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Olio miscela ELF ARC EN CIEL Mai più senza! Fai rifornimento ad un prezzo conveniente. . ☰  Home → Lubrificanti → Olio miscelatore 2t Olio miscela ELF Moto2 ARC EN CIEL, lubrificante per 2 tempi ideale fino a 125 cc e benzine verdi, conf. da 1 litro, ricambio 002842 2 recensioni clienti ▾ ELF    Prezzo:€ 14,55 (IVA inc.)€ 16,17 Risparmi:1,62 €Disponibilità: Disponibilità immediata 43 articoli a magazzino Se lo ordini oggi lo puoi ricevere entro il 18/05/2022 Quantità:Condizione:NuovoSpedizione:Spedizione GLS fascia 2 (24/48 ore): 7,00 € Spedizione gratuita per ordini superiori a 150 € (senza articoli in promozione)Codice:EF002842Guadagni:15 punti fedeltà CREA IL TUO ACCOUNT PER AVERLO A € 14,06  Hai domande su questo prodotto? Apri ora una chat. DESCRIZIONE DEL RICAMBIO Olio per miscela ELF moto 2 arc en ciel è un lubrificante ad alto contenuto di oli di base sintetici nuova generazione per scooter con motori a 2 tempi. Confezione da 1 litro applicazione scooter questo lubrificante ad alta funzionalità è particolarmente indicato per scooters con motore a 2 tempi con cilindrata minore o uguale a 125 cm3. Indicazioni ELF moto 2 arc en ciel è Specialmente adatto per affrontare le esigenze del traffico urbano (stop and go) e degli spostamenti interurbani (intercity). Prescrizioni la composizione di elf moto 2 arc en ciel è compatibile con i carburanti senza piombo. Il prodotto è prediluito e, pertanto, adatto all'ingrassaggio separato e alla miscela. Il contenuto di olio deve essere modulato in funzione delle raccomandazioni del costruttore. I componenti della formula rispettano le esigenze della marmitta catalitica 2 tempi. Specifiche synthetic-fortified ELF moto 2 arc en ciel è rinforzato con oli di base sintetici atti a garantire un'ottima protezione del motore e dei pezzi circostanti sae30 la bassa viscosità (sae 30) ed i solventi appositamente selezionati di elf moto 2 arc en ciel facilitano la miscibilità tra lubrificante e carburante. . #elf #moto #ricambimoto #motoricambi #motorparts #sccoterparts #125 #125cc #50 #50cc #2t #2tempi #arcenciel🌈 #olio #miscela #oliomiscela #cinquantino #centoventicinque #fms2com #FMS2 (at FMS2 - Ricambi moto) https://www.instagram.com/p/CdglfSush8-/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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abatelunare · 2 months
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Trova la differenza
Un mio amico si fa un danno alla portiera. Tramite un amico va da un carrozziere che gli spara un preventivo di ben milleduecento euri. Allora lui cosa fa. Va da un rottamaio per la serratura. La trova a trenta euri. Poi va da un altro carrozziere. Che gli sistema tutto per centoventicinque euri. Più trenta della serratura, fanno centocinquantacinque. A me sembra ci sia una bella differenza, rispetto ai milleduecento che gli hanno chiesto in partenza. Magari, però, mi sbaglio.
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arreton · 4 years
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Siamo del parere che poche cose siano piacevoli, come il sentirsi i denti puliti e lisci dopo averli lavati. Viene sottovalutata l’igiene orale. In realtà pensiamo che viene sottovalutata tutta l’igiene, visto che in quella che dovrebbe essere considerata zona ricca e sviluppata, c’è gente che, tanto per fare qualche esempio, lava i capelli una volta ogni quattro mesi o che va in bagno - pubblico e non - e non tira lo sciacquone, e gli esempi potrebbero essere infiniti pure se non staremo qui ad elencare quelli che sappiamo, ché altrimenti ci vengono le coliche. Evoluzione, progresso, scoperte fantasmagoriche e poi la gente resta comunque in uno stato terribilmente primitivo. La gente, soprattutto i borghesi, non sanno essere ricchi, né possedere. Noi adoriamo l’igiene, pure se non siamo perfetti e a volte cediamo alla noia o ad una convinzione di pseudo-economia.
Parlando di pulizia, ci vengono in mente tutti i piatti che abbiamo lavato oggi per via del nostro esserci messi in cucina a preparare i dolci per il compleanno della nostra genitrice e ci ricordiamo che abbiamo avuto conferma di quanto siano urtanti e fastidiosi i libri di cucina: chi scrive libri di cucina dà per scontato parecchie cose, ad esempio quando e dove va inserita la gelatina per fare una mousse: non nel cioccolato fuso; e duecentocinquanta grammi di cioccolato fondente buttato lo confermano. La sequenza è la seguente: panna semi-montata -> tuorlo montato -> cioccolato fuso tra i quarantacinque e cinquantacinque gradi (non in più, non in meno) -> gelatina sciolta (per sicurezza mantenendo la temperatura sempre tra quei parametri). Abbiamo anche venticinque grammi di tuorli e centoventicinque grammi di panna fresca a testimoniare il fatto che no, panna e uovo ancora da montare, insieme non montano. Li useremo per una torta salata che eviteremo di mangiare perché ovviamente tra calorie e grassi chi ce l’ha il coraggio anche solo di addentarla. È stato frustrante vedere il cibo sprecato, peggio ancora buttato. Proviamo fastidio, odio al limite del dolore perché non deve essere così. Sì, va bene errare è umano, ma morire di fame non è umano e c’è gente che soffre la fame che nemmeno le bestie e noi non contenti di mangiare cibo che va oltre le necessità fisiche per la sopravvivenza perché abbiamo conosciuto il benessere e quindi le viziosità, abbiamo anche il coraggio di buttare quello che non ci soddisfa. Non si fa. Non deve essere così. Ci sentiamo un poco morire dentro quando, per strada, vediamo cibo a terra, quando vediamo i bar o le pseudo-pasticcerie che riempiono sacchi e sacchi di cibo buttato. Pseudo-borghesi che buttano il latte aperto il giorno prima perché secondo loro non è più buono, che buttano la carne perché era congelata da troppo tempo (un paio di settimane) e poi vanno nelle paninerie o nelle pizzerie e mangiano con golosità ed ingordigia vantandoselo pure il cibo fritto in olio nero che nemmeno l’olio dei motori, con ingredienti al limite della scadenza o del marcio, solo perché non vedono quello che c’è dietro e soprattutto: per il piacere di essere serviti e riveriti; la potenza di potersi acquistare delle attenzioni. Una cosa che ci fa abbastanza morire dentro è, infatti, anche il cibarsi in giro per locali. Ci sentiamo tremendamente a disagio e detestiamo innanzi tutto la mentalità che c’è sotto (perché tu che sai - perché lo hai provato - cosa vuol dire non riuscire a raccapezzare un piatto decente per il pranzo o la cena, meriti solo il disprezzo se ti senti figo appena hai un cinquanta euro da poter spendere e te lo spendi in un paio d’ore trascorse in un locale di merda pagando del cibo perlopiù di merda: no, non ci fidiamo dei ristoratori e di quello che combinano nelle cucine), preferiamo un piatto di pasta cucinato da noi o anche spenderci due giorni di tempo per far lievitare la pizza e renderla il più leggera e digeribile possibile, ma non buttarci soldi e salute in cose che, il più delle volte, facendo qualche ricerca puoi benissimo prepararti tu a casa e spenderci un terzo. Certo: devi informarti, raccogliere informazioni, tentare,la cucina non è così semplice e così a portata di tutti come può sembrare; ci vuole tempo e dedizione, ovviamente, cose che perlopiù mancano. Noi, paradossalmente, possiamo permettercelo perché siamo dei mantenuti, ma non tutti possono. Abbiamo una cosa che i veri borghesi hanno: ovvero il tempo e lo passiamo ad allontanarci il più possibile dalla mentalità e dagli atteggiamenti borghesi. Sarà che non siamo mai stati dei veri e propri borghesi, ne abbiamo solo l’atteggiamento, ed è questo che i pidocchi arricchiti ignorano: si atteggiano da borghesotti, ma non sono dei borghesi: sono degli operai tra i peggio sfruttati. Il vero borghese ha una cosa che loro non hanno: tempo. Altrimenti com’è che avrebbero sviluppato la depressione e cose simili, in passato. Istintivamente era gente che avrebbe condotto una vita felice se fosse stata lasciata ai campi; invece s’è ritrovata ricca e non sapeva come riempire le proprie giornate. 
Ad ogni modo, al di là di questa inutile digressione, ci avviamo a concludere questo inutile post affermando che abbiamo preparato dolci per un reggimento. E anche questo è spreco. 
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mal-di-miele · 6 years
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Però nessuno ti mette in guardia da ciò che dovrai affrontare, nessuno ti spiega quanto il senso di colpa ti annienterà, tanto che l'acido ti verrà su da solo, senza nessuno sforzo.
Nessuno ti spiega che tutto girerà intorno alla forza di volontà, forza che a volte, anzi molto spesso, ti mancherà.
E fallirai, e ti sentirai un fallimento.
E ti dirai che non sei capace neanche in questo, non sai neanche controllare il tuo corpo, che sei impotente anche davanti a te stessa.
