate alla deportazione in Siberia. Ovviamente c’erano anche dei vecchi, pochi ma c’erano, soprattutto del tipo intellettuale, e questi erano un po’ più rassomiglianti ai padri spirituali dei demoni di Dostoevskij, in genere del tipo parolaio e un po’ vigliacco. Ignoro se esistesse davvero un Grande Vecchio. In buona fede posso dire e affermare solo di aver visto il Grande Vecchio coi lunghi capelli e la barba bianca affrescato sulla volta della Cappella Sistina. Però ha un alibi: è lì da secoli, dai tempi di Michelangelo.
Walter Alasia e il cugino, Giuseppe Culicchia
A Dostoevskij aveva risposto un altro grande scrittore, Tolstoj, dicendogli che non era bello quello che aveva scritto dei rivoluzionari, e che in essi egli vedeva e isolava solo il momento della violenza, e che se avesse guardato nel loro animo ci avrebbe trovato anche l’abnegazione e la sete di giustizia, e, in fondo al tunnel, avrebbe visto Dio. Ora io non so se nel buio tunnel si potesse intravedere anche qualche traccia di zoccolo caprino, ma certo un demonietto nel cuore doveva avercelo anche Dostoevskij. In quanto a Tolstoj, cui un giovane semisconosciuto avvocato indiano di nome Gandhi scriveva dal Sudafrica come al maestro della “non resistenza al male”, in quanto a Tolstoj dicevo le tracce erano piuttosto evidenti e da lui stesso dichiarate. Nelle Confessioni egli scrive di avere ucciso degli uomini (probabilmente nelle incursioni caucasiche) e di avere sfidato altri uomini a duello, al fine di ucciderli. Ciononostante nel suo ambiente, racconta Tolstoj, era considerato un uomo “relativamente morale”. Con ciò voglio dire che il male, che noi vediamo e cerchiamo soprattutto negli altri, è anche in noi stessi, latente, pronto a cogliere la prima occasione. E questo vale per i santi, i santoni e persino per i grandi scrittori. Vale per ogni essere umano. Ma i falsificatori dicono il contrario. Però io credo e sono convinto che la frode sia più grave della violenza, e che la frode più spiaccia a Dio, “e per questo stan di sotto li frodolenti”, come debitamente spiega Virgilio a Dante nell’XI dell’Inferno. L’attuale, più che allora, è un’epoca fraudolenta, per certi versi più bassa, vile e cattiva, come sempre nei confronti dei più deboli, dei poveri cristi. Non solo è una miserabile epoca fraudolenta, ma è anche più violenta. Basta guardare ad un palmo dal nostro naso, basta guardare alla guerra, che è terrorismo su scala industriale.
Mi si perdoni la digressione, anche se non penso di essere uscito fuor di tema. Qual è il ritratto di Walter Alasia che affiora dal libro? Come una foto d’altri tempi ai sali d’argento, ne è venuto fuori il ritratto umano di Walter Alasia visto con gli occhi di un bambino, che sono gli occhi di Dio, anche se poi, per darcene un’idea, si affida alla mano e alla penna dell’adulto diventato scrittore. Ma la mano che muove questa penna è veramente l’Amore, l’amore che non giudica, l’amore che è più forte della morte. L’amore e il dolore. Ne è emerso un ritratto di Walter Alasia come di un ragazzo fondamentalmente buono e generoso, come certamente era, prima e anche dopo la scelta della lotta armata. L’indole fondamentale di una persona si mantiene anche nelle circostanze più drammatiche. Ma allora che cosa accadde? Come fu possibile che un ragazzo di indole buona e che aveva scelto la parte dei poveri e degli sfruttati bruciasse la sua e un’altra vita? Forse perché visse “al tempo de li dei falsi e bugiardi”? Non più falsi e bugiardi degli idoli dei giovani d’oggi. Forse perché si fece sedurre da una dottrina ingannevole e fallace? Che fosse una dottrina che vale poco è ben dimostrato dagli esiti della Rivoluzione d’Ottobre, rivoluzione in cui tanti spiriti generosi misero tutte le loro speranze. 1917: “Proletari di tutto il mondo, unitevi!” 1989: “Proletari di tutto il mondo, perdonateci!” 2021: “Mafiosi di tutto il mondo, uniamoci!” A cosa è servito fucilare i Romanov per ritrovarsi, cent’anni dopo, coi Putinov? Tanti sacrifici, tanto dolore per niente. Ma questo è accaduto dal principio del mondo, è accaduto a milioni e milioni di esseri umani, con l’ausilio di molte e differenti dottrine. E anche senza dottrina alcuna. Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia non nasce da una scuola di scrittura creativa dove, al massimo, si possono apprendere le tecniche e qualche trucco del mestiere. Questo libro nasce dalla scuola del dolore. Non è scritto per giudicare né per giustificare, ma è una ricerca nel profondo di un’epoca e di un essere umano tanto amato, per capire. Per capire e per sperare che quanto è accaduto non accada ancora.
Ci sono tanti aspetti di questo libro che mi hanno colpito, ma soprattutto la profonda pietà per tutti gli esseri umani coinvolti in questa tragedia. Ciò mi ha ricordato quel rapsòdo cieco che la tradizione tramanda col nome di Omero, che cantò con imparziale pietà le sofferenze dei vinti e dei vincitori.
La lettura di questo libro mi ha confermato nel sentimento che la migliore causa del mondo, la più giusta e santa, non vale la lacrima di un bambino, le lacrime di Giuseppe il bambino che piange l’amatissimo cugino o le lacrime di un orfano che non rivedrà più suo padre. Io vidi una di queste lacrime scendere sul viso di una ragazza tanti e tanti anni fa, durante un’udienza nel corso di un processo. In questo processo c’ero entrato quasi di mia volontà solo per stare accanto a una persona a me cara e dovevo rispondere di un reato minore (detenzione di arma). Per una volta, ero innocente, anche se, come da copione, non lo dissi e non mi difesi. Con mio dispiacere, i giudici, più furbi di me, giustamente mi assolsero, impedendomi così di restare a Milano per l’appello. Era il processo alla “Colonna Walter Alasia”, una colonna oramai allo sbando, una colonna di prigionieri intenti spesso a beccarsi l’un l’altro, come i capponi di Renzo, “come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. La ragazza della lacrima sedeva a fianco di un avvocato di parte civile e penso che fosse la figlia di un uomo che era stato ucciso. Questa lacrima caduta in una bolgia processuale mi colpì e mi fece più male di una pallottola. Così, la sera, ritornato nella mia cella, cominciai a scrivere qualcosa. All’udienza del giorno successivo chiesi e ottenni la parola e parlai di un tale che si perdeva in un labirinto come quello di Cnosso, e di come costui, a furia di vagare, forse trovasse infine il Minotauro, e cioè uno specchio, l’immagine di se medesimo. Questo eravamo diventati, chi più chi meno, nessuno escluso. Il cielo ci aveva donato un lume per orientarci nel labirinto del mondo e della vita, ma noi l’avevamo perduto. Sia resa lode agli dèi di Menandro, che avevano caro Walter Alasia e gli risparmiarono lo spettacolo.
