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#Nelle Grandi Intemperie
lagard3nia · 1 year
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Da quella parte, si diceva Amalfitano come un pazzo, cerca di là, fruga di là, ci sono tracce di verità laggiù. Nelle Grandi Intemperie. E si diceva anche: con i paria, con quelli che non hanno assolutamente nulla da perdere troverai, se non la ragione, una dannata giustificazione, e se non una giustificazione, il canto, appena un mormorio (forse non sono voci, forse è solo il vento tra i rami), ma indelebile.
Roberto Bolaño, I dispiaceri del vero poliziotto
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parmenida · 7 months
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L' officina dei pensieri.
Un paese ci vuole
.....Qualche giorno fa, il caso ha voluto che mi recassi nella parte vecchia del mio paese, Castelnuovo della Daunia. Realizzai in quel momento che, non ci andavo da decenni, fui preda di ricordi. Incantata dal luogo mi addentrai nei vicoletti, giù per le scale, mi fermai in una piccola piazzetta, con al centro un grande albero frondoso, sotto al quale c'erano delle panche, messe lì dagli abitanti della strada. È evidente che servono per sedere all' ombra nelle calde giornate d'estate, un tavolino abbandonato in un angolo, mi fa immaginare dei vecchietti che siedono al fresco per giocare a carte nelle afose sere d'agosto. La mia attenzione viene attratta da un arco, lo attraverso e.....mi ritrovo in un cortile. All' interno una scala di pietra che porta all'ingresso di una vecchia casa, un portoncino smaltato di verde, come usava un tempo. Chiuso! La terra portata dal vento ha creato dei mucchietti, sui quali sono nate sparute piantine. Sulla facciata di pietra cresce la parietaria l'erba dei muri, così la chiamavamo da bambini. Questa pianta, tra l'altro urticante, ha le foglie che, attaccavamo sulle nostre magliette. Facevamo a gara a chi attaccasse le più belle. Gli infissi verdi delle finestre, come il portone erano rovinati dagli anni e dalle intemperie, oramai all' abbandono come il resto del cortile.
Una mi ha attratta!
Piccola,dietro ai vetri oramai opachi, una tendina di pizzo che, ricordava tempi migliori, sostenuta da una cordicella, uno stretto davanzale dove si poteva sistemare un solo vaso.
C'era un vaso.
Un grosso barattolo di alluminio, uno di quelli dove una volta si mettevano le alici salate, ancora evidente tra la ruggine un disegno che mostrava una scena di pesca, con una barca di pescatori in un mare blu. La meraviglia non fu solo questa, bensì la pianta di garofani che ci " viveva dentro".
Certo! viveva.
Dopo anni ed anni di abbandono, non mi spiego come possa vivere e ri-fiorire questa pianta di garofani. Tra qualche foglia secca ed altre verdi, erano fioriti radi garofani rossi. Da tempo immemore, non vedo più quel genere di garofani sui balconi del mio paese. È una pianta che raggiunge una bella dimensione, coltivata nei vasi, non ha vegetazione eretta, tende ad essere cascante, come certi gerani, i fiori , stranamente crescono verso l'alto. Hanno uno stelo lungo, diritto diritto c'è il fiore, qualche volta più di uno.
Le meraviglie della vita!
In quel cortile dove tutto è abbandonato e vittima della incuria, una pianta sopravvive e fiorisce.....
Il ricordo del paese come era, come si viveva, della mia fanciullezza mi assale, ma viene ostacolato dallo scorrere del tempo che, inesorabilmente ci allontana da quella età felice. Tutto è cambiato,nello stesso centro storico, c'è un fiorire di cemento,infissi in alluminio, vasi di plastica, c'è una sorta di gara a chi li mette più grandi e più belli... Si può dire belli?
Che bella quella solitaria tinozza di zinco con un piccolo nespolo.
Allora mi chiedo..... Dove eravamo quando hanno-abbiamo distrutto il fascino delle case, dei vicoli, delle piazzette, delle scalinale?
Quel fascino che sembra sopravvivere solo in quel piccolo cortile ricco di storia. Di quella storia che abbiamo perso nel tempo. Perso una identità che, ci collocava come paese più bello del Subappenino, dove esisteva la banca, piccole aziende e negozi .
Una buona economia.
La scuola, palazzi padronali, una biblioteca, il teatro, il cinema.
La cultura.
È già..... Abbiamo perso anche quella!
Senza cultura non c'è più neanche la capacità di sperare e, di credere in una rinascita di questo nostro paese. Ci resta il ricordo che,diventa un conforto, inevitabile con i cambiamenti subiti dalla realtà.....
<< Un paese ci vuole , non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non
essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, anche
quando non ci sei resta ad aspettarti.....>>
La luna e i falò, CESARE PAVESE.
Edito da CONTATTO
20 Aprile 2014
Ida Andrilli
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tinyshootingstar · 3 months
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Specchio di neve
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✩Personaggi: Childe (Tartaglia) / Lumine
✩Estratto: Una cosa, però, Lumine l'aveva ben insinuata: Tartaglia provava una sincera attrazione per Dragonspine. La neve, il ghiaccio, il silenzio... tutto di quell'ambiente spoglio e selvaggio era in qualche modo specchio di Snezhnaya.
✩Status: Completa (965 parole)
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La vista al di sotto del ponte era completamente offuscata dalla fitta nebbia che avvolgeva i monti tutti intorno: solo le silhouette dei rilievi e degli alberi erano visibili e la tenue luce azzurra della statua di Barbatos, che dominava sulla vallata sottostante, rischiarava appena il limitare del ponte distrutto. Come centinaia di aghi che pungono la carne esposta, il gelo di Dragonspine bruciava la pelle su cui i tanti piccoli fiocchi bianchi si posavano. Sulla sommità del capitello, l'archon di pietra pareva vegliare su un ragazzo dalla chioma rossa che, con le mani nelle tasche del cappotto bianco, osservava in silenzio la neve cadere sulla pietra nuda della statua e del pavimento.
«Sbrighiamoci, non dovremo stare al freddo per così tanto.»
Una voce femminile, calda e incalzante, fendette il silenzio e il giovane, buttando così un ultimo sguardo giù nel burrone, la seguì verso le rovine a cielo aperto alle loro spalle. Appena sotto un'architrave crollata, tra vecchi cocci rotti, Tartaglia si posò con la spalla contro una colonna crepata e osservò Lumine procedere rasente al muro per sottrarsi alla forte corrente che soffiava dal buco al centro del pavimento. Sorridendo alla vista delle sue guance arrossate dal freddo, incedette a grandi falcate lungo lo stesso percorso della ragazza, la quale sparì dietro l'angolo. Svoltato quest'ultimo, la trovò vicino al rifugio di un Seelie dalle calde sfumature rosse e gialle, a braccia tese verso l'esserino in cerca del suo tepore.
«Senti, signorina» le si rivolse sornione, guardandola dall'alto con le braccia incrociate sul petto. «spiegami, perché continuiamo a tornare? Ci sono parecchie cose che potremo fare e sono tutte molto più stimolanti che venir qui a dar da mangiare alle volpi.»
Lumine, da risposta, sbuffò appena mentre si sfregava le mani al petto.
«Perché è il desiderio di Joserf e io voglio esaudirlo*» disse poi, non con poco disappunto. «E poi, credevo ti piacesse venire qui.»
Senza degnarlo di un ulteriore sguardo, la viaggiatrice si rimise in cammino verso l'entrata della caverna poco distante, dove la neve era andatasi ad accumulare per via delle forti raffiche di vento – che soffiavano ad ogni ora del giorno – e il freddo aveva formato grosse stalattiti e stalagmiti di ghiaccio. Il perché la ragazza si ostinasse tanto a risalire la montagna ogni giorno, tra le intemperie, a Tartaglia non era per nulla chiaro; la gentilezza che spingeva Lumine ad assecondare il desiderio di qualcuno che neanche conosceva sfociava ai suoi occhi in un'inutile perdita di tempo: cosa gliene sarebbe venuto in tasca ad aiutare quell'uomo? La mancanza di un qualsiasi guadagno non sarebbe mai valso lo sforzo, eppure lei era lì, in una remota grotta a dar bacche alle volpi della montagna...