Passerai ore e ore e ore a studiare come una pazza, per dimostrare che vali, dimostrarlo a chi? A te prima di tutto, per convincerti che magari non fallisci proprio in tutto, però alla fine non ti arriva che un 7
E ti chiedi come sia possibile un 7 dopo aver passato almeno 8 ore sui libri.
Così al caffè aggiungo quattro cucchiaini di zucchero e centoventicinque ml di latte.
Aggiungo una fetta di torta, una manciata di patatine, la crema al pistacchio su un'altra fetta di torta, aggiungo le lacrime per non aver saputo tenere in equilibrio la mia relazione, quelle per i sensi di colpa, un po' per tutto, per aver speso un sacco di soldi in una terapia che probabilmente non mi è servita a nulla, aggiungo due dita in gola e lo sciacquone del cesso.
Aggiungo un'altra giornata buttata, così mi ripeto che domani inizierò tutto da capo, perché sono forte e ce la posso fare.
Mi peso nuda davanti allo specchio, mi peso nuda e torno ad avere sedici anni, e mi rendo conto che nulla è davvero cambiato da allora, che forse non ho più te, ma un modo per farmi male lo trovo sempre.
Mi rendo conto che forse non ho più te, e a te ci penso solo quando il mio cervello torna ad impazzire per il cibo.
E so che non è colpa tua, e so che non avresti mai voluto, e so davvero tantissime cose, e so che a vent'anni si è grandi, forse, e forse dovrei davvero smetterla e prendermi cura sul serio di me stessa.
Ma la verità è che non sto giocando, ché io davvero non sono in grado, e forse neanche voglio, prendermi cura di me stessa.
Voglio vedermi appassire, voglio vedermi deturpata perché è così che mi sento.
Voglio stare male perché merito ogni cosa.
E mi chiedevo spesso come stessi tu, se tu ne fossi uscita oppure no, mi chiedevo se a te fosse andata meglio, ho smesso di chiedermelo qualche anno fa, forse tre.
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ipotesi-controversa · 5 years
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visto che rispondi sempre alle domande, te ne faccio una: come hai superato la rottura con il tuo ex? (ho letto che eri fidanzata, ti seguo da molto tempo e poi ho letto che ti sei lasciata)
cerco di rispondere sempre alle domande che mi vengono poste, quidi sono felice di poterti essere d’aiuto.
beh, sarò sincerà, non posso dirti come io l’abbia superata, perchè non so quale sia il passo che ti fa dire “okay, capitolo chiuso”. cioè, per me lui rimane la persona che ho amato per due interi anni, che ho amato tanto e oltre ogni limite, che ho amato più di tutte le cose belle, perchè se amo non sono in grado di amare a metà, amo e amo tanto e forte. quando ci siamo lasciati le prime settimane mi sono sembrate eterne, mi sembrava di aver buttato metà della mia vita, anche se stavamo insieme da solo due anni; piano piano però ho iniziato a metabolizzare, tutto ha ripreso il suo posto nella mia vita, ho iniziato una nuova vita con tutte quelle persone che durante quei due anni avevo lasciato indietro. ho tolto tutte le nostre foto da casa, ho tolto i suoi maglioni dall’armadio, ho tolto dal dito l’anello di suo nonno che per me era il più bel regalo possibile, non per il valore, ma per la storia che aveva. ho provato ogni giorno a pensarci sempre meno, a rimpirmi le giornate anche di cose apparentemente inutili, ma che lo tenessero lontano dai miei ricordi e dalla mia mente e piano piano, ti posso assicurare che non è diventato un peso non pensarci più. con il tempo poi, ho razionalizzato che semplicemente non eravamo fatti per stare insieme, perchè sarà una cazzata ma ciò che è destinato a te trova sempre il modo di raggiungerti. e noi non ci siamo raggiunti ma allontanati tantissimo, fino a perderci. e non è stata colpa di nessuno, semplicemente ci sono cose che devono andare così. ho passato mesi a colpevolizzarmi del nostro fallimento e ho passato altrettanti mesi a incolparlo di tutto, della nostra disfatta, del suo amarmi in maniera molto discutibile, del suo sembrare sempre così “apatico” alla nostra relazione. solo dopo, con la calma, ho capito che nessuno poteva farci nulla, siamo semplicemente due persone diverse che erano convinte della teoria che gli opposti si attraggono, ma in realtà per quanto gli opposti possano segretamente e apertamente attrarsi ameranno e sceglieranno sempre, un simile, che li capisca, li supporti, ci sia, sia davvero presente nella relazione. ed io, ad oggi, passati 4 mesi ho capito che non eravamo simili ma molto diversi, e che questo non è mica un male, anzi, semplicemenete troveremo altre persone compatibili ai nostri caratteri, persone simili a noi che capiranno i nostri stati d’animo ancora prima che riusciremo a comunicarlo. ad oggi penso che sia stato l’amore più grande che io abbia mai provato in vent’anni di esistenza, penso che sia stato un amore folle in sella ad un duke prima centoventicinque e poi trecentonovanta, un amore con tanti momenti felici, e tanti tristi, un amore facile e difficile, ma un amore che non riesce a esprimersi al massimo perchè abbiamo esigenze differenti e vogliamo vivere le cose i maniera differente. penso di aver superato tutto questo prendendo coscienza di questa cosa, siamo due persone sbagliate una per l’altra.
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paoloferrario · 2 years
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Centoventicinque Bar Pizzeria - Via Borgo Vico, 125 Como
Centoventicinque Bar Pizzeria – Via Borgo Vico, 125 Como
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spazioliberoblog · 2 years
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Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini - “Levateci l’acqua”. L’arditezza delle donne civitavecchiesi nello sciopero del 1897.
Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini – “Levateci l’acqua”. L’arditezza delle donne civitavecchiesi nello sciopero del 1897.
di ENRICO CIANCARINI ♦ Centoventicinque anni fa lo storico sciopero dei facchini del porto di Civitavecchia. “Oh, se avessero nelle vene un po’ di quel sangue che scorre invece in quelle delle loro donne, piene di vigoria, di dignità, di fierezza! Che contrasto invece!!” Una frase apparsa sull’Avanti! del 2 giugno 1897, in terza pagina, nella cronaca che annuncia l’inaugurazione della sede della…
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writerfisico92 · 6 years
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Progenie - Racconto Breve
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Parte 1 – Cosa è? 
“Signori, vorrei che questo incontro fosse breve, ma il più esaustivo possibile. Sono stato ragguagliato solo parzialmente su alcuni i dettagli quindi vorrei che partiste dal presupposto che io sia all’oscuro di tutto e che quindi non tralasciaste alcun particolare che ritenete importante. Prima di cominciare vorrei fugare quello che so essere il dubbio di tutti in questo posto. Non intendiamo, almeno per ora, divulgare al pubblico questa notizia, motivo per cui rimarrete tutti vincolati alla massima segretezza. Questa è senza alcun dubbio la più grande scoperta del genere umano, e se gestita male e senza la necessaria avvedutezza potrebbe portare a nefaste conseguenze.” Il generale Tallman non aveva perso tempo e aveva cominciato a parlare appena dopo essere entrato nella sala dove si sarebbe dovuto tenere il briefing, ancor prima di sedersi. Tirò indietro lievemente la larga poltrona, vi ci affondò dentro, ma prima di ricominciare a parlare volle essere certo che quanto aveva detto fosse chiaro a tutti: “qualcuno ha qualcosa da obbiettare?” chiese perentoriamente a tutte le persone nella sala.
 Il dottor Sneider, l’astrofisico, annuì timorosamente con la testa. Il dottor Lee, il chimico, si limitò a restare impassibile. La biologa, la dottoressa Sokolova, pareva, col suo solito fare da bastian contrario, voler rispondere al generale ma anche lei non disse nulla.
 Ricevuto il tacito assenso da tutti i presenti, Tallman riprese. “Bene, dottor Sneider, può riassumere tutto quello che sappiamo sul ritrovamento dell’oggetto.”
 “Con piacere, signore. L’oggetto in questione è stato recuperato a circa trentamila chilometri dalla terra. Con ogni probabilità è entrato nel sistema solare su una traiettoria molto inclinata rispetto alle orbite planetarie ed è giunto in orbita al nostro pianeta dopo una fionda gravitazionale con Giove.”
“Una manovra voluta?” chiese il generale, intuendo già la risposta
“È altamente improbabile che l’oggetto in questione fosse casualmente su una traiettoria del genere, con ogni probabilità è stato programmato per seguirla.”
 “Programmato?”
“Esatto, qualcuno lo ha mandato qui.” Ad intervenire era stata la Sokolova, spazientita per quanto i due i ci stessero impiegando ad arrivare al nocciolo della questione. Il generale la ignorò e tornò a rivolgersi a Sneider.
“Da chi? Dove?”
“Non ne abbiamo idea ovviamente signore, con ogni probabilità, vista la sua traiettoria, l’oggetto non è partito da nessun sistema stellare nel raggio di tremila parsec dal nostro, più di questo non possiamo dire.”
 “C’è da temere qualcosa nell’oggetto in se? O per il futuro”
“Ma per favore…” commentò sarcasticamente la Sokolova
 Tallman fece finta ancora una volta di non sentirla: “Dottor Lee, cosa ha da dire lei?”
