Tumgik
#dovevi accorgertene prima
24hugme · 1 year
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Che in qualche modo,io e te, continuiamo a essere collegati da un qualcosa che non si riesce a spiegare.
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yellowinter · 4 years
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Parlo spesso del disturbo borderline, ma non ho mai raccontato dell’altro mostro che vive dentro me, nel mio corpo, nel mio sangue. Ho il diabete da ormai 18 anni e volevo raccontare un po’ la nostra, seppur forzata, convivenza.
Credo ci sia molta confusione e molte credenze sbagliate sul diabete. Innanzitutto, bisogna distinguere il diabete di tipo 1 dal diabete di tipo 2, hanno quasi lo stesso nome ma sono due malattie distinte. Il diabete di tipo 2 è quello che viene solitamente alle persone anziane, è spesso portato da un’alimentazione sbilanciata e una vita sedentaria, si tratta di insulino resistenza, spesso si cura con delle pastiglie. Il diabete di tipo 1 è una cosa diversa, viene ai bambini o agli adolescenti, è una malattia autoimmune, significa che a un certo punto le cellule del pancreas decidono di sterminarsi a vicenda, non si conosce ancora la causa MA non dipende dal cibo, dal peso corporeo, non è neanche una malattia genetica. Non nasci col diabete, ti viene e non c’è nessun modo per prevenirlo. Io avevo 3 anni quando mi sono ammalata, era gennaio del 2003 e ho iniziato a vomitare tanto. All’inizio pensavano fosse una semplice influenza, poi un pomeriggio ho smesso di respirare e sono entrata in coma. Mi hanno salvata, ma credo sia importante leggere i segnali e prendere per tempo la malattia. Di solito il vomito, la stanchezza, la perdita di peso, il bisogno di fare sempre la pipì sono i sintomi più comuni. Quindi il diabete 1 non è una specie di allergia alimentare, come pensano la maggior parte delle persone, non vuol dire non poter mangiare dolci. Io posso mangiare tutto, posso mangiare il cioccolato, le torte, il gelato, tutto. Il problema è che il mio pancreas non produce insulina, l’ormone che dovrebbe trasportare il glucosio alle cellule, quindi questo zucchero rimane tutto nel mio sangue danneggiando ogni organo. Quando questo accade si chiama iperglicemia. Per risolvere il problema occorre perciò iniettarsi l’insulina, una cosa che detta così sembra facile, ma è tutto tranne che semplice. È terribilmente difficile indovinare la dose giusta di insulina che serve, perché entrano in gioco moltissimi fattori. Prima di tutto quello che mangi, devi saper esattamente quanti carboidrati stai assumendo, considerando se sono semplici (quindi agiscono subito) o complessi (entrano in circolo in circa 4 ore), tenendo conto che non si trovano solo in pane pasta ecc ma tipo anche una parte delle proteine quando vengono digerite si trasforma in carboidrati, ricordandoti che i grassi uniti ai carboidrati si legano e alzano la glicemia in modo particolare e prolungato, e così via. Poi devi tenere conto dell’attività fisica che svolgi, in genere più ti muovi e più la glicemia scende. Dipende però dal valore di partenza, cioè se io vado a correre che ho 300 di glicemia allora potrebbe salire ancora di più. Un altro fattore che incide moltissimo è rappresentato dalle emozioni. È strano, lo so, quasi nessuno ne parla e questo forse è l’aspetto meno conosciuto del diabete. Le emozioni influenzano la glicemia. Lo stress, l’ansia, la rabbia provocano un innalzamento della glicemia pazzesco. Al contrario, quando sei rilassato, scende. Se prendo gli ansiolitici, per esempio, dopo mi capita spesso di avere dei valori bassi. Un’altra cosa insolita è che la glicemia non è costante nel corso della giornata e di notte tende a scendere. Però, eheh c’è sempre un però, dipende dall’attività che fai durante il giorno. Tipo magari ho camminato tutto il pomeriggio, la glicemia è okay, poi vado a dormire e sbam si abbassa. Questa è una cosa molto pericolosa, perché se dormi non ti accorgi dell’ipoglicemia (si chiama così) quindi rischi di andare in coma senza neanche accorgertene. Quando il diabete è appena esordito, di solito ti dicono di svegliarti più volte durante la notte per monitorare i valori. Mi è capitato di svegliarmi a volte con 30 e non avere neanche la forza e la lucidità per alzarmi dal