Una cosa, però, Lumine l'aveva ben insinuata: Tartaglia provava una sincera attrazione per Dragonspine. La neve, il ghiaccio, il silenzio... tutto di quell'ambiente spoglio e selvaggio era in qualche modo specchio di Snezhnaya. Se avesse chiuso gli occhi, di certo gli sarebbe parso di sentire le grida gioiose di Teucer o i vani tentativi di Tonia che, pacata come sempre, tentasse di contenere la sua smisurata energia di bambino. Fu così che, mestamente, Tartaglia tornò col pensiero ai suoi fratelli. Ormai non contava più i giorni in cui lo avevano confinato a Liyue, lontano da loro, e le lettere di Tonia non bastavano più: voleva solo riabbracciarli, tornare a giocare con Teucer, a pescare con Anthon sul lago ghiacciato alla periferia della città e ascoltare Tonia parlare per ore, raccontandogli tutto ciò che nelle sue lettere non trovava spazio.
Osservò l'architrave di ghiaccio e perfino lui, forgiato dalle basse temperature di Snezhnaya, trasalì quando una forte raffica di vento e neve gli piombò sul collo. Si voltò verso l'entrata per osservare quella che in principio era una leggera nevicata diventata ormai tormenta. Respinse i visi sorridenti dei fratelli per entrare a gamba tesa nell'accampamento, dove Lumine stava acquattata a terra a carezzare la testolina di una volpe bianca. Un paio di altre sue compagne, invece, si stavano servendo delle bacche che la ragazza aveva offerto loro in un logoro piatto di ferro.
«Fuori il tempo è peggiorato, compagna» esordì il ragazzo, tornato con il suo caratteristico sorriso sbarazzino in viso. Indossò una maschera perfetta, tanto che Lumine, in un primo momento, sembrò non accorgersi del groviglio di malinconia che aveva preso a vorticargli dentro. Invece, scattò con la testa alle spalle del ragazzo, dove i fiocchi avevano iniziato a trapelare dall'entrata della caverna e il ruggito del vento rimbombava sulla roccia.
«Allora sarà meglio accendere il fuoco, preparo qualcosa di caldo.»
Con un'ultima carezza, la ragazza si alzò da terra, scrollandosi la neve dalla gonna. Con il fuoco acceso, tirò fuori quel che era rimasto nella borsa e lo gettò nel pentolone, dove la neve che avevano raccolto si era sciolta e aveva iniziato a bollire. Il ragazzo, dal canto suo, guardava la brace ardente come rapito. Chissà se anche i suoi fratelli erano riuniti intorno al fuoco... anche loro stavano pensando a lui?
«Ehi, Ajax...»
«Uh?»
«Qualcosa non va? Sei stranamente assente.»
Tartaglia, seduto a gambe incrociate vicino a Lumine, posò il gomito sul ginocchio e la guancia sul palmo della mano. A guardarla, con uno di quei piccoli animaletti in grembo a prendersi le sue attenzioni, pareva in apprensione. A memoria, Tartaglia non ricordava di averla vista una sola volta preoccuparsi per lui. Pensò fosse perché, probabilmente, non gliene aveva mai dato occasione: troppo impegnato a pavoneggiarsi della sua forza, con la mente sempre impegnata e rivolta a nuove sfide e battaglie, le nascondeva il lato più fragile di sé. Doveva essere quel posto ad averlo fatto esporre così: la neve non faceva altro che ricordagli quanto desiderasse tornare a casa.
Sorrise: «Aaaah, mi chiedevo se anche a casa mia stia nevicando.**»
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* World quest “Lost in the snow”, Mondstand
** Line di Tartaglia (Childe) “When it snow: foreign country”
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blognews24 · 3 months
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Fibra FTTH: la rivoluzione della banda ultralarga
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L'avvento della fibra FTTH (Fiber To The Home) rappresenta una vera e propria rivoluzione nel panorama delle telecomunicazioni, aprendo le porte a una nuova era di connessioni internet ultraveloci e affidabili. In questo articolo, analizzeremo in dettaglio questa tecnologia, illustrando i suoi vantaggi, le sue caratteristiche e le modalità di installazione. Ma cosa è la fibra FTTH? Cos'è la fibra FTTH? La fibra FTTH è una tecnologia di rete in fibra ottica che porta la connessione internet ultraveloce direttamente nelle case e nelle aziende. A differenza delle tecnologie precedenti, come l'ADSL o la fibra FTTC (Fiber To The Cabinet), la fibra FTTH utilizza la fibra ottica per l'intero tragitto dalla centrale fino all'abitazione dell'utente, garantendo una velocità di connessione nettamente superiore. Come funziona la fibra FTTH? La fibra FTTH sfrutta la luce per trasmettere dati, anziché i segnali elettrici utilizzati dalle tecnologie tradizionali. La luce viaggia attraverso cavi in fibra ottica, che sono sottili e flessibili, consentendo una trasmissione del segnale più veloce e stabile. La fibra ottica è inoltre immune da interferenze elettriche e climatiche, garantendo una connessione più affidabile e resistente alle intemperie. Vantaggi della fibra FTTH: - Velocità di connessione ultraveloce: la fibra FTTH offre una velocità di download e upload simmetrica, fino a 1 Gigabit al secondo (Gbps) e oltre. Questo significa che è possibile scaricare file di grandi dimensioni, guardare film in streaming in alta definizione, giocare online e utilizzare applicazioni di videochiamata senza lag o buffering. Per verificare la velocità della tua connessione effettua uno speed test valido per la tua rete internet. - Stabilità e affidabilità: la fibra ottica è immune da interferenze elettriche e climatiche, garantendo una connessione stabile e affidabile. - Bassa latenza: la fibra FTTH ha una latenza molto bassa, inferiore a 10 millisecondi. Questo la rende ideale per giocare online, utilizzare applicazioni di streaming video e videochiamate in tempo reale. - Futuro proof: la fibra FTTH è una tecnologia a prova di futuro, in grado di supportare le future evoluzioni della rete e dei servizi internet. Diffusione della fibra FTTH in Italia: La diffusione della fibra FTTH in Italia è in costante crescita, grazie agli investimenti del governo e degli operatori telefonici. Il Piano Nazionale Strategico per la Banda Ultralarga (BUL) prevede di raggiungere il 98% della popolazione italiana con la fibra FTTH entro il 2025. Costi della fibra FTTH: I costi di un abbonamento FTTH variano a seconda dell'operatore telefonico e della velocità di connessione scelta. In generale, i prezzi sono più alti rispetto alle tecnologie tradizionali, ma sono in calo con l'aumento della concorrenza e della diffusione della fibra FTTH. Come installare la fibra FTTH: Per installare la fibra FTTH, è necessario contattare un operatore telefonico che offre servizi FTTH. L'installazione è in genere gratuita e richiede un sopralluogo tecnico per verificare la fattibilità dell'allaccio. Conclusioni: La fibra FTTH rappresenta la tecnologia di rete più avanzata per la connessione internet. Offre una serie di vantaggi in termini di velocità, stabilità, affidabilità e futuro proof. Se la fibra FTTH è disponibile nella tua zona, valutare l'installazione è un'ottima scelta per avere una connessione internet performante e all'avanguardia. Informazioni aggiuntive: - PON (Passive Optical Network): La rete FTTH si basa su un'architettura PON, che permette di collegare multiple abitazioni a un unico punto di distribuzione (splitter) utilizzando un'unica fibra ottica. - ONU (Optical Network Unit): L'ONU è un dispositivo installato all'interno dell'abitazione dell'utente che converte il segnale ottico in segnale elettrico e viceversa. - FTTN (Fiber To The Cabinet): La fibra FTTC è una tecnologia simile alla FTTH, ma la fibra ottica termina in un cabinet stradale, mentre l'ultimo tratto fino all'abitazione dell'utente avviene con il tradizionale cavo in rame. La velocità di connessione FTTC è inferiore rispetto alla FTTH Read the full article
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cucinamoderna · 7 months
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Scegliere una Cucina in Acciaio Inox: Guida Completa
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L'acciaio, un materiale affascinante e un'alternativa insolita per la tua cucina domestica. Il suo design d'impatto, a tratti freddo ma sempre elegante, richiama lo stile delle cucine dei ristoranti stellati. L'acciaio non è una scelta per tutti, ma conquista gli animi più decisi, sempre più attratti dalla sua bellezza.
Le Ragioni della Scelta: Perché Scegliere una Cucina in Acciaio Inox
Le motivazioni per preferire una cucina in acciaio inox in casa sono diverse, e ciascuna rispecchia le esigenze e i gusti personali.