L’uomo, il più avanti con l’età nella stanza, volle schiarirsi la voce per bene prima di cominciare a parlare. “L’oggetto consisteva in un ellissoide con l’asse più lungo di centoventicinque centimetri circa. La composizione esatta del materiale ci è ancora ignota, sembra si tratti di una lega di Alluminio, Bario, Zinco e Platino.”
 Parte 2 – Chi è? 
“Veniamo alla parte più interessante.”
“Forzando l’apertura dell’oggetto è stato trovato al suo interno quello che sembra a tutti gli effetti un organismo biologico.”
“Che forma ha?”
“Sembra un incrocio tra un polpo e un trilobite, signore” intervenne la Sokolova
“Come?”
“Un trilobite signore, sa uno dei primi animali passati dalla vita acquatica a quella terrestre, somiglia a…”
“Dottoressa! Non stavo chiedendo a lei, sentirò presto cosa ha da dire. Dottor Lee continui pure”
“Si, signore. Al di là della forma la cosa più notevole è la composizione del, ecco, dell’essere, è a base di carbonio”
“Sensazionale per voi scienziati suppongo, non molto per me. Ditemi, se era composto di carbonio allora è stato possibile utilizzare la datazione al carbonio-14 per stimarne l’età?”
“Purtroppo non è così semplice signore. Qui sulla terra il carbonio-14 è prodotto dalla reazione tra i raggi cosmici e l’azoto presente nell’atmosfera, questo ne determina la sua frazione su questo pianeta. Ora, non possiamo sapere se, sul pianeta di origine dell’alieno il carbonio-14 venga prodotto dallo stesso processo o da qualcos’altro. Anche ammettendo che il processo sia il medesimo non possiamo ugualmente sapere quanto siano intense le radiazioni della stella di quel pianeta o quanto azoto e quanto carbonio vi siano presenti. In altre parole la datazione al carbonio-14 è totalmente inutilizzabile”
“Quindi non possiamo datarlo.”
“Tuttavia…” fece Sneider introducendosi nel discorso
“Tuttavia?”
“Ecco signore. Anche senza poterlo datare è comunque possibile, attraverso l’orbita che ha seguito, ricostruire un minimo tempo di viaggio.”
“E questo tempo sarebbe?”
“Novecentomila anni circa, signore”
“Novecentomila anni?”
“Si, è una stima per difetto signore, più realisticamente dovremmo parlare di almeno una decina di milioni di anni, forse molto di più. Ma ecco, certamente non meno di novecentomila.”
“Accidenti…” fece Tallman, lasciandosi scappare un sincero commento sulla cosa.
“Credo che questo basterebbe, signore, a scongiurare gli eventuali e inutili isterismi della gente su una ‘invasione aliena’”
“Come detto, dottoressa Sokolova” prese Tallman accigliato “la cosa non ci deve riguardare, giacché non è ancora stato deciso di rendere pubblica la vicenda. E visto che è così tanto desiderosa di parlare, bene, è il suo turno, parliamo approfonditamente dell’alieno!”
“Bene signore” fece la dottoressa, visibilmente meno adirata ora che poteva finalmente parlare “le ho già detto della sua forma. È già stato detto anche che la sua chimica è a base di carbonio, ma non finisce qui. Le analisi sulla sua struttura interna che abbiamo condotto hanno rivelato la presenza di quelli che sembrano essere una specie di organi e forse, ma non ne siamo sicuri, un sistema circolatorio. La cosà più interessante però è che l’essere è dotato di un simil sistema nervoso, non sappiamo bene ancora cosa lo compone ma ha un notevole numero di connessioni, confrontabili con le nostre…”
“Vuol forse dire che potrebbe essere intelligente?”
“Beh signore, potrebbe esserlo stato sì.”
“Beh, per calcolare con precisione una traiettoria che lo ha portato fin qui da decine di migliaia di anni luce”, fece Sneider per dar voce ai suoi pensieri, “doveva certo avere conoscenze superiori alla nostre.”
“Questo non mi rassicura affatto, siamo sicuri che l’alieno sia, ecco, non più vivo?”
“Ma… si signore, siamo certi, avendo viaggiato per milioni di anni” fece la Sokolova all’inattesa domanda.
“E siamo sicuri che presto non ne arriveranno molti altri?”
“Per fare cosa? Conquistare la terra… ma mi faccia… signore tutto ciò è ridicolo e senza senso”
“Dottoressa, moderi il linguaggio! Bisogna sempre pensare alle evenienze peggiori.”
“Le ripeto quello che le ho detto. Parlando scientificamente, chiaro si intende, la sua ipotesi è senza senso.”
 Parte 3 - Perché è qui? 
“Bene, visto che crede di sapere tutto dottoressa, risponda lei a una domanda. Il dottor Sneider dice che la traiettoria dell’oggetto che ha portato qui l’alieno era stata programmata, lei concorda?”
“Certo, è praticamente impossibile che seguisse una rotta tanto fortunata da farlo finire nell’orbita terrestre casualmente.”
“Bene” fece Tallman soddisfatto “allora mi dica, visto che siamo tutti concordi sul fatto che il suo obbiettivo fosse realmente arrivare qui, cosa è venuto a fare?”
 La Sokolova non aveva una risposta, ma non ebbe nemmeno tempo per pensarci, una forte bussata risuonò sulla porta chiusa della stanza. Il generale, seccato per l’interruzione, si volse verso di questa e in maniera riluttante invitò chi stesse bussando ad entrare.
Una donna con camice addosso e una pila di fogli nelle mani entrò di corsa, senza nemmeno chiudersi dietro la porta. “Devo subito riferirvi una cosa!” fece esagitata, senza badare a chi vi fosse nella stanza
“Scusi, lei è?” chiese Tallman visibilmente irritato
La donna, indecisa se dire quello che era venuta a dire o rispondere alla domanda non aprì bocca.
“È la dottoressa Annette Stevenson signore, la genetista del team di studio” intervenne la Sokolova a rompere il silenzio. “Annette, prendi un bel respiro e dicci con calma quello che devi dirci.”
 “Ecco, va bene, andrò con ordine. Insieme al team di microbiologi abbiamo svolto un analisi più approfondita dell’essere. L’essere sembra presentare una specie di struttura cellulare, non troppo dissimile dalla nostra. Dopo l’analisi preliminare ci siamo concentrati sull’analisi cellulare. Le cellule dell’essere, similmente a quelle presenti qui sulla terra, erano dotate di una specie di nucleo. All’interno di questo abbiamo trovato una informazione genetica ben codificata.”
“Vuol dire, dottoressa, che anche quell’essere era dotato di DNA?” chiese Tallman, credendo di aver capito il punto
“Si signore, un DNA composto anch’esso, come il nostro, da basi azotate”
“Molti, prima di questo ritrovamento, fantasticavano di forme di vita totalmente inconcepibili per noi qui sulla terra” fece Sneider, intervenendo nel discorso, “ma a quanto pare dobbiamo concludere che la vita può organizzarsi solo in alcuni modi. Questo essere ha una chimica basata sul carbonio, come la nostra, ha un sistema nervoso con qualche similitudine con il nostro, ma soprattutto, a quanto ci dice la dottoressa, è composto da cellule, a loro volta dotate di nucleo, nel quale sono codificate, come per gli esseri qui sulla terra, le informazioni genetiche. Questo dovrebbe anche farci presumere che quell’essere fosse, in qualche modo, capace di riprodursi. Tutto questo è molto interessante.”
“Non è solo questo dottore” fece la Stevenson, desiderosa di poter ricominciare a parlare
“In che senso”
“Quello che voglio dire è che: sarebbe bello concludere che la formazione della vita ha dinamiche simili dovunque avvenga, che ci sia una specie di set di requisiti da soddisfare perché un essere possa essere definito vivo. Ma qui la storia è molto diversa, c’è molto di più!”
“Arrivi al punto” fece spazientito Tallman
“Ecco, tutti gli esseri viventi sulla terra hanno degli antenati comuni, le prime cellule che vivevano nel brodo primordiale di questo pianeta miliardi di anni fa, motivo per cui, mappando i dna di una qualsiasi specie vivente su questo pianeta è possibile trovare delle sequenze genetiche in comune o simili, rimaste da quegli antichi antenati comuni.”
“Si va bene, e con questo dottoressa?”
“L’essere che abbiamo ritrovato dentro la strana ellissoide. L’essere di cui abbiamo studiato cellule, nuclei e sequenza genetica, beh, quell’essere, proveniente da chissà quante migliaia di anni luce di distanza, ha quelle stesse sequenze geniche in comune con tutti gli esseri di questo pianeta!”
“Cosa, tutte in comune?”
“Si, quasi tutte. La probabilità che questo possa succedere, cioè che una vita su un altro pianeta sviluppi casualmente queste sequenze è astronomica, è praticamente impossibile.”
 “Cosa sta cercando di dirmi dottoressa?”
“È chiaro, quell’essere ha avuto origine qui, come tutte le altre specie viventi di questo pianeta!”