Enzo Fontana
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+++RIASSUNTO PER IL VOTO+++ per chi ha poca memoria o per chi era troppo giovane o per chi "stava facendo altro" (3' di lettura, facciamo 5' che tanto non se lo inculerà nessuno) 1) Berlusconi venne condannato per frode fiscale ed interdetto dai pubblici uffici per 5 anni prima nel 2012 e confermata la sentenza dalla Cassazione nel 2013; Dopo qualche mese Nello stesso anno lo fecero decadere da senatore a vita e con la legge Serverino entrata in vigore a Gennaio 2013 fu dichiarato interdetto dai pubblici uffici per sei anni dalla stessa decadenza, dunque, più 6 fanno fino al 2019. Ma, virgola, la legge Severino non sarebbe retroattiva e allora dovrebbero rimanere 5 gli anni dalla sentenza, dunque fino all'8 Marzo 2018, che comunque il 5 marzo il giorno dopo le elezioni per 3 giorni non saranno trascorsi nemmeno quei 5 anni, ma Berlusconi, se vincesse, potrebbe o fregarsene e fare come cazzo gli pare, come sta facendo finora, mettendo Salvini ministro degli interni e Meloni a fare Apicella con la chitarra, o farle fare la ministra di qualcosa a sua scelta, oppure Berlu potrebbe scegliere di mettersi saggiamente da parte, fare furbamente il burattinaio e metterne uno dei due Premier o qualcun altro da lui designato; 2) Emma Bonino: ah Emma, per chi non si ricorda Emma è stata in parlamento europeo dal '95 al '99 con Forza Italia (Abberlusconi), ministra dal 2006 con il governo Prodi (Margherita, attuale PD), ministra all'occorrenza con il governo Letta, ed ora sta facendo la Calcutta, Madre Teresa di (questa la capiranno in pochi) perché tutti si ricordano solo che ha avuto il cancro; 3) Salvini, la Lega, la Meloni e CasaBau sono tutti anti-costituzionali ed illegali e andrebbero condannati rispettivamente grazie alla legge Mancino n. 205 del 25 Giugno 1993 (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Legge_Mancino) ed i partiti citati andrebbero fatti decadere e bandire come tali per la legge Scelba n. 605 del 20 Giugno 1952 (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Legge_Scelba) per i REATI commessi. 4) Il Pd non è mai stata sinistra, dai ragazzi. Mi ricordo ancora tutti quelli di 30-35 anni di simil sinistra e non che siccome Renzi era giovane volevano farlo diventare subito Premier dai tempi di Firenze sindaco, che bella l'immedesimazione dei giovani. Allora se era giovane dovevamo mettere al ministero della difesa Paolo Maldini ed era tutto risolto. Adesso se vedete un comizio di Renzi o uno dei ritrovi del Pd o di quelli di Pietro Grasso, vi consiglio di entrarci davvero, la maggior parte sono tutti over 60, giuro, qualche ingenuo ragazzetto che fa il comunista con il Capitale di papà, perché sono tutti ancora legati a Marx; che uomo gentile Karl, tanto gentile tanto ingenuo, il quale non aveva capito che gli uomini non sono onesti e non mettono il famoso "capitale" a disposizione di tutti, specialmente se sono una cazzo di azienda che fa le lavatrici e che improvvisamente se ne va dai polacchi che costano di meno. Voglio dire che cazzo ne sai tu Karl che nemmeno c'erano le lavatrici ai tuoi tempi ecco, PD! P.s. Che sta per Porco io, la D è muta. 5) Ah c'è questo partito nuovo che si chiama potere al popolo, quello di Adinolfi sulla famiglia ve lo risparmio; Ah dicevo di questo "Potere al popolo" sembra un braccio del "Popolo viola", ve lo ricordate? Solo un po' più napoletani, con tutto il rispetto per Napoli, sia chiaro. Insomma, c'è questa ragazza napoletana che lo rappresenta che sembra una appena uscita da una manifestazione, anzi da un'occupazione scolastica vi ricordate quando le facevamo ed alla fine c'era il rappresentante d'Istituto che vi parlava di diritti, di comunismo, di Che Guevara, con la maglietta dei Nirvana perché quella di Che Guevara la madre l'aveva messa a lavare? Ma poi se ne usciva uno e le diceva dalla mischia "Oh ma noi vogliamo solo le macchinette per le cioccolate!" e alla fine la cretina non sapeva nemmeno come chiederle al preside, ecco mi ricorda una di quelle dal femminismo che è solo un maschilismo femminista o un femminismo maschilista; una di quelle che vuole fare la rivoluzione con le converse diventando, a sua volta, un prodotto senza una vera identità originale e figlia di una generazione che a citazioni spacca il culo a tutti ma il libro non l'ha mai letto, dunque il significato vero, quello profondo di quelle stesse citazioni non lo capisce. 6) I cinque Stelle stanno più o meno là con le citazioni anzi il partito è fondato da un comico che era pieno di citazioni di comici americani spacciandole per sue ed il partito ha la citazione "Ed uscimmo a riveder le stelle" che Dante sarà svenuto di nuovo. Vabbè però sono opinioni andiamo ai fatti: Di Maio è già andato al colle da Mattarella a consegnare i componenti del suo governo futuro se vincerà. Come a dire "Io sono già pronto" o il più azzeccato "Me la sento calla". Io sono sempre stato preoccupato dal fanatismo della democrazia dei Cinque Stelle e più di tutto dal loro elettorato pieno di rabbia partorito dal Vaffa di un comico degli anni '80. Che cazzo, volevo dirti che "Oh è rimasto tutto degli anni '80" LucaCarbó . Questo elettorato è così variegato ma unito dalla comune della rabbia, io lo capisco sono 30 anni di paese martoriato che fa paura, perché mi fanno paura anche qui le presenze di eterni fascismi italici, c'è l'ignoranza, c'è del razzismo, c'è il complottismo preso da YouTube, ci sono le scie chimiche prendendo un volo RyanAir, gli anti-Vax vaccinati, persone che credono di sapere tutto per aver visto un video, per aver letto Wikipedia o per aver letto due notizie di Fakenews24 senza sapere fino a ieri cosa significasse fake, gente che voteranno solo perché hanno sempre votato altro e vogliono vedere che succede, tutta gente che li voterà perché sì, i Cinque Stelle sono il meno peggio, lo ammetto, ammettiamolo. Però che brutto che è solo a dirlo "Il meno peggio". E qui c'è il punto più importante: ho sempre votato alla ricerca del meno peggio, abbiamo tutti sempre votato da quando siamo nati il meno peggio, magari ci sembrava di votare il migliore, ma no. Dai diciamocelo «Abbiamo tutti sempre votato il meno peggio di qualcosa»: il meno ladro, il meno pervertito, il meno bugiardo dal linguaggio del corpo, il meno furbo, il meno ignorante, il meno parente di, ecc... Non abbiamo realmente mai votato per quello che ci sembrava "il più" ma per "il meno", non per il positivo ma per il meno negativo e no, non è la stessa cosa sia matematicamente che moralmente e la matematica si sa, non è un opinione e chi dice il contrario, dice una cazzata, così come chi dice che parlare di fascismo adesso sia EEEEsagerato. Abbiamo sempre scelto nella mediocrità, per me anche la mediocrità è Fascismo anzi è nella mediocrità che si è sempre radicato. Queste elezioni sono la mediocrità e lo sapete qual è la cosa più bella? Che non vincerà nessuno. Il 5 marzo ci sveglieremo nuovamente senza un governo in grado di avere i numeri e non solo, sopratutto vi accorgerete di quanti coglioni che io personalmente chiamo dei grandissimi pezzi di merda hanno votato Salvini e non ve lo diranno, nessuno avrà votato quel giorno. Italia. [smorfia] Siamo il più grande esperimento sociale mai realizzato nella storia e non ce ne eravamo accorti. Siamo il paese più anarchico del mondo. Il 28 febbraio 2013, 5 anni fa Rarzinger si dimetteva e dopo le dimissioni di Berlusconi con il lancio di monetine eravamo un paese contemporaneamente senza governo, senza il capo della polizia e senza il Papa, quel giorno eravamo il paese più punk del mondo che nemmeno i Clash se lo sognavano. Altro che Brexit. Sono anni ormai che non sappiamo darci un vero governo dalle elezioni e poi nominato in qualsiasi maniera perché la maggior parte di questi governi sarebbero autodistruttivi all'istante. Questo paese ci ha fatto fare tante risate ed io volevo raccoglierle tutte insieme; all'inizio del posto scrivendo volevo scrivere per far ridere ma adesso non ci riesco. Ero uno di quelli che pensava che votare servisse davvero, che fosse come ti dicono quelli bravi "L'unica arma di un cittadino", pensavo che accanto all'istruzione era vero che fosse un'arma intellettuale per combattere l'ignoranza e proteggere la democrazia; ora invece penso che sia molto moralistico pensare che il non voto non sia una vera scelta. Delle volte il semplice fare delle cose con costanza nel proprio piccolo che migliorano il mondo che abbiamo attorno supera di gran lunga quella X del voto e lo sostituisce. Abbraccio tutti quelli sempre più lontani dall'idea pura di politica, abbraccio tutti quelli che il non voto sarà assicurarsi la propria onestà intellettuale, abbraccio tutti quelli che soffriranno come me nel non poter votare perché veramente si sentono rappresentati da qualcuno perché è un mondo furbo, forse troppo. Il 5 perderanno tutti, non avranno i numeri, lo dicono già tutti i sondaggi ed il sistema elettorale è pessimo, ma vinceranno tutti di nuovo perché non ha perso nessuno e magari faranno pure un governo tutti assieme o dovranno fare un nuovo disegno elettorale da votare per rivoltare. Il 5 marzo saranno tutti sul carro dei vincitori, lo riconoscerete perché sarà parcheggiato in seconda fila, mentre voi, dopo aver preso il caffè al bar, con la vostra macchina non potrete uscire.