letto. I valori normali vanno dagli 80 ai 120, i sintomi dell’ipoglicemia sono molti e variano da persona a persona, sono la testa che gira, la vista offuscata, la confusione mentale, i tremori, la sudorazione eccessiva, il mal di testa, lo svenimento, le difficoltà nel parlare, le convulsioni. Anni fa i diabetici venivano rinchiusi nei manicomi, perché i sintomi dell’ipoglicemia li facevano sembrare pazzi, poi hanno scoperto che era una malattia fisica. All’inizio è difficile riconoscere quando ti sta per arrivare una crisi, perché è tutto nuovo e vivi con la costante paura di non rendertene conto. Poi col tempo impari ad abbinare la glicemia bassa a una determinata sensazione, una sensazione impossibile da definire, ma tu lo senti. Sai esattamente che quando ti senti così vuol dire che qualcosa non va. Il corpo è una macchina straordinaria che si adatta e capisce tutto, basta ascoltarlo. Ritornando al discorso sulla notte, molte volte mi succede di sognare di mangiare, mi sveglio di colpo e giuro che ogni volta ho la glicemia bassa. Ogni volta, è come se la mia mente avesse elaborato questo sistema per svegliarmi quando sto dormendo e avvertirmi. Ditemi voi se non è pazzesco questo. L’unico modo per alzare la glicemia è assumere dello zucchero, possibilmente quello bianco semplice, oppure usare il glucagone (specie di glucosio da iniettare) quando perdi i sensi e non puoi mangiare. Si tratta quindi di equilibrio: troppa uccide, poca anche. Devi stare nel mezzo, bilanciare l’insulina. Questa si può iniettare in diversi modi: esistono le siringhe normali o il microinfusore. Le siringhe, io le chiamo penne ma non so quale sia il nome ufficiale, si fanno sulle braccia, cosce e pancia, di solito 4-5 volte al giorno. In pratica devi provarti la glicemia prima di ogni pasto, quindi colazione, pranzo, eventuale merenda, cena e dopo cena, poi devi farti l’iniezione. Il microinfusore, invece, è una macchina collegata a un catetere che tu porti sempre addosso e infonde in continuazione insulina (basale). Anche con questo devi provare la glicemia bucandoti sul dito, 4-5 volte al giorno e attraverso il micro impostare manualmente le dosi. Perché le dosi sono diverse dalla basale costante, quindi devi farlo tu. Il catetere ha una cannula sotto pelle e devi cambiarlo ogni 3 giorni. Fino a dieci anni fa era terribile sostituire questo catetere, perché dovevi pizzicare la pelle e bucarti con un ago lunghissimo, infilarlo dentro e poi tirarlo fuori. Per fortuna ora esistono dei sistemi automatici, quindi basta schiacciare due pulsanti e l’ago più corto si inietta da solo. Negli ultimi anni stanno creando tecnologie sempre più specifiche. Esiste un sensore, che si applica in modo simile al catetere, che devi tenere sempre addosso, ma che ti controlla e monitora costantemente la glicemia, quindi puoi evitare di bucarti sulle dita decine di volte. Io personalmente ho scelto di non metterlo, perché trovo scomodo fisicamente portare anche questo aggeggio attaccato al braccio, però ho sentito molti ragazzi che si trovano bene. Questo sensore comunica con il microinfusore e addirittura con diverse app sul telefono, è in grado di avvertirti quando la glicemia è troppo alta o bassa, può sospendere la basale, in futuro potrebbe persino iniettare l’insulina e quindi sarebbe la cosa più simile ad un pancreas artificiale mai creata.
Ora, non so se sono stata chiara, ma penso che sia davvero importante capire. Capire che le persone non sono diabetiche solo quando si siedono al tavolo per mangiare, lo sono sempre e devono tenere a mente tantissime cose che le persone senza diabete neanche immaginano. Per di più sei un bambino quando insorge la malattia. Potete immaginare quanto sia difficile? Estenuante e pesante per un bambino vivere così? Ti ritrovi catapultato in un incubo, senza la possibilità di tornare indietro, soffocato da mille pensieri, preoccupazioni e doveri. Un bambino. Inevitabilmente, cresci. Diventi adulto, anche se hai solo 6 anni. Perché mentre gli altri tuoi compagni di scuola pensano solo a giocare, tu devi ricordarti di tutto, tutto quello che ho scritto sopra. È come una doccia fredda, il diabete ti prendere a schiaffi e ti carica di responsabilità. Stai vigile, stai attento, non puoi sbagliare. Non può sbagliare… un bambino.