“Cosa? No, impossibile!” fece Tallman scioccato
“Cosa vuole sostenere dottoressa?” fece Sneider, per la prima volta infastidito “che una razza si sia evoluta a tal punto sulla terra tanto da lasciarla e compiere un viaggio di milioni di anni per colonizzare chissà quale punto sperduto del cosmo? È assurdo”
“Io so per certo solo quali sono i risultati dei miei esperimenti dottore” fece la Stevenson pacificamente “ma i risultati non mentono”
“Siete sicuri di poter escludere che sia una casualità?” fece Tallman per cercare di riprendere in mano il discorso
 “Siete tutti fuori strada!” fece la dottoressa Sokolova balzando in piedi, come colta da un’improvvisa epifania
“Ci illumini lei dottoressa, visto che crede di aver capito tutto” fece Tallman sarcasticamente
“Non capite? Non riuscite a capirlo? Una razza intelligente che si sia sviluppata su questo pianeta? Centinaia di milioni di anni fa? Avrebbe sicuramente lasciato delle tracce, una civiltà intelligente produce molte cose nella sua storia, noi ne siamo la prova. Non avrebbe senso, ne avremmo sicuramente trovato qualche testimonianza”
“Ma i dati…” fece timidamente la Stevenson
“I dati dicono che noi e quell’essere abbiamo un antenato in comune. Ma non siamo tutti originari di questo pianeta, siamo tutti originari del suo!”
“Cosa, sta farneticando dottoressa?” fece Tallman non capendo.
“Panspermia” suggerì Sneider, comprendendo il ragionamento della collega.
“Esatto” fece la Sokolova, senza fermarsi “Esatto. Pensateci, una razza intelligente spunta su un pianeta, raggiunge un punto di sviluppo tecnologico tale da avere i mezzi per inviare degli oggetti lontanissimo, facendogli compiere viaggi di centinaia di milioni di anni. Magari al contempo questa civiltà acquisisce i mezzi anche per studiare e mappare regioni della galassia distantissime, così si fa un’idea dei pianeti potenzialmente abitabili in queste presenti. Dopo di ché decide di far sviluppare la vita su questi pianeti e invia degli organismi unicellulari ibernati su questi mondi, gli unici in grado di poter tornare in vita una volta giunti a destinazione. Questi,  poi, sviluppandosi ed evolvendosi, danno poi in un certo senso alla luce i loro discendenti.”
“Assurdo…” fece Sneider spalancando la bocca, sempre più convinto dall’ipotesi.
“Si, ma perché?” fece Tallman ancora frastornato.
Ma la dottoressa non ammetteva interruzioni “Perché? Il perché non è importante in questo momento! Non so, si credevano onnipotenti? Magari si erano resi conto, studiando milioni di pianeti, che la vita era una cosa così improbabile che una volta formatasi meritava di essere diffusa. Non saprei, è irrilevante. Quello che conta è che questa è l’unica ipotesi plausibile, per quanto assurda.”
 “Si ma, come spiega l’essere che abbiamo ritrovato?”
“Posso solo azzardare e fare ipotesi. Ma forse, passati miliardi di anni, reputavano probabile, o quantomeno possibile, che su questo pianeta si fosse sviluppata una forma di vita intelligente, e così ci hanno, volontariamente, inviato quell’essere. D'altronde l’oggetto ha fatto una fionda gravitazionale su Giove dopo un viaggio di svariati milioni di anni solo per giungere qui, è chiaro che fosse su una traiettoria prestabilita, che qualcuno volesse farlo arrivare da noi. E badate bene, non farlo arrivare sulla terra, ma in orbità, cosicché solo una eventuale razza intelligente presente sul pianeta avrebbe potuto recuperarlo. Si, sono portata a pensare che quello che ci è arrivato è una sorta di regalo proprio per noi!”
“Si, ma perché?” chiese ancora Tallman
“Seguendo il ragionamento…” la Sokolova, già in piedi si mosse per recuperare, al centro del tavolo, una delle foto dell’alieno, posate li prima da Snieder “lo hanno fatto perché sapessimo, finalmente, chi sono i nostri progenitori.” Dopo aver guardato con attenzione la foto la girò verso il resto dei presenti “Mi sembra uno scambio equo dopotutto, noi ora abbiamo capito quali sono le nostre origini e loro hanno, in un certo senso, hanno conosciuto la loro progenie.”
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samdelpapa · 3 years
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Ve lo mettono ... Da tempo
Leggete a chi vanno i miliardi della Bce. E vomitate!
dicembre 28, 2018
Mi prenderei a sberle. Avevo un documento agghiacciante in scrivania e non l’ho aperto per mesi. Dentro c’è la verità su chi Mario Draghi sta veramente finanziando coi miliardi del Quantitative Easing (Qe) mentre storce il naso se Roma chiede 20 euro per gli abruzzesi in ipotermia, sfollati da mesi, con morti in casa e la vita devastata, o per mettere 11 euro in più nel Job Act infame di Renzi e Poletti.
Quando io gridavo a La7 “Criminali!” contro gli eurocrati, l’autore del programma, Alessandro Montanari, mi si avvinghiava alla giacca dietro le quinte e mi rampognava fino alla diarrea.
Quel genio di Oliviero Beha mi rampognò in diretta, è in video.
Ma voi leggete sotto, mentre pensate ai sofferenti d’Italia.
Bacinella del vomito a portata di mano, raccomando.
Il pdf in questione mi arrivò a fine ottobre via mail da Amsterdam, fonte autorevole oltre ogni dubbio.
M’ingannò, porcaputtana, il subject mail che era “Draghi finanzia il Climate Change”. Pensai, ok, ci arrivo, un attimo, c’è la Siria, Trump, il referendum… Ma dentro quel pdf c’era ben di peggio. Ora alcuni fatti spiegati alla nonna per capire il resto dell’incubo Ue.
La Banca Centrale Europea crea tutti gli euro che esistono. E’ una specie di governo di questa Ue.
Dopo appena 13 anni la moneta unica aveva letteralmente fatto a pezzi ogni singolo paese dell’Eurozona, Germania inclusa (diedi i dati in Tv 3.000 volte). Tutto il mondo finanziario extra europeo sapeva (e sa) che l’euro è fallito.
A quel punto l’unico modo perché l’unione monetaria non crollasse in una catastrofe economica da libri di storia era se il creatore dell’euro, la Bce, si metteva a comprare una gran massa dei beni finanziari emessi dagli Stati-euro che ormai erano visti come semi-spazzatura dal mondo.
Questo per artificialmente tenerne i prezzi e gli interessi a un livello di decenza. Draghi con la Bce lo fece: l’operazione si chiama Quantitative Easing (Qe).
Ma non bastò, anzi, le cose andarono anche peggio per motivi che già scrissi 3 milioni di volte.
Il problema era che anche le aziende private nell’Eurozona andavano da vomitare.
Dovete sapere che anche le aziende emettono beni finanziari, cioè titoli. E allora Draghi alla disperazione si presentò l’anno scorso a giugno e annunciò un altro Qe, però questa volta per le aziende, col nome di Cspp.
E si mise a comprare miliardi in titoli di aziende per puntellarle anche se semidecomposte.
Dovete capire che un’azienda ha in pratica due modi di finanziarsi con prestiti: chiedere in banca o emettere titoli.
E Draghi annuncia che ora la Bce gli compra i titoli. Ok.
Uno dice: be’, se serve a salvare il mobilificio di Ancona con 80 operai, perché no?
La risposta è tragica e ci apre sulle porte dell’infamia della Bce.
Le piccole aziende non possono emettere titoli, sono condannate alla gogna del prestito da banche, fine.
Infatti la Bce di Draghi precisò che avrebbe acquistato titoli di aziende “corporate”. Che significa? Che avrebbe comprato i titoli dei cani grossi, come Telecom, o Vw. Ops!
Ma per noi italiani già questa è una sciagura, perché da noi le piccole medie aziende sono il 98% delle imprese e creano il 78% della ricchezza dell’Italia. Sfiga. Crepate. Titoli Benetton?
Certo che li compriamo, dice Draghi.
E allora uno apre il pdf che mi arrivò a fine ottobre per mail, e scopre, transazioni bancarie alla mano, a chi stanno andando i 125 miliardi che Draghi ha programmato di sborsare per ‘puntellare’ le aziende.
E uno vomita. Petrolieri, mega imprese di servizi, industrie di armi, auto di stralusso, nucleare, colossi delle privatizzazioni, giganti dal fashion o del farmaco, persino casinò e produttori di champagne.
Centoventicinque miliardi di regali a ’sti tizi. Operaio, commessa, crepate in Liguria, Marche, Puglia… L’ipotermico di Teramo? Ma scherziamo? Mille eurooooo? Ma cosa pretende?
Palate di miliardi di euro invece a Shell, Eni, Repsol, Total, una trentina di aziende spagnole di servizi del gas, produttori di centrali nucleari come Teollisuuden, come Siemens, e Urenco.
Poi gli Agnelli con la finanziaria Fiat Exor (Ferrari), Renault, Mercedes, Vw. Poi criminali di guerra come Thales, che hanno venduto armi in Africa sulla puzza di milioni di cadaveri. Poi i nemici giurati dell’acqua pubblica, cioè i colossi francesi Vivendi e Suèz. E ancora i super-colossi: Solvay, Nestlé, Coca Cola, Unilever, Novartis, Michelin, Ryanair, Luis Vuitton, Danone, assicurazioni Allianz, Deutsche Telekom, Bayer, Telefonica, Moët & Chandon, e il mostro delle scommesse Novomatic…
Soldiiiiiiiiiiiiii yes! La Bce fa proprio l’interesse del pubblico, con qualcosa come 17.900 piccole medie aziende europee che sono il cuore dell’impiego in Ue totalmente fuori dal festino.