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bb-aria · 4 years
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Ho voglia di piangere e dormire tanto, come mi è successo altre volte. Dormire per un giorno intero.
Una piccola morte, una piccola via di fuga.
Troppo stress e pochi modi per scaricarlo.
Oggi non avrò tempo per fare sport
Oggi non avrò tempo per piangere
Oggi non avrò tempo per farmi le unghie
Oggi non avrò tempo per lavarmi i capelli
Oggi non avrò tempo per respirare, per guardare il cielo, ed inquadrarlo tra le dita come ho fatto avvolte. Per scattare una fotografia nella mia mente.
Oggi non ho tempo per intercettare il vento, capire la sua direzione, le sue capriole.
Oggi non ho tempo per buttarmi giù e leggere le mie paure in quel libro che sembra parlare di me. Di quel personaggio che la mamma una volta ha definito come "negativo" ma che a me è sembrato solo un personaggio che è stato punto dal veleno del dolore. Punto da uno dei calabroni della vita.
E che ancora sente il ronzio di quell'insetto terribile.
Oggi ho visto un moscerino al sole. L'ho invidiato, si stava pulendo le zampe credo, oppure stata leccanodo via i residui di qualcosa di disgustoso a lui gradito. Avrei voluto essere lui. Al sole, microcefalo insegnificante, senza pensieri, senza problemi o ignaro di averli, riscaldarmi le ali e volare via, senza impegni, senza doveri, (senza diritti?).E invece i miei occhi arrossati sono incollati ad uno schermo e non si staccano. Ora ho persino una dipendenza nuova, quella da Instagram. Ho smesso di fumare e mi manca.
Ho smesso di fare sesso e mi manca.
Ho smesso di cantare in macchina e mi manca.
Ho smesso di ascoltare la musica deprimente la mattina in bus e quella allegra all'una nel viaggio di ritorno a casa e mi manca.
Non assaporerò mai più nella mia vita una ricreazione al sole da studentessa liceale, non passerò più quei quindici minuti a lamentarmi delle prossime ore.
Non sognerò più di vedere qualcuno di speciale, per i corridoi di una scuola che non ho mai sentito mia, ma che ho sempre visto come " la nuova scuola" non la sento vecchia. Non ho avuto il tempo per elaborare nulla.
E poi loro, ora non so più cosa voglio. Se sto abbattendo muri o se li sto alzando.
Sto esattamente vivendo quello che non ho mai voluto vivere. Giorni seduta difronte ad uno schermo a leggere e a scrivere cose che non amo, che non mi appartengono e che il mio corpo rifiuta di inglobare. Appiccico post-it sulle pareti nel mio cervello, impegni impegni, doveri doveri, piaceri? No non ora. Dopo. E dopo sono sempre troppo stanca, non ho più l'entusiasmo. È come se nel momento esatto che mi siedo sulla sedia difronte al Tablet, una flebo mi si attaccasse alle vene delle braccia e lavorasse al contrario. Come se mi risucchiasse via le conoscenze, le capacità, il potenziale, da tavolo a legno, da atto a potenza, da farfalla a larva, da nutrita a smorta. Via la forza, via la fiducia, tutto ciò che ho guadagnato e poi infine il residuo più deteriorato. Come un sacchetto di plasitca smorto e forellato, sporco di qualcosa di unto e arancione, forse sangue? Qualcosa di veramente schifoso. Ecco cosa rimane della mia anima e la flebo la sta ciucciando via. Nessun poetico bacio dei dissennatori, nessuna lucina blu celestiale. Un sacchetto inquinante che fluisce, striscia, indifeso. E il mio corpo? Grigio e verde, polveroso, con un unghia spezzata, le punte dei capelli spezzate e doppie, sbiadie. Più peli, più grasso. Sono invecchiata di cento anni. L'aria. Dormendo forse inganno il tempo? Me stessa? Il mondo? Chi? Da cosa riuscirei a scappare? Non c'è abbastanza luce da cui trarre energia. Quella dello schermo è avida e ha anche il coraggio di diminuire quando è scarico. Arnese maledetto. Sei inrealtà una buona risorsa, ma io ti sto odiando perché mi costringono a farlo. Ecco cosa mi sembro. Una formichina con le gambe spezzate, le antenne abbassate, le fauci strette in un elastico, chiuse, le zampette appiccicate con la resina su una tastiera e nessun busto, nessuna stampella a sorreggere il naturale cedimento.
E io sono quella messa meglio. C'è chi sta peggio. Ma c'è chi sta peggio sempre.
Il fatto che mi stia lamentando mi infasfidisce ma allo stesso tempo, sento che non ne posso fare a meno. È come se fosse l'unica cosa che al momento mi riesce fare bene. Che schifo.
Ecco cosa sento, un mare di schifo.
Intorno a me fiumi di fogne con piccoli scarafaggini che mi salutano. È questa la mia primavera? Una lampadina come sole, e una seggiola come prato? È questo che dovevo beccarmi dopo l'inverno? Fanculo.
Marrone. Tutto sbiadito.
Tutto in carne nei punti sbagliati e scarno. Uno scheletro con tanta ciccia non sua.
Non sono io. Progetti.
Ridicoli. Il tempo è qualcosa di meraviglioso e me lo stanno portando via e hanno il coraggio di dirmi anche che è lecito. E mia zia.
Un matrimonio appena iniziato e già il primo dramma. Deve essere questa la vita? Sì ne ho capito il senso. Dammi il tempo. Dammi l'aria. Dammi l'amore. Dammi. Forse pretendo troppo. Forse non do abbastanza. Ma forse non do perché non sarebbe equo.
È giusto proteggersi così? Essere avidi?
Forse è per questo che mi manca. C'è chi è avido come me. Chi meno e chi più. Per questo non ricevo?
E allora è di nuovo questione di coraggio, di sacrificio. Sacrificio. Forse devo riflettere su questa parola. Ho riflettuto sul coraggio. Ma non bene sul Sacrificio. Forse è la chiave. So già cosa sia un minimo. Ma forse non abbastanza. Forse è giunto il momento che si aggingua un pilastro alla mia struttura. D'altronde è un po' che ho riiniziato a vacillare.
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ninocom5786 · 4 years
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Tutti parlano del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), noto come fondo salva stati, ma nessuno o pochi conoscono questo meccanismo oppure lo sconoscono.
Il MES è un fondo finanziario per la stabilità finanziaria dei paesi dell'Unione economica e monetaria, cioè l'eurozona. Questo meccanismo ha come compito aiutare i paesi che riscontrano difficoltà finanziarie e crisi del debito pubblico. Il MES offre assistenza a questi paesi donando dei prestiti per ristrutturare e stabilizzare il debito pubblico. Il fondo emette prestiti per assicurare assistenza finanziaria ai paesi in difficoltà e acquista titoli sul mercato primario, ma induce condizioni molto severe. Il MES può attuare sanzioni e restrizioni in caso di mancata restituzione e, in caso di di mancato pagamento, da parte di un suo membro, è previsto l'inibizione di esercitare i propri diritti di voto per l'intera durata di tale inadempienza.
A gestire questo fondo, sono Consiglio dei governatori composto dai ministri delle finanze dei paesi dell'eurozona, da un Consiglio di amministrazione (nominato dal Consiglio dei governatori) e da un direttore generale, con diritto di voto, nonché dal commissario UE agli affari economico-monetari e dal presidente della BCE nel ruolo di osservatori.
Il MES gode di immunità da ogni processo giudiziario ("guai a chi tocca!" docet). Quindi, tutti i membri del meccanismo sono impunibili e intoccabili anche se si tratta di reati di natura economica e finanziaria.