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dust-wings · 9 years
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Pioggia e Inverno
Si conoscevano fin da quando erano bambini, ma lo scoprirono solo alla fine. Ti irrigidisci.
Hai paura. Amavi quella canzone. I ricordi che ti trasmetteva. Ma adesso ne hai paura. Dolcemente, quasi senza accorgertene, vieni strappato dalla realtà e da ciò che ti circonda. Eccolo li. Alto. Ampie Spalle. Mani morbide dalle dita lunghe e affusolate.​ Lunghi capelli neri come la notte più oscura. Occhi di ghiaccio. Labbra rosse come il sangue. Un semplice sorriso. Jim. Era seduto sulla riva del fiume come era solito fare. Non era solo. Alla sua sinistra c'era un altro ragazzo. Capelli biondo platino e occhi grigio celeste. Statura media e flessibile. Jack aveva 16 anni, due anni in meno di Jim. Nessuno parlava. Era primavera. Entrambi guardavano l'acqua che scorreva. Il letto del fiume non era molto profondo in quel punto. Si riusciva a vedere il fondo ricoperto da tanti sassolini lisci e rotondi. Era impressionante quanto fosse limpido e cristallino il liquido che scorreva sulle lisce pietre. Jack spostò lo sguardo dall'acqua alle montagne. Circondavano i due ragazzi in ogni direzione. La vista era meravigliosa, ma soffocante. Jack non era mai stato al di là di queste. Aveva sempre voluto sapere cosa ci fosse oltre quelle imponenti mura. Si girò verso l'amico che lo stava guardando. «Un giorno andremo lontano da qua. Insieme!» Jim sorrise e riprese a guardare l'acqua del fiume. Un turbine confuse le immagini e i colori fino a ricomporsi. Jack correva spensierato in un bosco autunnale. Sorprendente era l'agilità con cui si muoveva senza inciampare nelle radici degli alberi. Alle sue spalle Jim lo inseguiva. Faceva più fatica dell'altro ma riusciva a tenere il passo. Jack si arrestò di colpo e si voltò. Jim non riuscì a frenare e si schiantò contro l'altro ed entrambi finirono in un mucchio di foglie. Risero a crepapelle e poi si abbracciarono. Era strano. Non era uno dei soliti abbracci. C'era una sensazione potente che li legava. Come un'energia che impedisse loro di staccarsi. Quando si separarono dalla stretta, Jim si sollevò sulle braccia e rimase sospeso sopra Jack. C'erano pochi centimetri fra il viso di uno e dell'altro. Nessuno dei due sorrideva o dava segno di volersi spostare. Si guardavano e basta. Uno sguardo penetrante. Profondo. Le braccia di Jim cominciarono a richiudersi lentamente. I volti dei ragazzi erano sempre più vicini. Sempre di più, sempre di più. Sembrava passasse un eternità. Quando mancavano soli due centimetri tra i due visi, Jack si mosse verso l'alto. Le labbra dei due si sfiorarono. Poi, senza preavviso, affondarono l'una nell'altra. Le mani di Jack si portarono sul viso di Jim. I due ricaddero nel fogliame senza staccarsi dal magico legame. Le foglie furono scosse da un forte vento. Qua e là si alzarono turbini color arancio e giallo. Questi si unirono e i colori si fusero. Poi cambiarono. Divennero scuri fino a diventare un blu quasi nero. Questo era cosparso di minuscole luci. Brillanti. Piene di gioia e di speranza. Due ragazzi le guardavano sdraiati in un campo sotto di esse. L'inverno era imminente. Jack amava l'inverno. Si volse verso Jim che fece lo stesso. Lui gli passò una cuffietta e fece play. Si strinsero in un abbraccio. Impressionante come la melodia riuscisse a descriverli. Non avrebbero mai smesso di ascoltarla. Poco prima che la canzone finisse Jim baciò Jack. Finta la magia, le luci che osservavano quell'amore così sincero e profondo si illuminarono ancora di più, fino a nascondere tutto in un candido bagliore. Poi ci furono una serie di immagini frammentate e confuse. Una macchina frenò all'improvviso. Un urlo disperato. Il muretto del cimitero. Una tomba recitava: “J. H. Deceduto il 27 dicembre.” Poi tutto finì. Ti accorgi che la canzone che stavi ascoltando è finita. Hai le lacrime agli