Ecco cosa dovete rispondere a chi vi rampogna “Ci vuole più Europa”.
Basterebbe questo articolo per tagliargli la gola, a ’sti assassini. In Italia ’sta porcata vede fiumi di soldi versati in prima fila ai super big dell’energia, ma nessuno becca palate di liquidi come l’Eni; seguono Snam, Enel, Terna, Hera, e altri minori. Poi: Atlantia (Mediobanca, Goldman Sachs, BlackRock e Cassa Risp. Torino), le Generali, Telecom Italia, Luxottica, e i soliti Agnelli con Exor.
E tu che cazzo vuoi? Tu chi sei, cittadino?
Chi sei, sfigato piccolo imprenditore?
Chi siamo noi, eh?, da quando Jaques Attali, uno dei padri della Bce, ci definì «la plebaglia europea»?
Eccovi una notizia. Anche se, mi si perdoni, non sono immani tragedie come i 104 indagati del Pd di Travaglio-Gomez, la Raggi e la Cgil che fa i ruttini sul Job Act. Good luck Italians, good luck piccoli imprenditori e dipendenti che mai avete capito un cazzo.
(Paolo Barnard, “A chi vanno i miliardi della Bce – zitta centrItalia, crepa”, dal blog di Barnard)
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libribeo · 3 years
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È peggio, molto peggio di quel che pensate. La lentezza del cambiamento climatico è una favola, forse altrettanto pericolosa di quella che ci dice che non stia accadendo affatto, e ci viene offerta insieme a diverse altre, in un florilegio di rassicuranti illusioni: che il riscaldamento globale sia una saga artica che si svolge in luoghi remoti; che sia un problema che riguarda esclusivamente il livello dei mari e le zone costiere, non una crisi globale che non risparmierà alcun luogo e non lascerà inalterata alcuna forma di vita; che sia una crisi del mondo della «natura» , non di quello umano; che questi siano due cose distinte, e che oggi noi viviamo in qualche modo al di fuori o al di là, o comunque siamo protetti, rispetto alla natura, e non ineluttabilmente connessi e totalmente sovrastati da essa; che la ricchezza possa essere uno scudo contro le devastazioni del riscaldamento globale; che bruciare combustibili fossili sia il prezzo per avere una crescita economica continua; che la crescita, e la tecnologia che produce, ci mettano inevitabilmente in grado di escogitare una via d’uscita dal disastro ambientale; che nell’ormai lunga storia dell’umanità ci sono stati altri casi di minacce analoghe a questa per dimensioni o portata, per cui possiamo essere fiduciosi sul fatto di venirne a capo. Niente di tutto ciò è vero. Ma partiamo dalla velocità del cambiamento. La Terra ha sperimentato cinque estinzioni di massa prima di quella che stiamo vivendo ora, ognuna delle quali ha spazzato via le testimonianze fossili in modo cosí radicale da agire alla stregua di un reset dell’evoluzione. E come se l’albero filogenetico del pianeta si fosse espanso e avesse poi collassato, a intervalli, come un polmone: quattrocentocinquanta milioni di anni fa morí l’86% di tutte le specie; settanta milioni di anni dopo, il 75 per cento; centoventicinque milioni di anni dopo, il 96 per cento; cinquanta milioni di anni dopo, l’80 per cento; centotrentacinque milioni di anni dopo, di nuovo il 75 per cento. [Continua al primo commento] (presso Pianeta Terra) https://www.instagram.com/p/COaHC12ph4L/?igshid=gxlz469c4qj
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pietroalviti · 4 years
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Frosinone, scendono i casi, forse si riallineano con quelli delle altre province Nella Asl di Frosinone si registrano centoventicinque i nuovi casi e si tratta di casi isolati a domicilio, contatti di un caso già noto o con link familiare. Nove sono i casi ricoverati. Si registra un decesso di 71 anni con patologie Intanto 400 giovani medici faranno il tirocinio nei tracciamenti.
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freedomtripitaly · 5 years
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Su una penisola che divide il basso lago di Garda, ecco dove si trova Sirmione, una piccola cittadina in provincia di Brescia che incanta i suoi visitatori con la bellezza dei paesaggi mozzafiato e architetture piene di storia, tanto da essersi meritata a pieno di portare il titolo di “Perla del Garda”. Per secoli avamposto militare, Sirmione ora è una delle mete turistiche più importanti ed apprezzate della Lombardia, adatta non solo alle famiglie, ma anche ai giovani e a chi ama immergersi nella bellezza dei borghi storici. Scopri in questo articolo di SiViaggia cosa vedere a Sirmione, abbiamo selezionato per te 5 cose che vale davvero la pena visitare. 1. Castello Scaligero a Sirmione Posto a guardia dell’unico punto d’accesso via terra al centro storico della città, il Castello Scaligero è una rocca costruita intorno alla metà del XIII secolo durante l’epoca scaligera, una dinastia che governò la città di Verona per centoventicinque anni. Si tratta di uno dei rari esempi di fortificazione lacustre nonché di uno dei castelli più completi e meglio conservati d’Italia. La rocca, con le sue tre torri e il mastio alto quarantasette metri, è circondata da tutti e quattro i lati dalle acque del lago, caratteristica che dona alla struttura un aspetto fiabesco e suggestivo. Percorrendo una lunghissima scalinata composta da 146 gradini è possibile accedere alle ronde di camminamento e godere di una vista spettacolare che offre il castello di Sirmione, affacciato sul Garda. 2. Grotte di Catullo a Sirmione Anche se il nome può far pensare alle tipiche cavità sotterranee, appena arrivato alle Grotte di Catullo, sulla punta della penisola, ti ritroverai davanti una domus romana costruita tra la fine del I secolo a.C e il I secolo d.C. Non si può visitare Sirmione senza fare un salto a dare un’occhiata a questo complesso archeologico, considerato il più rilevante esempio di villa romana presente sul territorio dell’Italia settentrionale. Prima degli scavi, le rovine della villa erano coperte da folta vegetazione e apparivano all’occhio del visitatore sotto forma di caverne, proprio da qui deriva il termine “grotte”. Anche se non ci sono dati certi in proposito, secondo la tradizione questa villa era di proprietà di Gaio Valerio Catullo, il quale sosteneva in un carme di avere possedimenti a Sirmione ai quali non vedeva l’ora di tornare. Il luogo offre un’atmosfera intrisa di storia, completata da un panorama mozzafiato. 3. Jamaica Beach a Sirmione Dopo aver ammirato il panorama spettacolare delle Grotte di Catullo puoi fare un salto a rilassarti a Jamaica Beach, una delle spiagge più famose della città. Questo pezzo di paradiso offre ai bagnanti un’atmosfera esotica paragonabile ai migliori posti tropicali, ma a differenza del mare la costa è circondata dalle acque del lago di Sirmione. Un luogo perfetto per trascorrere qualche ora di piacevole relax, prendere un po’ di sole o rinfrescarsi nelle acque del Garda. 4. Isola dei Conigli e L’isola del Garda vicino a Sirmione Una cosa da fare assolutamente già che sei a Sirmione è un’escursione in barca alle isole vicine alla cittadina. A circa venti minuti di navigazione ad esempio, puoi ammirare la piccola isola di San Biagio, comunemente nota come l’isola dei Conigli. Un piccolo pezzo di paradiso caratterizzato da una bellissima e folta vegetazione e la presenza sul territorio di numerosi coniglietti, gli abitanti del luogo, abituati ormai alla presenza dell’uomo. Proseguendo un po’ verso nord puoi ammirare invece l’isola del Garda, una delle più grandi isole del lago. L’isola, pur essendo privata, è aperta alle visite turistiche dal 2002 e il percorso offerto consiste in una visita di due ore dove è possibile ammirare i magnifici giardini all’inglese e all’italiana, tre sale all’interno della magnifica villa in stile neogotico veneziano e il parco naturale. 5. Terme di Sirmione Dopo aver esplorato Sirmione, un borgo tutto da vedere, prenditi un momento per goderti un’altra opportunità di relax e immergiti nelle benefiche acque termali. La città infatti è conosciuta anche e soprattutto per il suo centro termale Aquaria, che offre tutto il necessario per ritrovare la serenità e il benessere. Circondato dalle piante di un suggestivo parco il centro offre piscine termali, percorsi vascolari, docce aromocromatiche e tanto altro. La sera è possibile ammirare un bellissimo tramonto, immersi nella piscina di acqua calda che affaccia sul Lago di Garda. https://ift.tt/2ZknYgN Classifica delle 5 cose da non perdere a Sirmione Su una penisola che divide il basso lago di Garda, ecco dove si trova Sirmione, una piccola cittadina in provincia di Brescia che incanta i suoi visitatori con la bellezza dei paesaggi mozzafiato e architetture piene di storia, tanto da essersi meritata a pieno di portare il titolo di “Perla del Garda”. Per secoli avamposto militare, Sirmione ora è una delle mete turistiche più importanti ed apprezzate della Lombardia, adatta non solo alle famiglie, ma anche ai giovani e a chi ama immergersi nella bellezza dei borghi storici. Scopri in questo articolo di SiViaggia cosa vedere a Sirmione, abbiamo selezionato per te 5 cose che vale davvero la pena visitare. 