1. Resistenza Estrema
L'acciaio inox è noto per la sua incredibile durezza e resistenza. È capace di resistere agli urti, alla corrosione e di sopportare temperature fino a 500°C. Queste caratteristiche lo rendono il materiale preferito per la realizzazione di cucine professionali, progettate per un utilizzo intensivo. Tuttavia, è fondamentale scegliere un acciaio con la giusta durezza e spessore per evitare graffi e danni nel tempo.
2. Igiene al Top
L'acciaio inox è biologicamente neutro e antibatterico. A differenza di altri metalli, non altera il colore, gli odori o i sapori dei cibi e non rilascia sostanze tossiche che potrebbero contaminarli. Questa caratteristica lo rende ideale per la cucina, dove l'igiene è fondamentale.
3. Facilità di Pulizia
La superficie liscia dell'acciaio inox lo rende estremamente facile da pulire. Questa caratteristica è particolarmente apprezzata nelle cucine professionali, dove la pulizia deve essere rapida ed efficace.
4. Adatte all'Outdoor
Se ami cucinare all'aperto, l'acciaio inox è la scelta perfetta. Resiste alla corrosione e alle intemperie, garantendo prestazioni eccezionali anche in ambienti esterni. Potrai preparare deliziose pietanze in giardino, in riva al mare o sulla terrazza panoramica di un hotel senza preoccuparti dei danni causati dal tempo.
5. Sostenibilità al 100%
L'acciaio è un materiale ecologico e sostenibile, completamente riciclabile. Inoltre, il suo ciclo di vita è praticamente eterno, poiché può essere riciclato infinite volte senza perdere le sue proprietà. Scegliendo una cucina in acciaio inox, fai una scelta responsabile per l'ambiente, contribuendo alla sostenibilità del pianeta.
6. Eternità nel Design
Le cucine in acciaio inox, realizzate con materiali di alta qualità, sono praticamente eterne. L'acciaio è un materiale resistente che non invecchia nel tempo. Anche in caso di graffi, possono essere facilmente ripristinate, garantendo una lunga vita utile. Molte famiglie tramandano le cucine in acciaio di generazione in generazione, considerandole un vero investimento per il futuro.
7. Design Unico
Le cucine in acciaio inox non sono solo pratiche e resistenti, ma sono anche oggetti di design. Sono in grado di integrarsi perfettamente sia negli ambienti contemporanei, esaltandone il design, sia in quelli classici, creando un contrasto equilibrato con le atmosfere più decorative. Puoi scegliere diverse finiture, dalle opache alle lucide, per personalizzare il tuo spazio.
8. Scelta dei Grandi Chef
I grandi chef scelgono le cucine in acciaio inox per la preparazione dei loro piatti, sia nei ristoranti che a casa. Questa scelta è dettata dalla praticità, igiene, resistenza e facilità d'uso. Le cucine in acciaio inox offrono soluzioni e accessori testati dai migliori cuochi, rendendo il processo di cucina più semplice e piacevole.
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neshvev · 9 months
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Villaggio rurale di Monteruga in agro di Veglie (LE), 1928
Nata durante il ventennio fascista, si sviluppa in seguito alla riforma fondiaria del 1950 quando numerosi terreni agricoli furono espropriati ed assegnati ai contadini e alle loro famiglie, arrivando a contare circa 800 abitanti. Tra gli anni '70 ed '80, a causa della privatizzazione dei terreni agricoli e del richiamo dei centri abitati più grandi nelle vicinanze, il borgo si svuota, fino ad essere completamente abbandonato. Oggi è un vero e proprio paese fantasma, in cui il tempo si è fermato. Gli spazi si articolano intorno ad una grande piazza delimitata da un lato da un portico con botteghe e dalla chiesa di Sant'Antonio Abate e dalla scuola sull'altro. Erano presenti inoltre, data la natura agirola del villaggio, frantoi, deposito tabacchi, masseria e silos per lo stoccaggio del fieno ed una caserma.
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Il lungo portico con botteghe che affaccia sulla piazza, luogo della vita comunitaria.
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Dettaglio dell'arcata di un portico, ormai abbandonata al tempo e alle intemperie: elementi del solaio, ormai completamente crollato, appesi ai fili di ferro.
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lamilanomagazine · 2 years
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Sagra del Gorgonzola: con protagonista il formaggio erborinato per eccellenza, la Città di Melegnano si prepara a fare festa
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L’appuntamento, in programma per il prossimo weekend (2-3-4 dicembre) nel fossato del Castello Mediceo, è a ingresso gratuito e patrocinato dall’Amministrazione Comunale Melegnano (MI), 28 novembre 2022 - Uno tra i più iconici formaggi italiani diventa il protagonista assoluto del prossimo weekend nella provincia di Milano. Venerdì 2, sabato 3 e domenica 4 dicembre, presso il fossato del Castello Mediceo di Melegnano (viale Predabissi) avrà luogo la Sagra del Gorgonzola, organizzata da Club Magellano con il patrocinio dell’amministrazione comunale. Questo particolare formaggio erborinato ha saputo conquistare “le forchette” più esigenti, dal passato fino a oggi. E proprio in Lombardia, regione che gli ha dato i natali, trova i suoi più grandi estimatori. Per soddisfare i loro palati ma anche presentare nuove combinazioni di sapore è stata organizzata una tre giorni ad hoc. «Con la Sagra del Gorgonzola vogliamo dare il giusto risalto a una delle eccellenze della tradizione culinaria nostrana e italiana - spiega Alessandro Fico, titolare di Club Magellano -. Mentre si celebrerà questo prodotto nelle sue molteplici varietà, dal dolce al piccante, da quello a pasta molle a quello a pasta dura, la cittadinanza di Melegnano e dintorni potrà vivere un momento comunitario, dove ritrovarsi, stare in compagnia, mangiare e divertirsi al coperto, al riparo dalle intemperie, grazie alla tensostruttura da 1300 mq, dotata di panche e tavoli con oltre 2mila posti a sedere e con un’ampia pista da ballo». Ad affiancare il gorgonzola in uno dei piatti più classici di sempre, ci sarà la ricercatissima polenta di Storo, ricavata da una pannocchia che cresce in un’area molto limitata del Trentino e che la rende unica nel suo genere. Basti pensare che per la sua preparazione sono arrivati a Melegnano, direttamente da Storo, i polentieri professionisti, con giganti paioli di rame. L’apertura della manifestazione culinaria è prevista per venerdì 2 dicembre a partire dalle ore 19.00 fino a mezzanotte. Continuerà poi sabato e domenica, a pranzo (12.00-15.00) e cena (19.00-24.00). Ogni serata sarà accompagnata da musica dal vivo, con possibilità di accedere alla pista da ballo. L’intrattenimento musicale sarà a cura di Moreno Boselli (2 dicembre), Pinuccia Cerri (3 dicembre), Minoia (4 dicembre). La Sagra del Gorgonzola, a ingresso gratuito, propone un menù variegato con risotti, polenta, primi, secondi, contorni, assaggi di formaggio in purezza, dolci fatti in casa, bibite, vini, amari e grappe. È previsto anche il servizio d’asporto, con apposite vaschette alimentari, per chi volesse degustare uno dei piatti con il gorgonzola nella propria abitazione. Per prenotazioni tavoli e informazioni: www.sagradelgorgonzola.net e 3890265550.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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enkeynetwork · 2 years
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xsavannahx987 · 3 years
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- Prologo - 
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La flebile luce rossastra dei lampioni rischiara le stradine del piccolo borgo. In un silenzio ovattato di una notte dove anche la luna si nasconde dietro le nubi e  neppure il vento soffia tra le fronde degli alti abeti, il crepitio di passi svelti tra la neve fresca interrompe la pace notturna. Una ragazza sola, dai lunghi capelli, cammina a passo sostenuto in quel piccolo borgo dimenticato dal mondo. Un vociare lontano di risate la mette in allarme. Si arresta, scruta i dintorni, le dita ben strette attorno ad un oggetto appuntito. Affina tutti i suoi sensi, tendendo l'orecchio, in ascolto. Le risate svaniscono, mentre gli ultimi avventori di un piccolo pub salgono frettolosi nelle loro auto e si allontanano nel buio della notte. Di nuovo silenzio, talmente assordante da riuscire quasi a percepire il rumore del sangue che scorre nelle vene. La ragazza riprende il passo, udendo il gorgoglio in lontananza del grande fiume. Una timida luna si affaccia dietro la spessa coltre di nuvole scure, imbiancando di luce argentea le cime degli alberi e facendo risplendere la neve come cristalli ghiacciati.