In questo meccanismo, ogni Stato versa una quota nel fondo emessa senza essere gravate da oneri mentre pegni e ipoteche non sono trasferibili. Se uno Stato membro non paga, perde il diritto di voto finché non risolve la posizione debitoria e ogni decisione di uno Stato in crisi finanziaria viene presa da altri Stati.
L'obbligo per ogni Stato è irrevocabile e incondizionato. Ogni decisione fondamentale viene presa a maggioranza relativa di due terzi dei membri aventi diritto di voto.
Il trattato prevedeva il pagamento del capitale in 5 rate annuali, ma il 30 marzo 2012 l'Eurogruppo ha deciso che il pagamento sarebbe dovuto essere accelerato per poter essere completato entro la metà del 2014.
Il MES è entrato in vigore nel luglio 2012 dopo le modifiche apportate al Trattato di Lisbona. Il parlamento italiano ha rettificato tale meccanismo quando c'era il quarto governo Berlusconi. Giorgia Meloni allora ministro aveva votato a favore.
Il 23 marzo 2011 il Parlamento europeo deliberò prima sottoscrizione del Meccanismo di Stabilità Europea. Nello stesso giorno, l'eurodeputato Matteo Salvini era assente al momento della votazione e quindi non risulta alcun voto.
Nel luglio 2012, quando al governo c'era Mario Monti, PD e PDL concretizzarono la rettifica del MES. Nei rapporti ufficiali, risulta che Giorgia Meloni abbia la votazione numero 13.
Da quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha citato Meloni e Salvini durante la conferenza stampa, la Lega e Fratelli d'Italia si sono mossi mostrando la loro totale ipocrisia.
Ma al di là delle dichiarazioni del premier e dei due so(vra)mari, il MES è un meccanismo veramente pericoloso oltre che essere inadeguato. Adotta la stessa strategia fatta con Grecia attraverso la Troika. L'Italia ha un rapporto deficit/PIL ben superiore a quel 60% richiesto per ottenere agevolmente aiuto economico dall’Europa e perciò Bruxelles ci vincolerà a fare le famose “riforme strutturali". Una volta ricevuti i soldi, dovremmo quindi adottare misure di austerità.
La Grecia ha dovuto tagliare il 50% degli stipendi e delle pensioni, ha aumentato le tasse, privatizzato tutti i servizi statali essenziali come la sanità e l'istruzione pubblica, tagliato il rendimento dei BOT del 75% e altre cose.
Grazie al MES, adotteremo le stesse misure economiche e finanziarie. Nell'ultimo Eurogruppo, l'Italia ha ricevuto 35 miliardi, con condizioni alleggerite per impegnarsi nella lotta contro la pandemia di coronavirus.
Nel 1981, c'è stato il "divorzio" tra la Banca d'Italia e il Ministero del Tesoro e questo fu un primo passo verso la distruzione della sovranità economica e finanziaria del paese. Poi venne il Trattato di Maastricht che fece nascere l'Unione Europea e che obbligava i paesi membri di "divorziare" con le banche centrali nazionali per dare loro piena "indipendenza". Da quel momento, il nostro debito pubblico è salito.
Nel 2015, andarono in fallimento quattro banche (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) causando la perdita del risparmio tra cui 3,6 miliardi di euro furono a carico del resto del sistema bancario italiano, mentre 140 mila risparmiatori persero 430 milioni di euro. Fu applicata la prima "ristrutturazione" a carico dei risparmiatori. Con ciò, si causò l'enorme perdita di liquidità del 17%.
In questo caso, lo Stato italiano avrebbe dichiarato l'insolvenza, ma non fu mai fatto per non rischiare di fare la stessa fine della Grecia. Anzi, noi siamo già alla stessa situazione greca. Il nostro debito pubblico ammonta di più di 2000 miliardi. I titoli di Stato sono tutti emessi con tassi negativi.
Le banche tedesche come la Deutsche Bank e Commerzbank hanno parametri completamente fuori controllo perché nel passato hanno fatto a privati prestiti andati in malora. La DB nel 2018 ha perso tra luglio e settembre 832 milioni di euro, dopo le perdite da oltre 3 miliardi del secondo trimestre.
Quindi, a guadagnare con questo meccanismo saranno le banche strozzine, quelle dei paesi centrali (come Germania e Paesi Bassi) e a soccombere saranno i paesi periferici europei come l'Italia e la Spagna.
Ormai appartenere a questa "comunità europea" non ha più senso. Da quando abbiamo adottato l'euro, il nostro debito pubblico è aumentato, i salari dei lavoratori sono ridotti, i profitti sono aumentati, i prezzi dei beni di prima necessità e di altri beni materiali sono aumentati. Per mettere la benzina, devo mettere 20 euro nel distributore.
Abbiamo barattato la nostra sovranità con questi meccanismi micidiali.
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paoloxl · 5 years
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Un uomo di origine bengalese, Faisal Hossai, di 32 anni, è deceduto ieri presso il CPR di Torino. Arrestato perché senza documenti, violentato nel centro, lasciato morire in isolamento dai secondini nonostante la denuncia degli altri detenuti.
Rivolta nel CPR di Torino dopo la morte di Faisal Hossai
Nella giornata era emersa l'ipotesi che il ragazzo fosse stato violentato alla fine di giugno da altri due ospiti della struttura, anche se la polizia si era affrettata a smentire. Pare confermato da più fonti che l’uomo fosse stato posto in isolamento per 22 giorni, che soffriva di disturbi e che non fosse seguito adeguatamente. E’ evidente che si trattava di un soggetto che non avrebbe dovuto trovarsi all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio, così come nessun altro dovrebbe essere sottoposto a tutto ciò .
Si tratta invece dell’ennesima e assurda vittima (a inizio giugno si è tolto la vita un giovane nigeriano al CPR di Brindisi) di un sistema di detenzione dove vengono reclusi i cittadini non comunitari che hanno commesso il “reato” di non essere in possesso del permesso di soggiorno. Per questa sola ragione, i migranti vengono “trattenuti” in un luogo infernale, una macchina repressiva e di controllo che macina milioni di euro per la sua gestione e in cui la violazione dei diritti umani più elementari è la norma, con la complicità di chi li gestisce e degli organi di polizia. Un sistema che con il decreto legge Minniti-Orlando e con il decreto Salvini ha posto le basi normative per estendersi in tutte le regioni italiane e che ha visto aumentare il periodo di "trattenimento" fino a 180 giorni. 
Appena dentro il CPR torinese si è sparsa la voce del decesso, gli altri detenuti hanno fatto esplodere la protesta. «Tensioni» dicono le grandi testate, sminuendo il fatto. Peccato che le stesse testate giornalistiche avrebbero dovuto essere al corrente di un caso riconducibile alla persona di Faisal, un uomo che prima di essere spostato in isolamento aveva raccontato la storia dello stupro subito a un altro detenuto che era riuscito ad inviare una mail alla Procura, nonché a vari giornali, in cui denunciava la preoccupazioni per le condizioni dell’amico. La mail rimarcava inoltre la situazione ditrattamento disumana all’interno della struttura di Corso Brunelleschi, nonché le perenni vessazioni a cui il personale sottopone i reclusi. Non si fa fatica a credere alla veridicità del contenuto di questa mail; la stessa fonte ha in seguito descritto, in un’intervista per Fanpage, una situazione bestiale, in cui anche la richiesta di beni essenziali, atti a preservare la salute fisica e mentale degli individui, rischia di vedersi sotterrare da una spirale di violenza punitiva. Una testimonianza perfettamente coerente con quella che, pochi mesi prima, Tomi, altro detenuto del CPR torinese, aveva espresso attraverso le frequenze di Radio Black Out, scegliendo di portare avanti uno sciopero della fame che aveva fatto talmente arrabbiare medici, polizia e istituzioni, da farlo trasferire al CPR di Bari.