occhi. Lo sapevi che non dovevi ascoltarla. Ti senti triste e distrutto. Eppure nel tuo cuore brilla un barlume di felicità. Ma non durò molto. Poco dopo si spegne lasciando posto alla disperazione. È andato. Non ci puoi fare niente. Sono passati 135 giorni. Sembra essere passata un eternità. Ti senti solo. Più che mai. Ti avevano detto che ce l'avrebbe fatta. Ma mentivano. Sei stato per ore in quella sala bianca ad aspettare che ti dicessero qualcosa. Intanto continuavano a rassicurarti con parole vuote. Poi la porta si aprì e una donna varcò la soglia portando con se la notizia che ti avrebbe fatto cambiare per sempre. Sono le 19:37 dell'11 maggio e una macchina entra nel parcheggio della stazione. Si ferma davanti alla panchina dove sei seduto. Allora ti alzi e apri la portiera. Una volta entrato tuo padre ti chiede: “Come stai Jack?” Lo guardi. Apri la bocca per dire che stai bene. Ma non esce nessun suono. La macchina riprende a muoversi. Così appoggi la testa sul finestrino. I biondi capelli ti cadono sul viso. È un viaggio di un'ora fino a casa. Grandi nuvole nere coprono il cielo e qualche gocciolina comincia a cadere. Jim amava la pioggia.
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just-elena · 6 years
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Confini confusi
Non avrei mai pensato che riconoscersi nei panni della vittima potesse essere così difficile.
Visto dall’esterno l’abuso è così facile da riconoscere, con il privilegio di una mente fredda, distaccata, che non è coinvolta in una situazione. Dall’esterno è facile dire “dovevi denunciarlo quando ti ha incrinato lo sterno”.
Non fa una piega, col senno di poi non si può non sentirsi stupidi per non aver preso provvedimenti, per non aver tirato fuori le palle (di più e prima).
Come si fa a spiegare che quando ci sei dentro non riesci a crederci? Non ci credi che succeda a te, non per mano di quella persona a cui hai affidato te stessa in toto. Quella persona che sembrava amarti così tanto. Che sembrava perfetta per te, al punto da sacrificare qualunque cosa per lei.
La verità, forse, è che per maturare la consapevolezza di quello che sta accadendo ci vuole del tempo. Che devi essere un fottuto Marine per accorgertene immediatamente e provvedere, che in tanti non ce la fanno mai e ci muoiono. 
Ma vi dico, poi, che la consapevolezza del danno fatto viene fuori davvero piano piano. Il corpo perlopiù guarisce, soprattutto se si fugge in tempo, ma la mente, dio mio, la mente! A volte spuntano attacchi d’ansia davanti a piccolezze e te ne stupisci, quasi non capisci come mai, poi ci pensi e ti si accende la lampadina.
Lo strazio quando ti manca il contatto fisico, l’intimità, il calore di una relazione d’amore e poi, davanti alle occasioni, ti ritrovi letteralmente invasa dal terrore. Con i conati di vomito al solo pensiero di avere addosso un altro paio di mani, non certo perché le sue fossero speciali, come gli piaceva pensare, ma perché ti hanno fatto cose orrende e non riesci a non pensarci.
Lo shock quando realizzi che forse, oltre ad aver subito violenza fisica, hai subito anche quella sessuale.
Perché lo sai che hai acconsentito a fare sesso quando già il solo pensiero ti faceva vomitare, ma avevi troppa paura per dire di no. Quante volte? Quanti episodi? Dove sta il confine? È stupro se voglio gridare e scappare ma mi tengo tutto dentro e prego finisca in fretta?
Ma soprattutto: quanto mi ci vorrà per guarire? Perché guarirò, di questo non dubito. Lo voglio troppo.
Quando mi passerà la rabbia data dalla consapevolezza che lui manco si rende conto dei danni che ha fatto, tutto perso nel suo mondo in cui l’unica vittima è sempre e solo lui?
Quando sarò libera di essere la creatura piena di amore, sensuale, allegra che so fin troppo bene di poter essere?
Ma io guarirò, oh se guarirò. Lui mi disse che non ero fatta per la felicità, forse pensava di avermela preclusa davvero. Ma io sarò felice. Io sì.