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Un passo e un altro ancora e finalmente eccolo di fronte a lei, il grande castello in cima alla collina che sormonta il piccolo borgo di Forgotten Hollow. Il cimitero sulla sinistra, con le sue decine di lapidi di marmo corrose dal tempo e dalle intemperie, qualcuna spaccata a metà, qualcuna divelta dal terreno. Piccoli oggetti di un ricordo lontano sommersi sotto lo strato di manto nevoso.
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  I grandi gargoyles padroneggiano ai lati del cancello in ferro battuto, austeri e spaventosi con le ali spalancate, come pronti a spiccare il volo. La sua missione è giunta all'epilogo. Sa cosa l'attende oltre il grande portone di legno del castello, sa cosa sarà costretta ad affrontare. Un altro passo, le dita che si stringono ancor di più attorno alla sua arma. Nessun suono a metterla in allarme. Il silenzio che regna sovrano, come se si trovasse all'interno di una bolla invisibile intrisa di magia.
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Una figura appare dinanzi a lei, statuaria. I capelli corvini che incorniciano un volto aquilino, gli occhi scuri e penetranti e il luccichio dei canini appuntiti pronti ad azzannarle le carni. La ragazza non ha più tempo di elaborare una strategia, è il momento di agire. Si scaglia con tutte le sue forze contro quelle figura marmorea, la mano alzata e stretta attorno all'arma, pronta a colpire. Il ghigno trionfante del vampiro che sa di aver già vinto quella battaglia, sarà l'ultima cosa che vedranno i suoi occhi chiari.
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Un balzo e il tonfo sordo del corpo della giovane risuona nel silenzio del grande cortile, tra quelle lapidi spettatrici silenziose. Il paletto di legno scivola distante dalle sue mani, lasciandola sola a combattere con le sue forze. Cerca di divincolarsi dalla presa salda del vampiro, scalcia, tira pugni, ma a nulla valgono i suoi sforzi. Egli è più forte e riesce ad immobilizzarla a terra. Oh morte, dolce compagna di questa esistenza mortale, tu che cammini al fianco degli uomini e li rendi vulnerabili alla vita...
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I canini del vampiro bucano la giugulare della ragazza come fosse burro caldo e il sangue inizia a defluire rapido. Il suo cuore di ventenne decelera, la vista si offusca, il corpo perde vigore. Le sue guance arrossate dalla lotta diventano dello stesso colore della neve mentre una lacrima calda le accarezza lievi. Un ultimo pensiero a chi non rivedrà mai più e i suoi occhi diventano opachi.
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Oh morte, tu che fai parte della nostra vita, prendi le mie mani e portami con te. Ora non ho più paura...ora sono libera...
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Il corpo della cacciatrice giace esanime ai piedi di quella fortezza del male, mentre il vampiro ride beffardo alla vista di un’altra combattente uccisa per mano sua.  La neve candida inizia a macchiarsi di rosso, mentre la luna torna a nascondersi oltre la coltre di nuvole, incapace anch’ella di osservare quell’immagine straziante. Un’altra giovane vita strappata. Un’altra guerriera caduta. 
Chi sarà la prossima?
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noneun · 3 years
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Ecco Artù
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C’è un torrente nelle prealpi pordenonesi che frequento spesso, soprattuto correndo nei sentieri che lo lambiscono ma anche per arrampicare in una falesia limitrofa. Si chiama torrente Artugna e due giorni fa sono andato a raccoglie del materiale per assemblare Artù, il mio primo tentativo di vivario bioattivo nativo. Ovvero un terrario chiuso popolato da specie diverse, raccolte nella stessa zona, per formare un ecosistema, si spera, autosufficiente.
Oltre che sassolini dal greto del torrente, usati per formare il fondo, ho raccolto sassi più grandi per l’arredamento, tutti composti da roccia calcarea che, in un esemplare, mostra anche piccoli e graziosi fantasmi di fossili (sicuramente Giurassico sup. - Cretacico inf., come tutte le rocce della zona). Ho raccolto anche del terriccio di bosco nel quale ho subito notato millepiedi ed altri artropodi che non sono stato in grado di identificare ma che, se in numero sufficiente, saranno utilissimi per decomporre la materia organica che inevitabilmente morirà, garantendo un ciclo di sostanze nutritive. Ho preso anche un rametto ricoperto di un bellissimo lichene, rametto probabilmente caduto a terra a causa delle recenti intemperie. Poi ho raccolto un paio di specie di muschio, uno dei quali è quasi sicuramente un Hypnum cupressiforme, riportando il muschio vicino per non lasciare nemmeno un vuoto. Vicino a questo c’era anche una piccola felce diffusissima in tutto il mondo, l’asplenio tricomane (Asplenium trichomanes) che è in grado di crescere nelle fenditure delle rocce e le cui fronde non superano i 20 cm: perfetta per un barattolo chiuso e con poco spazio a disposizione. Ho raccolto anche una piccola edera comune (Hedera helix) e un geranio di San Roberto (Geranium robertianum) il quale però, pur avendolo ugualmente inserito del vivario, non credo sopravviverà: è una pianta annuale. Infine, raccogliendo un po’ di terriccio da un secondo sito nel bosco, mi sono accorto di aver tirato su anche il piccolo bulbo di un ciclamino delle alpi (Cyclamen purpurascens) che quindi ho deciso di tenere e piantare. Ci tengo a precisare che ho raccolto solo specie molto diffuse in zona: non mettetevi ad estirpare stelle alpine, mi raccomando.
Dopo qualche ora dalla composizione ho deciso di chiudere il vivario, per vedere subito se si sarebbe instaurato un corretto ciclo dell’acqua: la gran parte della condensa si forma nella parte alta, si raccoglie in goccioline che colano sul terreno che, in parte, si raccolgono sul fondo di sassolini. Se dovessi accorgermi che l’umidità è eccessiva, lo riaprirò per farne evaporare l’eccesso.
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Nell’attesa di scoprire se si instaurerà un ciclo vitale autonomo, ringrazio @waxen​ per i consigli one-to-one e serpadesign per quelli one-to-many.
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clubdellascrittura · 3 years
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Utopia
È buffo il fatto che per conoscermi ci ho messo anni, ma nonostante questo tenti comunque di raccontarmi in qualche riga. È questo che mi piace della natura umana, il fatto di non arrendersi, concetto che secondo me rende bene l'idea nella parola inglese "strength".
Se fossimo esseri totalmente ed esclusivamente razionali descriversi scrivendo per qualche minuto o ore, o anche giorni, nel tentativo di affidare ad un foglio (virtuale o di carta che sia) il nostro autoritratto, sarebbe utopico. Utopia. Il non luogo. Una delle parole che utilizzerei per descrivere la mia persona. Per me l'utopia ha lo stesso significato che ha per Platone : non qualcosa di irraggiungibile, ma qualcosa verso cui tendere.
Sono una ragazza nata 17 primavere fa che ha da subito imparato ad amare i libri, a sognare e a vivere perseverando nella "curiosità di Ulisse". La mia utopia è fatta di scomparti nascosti, numerosi e in continuo crescere. La mia utopia è quel portagioielli che tutte le nonne possiedono, in cui ogni cassettino è adibito a un piccolo frammento di preziosità, che custodisce i ricordi. Lo scomparto più grande è il canto. Credo che siano le corde vocali a rendermi me stessa, a permettermi di stare bene. Ho iniziato cantando a squarciagola davanti allo zecchino d'oro facendo finta di essere una di loro. Ho continuato con le recite di natale: sempre in prima fila, petto in fuori, spalle rilassate, mani congiunte dietro la schiena e ginocchia che molleggiavano seguendo il ritmo della canzone. E ora sono qui. Con un canale youtube di poche persone affezionate (per il momento) e un microfono da registrazione nuovo di zecca, che ancora fatico a realizzare. E per questo tendo verso l'utopia di diventare un giorno una di quelle persone che vivono sui palchi, girando il mondo, conoscendo e emozionando persone.