Poche settimane prima dell’accaduto, l’assemblea Ah Squeerto, insieme ad altre realtà solidali di Torino, aveva organizzato un presidio sotto il CPR di Torino mettendo in rilievo il ruolo di queste strutture nella marginalizzazione delle identità e dei corpi, ai quali viene impedito, tramite la reclusione coatta, di autodeterminarsi. Questo è ciò che pertiene alla folle logica dei centri di internamento. Poi vi è una dimensione tale per cui l’individuo forzatamente passivizzato non è nemmeno tutelato nella sua conservazione: questa violenza incarnata da figure di servizio e servizi d’ordine paragonabili a kapò si porta dietro l’ombra sinistra dello Stato e delle politiche internazionali che concertano il controllo dell’immigrazione, lavandosene poi le mani col sangue. Alle testate di regime spetta poi il compito di etichettare come «morti naturali» ciò che in quelle condizioni detentive è realisticamente omicidio. «Mi stupisce che mezzo mondo si mobiliti per Carola Rackete e nessuno dica una parola o decida di compiere un gesto riguardo alla morte di un uomo che avviene a due passi dalle nostre case» dice una solidale che si trovava al presidio di solidarietà ai migranti, avvenuto ieri nei pressi del CPR. La presenza del presidio è stata avvertita dai migranti dentro il centro, da dove si è iniziato a sentire rumore di oggetti spaccati e si sono viste alzarsi colonne di fumo. L’istante successivo la polizia, presente in antisommossa fin dal mattino, sparava lacrimogeni e idranti dentro la struttura. Fuori, il presidio stanziato in via Monginevro ha subito numerose cariche da parte della polizia, di cui una particolarmente violenta che ha colpito due ragazze in testa e un ragazzo al braccio. Un giornalista ha successivamente pubblicato un video in cui i poliziotti manganellano gente al muro con le braccia alzate e, non appena si accorgono di essere ripresi, minacciano e picchiano anche il fotoreporter, intimandogli di sparire. Faisal deve morire due volte, stavolta attraverso un violento insabbiamento.
Ma la storia appunto non è nuova, come dimenticare in uno dei primi Cie italiani, nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1999, a Trapani, sei ragazzi tunisini che rimasero uccisi in un incendio. Alcune persone detenute nel centro avevano tentato di fuggire e le forze dell’ordine avevano rinchiuso dodici ragazzi in una piccola cella. Uno di loro aveva dato fuoco a un materasso causando un incendio. Tre di quei ragazzi morirono nella notte, altri tre pochi giorni dopo in ospedale a causa delle ustioni riportate. Si chiamavanoRabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nasim. Da allora sono state registrate numerose violenze, rivolte, atti di autolesionismo, suicidi e morti all’interno dei Cie italiani. L’inchiesta Morti di Cie ha denunciato più di venti casi di persone che hanno perso la vita nei centri. Cosa sono i Cpr Istituiti nel 1998 dalla legge sull’immigrazione Turco Napolitano, i Centri di Permanenza Temporanea, poi denominati CIE (Centri di identificazione ed espulsione) dalla legge Bossi Fini, e infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla legge Minniti-Orlando, sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri che appunto sono sprovvisti di regolare permesso di soggiorno. Le persone si trovano all’interno dei CPR con lo status di trattenuti o ospiti ma la loro permanenza è una vera e propria detenzione, in quanto sono privati della libertà personale e sono sottoposti ad un regime di coercizione che, tra le altre cose, impedisce loro di ricevere visite e di far valere il fondamentale diritto alla difesa legale. E’ veramente difficile entrare in un Cpr, in particolare nei Cie di Torino e di Ponte Galeria. Tutto ciò pare assurdo ma la verità è che tenere aperti questi centri è un’attività redditizia la gestione dei centri viene affidata ad aziende private. Negli ultimi trent’anni i paesi europei hanno speso importanti somme di denaro per impedire ai migranti di entrare nel territorio dell’Unione europea: dopo l’abolizione delle frontiere interne (Schengen) negli anni novanta, si è investito sul rafforzamento di quelle esterne dell’Unione europea e sulla loro militarizzazione. Tra il 2003 e il 2013 l’Unione europea e l’Agenzia spaziale europea hanno finanziato 39 progetti di ricerca e sviluppo sulla messa in sicurezza delle frontiere per un totale di 225 milioni di euro.
A beneficiare di questi finanziamenti sono state in particolare tre aziende: Thales group, Finmeccanica e Airbus. Uno studio del Transnational institute, pubblicato nel luglio del 2016, stima che entro il 2022 la militarizzazione delle frontiere potrebbe creare un giro d’affari di 29 miliardi di euro all’anno. In diversi stati dell’Unione europea la detenzione nei centri per immigrati irregolari è diffusa e può durare fino a 18 mesi. E a marzo 2017 la Commissione europea ha raccomandato agli stati dell’Unione di applicare più severamente la direttiva rimpatri per i migranti irregolari e di estendere la detenzione anche ai minorenni!
In Italia i centri dipendono dal ministero dell’interno, la loro gestione è affidata a cooperative sociali e, da qualche anno, anche ad aziende private. Gli appalti sono assegnati in base a bandi di gara il cui principale criterio di selezione è il risparmio. Tra il 2005 e il 2011 il sistema di detenzione degli stranieri è costato un miliardo di euro, spesi in buona parte per la gestione dei Cie. Nel dicembre del 2012, il gruppo Gepsa-Acuarinto ha ottenuto la gestione del Cie di Roma per una cifra di 28,8 euro al giorno per persona. Nel 2014 lo stesso gruppo si è inserito anche nella gestione del Cie di Torino proponendo tariffe del 20–30 per cento inferiori a quelle offerte dalla Croce rossa anch’essa complice di questa assurda storia. La Gepsa appartiene alla multinazionale dell’energia Gdf Suez e in Francia gestisce 16 carceri e dieci centri di detenzione in tutto il paese. In Germania sono diverse le aziende private coinvolte nella gestione dei centri. Le principali sono: l’European homecare, la Boss security, la Kötter e la Service Gmbh. L’European homecare è presente anche in una cinquantina di centri di accoglienza e le è stata ritirata la gestione di Siegerland Buchbach nel 2014, quando è emerso che alcuni sorveglianti dell’azienda avevano commesso abusi e torture sui richiedenti asilo.
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ilbiancospino · 7 years
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Coming Out Day
Esattamente un anno fa ero titubante riguardo il pubblicare la mia esperienza riguardante il mio orientamento sessuale. “Prometto che la scriverò per il prossimo anno”, dissi. Quest’anno mi accorco che “il prossimo anno” è già arrivato e la mia preoccupazione è ancora qui. penso, però, che esplicitare quello che ho passato in qualche modo potrebbe aiutare qualche ragazzo o qualche ragazza che, qui in Italia, si vergogna di ciò che è e/o ha paura di vivere il proprio amore liberamente. Quindi sono qui, ora, per buttare fuori una volta per tutti la mia personale esperienza di Coming Out.