1. Castello Scaligero a Sirmione Posto a guardia dell’unico punto d’accesso via terra al centro storico della città, il Castello Scaligero è una rocca costruita intorno alla metà del XIII secolo durante l’epoca scaligera, una dinastia che governò la città di Verona per centoventicinque anni. Si tratta di uno dei rari esempi di fortificazione lacustre nonché di uno dei castelli più completi e meglio conservati d’Italia. La rocca, con le sue tre torri e il mastio alto quarantasette metri, è circondata da tutti e quattro i lati dalle acque del lago, caratteristica che dona alla struttura un aspetto fiabesco e suggestivo. Percorrendo una lunghissima scalinata composta da 146 gradini è possibile accedere alle ronde di camminamento e godere di una vista spettacolare che offre il castello di Sirmione, affacciato sul Garda. 2. Grotte di Catullo a Sirmione Anche se il nome può far pensare alle tipiche cavità sotterranee, appena arrivato alle Grotte di Catullo, sulla punta della penisola, ti ritroverai davanti una domus romana costruita tra la fine del I secolo a.C e il I secolo d.C. Non si può visitare Sirmione senza fare un salto a dare un’occhiata a questo complesso archeologico, considerato il più rilevante esempio di villa romana presente sul territorio dell’Italia settentrionale. Prima degli scavi, le rovine della villa erano coperte da folta vegetazione e apparivano all’occhio del visitatore sotto forma di caverne, proprio da qui deriva il termine “grotte”. Anche se non ci sono dati certi in proposito, secondo la tradizione questa villa era di proprietà di Gaio Valerio Catullo, il quale sosteneva in un carme di avere possedimenti a Sirmione ai quali non vedeva l’ora di tornare. Il luogo offre un’atmosfera intrisa di storia, completata da un panorama mozzafiato. 3. Jamaica Beach a Sirmione Dopo aver ammirato il panorama spettacolare delle Grotte di Catullo puoi fare un salto a rilassarti a Jamaica Beach, una delle spiagge più famose della città. Questo pezzo di paradiso offre ai bagnanti un’atmosfera esotica paragonabile ai migliori posti tropicali, ma a differenza del mare la costa è circondata dalle acque del lago di Sirmione. Un luogo perfetto per trascorrere qualche ora di piacevole relax, prendere un po’ di sole o rinfrescarsi nelle acque del Garda. 4. Isola dei Conigli e L’isola del Garda vicino a Sirmione Una cosa da fare assolutamente già che sei a Sirmione è un’escursione in barca alle isole vicine alla cittadina. A circa venti minuti di navigazione ad esempio, puoi ammirare la piccola isola di San Biagio, comunemente nota come l’isola dei Conigli. Un piccolo pezzo di paradiso caratterizzato da una bellissima e folta vegetazione e la presenza sul territorio di numerosi coniglietti, gli abitanti del luogo, abituati ormai alla presenza dell’uomo. Proseguendo un po’ verso nord puoi ammirare invece l’isola del Garda, una delle più grandi isole del lago. L’isola, pur essendo privata, è aperta alle visite turistiche dal 2002 e il percorso offerto consiste in una visita di due ore dove è possibile ammirare i magnifici giardini all’inglese e all’italiana, tre sale all’interno della magnifica villa in stile neogotico veneziano e il parco naturale. 5. Terme di Sirmione Dopo aver esplorato Sirmione, un borgo tutto da vedere, prenditi un momento per goderti un’altra opportunità di relax e immergiti nelle benefiche acque termali. La città infatti è conosciuta anche e soprattutto per il suo centro termale Aquaria, che offre tutto il necessario per ritrovare la serenità e il benessere. Circondato dalle piante di un suggestivo parco il centro offre piscine termali, percorsi vascolari, docce aromocromatiche e tanto altro. La sera è possibile ammirare un bellissimo tramonto, immersi nella piscina di acqua calda che affaccia sul Lago di Garda. A Sirmione, sul Lago di Garda, si può visitare il castello Scaligero, le Grotte di Catullo e fare un’escursione in barca alle isole vicine, per poi rilassarsi alle terme.
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Sarà che correre per me significa solo tenersi in forma quel tanto, sarà che l'analogia corsa-scrittura è bella ma non puoi usarla centoventicinque volte in dieci pagine, sarà che nemmeno Murakami può diventare un epopea tipo Gilgamesh ed Enkidu, ma questo libro non mi sta piacendo. Si addensano all'orizzonte le stesse nuvole minacciose che in "Un viaggio chiamato vita" di Banana mi hanno spinto a dire che era un libro super brutto. Non so cosa non mi convinca delle autobiografie o simili, ma le trovo sempre un po' noiose, scontate e per nulla interessanti: che poi c'è pure il rischio che l'immagine mitica che ci facciamo dell'artista si corroda riducendosi al monotono e grigio dell''essere un umano tra tanti. Non so, magari alla fine cambierò idea, però boh; voi lo avete letto? Cosa ne dite? . . . . #Bookstagram #bookstagrammer #instabook #instalibri #libri #librisulibri #libriconsigliati #lettori #leggere #leggeresempre #leggerechepassione #scivere #scriveresempre #scriverechepassione #scrittori #scrittoriemergenti #letture #bookgeek #bookaddict #lettura #leggerefabene #romanzi #instalibro #scrivopostmoderno #ioleggoperché #letturatime #ioleggo https://www.instagram.com/p/B1f2XD9olfp/?igshid=abf99cossp8a
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saveriopaletta1971 · 5 years
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Vota La scossa di magnitudo 6 è avvenuta a Yibin, nella provincia del Sichuan. Centoventicinque i feriti, le piogge battenti ostacolano i soccorsi È salito a dodici morti e centoventicinque feriti il bilancio delle vittime del terremoto di magnitudo 6 che ha colpito domenica sera la città di Yibin nella provincia centromeridionale del Sichuan, in […]
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untitled42566 · 4 years
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Riapre mercoledì a Senigallia la grande mostra dedicata al Maestro Mario Giacomelli
SENIGALLIA – La mostraSguardi di Novecento. Giacomelli e il suo tempo, inaugurata lo scorso febbraio e subito chiusa a causa dell’emergenza Covid-19, riapre i battenti mercoledì 20 maggio 2020 e proroga la data di chiusura fino a domenica 27 settembre 2020.
Senigallia Città della Fotografia, in occasione dei venti anni dalla scomparsa di Mario Giacomelli, presenta la mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo. L’esposizione è divisa in due sezioni: una parte internazionale a cura di ONO arte contemporanea a Palazzo del Duca che ospita 20 fotografie di Giacomelli a confronto con circa 90 scatti di grandi fotografi della metà del Ventesimo secoloe a Palazzetto Baviera Sguardi di Novecento a Senigallia. L’Associazione Misa, per una fotografia artistica. Opere dal 1954 al 1958,a cura degli Eredi Giacomelli, che propone una selezione di opere fotografiche dei membri del Gruppo Misa, dalla collezione civica Città di Senigallia.
La mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo riunisce, con un approccio inedito e proposto in esclusiva per Senigallia Città della Fotografia, i grandi maestri della fotografia de lNovecento ospitati a Palazzo del Duca – come Robert Doisneau, Gianni Berengo Gardin, Brassaï,Henri Cartier-Bresson, Kikuji Kawada, JacquesHenri Lartigue, Herbert List, Nino Migliori, Paolo Monti,Leo Matiz, Ara Güler– in dialogo con il fotografo senigalliese Mario Giacomelli.
La sezione a Palazzetto Baviera invece vuole raccontare l’avventura del Gruppo Misa dove lo stesso Giacomelli mosse i suoi primi passi. Uno scorcio potente e affascinante e allo stesso tempo una ricognizione, seppur parziale, sul mondo della fotografia all’interno del quale Giacomelli ha operato, composta senza la volontà di sottendere influenze, prestiti diretti o indiretti, ma con l’obiettivo di giustapporre e contrapporre le sue opere con quelle dei fotografi a lui contemporanei e far emergere la profonda originalità della ricerca del Maestro senigalliese.
L’esposizione prende spunto e si ispira a The Photographer’s Eye, la grande mostra curata da John Szarkowski – direttore del Dipartimento di Fotografia presso il MoMA di New York dal 1962 al 1991 – allestita proprio nel museo newyorkese nel 1964. Quello fu il primo vero riconoscimento internazionale di Giacomelli che fu esposto insieme ad autori internazionali come Richard Avedon, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Walker Evans e molti altri.«[…] le fotografie qui riprodotte sono state eseguite nel corso di centoventicinque anni circa. Sono state scattate per ragioni disparate, da uomini mossi da intenzioni diverse e con diversi gradi di talento. In effetti hanno ben poco in comune, se non il successo che hanno in comune e un lessico condiviso: queste immagini sono inequivocabilmente fotografie. La visione che hanno in comune non appartiene a una scuola o a una teoria estetica, ma alla fotografia stessa», così scriveva Szarkowski nell’introduzione al catalogo della mostra e da qui è partita la ricerca per Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo che Senigallia Città della Fotografia ha voluto organizzare per rendere omaggio a uno dei suoi cittadini più illustri a vent’anni dalla sua scomparsa.