Subito al lato c'è un altro scomparto in cui ho riposto tutta la mia determinazione, forza di volontà e tenacia nello studio che un giorno mi porteranno ad avverare un sogno che tanti vivono come standard: entrare in un'università e studiare all'interno di una comunità vera e propria, in cui si condivide l'amore per la sapienza. E da qui arriviamo alla filosofia. L'ho scoperta ufficialmente in terzo liceo finendo per innamoramene a tal punto da chiedermi "come ho fatto fino ad ora a vivere senza?". Tra le cose che mi piacciono del mondo, insieme alla musica, c'è la possibilità di dialogare con gli antichi e camminare in punta di piedi nelle loro menti, sfiorando i loro pensieri fino a renderli parte del mio processo di introspezione e formulazione di un pensiero. L'amore per la filosofia credo sia semrpe stato presente in me, forse quiescente fra le pagine dei libri che amavo (e amo) divorare. Questo è, penso, ciò che abita la mia anima.
I miei occhi però, dai tratti profondamente arabi, osservano tutti i giorni ingiustizie, violenza e odio verso gli altri. I miei occhi sono di un marrone intenso, ma se fossero di un colore più chiaro probabilmente si tingerebbero del colore della pece da cui il mondo si è lasciato avvolgere. Sto per aprire un altro scomparto, che non avevo notato prima. L'utopia del voler essere parte attiva del processo di liberazione, di disobbedienza civile - come direbbe Throeau - dalle "manette forgiate dalla mente" (William Blake) che ci hanno imposto. Parole come razzismo, femminicidio, omofobia non esistono nel mio vocabolario. Fanno parte di un vocabolario senza parole dove regna sovrana la violenza e l'odio.
In questo mondo di equazioni, in cui si tende a semplificare sempre quel denominatore mettendolo in comune, il significato di comune si avvicina sempre di più al significato di semplificazione. Che è quindi perdita di una parte di autenticità. Le mie idee sono ciò che mi caratterizzano e lasciare che un'equazione le semplifchi per rendere addizionabili i suoi termini non fa per me. Crescendo sto imparando a vedere il mondo per cio che è. Probabilmente Peter Pan aveva ragione a non voler crescere, perché il mondo ti svela il suo lato più crudele ad ogni soffio sulle candeline. Ma forse lo faccio anche per Peter Pan. Non resto a guardare, non mi limito a sapere dell'esistenza di queste ingiustizie e in cuor mio a sapere che tutto questo odio è sbagliato. Non mi basta. Perciò cerco costantemente, affannosamente, in maniera persistente quasi petulante, di agire (almeno nel mio piccolo) . Il black lives matter è un movimento che mi ha segnata nel profondo. Ha scoperchiato agli occhi di tutti la verità su quanto l'uomo cieco possa essere crudele. Ma proprio questo è il problema. La cecità. Che a lungo andare renderà "l'orbo il re" (E. Da Rotterdam).
Credo che, in quanto giovane (e in quanto umana oserei dire) io abbia il dovere di assicurare ai bambini che oggi vivono spensierati, di poter continuare a farlo, seppur crescendo, in un mondo in cui regna l'amore.
Qualcuno di voi forse si starà chiedendo cosa significa il nome del mio blog e per quanto io ami il dubbio come fonte di produzione intellettiva, voglio dare una risposta. Il cuore carillon, l'ossimoro perfetto di un cuore, che per definizione brucia sempre senza spegnersi mai, e un carillon che suona finché ha forza, finché qualcuno poi non alimenti di nuovo il suo girare.
Giunta a questo punto mi rendo conto che descrivermi non è affatto facile, ma la mia tenacia non mi lascia smettere di far picchiettare le mie dita su questa tastiera esausta per la sua capacità di tirar fuori infinite parole, infiniti concetti. E io sono come questa tastiera. Perciò vorrei aggiungere che nei miei occhi ci sono screzi luminosi. Il Bernini li ha lasciati insinuare fra la mia iride e la mia pupilla, quel giorno d'estate che decisi di andare a visitare la Galleria Borghese di Roma. Posso dirvi che questa città eterna in cui abito mi ha regalato la capacità di provare ancora stupore. Il Colosseo con la sua bellezza monumentale mi stupisce ogni volta, come fosse la prima. Posso dirvi inoltre che i miei capelli sono lunghi, ricci e forti perché mai un paio di forbici li hanno sfiorati. Probabilmente il mio tratto distintivo. E infine posso dirvi che nel mio cuore, anche se scosso dalle intemperie della vita, persiste ancora quella scintilla che mantiene vivo l'amore. A grandi linee "cuore" , a piccoli tratti "carillon", nell'insieme "il mio autoritratto" .
; cuorecarillon
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parmenida · 2 years
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L' officina dei pensieri.
Un paese ci vuole
.....Qualche giorno fa, il caso ha voluto che mi recassi nella parte vecchia del mio paese, Castelnuovo della Daunia. Realizzai in quel momento che, non ci andavo da decenni, fui preda di ricordi. Incantata dal luogo mi addentrai nei vicoletti, giù per le scale, mi fermai in una piccola piazzetta, con al centro un grande albero frondoso, sotto al quale c'erano delle panche, messe lì dagli abitanti della strada. È evidente che servono per sedere all' ombra nelle calde giornate d'estate, un tavolino abbandonato in un angolo, mi fa immaginare dei vecchietti che siedono al fresco per giocare a carte nelle afose sere d'agosto. La mia attenzione viene attratta da un arco, lo attraverso e.....mi ritrovo in un cortile. All' interno una scala di pietra che porta all'ingresso di una vecchia casa, un portoncino smaltato di verde, come usava un tempo. Chiuso! La terra portata dal vento ha creato dei mucchietti, sui quali sono nate sparute piantine. Sulla facciata di pietra cresce la parietaria l'erba dei muri, così la chiamavamo da bambini. Questa pianta, tra l'altro urticante, ha le foglie che, attaccavamo sulle nostre magliette. Facevamo a gara a chi attaccasse le più belle. Gli infissi verdi delle finestre, come il portone erano rovinati dagli anni e dalle intemperie, oramai all' abbandono come il resto del cortile.
Una mi ha attratta!
Piccola,dietro ai vetri oramai opachi, una tendina di pizzo che, ricordava tempi migliori, sostenuta da una cordicella, uno stretto davanzale dove si poteva sistemare un solo vaso.
C'era un vaso.
Un grosso barattolo di alluminio, uno di quelli dove una volta si mettevano le alici salate, ancora evidente tra la ruggine un disegno che mostrava una scena di pesca, con una barca di pescatori in un mare blu. La meraviglia non fu solo questa, bensì la pianta di garofani che ci " viveva dentro".
Certo! viveva.
Dopo anni ed anni di abbandono, non mi spiego come possa vivere e ri-fiorire questa pianta di garofani. Tra qualche foglia secca ed altre verdi, erano fioriti radi garofani rossi. Da tempo immemore, non vedo più quel genere di garofani sui balconi del mio paese. È una pianta che raggiunge una bella dimensione, coltivata nei vasi, non ha vegetazione eretta, tende ad essere cascante, come certi gerani, i fiori , stranamente crescono verso l'alto. Hanno uno stelo lungo, diritto diritto c'è il fiore, qualche volta più di uno.
Le meraviglie della vita!
In quel cortile dove tutto è abbandonato e vittima della incuria, una pianta sopravvive e fiorisce.....
Il ricordo del paese come era, come si viveva, della mia fanciullezza mi assale, ma viene ostacolato dallo scorrere del tempo che, inesorabilmente ci allontana da quella età felice. Tutto è cambiato,nello stesso centro storico, c'è un fiorire di cemento,infissi in alluminio, vasi di plastica, c'è una sorta di gara a chi li mette più grandi e più belli... Si può dire belli?
Che bella quella solitaria tinozza di zinco con un piccolo nespolo.
Allora mi chiedo..... Dove eravamo quando hanno-abbiamo distrutto il fascino delle case, dei vicoli, delle piazzette, delle scalinale?
Quel fascino che sembra sopravvivere solo in quel piccolo cortile ricco di storia. Di quella storia che abbiamo perso nel tempo. Perso una identità che, ci collocava come paese più bello del Subappenino, dove esisteva la banca, piccole aziende e negozi .
Una buona economia.
La scuola, palazzi padronali, una biblioteca, il teatro, il cinema.
La cultura.
È già..... Abbiamo perso anche quella!
Senza cultura non c'è più neanche la capacità di sperare e, di credere in una rinascita di questo nostro paese. Ci resta il ricordo che,diventa un conforto, inevitabile con i cambiamenti subiti dalla realtà.....
<< Un paese ci vuole , non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non
essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, anche
quando non ci sei resta ad aspettarti.....>>
La luna e i falò, CESARE PAVESE.