Sono cresciuta in una famiglia composta da una sorella di quattordici anni più di me e una madre e un padre più avanti con l’età rispetto a quelli dei miei coetanei. In casa mia non venivano mai nominati i gay: né negativamente né con indifferenza. Sin dalla scuola materna mi immaginavo in un futuro con una moglie ed i nostri figli, ma non avendo mai sentito parlare di omosessualità, mi convinsi di dover essere un maschio per poter avere una moglie. Crebbi completamente disinteressata ai trucchi, ai capelli lunghi, ai vestiti femminili e quasi tutto ciò che riguardava l’idea di bambina e ragazzina tipo. Questo, però, non era ciò che davvero sentivo come adatto a me. Non mi sentivo davvero me stessa, ma non riuscivo a capire perché.  Mi disinteressavo, soprattutto, del sesso. Eppure alle medie non parlavano d’altro. Sai, la scoperta del proprio corpo e l’interesse per quello dell’altro sesso. Zero. Per me valeva zero. Prendevo delle cotte per delle ragazzine, ma nella mia testa erano semplicemente amicizie molto importanti. Io davvero non mi rendevo conto che esistesse la minima possibilità che una ragazza potesse stare insieme ad una ragazza.  Nell’estate tra il primo ed il secondo anno delle scuole superiori andai a Barcellona con mia sorella ed una sua amica. Camminavamo in una stradina di sera quando le vidi. Due ragazze che avranno avuto pochi anni in più di me camminavano poco più avanti di noi. Per mano. Si diedero un bacio. Lì capii. Fu un momento così sconvolgentemente bello per me. Capii chi ero davvero, in un istante solo. Inutile dire, però, che non me la sentivo di parlane già con gli altri. Neanche con mia sorella, con la quale ho sempre avuto un rapporto strettissimo. Ricordo che passai semplicemente quella serata a dirle “ma hai visto quelle?” “oh. ma hai visto?” e lei era quasi disinteressata. Mi fece capire che era una cosa normale, che andava bene. Non ne parlai neanche con la mia migliore amica. Ero felice di essermi tolta quel peso che mi portavo dentro, il peso della confusione, ma ora lo sostituiva il peso della paura di sembrare strana agli occhi della gente. Un giorno però presi la mia prima vera cotta. Le dissi qualcosa come “Sai.. Mi piace una persona..” e lei mi chiese subito “una ragazza?”. Fine. Con lei fu facile, che dite? Poi arrivò il turno di mia sorella. Per me era fondamentale il suo giudizio (come quello di mia madre, ma per mia madre sentivo di dover preparare il terreno). Ormai non viveva più a casa nostra, quindi glielo scrissi su facebook anche per non mostrarle la mia ansia infinita. Poco dopo mi chiamò e mi disse “per me potresti essere anche un vampiro, un licantropo, uno zombie e ti vorrei bene ugualmente. Beh, forse uno zombie no. Puzzano..” e mi disse che, però, lei non lo aveva già intuito.  Iniziammo così, insieme, a tastare il territorio per dirlo a mia madre. Non sembrava indispettita dall’esistenza dei gay e non era particolarmente contraria ai loro diritti genitoriali e di coppia, quindi dovevo essere abbastanza tranquilla, no? No. Ero in panico. Dopo due anni dall’ “illuminazione”, però, era ormai tempo di dirglielo. Non le avevo mai mentito, abbiamo sempre avuto un rapporto aperto e di piena fiducia. Non volevo avere una fidanzata e nasconderglielo o mentirle. Ridendo e scherzando, il giorno del mio diciassettesimo compleanno lesse di sfuggita una cosa che avevo scritto su un foglio che volevo poi usare proprio per un progetto sul Biancospino. Il biglietto diceva qualcosa come “sono lesbica e i miei non lo sanno”. Sul momento le dissi che era una cosa inventata, appunto, per un progetto. Poi rimasi lì, impietrita, tormentata dall’idea di aver sprecato la mia occasione. Mi alzai, andai in cucina dove lei era seduta al tavolo. Mi sedetti e le dissi che le dovevo dire una cosa. Ero così in ansia che sorridevo, ridevo. “Mamma, mi piacciono le ragazze”. (Usare la parola lesbica non faceva ancora parte delle mie abitudini. Sentivo come che, finché non mi avesse accettata lei, io non potessi descrivermi con quell’aggettivo).  “Stai scherzando?”. Le dicevo che no, ero seria, ma che sono sempre la stessa, che volevo solo essere sincera. Lei era sconvolta. Pianse. D’altronde, una donna di quasi sessant’anni, cresciuta in una società come quella in cui è cresciuta.. però ovviamente ci rimasi male.Veder stare così male mia madre mi fece pensare che forse allora non andava bene essere come sono. Ero una vergona, un disonore, forse. Ma si sarebbe sentita in imbarazzo con me? Ebbene, la risposta è sì. Fu così per lunghissimi mesi. I primi giorni piangeva. Sempre cercando di non farsi vedere da me. Pian piano, però, la situazione iniziò a migliorare. Il primo passo fu smettere di piangere. Poi, confrontandosi con mia sorella, capì che doveva iniziare a tornare alla normalità con me. Di nascosto iniziò a informarsi tramite giornali e televisione. Iniziò a dire frasi come “quando troverai una ragazza...”, fino ad arrivare a “sai no, ho guardato un documentario e spiegavano che per l’inseminazione artificiale ci si deve rivolgere a tot servizio...”.  E mio padre? Beh. Venne a prendermi in stazione di ritorno dal mio primo GayPride. Mi chiedeva com’era stato. Io gli raccontavo un po’ di dettagli, i più sobri. Gli dissi che c’erano un sacco di telecamere per i telegiornali. Lui mi disse: “speriamo che non ti abbiano inquadrata, altrimenti la gente penserà che hai tendenze”. “E se fosse?”, gli risposi. Guidò con lo sguardo fisso sulla strada  e non ne parlammo più. Due estati fa, mentre i miei genitori erano in vacanza, mia madre gli disse, in maniera molto tranquilla, perché ormai erano passati tre anni dal mio coming out con lei, che a me piacevano le ragazze. Lui rispose “Lo immaginavo”. E’ un timidone. Finché non se ne parla esplicitamente, per lui va bene che io ami chi voglio.  Riguardo i miei amici, invece, non ho molto da dire. La hanno presa tutti con molta naturalezza. L’unico aneddoto divertente a riguardo è quando lo ho detto a una mia complagna di classe con cui andavo veramente molto d’accordo e lei rise a crepapelle dicendo che “non sono il tipo”. Ho dovuto ripeterglielo per un po’ di giorni prima che mi credesse. Ora, però, mia mamma mi sta facendo Outing con tutta la famiglia, tutti gli amici di famiglia e le cassiere dei supermercati. Direi che la sta prendendo decisamente troppo bene.
Tutto questo papiro perché?  Perché questa non è stata del tutto una storia di genitori che ti abbracciano e ti dicono che sei un figlio fantastico lo stesso, ma neanche la storia di una ragazza che è stata picchiata o cacciata di casa. le persone che avete intorno possono anche non accettare subito la cosa, ma ciò non significa che sarà sempre così. E se non la accettano subito, voi non fate il mio stesso errore. Non pensate di essere sbagliati, di aver preso una “decisione” sbagliata. Sappiamo tutti che non è una cosa che si sceglie. Una volta dicevo “se potessi scegliere, non sarei lesbica. Sarebbe tutto molto più semplice!”. Ora, invece, sono felice di ciò che sono. Il mio orientamento sessuale è solo un dettaglio. Un dettaglio che, però, mi ha fatto conoscere e amare persone fantastiche.  Non lasciare che il giudizio di eventuali amici che non ti accettano ti faccia sentire come se valessi meno, se ciò che provi valesse meno.  Vivete il vostro amore nella maniera più naturale del mondo, non abbiate paura di ciò che pensa la gente: non ne vale la pena.  Spero che, prima o poi, tutti possano vivere il proprio orientamento sessuale in maniera felice e disinvolta come faccio io e, anzi, anche di più. Tenete duro. Io e tutto il Biancospino siamo al vostro fianco.
Giulia.
PS Se avete consigli su come placare l’eccessivo entusiasmo di mia madre, fatemelo sapere in un commento.
#ComingOutDay #ComingOutDay2017
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davincialba · 4 years
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1^ Numero GIORNALINO  2020
Articolo 21
                 PERIODICO D’ INFORMAZIONE DEL LICEO DA VINCI
Se si sogna da soli, è solo un sogno, ma se si sogna insieme, è la realtà che incomincia.
PROVERBIO AFRICANO
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                                                    Il sogno
Chi non ha mai sognato di diventare come qualcuno una volta “grande”?
Spesso in tenera età veniamo invitati a rispondere a questo quesito che ci spinge ad usare la nostra immaginazione, delineando, in maniera molto flebile, una prima concezione di quello che sarà il nostro ipotetico futuro. Facendo riferimento alle figure che ci circondano, osserviamo i loro comportamenti e talvolta tentiamo di riproporli maldestramente. Allo stesso modo da bambini abbiamo risposto alla famigerata domanda “Che cosa vuoi fare da grande?” con esempi che si rifacevano ai nostri modelli di riferimento, che potevano essere genitori e famigliari, ma anche figure sociali che rispecchiavano le nostre passioni. Ed è allora che noi giovani menti dichiaravamo di voler diventare ballerine, piloti da corsa, astronauti, scienziati, cantanti, ecc….
Diventando “grandi” ed entrando a contatto con realtà differenti, però, è possibile che il sogno, in cui credevamo ardentemente, si spenga, lasciando il posto ad altro.