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sanremista-dal51 · 4 years
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Tumblr media
Con te ci sto Ricordi lo dicevi a me Con gli altri no Tu sei diverso Un uomo ti sembravo già Io che di donne non ne avevo avute mai Ma solo frasi per sentirmi grande e poi Con te ci sto E chi riusciva a dirti no Io non lo so Era la prima volta sai anche per me Che dell’amore avevo letto tutto ormai Ma troppo poco per provarci insieme a te Con te ci sto E invece no Dovevi accorgertene tu Dagli occhi miei Voltati in su Quando tremavo accanto a te Tu sorridevi come fosse un gioco in più E invece io sarei scappato via Con te ci sto Con te ci sto Pensarci adesso ci fa ridere lo so Con te ci sto I tentavi andati a vuoto tu con me Con me Quando hai capito ti sei stretta un po’ di più Hai detto forse è meglio che aspettiamo un po’ Con te ci sto Ma adesso chi ci ferma più Con te ci sto Ma adesso chi ci ferma più Con te ci sto Con te ci sto. (Umberto Napolitano) #sanremo #sanremo27 #sanremo77 #sanremo1977 #festivaldisanremo Brano: Con te ci sto Immagine: Ratto di Europa - Tiziano Vecellio - 1562 https://www.instagram.com/p/B9REYkZqQPu/?igshid=1haik4yyjq0zh
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essereabbastanza · 7 years
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"Ci siamo incontrati per strada, 
ci siamo persi per messaggio. 
Per paura, 
per i gesti fatti per rabbia 
quando urlarci addosso ci veniva bene.
Ci siamo avvicinati con i messaggi, quelli dove non dici tutto 
per paura di esporti troppo 
che tanto si sapeva già che ero preso
e dovevi solo accorgertene.
Ci siamo incontrati per strada 
quando venirsi incontro 
serviva a vedersi prima, 
dieci minuti in più.
Ci siamo persi per sbaglio, 
quando amavi 
e non facevi nulla 
per esprimerlo. 
Quando non immaginavo 
per presunzione
che ogni volta che te ne andavi 
poteva essere quella definitiva.
Spesso ripenso a quando ti dicevo che ti avrei portata lontano e poi non lo facevo a quando dicevi che volevi andartene e sapevo che l'avresti fatto. Io ho sempre creduto che quando perdi una persona poi puoi solo crescere, e la vita va avanti comunque, ma non è così. Con te sono rimasto lì dove ero accanto al ricordo di quando ancora c'eri, senza crescere mai. E giuro che ti vorrei accanto o anche addosso; Spesso penso che ti amo che sai che puoi farmi quello che vuoi e quindi.. ti armo."
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confusionetotole · 6 years
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Ci siamo incontrati per strada, ci siamo persi per messaggio.
 Per paura, per i gesti fatti per rabbia  quando urlarci addosso ci veniva bene.
Ci siamo avvicinati con i messaggi, quelli dove non dici tutto per paura di esporti troppo che tanto si sapeva già che ero preso e dovevi solo accorgertene.
Ci siamo incontrati per strada, quando venirsi incontro serviva a vedersi prima, dieci minuti in più.
Ci siamo persi per sbaglio,  quando amavi e non facevi nulla per esprimerlo.
Quando non immaginavo per presunzione che ogni volta che te ne andavi poteva essere quella definitiva.
Ci siamo visti poco fa e hai detto che non ha senso sentirsi “io non sono una foto, nella mia vita non dovete starci per forza tutti”.
Non hai accettato me ed io non ho accettato l'unica verità: insieme non stavamo bene. 
È strano vero?
Anche se ora lo so, tutte le volte che ti vedo io ancora ci spero.
Antonio Dikele Distefano
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24hugme · 1 year
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Due che si baciano su una panchina,chissà se si amano.E altri due che passeggiano ma non si parlano, chissà se si amano.Io non lo so poi quanto dura questo eterno cercarsi, questo eterno volersi, senza volersi mai.E questo eterno ignorarsi volendosi sempre.Forse l'amore è di chi si ama da lontano,perche bisogna amarsi col doppio dell'amore.
Charles Bukowski
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24hugme · 1 year
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E chi me lo assicura che rivedendoti io non sfiori quelle mani che senza saperlo mi hanno salvata?
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24hugme · 6 years
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A questa età non lo decidi, succede.  Non lo programmi, non sai quando.  Arriva e basta.
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24hugme · 6 years
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Vorrei qualcuno che ci tenga, che mi tenga.
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