Edito da CONTATTO
20 Aprile 2014
Ida Andrilli
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Presente ❗ Festival del Reale
Il concept
Presente è un progetto di rigenerazione urbana che si attua con una strategia d’azione culturale ad ampio raggio, nel territorio di Barriera di Milano. Il progetto nasce con la spinta propulsiva di una serie di associazioni locali e prevede la collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti, il patrocinio della Circoscrizione 6 e il supporto del Comune di Torino. 
Presente è un progetto basato sulla creazione di un rapporto sinergico tra ambiente e tessuto sociale, tra il mondo della cultura e il mondo economico locale. 
rigenerare gli spazi comuni e riappropriarci dell’arte nella sua caratteristica essenziale di grimaldello capace di rompere gli schemi;
creare percorsi alternativi per esplorare e sviluppare in chiave artistica e poetica il senso di comunità;
riconoscere agli esercizi commerciali il ruolo di incubatori sociali di prossimità.
Una serie coordinata di azioni volte a mettere in discussione le idee di centro e periferia: ogni segmento della realtà periferica urbana può diventare centro, e ogni periferia sociale può ambire ad imporsi nel tessuto cittadino attraverso lo sviluppo di un’azione culturalmente efficace. 
La strategia di attuazione pone il suo centro focale nel concetto di Trasparenza, considerato nelle sue polarità opposte: 
in chiave negativa, la trasparenza come dramma sociale, economico e individuale;
in chiave positiva, la trasparenza come qualità essenziale per ridisegnare il futuro: rendere visibili (identità, luoghi, talenti, competenze, storie), portare alla luce (idee, proposte, visioni), togliere il velo (parallelamente alla mascherina che nasconde la nostra bocca vi è una mascherina immateriale, sociale e simbolica, che ci nasconde da un punto di vista umano e professionale). 
La Trasparenza, quindi, come tema centrale da sviluppare e da trasformare in azioni concrete nel corso del progetto, in un’idea di sviluppo sociale inclusivo, dinamico e creativo. 
Il territorio di azione
Torino, Barriera di Milano: un segmento di città in forte mutamento, ma anche un’area complessa, al cui interno si intersecano testimonianze di identità locali passate e nuove comunità aggregate, formate da culture che si sono sostituite (o mescolate) alle ondate migratorie della precedente era industriale. Il tutto a formare un mosaico estremamente vario, all’interno del quale fragilità economica e natura periferica si incontrano con  la capacità di creare progetti di rilancio culturale, isole urbane di creatività, progetti di rigenerazione capaci di cogliere possibilità di sviluppo. Osservando la mappa dall’alto ecco davanti a noi un territorio composto da una molteplice serie di unità, aggrappate come grappoli ai grandi assi di collegamento che dal centro cittadino si prolungano verso nord. Una periferia che è essa stessa città, e nella quale il concetto stesso di periferia si rivela mutevole, incerto, poiché alcune isole possiedono al loro interno un centro: dimensioni parallele dell’umano vivere, dell’umano abitare, dell’umana capacità di connettere e dell’umano desiderio di investire, in un processo di ibridazione tra identità storiche e identità nascenti. 
Le azioni
Organizzazione di workshop aperti alla cittadinanza, basati su pratiche creative che utilizzino il mezzo teatrale, la performing art e l’arte di strada per esplorare il tema della trasparenza nelle sue varie sfaccettature; nell’ambito dell’azione, la presentazione al pubblico di una creazione performativa creata con la cittadinanza;
organizzazione di una giornata poetica dedicata al tema della Trasparenza: reading e performance poetiche contestualizzate nella terza edizione del Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, evento promosso e curato da Neutopia;
creazione di uno Speakers’ Corner permanente (il secondo in Italia), come spazio di libero pensiero e di libera espressione, aperto a chiunque progettato da Beatrice Sacco e realizzato con il patrocinio del Comune di Torino, nella location di Piazza Bottesini;
organizzazione del Festival Presente, per celebrare l’alleanza tra mondo della cultura, esercenti e cittadini: le vetrine e i cortili di corso Vercelli, via Montanaro, via Feletto, Via Santhià, Via Baltea 3 e Via Agliè diventano spazi di sperimentazione, ospitando per un pomeriggio artisti e abitanti del territorio; una dichiarazione di esistenza che si attua attraverso una galleria di micro-performances adattate ai diversi contesti merceologici (con la regia dell’Associazione T.I.R. TeatroInRivolta);
creazione di un catalogo/mappa digitale, dedicato al festival.
Ambito: azione n. 3 
Creazione di uno Speakers’ Corner
Lo Speakers’ Corner è uno spazio aperto permanente, da collocarsi nel contesto di Piazza Bottesini, nel quale ogni persona possa liberamente esprimere il proprio pensiero, in forma discorsiva, lirica o artistica.  Il più famoso speakers’ corner è indubbiamente quello presente nel parco londinese di Hyde Park, ma non è il solo: in Australia, Canada, Malaysia e altri paesi del mondo esistono luoghi di questo tipo; in Italia, l’unico presente è situato in provincia di Pisa. 
Presente affida all'artista Beatrice Sacco la realizzazione dello Speakers’ Corner in piazza Bottesini. In quanto struttura permanente da collocarsi in uno spazio pubblico aperto, lo Speaker Corner dovrebbe idealmente unire alcune caratteristiche essenziali: 
originalità a livello di design (la valenza artistica dell’opera non ha solo una connotazione estetica, ma dev’essere considerata come contenuto intrinseco di un’installazione concepita per generare comunità, secondo i principi universali della libertà di espressione, a creare un’isola di cittadinanza democratica e poetica)
capacità di resistenza (alle intemperie, all’obsolescenza e ai sempre possibili atti vandalici) e utilizzo di materiali anche di recupero. 
elasticità di fruizione: l’opera dev’essere realizzata senza barriere architettoniche e dotata di illuminazione dedicata
identità: l’opera sarà marchiata con un logo (realizzato in bassorilievo o tradotto in elemento scultoreo) rappresentante un toro (simbolo della Città di Torino) che parla in un megafono: la città che genera dialogo, libero pensiero, circolazione di idee; senza preclusioni di razza, di genere, di condizione sociale, di età. 
Ambito: azione n. 4 
Il Festival Presente
Barriera di Milano, corso Vercelli: uno degli assi viari principali di Torino nord. Tra piazza Crispi e piazza Rebaudengo il tratto di strada è lungo e la carreggiata è stretta, divisa in due corsie. Un susseguirsi di attività commerciali, di umanità variegate, di lingue diverse: la periferia qui si fa pulsante, la vita pare più viva, il senso di lontananza dal centro cittadino si stempera in un sentimento di vicinanza prossima. In questo corridoio, che è un palcoscenico orizzontale, il Festival Presente vuole celebrare un matrimonio: tra artisti, cittadini ed esercenti. Non categorie di persone, ma anime messe in sofferenza da lunghissimi mesi di chiusura: la chiusura delle serrande, la chiusura dei luoghi di spettacolo, la chiusura degli spazi in cui avvenivano gli incontri quotidiani. A questa chiusura, la risposta che noi proponiamo di dare è racchiusa in una sola parola: presente. Presente è un attestato di esistenza e una prova di resistenza. Essere presenti nell’emergenza sanitaria globale, essere presenti nel tessuto problematico della quotidianità periferica, essere presenti nella tessitura e nella cura dei nostri rapporti individuali. Essere presenti come condizione fondamentale per dare vita ad un progetto di comunità, secondo quattro principi chiave: interazione, coesistenza, quotidianità e sostenibilità. 
Commercianti, cittadini e artisti che siglano un contratto simbolico, nel quale si fissano tempi e modalità di cooperazione. Lo scopo, trasformare le vetrine di corso Vercelli in spazi di azione poetica e performativa, per 2 giorni consecutivi. In ogni vetrina, una coppia formata da un’artista e da un abitante del territorio. Attori, cantanti, danzatori e poeti si sposano così artisticamente, per due giorni, con operatori di call-center, lavoratori precari, rider, operai, disoccupati, studenti e pensionati, utilizzando le vetrine dei negozi e dei bar come contenitori teatrali di prossimità: arte e umanità al dettaglio in una via attraversata da mezzi di trasporto pubblico, per dare luogo ad un evento pensato nell’ottica dell’elasticità di fruizione. In chiave propedeutica, il Festival prevede l’attuazione di un breve workshop sul territorio, uno spazio protetto in cui far incontrare gli artisti e i cittadini.