Purtroppo, crescendo, arriviamo ad un punto in cui si incrociano i sogni e l’affermazione dell’individuo. Spesso quest’ultima coincide con la nostra futura carriera lavorativa, nella quale saremo spinti a realizzare un’ambizione, più che un sogno. Sono pochi quegli uomini fortunati che riescono a fare del proprio sogno un lavoro.
Durante l’adolescenza sono due i momenti principali nei quali veniamo spinti a prendere una decisione che si rifletterà volontariamente o involontariamente sulla nostra vita futura. Il primo consiste nel passaggio che segna l’inizio dell’adolescenza, ovvero la scelta della scuola superiore e la fine della scuola media; il secondo, invece, delimita il confine tra il termine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta: la conclusione degli studi superiori.
Solo grazie all’esperienza riusciamo a compiere una scelta saggia ed essa si manifesta  con il progetto dell’alternanza scuola-lavoro. Questo ci consente di avere un primo grande assaggio di quello che sarà il nostro futuro. Possiamo trovarlo amaro o dolce, ma ciò non deve spaventarci, perché è necessario mettersi in gioco per realizzare i propri obiettivi:  così riusciremo a realizzare il nostro sogno.
Anche se talvolta ci troveremo davanti a difficoltà non dobbiamo abbatterci, perché il fallimento è naturale,  dal momento che ogni cosa positiva ha un lato negativo, ed è proprio per questa ragione che in qualsiasi condizione  in cui ci dovessimo trovare, dobbiamo sempre pensare al meglio per noi.
Se agiamo in questo modo,  allora diventa utile fare dei sogni la nostra guida e riusciremo ad ottenere così la vittoria.
“I have dreamt in my life, dreams that havestayed with me ever after, and changed myideas; they have gone through and throughme, like wine through water, and altered the color of my mind. And this is one: I'm going totell it - but take care not to smile at any part of it.”
                                                                 Emily Brontë, Wuthering Heights
“Ho sognato nella mia vita, sogni che son rimasti sempre con me, e che hanno cambiato le mie idee; son passati attraverso il tempo e attraverso di me, come il vino attraverso l'acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente. Ho intenzione di dirtelo - ma fai attenzione a non sorridere a qualunque parte di esso.”
                                                               Sacco Miriam 4^CS
                                            A VELE SPIEGATE...
I have studied many times
The marble which was chiseled for me—
A boat with a furled sail at rest in a harbor.
In truth it pictures not my destination
But my life.
For love was offered me and I shrank from its disillusionment;
Sorrow knocked at my door, but I was afraid;
Ambition called to me, but I dreaded the chances.
Yet all the while I hungered for meaning in my life.
And now I know that we must lift the sail
And catch the winds of destiny
Wherever they drive the boat.
To put meaning in one’s life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire—
It is a boat longing for the sea and yet afraid.
Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, "George Grey"
Desiderio, obiettivo, ambizione oppure, se preferisci, puoi chiamarlo: "SOGNO".
Coltivarne uno quanto conta?
Si può definire tale una vita privata della speranza di raggiungere, un giorno, un ben preciso traguardo?
Abbiamo voluto riflettere su questo argomento, ma le domande che ci siamo appena posti sono retoriche, se non, addirittura, provocatorie. È scontato, infatti, che, se nell'uomo si spegne la fiamma che lo conduce verso una piena e completa realizzazione, egli neppure può considerarsi veramente vivo.
Sognare è indispensabile quasi quanto respirare.
Non avere sogni significa perdere una qualsiasi forma di motivazione ed ecco che niente ha più senso, neppure l'impegno nello studio, nel lavoro così come i legami affettivi. Già, perché portare avanti un progetto di vita non significa percorrere una strada buia solitaria e a senso unico e i sogni più belli sono quelli condivisi e condivisibili.
I giovani di oggi spesso attaccati dai mass media e dipinti come superficiali, danno  dimostrazione di avere dei valori e degli ideali che molti adulti hanno dimenticato. In particolare, essi sognano un mondo più giusto, più equo, più sicuro e più sostenibile.
Quando, lo scorso anno, abbiamo stilato un elenco di argomenti da affrontare, in seguito sul giornalino, sono emerse tematiche come : la lotta alle mafie, alla disparità di genere, all'abuso di sostanze stupefacenti, all'inquinamento,la ricostruzione della storia della nostra scuola, del rapporto tra genitori e figli, ecc...
Come interpretare queste semplici scelte, se non come un profondo e radicale desiderio di cambiare il mondo in meglio?
Diteci voi, se non è un sogno questo, allora che cos'è?
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                                       LA PAROLA AGLI ESPERTI
Incontra un astronauta
Venerdì 20 settembre 2019 l’astronauta italiano Paolo Nespoli ha incontrato migliaia di studenti delle scuole superiori della provincia di Cuneo presso il Pala Ubi Banca di Cuneo per raccontare la sua esperienza professionale e umana nello spazio.
La mattinata si è aperta con la proiezione di “Expedition”, un docufilm curato dalla regista Alessandra Bonovina, nel quale viene spiegato, passo dopo passo e con frequenti interventi da parte dello stesso Nespoli, come si è svolto l’addestramento per la missione spaziale “Expedition 52/53” o “Missione vita”; inoltre, viene raccontato tutto ciò che accade prima di un lancio, dai durissimi addestramenti ai vari esperimenti, fino alle simulazioni.
Prima di rispondere alle diverse domande degli studenti, Nespoli ha spiegato quanto sia importante conoscere il nostro pianeta in modo da poter migliorare la gestione delle risorse ambientali, soffermandosi sulle varie tecnologie nate per supportare gli astronauti e raccontando qualche aneddoto sulla propria vita.
Noi ragazzi abbiamo avuto la possibilità di porre svariate domande all’astronauta: parte degli alunni ha voluto conoscere alcune curiosità sulle attività quotidiane che si compiono in orbita all’interno della Stazione Spaziale Internazionale, mentre altri hanno chiesto come il lavoro degli astronauti possa cambiare la vita sulla Terra; altri ancora hanno domandato della percezione di infinito che si sperimenta nello spazio. Nespoli ha spiegato che diventare astronauta è sempre stato il suo sogno, ma nel momento in cui ha raggiunto l’obiettivo ha avvertito un forte senso di responsabilità. Per lui essere un astronauta vuol dire poter svolgere il proprio lavoro di ingegnere, e, per tutti coloro che se lo stanno chiedendo, fare l’astronauta è una professione a tutti gli effetti, molto intensa e specialistica. Non sono mancati quesiti sui sogni e sulle aspirazioni: l’astronauta ha motivato i ragazzi, spronandoli al lavoro in gruppo per concretizzare le proprie passioni, consigliando loro di non spaventarsi di fronte alle difficoltà ma di guardare tutto come una sfida. Attraverso questo incontro abbiamo capito che anche i sogni più difficili possono essere realizzati.
Le alunne della 5^ BS
Berbotto Caterina
De Marinis Ludovica
Nardin Alessanda
Vianello Livia
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Lavoro di  Giulia Battaglio 5CS
                                            INVITO ALLA LETTURA
I HAVE A DREAM – DISCORSO DI MARTIN LUTHER KING PRONUNCIATO IL 28 AGOSTO 1963
Proponiamo la lettura di quello che si può considerare il proclama sull’emancipazione…
Martin Luther King è stato il leader del movimento per i diritti degli afroamericani. Luther King pronunciò un discorso in cui esprimeva i suoi pensieri che, in realtà erano desideri,anzi, vista l’epoca, erano sogni. In un periodo storico in cui esistevano ancora forti pregiudizi e fenomeni di intolleranza fu uno dei più coraggiosi a parlare di fratellanza, di uguaglianza e di giustizia. Il suo discorso ha un taglio argomentativo, perché in ogni frase viene sottolineato come ogni essere umano,indipendentemente dal colore della pelle, abbia pari diritti, visto che ciò che conta non è sicuramente l'aspetto esteriore, ma le capacità di ognuno; rispetto a questa posizione viene, perciò, evidenziata l’assurdità di una visione razzista. Alcune espressioni e parole sono ripetutamente anaforicamente: “I HAVE A DREAM” ne è un esempio. Ripropone, spesso, questa frase per otto volte, affinché siano ben chiari i suoi pensieri e i suoi ideali. Anche la locuzione “con questa fede” viene ripresa sovente: la fede è intesa come sinonimo di speranza perché si possa, un giorno, lavorare, pregare, lottare insieme per un futuro migliore per tutti, in particolare per quanti hanno dovuto subire la segregazione razziale. Martin Luther King usa efficaci metafore per rendere ancora più chiare le soluzioni da adottare:le persone di colore nascono nella "valle oscura e desolata" : passano dalla discriminazione al sentiero radioso della giustizia. Le parole di Martin Luther King arrivano al cuore e risultano ancora sorprendentemente attuali. Sono passati molti anni,molti popoli hanno conquistato l’indipendenza ma molti altri uomini continuano ad essere vittime delle ingiustizie: la storia si ripete e il razzismo è una piaga mai del tutto sanata. Sarebbe opportuno ricordare sempre uomini del calibro di Martin Luther King, capaci di risvegliare le coscienze per realizzare il sogno di tutta l'umanità:VIVERE IN PACE!