La metà del Novecento è stato un periodo molto denso per la fotografia a livello internazionale e soprattutto per il riconoscimento della figura del fotografo, come sostiene sempre Szarkowski «la fotografia è nata tutta intera, come un organismo. La sua storia consiste nel percorso attraverso il quale ne facciamo la progressiva scoperta». La mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo dunque non vuole essere una ricognizione onnicomprensiva ed esaustiva dei tanti fotografi che attivamente hanno partecipato a quel periodo, ma una selezione di quelli che possono essere messi in dialogo, ideale o reale che sia, con il lavoro di Giacomelli. E quindi c’è Nino Migliori, nel Gruppo Misa nei primi anni di carriera, colui che da un lato poneva attenzione al racconto neorealista, mentre dall’altro sondava i territori dell’informale fotografico, e Paolo Monti, grande fotografo, fondatore del gruppo La Gondola, contraltare de La Bussola fondata da Giuseppe Cavalli, e colui che nel 1955 a Castelfranco Veneto premiò Giacomelli denominandolo l’“Uomo nuovo della fotografia”, e ancora Gianni Berengo Gardin, amico di Giacomelli, di fama internazionale, e spesso accostato per il lirismo dei suo scatti a Henri Cartier-Bresson, altro autore presente in mostra, pioniere del fotogiornalista e fondatore tra gli altri della celebre agenzia Magnum.
Per rimanere sempre in Francia in mostra ci sarà Robert Doisneau antesignano della street photography contemporanea, Brassaï francese naturalizzato e soprannominato l’”occhio di Parigi” per il suo amore nei confronti della capitale francese e di tutti i personaggi e gli intellettuali che la animavano, Jacques Henri Lartigue che intreccia la sua attività di fotografo a quella di pittore. E ancora in Europa il tedesco Herbert List, celebre per le sue foto di moda e i nudi maschili, che pure negli ultimi anni di produzione si avvicina ad un gusto molto neorealista. Dall’Europa al resto del mondo conAra Güler, fotoreporter, storico e documentarista che per 60 anni ha ritratto le metamorfosi di Istanbul, Kikuji Kawada, uno dei principali fotografi giapponesi fondatore del gruppo VIVO che ha sempre indagato la connessione tra immagine astratta,realtà e sentimenti e il colombiano Leo Matizartista eclettico, non solo fotografo ma anche caricaturista, pittore, gallerista, editore e attore, celebre per aver documentato con i suoi scatti il rapporto tra Frida Kahlo e Diego Rivera.
Giacomelli è sempre stato un fotografo fortemente radicato alla sua terra, e malvolentieri si spostava da essa, ma riuscì sin da subito attraverso la sua arte a superare i confini geografici, conquistando igrandi critici internazionali come Szarkowski che nel ’64 lo inserì nella collezione del MoMA, e le sue opere oggi sono conservate nei maggiori Musei al mondo, essendo il suo lavoro caratterizzato da un forte spirito di sperimentazione e da una vorace volontà di ricerca.
Per questo da giovane curioso e entusiasta, Mario Giacomelli aderisce e partecipa alla creazione del circolo fotografico “Misa”, nato a Senigallia nel 1954, grazie all’instancabile attività di Giuseppe Cavalli, già cofondatore del gruppo “La Bussola”. È in questo vivace gruppo, aperto al confronto e alla sperimentazione artistica, che Giacomelli conosce Paolo Monti, fondatore del gruppo “La Gondola”, dal cui lavoro rimane estremamente affascinato. Da qui prende spunto la sezione Sguardi di Novecento a Senigallia. L’Associazione Misa, per una fotografia artistica. Opere dal 1954 al 1958 – a cura degli Eredi Giacomelli – allestita a Palazzetto Baviera, che racconta l’avventura del Gruppo Misa, cercando di rimanere fedeli allo sguardo dei critici e dei protagonisti dell’epoca nella selezione delle opere, esponendo tra gli altri gli scatti di Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni e Mario Giacomelli. La storia dei tre fotografi è strettamente connessa da un lato a Senigallia, città d’elezione per il primo e natale per gli altri due, e dal fatto che furono l’uno il maestro dell’altro, andando poi a formare quel “laboratorio senigalliese” di fotografia che non ha mai smesso, dal Misa in poi, di contribuire, con i suoi protagonisti, all’importante dibattito teorico che si è svolto in Italia intorno alle funzioni e alle estetiche della fotografia.
Nonostante il gruppo fosse uno straordinario laboratorio di idee, ebbe breve ma intensa vita e si sciolse per una naturale trasformazione ingenerata dalla tenace riflessione sulla Fotografia e la necessità di trovare un proprio linguaggio dei giovani fotografi di quegli anni ’50, primi fra tutti Giacomelli, Branzi, Camisa.
Mario Giacomelli è stato un animatore culturale, un uomo attento al prossimo e un Maestro, la cui sensibilità si riflette non solo nelle fotografie, ma in tutta la sua produzione artistica. L’introduzione alla mostra in catalogo, edito da Silvana Editoriale, porta la firma di Walter Guadagnini, direttore di Camera–Centro Italiano per la Fotografia di Torino.
Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo a cura di ONO Arte Contemporanea Palazzo del Duca, Senigallia (AN)
Sguardi di Novecento a Senigallia L’Associazione Misa, per una fotografia artistica. Opere dal 1954 al 1958A cura degli Eredi Giacomelli Palazzetto Baviera, Senigallia 20 maggio–27 settembre 2020
Orari d’apertura fino al 7 giugno 2020 Da mercoledì a venerdì: 15-20 Sabato e domenica, festivi e prefestivi:10-13 / 15-20
Dal 9 giugno al 23 agosto 2020 Da martedì a domenica, festivi e prefestivi: 17-23 Dal 25 agosto al 27 settembre 2020 Da mercoledì a venerdì: 15-20 Sabato e domenica, festivi e prefestivi:10-13 / 15-20 [email protected] Biglietti Ingresso intero €. 8,00-cittadini di età superiore ai 25 anni; ingresso agevolato €. 4,00-cittadini dell’Unione europea di età compresa tra i 18 e i 25 anni e ai docenti delle scuole statali con incarico a tempo indeterminato, visitatori in possesso del coupon realizzato dalla CNA; ingresso ridotto €. 6,00-soci FAI, Touring Club, Coop Alleanza 3.0, Archeoclub d’Italia, Pro Loco e Albanostra-Cassa Mutua G. Leopardi; ingresso agevolato €. 4,00-per i gruppi di visitatori formati da oltre venti paganti); gratuito per tutti i cittadini appartenenti all’Unione Europea, di età inferiore a 18 anni e per gli iscritti alla Libera Università per Adulti di Senigallia.
www.liveticket.it
Riapre mercoledì a Senigallia la grande mostra dedicata al Maestro Mario Giacomelli Riapre mercoledì a Senigallia la grande mostra dedicata al Maestro Mario Giacomelli SENIGALLIA - La mostraSguardi di Novecento.
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pangeanews · 4 years
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“E alla luce dei lampi fuggono facce bianche atterrite e unte di petrolio”. Juan Rodolfo Wilcock, lo scrittore che fece di tutto per distruggersi
E raccolsi la sfida. La sfida era dello scrittore con un tavolo pieno di libri, si capiva che era un giornalista. Vidi sul tavolo una matassa di carta ma distinsi La nube purpurea, un sottile presagio dall’Ottocento sulla fine del mondo, e dissi al giornalista che conoscevo il traduttore, Juan Rodolfo Wilcock. Perché non scriverne, disse il compagno indiavolato?
*
Wilcock nasce nel 1919 in Argentina dal consueto sangue misto anglofrancese ed emigra per necessità (pur avendo già lavorato e in patria e a Londra). Se ne va in Italia a 28 anni suonati. Per maturare questa scelta ha già visto il vecchio continente in diverse occasioni, prima da fanciullo poi da giovanotto con la fedifraga Ocampo e il vero e unico latin lover, Bioy Casares. Che bello doveva essere vederli assieme. Con Wilcock a fare da reggicandele…
*
Wilcock è un autore che ti possiede con la forza di una premonizione. Leggete questo frammento dal suo Avviso ai saggi:
Presto, finché la lingua esiste:  su colonne di porfido il cielo trema,  porfido verde con vene di malachite  incrostato di fave di madreperla  e un filo d’oro che traccia d’alto in basso  corsivamente l’identica Parola.
Il mondo è pieno di figli di nessuno.  Tremano le colonne, dai cespugli emergono  bestie con tre o più teste, bestie nuove;  le stelle cadono come gocce di pioggia,  sciiti e mongoli muovono eserciti  e alla luce dei lampi fuggono facce  bianche atterrite e unte di petrolio. 
Nascondete questo rotolo nelle grotte
Ora capite perché Einaudi lo stampò nella bianca e perché i suoi versi spagnoli furono messi in circolo da Guanda nel 1963?