Da un punto di vista strettamente artistico, è insita in Presente un’opportunità di sperimentazione, che ha nei concetti di plasticità e adattamento i suoi punti focali. Lo spazio ridotto di una vetrina, il pubblico composto in parte da passanti, la necessità dell’artista di creare una positiva interazione con il proprio partner, la necessità del partner di essere accompagnato e aiutato, implicano necessariamente la messa in discussione dei linguaggi artistici e l’esplorazione di possibilità espressive più orientate verso la micro-performance. Un processo che inevitabilmente si apre ad un procedimento di travaso reciproco: di competenze, di sensibilità e di cultura. 
Ambito: azione n. 5 
Il catalogo
A completare l’azione di Presente, la creazione di un catalogo disponibile in versione digitale, all’interno del quale artisti, commercianti e artigiani abbiano un nome e un volto. Un Catalogo che sia anche mappa geografica  per orientarsi nei tre giorni di Festival, e in cui trovare orari delle performance, descrizioni degli artisti, categorie coinvolte, parole-chiavi e biografie essenziali dei partecipanti.
PROGRAMMA
• Giovedì 9 settembre 2021: installazione dello Speaker’s Corner dedicato alla memoria del poeta Ivan Fassio (1979/2020) progettato da Beatrice Sacco, con l’ausilio di Alessandro Bulgini (Opera Viva), T. I. R. Teatri In Rivolta e il patrocinio dell’Accademia Albertina di Torino e della Circoscrizione 6. Dalle ore 18:00. Poesie di strada di MisterCaos. Lettura di poesie dedicata. Alle 19:00: vernissage mostra Z. T. L. Zona a Traffico Liminale a cura di Davide Galipò con opere di Francesco Aprile, Andrea Astolfi, Cristiano Caggiula, Gianluca Garrapa, Antonio Francesco Perozzi, Alessandro Mangiameli, Elena Cappai Bonanni, Marco Cubeddu presso il circolo La scimmia in tasca in via Montanaro, 16. Presentazione del Manifesto del Liminalismo. Presentazione della nuova saracinesca di MisterCaos. Performance a cura di Marco Cubeddu, Ninelevetion di Bill Sick. Dalle 20:30: Lorelies Live.
• Venerdì 10 settembre 2021: Presente❗️Performance itineranti @ Bagni Pubblici Via Agliè, Pietra Tonale, La scimmia in tasca, Ventunesimo, Hub culturale da Baffo, Amerio Costumi, Sanatex, Bar edicola Doc, Materassaio Polvere, Via Baltea 3. Dalle ore 16:00 alle ore 20:00.
Per info e prenotazioni: [email protected]
• Sabato 11 settembre 2021: Finale Premio Roberto Sanesi di poesia in musica @ Parco Aurelio Peccei. Con Somma Zero, Ambra Drius, Mohamed Amine Bour, Kosmonavt. Special guest Federico Sanesi e Nuria Sala Grau ft. Pietra Tonale, La voce da una riva all’altra, Alessandra Greco, Nodi e Ascending Roots, Max Collini in Hai paura dell’indie? Dalle ore 20:00 alle ore 23:59. Presente ! Festival del Reale è un progetto di Associazione Culturale Neutopia, T.I.R. Teatri In Rivolta,  Poetrification e Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, con il sosegno di Comune di Torino, Casa Bottega e Rete italiana di cultura popolare, con il patrocinio della Circoscrizione 6. In collaborazione con La scimmia in tasca, Spazio Montanaro, Via Baltea 3, Bagni Pubblici via Agliè, Vernice Fresca, Pietra Tonale, Ventunesimo.
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anaffettivo · 5 years
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I mostri sono entrati nella tua vita, i topi, i tuoi simili, i tuoi fratelli. Dieci, cento, mille mostri. Li individui, li riconosci da impercettibili segni, dai loro silenzi, dalle loro partenze furtive, dal loro sguardo sfuggente, vacillante e spaventato, che appena incrocia il tuo sguardo si volge altrove. Risplende ancora la luce nella notte dagli abbaini delle loro sordide stanze. I loro passi risuonano nella notte. I topi non si parlano, e quando si incrociano non si guardano. Ma sai che quei volti senza età, quelle sagome gracili o flaccide, quelle schiene rotonde, grigie, ti sono accanto in ogni momento, ne segui l’ombra, sei la loro ombra, bazzichi le loro tane, i loro pertugi, hai i loro stessi rifugi, gli stessi asili, i cinema di quartiere che puzzano di disinfettante, i giardinetti, i musei, i caffè, le stazioni, la metro, i mercati generali. Disperazioni come te sedute sulle panchine, disegnano e cancellano ininterrottamente sulla sabbia polverosa lo stesso cerchio imperfetto, lettori di giornali raccattati nei cestini dei rifiuti, erranti che nessuna intemperie può fermare. Hanno i tuoi stessi peripli, altrettanto vani, altrettanto lenti, altrettanto disperatamente complicati. Come te, nelle stazioni sostano indecisi davanti alle piantine della metropolitana, come te, si mangiano i loro panini al latte seduti sulle sponde del fiume. Messi al bando, paria, esclusi, portatori di invisibili stelle. Camminano sfiorando i muri, con la testa abbassata, le spalle spioventi, le mani contratte, aggrappandosi alle pietre delle facciate, con gesti stanchi, da vinti, da mangiatori di polvere. Li segui, li spii, li odi: mostri rintanati nelle loro stanze di servizio sotto i tetti, mostri in pantofole che strascicano i piedi vicino a putridi mercati, mostri con occhi glauchi da lampreda, mostri dai gesti meccanici, mostri farneticanti. Gli passi accanto, li accompagni, ti fai strada tra di loro: i sonnambuli, i bruti, i vecchi, gli idioti, i sordomuti col berretto tirato sugli occhi, gli ubriaconi, i rimbambiti che si raschiano la gola e cercano di trattenere il tremolio intermittente delle guance, delle palpebre; i provinciali persi nella grande città, le vedove, i furbastri, i vecchi decrepiti, i ficcanaso. Ti sono venuti incontro, ti si sono aggrappati al braccio. Quasi che, sconosciuto perso nella tua città, tu non potessi incontrare che altri sconosciuti come te; quasi che, tu solitario, ti vedessi piombare addosso le altre solitudini. Quasi che, il tempo di un bicchiere di vino bevuto al banco, solo potessero incontrarsi quelli che non parlano mai, quelli che parlano da soli. I vecchi pazzi, le vecchie ubriacone, gli esaltati, gli esiliati. Ti si aggrappano ai risvolti della giacca, alle falde, alle maniche, alitandoti in faccia. Ti vengono incontro, a piccoli passi, con quei loro sorrisi da buoni, i loro volantini, i loro giornali, le loro bandiere, i miserabili combattenti delle grandi cause imbecilli, le maschere ossute che partono in guerra contro la poliomielite, il cancro, i tuguri, la miseria, l’emiplegia e la cecità, i canzonieri tristi che chiedono l’elemosina per i loro compagni, gli orfani maltrattati che vendono centrini, le vedove rinsecchite che proteggono gli animali domestici. Tutti quelli che ti si accostano, ti trattengono, ti manipolano, ti sputano in faccia le loro meschine verità, le loro eterne domande, le loro opere buone, il loro cammino autentico. Gli uomini sandwich della fede autentica che salverà il mondo. Venite a Lui, voi che soffrite. Gesù ha detto Voi che non vedete pensate a coloro che vedono. Le carnagioni giallognole, i colletti lisi, quelli che ti farfugliano la loro vita, le loro prigioni, i loro ricoveri, i loro viaggi di fantasia, i loro ospedali. I vecchi istitutori che vorrebbero riformare l’ortografia, i pensionati che credono di aver messo a punto un sistema infallibile per recuperare le cartacce, gli strateghi, gli astrologi, gli stregoni, i guaritori, i testimoni, tutti quelli che vivono con un’idea fissa in testa; i rifiuti, i rottami, i mostri inoffensivi e senili con cui si divertono i proprietari dei bar, versandogli bicchieri troppo pieni che loro non riescono a portare alla bocca, le tardone impellicciate che si scolano dei Marie Brizard, sforzandosi di restare dignitose.    E poi tutti gli altri, i peggiori, i sempliciotti, i furbi, i contenti di sé, quelli che credono di sapere e sorridono con l’aria di chi se ne intende, gli obesi, i rimasti giovani, i formaggiai, i decorati; i festaioli un po’ alticci, gli impomatati di periferia, i benestanti, i coglioni. I mostri forti del loro buon diritto, che ti prendono a testimone, ti squadrano, t’interpellano. I mostri con famiglia numerosa, con i loro bambini mostri, i loro cani mostri; le migliaia di mostri bloccati ai semafori; le stridule femmine mostro; i mostri coi baffi, col panciotto, con le bretelle, i turisti mostri rovesciati a mucchi davanti agli orridi monumenti, i mostri della domenica, della domenica, la folla mostruosa.