                                                    Alice Silvestro, Borgogno Martina 2cs
                                                  INVITO AL CINEMA
Un sogno in un pezzetto di carta
In questo primo numero del giornalino scolastico ho deciso di parlare di un film che mi ha toccato molto, un film sincero, diretto nel 2002 da Curtis Hanson, che descrive i fatti in modo quasi oggettivo e lascia allo spettatore il compito di interpretarli: sto parlando di 8 Miles, pellicola autobiografica di Marshall Mathers, noto con il nome d'arte Eminem o SlimShady. Il lungometraggio mostra un episodio della vita del famoso rapper che però è stato cruciale per porre le basi ad una carriera leggendaria: un film che nella sua oggettività fa vedere aspetti aspri, duri e complessi della vita  e che dunque invita a riflettere molto su come il successo possa essere la punta di un iceberg ben più grande di quanto si può pensare. Marshall era, assieme alla sua “famiglia”, tra i pochi bianchi dello storico quartiere afroamericano di Detroit (che risulterà un serio problema negli anni della sua giovinezza). Marshall, un giovane bianco, silenzioso, con un mondo pieno di cicatrici nell’anima, con il suo berretto e la sua giacca, un foglio piegato in mille pezzi e una penna Bic quasi finita in tasca, che scriveva nella fredda Detroit rime e versi ovunque ne avesse l’occasione. La musica è l’unica via d’uscita da un mondo troppo spietato, falso e odioso.
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Malgrado il passato davvero difficile di Marshall, trascorso tra episodi di bullismo culminati con il coma a 14 anni, la violenza verbale e fisica in casa, la madre assente, un fratello più piccolo da mantere, una figlia, l’assenza del padre totale dalla vita del rapper e il doppio divorzio da “Kim” (un amore sbocciato ai tempi del liceo che ha dato vita a Hailie ma che conclusosi con un doppio divorzio dovuto alle pressioni dei sogni di Eminem e all’uso di droghe e pillole), l’artista ha passato un lungo periodo davvero difficile. La pellicola vuole mostrarci solamente un frammento della sua vita, un frammento che lo ha segnato nel bene e  nel male. Slim Shady ha vinto anche numerosi dischi di platino: a mio parere, siamo di fronte ad un genio della musica hip-hop che continua a toccare il cuore a milioni di persone (me compreso) con i suoi testi fatti di talento e di storie di vita. Una vita difficile, la sua.                                                                                                             (Huru Stefan)
                                  INVITO ALL’ASCOLTO MUSICALE
Chi sogna non dorme!
Molti cantanti nei loro testi parlano del proprio sogno e di come abbiano fatto con fatica a raggiungerlo.
In particolar modo, il mio cantante preferito, in arte Mostro, parla in numerose canzoni di quanto per lui siano importanti i sogni, sembra quasi voler dare un incoraggiamento a cercare i desideri che abbiamo ancora “nascosti nei nostri cuori”, come suggerisce nella canzone 'Poco prima dello schianto'.
Propongo alcuni versi che ho trovato molto significativi tratti da una delle mie canzoni preferite:
“La miseria non sta solo negli stracci, nei ragazzini che giocano scalzi. So che un sogno vale più di ogni altra cosa, quindi guardatevi dentro siete voi i poveracci.”
(Ogni maledetto giorno-Mostro)
“E allora sali su quella montagna, ma se scivoli, se cadi ancora, ci riprovi ancora.”
(Ogni maledetto giorno-Mostro)
Riferendomi al primo passo, posso affermare che queste parole vogliono semplicemente dire che la vera miseria non consiste nella povertà materiale bensì nella mancanza di ideali. Sognare permette di considerarsi una persona “ricca”.
Riferendomi invece al secondo passo, il messaggio che il cantante vuole mandare ai suoi ascoltatori è facilmente intuibile, utilizza la metafora della montagna per esprimere la difficoltà di realizzare un sogno: la strada è tutta in salita, e molto spesso, capiterà di scivolare e di cadere, ma a quel punto non bisogna mostrarsi deboli ma rialzarsi, più forti di prima.
Il significato che assume l'intera canzone è, secondo me, sintetizzato in queste due profonde riflessioni.
Personalmente, credo che molti ragazzi della mia età si possano ritrovare in questi testi grazie ad un linguaggio diretto, a volte anche aggressivo, che permette all'ascoltatore, dopo uno stato di “shock” uditivo di riflettere su temi molto profondi.
                                                                               Calissano Chiara
                                          LA   FUCINA DELLE IDEE
Chelsea Werner è una ragazza di 26 anni alla quale è stata diagnosticata la sindrome di down. A due anni ancora non camminava e, secondo il parere dei medici, non avrebbe mai potuto muoversi in autonomia.
Fin da piccola, però, Chelsea ha sempre avuto una grandissima passione per ogni genere di sport. Infatti, dall’età di 8 anni, sfida i suoi limiti, abbatte i muri che la circondano iniziando a praticare diversi sport: calcio, nuoto e addirittura pugilato, ma ben presto si rende conto che nulla la rende viva come la ginnastica artistica.
“Mi ci voleva molto anche per apprendere le cose più semplici” dichiara la ragazza, ma con tenacia e forza di volontà è riuscita ad abbattere ogni sorta di ostacolo che le si presentasse davanti. “Mi sono fatta male mille volte, ma nonostante tutto ho voluto continuare”. Chelsea afferma appunto di avere avuto una vita facile, spesso rinchiusa in ospedale per motivi fisici dovuti alla malattia e vari test e controlli. Nonostante tutto, in continua competizione con le difficoltà che la vita le ha messo davanti, si allena tre volte alla settimana per quattro ore consecutive, concentrata a raggiungere il suo obiettivo.
Grazie ad una grandissima determinazione è riuscita a raggiungere una fama internazionale, vincendo ben due mondiali di categoria e quattro Special Olympics negli Stati Uniti.
Chelsea è l’esempio lampante di come si possa essere campionessa nello sport, ma soprattutto nella vita. Ha sfidato l’impossibile per coronare il suo sogno. Ci insegna a spiccare il volo e guardare l’orizzonte e anche oltre, dimostrando che i veri valori di una persona vanno oltre le apparenze e che nessun pregiudizio può spegnere l’ardore di un sogno.
“Non preoccupatevi di quello che la gente vi dice, continuando a provare non avrete nulla da perdere, solo da guadagnare”. Dopo aver vinto la sfida più difficile contro la diagnosi dei medici, ha inoltre realizzato il suo secondo desiderio: diventare modella.
Chelsea è diventata, con la sua storia, fonte di ispirazione per tutto il mondo, infatti lei stessa dichiara: “spero che la mia storia aiuti gli altri a capire che nulla è impossibile”.
                                                                          Maddalena Morengo
C’era un adolescente
C’era un adolescente:
nel cuore uno sfavillante fulgore
e lei nella mente,
stella della notte interiore.
Nella squisita solitudine
egli si cullava sorridente
e con gaia gratitudine,
pronto a dormire teneramente.
Fra quei frangenti profumati:
un neonato amore!
Anche la notte si colorava confidente.
C’era un adolescente:
nel cuore uno sfavillante fulgore
e lei nella mente.
               Esposito Alberto
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