*
In alternativa, sentirlo in questa conversazione Rai, ‘sentirlo’ perché la qualità video è infima. Vi discute la sua opera forse oggi meglio nota, La sinagoga degli iconoclasti che è l’antistoria del progresso scientifico, vera per tre quarti e falsa quel tanto che basta.
*
Difficile parlare in teoria di quel che si ama. Se uno ama Wilcock ma non sa nulla della sua vita tranne che era omosessuale (capirai) e che i suoi primi libri se li stampò privatamente in Argentina dopo aver fatto discreti soldini coi suoi primi lavori come ingegnere meccanico che costruiva ferrovie transandine, ne sappiamo meno di prima. Le opere di questo poeta in terra machista si intitolano Passeggiata sentimentale e Musa minore maltratta e ancora, per chi non ne avesse abbastanza, Saggi di poesia lirica.
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Quanto al resto è presto detto. Fece di tutto per distruggersi in Italia. Si fece riprendere da Pasolini nelle vesti di sacerdote ebreo e questo un paese bigotto non te lo perdonerà mai. Poi si mise contro Moravia e la sua cricca quando l’industria culturale stava sbocciando e suggerì a Vassalli giovane che amore e amicizia vanno e vengono mentre solo l’odio permane, avvicinandoti agli altri.
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Detto da uno come Wilcock che lanciava epigrammi oltre poesie, l’aneddoto che coinvolge Vassalli acquista lustro e nitore.
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Un programma di Wilcock. “Appena si sente parlare di impegno morale, mettersi a letto”.
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E in effetti è giusto così, che se ne sia andato il 17 marzo 1978 mentre i giornali tiravano fuori le trombe per parlare di Moro. Sequestrano Moro lo statista e muore lo scrittore antisociale, che simpatica coincidenza.
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Se volete fare una passeggiata nel catalogo Adelphi, vi leggete in un paio di pomeriggi Fatti inquietanti per vedere Wilcock con taglio giornalistico in un’Italia accelerata da autostrade e progresso dove nessuno capiva più niente ma si facevano indagini sociologiche a strapotere mentre c’era lui, Wilcock, a tracciare biografie di prostitute di alto e basso bordo. Con occhio attento. Con compassionevole cinismo distaccato.
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O ancora, passare a Lo stereoscopio dei solitari per smettere di credere a tutto e poi Il reato di scrivere per assaporare due righe di lui giornalista aulico. Se non si vuol smettere di sognare, infine, c’è Il libro dei mostri.
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Va sempre così alla fine. Ti opponi al sistema e lui ti ingloba. Così fu per Wilcock che ebbe l’audacia di aiutare Calasso giovane nelle traduzioni – William Carlos Williams, La nube purpurea appunto e poi Marlowe, oh Marlowe.
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Come fu decisiva la lettura di Marlowe. Fin dal nome del traduttore, Wilcock. Una cosa che ti colpisce quando sei ancora abituato ai ‘referti’ letterari del liceo. E poi quelle voci del Cinquecento rimesse a nuovo, tirate a lucido, un bestemmiare giocoso e lui Wilcock che ti fa sentire il rombo del poeta giovane vissuto prima di Shakespeare. E quella nota in calce che diceva che Marlowe “sembra morisse in circostanze ignote assassinato in una taverna mentre era impegnato al servizio della corona spiando contro i Francesi”. La cosa mi piacque tanto che pensai di regalare il libro donatomi a sua volta da un professore. Aggiunsi una dedica a quella che c’era già e poi la cancellai. Passioni di ordinaria follia giovanile. Il Teatro di Marlowe Adelphi è rimasto da allora sano e salvo in bottega.
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Insomma Wilcock si consegnò legato mani e piedi a Calasso e da allora non si sa più nulla. Non se ne può sapere altro, eccezion fatta per le ricerche dei tessuti che vanno troppo a fondo e sono condannate a rimanere scollegate. Poi ci sono queste simpatiche commemorazioni a base locale, da etnografia poetica laziale. Poca cosa.
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Certo abbiamo salde in mano le sue versioni dal Finnegans Wake e le poesie di Beckett. Ma ci bastano? Quanto ancora vorremmo sapere? Temo di no. Per quello ci va buon senso e dedizione extraconiugale, extraletteraria.
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Per chi si interessa di poesia, infine, e non delle prose brevi di Wilcock di cui vi ho detto prima, suggerisco questi brani da Luoghi comuni del 1961:
Ali turchine
A chi giova il piacere dei sensi? All’intelletto, Che d’altronde sopporta dolori e infermità Indipendentemente dalla sua capacità Di godimento proprio; perché non è perfetto E sfoggia carne e peli come gli altri animali, Senza mai liberarsi dagli ingombri carnali, Senza essere del tutto lieto e neppure del tutto abbietto; Lui che sognò di volare sul mare senza confine Con dietro le spalle un paio d’ali turchine…
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Sensi
Nonostante i trionfi della scienza applicata Gli strumenti migliori per osservare l’universo Sono ancora la penetrante lampada del verso, La musica, la voce di una gola privilegiata, Oppure nella penombra delle candele sparse Il pulpito cosmatesco di diorite incrostata; Qualsiasi luce indicante dove un pensiero arse, Semplici torce o splendidi lampadari, Monasteri carpatici tra i boschi secolari, Rune d’Islanda con princìpi bruschi, Falli d’ambra nella foresta, sarcofaghi etruschi. Alla luce di questi lumi l’uomo si muove più sicuro, Vede i tramonti, vede le rive del mare, E pronuncia parole il cui senso oscuro Gli si comincia alfine a rivelare.
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Certo se vogliamo andare sul sicuro c’è il suo canzoniere italiano. Gli mise proprio questo titolo Italienisches Liederbuch ma nonostante tutto il riferimento non è Petrarca quanto invece Michelangelo che appare nella mise-en-abyme della copertina con questa citazione: “Chi mi difenderà dal tuo bel volto?”.
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E allora leggiamolo questo canzoniere supposto omoerotico. È comunque di una tempra virile che nel 1974, a 56 anni e rotti, non teme di finire a stampa così:
Fatti vedere nella tua nudità, il mondo ha questo bisogno di bellezza per diradare i pensieri cattivi che sono sempre dei pensieri vestiti, rendi visibile la sublimità senza badare se desta scalpore: non cadrà il firmamento quando cadranno le tue mutande e la tua camicetta, soltanto nei paesi freddi gli dèi portavano questi indumenti. Poi, in questo Olimpo da te scelto a dimora con tutt’e nove i colli dell’Urbe ai piedi verrà eretto un palazzo pieno di specchi e in ogni specchio una tua immagine riflessa, e lì terranno le cerimonie di Stato, i congressi, gli esami di maturità, alla presenza della verità nuda.
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Chiaro che la poesia ci piace e ci accende ma rischia di diventare una delibazione ad uso interno dei cenacoli poetici. Mentre la prosa richiede immediatamente il consenso del lettore. Per questo anche se la poesia di Wilcock mi parla nel tempo, non riesco a cancellare quel pomeriggio milanese quando mi trovavo ad attendere cose assurde in un atrio elegante e nel frattempo leggevo la penna elegante di Wilcock…
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E poi, amarlo a ritroso fin da quando aveva 26 anni e diceva in spagnolo:
Se questo istante fosse l’eternità immutabile, sempre, sempre davanti a me il tuo corpo così bello,
come lontane musiche che salgono esaltate tra luci cangianti e vapori iridati!
Voglio chinare la fronte e baciarti le mani mentre dietro ai tuoi occhi passa un giardino incredibile,
un luogo voluttuoso dove il pensiero si immerge nelle acque dolcissime e in un sogno.
E accostarmi alle tue labbra, e conoscere la morte, uno spazio di angeli, l’oblio.
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Meglio fermarsi alle ipotesi su Wilcock. Come passò dalla lingua spagnola a quella italiana? Lui se lo disse così andando a capo in spagnolo: “L’esiliato trova quella parola sola/ e per un attimo ridiventa/ in questo esilio che ti tormenta/ il poeta che non sei più”. Meglio continuare ad amarlo in via ipotetica.
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Spulciando sui siti internet arcaici della Campo e su quello ufficioso di Wilcock si raccolgono le margherite delle sue interviste giornalistiche: “Per me l’inglese è un po’ troppo folcloristico, ormai; che dire poi dell’inglese degli Stati Uniti, quando prende il volo per conto suo e si appiattisce in centoventicinque parole. È come se a un giocatore di scacchi gli dicessero: ‘Qui si gioca a modo nostro, con un solo cavallo e senza torri’. Beckett, forse non se ne accorge, ma scrive quasi in latino; il suo poema Sans, del ’70, va più indietro nel tempo, sembra sumero, anzi pittografico”.
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Da una lettera di Wilcock a Miguel Murmis del 23 giugno 1952 riscoperta da uno dei vari tesisti: “La convinzione che ho sperimentato fu di non potere cadere mai, perché ero artista fino a tal punto (bravo o meno, in questo caso non cambia nulla) che la mia chiarezza sarebbe emersa da qualsiasi lordura”.
Andrea Bianchi
  L'articolo “E alla luce dei lampi fuggono facce bianche atterrite e unte di petrolio”. Juan Rodolfo Wilcock, lo scrittore che fece di tutto per distruggersi proviene da Pangea.
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