L'uomo che dorme Georges Perec
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achilleliade · 5 years
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ODE ALL'AMICIZIA
Ho sempre pensato che la miglior maniera per morire fosse in un orgasmo. Ma se si potesse morire in un pensiero poetico, sceglierei di farlo esattamente lì, dove una minuscola vita racchiude grandi ideali e s'insinua tra le imperscrutabili pieghe del reale. Non voglio dire quello che penso. Voglio solo affermare ciò che sono. E io, come tutti voi, non sono mai stato una cosa sola e mai lo sarò. Siamo lo spazio, che intercorre tra il tempo dell'esistenza e quello della riflessione. Siamo aquiloni, volteggianti a millimetri da adunche spine di fiori inerpicati sui giacigli dei monti, sospesi a strapiombo nel vuoto, tra la spregiudicatezza dell'essere e la convenienza dell'avere. Siamo alberi, dondolati dal vento, frusciati dalla brezza, spezzati dalla nostra stessa razza Siamo pesci, fluttuanti nel liquido abissale e immanente. Il nostro scopo è rimanere a galla Siamo fuoco, ardiamo bramanti per cose evanescenti Siamo tamburi, battiamo al ritmo della quotidianità e ne rimaniamo percossi Siamo magia, evocarci è raro, mantenerci è impossibile
Siamo orologi, scandiamo le ere dell'esistenza con i numeri
Siamo onde, effimere quanto perenni, c'infrangiamo sugli scogli e ritentiamo senza tregua. Siamo tuoni, squarciamo il sereno senza pensare alle conseguenze Siamo calamite, attraiamo la materia uguale, repelliamo l'ignoto Siamo sangue, scorriamo in ogni dove e raggiungiamo luoghi inarrivabili Siamo falci, fendiamo l’aria, flagelliamo la terra, picconiamo la roccia, feriamo i deboli. Siamo arpe tra i mulini a vento, la parola è la nostra sinfonia suprema Siamo elefanti, sentiamo tutto, ascoltiamo poco, filtriamo il meglio, ricordiamo il peggio Siamo pensieri, di notte ci rincorriamo nell’inafferrabile tumulto interiore Siamo cristalli, accecantemente scintillanti, meravigliosamente fragili Siamo nuvole, il vento ci sposta ma non ci deforma Siamo spore, vaghiamo nell'etere muovendo molecole d'aria, ci disperdiamo nell'ambiente per generare nuova vita
Siamo gomitoli, avviluppati su noi stessi, inestricabili come i nodi dell'anima Siamo funghi, resilienti nel terreno infertile, velenosi all'insulto Siamo acqua, multiforme e indispensabili, trasparenti fino all'iride Siamo eco, propaghiamo una preghiera laica verso l'orizzonte Siamo piante, popoliamo zone aride, appassiamo e rigerminiamo con le stagioni Siamo immagini, intrappolate per sempre nella memoria Siamo ululati, stridenti e roboanti nel panegirico della nostra coscienza Siamo luce, ci accendiamo nell'oscurità del mero essere Siamo linfa, per chi ci vuole bene Siamo fotocamere, focalizziamo la mimesi del passato, aggrappati alle prospettive del presente Siamo farfalle, ci libriamo leggiadre e soavi nello spazio mimetizzandoci con la natura Siamo musica, senza di noi la vita sarebbe un errore
Siamo mattoni, resistenti internamente alle intemperie, usurati fuori Siamo strofe, nella vita si può amare che si vuole, nella poesia solo chi ci sta accanto Siamo pianto, rimbombante nelle gioie e nelle sofferenze del creato Siamo note, profonde da permeare la membrana dei sentimenti Siamo cigni, eleganti e sinuosi come il richiamo della dolcezza pura Siamo organi, nei più piccini, gli occhi ed il cuore, racchiudiamo le emozioni più forti. Siamo luoghi, dello spirito, della memoria, dell'animo Siamo libri, da scrivere senza pause Siamo croci, il mondo va avanti con o senza di noi Siamo viandanti, camminiamo da sempre, trascinandoci dietro l'irrefrenabile spirale degli eventi. Siamo scrigni, custodiamo i pensieri, la rabbia, le passioni irrinunciabili e non ci apriamo mai Siamo chicchi di grano, germogliamo dalla terra per farvi ritorno in altre forme
Siamo rette, percorriamo fino alla fine esistenze parallele nella latenza delle immagini che ci sfumano di fianco. Siamo cornamuse, il nostro melodiare s'innalza in un afflato lirico verso chi non c'è più Siamo uccelli, aleggiamo sulle teste degl'altri, posandoci solo per lasciarci fugacemente desiderare Siamo peccato, assaporiamo la morte a piccole dosi e viviamo di ogni giorno soltanto un po’. Senza fare domande. Siamo umani, pensiamo alla vita come al cosmo e alle persone come le sue costellazioni. Rifrangiamo una deformata diversità e annaspiamo disperatamente per emergere da un ginepraio di voci, voci di pianto, voci di canto, voci lampo, voci dall'alto. Siamo tutto questo ma anche tanto altro, viviamo inseguendo la felicità per scovarla solo negli occhi di chi guarda e se potessimo capire il verso dell'estraneità che affligge l'insaziabile anima del mondo, non esisterebbero più i sogni, che ci tengono in vita. Qualunque cosa siamo, amici miei, di voi ho una sola forma davanti e finché sul mio volto non si poserà una lapide, sappiate che ovunque siate e qualunque cosa scegliate di essere, io non smetterò mai di amarvi.
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con-una-lettera · 6 years
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Anna Maria Ortese a Dario Bellezza
Rapallo, 12 agosto 1976
Caro Dario, ti scrivo in breve, ed è bene così, perché se scrivessi molto mi perderei. Ci sono tempi che non bisogna fermarsi a guardare dietro di sé, e io lo farei – ne ho un bisogno tremendo – se scrivessi a lungo. Ora vorrei pregarti, carissimo Dario, non sottovalutarti moralmente. Se ti dicessi tutto quello che penso di te, e del tuo animo, ti farei inorgoglire. Ti metto, per candore e amore, al di sopra di chiunque, almeno in questi nuovi tempi, io abbia conosciuto. Tu ti dici cinico – nelle tue poesie, o qualcosa del genere, e nelle lettere hai fastidio e pena di te. Ma se tu fossi quello che dici – non potresti esprimere giudizi. Se li esprimi, sei altro. Io credo che ci sia un solo spirito con tanti volti. E tu fai parte di questo spirito, o respiro eterno (o Dio). Accetta con gioia e coraggio la tristezza di vedere quanto – sulla terra – non ha coscienza, e perciò ti intimidisce. Anche quella persona “atroce” compatiscila. (E non essere – in te – nemico a nessuno.) Tu sei il mio caro amico, Dario – una specie di fratello più giovane – quasi famiglia, per me. Perciò sta’ bene! Sta’ bene! Te ne prego con tutte le mie forze. Io sto lavorando a una cosa che spero poterti dire (cos’è) appena finita. Non posso dire di più, ora. Soffro (abbastanza, ancora) per questa casa così esposta a tutte le intemperie. L’altra sera ci fu un uragano. Non posso dirti che cosa eravamo diventati – di piccolo – Maria, io, e i nostri gattini. Non so come non se ne è andato il tetto. Il vento era un vero – anche se non si chiama così, da noi – tifone. Non lo sopporto più, ma devo, tuttavia, sopportarlo. Quanto rimpiango la casa nascosta di piazza Ennio, e il camino acceso! Ma – ancora una volta – pazienza. Ti saluto con tanto affetto e gratitudine. Stai bene, Dario! Anna Maria
Anna Maria Ortese è stata una scrittrice italiana. Ritenuta una delle più grandi autrici del XX secolo, è stata insignita del Premio Strega e del Premio Viareggio.
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